I sottoscritti, Collaboratori amministrativi e collaboratori

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Gli Insegnanti, gli Assistenti amministrativi e i Collaboratori Scolastici,
delle scuole statali elementari, “C. e M. Nardi” di Tarquinia
e “M. Pascucci” di Monte Romano e dell’infanzia, “T. Valdi”,
“PEEP e “Bruschi Falgari” di Tarquinia, del Circolo didattico di Tarquinia,
riuniti in assemblea, dopo attente riflessioni sulla proposta di riforma degli ordinamenti
scolastici e dopo una virtuale proiezione dei suoi punti chiave, nonché dei contenuti della
delega al Governo in materia d’istruzione, nella prassi quotidiana, rilevano una profonda
contraddizione fra la “filosofia” di fondo ad essa intrinseca, ispirata all’Autonomia
organizzativa, didattica, amministrativa ed agli Art. 33 e 34 della Costituzione, e le
indicazioni attuative.
Dette contraddizioni sono evidenti:
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Nell’Art. 1 – Delega in materia di norme generali sull’istruzione e di livelli essenziali
delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale
Al COMMA 1, si mette in evidenza la coerenza della presente normativa con l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e con la Costituzione, ma, al Comma 2, sono assegnati ai decreti
legislativi da comma 1, termini così restrittivi che impediscono la consultazione della base su
problemi di vitale importanza, su tematiche d’interesse fondamentale per l’efficienza,
l’efficacia e la trasparenza degli interventi formativi.
E’ nostra convinzione infatti che la base impegnata in campo in prima persona, dovrebbe
essere democraticamente consultata per partecipare attivamente alla stesura, e delle norme
generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia d’istruzione: è la
conditio sine qua non per avvicinare la teoria alla pratica, per padroneggiare e condividere le
future linee programmatiche, per sentire, da parte degli operatori della scuola, le innovazioni
come volute, co-prodotte, co-gestite
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Nell’art. 2 (sistema educativo d’istruzione e di formazione)
Alla lettera a) si recita “…sono assicurate pari opportunità di raggiungere elevati livelli
culturali e di sviluppare le capacità e le competenze….”e nel contempo: si prefigura il docente
prevalente, “distruggendo” le ore di contemporaneità le quali seppure da razionalizzare per
una efficace utilizzazione, sono l’unico strumento di garanzia di rimozione di svantaggi; si
dilata il tempo “supplenze brevi e si minimizzano, se non addirittura si eliminano,
programmazioni di altre classi, con le dannose interruzioni dei ritmi di apprendimento dei
bambini in supplenza, derivanti.
Alla lettera c) viene sottolineato il “diritto all’istruzione garantendo l’integrazione delle
persone in situazione di handicap, ma tale diritto, “in campo” non può essere rispettato
perché:

Si contraggono i docenti di sostegno con la conseguente diminuzione del tempo
dedicato alla personalizzazione degli interventi di normalizzazione;

In ogni classe, oltre ai soggetti h, sono presenti bambini svantaggiati che
richiedono strategie d’intervento individualizzate, personalizzazione e “minimizzazione” delle
programmazioni ed attenzioni continue
E’ fin troppo evidente che, in una realtà così varia, la garanzia del diritto all’istruzione non è
garantito né agli handicappati, né agli svantaggiati, né ai bambini normodotati. Se tale status
di cose viene a determinarsi in classi con insegnante prevalente, il fallimento di detto rispetto
è assicurato.
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Alla Lettera e) si esaltano:
l’eguaglianza delle opportunità educative
l’unitarietà didattica e pedagogica
la continuità
l’offerta formativa
Mai nella scuola dell’infanzia si può parlare di eguaglianza delle opportunità educative in
sezione in cui, in pratica:
si ha un numero elevato di alunni,
non si possono assicurare tutte le ore d’intervento individualizzato necessarie ai
soggetti h per restrizione dell’organico;
non si possono curare debitamente i bambini con vari tipi di problemi (affettivi,
emotivi, linguistici)
non si possono rimuovere gli ostacoli di tipo socio-culturale, i quali impediscano a
taluni soggetti di disporsi sullo stesso start di partenza degli altri, per mancanza del tempo
debito di recupero. Senza l’abbassamento del numero degli alunni per sezione, senza la
debita presenza oraria dei docenti di sostegno, senza ore di “contemporaneità; l’eguaglianza
delle opportunità educative è soltanto utopia: chi e come può ritagliare il tempo necessario per
attuare strategie “su misura”? E’ impensabile che bambini così piccoli si autocontrollino
mentre l’insegnante si dedica ad un singolo
L’unitarietà didattica e pedagogica, in prospettiva dell’ingresso dei bambini d’età inferiore a 3
anni e quindi, di una figura ancora non ben definita di supporto, è un vero e proprio “buco
Nero” che crea ansia e timori….Il quesito più ricorrente è: - Creiamo la zona asilo nido nella
sezione oppure abbassiamo i livelli di apprendimento dei bambini più grandi? Nell’uno e
nell’altro caso come parlare di unitarietà pedagogica didattica? Si rischia l’uniformità
generalizzata che è proprio il netto contrario di ciò che dovrebbe essere realizzato.
L’ambiente – scuola, realtà da non sottovalutare, non è attrezzato per accogliere bambini di 2
anni e 4 mesi: vengono meno garanzie igienico sanitarie, “strumenti” per il riposo …..Le
docenti, poi, a quale parametri specifici devono attenersi?
Alla continuità, poi si dovrà dare altro significato? L’organizzazione di 3 segmenti della
scuola di base sembra irrigidirsi, chiudersi:
Ciascun ordine di scuola sembra connotato dalla sua specificità; la continuità pedagogico –
didattica, dovrà, di nuovo essere studiata date le variegate caratteristiche psicologiche dei
futuri utenti….e, nel frattempo la cultura ad hoc appena conquistata deve essere cancellata?
L’offerta formativa, proprio perché verrà generalizzata, rischia di perdere efficacia…. A la
motivazione sono state ampiamente illustrate in precedenza. Ci sembra che tutto sia precario:
Orientamenti, organizzazione, presupposti psico – pedagogici
Alla Lettera f) riaffiorano grandi dubbi sulla reale attuazione di quanto recitato, poiché, reduci
dall’esperienza dei NN PP dell’85 i quali, preceduti da una lettera di fattibilità mai rispettata
dagli Enti Locali, sono in gran parte falliti, c’inducono a pensare che, se non saranno
realizzate le opere necessarie ad accogliere , i bambini di età inferiore a 6 anni verrà a crearsi
un sistema formativo di serie A e una di serie B con le deleterie conseguenze che ne
derivano…E’ certa inoltre la presenza dei necessari docenti di L2, vista la contrazione degli
organici? Non è di certo il caso di procedere ancora con il progetto “Lingua 2000” per il
quale; finanziamenti sono sempre posticipati! …. E che tipo di progettazione stilare? Una
programmazione unica è impossibile data la diversa connotazione psicologica dei bambini
inferiori a 6 anni, di 6 anni, di 7 anni….Calibrare la progettazione sull’età dei bambini in base
alle fasce di livello? La sola ipotesi è aberrante perché “uccide” definitivamente l’unitarietà
d’insegnamento – apprendimento (e pensare che si parla di valutazione per standard
nazionali!!!)
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Alla Lettera h) è esplicitato che “i piani di studio contengono un nucleo fondamentale,
omogeneo su base Nazionale…”, “una quota riservata alle Regioni…anche collegata con le
realtà locali”. E’ l’autonomia delle istituzioni scolastiche più volte citata nel contesto della
presente proposta non esiste più? Sempre in nome di detta autonomia non sarebbe opportuno
consultare la base prima di emanare i decreti attuativi circa le ore, le materie d’insegnamento
e del tempo scuola?
Nell’Art. 3 (Valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo
d’istruzione e di formazione)
Comma 1 Alla Lettera b) si legge che la qualità complessiva dell’offerta formativa e le
conoscenze e le abilità degli allievi saranno valutati periodicamente e sistematicamente
dall’INVALSI mediante prove standard ma, praticamente, come conciliare la peculiarità delle
progettazioni stilate dalle singole regioni con le prove generalizzate? Quali criteri saranno
adottati per garantire la valutazione oggettiva delle qualità delle singole istituzioni? Quali
criteri adottare, inoltre, per la verifica – valutazione delle conoscenze e delle abilità dei
bambini in modo obiettivo, tenendo conto dello status strutturale, strumentale, organizzativo
dell’ambiente in cui si opera, visto che è stato appurato scientificamente che esso incide sulle
modalità e sulla quantità delle abilità e delle conoscenze acquisite? Una realtà socio
ambientale non è mai uguale ad un’altra per cui è doveroso chiedersi: valutiamo un soggetto
ipotetico o un bambino reale?
Nell’Art. 5 (Formazione degli insegnanti)
I contenuti della Lettera b) e della lettera c), evocano spettri del passato….:
la disponibilità dei posti per l’accesso all’insegnamento ed il possesso di taluni requisiti per
accedere ai corsi di laurea, appaiano come valutazione “di parte” come strumenti di
favoritismi….Siamo ad una nuova veste del CONCORSONE che è stato respinto con forza
dalla categoria?
Nell’Art. 6 (Disposizioni finali ed attuative)
Al comma 1, Lettera a) viene contraddetta di nuovo l’autonomia di cui si parla negli art. 1 e 2,
visto che i limiti della flessibilità interna nell’organizzazione delle discipline, saranno stabiliti
mediante regolamenti delle Commissioni parlamentari competenti, omettendo la
consultazione della base per cercare d’individuare i bisogni e le esigenze atte ad ottimizzare
gli interventi formativi. Tale modus operandi rischia di farci sentire estranei alla nostra
professione….
Che dire inoltre della preoccupante genericità insita all’affermazione “valorizzazione
professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario”? La proposta di riforma
appare come contenitore vuoto ed è proprio questo a far paura visto che a riempirlo saranno
contenuti disposti per decreti legislativi!…Nel caso del personale ATA, poi il contenitore
appare addirittura in fieri…….: non si specifica neppure cosa deve eventualmente, intendersi
per “valorizzazione professionali, del resto, accorpare in un’unica e quanto mai generica
espressione, diverse categorie, significa soltanto abbassare in maniera sfocata una tematica
che, al contrario, è complessa e multidirezionale. L’esperienza insegna che in una nazione,
nulla può, e deve essere, lasciato al caso, all’approssimazione….per poi essere chiarito da
freddi decreti legislativi malsopportati e poco rispondenti alle necessità effettive che la scuola
opera
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Quanto rilevato, ci fa essere pessimisti tanto che ci chiediamo: - L’istituzione formativa,
l’istituzione della formazione di base, rischia di diventare centro di livellamento di massa, di
indifferenza, d’insensibilità di negazione degli art. 3, 4 e 34 della Costituzione? Temiamo
l’autorisposta?…Per evitare ciò che ci appare come forte involuzione di uno dei sistemi
educativi più validi al mondo, non ci resta che gli organi istituzionali consultino ed accettino
suggerimenti della categoria, che discutano con i sindacati per disegnare insieme la scuola del
futuro per linee guida trasparenti e condivise e non per decreti legislativi che appaiono aridi,
distaccati antidemocratici. Perché, inoltre, non si attua sperimentazione su vasta scala delle
innovazioni delineate in legge prima di praticizzarle regime?
La scuola che emerge dalla proposta non ci appare, come si sostiene, un superamento in
progresso della Riforma Gentile, bensì come sua regressione; e si pensi alla scuola
dell’infanzia, al quasi inesistente impegno finanziario, per supportare la riforma, alla poca
attenzione rivolta agli alunni handicappati e svantaggiati…. Per cui chiediamo al legislatore
di dissipare dubbi e timori delineando il profilo di una scuola di tutti e per ognuno come
auspica la nostra Costituzione
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