elementi di corrosione

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APPUNTI SULLA CORROSIONE AD UMIDO E SULLA
PROTEZIONE DEI MATERIALI METALLICI.
Premessa.
Queste brevi dispense sulla “Corrosione e Protezione dei Materiali Metallici” costituiscono una traccia delle lezioni
svolte nell’ambito del Master di Y.E. dell’Università di Pisa. Sono dapprima discussi i fondamenti della corrosione
ad umido, poi mostrate le morfologie di danneggiamento più frequenti ed infine discusse le tecniche più adottate di
protezione. Come testo di studio e approfondimento si raccomanda lo L.L.Sheir et al. In: “CORROSION” Vol.1 –
Vol.2, Eds. Butterworth-Heinemann (1995).
La Corrosione e della Protezione dei Metalli è, per diversi aspetti, una disciplina semiempirica. La risoluzione dei
casi di corrosione e l’individuazione dei possibili rimedi sono simili alle diagnosi e terapie medicali in cui, come
noto, l’esperienza del ‘tecnico’ può spesso fare la differenza. E’ di fatto assai pericoloso fidarsi della prima
impressione che il danneggiamento di un componente può procurare, poiché i fattori che possono giocare un ruolo
importante sono molto numerosi ed è alto il rischio di sbagliare la diagnosi finale. Prima di giungere ad una qualsiasi
conclusione, occorre reperire quante più informazioni possibili sulla ‘storia’ dell’impianto e sulle condizioni
dell’ambiente aggressivo (caratteristiche chimico-fisiche, tipo e condizioni di messa in opera dei materiali ecc.) e
condurre tutte le analisi strumentali necessarie per caratterizzare natura, morfologia e dinamica del danneggiamento
corrosivo. La corrosione è un campo applicativo multidisciplinare, con basi di Chimica Generale, Elettrochimica e di
Metallurgia. La conoscenza della Chimica ed Elettrochimica è necessaria in quanto la corrosione ad umido avviene
in ambienti chimici acquosi attraverso reazioni di natura squisitamente elettrochimica. Sulla base di queste
considerazioni, nelle dispense sono inseriti alcuni richiami di Termodinamica e Cinetica Chimica/Elettrochimica,
così come la classificazione e la Metallurgia delle principali classi di materiali di uso ingegneristico. Vengono infine
mostrati e discussi alcuni casi reali di corrosione, al fine di proporre una metodologia di approccio e risoluzione dei
problemi.
1. Considerazioni generali sui fenomeni corrosivi.
Con il termine corrosione si indica il complesso dei fenomeni chimico-fisici che comportano il degrado dei materiali
metallici ad opera dell'ambiente a cui sono esposti. La corrosione è un lento attacco chimico promosso dall'affinità
chimica tra il metallo o lega ed alcuni componenti dell'ambiente (O , acidi, ecc.). Si parla in tal senso di
2
ANTIMETALLURGIA, poiché il metallo torna alle forme termodinamicamente più stabili, dalle quali era stato
sottratto mediante somministrazione di lavoro elettrico o chimico (estrazione, raffinazione).
La maggior parte dei materiali metallici è di fatto TD-nte instabile in ambiente naturale. La spontaneità (e quindi
irreversibilità) di una qualsiasi reazione, come ad esempio quella di ossidazione di un metallo (Me° = Me z+ + z e-) in
un certo ambiente, può essere stabilita e quantificata dal calcolo dalla diminuzione di Energia Libera di Gibbs
associata alla reazione globale che porta all’ossidazione:
G = H - TS (Kcal/mol)
dove H è la variazione di entalpia associata alla reazione (Kcal/mol), S la variazione di entropia (Kcal/mol), T la
temperatura assoluta in gradi Kelvin.
Se una reazione chimica ha associato un G <0, vuol dire che la reazione è favorita TD-nte e si svolge
irreversibilmente nel verso in cui è scritta. Quando il G per la reazione ha segno positivo, vuol dire che la reazione
non avviene nel verso in cui è scritta ma è spontanea nel verso opposto. Il G di una reazione ad una data
temperatura e con certe concentrazioni (attività) delle specie coinvolte si può calcolare da dati termodinamici
tabulati.
Gli ambienti naturali sono in genere caratterizzati dalla presenza di ossigeno e nell’acqua sono sempre presenti ioni
H+ che possono, in linea di principio, ossidare molti metalli. Nella Tabella 1.1 si riportano i valori di G relativi alle
reazioni di ossidazione di alcuni metalli con quest’ultime specie. Si osserva come K, Zn e Fe abbiano tutti G
negativi in corrispondenza di entrambe le reazioni, mentre il rame metallico può passare alla forma ossidata solo se
presente ossigeno. Infine l’oro metallico non viene ossidato spontaneamente né dall’ossigeno né dall’ambiente acido.
1
Reazione G = H - TS (Kcal/mol)
K <-> K+
Zn <-> Zn++
H <-> H+
Fe <-> Fe++
Cu <-> Cu++
Au <-> Au++
Evoluzione H2, (pH = 0) Assorbimento O2 (pH =7)
2H+ + 2e- = H2
O2 + 2H2O + 4e- = 4OH-67.4
-86.2
-17.9
-36.7
0.0
-18.8
-11.6
-30.4
7.8
-11.02
34.5
15.7
Tabella 1.1
Fe, Zn -> metalli attivi
Cu, Ag -> metalli seminobili
Au, Pt, Pd -> metalli nobili
Da questi dati si può capire come mai non possono esistere miniere di ferro o zinco metallico, presenti normalmente
sotto forma di ossidi/minerali. Esistono invece filoni di oro e platino metallici.
I materiali di uso ingegneristico, quando esposti in atmosfere naturali o industriali, tendono quindi ad ossidarsi, cioé
a corrodersi. Quando ciò accade si dice che il materiale è in condizioni di attività. Tuttavia, la condizione
termodinamica non è la sola a dover essere considerata. Ha infatti enorme interesse sapere anche a quale velocità
procederà il danneggiamento corrosivo.
I danni causati dalla corrosione sono enormi. Il danneggiamento corrosivo spesso non si limita alla semplice
sostituzione del componente interessato (costi diretti), ma possono comprendere una serie di danni indiretti, quali ad
es. perdite di prodotto attraverso condutture o apparecchiature, fermi impianto non programmati, incidenti agli
operatori ecc. Un caso frequente è la perdita di prodotto conseguente alla foratura di un'apparecchiatura di scambio
termico; il prodotto entra così nel circuito di raffreddamento e viene scaricato all'esterno con scarse probabilità di
individuazione. Danni indiretti sono anche la perdita di efficienza di apparecchiature in conseguenza ad accumuli di
prodotti di corrosione; questi fanno aumentare le perdite di carico ed obbligano ad accrescere la potenza di
pompaggio, o diminuiscono i rendimenti degli scambi termici modificando i bilanci energetici, le temperature di
processo, la qualità e la resa in prodotto finito. Danni indiretti sono da considerare quelli provocati dall'inquinamento
dei prodotti (industria alimentare e farmaceutica) e dai conseguenti fermi impianto per permettere la sostituzione
delle apparecchiature deteriorate.
Il problema della corrosione deve essere affrontato già in sede di progettazione delle apparecchiature, predisponendo
un'oculata scelta dei materiali ed un'efficace sistema di protezione; deve essere inoltre previsto un adeguato sistema
di conduzione e manutenzione dell'impianto durante la sua vita operativa seguendo il principio generale di ottenere
un grado di affidabilità per i singoli componenti tanto maggiore quanto più vitale è il ruolo da essi ricoperto.
2- Meccanismo elettrochimico della corrosione ad umido.
Esistono due tipi principali di fenomeni di corrosione:
a) corrosione a secco, cioè ossidazione dei metalli ad alta temperatura con cinetiche dipendenti dalla Termodinamica
Chimica;
b) corrosione ad umido, cioè corrosione in ambiente acquoso attraverso processi di natura elettrochimica
dipendenti dalla termodinamica e cinetica elettrochimica.
Nella corrosione ad umido l'ambiente corrosivo è costituito da soluzioni acquose, con funzionamento di sistemi
galvanici in cui il processo corrosivo è la risultante di un processo anodico di dissoluzione (ossidazione) del
materiale in congiunzione a un parallelo processo catodico di riduzione di una specie presente nell’ambiente
acquoso. Queste semireazioni avvengono entrambe in stretta prossimità della superficie metallica.
Consideriamo, ad esempio, il processo di corrosione di una sbarretta di ferro immersa in acqua areata. Il processo
corrosivo può essere suddiviso in due processi indipendenti, concomitanti e complementari:
1) processo anodico (ossidazione). Passaggio del ferro in ioni idratati, con un numero equivalente di elettroni
"lasciati" sulla superficie del metallo. Fe -> Fe++(nH2O) + 2e2) processo catodico (riduzione). Assimilazione dell'eccesso di elettroni da parte di depolarizzatori (atomi,
molecole o ioni capaci di essere ridotti al catodo), in questo caso specifico ossigeno molecolare disciolto, tramite la
semireazione O2 + 2e- + H2O -> 2OH-
2
Questi due processi sono indipendenti, avvengono su porzioni differenti della superficie metallica, ma sono
comunque strettamente complementari, nel senso che il numero di elettroni nell’unità di tempo lasciati sulla
superficie metallica dalla reazione anodica deve essere uguale istante per istante al numero di elettroni nell’unità di
tempo consumati dalla reazione catodica [vox = vred]. Se così non fosse, si avrebbe un accumulo di carica elettrica nel
metallo.
Queste relazioni avvengono entrambe all’interfaccia metallo-soluzione acquosa e possono comportare modificazioni
sensibili dell'ambiente acquoso, come un aumento di pH nelle aree catodiche ed una diminuzione del pH nelle aree
anodiche. Possono inoltre avvenire reazioni secondarie quando i prodotti delle differenti semireazioni vengono a
contatto fra loro o con altre sostanze presenti nell’ambiente, con separazione ad esempio di ossidi, idrossidi, sali
basici ecc.. In questi casi, in funzione della natura e caratteristiche chimico-fisiche degli strati superficiali (continuità,
compattezza, conducibilità elettronica, ecc. ecc.) si possono avere sensibili riflessi sulla cinetica degli stessi processi
corrosivi.
REAZIONE DI CORROSIONE DEL FERRO IN ACQUA NATURALE
Reazione anodica
Fe  Fe+++ 2eReazione catodica
0.5 O2 + 2e- + H2O  2OHIn soluzione
Fe++ + 2OH- Fe(OH)2
Reazione globale di corrosione ad umido
Fe + 0.5 O2 + H2O  Fe(OH)2
A causa dell'ambiente esterno l'idrossido ferroso può a sua volta essere ossidato a idrossido ferrico (ma anche
direttamente Fe2+Fe3+):
2 Fe(OH)2 + 0.5 O2  Fe2 O3 . H2O + H2O
(Fe2O3 ematite)
Viene così a formarsi la ben nota ruggine di colore rosso-bruno. Tuttavia, in funzione delle caratteristiche ambientali,
sono possibili diversi stati di ossidazione del ferro. Di solito, uno strato rugginoso di forte spessore è formato da
strati sovrapposti di FeO (Wustite), Fe3O4 .H2O (Magnetite idrata verde), Fe3 O4 (Magnetite Anidra Nera), Fe2O3
.H2O (Ematite rosso-bruna). Il deposito di ruggine è per sua natura discontinuo, poroso e scarsamente
protettivo. Sebbene la sua presenza rallenti in qualche misura la velocità di corrosione del metallo sottostante, il
danneggiamento prosegue comunque a velocità apprezzabili e dipendenti dall’ambiente corrosivo.
Vi sono anche strati superficiali di prodotti di corrosione abbastanza protettivi, come nel caso dello zinco esposto
all'azione atmosferica, dove vengono a formarsi miscugli di ossidi/idrossidi di zinco e vari altri sali basici, capaci di
proteggere almeno parzialmente il metallo sottostante; oppure strati spessi e compatti di solfato di ferro per acciai in
contatto con acido solforico concentrato.
Nel caso in cui l’interazione tra metallo e ambiente comporti la formazione di composti assai protettivi, capaci cioè
di ridurre in modo drastico la velocità di corrosione, si parla di stato di passività del metallo (ad esempio acciai inox,
titanio, superleghe base nichel, alluminio in ambienti naturali ).
3- Localizzazione dei processi anodici e catodici. Teoria delle coppie locali e teoria delle tensioni miste.
Il fatto che la corrosione in ambiente umido proceda attraverso un meccanismo di tipo elettrochimico implica che
sulla superficie metallica procedano entrambe le semireazioni di ossidazione del metallo e di riduzione di una più
specie presenti nell’ambiente acquoso. Molto spesso è possibile distinguere anche visivamente dove siano localizzate
le diverse aree elettrodiche. Cioè è possibile identificare quali siano le regioni della superficie metallica dove si sono
svolgono le reazioni di riduzione (regioni catodiche) e quelle dove si svolgono le reazioni anodiche (ossidazione del
metallo). Un esempio classico è quello della goccia d’acqua depositata sulla superficie di un acciaio, vedi Fig.3.1. In
questo caso, come in altri che verranno illustrati ad esempio, si parla di corrosione per areazione differenziale.
3
Fig.3.1 – meccanismo dell’areazione differenziale.
Nell’esempio della goccia d’acqua, il processo di corrosione avviene inizialmente sull’intera superficie metallica
bagnata, ossidazione del metallo promosso dalla presenza di ossigeno disciolto nell’acqua. La reazione anodica è la
dissoluzione del metallo(Fe  Fe+++ 2e-), mentre la reazione catodica è la riduzione dell’ossigeno (0.5 O 2 + 2e- +
H2O  2OH-). Il procedere della corrosione determina un impoverimento di ossigeno all’interno dell’intera goccia
d’acqua, ossigeno che può essere reintegrato solo per solubilizzazione di questa specie dall’atmosfera esterna e per
successiva diffusione attraverso la fase liquida. Il reintegro dell’O2, tuttavia, avviene con relativa facilità nelle
regioni più esterne della goccia, mentre in quelle più interne e centrali tende a permanere una concentrazione minore.
L’instaurarsi di un gradiente di concentrazione di O2 all’interno della goccia si traduce in un comportamento più
catodico della superficie metallica bagnata più prossima all’atmosfera esterna e in un comportamento più anodico di
quella al centro della goccia. La regione anodica, dove in prevalenza passa in soluzione il metallo (corrosione), si
localizza al centro della goccia, vedi Fig.3.1. Nelle regioni di passaggio tra regioni catodiche e regioni anodiche si
incontrano ioni OH- e ioni Fe++ e, superato il prodotto di solubilità dell’idrossido, vengono a precipitare i prodotti di
corrosione (Fe(OH)2).
Una evidente separazione tra le aree catodiche e quelle anodiche, così come l’evidenza del passaggio di corrente
elettrica dalle prime alle seconde, fu dimostrata da EVANS. Questi immerse una striscia di ferro in un cilindro
contenente una soluzione acquosa conduttiva ed osservò, dopo un certo tempo, che l’attacco corrosivo si produceva
prevalentemente nelle aree metalliche più lontane dal pelo libero dell’acqua, cioè quelle a contatto con la soluzione
più povera di ossigeno disciolto. Evans provò quindi a ritagliare la striscia di ferro lungo la linea di demarcazione tra
area corrosa ed area non corrosa, poi riunendo le due striscie con l’interposizione di un isolante ed affidando la
connessione elettrica ad un conduttore esterno. In questo circuito inserì un amperometro e rilevò così il passaggio di
corrente dalla regione catodica a quella anodica, come in una normale cella galvanica (il flusso di elettroni è, per
convenzione, opposto alla direzione di passaggio della corrente).
Si supponga adesso di avere tre vaschette contenenti soluzioni acquose a pH=0 di acido cloridrico (HCl), Fig.3.2.
Nella prima vaschetta si immerge una sbarretta di zinco commerciale, nella seconda si immergono due sbarrette di
zinco e di ferro saldate tra loro e nella terza una sbarretta di zinco purissimo. Una netta separazione tra regioni a
prevalente funzionamento catodico e anodico si può osservare nelle prime due vaschette, mentre nella terza questa
separazione non è affatto evidente. Nei primi due casi si osserva lo sviluppo di bollicine di idrogeno gassoso dalla
reazione catodica 2H+ + 2e- = H2, che avviene sulle impurezze di ferro presenti nello zinco commerciale nel primo
caso e sulla barretta di ferro nel secondo. Tutte le altre aree sono evidentemente sede della reazione anodica di
ossidazione dello zinco secondo la reazione Zn = Zn ++ + 2e-.
4
Teoria delle coppie locali
Teoria delle tensioni miste
Fig.3.2 – Eterogeneità elettrochimica sulla superficie metallica (caso a e caso b) e perfetta omogeneità (caso c).
In questi primi due casi la natura elettrochimica del processo corrosivo è accertabile visivamente, così come la
localizzazione delle aree catodiche/anodiche. Trova diretta giustificazione la cosìdetta teoria delle coppie locali, con
cui appare intuitivo schematizzare il sistema corrosivo con una cella galvanica bielettrodica cortocircuitata, in cui la
corrente IMN fluisce dal catodo (**) (con superficie data dalla sommatoria di tutte le aree a funzionamento catodico)
verso l’anodo (superficie somma della aree anodiche) attraverso l’elettrolita , vedi Fig.3.3.
Fig.3.3 - Modello elettrochimico di un sistema di corrosione. Cella bi-elettrodica cortocircuitata.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------(**) Da un punto di vista elettrochimico il catodo è sempre l'elettrodo sul quale avvengono
fenomeni di riduzione. Da un punto di vista elettrico il catodo è sempre l'elettrodo entro cui fluisce
corrente proveniente dal conduttore elettrolitico. Il catodo è l’elettrodo positivo (+) quando il
sistema galvanico funge da generatore, è l’elettrodo negativo (-) quando il sistema assorbe energia
(elettrolisi).
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Per contro, nel terzo caso non si riesce a distinguere dove siano le aree catodiche/anodiche, questo perché la
superficie della barretta di zinco non presenta alcuna eterogeneità che possa favorire una stabile localizzazione delle
reazioni elettrodiche. Si suppone in tal caso che una stessa porzione di superficie possa funzionare da area catodica e
da area anodica in un susseguirsi statistico nel tempo. La natura elettrochimica della corrosione si deduce dal fatto
che i fattori influenzanti il processo risultante (temperatura, concentrazione delle specie ecc.) agiscono in modo del
tutto analogo ai casi precedenti. Secondo questa teoria delle tensioni miste si ribadisce quindi la natura
elettrochimica del processo corrosivo anche in caso di assenza di eterogeneità, stabilendo che la velocità di ogni
processo parziale anodico o catodico non dipende da quella degli altri processi ma solo dal potenziale e che ad ogni
istante la somma delle velocità dei processi anodici uguaglia la somma delle velocità dei processi catodici (assenza di
accumulo di cariche). In tali circostanze si può ritenere valida la sovrapponibilità delle curve anodiche e catodiche,
come meglio ripreso in seguito.
5
4 – Superficie elettrificata e doppio strato elettrico. Potenziale assoluto (Galvani) e serie dei potenziali
standard riferiti all’elettrodo di idrogeno (SHE).
Supponiamo di immergere una sbarretta di un metallo in una soluzione acquosa. All’inizio un certo numero di atomi
metallici passeranno dalla fase solida alla fase acquosa attraverso una reazione di ossidazione
Me --- Mez+ + ze- ,
lasciando sulla superficie del metallo un eccesso di cariche negative che si localizzano sulla superficie metallica
all’interfaccia con la soluzione cquosa. Gli ioni metallici positivi entrati in soluzione saranno subito circondati dalle
molecole polari dell’acqua (solvatazione). Tuttavia, tenderanno a rimanere in prossimità della superficie metallica a
causa dell’attrazione elettrostatica con l’eccesso di carica negativa della superficie. Man mano che aumenta la
concentrazione degli ioni metallici passati in soluzione, aumenta anche la probabilità che gli ioni si riprendano gli
elettroni in eccesso sulla superficie e si ‘rituffino’ nel reticolo cristallino del metallo attraverso la reazione di
riduzione Mez+ + ze- --- Me. Quando la velocità del processo di passaggio in soluzione, cioè la velocità di
ossidazione rox, eguaglia la velocità di ritorno nel reticolo cristallino, cioè la velocità di riduzione rred, non si hanno
più flussi netti di materia e il metallo si dice in equilibrio termodinamico con la soluzione acquosa. Le condizioni
di equilibrio termodinamico non sono condizioni statiche ma dinamiche: si svolge in continuazione una reazione di
ossidazione del metallo a dare ioni ed una reazione di riduzione da ioni ad atomi metallici, reazioni che avvengono
però alla stessa velocità. Si ha cioé un equilibrio dinamico in condizioni di reversibilità per cui ian = icat = i0 , dove i0
~
si definisce densità di corrente di scambio. In queste condizioni di equilibrio elettrochimico del metallo ( G =0)
non si ha corrosione, non verificandosi un flusso netto di metallo verso la soluzione
acquosa.
La distribuzione delle cariche negative sulla superficie del metallo che comunque è
presente in condizioni di equilibrio, crea una differenza di potenziale (d.d.p) tra il
metallo stesso e la soluzione in cui è immerso, vedi Fig.4.1 Tale d.d.p. è detta
TENSIONE GALVANI (MS = M - S) all’interfaccia metallo / soluzione e
rappresenta il POTENZIALE ASSOLUTO dell’elettrodo immerso nel metallo. Il
valore di questo potenziale non e’ calcolabile né misurabile. Questo tuttavia non è
un problema insormontabile perché, come meglio spiegato nel seguito, si è
interessati più a conoscere la differenza di potenziale tra due differenti elettrodi che
non il loro potenziale assoluto.
In tali condizioni di equilibrio TD-ico, all’interfaccia metallo/soluzione elettrolitica viene a costituirsi il cosìdetto
doppio strato elettrico. La struttura all’interfaccia metallo – soluzione elettrolitica è supposta multistrato:
1. uno strato più interno, costituito da molecole del solvente e spesso, da molecole o ioni di altre specie, dette di
adsorbimento specifico (*). Questo strato è denominato STRATO COMPATTO DI HELMHOLTZ ed il luogo
dei centri elettrici degli ioni di adsorbimento è chiamato PIANO INTERNO DI HELMHOLTZ (IHP);
2. gli ioni solvatati possono avvicinarsi alla superficie metallica fino a toccare l’IHP ed il luogo dei centri degli ioni
piu’ vicini e’ detto PIANO ESTERNO DI HELMHOLTZ (OHP). L’interazione tra gli ioni solvatati ed il
metallo carico elettricamente coinvolge solo forze elettrostatiche a lungo raggio, pertanto l’interazione e’
sostanzialmente indipendente dalle proprietà chimiche degli ioni, che sono denominati per tale ragione di
ADSORBIMENTO NON SPECIFICO;
3. A causa dell’agitazione termica, gli ioni di adsorbimento non specifico sono distribuiti in una regione 3D,
denominata STRATO DIFFUSO (di GOUY-CHAPMAN) che si estende dall’OHP fino al cuore della soluzione
E’ apparente un’analogia fisica tra la struttura del doppio strato elettrico e una successione di CONDENSATORI in
serie (anche se a differenza di quelli reali, la capacitanza del DSE e’ funzione della d.d.p. esistente). (C DSE
tipicamente varia tra 10 e 40 F / cm2 ).
L’importanza del DSE e dell’associato potenziale Galvani MS al contatto delle due fasi, e’ notevolissima, essendo
presenti campi elettrici al suo interno estremamente elevati, dell’ordine di 10 7 V / cm.
6
Fig. 4.1 Rappresentazione schematica della superficie elettrificata (doppio strato elettrico)
----------------------------------------------------------------------------------------------------------(*) Ioni di adsorbimento specifico sono ad esempio gli ioni alogenuri (Cl -, F-, Br- ecc). Questi, malgrado la loro
carica netta negativa, mostrano una forte tendenza a legarsi con gli atomi metallici della superficie
(chemiadsorbimento), anch’essa come vista carica negativamente. La ragione di questa forte tendenza è legata alla
presenza di doppietti elettronici sul guscio esterno di valenza degli atomi del VII gruppo della Tavola Periodica, che
tendono a riempire gli orbitali 3d insaturi dei metalli di Transizione. Questa tendenza al chemiadsorbimento degli
ioni alogenuri è molto importante, poiché spiega la capacità di tali ioni di favorire destabilizzazione e rottura dei film
di passività come ossidi/idrossidi dei metalli a comportamento attivo-passivo (vedi prossimi capitoli).
---------------------------------------------------------------------------------------------------------Come già detto, il potenziale assoluto di un metallo immerso in una soluzione elettrolitica non si può misurare né
calcolare mediante dati termodinamici. Tuttavia, per i fini di nostro interesse non è importante conoscere il valore dei
potenziali assoluti elettrondci, ma piuttosto conoscere la DIFFERENZA tra i valori dei potenziali. Allo stesso modo
si ragiona per i potenziali di elettrodo. Si vanno cioé a misurare i potenziali degli elettrodi che interessano
(ELETTRO DI DI LAVORO) tutti rispetto ad uno stesso ELETTRODO DI RIFERIMENTO. La differenza di
potenziale che misuro per ciascun elettrodo collegato al riferimento lo chiamo Potenziale Elettrico (E) riferito a quel
particolare Elettrodo di Riferimento, MS - rif= E.
Una possibile semicella di riferimento è l’elettrodo standard ad idrogeno (SHE), realizzato con una
laminetta di platino su cui gorgoglia idrogeno gassoso a P=1,0 atm immersa in una soluzione ad attività unitaria di
idrogenioni H+ (praticamente 1 M a pH=0) a 25 °C, vedi Fig.4.2:
Pt(s), H2 (g; P= 1 atm) / H+ (aq; [H+] = 1)
La reazione elettronica risulta 2H+ +2e-  H2 e ad essa viene assegnato il valore zero per tutte le temperature
(STANDARD TERMODINAMICO).
Se adesso colleghiamo un qualsiasi elettrodo (ELETTRODO DI LAVORO) alla semicella standard ad idrogeno
(ELETTRODO DI RIFERIMENTO) e misuriamo il valore di f.e.m. della pila corrispondente, si ottiene il Potenziale
Elettrodico dell’elettrodo di lavoro riferito all’elettrodo standard di idrogeno E (SHE).
Ad esempio per un certo metallo Me immerso in una soluzione contenente ioni ad attività (assimilata alla
concentrazione) [Mez+], il suo POTENZIALE si misurerà realizzando la cella galvanica:
7
Pt(s), H2 (g; P= 1 atm) / H+ (aq; [H+] = 1) // Mz+ (aq; [Mez+],), Me(s)
f.e.m. = E Me – E (SHE) = EMe – 0,00 = EMe (V)
Quando si considerano tutti elettrodi in condizioni standard (25 °C, concentrazioni delle specie ioniche unitarie (1
M), pressione specie gassose unitarie P=1 atm) si ottiene la SERIE DEI POTENZIALI ELETTRODICI
STANDARD (E 0) sulla scala SHE,vedi Tabella 4.1
Tabella 4.1 – Serie dei potenziali standard di elettrodo riferiti all’elettrodo standard di idrogeno.
Il potenziale elettrodico (E) può calcolarsi anche in condizioni diverse da quelle standard tramite l’equazione di
NERST:
1 - Potenziale di riduzione dell’idrogeno in condizioni non standard
2H+ (aq.)+ 2e- ---- H2 (g)
E0 =0,00 V SHE
EH+/H2 = E0H+/H2 + (0,0591/2) Log [H+]/PH2 =
E0H+/H2 + (0,0591/2) Log [H+]/1 = – 0,0591 pH (V) SHE
2 – Potenziale riduzione ossigeno in condizioni non standard
O2 (g)+ 4H+ (aq.) + 4e- --- H2O
E0=1,23 V SHE
0
EO2/H2O = E O2/H2O + (0,059/4) Log [H+]4/PO2=
E0 O2/H2O + (0,059/4) Log [H+]4/1=
1,23 – 0,0591 pH (V) SHE
8
3 – Potenziale di riduzione ioni metallici con concentrazione non standard
Mez+ (aq.) + ze- --- Me (s)
z+
0
EMe /Me = E Mez+/Me + 0,0591/z) Log [Mez+]
4 – Potenziale non standard di una generica reazione redox:
ox + n e- ---- red
Eox/red = E0 ox/red + (0,0591/n)Log (ox/red)
5- Aspetti termodinamici delle reazioni di corrosione.
Un processo corrosivo ha luogo quando sono verificati determinati presupposti termodinamici e cinetici. Ad
esempio, la reazione tra un metallo M e l'ambiente acquoso contenente ossigeno:
M + 1/2 O + H O = M(OH)
[4.1]
2
2
2
è TD-mente possibile solo se accompagnata da una diminuzione dell'energia libera G del sistema, variazione
che esprime inoltre il lavoro motore disponibile per il processo stesso. Questa condizione è verificata nel caso
del ferro esposto all'atmosfera, vedi Tabella 1.1 e in questo caso si parla di STATO DI ATTIVITA'.
Quando la reazione 4.1 non è TD-mente possibile (G > 0), il materiale si dice in STATO DI IMMUNITA'
(ad es. oro in atmosfera).
Vi sono però casi in cui la reazione è T.D. possibile, ma estremamente lenta dal punto di vista cinetico e si
parla allora di stato di PASSIVITA' (è il caso ad esempio del Cr e degli acciai INOX che si ricoprono di un
film sottilissimo ma molto protettivo di ossido di cromo).
La reazione generica 4.1 è di natura elettrochimica ed è, come prima visto, il risultato di due reazioni
concorrenti, di cui una catodica che porta alla riduzione delle specie accettrici di elettroni (dall'ambiente) e una
anodica di dissoluzione delle specie donatrici di elettroni (il metallo). Per comodità si farà riferimento allo
schema della cella galvanica bielettrodica cortocircuitata. Considerando le condizioni di circuito aperto della
cella galvanica, senza cioè che fluisca corrente elettrica , si ha che:
G = -zFf.e.m.) = -zF( Ecateq – Eaneq)
dove: Ecateq / Eaneq sono i potenziali elettrodici di equilibrio, calcolabili mediante l'equazione di Nerst, z = numero
di elettroni scambiati, F = costante di Faraday, T = temperatura assoluta in Kelvin.
Si può quindi esprimere la condizione termodinamica affinché la reazione di corrosione possa avvenire:
G <0  Ecateq > Eaneq
La reazione di corrosione può avvenire (attività), ma bisogna
aggiungere indicazioni sulla velocità del processo (possibile
passività).
G =0  Ecateq = Eaneq
Reazione in condizioni di equilibrio
G >0  Ecateq < Eaneq
La reazione di corrosione non può avvenire(immunità).
Le reazioni anodiche che ci interessano sono quelle di dissoluzione dei metalli. Facendo riferimento alla scala dei
potenziali standard (25 °C, concentrazione di tutte le specie presenti 1 M, pressione delle specie gassose 1 atm)
rispetto all’elettrodo standard di idrogeno (SHE), si può calcolare, ad esempio, il potenziale del ferro in equilibrio
con una soluzione acquosa con concentrazione di ioni ferrosi 10 -3M (coppia redox Fe++/Fe):
Fe  Fe+++ 2e- reazione anodica
E Fe   / Fe  E 0 Fe  / Fe 
0.0591
 0.059  3
log[ 10 3 ]  0.409  (
)  0.497V ( SHE )
2
2
9
Se immergiamo una sbarretta di ferro in una soluzione acquosa non contenente ioni ferrosi, per il calcolo del
potenziale di equilibrio si può assumere una concentrazione di ioni Fe ++ pari a 10-6 Mol/L (ordine di grandezza 0,1
ppm, ai limiti di rilevabilità dello ione con mezzi chimici). In tal modo il potenziale di equilibrio risulta:
E Fe++/Fe = E0 Fe++/Fe + 0,059/2 Log(10-6) = - 0,586 V
Le reazioni catodiche di maggior interesse sono quelle possibili in ambienti naturali (P= 1 atm):
1- Riduzione di O2
O2 + 4H+ + 4e-  2H2O
EO2 / H 2O  E 0 O2 / H 2O  0.059 pH  1.23  0.059 pH
2 - Riduzione di H+ a dare H2
EH  / H  E
2
0
H  / H2
2H+ + 2e-  H2
 0.059 pH  0.059 pH
Nelle soluzioni acquose possono poi esserci altre coppie redox. Ad esempio:
NO2- + 2H+ + e-  NO + H2O
Fe3+ + e- = Fe2+
Cr6+ + 3e- = Cr3+
Pertanto, dalla conoscenza del potenziale elettrodico del metallo nell’ambiente aggressivo d’interesse è
possibile dedurre se il metallo è TD-nte o meno aggredibile per corrosione. Basta calcolare il potenziale di
equilibrio del metallo (se non sono inizialmente presenti di ioni del metallo si può fare riferimento ad una
concentrazione pari a 10-6 M), calcolare il potenziale delle possibili reazioni catodiche presenti in quell’ambiente, e
verificare se almeno una di queste è superiore in valore al potenziale di equilibrio del metallo. Se questo accade,
allora la reazione di corrosione avviene ed è spontanea. Altrimenti, il metallo è in quell’ambiente in condizioni di
immunità termodinamica e non si corrode.
Facendo questo lavoro di confronto dai valori riportati dalla Serie dei Potenziali Standard, si ottengono le seguenti
indicazioni di massima:
A) le soluzioni acide disareate possono corrodere tutti i metalli a partire del Pb. ( E H  / H a pH = 0  0,0 V SHE);
2
B) le soluzioni neutre disareate possono corrodere il Fe e tutti i metalli meno nobili.( E H  / H a pH =7-0.414 V
2
SHE);
C) Le soluzioni acide areate possono corrodere anche metalli seminobili come l'Ag. E O2 / H 2O a pH= 0  +1.23 V
SHE);
D) Le soluzioni contenenti cloro e fluoro possono corrodere tutti i metalli usuali.
6- Aspetti cinetici della corrosione.
Come precedentemente detto, nell’equilibrio di un metallo immerso in una soluzione contenente suoi ioni si svolge
in continuazione una reazione di ossidazione del metallo a dare ioni ed una reazione di riduzione da ioni ad atomi
metallici, reazioni che avvengono alla stessa velocità ian = icat = i0 . In queste condizioni di equilibrio termodinamico
(G =0) non si ha corrosione del metallo, poiché non c’è un flusso netto di metallo verso la soluzione acquosa. Il
potenziale che assume il metallo in queste condizioni è il Potenziale Reversibile di
Equilibrio (Eeq.) ,calcolabile, con l'equazione di Nerst:
E Me++/Me = E0 Mez+/Me + (0,0591/z) Log [Mez+]
10
All'equilibrio metallo-soluzione, il potenziale assunto dal metallo è proprio il potenziale
con Nerst.
E eq Me   / Me
calcolato
In funzione del valore di i0 si possono distinguere i metalli in INERTI (bassa i0 intorno a 1 mA/m2), INTERMEDI
(valori di i0 intorno a 10 mA/m2) e normali (alti valori di i0 intorno a 106 mA/m2). Metalli inerti sono Pt, Pd, Fe, Ni,
metalli intermedi Cu e Ag, metalli normali Sn, Al, Zn, Pb, Hg.
Se al metallo in condizioni di equilibrio si impone un potenziale di valore più elevato del suo potenziale di equilibrio
E eq Me   / Me
, cioè applichiamo una sovratensione anodica a ad un nuovo valore
E Me  E eq Me   / Me  a ,
il bilanciamento iniziale tra la velocità di ossidazione del metallo e quella di riduzione degli ioni metallici non sarà
più rispettato. In particolare, se ci spostiamo con la sovratensione verso valori maggiori di potenziale (più
elettropositivi) si favorisce la reazione in senso anodico (OX) e si deprime la velocità di riduzione in senso catodico
(il contrario accadrebbe se si fornisse una sovratensione catodica c che favorirebbe la reazione catodica a scapito
della anodica). Si instaura in tal modo un flusso netto di metallo che passa allo stato ossidato in soluzione come ione.
Il metallo quindi si consuma, avviene cioè il processo corrosivo del metallo. La sovratensione a > 0 possiamo
imporla dall’esterno collegando il metallo a un alimentatore a corrente continua, oppure la può imporre una reazione
redox presente nell’ambiente corrosivo, a patto che abbia un potenziale elettrodico più alto di quello di equilibrio del
metallo (Ecat –Ean > 0, quindi G<0).
Quindi condizione necessaria affinché un metallo si corroda in un ambiente acquoso è che il suo potenziale sia
portato ad un valore più elettropositivo (più nobile) del suo potenziale di equilibrio termodinamico in
quell’ambiente.
Dato che le correnti elettrodiche corrispondono in pratica a flussi di materia, e la corrente di ossidazione corrisponde
alla dissoluzione anodica del metallo, è molto importante sapere come variano tali correnti in funzione delle
sovratensioni imposte al metallo. Tali relazioni devono esprimere, in sostanza, l’entità delle dissipazioni energetiche
che si accompagnano al procedere delle reazioni elettrodiche. Nel caso delle reazioni elettrochimiche, una prima
importante fonte di dissipazione è la sovratensione di attivazione o di trasferimento di carica, associata appunto
alla reazione che avviene sull’elettrodo. Questa sovratensione ha lo stesso significato della barriera energetica di
energia di attivazione delle reazioni chimiche. L’energia di attivazione in questo caso è associata ai moti di
agitazione termica (urti efficaci) e ad una frazione del campo elettrico ( o (1 – ) a seconda che la reazione sia
anodica o catodica) nel doppio strato elettrico all’interfaccia metallo-soluzione. L’espressione generale della densità
di corrente in funzione della sovratensione è data dall’equazione di BUTLER-VOLMER:
i = i0 ( exp[(1 –)zF /RT] – exp[-zF/RT]
dove  = fattore di simmetria (può variare da 0,3 a 0,7 e d norma si assume pari a 0,5), F = Costante di faraday
(96500 C), T = temperatura assoluta). Si può facilmente dimostrare che quando l’entità delle sovratensioni
anodiche/catodiche è superiore a 50 mV in valore assoluto, la relazione tra sovratensione e corrente è di tipo
logaritmico. In questo caso valgono le equazioni di TAFEL:
per a > + 50 mV
per c < - 50 mV
dove ba, bc sono detti coefficienti di Tafel ed i0 è la densità di corrente di scambio. Tutte quest’ultime sono variabili
di tipo cinetico.
Si dimostra, parimenti, che nei dintorni del potenziale di equilibrio, cioè per sovratensioni minori in valore assoluto
di 30 mV, la relazione tra sovratensione e corrente è di tipo lineare:
11
dove, Rp= Resistenza di polarizzazione, ia/ic = densità di corrente anodica/catodica.
In un diagramma lineare potenziale-corrente l’andamento complessivo è rappresentato in Fig.6.1. In corrispondenza
del potenziale di equilibrio e nei suoi dintorni la relazione -i è di tipo lineare. Abbastanza lontani dal potenziale di
equilibrio ( > 50 mV) la relazione -i diventa logaritmica (quindi in un diagramma E-i la relazione è rappresentata
da una curva). Il ramo con sovratensioni positive (a) è il ramo di polarizzazione anodica rispetto al potenziale di
equilibrio, mentre il ramo con sovratensione negativa (c) è il ramo di polarizzazione catodica.
Fig.6.1
Se si utilizza un diagramma semi logaritmico E – log
i e riportando in ascissa il valore assoluto della
corrente (in modo da avere entrambi i rami della
curva di polarizzazione nello stesso quadrante),
otterremo nei dintorni del potenziale di equilibrio un
andamento non lineare e per a , |c | > 50 mV un
andamento lineare. Per reazioni bivalenti, come ad
esempio per il Fe, si ha che la corrente varia di un
fattore 10 ogni 60 mV di sovratensione. Per reazioni
monovalenti (riduzione di idrogeno) la variazione
invece è di 120 mV/decade.
Nel caso della resistenza per trasferimento di carica,
le correnti elettrodiche e quindi la cinetica dei
processi elettrodici è descritta dai parametri ba/bc
(coefficenti di Tafel) e i0. (densità di corr. di
scambio del metallo).
Sovratensione per trasferimento di carica nelle
reazioni catodiche di riduzione di idrogeno e ossigeno sui metalli. Si è detto che nei processi corrosivi in
ambiente acquoso si ha generalmente, come processo catodico, lo sviluppo di H 2 e/o la riduzione di O2 disciolto.
Analizziamo più in dettaglio le relative sovratensioni elettroniche.
12
Per la sovratensione di attivazione H2 si osserva
un’anticorrelazione con la sovratensione del metallo con i
propri ioni, cioè tanto maggiore è l’ i0,Me quanto minore è l’
i0,H2 su quel metallo.
H3O+ + e-  Hads + H2O
2 Hads  H2
n H 2  n H 2
Il coefficiente di TAFEL bc
 costante per i vari materiali è
 0,13 / 0,15 (V/decade)
La sovratensione di attivazione per l’ O2 sono alte per tutti i metalli (alcune centinaia di mV) e sono funzione del
pH e della natura del metallo. Ai bassi valori di corrente catodica le perdite energetiche sono determinate dalla
resistenza al trasferimento di carica, ma all’aumentare delle
correnti catodiche diventano significative altre perdite
energetiche. Infatti, l’O2 disciolto nell’acqua raggiunge la
superficie del metallo per diffusione fisica attraverso la
soluzione, quindi sotto l’azione di un gradiente di
concentrazione e non è facilitata dal trasporto elettroforetico
come accde per l’H+. Diventa preponderante un effetto di
concentrazione (  c ). La resistenza
C
polarizzazione di
diventa praticamente infinita in corrispondenza di un valore di
corrente anodica detta corrente limite
iL
Dove, Co2 = concentrazione O2 nell’ambiente acquoso, D =
coefficiente di diffusione O2 nel mezzo acquoso,  = spessore
strato limite di Nerst.
7 – Sistema elettrochimico di corrosione. Potenziale misto (di corrosione) e velocità di corrosione.
In un sistema elettrochimico di corrosione si hanno reazioni in cui la
corrente (elettroni) passa da una specie chimica ad un’altra del tutto
differente (ad esempio dal ferro all’H+) e questo non può essere un
processo di equilibrio. Si supponga infatti di avere ferro che si corrode
in ambiente acido grazie alla riduzione di ioni H+. In questo caso infatti
non si realizza più un bilancio di massa sullo ione metallico, in quanto il
processo anodico interessa quasi esclusivamente il metallo (che si
corrode), mentre quello catodico interessa quasi esclusivamente l’altra
specie coinvolta (H+). Entrambi i processi avvengono però sulla
superficie del metallo, ed ognuno avrà un suo potenziale di equilibrio
calcolabile con Nerst. In pratica, è come se all'originale equilibrio del
metallo immerso in una soluzione contenente suoi ioni, si sia andato a
sovrapporre una seconda reazione redox 2H+ + 2e- = H2 che ha un suo
potenziale di equilibrio, supposto nell’esempio maggiore (più
elettropositivo) di quello del metallo. Il metallo però è un ottimo
conduttore elettrico e tenderà ad assumere un solo valore di potenziale.
13
Il potenziale andrà a stabilizzarsi ad un valore di potenziale intermedio tra i due potenziali delle reazioni redox. Si
parla quindi di potenziale misto che chiameremo potenziale di corrosione libera del metallo Ecorr. La differenza
in valore tra questo potenziale misto e l’originale potenziale di equilibrio della reazione anodica del metallo
costituisce la sovratensione imposta alla reazione anodica (a = Ecorr - Eeq. Fe++/Fe ), e la differenza tra questo
potenziale e il potenziale di equilibrio della reazione catodica costituisce la sovratensione imposta alla reazione
catodica (c = Eeq. Me++/Me - Ecorr), tali da far procedere le rispettive reazioni elettrodiche alla stessa velocità (iox = ired).
Il potenziale misto Ecorr si stabilizzerà ad un valore per cui tutta la forza motrice disponibile (f.e.m.= E cat – Ean) verrà
dissipata per far avanzare le reazioni elettrodiche e, nel caso ci sia, per vincere la caduta ohmica attraverso la
soluzione. Il flusso netto di metallo che passa in soluzione costituisce quindi la corrente anodica e quindi la velocità
di corrosione iox= icorr, corrente che si ottiene in corrispondenza del potenziale potenziale di corrosione,
Ecorr.Vediamo quindi come operano le due coppie redox indipendentemente tra loro e come si accoppiano a definire
le condizioni stazionarie del processo corrosivo del metallo .
PRIMO EQUILIBRIO
E eq H  / H  E eq 0
SECONDO EQUILIBRIO
EquilibrioT.D.
0.059

log[ H  ]
1
Equilibrio T.D.
E eq Me   / Me  E eq 0 
i Me
ox
 iMe 
red
 iO,Me
0.059
log[ Me   ]
2
Se accoppiamo queste due reazioni redox sulla superficie del metallo e supponiamo che E H / H  E Me / Me , si
avrà che:
1) L’equilibrio Me/Me2+ verrà spostato in senso anodico a causa dell’accoppiamento con una reazione di
equilibrio a potenziale redox maggiore. Il potenziale del metallo, quindi si sposta verso potenziali più
elettropositivi. Man mano che aumenta tale spostamento (sovratensione anodica), aumentano le correnti
anodiche. La relazione tra sovratensione anodica e corrente anodica è la funzione logaritmica dell’Eq. di
Tafel ;
2) L’equilibrio H+/H2 verrà spostato in senso catodico a causa dell’accoppiamento con una reazione di
equilibrio a potenziale redox minore. Il potenziale dell’equilibrio H+/H 2 si sposta verso potenziali meno
elettropositivi. Man mano che aumenta tale spostamento (sovratensione catodica), aumentano le correnti
catodiche. La relazione tra sovratensione catodica e corrente catodica è la funzione logaritmica dell’Eq. di
Tafel.
Supponendo di operare in soluzione acquosa con conducibilità del mezzo corrosivo molto grande ( RI=0), le
condizioni stazionarie di funzionamento si avranno quando tutta la forza motrice disponibile (Ecat – Ean) sarà
dissipata nella somma della sovratensione anodica e sovratensione catodica, cioè quando a + /c/ = Ecat - Ean (più in
eq

eq

14
generale sarà a + /c/ + RI = Ecat - Ean).
Si individuano in tal modo le condizioni stazionarie di
funzionamento del sistema corrosivo nel punto di intersezione tra le curve di polarizzazione delle due coppie redox,
condizioni che determinano: Ecorr= Potenziale libero di corrosione del metallo (V), icorr = velocità di corrosione
( A/m2)
Il valore del potenziale di corrosione non è calcolabile da dati termodinamici essendo ,come prima detto, associato ad
una reazione irreversibile, ma dipenderà essenzialmente da fattori cinetici (valori di i0 e sovratensioni elettroniche
a /c) legati allo svolgimento dei processi elettronici. Si può dire che le condizioni stazionarie di lavoro del sistema
corrosivo si raggiungeranno quando l’intero LAVORO MOTORE disponibile ( E
dissipato negli ATTRITI del sistema causati dal passaggio di corrente.
Cioè: allo stazionario:
E eq CAT  E eq AN
= a + |c | +RI
eq
CAT
 E eq AN
) andrà
(con RI caduta ohmica)
NOTA. Nella maggior parte dei casi di corrosione in ambiente acquoso, si tratta di soluzioni ad alta conducibilità
ionica e con distanze tra regioni anodiche/catodiche molto ridotte. Pertanto il termine di caduta ohmica RI può essere
di norma trascurato e le condizioni di lavoro del sistema corrosivo (E corr/Icorr) possono determinarsi dalla intersezione
delle curve anodiche e catodiche. Riassumendo:
8 - Diagrammi di EVANS. Teoria delle tensioni miste e sovrapponibilità delle curve di polarizzazione.
Lo studio dei sistemi corrosivi si può efficacemente avvalere della visualizzazione delle curve di polarizzazione
anodica e catodica delle reazioni redox coinvolte (Diagrammi di EVANS). A tal riguardo, sono importanti alcune
implicazioni derivanti dalla teoria delle tensioni miste. Si è detto che anche in assenza di evidenti eterogeneità
superficiali (base della teoria delle coppie locali) la teoria delle tensioni miste ammette la possibilità che su di una
stessa porzione di superficie metallica perfettamente omogenea immersa in una soluzione anch’essa omogenea, si
possono svolgere contemporaneamente due o più processi elettrodici, alcuni in senso anodico ed altri in senso
catodico, in un susseguirsi statistico di posizione e rispetto al tempo. Si possono così riassumere le assunzioni:
1) Qualsiasi reazione elettrochimica può essere considerata come somma di due o più processi parziali di
ossidazione e riduzione;
2) Non ci può essere accumulo di cariche elettriche durante la reazione elettrochimica.
In pratica, tale teoria implica la sovrapponibilità delle curve
parziali di polarizzazione.
In un qualsiasi sistema corrosivo, anche costituito da più reazioni
anodiche e catodiche, le condizioni stazionarie di funzionamento si
stabilizzeranno
al
potenziale
Ecorr
dove
risulterà:
i
Ox
An
red
  iCat
\
A titolo d’esempio, vedi Fig. ‘’’’, si può considerare
qualitativamente il caso di una sbarretta di ferro immersa in acqua
areata a pH = 7. Il potenziale di corrosione libera del metallo E corr
15
sarà quel potenziale per cui i An, Fe  iCat , H 2  iCat ,O2 (avendo considerato trascurabili le cadute ohmiche attraverso
il conduttore elettrolitico).
8 - FENOMENO DELLA PASSIVITA’ NEI METALLI E NELLE LEGHE. CURVA DI
POLARIZZAZIONE ANODICA DEI MATERIALI A COMPORTAMENTO ATTIVO-PASSIVO.
Si intende per condizioni di passività la perdita di reattività del materiale sotto certe condizioni ambientali. La
passività è uno stato di drastica riduzione della velocità di corrosione e cioé di scarsa reattività del materiale
metallico con l’ambiente aggressivo. Tale stato è in genere associato alla formazione di un film solido interfacciale,
molto protettivo e capace di rallentare drasticamente l’attacco corrosivo del metallo sottostante. Gli strati superficiali
possono essere costituiti da ossidi o idrossidi, formati quando il metallo o lega è portato a lavorare entro certi
intervalli di potenziale superiore a quello di equilibrio (Ecorr > EM/M0 dell’ossido). In questi casi, la modificazione
superficiale consiste nella formazione di un film molto sottile (3-5 nm), compatto e protettivo. Oppure si possono
formare depositi ben più spessi dei precedenti con prodotti di corrosione o con sali precipitati dalla soluzione
acquosa quando si raggiungono le condizioni di superamento dei rispettivi prodotti di solubilità (AgCl, PbSO 4,
FeSO4, CaCO3 ecc..). Questi strati o film vanno in pratica a costituire una barriera tra il metallo e l’ambiente
circostante. Non sempre gli strati superficiali che si formano sulla superficie dei metalli sono protettivi, dipendendo
tale proprietà dalla compattezza, porosità, conducibilità ionica ed elettronica. Da un punto di vista ingegneristico il
fenomeno è molto importante, e rende conto dell’elevata resistenza alla corrosione di molti metalli e leghe
intrinsecamente poco nobili, come Al, Cr, Ti, Ta, e anche acciai inox, superleghe, rame e le sue leghe in acqua di
mare, acciaio al carbonio in H2SO4 diluito ecc…
I tipici metalli che esibiscono il fenomeno della passività sono:
Fe, Cr, Ni, Ti, Al e loro leghe.
Fig.8.1
Nel caso di film sottili di ossidi/idrossidi, la curva di polarizzazione anodica di un materiale con comportamento
attivo-passivo esibisce una caratteristica forma a S, vedi Fig. 8.1. Il materiale ha un comportamento attivo (curva
definita dai parametri cinetici io e ba) a partire dal suo potenziale di equilibrio fino ad un certo potenziale Epp, detto
‘potenziale di passività primaria’, in corrispondenza del quale inizia la formazione dell’ossido/idrossido.
La regione di passività vera e propria inizia tuttavia in corrispondenza di un potenziale più elettropositivo, detto
potenziale di passività Ep, in corrispondenza del quale la densità di corrente anodica scende a valori drasticamente
minori (densità di corrente di passività, ip) che permangono quasi invariati per tutto l’intervallo di potenziale di
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passività. Il potenziale a cui si entra nella regione di passività (Ep) è per molti materiali sensibilmente superiore a
(Ecq)M/M0, mentre per metalli nobili come Au e Pt è praticamente coincidente. All’interno dell’intervallo di passività,
la densità di corrente anodica rimane grosso modo indipendente dal valore del potenziale del metallo. Le possibili
spiegazioni sono due:
1. La dissoluzione del metallo nella regione di passività avviene per trasporto di specie ioniche attraverso il film
superficiale, sotto la spinta del campo elettrico attraverso il film stesso. All’aumentare del potenziale
corrisponde un aumento dello spessore del film e pertanto un aumento di resistenza offerto. Essendo V=RI=cost,
l’aumento di resistenza si traduce in una certa costanza della corrente.
2. La corrente anodica è controllata dalla velocità di dissoluzione del film nell’ambiente acquoso. Essendo tale
processo di natura chimica e non elettrochimica, la corrente è indipendente dal potenziale.
Le basse correnti anodiche permangono tali fino ad un potenziale di transpassività ETR, o di sviluppo di ossigeno o
di pitting. Al di sopra di questo potenziale intervengono processi anodici concorrenti a quello di dissoluzione del
metallo, come ad esempio lo sviluppo di idrogeno, la produzione di ioni del metallo a valenza maggiore o la presenza
di ioni cloruro in condizioni sufficientemente ossidanti, cioè per potenziali maggiori ad un certo valore detto di
pitting, Epitt, in corrispondenza del quale il film si perfora e dà luogo ad attacco localizzato
La formazione di film di ossidi di passività può essere indotta da condizioni elettrochimiche, come ad esempio nel
caso di accoppiamento con un processo catodico (riduzione di O2 e/o scarica di H2 dall’acqua, ad esempio) tale da
portare il metallo a lavorare ad un potenziale misto (E corr) superiore a quello di formazione dell’ossido (E corr > EeqMO),
oppure di tipo imposto, quando il processo anodico è stimolato da un potenziale applicato dall’esterno mediante
correnti impresse (in questo caso si parla di protezione anodica).
Bisogna sottolineare che non tutti i depositi superficiali o film di ossidi sono fortemente protettivi, in quanto questa
proprietà dipende molto dalla continuità, compattezza, conducibilità ionica ed elettronica della barriera formata sulla
superficie metallica rispetto all’ambiente corrosivo. Ad esempio, la comune ruggine formata sugli acciai al carbonio
è anch’essa un ossido/idrossido, ma non è assai protettiva per la superficie metallica. Di fatto, sono relativamente
pochi i casi di depositi superficiali spessi capaci di comportare condizioni di passività. Si possono citare i casi del
ferro in acido solforico, ma solo se concentrato (formazione di FeSO4 compatto) oppure del piombo in H2SO4 ma
solo diluito, oppure del rame in acqua di mare (Cu2(OH)3Cl). Per contro, sui metalli quali Ti, Fe, Cr, Co, Ni, tutti
caratterizzati da una forte affinità per l’ossigeno, cioè ossidabilissimi, si formano film di ossidi estremamente sottili
(pochi nm) ma molto continui e compatti, quindi efficaci nel proteggere il metallo sottostante dall’ambiente
aggressivo esterno. La natura di questi film non è stata del tutto chiarita. Secondo alcuni autori sono film costituiti
prevalentemente da ossidi in diretta corrispondenza con lo strato atomico superficiale, secondo altri sono meglio
rappresentabili da uno strato adsorbito di O2.
E’ importante comprendere il perché di un diverso grado di protezione offerto da un film di passività di ossidi
rispetto alla comune ruggine formata sul ferro. Entrambi sono a base di ossidi del metallo base ma, mentre i primi
sono assai sottili (pochi passi molecolari, al massimo pochi nanometri) e assai protettivi, la comune ruggine non
protegge efficacemente il metallo sottostante, che continua a corrodersi. Quel che è diverso è il meccanismo di
formazione dei due ossidi. La ruggine, costituita da FeOOH, praticamente ematite idratata, si forma nell’ambiente
acquoso o nel film di condensazione presente e poi precipita per superamento del prodotto di solubilità sulla
superficie metallica. Il deposito superficiale è per sua natura poco coerente con il substrato metallico e assai poroso;
l’ambiente aggressivo raggiunge sempre e comunque il metallo e continua a corroderlo.
Il meccanismo di formazione di un film passivante di ossidi è invece completamente diverso.
In questo caso si può pensare l’ossido superficiale formato direttamente a partire dalla superficie metallica. Il film
di ossido è in questo caso coerente e continuo con il metallo, molto protettivo in quanto capace di isolarlo
efficacemente dal contatto con l’ambiente aggressivo.
La formazione di questi ossidi avviene più facilmente in soluzioni neutre o basiche. Avviene anche in ambiente
acido, dove l’ossido è più instabile, e in questo caso la velocità di dissoluzione dell’ossido determina l’intensità dello
stesso fenomeno corrosivo. Ad esempio il cromo (così come gli inox) possono esibire buona passivazione anche in
ambienti acidi in quanto gli ossidi di cromo III si dissolvono in modo abbastanza lento
Le variabili ambientali che bisogna considerare attentamente nel valutare l’impiego di un materiale a comportamento
attivo-passivo sono:
1- Potere ossidante dell’ambiente. Deve essere abbastanza ossidante da comportare la formazione del film
passivante e non troppo ossidante da comportare il superamento della Etr del materiale. A titolo orientativo,
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gli acciai inossidabili lavorano molto bene in ambienti naturali perché il potenziale che assumono di norma
in questi ambienti (atmosfera, acqua potabile, terreno) li portano a lavorare nel loro intervallo di passività.
Si consideri ad esempio la Fig. 8.2. La curva 1 può essere quella catodica di sviluppo di idrogeno in una
soluzione non aerata. In condizioni di basso potenziale redox dell’ambiente il materiale lavora in condizioni
di attività nel punto A. In presenza di ossigeno aumenta il potenziale redox della curva catodica 2. Il
materiale in tali condizioni può avere due possibili funzionamenti nei punti di intersezione B e C. Se il
materiale viene immerso nella soluzione SENZA uno strato di ossidi superficiali, il punto di funzionamento
del sistema sarà il punto B (attività), mentre se è già formato un ossido lavorerà al punto C (passività).
Aumentando il tenore di ossigeno o l’agitazione della soluzione, la curva catodica diventa la 3, che impone
al materiale di lavorare in condizioni di passività stabile. In presenza di specie più ossidanti, il potenziale si
porta a valori più ossidati, curva 4, sempre in condizioni di passività. Per ambienti ancora più ossidanti,
curva 5, si rischia di andare in campo transpassivo e la velocità di corrosione riprende a crescere.
Fig. 8.2
2- Presenza di ioni depassivanti quali gli alogenuri (il più comune in ambienti naturali sono i cloruri).
Questi, come precedentemente visto, sono ioni di adsorbimento specifico e mostrano una forte tendenza a
chemiadsorbirsi sulle superfici dei metalli. La passività si deve alla formazione di ossidi/idrossidi a partire
proprio dalla superficie metallica. Appare quindi intuitivo come la presenza di ioni alogenuro può favorire
discontinuità nel film di ossidi, favorendo fessurazioni locali ed innesco del cosìdetto pitting;
3- Temperatura e pH dell’ambiente. Essendo i film passivanti costituiti da ossidi del metallo, un aumento di
temperatura e/o una maggiore acidità tendono entrambi ad aumentare la solubilità chimica del film in fase
acquosa ed a renderlo più instabile e meno protettivo. L’effetto di tali variabili è quello di aumentare il
potenziale di passività, decrementare quello di transpassività ed aumentare la densità di corrente
nell’intervallo di passività.
Pretrattamenti di formazione e stabilizzazione della passivazione.
Il caso di più intersezioni tra la curva anodica del metallo e la curva catodica dell’ambiente (curva 2 in Fig. 8.2) dà lo
spunto per spiegare alcuni trattamenti chimici che si impongono ai materiali di molti impianti industriali. Si
supponga di fare le seguenti esperienze.
1- Si immerge una sbarretta di ferro in una soluzione diluita di acido nitrico. Risultato: la sbarretta si corrode
molto velocemente (curva catodica 1, Ecorr (1)).
18
2- Si immerge una sbarretta di ferro in una soluzione concentrata di acido nitrico. Risultato: la sbarretta non si
corrode affatto (curva catodica 2).
3- Nel caso precedente, si diluisce la soluzione acquosa di acido nitrico mediante aggiunta di acqua. Risultato:
la sbarretta continua ad essere protetta e non si corrode affatto (curva catodica 1, Ecorr (3)).
Questi risultati indicano che la passività superficiale è stabile quando si lavora nelle condizioni della curva catodica
2; la curva catodica tipo 1, che corrisponde ad un potenziale redox minore della precedente, può avere più
intersezioni con la curva anodica del materiale e quindi sono possibili diverse condizioni di lavoro. Se esponiamo per
la prima volta un materiale a comportamento attivo-passivo ad un ambiente dove è attiva la curva catodica 1, le
condizioni di lavoro si stabilizzeranno al potenziale di corrosione E corr (1), cioè in condizioni attive del materiale,
che potrà quindi corrodersi a velocità apprezzabili. Se invece si è già formato un film di passivazione sulla
superficie, questo potrà stabilizzarsi anche in condizioni meno favorevoli: se passo cioè dalle condizioni di lavoro a
Ecorr (2) ad un ambiente dove è attiva la curva catodica 1, le condizioni di lavoro si stabilizzeranno questa volta al
potenziale di corrosione Ecorr (3), cioè ancora in condizioni di passività.
Questa è la ragione per cui si conducono pre-trattamenti di passivazione nelle apparecchiature nuove prima della
definitiva messa in marcia (tubazioni e apparecchiature in rame, in acciai inox ecc). Per gli inox, ad esempio, si
immette in circolo una soluzione diluita di acido nitrico o altre soluzioni ossidanti, al fine di rimuovere tutte le
impurezze superficiali e formare un film superficiale stabile di passivazione.
9- FATTORI INFLUENZANTI LA CORROSIONE UMIDA
Il tasso corrosivo di un materiale metallico è influenzato da tutti quei fattori che possono modificare le
specifiche condizioni termodinamiche e cinetiche del processo corrosivo stesso. I principali fattori che
concorrono nella definizione del processo elettrochimico possono ricondursi:
i)
al materiale metallico,
ii)
all'ambiente,
iii)
all'insieme materiale metallico-ambiente.
FATTORI RELATIVI AL MATERIALE METALLICO
NATURA E COMPOSIZIONE CHIMICA
La natura e composizione chimica del materiale influenza essenzialmente la nobiltà del processo anodico e
l'entità della resistenza offerta nei processi elettrodici. In funzione del particolare accoppiamento metalloambiente possono inoltre manifestarsi fenomeni di passività chimica o fisica in relazione all'ambiente ed alle
tensioni anodiche raggiunte.
PROPRIETA' MICROSTRUTTURALI
I materiali metallici sono costituiti da un gran numero di cristalli di piccole dimensioni chiamati grani. In
seguito ai trattamenti termici o meccanici, questi grani possono assumere orientazioni preferenziali che
modificano i valori della polarizzazione e possono facilitare l'innesco di fenomeni corrosivi. Nelle zone di
collegamento tra grano e grano vi sono schiere distorte di atomi in posizioni intermedie tra i grani, e quindi tali
da risultare in condizioni di maggiore reattività. In tali zone vengono poi a concentrarsi, per effetto di
microsegregazione, sensibili quantità di impurezze o anche a prodursi variazioni di composizione chimica a
causa di precipitazione di composti intermetallici. Tali zone sono quindi spesso regioni di attacco c.
preferenziale (vedi anche la c. intergranulare). Tuttavia, anche all'interno dei grani possono esserci difettosità
varie quali difetti puntiformi, lineari (dislocazioni) o di superficie (geminati, stacking faults).
STATO DI DEFORMAZIONE PLASTICA E STATO DI SOLLECITAZIONE
E' noto che imponendo ai materiali metallici deformazioni plastiche a freddo, si possono aumentare
caratteristiche meccaniche quali la durezza, carico di snervamento e di rottura. A seguito di questi trattamenti
si verificano però anche decrementi della resistenza a c. del materiale. Le ragioni sono molteplici; a livello
termodinamico è probabile che vi sia un'influenza sull'attività degli atomi costituenti il materiale metallico
(aspetto non ben chiarito), mentre a livello cinetico è ragionevole ipotizzare che un’alta densità di difetti
reticolari comporti una maggiore disomogeneità microstrutturale e quindi una maggiore attività elettrochimica.
Nel caso di materiali a comportamento attivo-passivo, é anche probabile che gli strati superficiali protettivi
19
siano meno compatti e più difettosi, e quindi meno capaci di svolgere la loro azione schermante. Le
sollecitazioni meccaniche indotte da carichi esterni o associate a stati autotensionali, in certe condizioni,
possono innescare fenomeni corrosivi assai pericolosi come la Stress-Corrosion-Cracking (S.C.C.), la
Hydrogen-Stress-Cracking e la Corrosione-Fatica, di cui si parlerà nel seguito
FATTORI RELATIVI ALL'AMBIENTE
L'ambiente corrosivo definisce, mediante le sue caratteristiche chimico-fisiche, la natura e nobiltà dei processi
elettrodici, ma anche fattori cinetici quali l'entità delle sovratensioni e la stessa possibilità di raggiungere
condizioni di passivazione superficiale. Tra le caratteristiche più importanti ricordiamo:
ACIDITA'
L'influenza del pH si esplicita nello stabilire la forza motrice disponibile al processo corrosivo, nonché la
possibilità T.D. di precipitazione di ossidi, idrossidi e sali basici, composti che spesso portano alla
passivazione del materiale per schermatura. In Fig.9.1 è descritto qualitativamente l'andamento della velocità
di attacco di alcuni metalli al variare del pH.
Fig.9.1 – Andamento qualitativo della velocità di corrosione al variare del pH di alcuni metalli: a) Zn, Al, Sn,
b) Fe,Cr, Ni, c) Au, Pt.
POTERE OSSIDANTE
Il potere ossidante di un ambiente è definito dalla nobiltà del processo catodico che in esso si produce, cioé
misurato dal valore della tensione di equilibrio e dall'andamento della relativa caratteristica tensione-corrente.
Un aumento di potere ossidante si esplica mediante un incremento della tensione catodica e/o una minore
pendenza della curva caratteristica elettrodica. In caso di condizioni generalizzate di attività di un materiale
metallico, la disponibilità di un maggior lavoro motore, si traduce in velocità di c. più elevate; tuttavia, nei
materiali che esibiscono un comportamento attivo-passivo, tale incremento potrebbe anche comportare il
raggiungimento delle condizioni di passivazione e quindi causare un decremento della velocità di c.
FATTORI RELATIVI SIA AL MATERIALE METALLICO CHE ALL'AMBIENTE
TEMPERATURA
L'influenza della temperatura sul fenomeno corrosivo non può essere valutata tout-court, poiché il processo c.
è il risultato di processi sia elettrochimici, che chimici (reazioni omogenee) e fisici (diffusione, solubilità). In
particolare, la temperatura influisce sulla T.D. della corrosione, sulle sovratensioni (che diminuiscono), sulla
conducibilità e sui coefficienti diffusivi (che aumentano), sulla solubilità dei prodotti di c. (che in genere
aumenta) e sulla solubilità dei gas disciolti (che diminuisce).
CONDIZIONI DI MOTO RELATIVO
Le condizioni di moto relativo tra soluzione aggressiva e superficie metallica possono influire in vario modo.
Nel caso ad es. di un materiale non passivabile in cui la velocità della corrosione è controllata dall'apporto di
O , un aumento della velocità del fluido si traduce in un aumento della velocità di corrosione, v. Fig. 9.2a .
2
20
Tuttavia nel caso di materiali a comportamento attivo-passivo, nelle stesse condizioni di cui sopra, un
maggiore apporto di O potrebbe invece determinare l'instaurarsi di una passività generalizzata, vedi Fig.9.2b.
2
Condizioni di corrosione pericolose possono verificano quando sono presenti condizioni di elevata turbolenza
con conseguenti urti, come ad esempio in corrispondenza di brusche variazioni di direzione del fluido, oppure
per innesco di abrasione-erosione in presenza di particelle sospese. In questi casi si verifica la cosìdetta
corrosione per 'impingment' spesso riscontrata nei tubi degli scambiatori di calore con fluido refrigerante
movimentato a velocità eccessiva (corrosione a "dente di sega" delle leghe di rame). La condizione più gravosa
si verifica all'imbocco dei tubi in corrispondenza della piastra tubiera, tanto da dover prevedere l'impiego
apposite guaine di protezione.
Pericolose sono anche le forti variazioni di pressione, in relazione ai fenomeni di cavitazione che consistono
nella rapida formazione e condensazione di bollicine di vapore. Il distacco ed impatto del liquido e del vapore
così formati provoca notevole danno erosivo ed anche corrosivo, in quanto viene prontamente distrutto il film
protettivo superficiale con formazione di profonde cavità nel metallo. Casi tipici sono le brusche variazioni di
pressione all’interno delle pompe e sulle eliche delle navi (incorretto design).
Fig. 9.2
10- ASPETTI MORFOLOGICI DELLA CORROSIONE UMIDA
L'attacco corrosivo alle superfici metalliche può essere di tipo diffuso (Corrosione Generalizzata) o può
concentrarsi solo su alcune regioni del materiale lasciando le restanti sostanzialmente inalterate (Corrosione
Localizzata e Corrosione Selettiva).
Nella Corrosione Generalizzata l’intera superficie del metallo appare danneggiata e la penetrazione del
danneggiamento all’interno del materiale può considerarsi grosso modo costante. Si ha di norma quando il
materiale lavora in condizioni di attività. In questo caso le aree anodiche e catodiche sono assai piccole e
ripartite in modo uniforme sull’intera superficie esposta, senza significative localizzazioni. In queste
condizioni, la velocità di perdita di massa per unità di superficie esposta, v m, può essere espressa come:
vm = W/S t
dove: DW è la perdita di massa (Kg) che si verifica nel tempo t (y), S è la superficie metallica esposta (m 2). Se
si esprime la perdita di massa in mg, la superficie in dm2 e il tempo in giorni, la perdita di massa è esprimible
come unità pratica 1 mdd = 1 mg/(dm2 . day). Può essere utile esprimere la velocità di corrosione come perdita
di spessore del componente, vcorr, ad esempio in m/anno; in tal caso si può usare l’espressione:
vcorr (m/anno) = 87,6 W /(g S t)
dove W = perdita massa (mg), g = densità del metallo (g/cm3), S = superficie esposta (cm2) e t= tempo (ore).
La corrosione generalizzata è di norma meno pericolosa e insidiosa dei fenomeni di corrosione localizzata, in
quanto l’entità del danneggiamento è più visibile e quantificabile. Tuttavia, se si verifica in zone nascoste non
21
ispezionabili può anche portare a danni assai gravi, come nel caso di inserti metallici all’interno di elementi
lapidei o ceramici. Accade infatti spesso, come nel caso del ferro e degli acciai al C, che i prodotti di
corrosione abbiano un volume specifico assai maggiore rispetto al metallo da cui provengono e così nel
formarsi determinano forti pressioni interne, che in materiali poco tenaci possono a lesioni e rotture
meccaniche del manufatto. La prevenzione per la corrosione generalizzata può farsi in vari modi:
1- Scelta appropriata di materiali metallici resistenti a corrosione nel particolare ambiente corrosivo;
2- Controllo delle caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente corrosivo, rimuovendo gli agenti
corrosivi o introducendo inibitori;
3- Uso di rivestimenti protettivi organici o metallici;
4- Uso di protezione catodica, in particolare nei terreni e in acqua di mare.
La Corrosione Localizzata può presentarsi con morfologie molto particolari e differenziate a seconda del
diverso meccanismo dell'attacco corrosivo; può procedere ad esempio come fenditure o come cricche normali
alla superficie del materiale, o può dar luogo a cavità che a seconda della forma assunta sono detti crateri,
punte di spillo ecc .
Nella Corrosione Selettiva si ha invece un attacco preferenziale a particolari costituenti strutturali del
materiale metallico, o si ha dissoluzione nelle regioni adiacenti il bordo dei grani ecc.
In Figura 10.1 sono riportati alcuni aspetti morfologici tipici dei fenomeni corrosivi. Mentre in condizioni di
attacco generalizzato l’entità del danno è proporzionale alla "velocità" di perdita di massa, nel caso di
corrosione localizzata tale parametro perde naturalmente ogni significato; in questo caso si preferisce definire
la grandezza "intensità" di attacco che tende a dare una misura della massima penetrazione dell'attacco (è in
pratica la velocità di penetrazione misurata nel punto di massimo attacco). Naturalmente i valori della velocità
e dell'intensità di attacco coincidono nel caso di corrosione uniforme, mentre tendono a divergere per forme di
corrosione via via più localizzate; il loro rapporto può quindi essere considerato un indice della localizzazione
stessa dell'attacco corrosivo.
Fig. 10.1 – Morfologia del danneggiamento corrosivo
I meccanismi di attacco localizzato sono particolarmente pericolosi in quanto possono portare in breve tempo
alla perdita di funzionalità di un componente così come dell'intera apparecchiatura, se non ad un vero e proprio
22
cedimento strutturale nel caso di organi sollecitati meccanicamente.
FORME DI CORROSIONE LOCALIZZATA
L'attacco corrosivo localizzato è usualmente molto pericoloso sia per l’alta velocità con cui può procedere, sia
per la difficoltà stessa di monitoraggio del danno subito dal componente.
Le principali forme di corrosione localizzata sono:
- CORROSIONE PER CONTATTO GALVANICO;
- CORROSIONE PER VAIOLATURA ED IN FESSURA;
- CORROSIONE INTERGRANULARE;
- CORROSIONE PER TURBOLENZA, ABRASIONE, CAVITAZIONE;
- CORROSIONE SOTTO SFORZO;
- CORROSIONE-FATICA.
CORROSIONE PER CONTATTO GALVANICO
Questo tipo di corrosione si verifica quando due o più materiali metallici di diversa nobiltà (Potenziale di
Corrosione, Ecorr) sono in contatto elettrico tra loro. L’effetto di accoppiamento può anche verificarsi se uno
dei materiali è non metallo ma comunque dotato di una buona conducibilità elettronica (grafite, ossidi o solfuri
conduttori, ecc;).
Si supponga di collegare elettricamente due metalli immersi in una soluzione M ed N, di cui M è il metallo
meno nobile. Ciascun metallo può essere schematizzato come composto da aree anodiche e catodiche e quindi
con un sistema bielettrodico cortocircuitato, vedi Fig. 10.2.
Una volta accoppiati, tra i due sistemi circolerà una corrente I detta corrente di macrocoppia. Tale corrente
passa attraverso la soluzione elettrolitica dal materiale meno nobile M a quello più nobile N e va a sovrapporsi
alle correnti di microcoppia (coppie locali nei due metalli), facendole variare. Applicando la legge di Kirchhoff
al nodo 1 si ha:
Ia = Ic + I
Dove Ia è la corrente anodica, Ic la corrente catodica ed I la corrente esterna di macrocoppia. Risulta quindi
che la corrente Ia, cioè la corrente di corrosione di M, aumenta.
Se si applica Kirchhoff al nodo 2 si ottiene:
Ic = Ia + I
Cioè la velocità del processo catodico Ic su N aumenta. In conclusione, l’accoppiamento tra i due metalli di
nobiltà diversa comporta un’intensificazione del processo anodico (corrosione) sul metallo meno nobile M e
un’intensificazione del processo catodico sul metallo più nobile N.
I fattori principali che influenzano l’entità dell’effetto di accoppiamento galvanico sono:
1 – la differenza di nobiltà pratica tra i due materiali metallici accoppiati;
2 – le proprietà catalitiche del materiale metallico più nobile nei confronti della reazione catodica;
3 – il rapporto tra le superfici dell’accoppiamento che funzionano effettivamente da area anodica e catodica;
4 – la conducibilità elettrica dell’elettrolita.
Differenza di nobiltà pratica. La forza motrice che produce l’attacco galvanico è la differenza di nobiltà
pratica dei due metalli a contatto in quello specifico ambiente corrosivo. La nobiltà pratica è in sostanza il
potenziale di corrosione libera (Ecorr) che quel metallo assume quando immerso da solo in quel particolare
23
ambiente e, pertanto, varia in ragione dell’ambiente. Ad esempio, un acciaio inossidabile in acqua di
acquedotto areata assume una Ecorr elevata di diverse centinaia di millivolt, mentre in acqua deareata e in tutti
gli ambienti dove non riesce a passivarsi assume potenziali molto minori e vicini a quello di equilibrio del
ferro. In funzione di un cambio di caratteristiche chimico-fisiche di un ambiente si possono anche verificare
cambiamenti sostanziali di comportamento corrosionistico dei materiali. Ad esempio, lo zinco è usualmente
meno nobile del ferro e normalmente viene corroso nell’accoppiamento e protegge il ferro. Per contro, al di
sopra di 60-70 °C si forma un ossido molto protettivo sullo zinco che lo porta a nobiltà maggiori del ferro e
nell’accoppiamento è quest’ultimo che si corrode. Lo stagno è normalmente più nobile del ferro, ma
quest’ultimo a contatto con alcune sostanze alimentari riesce a passivarsi e diventare più nobile, risultando così
protetto per effetto dell’accoppiamento (banda stagnata per i barattoli di conserva).
Una volta specificato l’ambiente è quindi possibile ordinare i metalli secondo il loro potenziale di corrosione
libera (nobiltà pratica), come mostrato nella Serie Galvanica dei materiali in acqua di mare.
In genere sono più pericolosi gli accoppiamenti tra metalli molto distanti tra loro nella serie galvanica anche se
l'entità dell'attacco può dipendere (anche in maggior misura) dai fattori cinetici che poi intervengono nel
processo.
Dissipazioni catodiche. Le proprietà catalitiche del metallo più nobile nei confronti delle reazioni catodiche
influenzano l’entità dell’effetto di accoppiamento galvanico sul metallo meno nobile. In generale i metalli in
condizioni passive sono meno pericolosi negli accoppiamenti con metalli meno nobili perché, essendo ricoperti
da film di ossidi, presentano elevate sovratensioni alle reazioni catodiche e in particolare alla riduzione di
ossigeno (più frequente). Ad esempio, tra un accoppiamento inox-alluminio e rame-alluminio in acqua di mare
è più pericoloso il secondo perché l’inox, reso passivo dall’accoppiamento, riesce a polarizzarsi più facilmente
e, soprattutto, presenta una sovratensione alla riduzione di ossigeno superiore a quella del rame.
Rapporto tra superficie catodica e anodica (Sc/Sa). Un maggior rapporto tra la superficie del metallo più nobile
e quello meno nobile esalta l’effetto di corrosione galvanica, risolvendosi in un maggior intensità del
danneggiamento di quest’ultimo. Se si immerge una lastra di ferro in acqua con NaCl, il metallo si corroderà
ad una certa velocità. Se adesso la stessa lastra si ricopre per metà superficie con una lamina di rame, che
praticamente non si corrode e si comporta quindi da catodo, aumenterà l’estensione della superficie catodica
disponibile per la riduzione dell’O2 e, dovendo essere necessariamente I red = I ox, aumenterà anche la
velocità di corrosione del ferro. Se si ricoprono i 2/3 della superficie della lastra con rame, aumenterà ancora di
più l’effetto e, essendosi ridotta la superficie anodica, l’intensità di corrente di corrosione aumenta
notevolmente, portando ad una veloce riduzione di spessore del ferro. Da questo semplice esempio si intuisce
che nei casi di accoppiamento galvanico ha senso coprire, per esempio mediante pitturazione, la superficie del
metallo più nobile e non viceversa. Un esempio applicativo di questo concetto è il caso di un’industria di birra
(poco corrosiva) che utilizzava serbatoi in acciaio al C rivestito all’interno con resine fenoliche protettive.
Tuttavia, nel rimuovere periodicamente i depositi accumulati sul fondo mediante pale meccaniche, si
danneggiava il rivestimento e l’esposizione di ampie superfici metalliche poteva portare a contaminazione del
prodotto. Si pensò quindi di placcare il fondo dei serbatoi con un acciaio inox AISI 304, lasciandolo scoperto,
continuando a rivestire con pittura le pareti verticali in acciaio al C. Ben presto si presentarono numerose
forature passanti sull’acciaio al C nelle regioni adiacenti alla saldatura con l’inox. Gli strati di pitturazione,
soprattutto quelli di basso spessore, presentano infatti sempre difettosità e discontinuità, che peraltro
aumentano nel tempo. Nel caso citato, l’intera superficie del fondo in inox era disponibile per la riduzione
catodica dell’ossigeno e tutta la corrente prodotta andava a concentrarsi in senso anodico su ristrettissime aree
di acciaio al C in corrispondenza delle difettosità della pittura. Le elevate densità di corrente anodica
producevano pertanto veloci attacchi corrosivi perforanti. La regione più colpita era naturalmente la fascia a
ridosso della saldatura con l’inox, in ragione delle minori cadute ohmiche all’interno dell’elettrolita legate alla
minor distanza dalle regioni catodiche.
Conducibilità dell’elettrolita. La corrente di macrocoppia che circola tra i due metalli a contatto diminuisce al
crescere della resistività dell’elettrolita e, pertanto, decresce l’effetto di accoppiamento galvanico. Ad esempio,
24
la pericolosità degli accoppiamenti bimetallici in acqua dolce a bassa conducibilità è assai più modesto che in
acqua di mare, circa 200 volte più conducibile. La Fig.10.3 mostra la distribuzione delle correnti anodiche e
catodiche in un accoppiamento zinco-ferro in ambiente acido, mentre la Fig.10.3 mostra come al crescere della
resistività dell’elettrolita l’azione galvanica si localizzi sempre più nelle regioni prossime al contatto. Ad
esempio pratico:
1- In acqua distillata ( circa 4 S/cm) l’effetto galvanico si estende per pochi decimi di mm;
2- In acqua dolce ( 200-400 S/cm) non superano qualche cm;
3- In acqua di mare ( circa 5 S/m) distanze dell’ordine dei metri.
Fig. 10.3
Come prevenzione dagli effetti di accoppiamenti galvanici si può:
1- Evitare accoppiamenti tra metalli lontani nella serie galvanica;
2- Evitare alti rapporti tra superficie catodica e anodica;
3- Isolare elettricamente i materiali, ad esempio mediante interposizione di flange isolanti;
4- Applicando pitture protettive (o sul metallo più nobile o su entrambi);
5- Collegando i due materiali interponendo un’unità rimpiazzabile;
6- Applicando protezione catodica
Si diminuisce il pericolo di c. per contatto galvanico scegliendo combinazioni di metalli di nobiltà simile,
evitando alti rapporti Scat./San., interponendo isolanti, o anche usando inibitori di corrosione o anodi
sacrificabili.
25
26
CORROSIONE PER VAIOLATURA (PITTING)
Per "vaiolatura" o "pitting" s'intende una forma di corrosione localizzata con effetto perforante che colpisce i
materiali a comportamento attivo-passivo quali il Fe, Al, Cu , Ti, Ni, Cr e loro leghe (in particolare gli acciai
inossidabili) quando il potenziale che essi assumono (per effetto della reazione catodica) non è tale da
assicurare la formazione di uno strato continuo e protettivo sulla superficie del materiale. Il pitting si verifica in
genere in ambienti a carattere ossidante molto debole, contenenti ioni specifici (ad es. cloruri, perclorati, ecc;)
oppure in ambienti ossidanti forti (anche qui favorito per presenza di ioni depassivanti). In tal senso, l'acqua di
mare risulta un ambiente particolarmente favorevole a questo tipo di corrosione.
Un pit superficiale procede attraverso uno stadio iniziale di innesco e successiva propagazione all’interno del
materiale.
L'innesco può verificarsi in corrispondenza dei punti in cui il film passivo è più debole, come in
corrispondenza di inclusioni superficiali, difetti del materiale, bande di scorrimento affioranti sulla superficie,
variazioni locali dell’aggressività ambientale ecc. Laddove il film viene lacerato, l’ambiente aggressivo
raggiunge direttamente il metallo e l’area scoperta diviene anodica rispetto alla regione circostante. Ha luogo
quindi un primo danneggiamento localizzato ad opera delle alte densità di corrente anodiche (SC/SA molto
grande).
Segue una fase di propagazione, che ha in genere carattere autostimolante ed è dovuto all’istaurarsi di una
coppia galvanica tra le aree interne al pit e quelle esterne. In Fig.10.4 è rappresentato il caso di pittino per un
metallo esposto ad una soluzione areata contenente NaCl: l'O presente nell’acqua viene consumato all’interno
2
del pit e non viene facilmente reintegrato per diffusione dal cuore della soluzione, determinando così una
intensificazione della reazione anodica all’interno della cavità. L’aumentata concentrazione degli ioni del
metallo nel pit limita peraltro la stessa solubilità dell’ossigeno in soluzione acquosa. Per contro, all’esterno del
pit continua a ridursi ossigeno con produzione di ossidrili OH- che favoriscono il permanere della passività
nelle regioni circostanti il pit. L’ossigeno stenta a entrare per diffusione nel pit anche per impedimenti
geometrici e per locale precipitazione di prodotti di corrosione.
Fig. 10.4
All'interno del pit l’ambiente diviene progressivamente più aggressivo. Questo accade sia per un decremento
++
++
anche sensibile del pH (idrolisi dello ione metallico M per la reazione di idrolisi salina M + 2H O =
2
+
M(OH) + 2H ), sia per possibile trasporto elettroforetico di ioni aggressivi come i Cl- dal bulk della
2
soluzione all’interno del pit. Partendo da una soluzione neutra con poche decine di ppm di ioni cloro nella
soluzione aggressiva, si può arrivare con questo meccanismo ad avere pH molto acidi all’interno del pit (pH =
2-3) con tenori di cloruri anche di alcune centinaia di ppm.
27
Il pitting si verifica tipicamente quando il materiale a comportamento attivo-passivo lavora (a Ecorr) in
ambienti troppo poco ossidanti (regione di transizione attivo-passivo) o potenziali elevati, cioè in ambienti
molto ossidanti in campo di transpassività. In quest’ultimi, quando Ecorr supera una soglia Epitt si innesca e si
propaga la corrosione localizzata. Se invece Ecorr è inferiore di Epitt, il pitting non si verifica.
Gli ioni cloruro, così come in genere gli ioni degli elementi alogenuri (F-, Br- ecc.) tendono a ridurre
l’intervallo dei potenziali di passività, cioè ad abbassare Epitt, vedi Fig.10.5 Questo accade perché gli ioni di
alugenuri sono ioni di adsorbimento specifico che, come visto hanno una fortissima tendenza a
chemiadsorbirsi sugli atomi superficiali del metallo e, ciò facendo, tendono a destabilizzare e facilitare la
fessurazione dei film di passività.
Fig. 10.5
Anche un aumento della temperatura o dell’acidità dell’ambiente aggressivo agiscono sfavorevolmente sulla
stabilità dei film di passività, semplicemente perché in entrambi i casi aumenta la solubilità degli
ossidi/idrossidi superficiali. L’effetto di tali variabili è qualitativamente lo stesso di un aumento della
concentrazione di cloruri mostrata in Fig. 10.5
In pratica, la resistenza a pitting di un materiale metallico come ad esempio gli acciai inox è legata all’abilità di
formare e di mantenere stabile e compatto il film di passività in quello specifico ambiente acquoso. Negli acciai inox,
un maggiore contenuto di cromo e l’aggiunta di elementi quali il molibdeno (Mo) e l’azoto (N) risulta benefico nei
riguardi della resistenza a pitting del materiale. Una comparazione qualitativa di massima della resistenza a pitting
tra gli acciai inox può essere di fatto ottenuta con l’indice ell’indice PREN (Pitting Resistance Equivalent Number),
calcolato sulla base della composizione chimica del materiale:
PREN = %Cr + 3,3%Mo + 16%N per acciai inox austenitici
PREN = %Cr + 3,3%Mo + 30%N per acciai inox duplex
In Tabella 10.1 si riportano i valori di PREN per una serie di acciai inox di interesse. Si può notare come un acciaio
AISI 316 abbia un valore di PREN superiore a quello di un AISI 304, e questo grazie all’addizione nell’AISI 316
del 2% di molibdeno, elemento capace di contrastare l’azione depassivante ad opera degli ioni cloruro. La maggior
qualità dell’AISI 316 si traduce in un aumento di costo pari a circa il 35% rispetto all’AISI 304.
Gli acciai duplex (2205/2207) hanno valori di PREN superiori all’AISI 316 e, in luogo di un certo aumento di
prezzo, possono garantire resistenze a pitting e corrosione interstiziale superiori. In particolare, gli acciai duplex
mostrano un significativo incremento delle caratteristiche meccaniche ed una resistenza assai maggiore a fenomeni
di corrosione localizzata quale la corrosione sotto sforzo (tensocorrosione, Stress Corrosion Cracking). Maggiori
resistenze a pitting sono esibite anche dagli inox superaustenitici (256 SMO, lega 904L) e dalle superleghe base
nickel (Hastelloy C22) di costo però sensibilmente superiore.
28
Normativa
1.4301
1.4436
X3CrNiMo
N 22 5
UNS S
32750
X3CrNiMo
Cu 25 6
1.4529 ecc.
Denomi
nazione
AISI 304
AISI 316
SAF 2205
Cr
Ni
18
18
22
9
10
5,3
SAF 2207
25
7
UR 52N
25
6
904L
256SMO
2022
2022
Mo
N
Altri
PREN
2
3
0,16
-
18
25
35
3,
8
3,
8
56
0,28
-
41
0,26
1,5
Cu
0,1-0,2
> 40
Tabella 10.1 – Confronto dei valori di PREN di diverse classi di acciai.
Per comparare la resistenza a pitting dei diversi materiali metallici si possono condurre prove di laboratorio
standardizzate. Si impiegano di norma soluzioni aggressive con alto potenziale redox, basso pH e con presenza
di cloruri depassivanti, variando la temperatura di prova fino a determinare le condizioni critiche di innesco del
pitting. In queste prove si impiega di norma una soluzione aggressiva al 4% di NaCl + 0,1% Fe2(SO4)3 + 0,01
M HCl e si immergono i campioni per 24 ore nella soluzione variando la temperatura di 5 gradi centigradi per
volta. L’obiettivo è quello di determinare la cosìdetta temperatura critica di pittino, quando cioè si iniziano ad
osservare attacchi corrosivi con un microscopio ottico a 40 X. I provini sono semplici sbarrette del metallo. Per
avere un’idea delle differenti temperature critiche nei materiali metallici di maggior impiego si veda la Tabella
10.2. L’informazione tratta da questa prova ha validità di comparazione tra i materiali e non è un dato assoluto.
In altre parole, le temperature riportate sono quelle critiche nella soluzione impiegata e che in un diverso
ambiente potrebbero essere anche molto differenti, sebbene il ranking tra i materiali sarebbe comunque lo
stesso.
LEGA
Hastelloy C-22
Hastelloy C-276
Ferralium 255
Lega 904L
AISI 317L
AISI 316L
Temperatura
critica di pittng
(°C)
> 150
150
50
45
25
20
Temperatura critica
c.interstiziale
(°C)
102
80
35
20
15
< -5
di
Tabella 10.2 – Confronto tra temperature critiche di pitting e di corrosione interstiziale per diverse classi di acciai
nella soluzione standard del test ASTM.
CORROSIONE INTERSTIZIALE.
La c. interstiziale è una forma di c. localizzata ad azione cavernizzante che insorge in corrispondenza di
interstizi o altri punti schermati per i quali risulta difficoltoso il ricambio della soluzione tra le zone più interne
e la massa della soluzione. L'ossigeno o le altre specie ossidanti non riescono a raggiungere le zone interne
schermate e sostenere lo stato di passività. Il meccanismo di propagazione della corrosione è praticamente lo
stesso della c. per pitting, cioè autostimolante. Una volta consumato l’ossigeno disciolto nella soluzione
acquosa all’interno dell’interstizio si innesca una corrosione per areazione differenziale, con localizzazione
delle regioni anodiche all’interno dell’interstizio, mentre la reazione catodica sostiene per alcalinizzazione la
passività sulle superfici esterne, vedi Fig. 10.3. L’immissione di ioni metallici in soluzione all’interno
dell’interstizio comporta idrolisi salina e locale decremento del pH; si favoriscono anche incrementi di ioni
depassivanti come i cloruri per trasporto elettroforetico dal corpo della soluzione esterna verso le regioni
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schermate (meccanismo della cella occlusa). La c. interstiziale si verifica più facilmente rispetto alle condizioni
di insorgenza del pitting, poiché a differenza di quest’ultimo esistono già condizioni favorevoli per il
funzionamento della cella occlusa.
Fig. 10.3
Per comparare la resistenza dei diversi materiali metallici alla c. interstiziale si conducono di norma test di corrosione
analoghi a quello prima visto per la determinazione delle temperature critiche di pittino. I provini in questo caso
consistono in laminette del materiale su cui si appoggiano strettamente mediante una molla dei cilindretti di teflon
allo scopo d creare un interstizio. Si procede come per il pittino, determinando in questo caso la cosìdetta temperatura
critica di corrosione interstiziale. In Tabella 10.2 si riportano le temperature critiche ottenibili con la prova standard
ASTM. Si può infine notare come le temperature critiche di innesco della c. interstiziale siano sempre minori di
quelle di innesco della c. per pitting. Si apprezzi inoltre la forte differenza di resistenza tra un AISI 316 e un Hastelloy
tipo C. E’ opportuno sottolineare che questa tabella è utile per un confronto qualitativo tra diversi materiali e che le
temperature riportate hanno una stretta attinenza all’ambiente corrosivo impiegato. In altre parole, in acqua di mare,
le temperature critiche di innesco pitting per un AISI 316 sono senza dubbio superiori di 20 °C.
CORROSIONE INTERGRANULARE
La c. intergranulare si verifica in corrispondenza dei bordi di grano, senza agire in maniera apprezzabile sulla
matrice dei grani stessi. E' un attacco insidioso poiché può penetrare profondamente nel metallo senza che i
prodotti di corrosione risultino visibili sulla superficie esterna. Il distacco dei legami intergranulari comporta
ovviamente la degradazione delle proprietà tecnologiche del materiale. Nel caso di metalli o leghe spesso
intervengono fattori strutturali di disomogeneità quali l'accumulo di impurezze, segregazione o precipitazione
di fasi particolari (sensibilizzazione), che possono creare condizioni favorevoli per una dissoluzione selettiva.
Alte velocità di penetrazione possono raggiungersi quando si possono formare microelementi galvanici in corto
circuito in cui il bordo del grano diviene anodico (S A) ed il corpo del grano catodico (SC) con SC>>SA, per
cui le densità di corrente anodiche possono raggiungere valori assai elevati. In questo caso le condizioni
elettrochimiche sono del tutto analoghe a quelle di innesco del pitting. Pertanto è necessario che, al di là dei
necessarie condizioni favorevoli da un punto di vista metallurgico, l'ambiente sia solo blandamente aggressivo,
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in modo da assicurare condizioni di dissoluzione selettiva.
La c. intergranulare colpisce sia metalli che leghe. Ad esempio l'alluminio commerciale che, se trattato a 600
°C, si sensibilizza per precipitazione sui bdg di impurezze (Fe,Si) e subisce questo tipo di attacco se in contatto
con HCl o alcali. Le leghe Al-Cu (durallumini) si possono sensibilizzare per precipotazione di CuAl 2 ai bdg
con impoverimento di rame nelle zone di precipitazione che diventano anodiche rispetto al corpo del grano.
Anche gli acciai inox austenitici possono sensibilizzarsi in seguito a trattamenti a temperature tra 400-850 °C
anche per tempi brevi. In queste condizioni precipitano dei carburi di cromo (M23C6) sui bdg provocando un
impoverimento di cromo libero nelle regioni adiacenti, che risultano così più difficilmente passivabile, v. Fig.
10.8. Si ricorda che il tenore di Cr libero nell'inox non deve scendere al di sotto del 12 %, se si vuole garantire
la formazione di un film compatto e protettivo.
La sensibilizzazione degli acciai inox è un fenomeno
frequentemente collegato con i processi di saldatura e può essere in genere evitato con l'uso di acciai a basso
contenuto di carbonio (ad es. AISI 304L, 316L, L=low carbon) oppure di acciai stabilizzati contenenti in lega
piccole quantità di titanio o niobio (AISI 321 al Ti, AISI 347 al Nb), in cui durante un trattamento termico di
stabilizzazione si induce la precipitazione omogenea nella struttura di TiC o NbC, sottraendo carbonio dalla
matrice ed impedendo la precipitazione di carburi di cromo durante saldatura.
Fig. 10.8
CORROSIONE SOTTO SFORZO (S.C.C.)
La c. sotto sforzo è un tipo di corrosione localizzata che si realizza con la formazione di cricche assai sottili in
seguito all'azione combinata di un mezzo corrosivo di blanda aggressività, ma specifico per un dato materiale
metallico, e di uno stato di sollecitazione di trazione di entità anche non rilevante. Il fenomeno è
particolarmente pericoloso in quanto può dar luogo ad improvvisi cedimenti del materiale, senza che questo
sia visibilmente deteriorato. La SCC colpisce una vasta gamma di materiali metallici come gli acciai al
carbonio, gli acciai inossidabili, le leghe leggere, quelle di rame e titanio, ecc., sotto l'azione di ambienti di
natura alquanto differenziata (alogenuri, nitrati, solfuri, soluzioni caustiche ecc.). Data la varietà delle
combinazioni possibili, non è possibile parlare di materiali immuni o suscettibili di SCC, o di ambienti
promotori oppure no. Per l'innesco della SCC devono comunque verificarsi le seguenti condizioni:
- è necessaria la presenza di tensioni di trazione. Tali tensioni possono derivare oltre che da carichi esterni
applicati, anche da stati autotensionali causati da montaggi forzati, dilatazioni termiche o cedimento di
vincoli;
- l'attacco si produce solo su leghe metalliche e, generalmente, non su metalli puri.
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- l'attacco si produce solo per specifiche combinazioni ambiente - M.M.
- la presenza di alcuni elementi di lega può aumentare la suscettibilità di un metallo o determinarne
l'immunità. Ad es;, la presenza di azoto negli acciai inox aumenta la suscettibilità alla SCC in MgCl 2 bollente.
La presenza di Si (1,5 %) diminuisce la sensibilità di certi ottoni in ambienti ammoniacali.
La SCC si realizza con formazione di cricche orientate perpendicolarmente alla direzione della tensione
meccanica applicata. Queste possono essere inter/trans-granulari, seguendo comunque una o più direzioni
principali, con piccole ramificazioni assai caratteristiche, vedi Fig. 10.9.
FIG. 10.9
Sotto l'aspetto fenomenologico l'attacco si sviluppa sempre attraverso un innesco di cricca per pitting, per poi
propagarsi all’interno del materiale sotto l'azione combinata delle tensioni di trazione e dell’ambiente
corrosivo. Una volta iniziato, il danneggiamento procede all'interno del materiale con un meccanismo
complesso (non del tutto chiarito) che comporta stadi susseguenti di dissoluzione elettrochimica all'apice della
cricca e di frattura meccanica. L'instaurarsi di coppie galvanicche tra apice della cricca (area anodica) e pareti
della stessa (area catodica) e il possibile intervento di fenomeni infragilenti (ad es. in materiali suscettbili
all’infragilimento da idrogeno) sul fronte di avanzamento della cricca, possono dar luogo a velocità di
avanzamento anche estremamente alte (mm/ora).
I casi più comuni di SCC si riferiscono agli acciai al C in presenza di nitrati (industria dei fertilizzanti),
cianuri, solfuri, soluzioni caustiche concentrate (infragilimento caustico). Gli acciai inox sono suscettibili in
ambienti contenenti cloruri o solfuri. Il rame e sue leghe possono criccarsi velocemente in presenza di sali
ammoniacali o di mercurio. In Tab. 10.6 è riportato il comportamento a S.C.C. di alcuni materiali metallici.
I metodi di prevenzione della SCC consistono nella scelta di materiali non suscettibili di cracking negli
ambienti in cui si impiegano, nell'evitare inquinamenti pericolosi, nell'eliminare la presenza di sollecitazioni
meccaniche in fase di montaggio o servizio e nell'evitare tensioni di saldatura. Possono rivelarsi utili anche
trattamenti di pallinatura e di protezione catodica.
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Tabella 10.6
12- METODI DI PROTEZIONE DEI MATERIALI METALLICI.
PROTEZIONE CON STRATI RICOPRENTI.
Uno dei metodi più diffusi ed efficaci per la protezione dei materiali metallici dal degrado ambientale è quello di
applicare sulla loro superficie film o strati resistenti alla corrosione, in modo da isolare fisicamente (protezione
passiva) il materiale metallico dall’ambiente aggressivo circostante (placcature metalliche, smalti, rivestimenti
organici a spessore, pitture e vernici). L’efficacia della protezione passiva è però funzione dell’integrità del
ricoprimento. Spesso, pertanto, si impiegano strati capaci di proteggere anche per inibizione o per protezione
catodica il materiale (protezione mista). Possono esserci anche altre finalità del ricoprimento, come ad esempio un
fattore estetico o una azione biocida.
PROTEZIONE CON STRATI METALLICI.
Possiamo distinguere in: placcatura, incamiciatura e rivestimenti sottili (da deposito) formati in loco. La
placcatura di materiali resistenti a corrosione su materiali resistenti meccanicamente viene realizzata per
colaminazione o per riporto di saldatura, e comunque realizzando in tal modo una continuità cristallografica e un
legame metallurgico tra i diversi materiali. Vi sono problemi per la definizione dei trattamenti termici da condurre
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sull’intero manufatto, così come accorgimenti da adottare per le saldature di ripristino. Quando non vi sono
particolari requisiti di servizio (problemi di scambio termico o alte pressioni) si può ricorrere ad una semplice
incamiciatura, saldata per punti sull’apparecchio già costruito. Questi metodi richiedono una quantità importante di
materiale pregiato, sono costosi e possono impiegarsi per apparecchiature di forma geometrica semplice.
Più economici e di semplice applicazione, da impiegarsi quindi a pezzi di geometria più complessa, sono i
rivestimenti da deposito. Bisogna siano spessi, compatti ed aderenti al substrato per essere protettivi, ed inoltre è
bene che siano anodici rispetto al materiale da proteggere, in modo da offrire al substrato anche protezione catodica.
I metodi più usati sono:
 Deposizione a caldo.
 Galvanizzazione.
 Deposizione chimica (electroless).
Altre tecniche sono la metallizzazione sottovuoto (vapor deposition), cromizzazione (cromo) e colorizzazione
(alluminio) e la deposizione a spruzzo (flame/plasma spraying).
La deposizione a caldo si applica soprattutto sugli acciai, applicando rivestimenti di metalli a basso punto di fusione
(Zn, Pb, Sn, Al). I problemi che si incontrano sono, a parte una preparazione adeguata della superficie, nella
bagnabilità del substrato ad opera del bagno fuso (hot dipping, procedimento per immersione). Nel caso dello zinco
su acciaio vi è una certa solubilità reciproca, e pertanto si verifica la formazione di leghe ferro-zinco. Gli strati
normalmente depositati sono dello spessore di qualche decina di micrometri.
La deposizione galvanica, o elettrodeposizione, consiste nell’immergere il pezzo da rivestire in una soluzione
contenente il metallo da depositare, e facendo passare corrente tra il pezzo e un elettrodo di lavoro. In funzione del
metallo da depositare e delle condizioni operative adottate (temperatura, composizione del bagno, tempo e additivi
specifici) si possono ottenere film sottili di diversi micrometri o anche spessi fino a qualche mm. Lo strato
superficiale, può essere composto da un singolo ricoprimento o da più strati. Per esempio, i paraurti cromati (di
qualità) che si usavano per le automobili avevano un primo strato di rame (per l’adesione) uno secondo di nichel
(protezione dalla corrosione) e uno finale di cromo (estetico).
La scelta tra l’elettrodeposizione e il metallo di immersione dipende molto dall’impiego del manufatto. In generale,
se sono richiesti depositi coprenti di piccolo spessore, si sceglie l’elettrodeposizione, in quanto è più facile dosare il
materiale di placcatura (e dunque se ne consuma meno) e la finitura superficiale è in genere buona. Per esempio,
nelle confezioni alimentari, per sostanze poco aggressive (caffè e tabacco), vanno bene film sottili
(elettrodeposizione), per elementi più aggressivi (frutta e pesce) o per scatole da inviare in zone tropicali (corrosione
filiforme) occorre aumentare lo spessore e si sceglie un deposito più spesso ottenuto per immersione a caldo.
La deposizione chimica (electroless)sfrutta una reazione chimica superficiale per produrre il rivestimento
desiderato. L’esempio classico dello spostamento del rame da una soluzione contenente suoi ioni con deposizione
sulla superficie di compomente in ferro è istruttivo. A livello industriale, comunque, si impiegano riducenti come
l’idrazina, ipofosfiti per accelerare la riduzione dello ione metallico desiderato. In tal modo non è necessario che
abbia luogo contemporaneamente un processo di dissoluzione anodica del metallo da rivestire e la reazione procede
finchè nel bagno c’è traccia del riducente additivato. In tal modo si possono depositare una grande varietà di metalli,
anche su substrati non metallici (argentatura degli specchi). I bagni electroless di questo tipo sono in genere
complesssi (brillantanti, emulsionanti, stabilizzanti ecc..).
PROTEZIONE CON STRATI NON METALLICI INORGANICI.
SMALTI: Gli smalti impiegati nell’industria chimica hanno composizioni particolari in funzione della specifica
applicazione (acido-resistenti con composti del boro e con ossidi di titanio e zirconio). Per le applicazioni industriali
devono avere coefficienti di dilatazione termica simili al substrato metallico, buona resistenza agli shock termici e
buona adesione al metallo (attenzione allo sviluppo di H2; operare con inibitori che limitino la corrosione del metallo
e a caldo, per non disciogliere grandi quantità di idrogeno). Problema della difettosità e delle scagliature (difficile
riparazione).
PROTEZIONE CON STRATI ORGANICI.
STRATI A SPESSORE: I rivestimenti protettivi a spessore, con materiali quali ebanite, gomme, materiali
polimerici e bituminosi, hanno un largo impiego nell’industria, e sono utilizzati anche per la protezione di strutture
sotterranee e sottomarine. I rivestimenti si effettuano di norma in fabbrica mediante coestrusione, sinterizzazione di
polveri ecc.., ma è possibile, per alcuni casi, realizzarli anche in loco mediante applicazione sotto forma di nastri
adesivi).
I problemi sono: l’adesione con il substrato metallico, l’invecchiamento e l’infragilimento del rivestimento nel
tempo. Nelle applicazioni industriali, bisogna inoltre tenere conto del limitato scambio termico e della relativamente
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bassa temperatura massima di impiego (max 70  80°C).
STRATI SOTTILI: VERNICI E PITTURE:
Sono strati sottili (20  200 mm) di prodotti che una volta induriti sulla superficie proteggono il materiale
dall’ambiente aggressivo. I prodotti verniciati sono costituiti da:
1. Parte liquida o veicolo; composta a sua volta da una miscela di plastificanti, solventi, additivi e ausiliari.
2. Parte solida costituita da riempitivi e pigmenti.
La distinzione tra vernici e pitture, è nella presenza, in queste ultime, dei pigmenti. La vernice, ha in genere solo una
funzione ricoprente, fornendo una protezione di tipo passivo; l’impiego di pigmenti, oltre alla colorazione, può
essere specifica di protezione (catodica, anodica o passivante) per cui vanno scelti in modo appropriato. Un normale
rivestimento con pittura viene condotto con una o più mani di fondo, con strati che aderiscono bene al substrato
(importante è dunque la preparazione della superficie da proteggere: sgrassaggio, decapaggio e sabbiatura) e che
svolgano una funzione attiva di protezione, ed uno o più strati di finitura, con l’intenzione di isolare lo strato di fondo
(spesso sensibile all’umidità) dall’ambiente esterno.
La natura del veicolo, può essere molto diversa e classificabile, ad esempio, in base al meccanismo di essiccamento,
che può avvenire per ossidazione-polimerizzazione (vernici a base di olio di lino, resine alchidiche epossidiche e
poliesteri) e per evaporazione (nitrato di cellulosa) oppure per semplice raffreddamento da alta temperatura (vernici
con legante catramoso o bituminoso). Vernici a base di acqua sono impiegate nell’industria automobilistica nei bagni
elettroforetici.
Molto importante è l’azione dei pigmenti che, in buona parte, svolgono un’azione passivante, in grado cioè di
promuovere e mantenere lo strato di passività sul metallo (ad esempio il minio 2PbO-PbO2) o i cromati di Zn e Pb.
Come protezione catodica può essere utilizzato lo Zn (percentuali 50 %) (pigmenti catodici).
STRATI DI CONVERSIONE.
Sono film superficiali protettivi formati in situ per via chimica o elettrochimica. Possono servire tal quali o come
base per vernici. Sono molto impiegati per gli acciai, per l’alluminio e per lo zinco. I più usati sono l’ossidazione
anodica, la fosfatizzazione e la cromatazione.
L’OSSIDAZIONE ANODICA è il metodo più diffuso per la protezione dell’alluminio. Consiste per formare per via
elettrochimica un film superficiale di ossido di spessore ragguardevole (3  30 mm) di buona compattezza e stabilità.
Si esegue in due tempi: in una prima fase si induce la formazione e l’accrescimento del film per via elettrochimica
impiegando bagni opportuni (ossalico, borico, bicromato e più comunemente solforico) ed eventualmente
aggiungendo coloranti, mentre per immersione in acqua bollente, o esposizione al vapore a T = 100  150°C, si
idrata, si sigilla e si stabilizza il film conferendogli le specifiche caratteristiche protettive ed estetiche.
LA CROMATAZIONE è un processo per la protezione di materiali non ferrosi quali Zn e Cd. Questi metalli, quando
usati nella protezione come anodi sacrificali, possono, a seconda dell’ambiente corrosivo, corrodersi velocemente
(ambiente marino), e quindi richiedere a loro volta una protezione. Il trattamento consiste nell’immergere il
componente in una soluzione acida di cromato, con formazione di prodotti superficiali con caratteristiche protettive.
Nel caso dello Zn, il film è spesso pochi micron, trasparente e di colore dal giallo a verde scuro.
LA FOSFATAZIONE consiste nel formare uno strato superficiale sul metallo (in genere ferro) di fosfati misti di Zn,
Mn e Fe, fortemente aderente al substrato e ottimo come base per pitture e vernici. L’azione protettiva si esplica nella
protezione del materiali nei punti dove la vernice o lo stato organico si sono lesionati a causa della penetrazione
dell’umidità, garantendo la presenza del fosfato (inibitore) e inibendo la formazione di focolai corrosivi. Il processo
consiste nel trattamento in bagno di acido fosforico e fosfati acidi di Zn e Mn. La reazione con il ferro, con
formazione di fosfato primario FeH2PO4 e sviluppo di idrogeno, con consumo di H3PO4, sposta gli equilibri di
idrolisi degli altri sali e causa precipitazione sulla superficie. Spesso si impiegano temperature di 50 70°C e
acceleranti (ossidanti NO3- ClO3- e H2O2) per sostituire la riduzione di H3O+ e realizzare il processo. Altri impieghi
sono la protezione temporanea di componenti metallici da immagazzinare (spessore di fosfato minori di 100m
impiegati come base per successiva pitturazione) oppure il pretrattamento superficiale alle operazioni di formatura di
pezzi metallici (fisso il lubrificante, ad esempio stearati  estrusione, trafilatura).
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14 -CRITERI DI SCELTA DEI MATERIALI
CRITERI FONDAMENTALI
Sono criteri basati essenzialmente sulla conoscenza di base dei fenomeni corrosivi. Per quanto riguarda
l'aspetto termodinamico si ricorda l'impiego dei diagrammi di Pourbaix, che permettono di prevedere sia lo
stato di attività del materiale, che la precipitazione di composti capaci di passivare la superficie del metallo.
Parallelamente la conoscenza degli aspetti CINETICI (curve tensione-corrente) dà utili informazioni sulla
localizzazione dei fenomeni dissipativi e permette quindi di indirizzarsi al controllo dei processi più importanti.
Infine la conoscenza di base permette di non commettere errori banali quali potrebbero essere accoppiare
materiali diversi o impiegare acciai inox in ambienti riducenti o contenenti cloruri ed infine, permette di
selezionare i mezzi di prevenzione e controllo più efficaci per quelle specifiche problematiche.
CRITERI TECNOLOGICI
Questi criteri di selezione si basano sulla disponibilità di dati e informazioni di carattere sperimentale
sull'impiego dei materiali nei vari ambienti aggressivi. Un primo orientamento pratico è fornito dal panorama
di combinazioni naturali metallo-mezzo corrosivo già collaudate dall'esperienza, le più importanti delle quali
sono:
- piombo ---- soluzioni di acido solforico;
- acciaio --- acido solforico concentrato;
- acciai inox --- soluzioni acido nitrico;
- Monel (66Ni-31Cu) --- acido fluoridrico;
- Hastelloy (Ni-Cr-Mo) --- acido cloridrico;
- alluminio --- atmosfere varie;
- stagno --- acqua distillata e mezzi alimentari
- titanio --- mezzi fortemente ossidanti.
Esistono tuttavia banche dati su cui cercare dati più specifici; le più utilizzate sono:
1-CORROSION DATA SURVEY.
Riporta il comportamento corrosionistico dei più comuni materiali metallici e non, al variare della temperatura
e concentrazione delle soluzioni aggressive; per ambienti acidi (solforico, nitrico, cloridrico, fosforico)
fornisce diagrammi come da Figg. .
2-CORROSION GUIDE di E.RABALD.
Riporta i dati di corrosione di moltissimi materiali esposti a 450 ambienti corrosivi diversi in svariate
condizioni di temperatura e concentrazione. Il tasso di corrosione massimo (accettabile) viene espresso in
relazione alla classe di costo dei materiali. Come esempio, nella Fig. viene mostrato quanto reperibile per
materiali esposti in ambienti contenenti acido ossalico.
3-DECHEMA WERSCKOFFE TABELLEN.
Simile al precedente, ora in lingua inglese nella denominazione "Corrosion Data Sheets".
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