ALFABETO
Le lettere dell'alfabeto latino sono 23
A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T (U) V X Y Z
In tempi relativamente recenti (età rinascimentale) si è aggiunta la lettera U per distinguere la vocale u dalla
consonante v (nel latino dell’età classica si pronunciava sempre con il suono u)
La lettera K è una lettera rara nel latino classico, limitata alle parole Kalendae (Calende) e Karthago
(Cartagine)
La Y e la Z, originariamente estranee all'alfabeto latino ricorrono solo in parole di derivazione greca. La Y si
pronuncia sempre i.
I digrammi (=gruppi di due lettere) ph, ch e th sono trascrizioni delle consonanti greche phi chi e theta e si
devono considerare come una consonante singola.
I dittonghi sono gruppi di due vocali da pronunciare con una sola emissione di voce e che formano una
sola sillaba.
Mentre in italiano una delle due vocali di un dittongo è sempre una i o una u non accentata, in latino i dittonghi
principali sono au, eu, ae, oe.1
PRONUNCIA
La pronuncia medioevale (ecclesiastica) del latino che noi utilizziamo differisce da quella italiana nei punti
seguenti:
1. I dittonghi ae ed oe si pronunciano sempre e (quaero=quero, poena=pena) tranne in alcune parole di origine
greca come ad esempio poeta (=“poèta” e non “peta”), usualmente scritte con la dieresi sopra (poëta).
2. Il gruppo ph si pronuncia f: Philippus= Filippus.
3. Il gruppo ti non accentato e seguito da vocale si pronuncia zi: patientia= pazienzia, ma totius= totìus e non
tozìus, perchè sulla i cade l'accento. Si pronuncia sempre ti (e non zi) quando la t è preceduta da s, t, x:
mixtio, pastio, Attius.
4. Il gruppo gli ha la g dura: glis=ghlis.
SILLABAZIONE
* Quando si incontrano due o più consonanti di seguito la prima consonante va nella prima sillaba, le altre nella
seconda sillaba. Ad es. magistra (maestra)= ma-gis-tra e non ma-gi-stra (come in italiano ma-e-stra); pugno
(combatto)=pug-no e non pu-gno.2 Quando una parola è composta con un prefisso, esso si stacca nella
sillabazione: describo=de-scri-bo, e non des-cri-bo, perché è una parola formata dal prefisso de + il verbo
scribo.
* La x è considerata come una sillaba doppia, composta da c + s, e va sillabata di conseguenza: examen=ec-samen.
* La i a volte come in italiano deve essere considerata praticamente come una consonante (i semiconsonantica),
e forma sillaba con la vocale seguente. Questo avviene:
1) in inizio di parola quando è seguita da una vocale: iungo (unisco)=iun-go. La i rimane sempre consonantica
anche nelle parole derivate con prefisso: coniungo=con-iun-go.
2) in mezzo alla parola, quando è preceduta e seguita da una vocale: maior (maggiore) =ma-ior.
* La u che segue la lettera q non è considerata vocale vera e propria, ma solo trascrizione grafica del segno q.
Quindi il gruppo qu fa sillaba solo con la vocale seguente: aqua=a-qua e non a-qu-a, perchè qu non può
comporre da solo una sillaba.
Le sillabe latine si chiamano aperte, quando terminano in vocale, chiuse quando terminano in
consonante.
Praticamente le sillabe chiuse si hanno quando dopo una vocale troviamo due consonanti o una consonante
doppia (x).
Rarissimi sono invece ei (solo nell'interiezione ei=ehi) ui (solo nelle forme cui e derivati, per es.: cuique), yi.
Quando però una consonante muta (le consonanti mute sono p, b, f, ph, c, g, ch, t, d, th) è seguita da una consonante liquida (le
consonanti liquide sono r, l), entrambe formano sillaba con la vocale seguente: volucres (uccelli)=vo-lu-cres e non vo-luc-res e
ugualmente Atlas (il gigante Atlante) =A-tlas e non At-las, tenebrae (tenebre) =te-ne-brae e non te-neb-rae.
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QUANTITA’ E ACCENTO.
In latino le vocali possono essere lunghe o brevi. Le lunghe sono contrassegnate sul dizionario da una barretta
orizzontale ¯quelle brevi da un segno curvilineo  . Oggi la nostra pronuncia non tiene conto della lunghezza
della vocali, ma è importante conoscerla (la troviamo sul dizionario) per collocare correttamente l’accento.
Come regola generale possiamo dire che i dittonghi sono lunghi, e che una vocale seguita da altra vocale con
cui non forma dittongo è breve (ad es. laetitia=lae-ti-tĭ-a)
Le sillabe brevi sono solo quelle aperte (=terminanti in vocale) con vocale breve, tutte le altre sillabe
(sillabe aperte con vocale lunga e sillabe chiuse) sono sillabe lunghe.3
Nelle parole di due sillabe l’accento va sempre sulla penultima sillaba.
Nelle parole con tre o più sillabe bisogna guardare la quantità (cioè la lunghezza) della penultima sillaba:
 se essa è lunga l’accento va sulla stessa penultima sillaba
 se essa è breve va sulla sulla terzultima.
L'accento non può mai andare sulla quartultima sillaba e oltre (legge del trisillabismo).
SCHEMA DI BASE DEI CASI LATINI
caso latino funzione logica in italiano
nominativo soggetto
Traduzione in italiano
esempio
Il nome va collocato in genere Currunt puellae.
Le fanciulle corrono.
prima del verbo.
Non deve essere preceduto da
preposizione, ma solo dall’articolo
(se necessario).
parte nominale
genitivo
dativo
accusativo
vocativo
ablativo
Il nome o aggettivo va collocato Sicilia insula est.
La Sicilia (soggetto) è
dopo il verbo essere.
un’isola (parte nominale).
Pulchra Sicilia est.
La Sicilia (soggetto) è bella
(parte nominale).
complemento di specifica- di (semplice o articolato) + il nome Ancillae filia currit.
zione
Va collocato dopo il nome che La figlia della serva corre.
specifica.
complemento di termine
a (semplice o articolato) + il nome Ancilla grata est dominae.
Va collocato dopo la parola (nome, La serva è gradita alla
verbo, aggettivo) da cui dipende.
padrona.
complemento oggetto
Il nome va collocato dopo il verbo Lusciniam vidi.
Non deve essere preceduto da Vidi un usignolo.
preposizione, ma solo dall’articolo
(se necessario).
complemento di vocazione il nome, a volte preceduto da o, Laudate, puellae, dominam.
deve essere separato con virgole Lodate, (o) fanciulle, la
padrona.
dal resto della frase.
complemento di mezzo
Puella ornat aram coronis.
con (per mezzo di) + il nome
La fanciulla orna l’altare
con corone.
complemento di causa
Puella
prudentia
sua
per (o a causa di) + il nome
Paulae grata est.
La fanciulla è gradita a
Paola per la sua saggezza.
L'accento non cade generalmente mai sull'ultima sillaba, a parte ovviamente le parole monosillabe (che hanno cioè una sola
sillaba) e fatta eccezione per alcune parole tronche: ad esempio adduc (conduci! imperativo di adduco, originariamente addùce, con
caduta dell'ultima vocale)=addùc oppure Arpinas (arpinate, originariamente Arpinatis, con caduta del gruppo ti)= Arpinàs.
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COMPLEMENTI DIRETTI
Corrispondono a dei sostantivi direttamente legati al verbo senza impiego di preposizione (ovviamente
escluso il caso dell’articolo partitivo).
In particolare si tratta del soggetto, del complemento oggetto, della parte nominale (predicato nominale),
del complemento predicativo del soggetto e dell’oggetto.
Soggetto
E’ il sostantivo (nome, pronome, aggettivo sostantivato, ecc.) a cui è riferito e concordato il verbo principale, il
protagonista dell’azione.
Il soggetto può essere preceduto da articolo (determinativo, indeterminativo o partitivo) ma non da
preposizione.
I bambini corrono. Paolo mangia la minestra. Sono arrivati i parenti. Nuotare (infinito sostantivato= il nuoto)
è bello.
Spesso è sottointeso, soprattutto se si tratta un pronome di prima o seconda persona.
Dici sempre le stesse cose (sottointeso tu). Non amo la lettura (sottointeso io)
Complemento oggetto
I verbi si dividono in transitivi ed intransitivi
I verbi intransitivi indicano un’azione compiuta in sé, ad es.: nascere, morire, correre, dormire, ridere.
Paolo corre. Ho dormito a lungo. Essi ridono continuamente.
I verbi transitivi possono invece riflettere l’azione su una persona, animale o cosa distinta dal soggetto
dell’azione, che si chiama complemento oggetto
Paolo mangia la minestra (c. oggetto). Alberto mi ha portato il libro (c. oggetto). Ho conosciuto suo fratello
(c. oggetto).
Solo i verbi transitivi, che hanno sempre come ausiliare all’attivo il verbo avere, possono trasformarsi in forma
passiva: allora il complemento oggetto diventa soggetto e come ausiliare è utilizzato il verbo essere.
La minestra è mangiata da Paolo. Il libro mi è stato portato da Alberto.
Parte nominale e complemento predicativo del soggetto
Il predicato nominale è costituito dal verbo essere (copula) che unisce il soggetto ad un aggettivo o ad un altro
nome ad esso riferiti, che costituiscono la parte nominale.
La rosa è bella. Paolo è un poliziotto.
Vi sono anche alcuni verbi intransitivi che hanno una funzione simile, associando il soggetto ad un aggettivo,
un nome ad esso riferito, che viene chiamato complemento predicativo del soggetto.
La rosa appare bella (predicativo del soggetto). Paolo sembra un poliziotto (predicativo del soggetto).
Anche alcuni verbi al passivo reggono il predicativo del soggetto.
Alberto è considerato un grande atleta (predicativo del soggetto). Giuseppe è nominato presidente.
Bisogna stare attenti a distinguere complemento oggetto (che si ha solo con verbi transitivi attivi) dal
complemento predicativo del soggetto (che si ha con verbi intransitivi o attivi alla forma passiva).
Mentre un verbo transitivo tiene ben distinto il soggetto dal complemento oggetto, un verbo intransitivo come
sembrare o apparire, associa il soggetto al complemento predicativo.
Paolo ama suo padre=non si parla di somiglianza fra Paolo e suo padre.
Paolo sembra suo padre=Paolo è associato a suo padre, in un rapporto di somiglianza.
Complemento di vocazione
Indica la persona o la cosa personificata a cui rivolgiamo il discorso. Può essere preceduto dalla particella o.
O soldati, combattete con ardore! Vieni qua, Paola!
COMPLEMENTI INDIRETTI
Sono quelli preceduti da preposizione. Fra essi i più importanti sono quelli di specificazione, di termine, di
modo, di mezzo, di causa, di luogo, di agente.
Complemento di specificazione
Ha il compito di fornire precisazione su un nome e risponde alla domanda "Di chi, di che cosa?”. Consiste in un
sostantivo preceduto dalla preposizione semplice o articolata di, legata ad un altro nome, che viene a
specificare.
La sorella di Paolo. Il sapore del limone. La gioia dell’amicizia.
Complemento di termine
Ha il compito di indicare a chi si riferisce o rivolge l’azione di un verbo o il significato di un nome o di un
aggettivo; Risponde alla domanda "A chi, a che cosa?". Esso consiste in un sostantivo preceduto dalla
preposizione semplice o articolata a, legata ad un verbo, ad un aggettivo o ad un nome.
Paola dà il libro alla maestra. L’autobus è utile agli studenti. A me questo non piace. Paolo ha ottenuto
l’idoneità alla classe superiore.
Complemento di modo e di maniera
Esso indica in che modo si compie un’azione e risponde alla domanda: "come, in che modo?". Si esprime con
un sostantivo preceduto dalla preposizione con.
Marco ha giocato con bravura. Ho seguito la vicenda con grande attenzione.
Complemento di mezzo
Ha il compito di indicare attraverso quale mezzo o strumento si compie un’azione e risponde alla domanda
"Con che cosa?, per mezzo di chi?". Consiste in un sostantivo preceduto dalla preposizione con (per mezzo di,
attraverso).
Ha vinto con l’astuzia. E’ venuto con l’aereo. Me l’ha comunicato per mezzo di una lettera.
Complemento di causa
Ha il compito di indicare per quale motivo avviene qualcosa e risponde alla domanda "perché, per quale
motivo?": esso consiste in un sostantivo preceduto dalla preposizione per (a causa di).
A causa della nebbia non si vedeva niente. Per la sua simpatia Luisa è gradita a tutti.
Complementi di luogo
Risponde alla domanda: "dove, in quale luogo?"
Il complemento di stato in luogo indica il luogo vero o figurato dove si trova o agisce una persona, un animale,
una cosa o dove viene compiuta un'azione. Dipende da verbi o sostantivi di quiete