Aziende - La FIAT

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FIAT
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INTRODUZIONE
FIAT Maggiore gruppo automobilistico italiano, la cui vicenda si intreccia saldamente con la storia
economica, sociale e politica dell'Italia. La FIAT fu fondata a Torino nel 1899 con il nome di “Società
anonima fabbrica italiana automobili Torino” da alcuni imprenditori, tra cui Giovanni Agnelli. Nel 1890
venne inaugurato il primo stabilimento, che impiegava 150 operai. Messasi in luce nelle prime
competizioni automobilistiche – nel “Giro d’Italia” del 1902 fu lo stesso Giovanni Agnelli a stabilire il
record di velocità – l’industria assunse nel 1904 il nome definitivo di “Fabbrica italiana automobili Torino”.
Negli anni immediatamente successivi si configurò quale gruppo ideatore e produttore di vetture di
prestigio, destinate a un pubblico d’élite. Nel 1909 venne inaugurata una fabbrica negli Stati Uniti, a
Poughkeepsie (New York) e la produzione iniziò a includere, oltre alle automobili, veicoli industriali, tram,
autocarri, trattori, treni, motori di aerei e di navi.
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LA PRIMA ESPANSIONE
Nel corso della prima guerra mondiale l’industria torinese produsse motori e veicoli militari non soltanto
per l'esercito italiano, ma anche per quelli alleati di Francia, Gran Bretagna e Russia. Nel 1922 venne
completato lo stabilimento del Lingotto, il più grande d’Europa, i cui lavori erano stati avviati nel 1916.
Nel vasto stabilimento le officine occupavano cinque piani ed erano collegate mediante una rampa
elicoidale al tetto, che ospitava una pista di collaudo. Nel nuovo stabilimento fu inaugurata in Italia la
produzione in serie delle automobili, ispirata al “modello fordista”, che lo stesso Agnelli aveva a lungo
osservato.
Nel 1927 Agnelli creò l'IFI, un gruppo societario sul modello delle holding, per garantirsi l'assoluto
controllo sulla FIAT e gestire gli altri investimenti della famiglia, estesi ormai a molti altri ambiti industriali
e finanziari. Negli anni successivi la FIAT produsse le prime vetture destinate a un pubblico di massa: la
Balilla nel 1932 e la Topolino, la più piccola vettura al mondo, nel 1936. La strategia del gruppo –
orientata a diffondere l’automobile a un pubblico sempre più vasto di consumatori e a rafforzare il
mercato interno dopo la svolta autarchica alla quale fu costretto il regime fascista dalle sanzioni
internazionali – trovò nuovo impulso con la costruzione dello stabilimento torinese di Mirafiori, completato
nel 1939.
Diventata, a partire della guerra d'Etiopia, il centro nevralgico della produzione bellica italiana, durante la
seconda guerra mondiale la FIAT entrò nel mirino degli Alleati e nel 1942 subì il bombardamento degli
impianti a opera dell'aviazione britannica. Nel contempo, la fabbrica torinese diventò anche uno dei
maggiori capisaldi dell’opposizione antifascista; l'ondata di scioperi che nel 1943 diede un aperto segnale
della crisi del regime partì infatti da Mirafiori e nei successivi due anni i lavoratori della FIAT diedero un
importante contributo alla Resistenza.
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LA FIAT E IL “MIRACOLO ECONOMICO” ITALIANO
Alla morte di Agnelli, nel 1945, la guida dell'azienda fu assunta da Vittorio Valletta, che seppe imprimerle
grande vitalità per tutto il corso degli anni Cinquanta, sia attraverso la produzione di nuovi modelli
(soprattutto la 600 e la 500 che, prodotte in milioni di esemplari, avrebbero cambiato radicalmente il
modo di intendere l’uso dell’automobile e lo stesso volto del paese), sia attraverso l'acquisto di quote di
associazione in partecipazione (joint venture), come accadde con la spagnola SEAT. L’atteggiamento della
FIAT di fronte alle rivendicazioni del movimento sindacale fu in quegli anni improntato a un’assoluta
intransigenza; Valletta stabilì un controllo assoluto sulla manodopera, giungendo a istituire dei “reparti
confino” per i membri più attivi dei sindacati (in particolare della CGIL) e dei partiti di sinistra.
Nel 1963 Gianni Agnelli, il nipote del fondatore, diventò direttore generale dell'azienda. Nel 1966 sostituì
Valletta alla presidenza; nello stesso anno la FIAT stipulò un accordo con l’Unione Sovietica per la
costruzione di uno stabilimento per la produzione della 124 a Togliattigrad. Lo sviluppo del settore
automobilistico a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta – perseguito strenuamente dal management
della FIAT, anche contro una parte del mondo politico italiano – stimolò una straordinaria crescita
dell’economia, il cosiddetto “miracolo economico” italiano. L’apertura di migliaia di fabbriche nel Nord del
paese – spesso collegate, direttamente o indirettamente, al comparto dell’automobile – attirò centinaia di
migliaia di persone dal Mezzogiorno.
La nuova componente operaia immigrata ebbe un ruolo di primo piano nelle lotte sindacali che
nell’“Autunno caldo” del 1969 scossero l’industria italiana – la cui organizzazione era basata sino ad allora
su relazioni fondamentalmente autoritarie e paternaliste – e in particolar modo la FIAT. Questa si trovò
immersa nel cuore delle rivendicazioni operaie, ma vi reagì con uno stile diverso da quello “vallettiano”;
anche per via dei timori destati dall’affacciarsi della “strategia della tensione”, tra patronato e sindacati
italiani si instaurò infatti un clima meno conflittuale, che sarebbe sfociato, nell’arco di pochi anni, nella
cosiddetta “concertazione”.
Nel contempo la FIAT rafforzò la sua presenza in Italia e all’estero con l’apertura di diversi stabilimenti nel
Mezzogiorno, in Polonia, in Brasile e con l’assorbimento dell'Autobianchi, della OM e della prestigiosa casa
automobilistica Lancia. Dopo la 850, la 124 e la 128, nel 1971 l’azienda torinese lanciò un altro modello
popolare, la 127, destinato a un travolgente successo.
Come tutti gli altri gruppi automobilistici, la FIAT venne investita dalla crisi petrolifera del 1973. Si
imponeva ormai l’esigenza di avviare nuove ricerche per riprogettare l’automobile, adeguandola alla
mutata realtà energetica ma anche alla sfida proveniente dall’industria automobilistica internazionale e in
particolare giapponese. L’azienda torinese lanciò così un ambizioso piano industriale rivolto a innovare i
prodotti e a trasformare radicalmente gli stessi sistemi di produzione, trovando un’alleanza finanziaria
con la Libia di Gheddafi.
Nel 1978 nacque la Ritmo, realizzata con un nuovo sistema flessibile di assemblaggio, il “Robogate”,
altamente automatizzato. Ma il successo della nuova strategia richiese, oltre che una profonda
ristrutturazione dei processi produttivi, un severo ridimensionamento del numero degli addetti. Questa
fase si chiuse così nel 1980 con un drammatico conflitto, che culminò in uno sciopero delle maestranze
durato 35 giorni e in una contrapposta marcia filoaziendale per le strade di Torino di 40.000 persone tra
dirigenti e quadri intermedi. Alla fine dell’anno il braccio di ferro si concluse con la sconfitta dei sindacati:
la FIAT collocò 23.000 dipendenti in cassa integrazione; di questi, solo pochi sarebbero stati riassorbiti.
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L’AZIENDA MULTINAZIONALE
Nel 1979 la FIAT acquisì una configurazione societaria di holding e riorganizzò le attività del gruppo in
società autonome: FIAT Auto, FIAT Avio, FIAT Ferroviaria, FIAT Trattori, FIAT Engineering, Magneti
Marelli, Teksid e Comau. Gli anni Ottanta furono per l’industria torinese un decennio di grandi successi: la
Panda, la Uno e la Tipo furono tra le automobili più vendute del decennio, non solo in Italia. Ai marchi
FIAT, Lancia, Autobianchi, Abarth si aggiunsero nel 1986 l'Alfa Romeo e nel 1988 la Ferrari. Ma il gruppo
si espanse anche in altri settori; agli inizi degli anni Novanta contava più di un migliaio di società
controllate o collegate, operanti in oltre 60 paesi in ambiti che spaziavano dall’automobile, all'editoria
(alla “Stampa” si era aggiunto il gruppo Rizzoli con il "Corriere della Sera"), alle assicurazioni (Toro), alla
grande distribuzione (Gruppo Rinascente), alla costruzione di veicoli ferroviari (l'ETR 500, meglio noto
come “Pendolino”).
Nel 1996 la guida del gruppo passò nelle mani di Cesare Romiti, amministratore delegato dal 1976,
mentre Gianni Agnelli ne assunse la presidenza onoraria. In seguito la FIAT fu investita da una grave
crisi, che coinvolse soprattutto il settore automobilistico.
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