Omelia Domenica di Pasqua

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Omelia Domenica di Pasqua
Abbiamo ascoltato il brano evangelico che ci descrive l’annuncio di Maria che trova
la tomba vuota; vi è poi l’intuizione di Giovanni, e in fine la scoperta di Pietro. Il
primo degli apostoli apre a se stesso e noi un successivo passo di certezza. Così la
nostra fede e la nostra speranza sono fondate sulla testimonianza del Vangelo e la
risurrezione è ratificata, anche nei nostri cuori, dalla certezza che nasce dal cuore e
dalla mente.
Tutti e tre sono per noi testimoni di un fatto formidabile: Gesù è passato dalla morte
alla vita. Ciò che è avvenuto a Cristo ha conseguenze per noi, e per comprendere che
cosa questo passaggio comporta ci facciamo accompagnare dai tre personaggi che si
accostano alla risurrezione di Gesù. Possiamo dire che ciascuno percorre un cammino
diverso nel giungere alla fede nella Pasqua.
Ricordiamo intanto che l’avvenimento della resurrezione del Signore è stato
meditato, rivissuto e riproposto dalla comunità cristiana primitiva, come narra la
lettura degli Atti… noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione
dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo
ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a
testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua
risurrezione dai morti. I primi credenti, partecipi dei fatti narrati, sono fondamentali
perché consentono ad altri, con la loro testimonianza, di giungere alla fede nella
resurrezione.
Maria si accosta alla risurrezione del Maestro mettendosi in cammino per compiere
un’opera di pietà e il fatto che non trovi il corpo di Gesù morto, mette in moto un
pensiero che insieme è di apprensione e di speranza. Dunque, la morte non è tutto?
Giovanni, nutrito di una confidente fiducia nel Maestro, intuisce subito che la
distanza tra la grandezza dell’uomo di Nazaret non può essere sottomessa alla miseria
della morte; la novità di Cristo nelle parole, nelle azioni, nelle proposte di vita non
può avere come fatto conclusivo la tomba chiusa. E’ il primo ad essere certo di una
novità inaudita.
Pietro ci mostra invece come procede la lettura oggettiva della fede; qui vi sono i
segni non di un furto del cadavere ma di un avvenimento così inatteso che ancora egli
non riesce del tutto a comprendere e per il quale ancora non c’è una descrizione
adatta . Eppure i fatti sono incontestabili e dunque la memoria delle parole ascoltate
dal maestro e ora rimeditate, condurrà ad una conclusione assieme ragionevole e
frutto di intuizione di fede e di speranza.
L’annuncio contenuto in questa festa cristiana che cosa significa per la nostra vita?
Dice che sono perdonato perché l’amore di Dio mi raggiunge personalmente: la vita
risorta ha superato i limiti del tempo e dello spazio, mi raggiunge mi coinvolge.
Dunque noi in questa festa dobbiamo domandarci con sincerità: come lo Spirito
ricevuto nel battesimo introduce nella vita la verità della resurrezione che noi
professiamo? Sulla parola dei primi testimoni diciamo e crediamo che siamo certi di
una verità impressionante: la morte non conclude la vita. Come siamo partecipi di
questa certezza?
 Vi è in noi l’attesa di Maria: una vita ha in se la richiesta di una forza e di una
durata più decisiva e forte di quella che noi oggi viviamo.
- Abbiamo avuto la luce della speranza di un intervento di Dio decisivo e amico; è
ciò che ci ha insegnato il popolo ebraico.
- Abbiamo la prova di una testimonianza che inizia nel momento della prima
Pasqua ma si sviluppa negli anni e nei secoli, notizia passata di testimone in
testimone.
La vicenda di Gesù ci consente di coltivare nel cuore l’attesa presente in ciascuno di
noi: non può essere vana la vita di coloro che hanno cercato di voler bene ai fratelli
accettando persino la sofferenza e addirittura la morte.
Si fa infatti un dono gratuito di sé al fratello quando si vive la fedeltà inconcussa alla
parola data, la generosa opera per la giustizia e la pace. Sotto qualunque appartenenza
ideale. Un fondo di gratuità accompagna sempre la persona autentica.
E’ solo Gesù, però con la sua esistenza terrena, con la sua passione e morte, ha aperto
a noi la certa via per “lassù”. Il mondo definitivo della verità e dell’amore.
La fede in Cristo risorto ci porta la speranza della vita più forte della morte,
dell’amore più forte dell’odio, di una vita oltre questa vita. La Pasqua risponde alla
domanda: “Che cosa posso sperare”.
E’ bello, oggi, Pasqua, non domandarci solo “perché credo”, ma anche quali segni
pongo nel mondo che rendono gli altri consapevoli che vi è un “lassù”, che vi è una
vita più forte della morte.
Rendiamo la nostra testimonianza alla resurrezione e chiediamo che possiamo sempre
più chiaramente assumere uno stile di vita conforme a quello vissuto da Gesù, e cioè
la vita umana ricca di senso e di amore, una vita abitata dal prendersi cura dell’altro,
una vita che, vissuta e conosciuta da vicino, si mostra pienamente umanizzante.
Chiediamo a Maria, madre di Gesù, che per prima ha sperimentato questa gioia, di
farcene partecipi oggi. Così l’augurio di buona pasqua, che rivolgo a tutti, a tutte le
famiglie, alla nostra città, sia augurio che, per la forza dello Spirito Santo, penetri e
trasformi i cuori e dia la pienezza della gioia della Risurrezione.
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