Identificati tre geni di fondamentale importanza per il controllo dell

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Oggetto: scoperta scientifica nel campo dell’infezione HIV
Alle redazioni in indirizzo
COMUNICATO STAMPA
(SI PREGA DI OSSERVARE L’EMBARGO SULLA NOTIZIA FINO ALLE
ORE 20.00 DI GIOVEDI’ 19 LUGLIO 2007)
Identificati da un consorzio internazionale di scienziati di cui fanno parte anche 3 gruppi di
ricercatori italiani che si raccolgono intorno alla dott.ssa Antonella Castagna e al prof.
Adriano Lazzarin dell’Istituto San Raffaele di Milano, al dott. Andrea De Luca dell’Istituto di
Clinica delle Malattie Infettive dell’Università Cattolica di Roma e Fondazione ICONA ed al
prof. Andrea Cossarizza dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia tre geni in
grado di spiegare buona parte della capacità di controllare in modo efficace l’infezione e la
progressione dell’infezione HIV. Il progetto di ricerca, portato avanti con l’impiego delle
tecnologie più avanzate di genetica molecolare e sostenuto dal Center for HIV/AIDS Vaccine
Immunology (CHAVI), presente presso la Duke University di Durham nel North Carolina
(USA), e dall’EuroCHAVI, facente capo all’Università di Losanna (Svizzera), ha coinvolto
nello studio altri 16 gruppi internazionali.
Identificare e capire le basi genetiche grazie alle quali alcuni individui infetti con l’HIV sono in
grado di controllare in modo efficace il progredire del pericoloso contagio, mentre in altri –
purtroppo – il suo sviluppo segue una tragica e fatale evoluzione, rappresenta oggi una priorità
assoluta nella ricerca e nell’individuazione di nuovi trattamenti terapici contro l’HIV/AIDS.
A questo hanno lavorato 19 gruppi in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa e all’Australia,
tra cui 3 gruppi di ricerca italiani, coordinati rispettivamente dalla dott.ssa Antonella Castagna e
dal prof. Adriano Lazzarin dell’Istituto San Raffaele di Milano, dal dott. Andrea De Luca
dell’Università Cattolica di Roma e Fondazione ICONA e dal prof. Andrea Cossarizza
dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, che recentemente hanno identificato tre
geni di fondamentale importanza per il controllo dell’infezione da HIV, aprendo la strada ad
interessanti, quanto inattesi, sviluppi anche in campo terapeutico.
Il risultato, accolto con vivo interesse da parte della comunità scientifica internazionale e ora
pubblicato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista internazionale Science, è stato raggiunto
attraverso uno studio portato avanti con l’impiego delle tecnologie più avanzate di genetica
molecolare, che ha consentito di analizzare l’intero genoma umano di un gruppo di 486
pazienti,
selezionati
tra
oltre
30.000
individui
sieropositivi.
Su un totale di 555.352 varianti genetiche (definite polimorfismi) analizzate in tutti questi pazienti,
in particolare ne sono state identificate due che combinate sono in grado di spiegare oltre il
15% delle cause della variabilità nella risposta dei soggetti che hanno contratto l’infezione. In
altre parole, le varianti di questi due geni spiegano una buona parte della capacità di controllare in
modo efficace l’infezione e la progressione della malattia.
Uno di questi polimorfismi si trova all’interno di un elemento retrovirale endogeno chiamato HCP5,
associato all’allele HLA-B*5701 del Complesso Maggiore di Istocompatibilità; l’altro è situato
all’interno del locus genetico HLA-C. HCP5 è una sequenza che possiede una elevata alta omologia
con il gene virale pol e si suppone possa agire bloccando la produzione di una proteina di HIV e,
quindi, inibendo la produzione del virus. Il gene HLA-C è, invece, capace di presentare in modo
molto efficace al sistema immunitario una proteina virale chiamata nef, suggerendo che vaccini
anti-HIV possano migliorare la loro efficacia quando coinvolgano appunto prodotti genici
dell’HLA-C. “E’ la prima volta – dice il prof. Andrea Cossarizza, ordinario di Immunologia
all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – che si riesce ad evidenziare l’importanza
dei geni HLA di classe C, e l’importanza dell’osservazione risiede nel fatto che, a differenza di
quanto accade per altri geni della famiglia HLA, HIV non riesce a inibire la loro attività”.
Oltre a questi, è stato identificato un terzo polimorfismo genetico, che si trova relativamente
vicino agli altri due, all’interno di un gene che codifica una subunità enzimatica chiamata RNA
polimerasi, il quale è responsabile del 5,8% della variabilità genetica della risposta al virus dei
pazienti
HIV+.
La ricerca, iniziata nel dicembre del 2005 e conclusa, per quanto riguarda questo aspetto, nel marzo
2007, che consente di spiegare circa il 20% delle ragioni per cui un individuo “sieropositivo” si
difende meglio, è stata finanziata dal Center for HIV/AIDS Vaccine Immunology (CHAVI)
presente presso la Duke University di Durham nel North Carolina USA), nell’ambito di un progetto
dalla durata di 7 anni cui è stato destinato da un istituzione privata un importo di 300 milioni di
dollari.
Modena, 19 luglio 2007
L’ufficio stampa
Per informazioni:
Alberto Greco
Nicola Cerbino
Ufficio Stampa, Comunicazione, Relazioni Esterne Responsabile Ufficio Stampa
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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