Ma è utile il FASCICOLO DEL FABBRICATO

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Ma è utile il FASCICOLO DEL FABBRICATO?
La sentenza del TAR Lazio del 13 novembre 2006 con cui è stata annullata la delibera del
Consiglio Comunale di Roma n. 27 del 24 febbraio 2004 e le contestuali censure al Regolamento
della legge regionale n. 31/2002, istitutiva del Fascicolo del Fabbricato sull’intero territorio della
regione, hanno di fatto bloccato l’operatività di questo strumento sulla cui utilità sono in corso da
anni accese dispute.
Sembra quanto mai opportuno in questo momento riconsiderare gli aspetti più salienti che hanno
caratterizzato il Fascicolo del Fascicolo dalla sua nascita.
Come molti ricorderanno alla fine del 1998 a Roma in Via di Vigna Jacopini, il crollo di un
edificio
provocò
27
vittime.
In
quella
circostanza,
come
purtroppo
spesso
avviene, ci si
accorse che la
sicurezza del
patrimonio
immobiliare
costituiva nella
stragrande
maggioranza
dei fabbricati
solo
un’opzione
molte volte trascurata.
Si decise pertanto di istituire uno strumento denominato Fascicolo del Fabbricato che, dopo la
raccolta di tutta la documentazione più significativa, avrebbe dovuto monitorare lo stato di
sicurezza degli immobili.
I documenti più idonei allo scopo furono ritenuti:
 quelli identificativi (certificati catastali, atti costitutivi di diritti reali, ecc.);
 quelli amministrativi (progetti approvati, titoli abilitativi come licenze o concessioni edilizie,
certificati di abitabilità o di agibilità);
 quelli statici (progetti, certificati di collaudo, autorizzazioni);
 quelli impiantistici (certificati di conformità alle norme di sicurezza, progetti ed altro);
 quelli ambientali (smaltimento di materiali pericolosi come l’amianto, bonifica da elementi
nocivi alla salute delle persone come il radon, ecc.);
 quelli geologici (riguardanti soprattutto l’inquadramento geolitologico e geomorfologico del
suolo e del sottosuolo interessati dagli edifici);
 quelli agroforestali, laddove presenti colture vegetali (finalizzati ad individuare piante con
apparati radicali aggressivi e potenzialmente pregiudizievoli per strutture e per cavi o condutture
interrate).
Materiale documentale che di norma dovrebbe essere reperibile presso la pubblica
amministrazione, ma che, a causa dello stato spesso arretrato e disorganizzato degli archivi pubblici,
risulta molte volte irreperibile, anche dopo lunghe ed infruttuose ricerche. Documentazione che,
comunque, dovrebbe - ma nella maggioranza dei casi non lo è - essere in possesso dei singoli
privati.
Ma un concetto deve essere chiaro: è la proprietà edilizia, pubblica o privata, la principale
destinataria del Fascicolo del Fabbricato e non, come emerge dalla succitata sentenza, la Pubblica
Amministrazione, che già la dovrebbe custodire, facendo apparire l’operazione inutile ed onerosa.
In realtà sul tema dell’utilità occorre rammentare che gli enti pubblici potrebbero avvalersi
proficuamente dei dati trasmessi, aggregando ed elaborando le informazioni ricevute attraverso i
fascicoli, per razionalizzare le procedure di gestione del territorio e per varare agevolazioni mirate a
ridurre o eliminare i rischi riscontrati.
Per quanto riguarda poi l’onerosità dell’operazione, non si comprende a chi dovrebbero
rivolgersi i privati per eseguire i controlli sui fabbricati o per determinare le misure da adottare per
gli edifici a rischio, se non a tecnici. Non si riesce a capire poi per quale motivo professionisti, scelti
e non imposti, incaricati di prestazioni di elevato contenuto, non possano pretendere un giusto
compenso.
In campo giudiziario e sanitario, la qualità professionale conosce remunerazioni decisamente più
elevate.
Si tratta peraltro di tecnici o di strutture impegnati in maniera attiva nella loro professione, con
una profonda conoscenza della materia affrontata, e non di “disoccupati senza arte né parte”, come
viene asserito ormai da parecchi anni dal presidente dell’associazione della grande proprietà
edilizia.
Dalla stessa fonte con veemenza si continua impunemente a rappresentare la categoria dei tecnici
(ingegneri, architetti, geometri, ecc.) come uno stuolo di incompetenti, disonesti e opportunisti,
pronti a compilare con disinteresse e superficialità un “pacco di carte e a esigere, naturalmente, il
relativo compenso”.
Ma ci si dimentica che i furbi e i disonesti si trovano dappertutto e non solo tra i tecnici.
Generalizzare denota solo un intollerabile qualunquismo, che ingenera sospetti gratuiti su un’intera
categoria di professionisti, molti dei quali svolgono la loro attività con abnegazione ed assoluta
competenza.
Viene sostenuto che dovrebbero essere i tecnici appartenenti alla Pubblica Amministrazione a
compiere, senza oneri per i proprietari, accertamenti a tappeto sugli edifici, decretandone, ove
necessario, lo stato di pericolosità e provvedendo all’eventuale sgombero dei fabbricati “a rischio”.
Ma è noto a tutti che la situazione degli uffici tecnici pubblici è caratterizzata da una generale
precarietà ed inadeguatezza, contraddistinte dalla cronica carenza di personale e di risorse
economiche che si ripercuote negativamente anche sull’attività ordinaria. Si imporrebbero interventi
strutturali di entità ed onerosità tali da rendere del tutto utopistiche le asserzioni da tempo
pubblicizzate con ingiustificata enfasi. La sicurezza implica difatti interventi rapidi e non differibili
nel tempo.
Lo postulano i rapporti elaborati dalle varie istituzioni specializzate, come il CENSIS, secondo
cui in Italia i fabbricati “a rischio” sarebbero più di 3.500.000.
Ma taluni ritengono inverosimili queste cifre. Dimenticano che i rischi non sono solo quelli di
carattere strutturale - presenti fortunatamente in un numero limitato di edifici -, ma riguardano
prevalentemente gli impianti elettrici non a norma, gli impianti termici privi di regolare
manutenzione, gli impianti elevatori obsoleti, gli impianti fognari fatiscenti, la presenza di colture
vegetali invasive che aggredendo gli impianti interrati possono costituire una insidiosa fonte di
pericolo.
I fabbricati che crollano per cedimenti strutturali sono pochi, ma quelli che vengono distrutti dal
fuoco provocato da impianti elettrici difettosi o dall’esplosione di caldaie fuori norma, sono molto
numerosi. Non bisogna dimenticare che le vittime domestiche causate dal cattivo funzionamento
degli impianti, secondo l’ISPESL, solo nel 2004 sono state circa 8.000.
La finalità del Fascicolo non è quella di “spillare”, come inopinatamente rappresentato sempre
dall’associazione sopra richiamata, ulteriori balzelli alla già tanto vessata categoria dei proprietari di
immobili, bensì quella di monitorare lo stato di sicurezza degli edifici volto anche – e soprattutto – a
diffondere in modo capillare la cultura della sicurezza (prerogativa indiscutibile di ogni paese
civile) presso la popolazione sia sui rischi statici, ma specialmente su quelli impiantistici ed
ambientali, che di sicuro incidono in maniera più diretta sulla qualità della vita degli individui.
Senza dubbio si deve denunciare ancora una volta la mancanza di indirizzi generali che
dovrebbero essere emanati dal potere legislativo centrale e recepiti dagli ordinamenti regionali.
Se non altro lo imporrebbe l’inserimento del Fascicolo del Fabbricato tra gli strumenti accertativi
dello stato del patrimonio esistente nel DM 15 settembre 2005, relativo alle Norme Tecniche delle
Costruzioni, o ancora nel DM 21 ottobre 2003 della Protezione Civile contenente i criteri per la
ricognizione dello stato degli edifici ritenuti strategici ai fini della protezione dalle conseguenze
degli eventi sismici.
Ma la classe politica sembra ormai distolta da altri affanni.
Il richiamo alla cultura della sicurezza sicuramente determina il giustificato sospetto che la
pervicacia con cui l’associazione sopra richiamata insiste ad osteggiare uno strumento
indispensabile alla sicurezza del cittadino come il Fascicolo del Fabbricato, in realtà serva solo a
tutelare il business costituito dal progetto di certificazione del patrimonio immobiliare, varato
assieme ad un titolato ente di certificazione italiano nel marzo del 2003.
Infatti la certificazione che ha un costo, a parità di condizioni, di circa tre volte superiore, non
essendo riconosciuta dagli enti locali, provocherebbe il paradosso di dover esporre la grande
proprietà edilizia a sostenere il costo del fascicolo anche per gli edifici certificati ricadenti nei
comuni che dovessero adottare e rendere obbligatorio il Fascicolo.
Si ritiene che la chiave di lettura dell’ostilità preconcetta dell’associazione in parola e del suo
presidente verso il Fascicolo del Fabbricato sia proprio questa.
Solo così diverrebbe chiaro il significato dei proclami e delle manifestazioni di esultanza
sull’esito delle vertenze giudiziarie pubblicate sulle maggiori testate nazionali e perfino sui convogli
della metropolitana romana.
Ma a volte l’entusiasmo porta ad appoggiare posizioni davvero insostenibili come quella
manifestata dal Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Torino, secondo il quale sarebbe pura
follia imporre l’obbligatorietà del Fascicolo del Fabbricato, perché equivarrebbe costringere tutti i
cittadini sani a periodiche “visite mediche approfondite con costose analisi di laboratorio per
accertare il proprio stato di salute”.
Sebbene le imposizioni non siano mai gradite, tutti sono oggi consapevoli che visite ed analisi di
controllo appaiano quanto mai opportune pure per un individuo sano, ligi all’aforisma che prevenire
è meglio che curare.
Un esame effettuato da un medico coscienzioso, comporterebbe la prescrizione di accertamenti
più approfonditi solo in presenza di sintomatologie patologiche.
Dal medico è sempre meglio andare quando si sta bene; farsi visitare quando compaiono i primi
sintomi di una patologia, potrebbe essere troppo tardi e vanificare l’efficacia delle terapie prescritte.
Gli stessi criteri dovrebbero essere seguiti per gestire in sicurezza gli immobili.
Ing. Paolino Zappatore
Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Roma
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