eimuntas nekrosius - Comune di Venezia

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Una produzione Meno Fortas Theater.
Una coproduzione Lithuanian Ministry of Culture, Vilnius – European Capital of Culture 2009;
Fondazione Musica per Roma – Festival Internazionale di Villa Adriana;
International Stanislavsky Foundation, Moscow; Dialog Festival – Wroclaw; Aldo Miguel
Grompone, Rome;
Baltic house Festival – St. Petersburg
EIMUNTAS NEKROSIUS
IDIOTAS
di Fjodor Dostoevskij
regia Eimuntas Nekrošius
Spettacolo nella versione integrale in lingua lituana con sopratitoli in italiano
Venerdì 4 dicembre, ore 19.00
Sabato 5 e domenica 6 dicembre, ore 16.30
TEATRO TONIOLO, MESTRE – VENEZIA
IN ESCLUSIVA PER IL TRIVENETO L’EVENTO TEATRALE DELL’ANNO
E’ già iniziata la vendita dei biglietti per l’evento speciale IDIOTAS di EIMUNTAS
NEKROSIUS che andrà in scena venerdì 4 dicembre alle ore 19.00 e sabato 5 e
domenica 6 dicembre alle ore 16.30 al teatro Toniolo di Mestre. Lo spettacolo è
un’esclusiva per il triveneto, il teatro Toniolo sarà quindi l’unico teatro del triveneto ad
ospitare il grande regista con il suo nuovo spettacolo.
Fëdor Dostoevskij, lo scrittore russo torna prepotente in scena grazie a un altro nome magico
del teatro contemporaneo, Eimuntas Nekrošius.
In meno di vent’anni, il regista lituano, amatissimo e pluripremiato, è diventato uno dei maestri
riconosciuti del teatro mondiale. Nonostante il nome difficile, l’origine baltica, il carattere
riservato se non scontroso, un rapporto stretto e riservato fin quasi alla gelosia con i suoi
attori, egli ha conquistato il pubblico europeo con un’arma antica quanto fuori moda oggi, la
poesia. E lo ha fatto, e continua a farlo, mescolando il pubblico più difficile, di giovani e di
“iniziati”, con quello più popolare dei grandi teatri e degli abbonati.
Il suo nome è conosciuto e rincorso da tutti, tutti desiderano esser commossi da lui, e dal suo
potente linguaggio teatrale. Che può usare l’italiano, come è successo negli ultimi anni in
diverse occasioni (ultima la sua Anna Karenina da Tolstoj, e prima i cechoviani Gabbiano e
Ivanov) o il suo misterioso e musicale lituano materno.
Come la sua lingua, che ha una fisionomia particolare, cosi è particolare l’indole di questo
regista quasi cinquantenne. Fisico longilineo, che i capelli tagliati cortissimi accentuano con
ruvidezza. Sguardo che sfugge, quando non se ne cattura per un attimo il riflesso grigio e
luminoso. Conversazione asciutta, intervallata dalla ricorrente compagnia del fumo. Un uomo
di poche parole. Tanto che è sua la distinzione tra i registi pratici e quelli teorici. I teorici
sanno rivelare così bene le loro idee e i progetti dei loro spettacoli “che poi le
rappresentazioni risultano assai meno interessanti”. I registi pratici mettono in scena, ma non
sono capaci di spiegare i propri spettacoli.
“Io – dice non senza malizia – non tengo mai conferenze”. Regista pratico, Eimuntas
Nekrošius si esprime solo in lituano e le sue indicazioni raggiungono gli attori, se questi non
parlano quella lingua, attraverso le parole degli interpreti. Parole da un’altra terra, distanti,
misteriose. Tradotte risultano asciutte, precise, non una più del necessario.
La lingua serve certo a comprendere meglio quanto egli ci propone, ma Nekrošius comunica
già moltissimo attraverso i corpi e le modulazioni vocali dei suoi attori, e ancor prima
attraverso i segni elementari di cui dissemina il palcoscenico, a cominciare da quelli
primordiali dei filosofi presocratici: acqua, aria, terra, fuoco... Con lui quei “materiali” di base
divengono personaggi protagonisti, come l’acqua in forma di ghiaccio che dava contatto
mutante al fantasma del padre del suo Hamletas. Che per altro vedeva nel ruolo protagonista
la rockstar lituana Mamountovas: perché Nekrošius non disdegna affatto la contemporaneità
e i suoi segni, altrimenti non potrebbe coinvolgerci fino all’ultimo respiro di spettatori.
Quando era apparso le prime volte in occidente, tutti rimasero quasi scioccati dal suo teatro:
ma quasi per il pudore di dover ammettere la magica, intima penetrazione che operava nei
cuori degli spettatori, si cercava e si metteva in luce anche il valore “contenutistico”, quasi a
giustificare con se stessi quel sentirsi abbattuti e vinti dalla sua onda emotiva.
Non era un’analisi sbagliata, ma forse insufficiente. Erano ancora gli anni ottanta, e insieme al
Muro resisteva il colosso sovietico, di cui la piccola Lituania sembrava (e si sentiva) vittima
schiacciata. In Pirosmani Pirosmani era facile identificare in quella forzata subalternità le
favolose visioni del pittore georgiano che predicava l’insurrezione libertaria della sua terra
contro gli zar nell’ottocento. E anche nello Zio Vanja il fatto che i contadini cantassero Va’
pensiero evocava un qualche risorgimento necessario. Come pochi anni dopo anche le
scattanti Tre sorelle, tutte luttuosamente vestite di nero, tutte nevrosi e polsi, quasi possedute
da una ossessiva “musichetta” pianistica, esprimevano più che insofferenza, quasi martirio
sdegnato rispetto alla guarnigione chiassosa e violenta che occupava la loro casa
cechoviana.
Poi Nekrošius ha cominciato a costruire i suoi capolavori shakespeariani (anche se Tre
sorelle lascia un ricordo indelebile). E a colpi di grandinate emotive e visionarie, ha tracciato
tragitti esistenziali ad altissima quota, che hanno aperto un modo nuovo per avvicinarsi e
lavorare a Shakespeare. Totalmente rispettoso del testo e del racconto, ma in grado di
rileggere le sue parole con semplicità paradossale quanto assoluta. Corpi massicci, materiali
pericolosi, anime che volano, apparizioni lancinanti e fuggevoli quanto quelle devozionali.
Un godimento per gli spettatori e per il pensiero. Intuizioni geniali di particolari infinitamente
piccoli, in cui il limite umano può però annegare. Ha fatto storia quel frammento dell’Otello
che Nekrošius preparava per la grande scena, e che in uno squarcio di Biennale rivelò il mare
d’amore e morte di Otello e Desdemona dentro la pozzanghera ottenuta dall’acqua rovesciata
da una mano. Visioni forti e fulminee, che valgono più di molto “realismo” e di tante
spiegazioni, ma forse più vicini alla “rivelazione” di religiosa tradizione. Anche se la religione è
quella dell’artista, e del suo tempo, e del suo fare teatro.
L’abbiamo visto con chiarezza, da spettatori “occidentali”, nel suo portare in scena il biblico
Cantico dei cantici, come nei poemi dedicati alle Stagioni dello scrittore classico lituano
Kristijonas Donelaitis. Ma ci siamo specchiati con lo stesso rispetto (e forse con una maggiore
incontenibile angoscia) in quel Faust oberato dal peso dei tronchi di una intera foresta. Come
il suo Macbetas, che aveva voluto condannato a portarsi sulle spalle il bosco che gli sarebbe
stato fatale, irretito da tre streghe giovani belle e seduttive, che parevano aver il volto di
antiche Tre sorelle...
Ora Nekrošius, quasi avesse esaurito curiosità o interesse per il paesaggio del grande teatro
europeo, pare volersi concentrare a scavare, e dar corpo, al grande romanzo. Prima con
Anna Karenina, portata a umana e rustica (e quindi quotidiana) concretezza, lontana anni
luce dal glamour di classe di Greta Garbo. Ora va a confrontarsi con un altro romanzo
epocale, L’idiotas di Dostoevskij. E “l’idiozia” del principe Myškin e di Nastas’ja Filippovna è
quella delle passioni e delle scelte, dell’ingenuità e dell’inadeguatezza davanti alla vita che
pure procede su piccole cose: promesse e tentativi di matrimonio, viaggi all’estero, tradimenti
virtuali e eredità fisicamente bruciate.
Se le emozioni sono una bussola nelle tempeste della quotidianità, Nekrošius e la sua ruvida
genialità possono indicarci come porci, oggi, rispetto alla innocenza quasi metafisica che
Dostoevskij nel suo romanzo oppone al bieco “materialismo” dei costumi che vedeva
diffondersi.
Gianfranco Capitta
BIGLIETTERIA
presso il Teatro Toniolo con orario 11.00 – 12.30 e 17.00 – 19.30
chiuso il lunedì
VENDITA ONLINE
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PREZZI DEI BIGLIETTI
unico € 30,00
ridotto € 25,00
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Biglietteria tel. 041971666
Produzioni culturali e Spettacolo tel. 0413969220-230
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