GARANZIE E CONTROLLI SULLA CORRISPONDENZA DEI DETENUTI Sommario:1. 1.Le nuove norme introdotte dalla L. 8 aprile 2004,n.95 2.La disciplina anteriore alla L.95 /04.3.L’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.5.La L. n.95/04. 6.Il regime dei controlli.7.Il regime della corrispondenza trattenuta. 8.La corrispondenza difensiva. 9.Dinamica dei controlli sulla corrispondenza. 10.Giustiziabilità dei provvedimenti di controllo della corrispondenza. 1.La nuova disciplina introdotta dalla L. 8 aprile 2004,n.95. La legge 8 aprile 2004, n.95 (pubblicata in G.U. n.87 del 14 aprile 2004), recante “Nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti”disciplina organicamente le tipologie dei controlli dell’amministrazione penitenziaria e dell’autorità giudiziaria sulla libertà di corrispondenza, diritto fondamentale della persona presidiato da garanzie costituzionali(art.15 Cost.)1. Si tratta di una normativa che sana una lacuna legislativa già valsa all’Italia numerose condanne pronunciate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo(CEDU), in seguito a ricorsi di detenuti italiani,i quali lamentavano l’illegittimità del regime dei controlli sulla corrispondenza in arrivo e in partenza dal carcere, disciplinato dalla legge penitenziaria italiana (legge 26 luglio 1975, n.354) per contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, a tutela della libertà e riservatezza della corrispondenza2. In seguito alle reiterate censure subite, l’Italia ha iniziato l’adeguamento della propria normativa interna alle norme europee, modificando la prassi amministrativa del visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo e in partenza dal carcere(Circ.DAP 14.3.1994 n.3382/5832) nonché introducendo alcune disposizioni in tema di controllo della corrispondenza dei detenuti (con il nuovo Regolamento penitenziario,D.P.R. 30 giugno 2000, n.230)3. La legge n.95/2004 rappresenta – in tale quadro di progressiva armonizzazione della normativa interna a quella europea,il momento cruciale, poiché realizza il necessario contemperamento tra le esigenze preventive e di controllo sull’ordine e la sicurezza degli istituti carcerari e il diritto costituzionalmente garantito dei detenuti all’esercizio dell’attività di corrispondenza. 2.La disciplina anteriore alla L.95 /20044. Il regime dei controlli sulla corrispondenza epistolare e telegrafica delle persone detenute e internate era disciplinato - anteriormente all’entrata in vigore della L.95/2004 dall’art.18,L.354/1975 (Ordinamento Penitenziario) e dall’art.38, D.P.R. 230/2000. 1 La libertà di corrispondere con il mondo esterno è considerata di grande importanza ai fini del trattamento penitenziario (art.15 L. 26 luglio 1975, n.354), particolarmente per tutti coloro che, in quanto detenuti stranieri o ristretti in istituti di pena lontani dai luoghi di origine, proprio attraverso la corrispondenza possono mantenere vivi i contatti con i propri familiari e l’ambiente sociale di provenienza. 2 La “Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali”, firmata a Roma il 4 novembre 1950, è stata ratificata dall’Italia con L. 4 agosto 1955, n.848. Il testo originario della Convenzione è stato ampiamente emendato dal Protocollo addizionale n.11, fatto a Strasburgo l’11 maggio 1994 e ratificato dall’Italia con L. 28 agosto 1997, n.348. Paradigmatica, in materia di tutela della corrispondenza,, la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo sul caso del detenuto Calogero Diana (CEDU 15.11.1996, Diana c.Italia), in Dir.Pen.Proc.,1997,p.162 e segg., che rappresenta il leading case della giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di garanzie sul controllo della corrispondenza delle persone detenute negli istituti di pena del nostro Paese. In tema, cfr. BARTOLECONFORTI-RAIMONDI, Commentario alla Convenzione Europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,2001, Cedam,Padova, p.311-312. 3 Il D.P.R. 30 giugno 2000, n.230, “regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà”, ha sostituito, mediante abrogazione espressa, il regolamento penitenziario previgente (D.P.R. 26 aprile 1976, n.431). 4 Il contenuto dei § 2,3,4 e 7 riporta il contenuto dello studio di Fiorentin F. Il controllo sulla corrispondenza epistolare e telegrafica dei detenuti, diritto di difesa e salvaguardia dei diritti fondamentali della persona,in Giust. Pen.,2004,II, integrato alla luce della nuova disciplina della L. n.95/04 e qui riproposto per esigenze di completezza espositiva. 1 L’art.18 dell’O.P. poggia su due pilastri fondamentali:il primo di essi - espressione di sensibilità alle esigenze del trattamento penitenziario- stabilisce un generale principio di favore nei confronti di tutte le forme di contatto del condannato con l’ambiente libero, inclusa la corrispondenza, senza limiti quantitativi o qualitativi5. Il secondo punto fermo che caratterizza la norma citata e la previsione di un parallelo, complesso sistema di controlli preventivi delle forme di comunicazione concesse ai soggetti ristretti,sotto la specie di “autorizzazioni” ai colloqui, visivi o telefonici, e di “controlli”sulla corrispondenza e la stampa. Tali strumenti sono ispirati alla finalità di prevenire l’utilizzo della facoltà dei detenuti di interloquire con la società libera per finalità contrastanti con l’esigenza di prevenire la commissione di reati e tutelare la sicurezza e l’ordine interno agli istituti di pena. Sul primo versante – quello degli incentivi - l’art.18,comma 4,O.P.,officia l’amministrazione penitenziaria a mettere a disposizione dei reclusi il materiale di cancelleria necessario per la corrispondenza, senza limitazioni di quantità (quantunque l’art.38,commi 2 e 3, D.P.R. 230/2000 precisi che l’onere suddetto, per l’amministrazione, è contenuto nella fornitura gratuita, ogni settimana, dell’occorrente per scrivere una lettera e dell’affrancatura ordinaria). L’altro pilastro – quello dei controlli – si articola sugli strumenti dell’ispezione, del visto sulla corrispondenza e sull’eventuale trattenimento della stessa,con l’intervento dell’autorità giudiziaria.La norma dell’art.18,comma7,O.P.(ora abrogata per effetto della disposizione di cui all’art. 3,comma 2,della L.95 /2004) prevedeva,in particolare,che la corrispondenza dei singoli detenuti o internati6 potesse essere sottoposta,con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza,a visto di controllo del direttore dell’istituto o di un appartenente all’amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.Analoga procedura era stabilita (art.18,comma 8, O.P.) con riferimento alla corrispondenza degli imputati. Il controllo poteva essere effettuato direttamente dal magistrato ovvero – nell’ordinarietà delle ipotesi – dall’autorità amministrativa a ciò delegata (art.18,comma 9,O.P., abrogato per effetto della disposizione di cui all’art. 3,comma 2, della L. 95/2004). Potevano, altresì, essere disposte limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa, su decisione dell’autorità giudiziaria (art.18, comma 9,u.c., O.P.,abrogato: ora, art. 18 ter, comma 5, O.P.)7,che era ritenuta svolgere – nella materia di che trattasi –funzioni non già propriamente giurisdizionali, bensì assolvere competenze di tipo squisitamente amministrativo. Per tali motivi, tenuto conto della natura dell’attività esercitata dal giudice, nel previgente assetto normativo, non si riteneva sussistente un diritto soggettivo perfetto del detenuto all’esercizio della libertà di corrispondenza epistolare e telegrafica.La giurisprudenza assolutamente dominante configurava, invece, la descritta situazione soggettiva nei più ristretti termini dell’interesse legittimo del detenuto o internato al corretto utilizzo del potere di controllo da parte dell’amministrazione penitenziaria e dell’autorità giudiziaria. 5 Cfr. GREVI-GIOSTRA-DELLA CASA, Ordinamento Penitenziario,2000, Cedam, Padova,p.196. Sono consentiti, oltre ai colloqui, la corrispondenza telefonica, epistolare e telegrafica.Quella a mezzo fax è consentita solo in arrivo.Nulla si dice a proposito delle comunicazioni radiofoniche, a mezzo cassette registrate o via e-mail. Data l’elencazione precisa e dettagliata contenuta nella legge e nel regolamento, essa deve considerarsi come esaustiva e perciò stesso escludente, così come appare nell’intenzione del legislatore. Ne consegue il divieto dell’utilizzabilità, da parte dei reclusi, di mezzi di comunicazione diversi da quelli previsti ed autorizzabili. 6 E’ chiaro, pertanto, il divieto di sottoporre a censura generalizzata (indiscriminata) tutta la corrispondenza in uscita da un determinato istituto di pena.Tale divieto deve ritenersi sussistente anche alla luce della nuova disposizione (art.18 ter, comma 3,O.P., che ha sostituito l’abrogato comma 7 dell’art.18 O.P. . 7 E’ opportuno sottolineare che, per orientamento unanime della dottrina, la disposizione cui si fa cenno (art.18, comma 9, ultimo periodo, O.P.) deve essere intesa come applicabile soltanto nei confronti degli imputati, dovendosi ritenere finalizzata alla prevenzione di possibili interferenze nell’accertamento giudiziale dei fatti oggetto del procedimento penale.Non vi è ragione per ritenere che tale opzione ermeneutica non possa essere confermata in relazione alle corrispondenti disposizioni del nuovo art.18 ter L.354/75, che hanno sostituito quelle del citato comma 9 dell’ art.18 O.P., abrogate dall’art.3 L. 95/2004. 2 La Cassazione era,inoltre,pacificamente orientata nel ritenere che l’ordinamento non prevedesse alcuna forma di tutela giurisdizionale nei confronti dell’eventuale lesione di tale posizione soggettiva, se non l’eventuale ricorso avanti alla giustizia amministrativa ( T.A.R.)8. 3. L’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La disciplina sui controlli della corrispondenza dei detenuti presentava, in tutta evidenza, rilevanti profili di contrasto non soltanto con le garanzie costituzionali (art.15 Cost.), ma anche con i principi europei sanciti dalla Convenzione Europea per la tutela dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali9,la cui inosservanza da parte degli Stati dell’Unione è sindacata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo,intervenuta con una prima serie di pronunce di condanna in relazione all’assetto normativo di cui all’art.18 O.P.,ha interpretato in senso estensivo la nozione di corrispondenza contemplata dall’art.8 della Convenzione, ritenendola comprensiva non soltanto delle comunicazioni interpersonali su supporto cartaceo, ma anche attraverso mezzi diversi, quali il telefono10. La CEDU ha, in particolare, ritenuto in contrasto con la normativa europea: 1)l’eccessivo margine di discrezionalità concesso, dalla legislazione italiana, all’autorità pubblica (amministrativa e giudiziaria) nel disporre limitazioni o controlli della corrispondenza, senza che tale ampia facoltà fosse controbilanciata dalla previsione di precisi presupposti normativi circa le condizioni in presenza delle quali il meccanismo dei controlli potesse legittimamente attivarsi; 2)la carenza di un’adeguata tutela giurisdizionale del detenuto a fronte degli eventuali atti lesivi da parte dell’autorità pubblica, amministrativa o giudiziaria(Corte,15 novembre 1996, Diana c.Italia)11; 3)la mancata predisposizione di uno strumento atto a comprovare l’effettiva consegna della corrispondenza sottoposta a visto di controllo al detenuto interessato (Corte,23 febbraio 1993, Messina c.Italia, in Cass.Pen., 1994 , 1109);12 4)le censure operate dall’amministrazione penitenziaria nei confronti della corrispondenza inviata dal detenuto al proprio legale (Corte, 25 febbraio 1992, Pfeiffer c. Austria A 227). La Corte Europea tornò in seguito ad occuparsi della disciplina nazionale sul controllo della corrispondenza dei detenuti, con una nuova pronuncia(Corte,sez.IV, 26 luglio 2001,Di Giovine c. Italia), resa in rapporto ad un ricorso formulato da un detenuto sottoposto al regime Non vi era – anteriormente alla L.95/2004, alcuna norma che prevedesse forme e termini di reclamabilità dei provvedimenti di censura della corrispondenza dei detenuti, e la stessa Corte di cassazione, nel prendere atto della rilevata lacuna, ha sempre escluso la configurabilità di qualsivoglia veicolo di impugnazione o reclamo a tutela del diritto costituzionalmente garantito alla riservatezza della corrispondenza in favore dei soggetti detenuti : cfr. Cass.,I, 11.03.1994,n.796,Calabrò.In argomento anche Cass.,I, 20.03.1989,ord.n.309,Tuti, che stabilisce la non ricorribilità per cassazione del provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza dispone la sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza epistolare e telegrafica del detenuto, in quanto non incide sulla libertà personale nel senso indicato dall'art. 111 Cost. Sulla non reclamabilità del provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza dispone, a norma dell'art. 18 legge 26 luglio 1975, n. 354, che la corrispondenza di un detenuto sia sottoposta al visto di controllo, stante la tassatività – nel nostro ordinamento giuridico - dei mezzi d'impugnazione e la mancata previsione, nella legge suddetta, di alcuno di questi cfr. Cass., I, 3.7.1987,n.2182,Rapisarda,in CED; Cass.,I, 14.02.1990,n.3141,Scrima,in CED;Cass.,I, 6.09.1994,n.3558,Ilacqua, in CED;Cass.,I, 24.03.1995,n.6102,Padovani). Nello stesso senso, tenuto conto della natura di atto amministrativo di tipo trattamentale della sottoposizione al visto sulla corrispondenza, cfr. Cass., I, 4.2.1992 n. 4687, Vallanzasca, in CED; Cass., I, 19.05.1993,ord. n.823,Sena,in CED). 9 Cfr. nota 2 . 10 Per una rassegna della giurisprudenza CEDU in tema di tutela della corrispondenza, si veda BARTOLE-CONFORTIRAIMONDI,op.cit.,loc.cit. . 11 Cfr. nota 2. 12 Per adeguarsi al principio di diritto stabilito dalla Corte, l’Amministrazione penitenziaria ha disposto con propria circolare dd.14.3.1994 n. 3382/5832 – pur in assenza di disposizioni legislative in merito – che la corrispondenza in arrivo sottoposta a visto di controllo sia annotata in un apposito registro, dandone immediata comunicazione al detenuto interessato, il quale controfirmerà per ricevuta al momento della consegna della corrispondenza controllata. 8 3 speciale di cui all’art. 41 bis O.P.,e per tale motivo soggetto al visto di controllo su tutta la corrispondenza, inclusa quella indirizzata alle autorità di cui all’art.38, comma 11, D.P.R. 230/2000. Con detta pronuncia, sono riaffermati alcuni principi ormai tradizionalmente acquisiti al repertorio della giurisprudenza di Strasburgo nella materia de qua: 5) viene,anzitutto,ribadito il divieto di qualsiasi tipo di censura in rapporto ad atti e missive indirizzate alla Corte stessa13; Elementi di novità ben più significativi sono però contenuti nella seconda parte della decisione, laddove la Corte censura l’art.18 O.P. per ravvisato contrasto con il disposto degli artt. 8 e 13 della Convenzione, sotto due principali aspetti14: 6)Il primo di essi è ravvisato nella mancata previsione normativa della durata massima della sottoposizione al visto di controllo; 7)Il secondo viene individuato nella mancata indicazione dei motivi specifici che giustificano l’adozione, da parte dell’autorità pubblica, delle misure di controllo sulla corrispondenza dei detenuti. Quanto alla ravvisata carenza – nella legislazione nazionale – della precisazione dei presupposti legittimanti l’attivazione dei controlli, non v’è dubbio che il giudice nazionale potesse (e possa tuttora) richiamarsi a quelli stabiliti dall’art. 8 della Convenzione (sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica, il benessere economico del paese, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati, la tutela della salute o della morale, la tutela delle libertà e diritti altrui): essi, infatti, salvo quanto disposto ora dall’art.18ter O.P., costituiscono coordinate normativamente certe alle quali ancorare – sotto il profilo motivazionale – il provvedimento di sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo15. Per quanto concerne l’onere di motivazione – ora espressamente imposto - che incombe sull’autorità giudiziaria competente a decidere sulla sottoposizione a visto della corrispondenza dei reclusi,esso doveva ritenersi implicito, già prima della sentenza citata, alla luce dei rilevanti interessi costituzionalmente tutelati che la decisione del magistrato è suscettibile di comprimere. 4. Le regole introdotte con il nuovo Regolamento Penitenziario ( D.P.R. 30 giugno 2000, n.230). Con l’emanazione del D.P.R. n.230/2000, il legislatore italiano, modificando la materia della corrispondenza, ha inteso rispondere, almeno in parte, ai rilievi mossi dalla Corte Europea. L’art.38, D.P.R. n.230/2000,richiamandosi soltanto parzialmente alla disciplina della legge penitenziaria (art.18 O.P.) articola il sistema dei controlli sulla corrispondenza dei detenuti su un duplice sistema di filtri: l’ispezione e il trattenimento, attribuendone la titolarità, in entrambi i casi, La valutazione della portata della decisione della Corte europea richiede una precisazione del concetto di “censura”. Il significato corrente del termine, infatti, è quello di esame, da parte di una pubblica autorità, di un testo al fine di consentirne o no la pubblicazione o la rappresentazione, ovvero di impedirne la trasmissione. Il visto sulla corrispondenza introdotto dal legislatore italiano non ha, al contrario, dette finalità, bensì la più limitata funzione di “presa visione” del contenuto di essa.In altri termini, il “visto di controllo” previsto dall’ordinamento penitenziario esula dall’ambito proprio della censura. Peraltro, nella caso specifico, va tenuto presente che il contenuto della corrispondenza indirizzata ad organismi internazionali, amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell’uomo, è destinato necessariamente ad essere notificato allo Stato italiano in sede di formale contestazione. 14 L’art. 8 della Convenzione Europea per la tutela dei Diritti dell’Uomo recita: “Ogni persona ha diritto al rispetto... della sua corrispondenza. Non è ammessa alcuna limitazione di una pubblica autorità all'esercizio di questo diritto, se non se tale limitazione è prevista dalla legge e costituisce una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica, il benessere economico del paese, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati, la tutela della salute o della morale, la tutela delle libertà e diritti altrui." Il testo dell’art.13 della Convenzione è il seguente:” Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella presente Convenzione fossero violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione fosse commessa da persone che agiscono nell’esercizio di funzioni ufficiali”. 15 Sull’importanza che il provvedimento di sottoposizione a controllo della corrispondenza dei detenuti sia adeguatamente motivato, soprattutto nell’attuale situazione di incertezza normativa in materia, nonché adottato nel rigoroso rispetto delle fattispecie previste dalla legge, cfr. la decisione della Sezione disciplinare del CSM n.78/2000R.G. dd.5.10.00-1.12.00, n.141/00 Reg.dep. Pres.Verde, est. Tossi Brutti, in Quaderni del C.S.M., anno 2002, n.124, p.177. 13 4 alla direzione dell’istituto penitenziario, salva – nella seconda fattispecie -la decisione conclusiva dell’autorità giudiziaria in ordine all’inoltro o al trattenimento definitivo. Per quanto concerne, all’adeguamento ai principi della Convenzione europea, gli ultimi due commi dell’art.38 D.P.R. n.230/2000 contengono disposizioni volte proprio ad appianare alcuni dei più eclatanti profili di contrasto evidenziatisi in seguito alle citate pronunce della CEDU. Precisamente,il comma 10 della norma citata prevede che il detenuto o l’internato sia immediatamente informato che la corrispondenza è stata trattenuta (ciò evidentemente, per metterlo in condizioni di interloquire con l’autorità giudiziaria preposta alla decisione definitiva sul trattenimento);mentre il successivo comma 11 stabilisce che “non può essere sottoposta a visto di controllo la corrispondenza epistolare dei detenuti e degli internati indirizzata ad organismi internazionali amministrativi o giudiziari preposti alla tutela dei diritti dell’uomo, di cui l’Italia fa parte”. La complessiva disciplina sui controlli della corrispondenza,tuttavia, nonostante le modifiche all’assetto normativo portate dal legislatore nazionale,si manteneva in perdurante contrasto sia con la Costituzione quanto con i principi contenuti nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. Sotto il primo profilo,invero, l’art.15 Cost. presidia con particolare rigore il diritto alla libertà e riservatezza della corrispondenza, sottoponendo ogni fattispecie idonea ad incidere sul pieno esercizio di tale posizione soggettiva alla doppia garanzia: della riserva di legge (violata dal legislatore ordinario con l’introduzione di regole mediante emanazione di un atto normativo: D.P.R. 230/00) e della riserva di giurisdizione16. Il regolamento penitenziario n.230/2000, d’altro canto, non fornisce un’adeguata risposta a livello di disciplina normativa al rilievo – stigmatizzato nell’assise europea – circa l’estrema ampiezza del potere discrezionale conferito all’autorità giudiziaria nell’adottare i provvedimenti incisivi della libertà e segretezza della corrispondenza dei detenuti, senza che a tale facoltà conseguisse,per l’autorità giudiziaria, l’obbligo di motivare le ragioni dell’adozione delle limitazioni o dei controlli sulla corrispondenza con riferimento a precise condizioni stabilite dalla legge (e non, dunque, facendo ricorso a motivazioni “apparenti”, quali clausole di stile ovvero formule ellittiche o tautologiche rispetto al dettato normativo). Quanto al profilo dell’assenza di uno strumento di tutela giurisdizionale nei confronti delle decisioni dell’autorità giudiziaria in materia di controllo della corrispondenza, vi era effettivamente una grave lacuna nel sistema di tutela delle posizioni soggettive dei detenuti, mancando nell’ordinamento un rimedio giurisdizionale specifico che presidiasse – con un controllo di legalità da parte di un giudice – la corretta applicazione della normativa penitenziaria sui controlli e sulle limitazioni della corrispondenza . Soltanto con riferimento a limitati profili era ammessa, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la possibilità di sindacare la corretta gestione, da parte degli organi dell’amministrazione penitenziaria, dell’esecuzione della pena detentiva, sia con il ricorso alla giustizia amministrativa, sia ai sensi degli artt. 35 e 69, comma 5,O.P (tale norma consente al magistrato di sorveglianza di impartire alla direzione dell’istituto, “nel corso del trattamento, disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati”). La ricordata tutela magistratuale dei diritti delle persone detenute sussiste ed opera laddove sono compressi diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla libertà ed alla segretezza della comunicazione. Peraltro,tale sia pur embrionale e inadeguato(poiché non assistito da effettivi poteri coercitivi nei confronti dell’eventuale inadempimento dell’amministrazione penitenziaria alle disposizioni del magistrato di sorveglianza) rimedio costituiva l’unico strumento di tutela attivabile,anteriormente all’entrata in vigore della L. 95/2004. Il testo dell’art.15 Cost. è il seguente:”La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. 16 5 Il quadro delle garanzie a favore del soggetto sottoposto ai controlli sulla corrispondenza era,infine, carente poiché non vi era la possibilità di impugnare i provvedimenti giudiziari emessi ai sensi dell’art.18 O.P.; e perché persisteva– con riferimento alla tutela nei confronti degli atti amministrativi emessi dalla direzione dell’istituto di pena - persisteva la lacuna evidenziata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.26/1999.Con tale pronuncia, la Consulta aveva, infatti, dichiarato la parziale illegittimità costituzionale degli articoli 35 e 69 dell’O.P., nella misura in cui non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell’amministrazione penitenziaria lesivi di diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale17. 5. La legge n.95/2004 . I profili di contrasto della normativa penitenziaria in materia di controlli della corrispondenza, con i principi costituzionali e con quelli stabiliti nell’assise giurisdizionale europea, erano,in via di estrema sintesi,i seguenti:violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’art.15 Cost.;previsione normativa del mero “sospetto” quale presupposto per l’attivazione del controllo sulla corrispondenza(cfr.art.38,comma 6,D.P.R.n.230/2000), con conseguente,eccessiva discrezionalità attribuita all’autorità ai fini dell’esercizio del potere di controllo sulla corrispondenza;mancata disciplina del regime giuridico degli atti sottoposti al trattenimento da parte del giudice. Rilevavano inoltre:la mancata previsione normativa di un termine massimo di durata del controllo;la mancata previsione di un onere di motivazione della decisione dell’autorità giudiziaria;l’assenza dell’indicazione della forma che il provvedimento in materia di controllo della corrispondenza dovesse assumere. La legge n.95/04 interviene, in coerenza con l’obiettivo di conformare la disciplina penitenziaria dei controlli sulla corrispondenza ai principi costituzionali ed europei, operando su due livelli principali. In primo luogo, detta disposizioni tese a razionalizzare, la disciplina esistente, rimodulando la disciplina sui controlli della corrispondenza all’interno di un’unica norma di nuovo conio,l’art. 18 ter O.P.(ed abrogando, conseguentemente, le disposizioni previgenti dell’art.18 O.P. riprodotte nel tessuto normativo del nuovo articolo di legge); Introduce, quale seconda importante novità,con lo stesso art.18ter O.P., nuove disposizioni finalizzate a conformare la disciplina dei controlli sulla corrispondenza dei detenuti ai principi della Convenzione Europea del 1950, ed alle censure della CEDU. Gli snodi fondamentali della nuova disciplina che nasce con le innovazioni introdotte dalla L. n.95/04 sono costituiti: dalla completa(ta) giurisdizionalizzazione del procedimento in tema di controlli sulla corrispondenza con l’esplicita previsione normativa dei presupposti tassativi per l’attivazione delle misure restrittive e dall’introduzione della possibilità di reclamo di fronte all’autorità giudiziaria dei provvedimenti in materia di controllo della corrispondenza. Con tali disposizioni, il legislatore ha assicurato alla facoltà del detenuto di corrispondere con il mondo esterno la disciplina normativa e lo status di vero e proprio diritto soggettivo,configurato quale diritto fruibile ordinariamente senza limitazioni quantitative o qualitative, e comprimibile soltanto nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge, con la garanzia del controllo giurisdizionale di legittimità sui provvedimenti che incidono le facoltà connesse a tale diritto 18. L’art. 1 della L.n.95/2004 introduce – come anticipato – nel corpo dell’Ordinamento Penitenziario un articolo di nuovo conio (art.18ter)che disciplina, quale fonte di rango primario ( in ossequio, dunque, alla riserva assoluta di legge contenuta nell’art.15 Cost.), le limitazioni al controllo della corrispondenza. 17 Corte Cost. 8-11 febbraio 1999, n.26, pubblicata in G.U., Serie speciale, n.7. cfr.Fiorentin F., Corrispondenza garantita per i detenuti.Entra in vigore la legge che regola, conformandoli agli standards normativi europei, i controlli sulla corrispondenza dei detenuti,commento alla legge n.95/04, in Guida al Diritto, n.17 del 1.5.04, p.22. 18 6 La nuova norma precisa, anzitutto, quali sono le condizioni che legittimano l’attivazione dei meccanismi di controllo, individuandole nelle “esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto”.Tale disposizione ricalca,peraltro, in gran parte, quanto già previsto a livello regolamentare dalla disposizione dell’art.38, comma 6, D.P.R. n.230/2000. Non può che essere apprezzata, in proposito, l’espressa e tassativa indicazione dei motivi per i quali può essere disposta la limitazione della corrispondenza dei detenuti, e la conferma del divieto (già peraltro evincibile dalla previsione dell’abrogato comma 7 dell’art. 18 O.P.)di sottoporre intere categorie di reclusi (o intere sezioni dell’istituto di pena) ai controlli previsti dalla norma in esame. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria deve essere sempre motivato: evidentemente,con riferimento alla ricorrenza delle condizioni previste dall’art.18 ter O.P. ma, si ritiene, anche con eventuale richiamo alle ulteriori fattispecie indicate nell’art.8 della citata Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Ne consegue che i provvedimenti che incidono sull’esercizio del diritto alla corrispondenza non potranno essere basati sulla sussistenza del mero “sospetto” di esistenza dei presupposti normativi indicati.Essi dovranno,al contrario,essere fondati su concreti e precisi elementi di valutazione (sia pure anche di livello indiziario) tali da conferire un adeguato coefficiente di oggettività (sia pure nei termini di una ragionevole probabilità di sussistenza) alle “esigenze” e “ragioni” allegate dal PM o dalla Direzione dell’istituto di pena, ai fini del vaglio dell’autorità giudiziaria competente per la decisione in ordine all’adozione dei controlli stessi. Sotto tale profilo si sottolinea la circostanza che l’autorità amministrativa si muove d’iniziativa alla luce del semplice “sospetto”(art.38,comma 6, D.P.R. n.230/2000), mentre la successiva decisione dell’autorità giudiziaria investita della decisione finale sul trattenimento o inoltro della missiva dovrà (cor)rispondere alle coordinate normative indicate dal comma 1 dell’art.18 ter, O.P., che sottendono l’esigenza del riconoscimento dell’effettiva ricorrenza delle condizioni richiamate dalla normativa stessa.. Il giudice è tenuto,infatti, alla luce del nuovo art.18 ter, O.P., a motivare la propria decisione sulla base di riscontrate esigenze attinenti ai profili previsti dal comma 1 della norma citata. Il comma 1 dell’art.18 ter, O.P. stabilisce che il provvedimento giudiziario di controllo sulla corrispondenza ha efficacia per un termine massimo di sei mesi, prorogabili successivamente per periodi di tre mesi ciascuno. Se è apprezzabile la previsione di una sorta di riesame automatico della decisione del giudice decorso il termine iniziale fissato nel provvedimento (ovvero,in ogni caso, quello massimo stabilito dalla legge);deve, per contro, osservarsi come la previsione di un termine di fatto elastico, quale previsto dalla nuova norma (prorogabile teoricamente all’infinito), elude il dictum della Corte di Strasburgo, che aveva – come sopra detto – censurato la normativa italiana proprio sotto il profilo della carenza della previsione di un termine massimo di applicazione delle misure restrittive. Peraltro, la decorrenza del termine sopra detto senza che sia intervenuta una nuova decisione dell’autorità giudiziaria si ritiene comporti la caducazione automatica del regime dei controlli imposti alla corrispondenza del detenuto, trattandosi di provvedimenti – quelli previsti dall’art.18 ter O.P., a carattere eccezionale a fronte della fruizione di un diritto costituzionalmente garantito. La nuova disciplina integra opportunamente la normativa già vigente19,stabilendo che i controlli di cui al comma 1 dell’art.18ter, O.P., non possano estendersi alla corrispondenza epistolare o telegrafica indirizzata ai soggetti indicati nel comma 5 dell'articolo 103 del codice di 19 Si tratta di disposizioni in larga parte già previste in sede regolamentare (art.38, comma 11, D.P.R. 230/2000) o nello stesso Ordinamento Penitenziario, laddove stabilisce la possibilità per il detenuto di interloquire “direttamente” con il magistrato di sorveglianza inviandogli missive con il sistema della c.d. “busta chiusa”, cioè non controllabile dall’amministrazione penitenziaria (art.35 O.P.). 7 procedura penale20,all'autorità giudiziaria, alle autorità indicate nell'articolo 35, O.P.21, ai membri del Parlamento,alle Rappresentanze diplomatiche o consolari dello Stato di cui gli interessati sono cittadini ed agli organismi internazionali, amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell'uomo di cui l'Italia fa parte. Resta esclusa dall’area tutelata dalla copertura normativa la corrispondenza inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri. In proposito, non pare,infatti, consentita, un’interpretazione estensiva del disposto di cui all’art.18ter O.P., neppure con riferimento a disposizioni pure presenti in seno all’Ordinamento Penitenziario, quali gli artt.35, 41bis e 67 O.P. . L’art.35 L. 26.7.75, prevede che i detenuti e gli internati possano rivolgere istanze o reclami orali o scritti, “anche in busta chiusa”: 1) al direttore dell’istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia; 2) al magistrato di sorveglianza; 3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto; 4) al presidente della giunta regionale; 5) al Capo dello Stato. L’art.41bis,comma 2quater,lett.e),L.26.7.75, n.354,così come novellato dagli artt.2 e 4 della L. 23.12.02, n.279, stabilisce che la sospensione delle regole di trattamento ordinarie per i condannati che si trovino nelle condizioni previste dalla norma citata,può comportare “la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia”. L’art.67,L. 26.7.75,n.354, dispone, infine, che gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da: a) il Presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Corte costituzionale; b) i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i Sottosegretari di Stato, i membri del Parlamento e i componenti del Consiglio superiore della magistratura; c) il presidente della corte d’appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell’ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l’esercizio delle sue funzioni; d) i consiglieri regionali e il commissario di Governo per la regione, nell’ambito della loro circoscrizione; e) l’ordinario diocesano per l’esercizio del suo ministero; f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale; g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati; h) gli ispettori generali dell’amministrazione penitenziaria; i) l’ispettore dei cappellani; l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia. L’inclusione del Presidente del Consiglio dei Ministri tra le autorità che possono visitare gli istituti non legittima l’estensione del disposto di cui all’art.35 O.P., la cui elencazione ha carattere tassativo e non meramente esemplificativo delle autorità che possono essere oggetto dell’invio di missive “in busta chiusa”.Ciò si deduce dalla ratio della norma citata, che è finalizzata non a disciplinare l’esercizio del diritto di corrispondenza costituzionalmente garantito, bensì a consentire 20 Si tratta dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari. La previsione si pone in linea con la giurisprudenza CEDU in tema di incensurabilità della corrispondenza tra i detenuti ed i loro legali . 21 Si tratta del direttore dell’istituto, nonché degli ispettori, del direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena, del Ministro della giustizia,del magistrato di sorveglianza,delle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto,del presidente della giunta regionale, del Capo dello Stato. 8 ai detenuti una più ampia possibilità di interloquire, con reclami e istanze liberi da eventuali condizionamenti ambientali, presso autorità che, a vario titolo,sono o possono essere investite della responsabilità del trattamento penitenziario.Deve pertanto escludersi un’interpretazione ispirata al favor rei,quale si sarebbe - in ipotesi - giustificata qualora si fosse ipotizzata la lesione di un diritto costituzionalmente presidiato,dovendosi, al contrario, propendere per una ricostruzione ermeneutica più rigorosa, che tenga conto del principio generale della tassatività dei mezzi e delle forme di reclamo o impugnazione degli atti amministrativi come dei provvedimenti giurisdizionali. Conferma tale conclusione il tenore stesso dell’art.18ter O.P. di recente introduzione, che richiama espressamente l’elencazione di cui all’art.35 O.P. nel numero delle autorità sottratte all’ambito di operatività dei controlli . La norma di cui all’art.67 O.P., peraltro, non si riferisce affatto, né consente, l’esercizio della facoltà di consegnare lettere “in busta chiusa”ai soggetti in visita all’istituto penitenziario, poiché l’art.35 O.P. precisa che tale possibilità è consentita soltanto nei confronti delle autorità ivi contemplate, e, tra queste, qualora visitino l’istituto penitenziario, soltanto alle “autorità giudiziarie o sanitarie”22. Neppure pare percorribile la via di estendere la facoltà di cui all’art.35 O.P. attraverso un’interpretazione additiva che si richiami al dictum dell’art.41bis,comma 2quater,lett.e),O.P.,letto in combinato disposto con l’art.67 della stessa legge. Infatti, la prima disposizione richiamata prevede l’esclusione dagli eventuali controlli della corrispondenza inviata a,o ricevuta da, membri del Parlamento o autorità competenti in materia di giustizia;la seconda contiene un elenco di soggetti ammessi a visitare “a sorpresa” gli istituti penitenziari, senza che sia necessaria l’autorizzazione del direttore del carcere. Dal raffronto delle due norme, emerge evidente la loro non sovrapponibilità, tanto con riferimento alla ratio (la prima concerne il diritto alla libertà di comunicazione;la seconda è finalizzata a garantire alle autorità ivi indicate la possibilità di muovesi liberamente, per i loro fini istituzionali, all’interno degli istituti penitenziari);quanto relativamente all’indicazione normativa,contenuta nella prima disposizione in raffronto, che fa riferimento ad autorità “competenti in materia di giustizia”:qualifica che non può, in tutta evidenza, estendersi a tutti i soggetti indicati nella seconda norma considerata. Va, infine, considerato che la norma dell’art.18ter O.P. – contrariamente a quanto si è visto con riguardo all’art.35 O.P. - non fa alcun riferimento all’elencazione contenuta nell’art.67 della stessa legge, di tal che non può ritenersi, tale ultima norma, ricompresa all’interno del quadro normativo rilevante ai fini della materia dei controlli sulla corrispondenza. 6. Il regime dei controlli. Secondo la nuova disciplina (art.18ter,comma 1,O.P.) “possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi: a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa; b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo; c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima.” L’art.18ter O.P. distingue,dunque,un triplice ordine di possibili strumenti di controllo che, in ordine di crescente incisività sul diritto di cui all’art.15 Cost.,sono: il controllo delle buste,senza esame degli scritti contenuti nelle stesse(in tal caso, l'apertura delle buste che racchiudono la corrispondenza avviene alla presenza del detenuto o dell'internato); il visto di controllo (che implica Qui l’art.18ter O.P. sembra aver introdotto – non è dato sapere quanto consapevolmente – un’innovazione rispetto alla precedente disciplina (art.35 O.P.).Quest’ultima, ammetteva la possibilità di consegnare scritti in busta chiusa all’autorità giudiziaria “in visita all’istituto”, mentre l’art.18ter O.P., con previsione di portata generale, ha eliminato il presupposto della presenza fisica dell’autorità giudiziaria presso l’istituto di pena, consentendo la corrispondenza non controllata nei confronti di qualsiasi autorità giudiziaria . 22 9 l’esame dello scritto);le limitazioni alla possibilità di ricevere ed inviare corrispondenza, o di ricevere la stampa.Mentre le prime due attività vulnerano la riservatezza della corrispondenza, senza tuttavia limitarne l’esercizio;il terzo strumento pregiudica la possibilità stessa di esercitare pienamente il diritto inciso. La prima ipotesi di controllo riproduce, nella sostanza, la disciplina dell’ispezione, prevista dall’art.38, comma 5,D.P.R. n.230/2000,connotandosi tuttavia quale atto non più di competenza esclusiva dell’amministrazione penitenziaria, come invece prevedeva la disposizione regolamentare citata; bensì quale provvedimento dell’autorità giudiziaria.Per tale ragione, deve ritenersi che la disposizione regolamentare dell’art.38,comma 5,D.P.R. n.230/2000,incompatibile con la nuova norma dell’art.18ter O.P., sia stata implicitamente abrogata dallo jus superveniens , fonte di rango primario. L’ispezione consiste nella verifica che la corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in partenza, non contenga valori ovvero oggetti la cui detenzione non è consentita dal regolamento penitenziario, e si estende all’intero volume della corrispondenza del detenuto o internato,con evidenti finalità di prevenzione in rapporto alle esigenze di tutelare l’ordine e la sicurezza interna all’istituto di pena.Poiché l’accennato strumento ispettivo può,ora, essere attuato soltanto su decisione dell’autorità giudiziaria e con modalità tali da garantire l’assenza di controlli sullo scritto, la disposizione sembra compatibile con la garanzia della “doppia riserva” posta a tutela della riservatezza delle comunicazioni dall’art.15 della Costituzione23 . Il visto di controllo con possibilità di trattenimento costituisce modalità ben maggiormente invasiva dell’area di tutela circoscritta dalla Costituzione. L’art.18 ter, comma 5, O.P. stabilisce in proposito che” Qualora, in seguito al visto di controllo, l'autorità giudiziaria…ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, dispone che la stessa sia trattenuta.” Previsione del tutto analoga è inserita nell’art.38,comma 6,D.P.R. n.230/2000,con riferimento al potere della direzione dell’istituto,quando abbia sospetto che, nella corrispondenza epistolare, siano contenuti elementi che costituiscono pericolo per l’ordine o la sicurezza ovvero che integrano fattispecie di reato, di trattenere la corrispondenza, dandone immediata segnalazione all’autorità giudiziaria24 per i provvedimenti del caso. L’autorità giudiziaria potrà disporre gli opportuni provvedimenti, esercitando un controllo di legittimità e merito sulla sussistenza dei presupposti che hanno giustificato il trattenimento della corrispondenza. Il magistrato di sorveglianza potrà trasmettere gli atti alla competente Procura della Repubblica (e disporre la sottoposizione a visto della corrispondenza del recluso) qualora ritenga integrata una notizia di reato; ovvero, se non ravvisi la ricorrenza dei pericula indicati dall’arrt.18ter O.P., disporre l’inoltro della missiva al destinatario;mentre l’autorità giudiziaria procedente potrà direttamente attivarsi, anche nelle forme cautelari (cfr. artt. 253 e 254 c.p.p.). Qualora la corrispondenza sospetta sia già oggetto di sottoposizione a visto di controllo, è inoltrata o trattenuta su decisione dell’autorità giudiziaria (art.38,comma 6, D.P.R. 230/00)25. E’ dubbio se la citata disposizione regolamentare conservi efficacia, essendo dettata con riferimento all’attività ispettiva disciplinata dall’art.38, comma 5, D.P.R. 230/2000 (non più consentita).Pare, tuttavia, plausibile ritenere che possa residuare, in capo alla direzione dell’istituto, il potere cautelare di trattenimento previsto dalla disposizione dell’art.38, comma 6, in esame, non rientrando, quest’ultima, tra le ipotesi di controllo la cui disciplina è stata riformulata dalla nuova disciplina introdotta dalla L. 95/2000, trattandosi di atto cautelare, necessariamente attivato dall’amministrazione penitenziaria nell’immediatezza della situazione che genera il “sospetto” sul 23 Cfr.Fiorentin F., op.cit.alla nota 18, p.24. Anche in tale fattispecie, la normativa regolamentare ripartisce la competenza tra le diverse autorità giudiziarie (rispettivamente, magistrato di sorveglianza o autorità giudiziaria che procede) tenuto conto della posizione giuridica del detenuto. 25 Le stesse disposizioni dettate in tema di controllo sulla corrispondenza epistolare si applicano ai telegrammi: cfr. art.38 commi 8 e 9 D.P.R. 230/2000. 24 10 contenuto della missiva, e non ponendosi, per giunta, alcun problema di contrarietà con i principi costituzionali od europei, stante la previsione dell’immediato investimento dell’autorità giudiziaria ai fini della decisione finale.Di contro, potrebbe obiettarsi, che il principio costituzionale sancito dall’art.15 Cost., risulta in buona sostanza eluso, sia sotto il profilo della riserva di legge (poiché la disciplina del trattenimento amministrativo della corrispondenza è stabilita unicamente dalla norma regolamentare di cui all’art.38,comma 6, del D.P.R.n.230/00); sia per l’assenza dell’intervento dell’autorità giudiziaria fin dal primo momento della potenziale compressione di tale diritto26 . Una regolamentazione della materia maggiormente armonica con i richiamati principi costituzionali avrebbe dovuto tenere conto del carattere assoluto e immediatamente cogente della tutela costituzionale della libertà di comunicazione, e della subordinazione delle limitazioni poste dal legislatore all’esercizio di tale diritto alle garanzie costituzionali della duplice riserva di legge e giurisdizione27. Non ci si può nascondere, in ogni caso, che, sotto l’aspetto dell’eccessiva discrezionalità attribuita alla pubblica autorità nell’adottare comportamenti lesivi della libertà di corrispondenza dei reclusi (già censurata dalla Corte di Strasburgo),la norma dell’art.38,comma 6,del D.P.R. n.230/2000,che giustifica l’intervento dell’autorità amministrativa e – in seconda battuta giudiziaria, al presupposto, quanto mai vago e impalpabile, della sussistenza del “sospetto” che nella corrispondenza si celino elementi di reato o costituenti comunque pericolo per l’ordine e la sicurezza, pare senz’altro in contrasto con i principi europei. Va comunque considerato che l’autorità giudiziaria non potrà limitarsi al richiamo tautologico dei presupposti normativi, né all’utilizzo di vuote clausole di stile. Tuttavia, si ritiene legittimo il provvedimento emesso ai sensi dell’art.18ter O.P. che si fondi sulla valutazione della pericolosità sociale del detenuto, desumibile dai precedenti penali e dalla gravità del reato in espiazione.In proposito,infatti, la giurisprudenza di legittimità ammette che,ai fini dell’apprezzamento dell’incidenza del profilo criminologico del condannato (pericolosità sociale), possano essere valutati i precedenti penali e la gravità del reato per il quale il soggetto ha in corso l’esecuzione di pena (Cass.,I,4.3.99,n.1812,RV.213062,CED; Cass.,I,26.2.03,n.23475,RV.224414,Pandolfo,CED;Cass.,I,2.4.03,n.19759,RV.224236,Limandri,CE D). L’art. 18 ter, comma 1, lett.a), O.P. prevede,quale terza possibilità di controllo preventivo azionabile,che l’autorità giudiziaria possa,con decreto motivato,stabilire“limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa”.La norma di nuovo conio riproduce la corrispondente disposizione dell’art.18,comma 9, O.P.,abrogato dall’art.3 della L.n.95/2004.Il provvedimento contemplato dalla norma citata si configura quale strumento a spiccata connotazione cautelare, suscettibile di incidere pesantemente sul pieno godimento del diritto di corrispondenza del detenuto inciso.Dette limitazioni possono essere disposte in seguito all’attivazione dei controlli (ispezione e visto) previsti dall’art.18ter, comma 1, O.P.(sarà questa 26 Cfr.Fiorentin F.,cit.nota 22, p.25 Con una nota sentenza (C.Cost. n.212/1997), la Corte costituzionale ha in proposito stabilito il principio che il detenuto “pur trovandosi in situazione di privazione della libertà personale in forza della sentenza di condanna, è pur sempre titolare di diritti incomprimibili, il cui esercizio non è rimesso alla semplice discrezionalità dell’autorità amministrativa preposta all’esecuzione della pena detentiva, e la cui tutela pertanto non sfugge al giudice dei diritti”. Più in generale, per il riconoscimento che, anche in situazioni di restrizione della libertà personale, sussistono diritti che l’ordinamento tutela, cfr. le sentenze della Corte Costituzionale n. 410/1993, 351/1996, 376/1997. In altra occasione (cfr. sent. Corte Cost. n.26/99, citata alla nota 8), il giudice delle leggi ebbe così ad esprimersi: “L’idea che la restrizione della libertà personale possa comportare conseguenzialmente il disconoscimento delle posizioni soggettive attraverso un generalizzato assoggettamento all’organizzazione penitenziaria è estranea al vigente ordinamento costituzionale, il quale si basa sul primato della persona e dei suoi diritti…I diritti inviolabili dell’uomo,il riconoscimento e la garanzia dei quali l’art.2 della Costituzione pone tra i principi fondamentali dell’ordine giuridico, trovano nella condizione di coloro i quali sono sottoposti a una restrizione della libertà personale i limiti a essa inerenti, connessi alle finalità che sono proprie di tale restrizione, ma non sono affatto annullati da tale condizione. La restrizione della libertà personale secondo la Costituzione vigente non comporta dunque affatto una capitis deminutio di fronte alla discrezionalità dell’autorità preposta alla sua esecuzione.” 27 11 l’ipotesi più ricorrente);ovvero in seguito alla richiesta del PM o della direzione dell’istituto, anche a prescindere dalla sussistenza dell’ eventuale visto di controllo già disposti dal giudice.In tal senso,appare evidente l’affinità dello strumento delle limitazioni alla ricezione della corrispondenza e della stampa con le misure cautelari (la limitazione in esame può essere,infatti, chiesta al giudice dal PM per ” esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati” (art.18 ter, comma 1,O.P.). Il potere di disporre limitazioni alla ricezione della stampa e della corrispondenza non è limitato, dalla legge, sotto il profilo quantitativo, potendo l’estensione delle limitazioni stabilite dal giudice estendersi ad un numero e tipologia indefinita di contatti epistolari o di stampa, con l’unico limite – arguibile dalla lettera della legge – che le limitazioni imposte non determinino la totale esclusione della possibilità di interloquire con l’esterno attraverso tali forme di comunicazione. Deve ,infine, osservarsi che alle condizioni indicate dall’art.18ter, O.P.,sussistendo le quali è consentito al giudice di disporre le limitazioni si ritiene debbano affiancarsi le fattispecie previste dall’art.8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1950,esplicando,tali norme, effetti diretti sul diritto interno . 7. Il regime della corrispondenza trattenuta. La nuova disciplina introdotta dalla L.n.95/2004 non tocca la delicata questione concernente il regime giuridico cui gli atti, trattenuti ai sensi dell’art.18ter,comma 5,O.P.,devono essere assoggettati. In proposito, pare anzitutto opportuno distinguere le due diverse fattispecie che integrano il presupposto per il provvedimento di trattenimento: costituite, rispettivamente, dal “sospetto” che nella corrispondenza si celino elementi di reato; ovvero che la missiva costituisca, essa stessa, “pericolo per l’ordine e la sicurezza”(art.38, comma 6, D.P.R. 230/00). A queste si aggiunge, quale terza fattispecie, la previsione di cui all’art.18ter,comma 5, O.P., che disciplina l’analogo trattenimento della corrispondenza o della stampa in seguito all’adozione dei provvedimenti di cui al comma 1 della norma citata. Nella prima ipotesi, all’autorità giudiziaria competerà la delicata valutazione in ordine all’effettiva sussistenza, nella corrispondenza segnalata dalla direzione dell’istituto, di quegli “elementi di reato” che giustificano il provvedimento cautelare. Nel caso affermativo, sempre che non vi abbia già provveduto d’iniziativa il personale di P.G. presso l’ufficio matricola dell’istituto di pena (art.321 c.p.p.), il magistrato trasmetterà gli atti alla Procura della Repubblica competente a ricevere la notizia di reato, e pertanto l’eventuale sequestro del corpo di reato, la sua custodia ed eventuale restituzione, seguirà la disciplina del codice processuale penale (artt. 253 ss. c. p.p.).Qualora, al contrario, l’autorità giudiziaria non ravvisi la sussistenza di elementi costituenti reato nella corrispondenza esaminata, ne disporrà la restituzione all’autorità amministrativa per l’inoltro al destinatario. Diversa è l’ipotesi in cui la missiva trattenuta rappresenti un “pericolo per l’ordine e la sicurezza”:in tal caso, la corrispondenza, in forza di motivato provvedimento dell’autorità giudiziaria, è definitivamente trattenuta presso l’ufficio matricola del carcere e non può essere inoltrata. Si realizza, in tal guisa, una forma di sequestro preventivo atipico: esso mira, infatti, a realizzare gli scopi di prevenzione propri dello strumento di cui all’art.321 c.p.p. Desta perplessità la constatazione che l’ordinamento non prevede alcuna forma di tutela giurisdizionale a fronte dell’eventuale diniego dell’autorità giudiziaria alla restituzione della corrispondenza trattenuta.E’ da ritenere, infatti, che la direzione dell’istituto non sia tenuta né autorizzata a disporre la restituzione o l’inoltro della corrispondenza trattenuta e depositata presso di sé, ovvero acconsentire al rilascio di copia della stessa, senza richiedere l’intervento dell’autorità giudiziaria. Quest’ultima dovrà verificare che la situazione di pericolo per l’ordine o la sicurezza, che aveva formato il presupposto per l’adozione del provvedimento di trattenimento, non sia più attuale, e, in tal caso, disporrà l’immediata restituzione o inoltro della corrispondenza trattenuta. 12 Il decreto che dispone il trattenimento della corrispondenza esplica effetti continuativi, che legittimamente hanno ragione di esplicarsi soltanto in presenza dei presupposti previsti dalla legge (elementi di reato ovvero di pericolo per l’ordine e la sicurezza). Qualora risulti il sopravvenuto venir meno del presupposto,il provvedimento stesso verrebbe privato del suo scopo tipico.Ne consegue che l’ulteriore mantenimento dell’operatività del medesimo si paleserebbe illegittima. Non pare da escludersi, in tale evenienza, l’emissione di un decreto magistratuale in sede di autotutela, diretto alla rimozione dell’atto di trattenimento, su sollecitazione o meno del destinatario di esso, mediante revoca (rectius: abrogazione) del provvedimento. Va, peraltro, considerato che la stessa previsione normativa, che collega l’emissione del provvedimento di trattenimento della corrispondenza all’attualità della situazione di pericolo per l’ordine e la sicurezza, contiene in sé la previsione del termine finale di efficacia, cioè il venir meno della descritta contingenza. La stessa istanza dell’interessato diretta alla restituzione della corrispondenza non dovrebbe necessariamente assumere la veste e i termini del reclamo-ricorso ex artt. 35 e 69 O.P., venendo, piuttosto, a configurarsi quale semplice domanda di restituzione delle cose trattenute, fondata sul (riespanso) diritto del proprietario . 8.La corrispondenza difensiva. Adeguatamente tutelata è la corrispondenza epistolare con il difensore. L’art.103,comma 6,c.p.p. pone infatti un divieto assoluto di controllo o sequestro della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore, derogabile soltanto qualora l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. L’art.35 disp. att. c.p.p. completa la citata tutela sottraendo la corrispondenza tra l’imputato detenuto e il suo difensore al sistema dei controlli stabiliti dalla normativa penitenziaria. Nonostante la lettera della legge limiti la vista tutela rafforzata della riservatezza della corrispondenza alla sola situazione dell’ “imputato”, sembra plausibile alla luce dell’inviolabilità del diritto di difesa- la possibilità di estendere la descritta disciplina alla corrispondenza dei detenuti o internati che non rivestono la qualifica giuridica di “imputati” (paradigmatico il caso di detenuti in espiazione di pena a titolo definitivo che intendono interloquire con il proprio difensore in relazione ad un procedimento di sorveglianza).Tale conclusione pare rafforzata dalla considerazione che la Corte costituzionale, con la sentenza n.212/97, ha già modificato l’art.18 O.P. in tema di colloqui tra il detenuto o internato ed il proprio difensore,con una pronuncia additiva che ha integrato la norma dichiarata incostituzionale con la previsione del diritto a conferire con il proprio difensore da parte dei condannati o internati fin dall’inizio dell’esecuzione della pena. Pare evidente che – pena l’illogicità del sistema – sono del pari ammissibili i contatti epistolari tra detenuti a titolo definitivo e difensori e, conseguenzialmente, ad essi pare doveroso estendere la tutela rafforzata di cui all’art.103, comma 6, c.p.p. . 9. Dinamica dei controlli sulla corrispondenza . L’art.18 ter,comma 3, O.P. stabilisce che i provvedimenti in materia di controllo sulla corrispondenza dei detenuti sono adottati con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell'istituto, dal magistrato di sorveglianza (se riguardano la posizione di persone condannate a titolo definitivo o gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado) ovvero dal giudice indicato dall’art.279 c.p.p. e – in caso di giudice collegiale – il presidente del tribunale o della corte d’assise (nel caso di soggetti imputati prima della pronuncia della sentenza di primo grado) . Per quanto concerne gli imputati,la corrispondente previsione dell’art.18 comma 8 è abrogata in parte qua, per quanto attiene ai controlli, dalla disposizione dell’art.3, comma 3, della L. 95 /2004. Degno di rilievo è che la nuova disciplina pare escludere, il potere di attivazione del controllo motu proprio da parte dell’autorità giudiziaria,: l’art.3,comma 2,L. n.95/2004 ha infatti 13 espressamente abrogato l’art.18,comma 7,O.P., che prevedeva, appunto,l’iniziativa autonoma del magistrato di sorveglianza. Deve, del pari, ritenersi implicitamente abrogata anche la disposizione dell’art.38, comma 7,D.P.R.n.230/2000,in materia di trattenimento definitivo della corrispondenza,per incompatibilità con lo jus superveniens (la norma regolamentare espressamente ammetteva l’iniziativa ufficiosa dell’ autorità giudiziaria ai fini della sottoponibilità a visto di controllo della corrispondenza,in alternativa alla segnalazione della direzione dell’istituto di pena),e dal momento che la corrispondente disciplina del trattenimento definitivo è ora integralmente disciplinata dall’art.18 ter, comma 5,O.P.). La mancata previsione del potere d’iniziativa ex officio del magistrato, mentre può apparire giustificata in rapporto alle esigenze attinenti alle indagini, che il giudice del processo può non conoscere (del che risulta logica l’attribuzione dell’iniziativa unicamente al PM, organo deputato al coordinamento delle indagini preliminari);si palesa,per altro verso,inopportuna, poiché riduce l’incisività dei poteri di controllo e vigilanza sulla vita carceraria attribuiti al magistrato di sorveglianza dall’art.69,O.P. . Il tenore letterale dell’art.18 ter O.P.,infatti,preclude al magistrato di sorveglianza l’attivazione motu proprio, anche in presenza di eventuali pericoli per l’ordine e la sicurezza dell’istituto dei quali egli venga a conoscenza in sede – poniamo – di colloqui con i detenuti o nel corso delle periodiche visite agli istituti di pena,con la conseguenza che il magistrato si vedrà costretto a compulsare la direzione dell’istituto affinché gli faccia pervenire una richiesta di provvedere nel senso indicato dall’art.18 ter O.P., in contrasto con il carattere di immediatezza e urgenza proprio di tale intervento magistratuale. Viene confermata dalla nuova disciplina(art.18 ter, comma 4, O.P.) la possibilità che l'autorità giudiziaria, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritiene di provvedere direttamente, possa delegare il controllo al direttore o ad un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Confermata la previsione, già contenuta nella normativa regolamentare vigente per il trattenimento amministrativo (art.38, comma 7, D.P.R. 230/2000) che qualora, in seguito al visto di controllo, l'autorità giudiziaria competente ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, ne è disposto il trattenimento (art.18 ter, comma 5,O.P.). La nuova norma non precisa la forma del provvedimento di trattenimento, che peraltro, alla luce delle considerazioni sopra svolte, si ritiene debba rivestire le forme del decreto motivato. 10. Giustiziabilità dei provvedimenti di controllo della corrispondenza. La nuova disciplina, doppiando la previsione regolamentare (art.38, comma 10, D.P.R. n.230/2000), stabilisce che il detenuto e l'internato vengano immediatamente informati dell’avvenuto trattenimento (art.18 ter, comma 5,O.P.). Tale previsione appare,peraltro,non perfettamente in linea con la logica in cui si muove la L. n.95/2004. Si tratta, come detto, della pedissequa riproposizione della previsione di cui all’art.38, comma 10, D.P.R. n.230/2000, che, tuttavia, non era finalizzata alla attivazione dell’eventuale tutela giurisdizionale:nel quadro della normativa previgente era ipotizzabile soltanto l’esperimento del reclamo al magistrato di sorveglianza avverso il provvedimento amministrativo adottato dalla direzione dell’istituto ai fini del controllo sulla corrispondenza del detenuto (artt.35 e 69, O.P);mentre non era possibile alcuna tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria. La nuova disciplina,invece, contempla l’espressa facoltà di proporre, “contro i provvedimenti dell’autorità giudiziaria di cui ai commi 1 e 5 dell’art.18 ter O.P., reclamo, secondo la procedura prevista dall'articolo 14-ter O.P., al tribunale di sorveglianza, se il provvedimento è emesso dal magistrato di sorveglianza, ovvero, negli altri casi, al tribunale nel cui circondario ha 14 sede il giudice che ha emesso il provvedimento”, prevedendo altresì che “del collegio non può fare parte il giudice che ha emesso il provvedimento” e che “si applicano le disposizioni dell'articolo 666 del codice di procedura penale.” Riconosciuta al procedimento relativo al reclamo dei detenuti di cui all’art.18 ter O.P. natura giurisdizionale e non (più) amministrativa, pare incongruo che non sia stata correlativamente prevista, per l’informativa all’interessato,l’adozione di formalità congrue con il carattere giurisdizionale del procedimento (a es. la forma della comunicazione o della notificazione del provvedimento giudiziario suscettibile di impugnativa) e con la conseguente necessità di disporre di un atto avente data certa ai fini della verifica del rispetto da parte del detenuto del termine per proporre il reclamo. L’omessa previsione desta ancor maggiori perplessità laddove il legislatore prevede invece espressamente, nell’art.14ter O.P., che la facoltà di reclamo può essere esercitata dall’interessato nel termine di dieci giorni “dalla comunicazione del provvedimento definitivo” . Ben più grave omissione nella nuova disciplina si riscontra, infine, nella mancata previsione dell’obbligo di informativa al detenuto o all’internato del provvedimento previsto dall’art.18 ter,comma 1, O.P., ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell’eventuale reclamo . Tale carenza rende estremamente difficoltoso l’esercizio del diritto di adire l’autorità giudiziaria da parte del soggetto detenuto o internato la cui corrispondenza sia sottoposta al visto di controllo, poiché egli verrà a conoscenza dell’esistenza del provvedimento del giudice soltanto nel caso la corrispondenza, successivamente al “visto”, sia stata trattenuta definitivamente con provvedimento del giudice, ovvero nel momento in cui riceverà la comunicazione prevista dalla citata circolare 14.3.1994 n.3382/5832; od ancora, nel momento in cui sarà chiamato a presenziare alle operazioni di cui all’art.18 ter, comma 1,lett. c), O.P. Il reclamo previsto dall’art. 18 ter, comma 6,O.P., è discusso avanti al tribunale di sorveglianza se il provvedimento impugnato è stato emesso dal magistrato di sorveglianza; presso il tribunale ordinario nel cui circondario ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, negli altri casi. Con una norma di indubbia opportunità (art.3,L. n.95/2004) è riformulato il testo dell’articolo 14-quater,comma 2, della legge n.354/75, nei termini seguenti:“per quanto concerne la corrispondenza dei detenuti, si applicano le disposizioni dell'articolo 18-ter".La facoltà di reclamo avverso il provvedimento che applica il regime di sorveglianza particolare era già prevista dall’art.14 ter O.P.; mancava, tuttavia,la previsione di analoga tutela nei confronti del provvedimento dell’autorità giudiziaria che disponga il visto di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a sorveglianza particolare. A tale carenza sopperisce la nuova disposizione, che va a completare organicamente il sistema di controllo giudiziale della legittimità dei provvedimenti che impongono il rigore del regime di sorveglianza particolare. L’art.3, comma 4, della L. n.95/2004, stabilisce che “All'articolo 34 del codice di procedura penale, al comma 2-ter, lettera b), le parole: "previsti dall'articolo 18" sono sostituite dalle seguenti: "previsti dagli articoli 18 e 18-ter". Viene in tal modo estesa la previsione di non applicabilità dell’incompatibilità disciplinata dall’art.34,c.p.p., ai provvedimenti emessi ai sensi della nuova norma dell’art.18 ter O.P. . (dall’originale, apparso sulla Rivista “La Giustizia Penale”). Fabio Fiorentin 15 16