Andarono dunque

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“ANDARONO DUNQUE E VIDERO DOVE EGLI DIMORAVA” (GV 1, 39)
Lettera Pastorale - Invito alla Seconda Assemblea Ecclesiale nel contesto della Visita
Pastorale - Venezia, domenica 11 ottobre 2009
1. «Andarono dunque e videro dove egli dimorava»
Carissimi, giunti ormai al quinto anno della Visita Pastorale, possiamo comprendere un po’ meglio la scelta di
Andrea e Giovanni che, cambiati dall’incontro con Gesù, subito ne diventarono testimoni. «Abbiamo trovato il
Messia», dice Andrea al fratello Simone, «e lo condusse da Gesù» (Gv 1, 1-42). Sulla base della loro
testimonianza, Filippo, Natanaele e in seguito molti altri seguirono il Maestro. Nel 2005 vi avevo rivolto un invito,
osando prendere a prestito le parole stesse di Gesù a Zaccheo: «Oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19, 5). A
questo punto posso testimoniare – e non vi è evidenza più potente della testimonianza – che così è stato per
migliaia e migliaia di persone nel Patriarcato: mi hanno accolto con gioia quale successore degli apostoli, segno
privilegiato della presenza di Gesù tra di noi. Mi hanno accolto con gioia genitori felici di mostrare i loro piccoli,
bimbi e bimbe delle scuole materne con fiori e bellissimi disegni; ragazzi e ragazze delle elementari, desiderosi di
vedere Gesù e per questo pieni di domande curiose e acute; adolescenti di ambo i sessi con le loro inquietudini,
spesso nascoste dietro volti solo apparentemente scettici, ma in realtà pieni di aspettativa per il loro futuro; giovani
desiderosi di infinito, ma incalzati da problemi affettivi e di lavoro; sposi e spose, anziani ed ammalati che con i loro
cari mi hanno ricevuto con intensa cordialità nelle loro case. Ma dovrei aggiungere pagine e pagine per descrivere i
luoghi di dolore e di prova (carcerati, poveri di beni materiali e soprattutto di affetti, bisognosi di ogni sorta,
immigrati, ammalati di AIDS, degenti in ospedali e in case per anziani, diversamente abili, malati mentali con i loro
provati parenti…) che mi hanno aperto le porte e salutato con letizia. Né sono mancati i mondi della società civile,
che hanno voluto aprirsi per cercare un paragone e un confronto sui più acuti problemi della convivenza civile, in
special modo del lavoro e della giustizia. Penso alle grandi fabbriche, all’aeroporto, al porto, al mondo del turismo e
dell’agricoltura, alle associazioni di categoria di ogni genere, ai sindacati, agli industriali, ai commercianti, ai vari
ordini professionali. Vivo e interessante è stato anche il confronto con le autorità istituzionali, municipalità e
comuni. Lo stesso mondo dei mass media e quello della cultura si sono mobilitati: e non solo per rendere conto
della Visita pastorale, ma per interrogarsi sul senso di professioni così decisive. Anche le scuole - e non solo quelle
cattoliche - e l’università, sulla spinta di insegnanti e di alunni, mi hanno chiesto incontro e confronto. Sono certo
che l’elenco è del tutto incompleto e me ne scuso. Ma vi ho riferito quanto basta per dirvi che, sulla scia dei primi
due discepoli che al Giordano andarono per vedere, molti fedeli e uomini di buona volontà del nostro territorio sono
accorsi all’invito imitando Zaccheo. Si sono mossi in fretta e con gioia per accogliermi assieme ai miei collaboratori.
Così abbiamo potuto comprendere che l’unico modo per approfondire la conoscenza di Gesù è stare con Lui
stando tra di noi («Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro», Mt 18, 20).
2. La gioia di comunicare
Mi ha sempre colpito, leggendo gli Atti degli Apostoli, che, al ritorno dei missionari, la comunità si riuniva per
ascoltare il loro racconto. Ciò è documentato assai bene nel Libro degli Atti al termine del viaggio missionario di
Paolo e Barnaba: «Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo di
loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (At 14, 27). La stessa cosa avviene, nello stesso Libro,
dopo che Paolo, Barnaba e alcuni altri salirono a Gerusalemme: «Attraversarono la Fenicia e la Samaria,
raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme furono
ricevuti dalla Chiesa… e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo di loro» (At 15, 4). Anche in
occasione del secondo viaggio a Gerusalemme Paolo «dopo aver rivolto loro il saluto, si mise a raccontare nei
particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo del suo ministero. Come ebbero ascoltato davano
gloria a Dio» (At 21, 19- 20). Questo stile rivela non solo l’impegno dei “mandati”, ma anche quello di tutta la
comunità. Essa era in vigile attesa del loro ritorno per conoscere i doni che lo Spirito suscitava mediante la loro
opera. La missione esige un continuo scambio tra il mandato e la comunità che invia. Ma, ancor prima, è Gesù
stesso che, nel Vangelo, dopo aver mandato i suoi a due a due li invita, quando ritornano, a ritirarsi con Lui per
ascoltare il loro racconto di testimonianza circa i primi tentativi missionari (Mc 6, 30-31) e si vede con quale
intensità i suoi narrano fatti, frutti, fatiche e insuccessi del loro primo annuncio. In proposito mi colpisce un altro
fatto. Quando Paolo nelle sue Lettere deve affrontare le non poche debolezze, i contrasti, le divisioni insorti nelle
comunità da lui fondate, per sanare queste situazioni talvolta dolorose fa spesso ricorso al racconto dell’incontro
con Cristo, suo personale e della comunità stessa. In sintesi, siccome il cristianesimo altro non è se non la vita
cambiata, per pura grazia, dall’iniziativa di Gesù attraverso la comunità cristiana, è connaturale alla Chiesa che
essa cresca e si diffonda attraverso testimoni che narrano ciò che lo Spirito non cessa di suscitare al suo interno
con antichi e nuovi doni per il bene di tutti gli uomini.
3. Testimonianze comunitarie
Sulla base di questo prezioso stile di vita cristiana, autorevolmente documentato dalle Sacre Scritture, è parso
giusto a me e a tutti i miei collaboratori (il Consiglio Episcopale, il Consiglio di Curia, i Vicari Foranei, il Consiglio
Presbiterale, il Consiglio Pastorale…), convocare una Seconda Assemblea Ecclesiale il cui scopo sia quello di
documentare con semplicità quanto la Visita pastorale, sia nei luoghi dove già è avvenuta la Sosta che in quelli in
cui la si sta preparando, ha suscitato e sta suscitando. In occasione della Prima Assemblea Ecclesiale già abbiamo
compiuto un gesto simile a questo. Numerose testimonianze provenienti da parrocchie e aggregazioni di fedeli
hanno preparato e fatto da filo conduttore al gesto compiuto nella Basilica di San Marco il 10 aprile 2005. La
Seconda Assemblea Ecclesiale intende approfondire il ricorso alla testimonianza in due direzioni. Anzitutto
l’Assemblea dovrebbe privilegiare il racconto di qualche particolare dono ricevuto che, come ci insegnano i primi
cristiani, possa dare gloria al Signore e, nello stesso tempo, con la sua bellezza, infondere energia di fede e
sostanza di comunione alla nostra esistenza personale e comunitaria. Per questa ragione invito tutte le parrocchie
e tutte le aggregazioni a incontrarsi in una assemblea e, mediante uno scambio fraterno, individuare insieme uno di
questi segni giudicato meritevole di essere proposto a tutti i fratelli e sorelle del Patriarcato. Così la testimonianza
avrà una dimensione comunitaria, garantita da questo vaglio comune compiuto con semplicità e avendo ben
presente lo scopo di edificazione che è richiesto. Può essere utile aggiungere una parola per chiarire meglio cosa
si intenda per testimonianza comunitaria. Non ci si riferisce necessariamente al racconto di un dono o di un segno
bello che ha visto tutti come attori diretti. Il segno bello può essere donato dallo Spirito anche a una sola persona.
Ciò che lo rende comunitario è il fatto che esso sia comunicato, appunto, e in qualche modo assunto la
testimonianza da offrire a tutto il Patriarcato sia scelta in un’assemblea comunitaria. È il giudizio di comunione
dell’assemblea che darà anche a una testimonianza personale valore comunitario. In secondo luogo mi permetto di
chiedere che la testimonianza, proprio per la sua natura, esprima la bellezza del cambiamento avvenuto nella
comunità per la presenza del Signore risorto. Non sarà pertanto necessario raccontare di attività, di iniziative, di
organizzazione, ma, con umile coraggio, si tratterà di mettere in evidenza il dono di conversione che lo Spirito non
lascia mai mancare a chi segue Gesù. Infatti, di conversione hanno sempre bisogno anche “i giusti”, come ben ci
mostra il Santo Evangelo - vedi la figura del fratello maggiore nella parabola del Padre misericordioso, (Lc 15, 1132) e quella degli operai della prima ora nella parabola dei lavoratori che ricevono tutti lo stesso salario (Mt 20, 116). Anche alle persone che hanno partecipato alla Visita pastorale – per curiosità (vedi Zaccheo), per un desiderio
di colloquio e di reciproca conoscenza, per capire meglio la proposta cristiana rivolta alla nostra società nei diversi
settori – rivolgo l’invito a donare a tutti noi il racconto dell’esperienza che ha provocato questa occasione, perché
sono convinto che lo Spirito soffia dove vuole e che, attraverso l’incontro, ci dona nuovi orizzonti di compagnia e
amicizia. Per dono dello Spirito o segno bello della vita della comunità non si intende necessariamente qualcosa
che non abbia implicato incomprensioni, contraddizioni, conflitti o sofferenze, ma la bellezza in questo, come in
ogni altro caso, potrà emergere dalla forza edificatrice e non distruttrice della testimonianza stessa. Se infatti Gesù
è venuto non per i giusti ma per i peccatori (cfr Mt 9, 13), la misericordia e il perdono come frutto della sua grazia
tra di noi sono spesso i doni e i segni più belli.
4. «Perché hai allargato il mio cuore»
Il Salmo 119, su cui la Liturgia delle Ore ci fa ritornare assiduamente, afferma: «Corro sulla via dei tuoi comandi
perché hai allargato il mio cuore» (Salmo 119, 32). Il dono carico d’amore dell’incontro con Cristo che si rinnova
sempre eucaristicamente nelle nostre comunità, procurando un cambiamento, assicura la nostra crescita. Questo
dono dà senso al nostro pellegrinaggio terreno perché anticipa lo splendore della vita eterna nel centuplo quaggiù
(cfr Mc 10, 29-30). «In fondo lo scopo della Visita pastorale sta tutto qui: che il battezzato un po’ smemorato del
nostro Patriarcato Patriarca e dei suoi collaboratori, la più che curiosità dell’Innominato (I promessi sposi, cap.
XXI), quella “di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa”» («Oggi devo
fermarmi a casa tua», Lettera di Indizione della Visita Pastorale, 2005). Per la gioia che scaturisce dall’amore
l’uomo si dispone al cambiamento. Non importa se è un peccatore: «Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco,
Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc
19, 8). Le testimonianze comunitarie, che prepareranno e sosterranno la Seconda Assemblea Ecclesiale,
vorrebbero documentare come la cura amorosa di Gesù risorto è in atto nelle nostre comunità. E questa azione
guidata dallo Spirito, tesa a rigenerare il popolo di Dio, ci farà correre più leggeri sulla strada della conoscenza del
pensiero di Cristo, dell’educazione al gratuito e dell’apertura a tutte le dimensioni del mondo. Sono imminenti ormai
i giorni della memoria della Passione, Morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Egli si è immolato «per
noi uomini e per la nostra salvezza». Per questo Gesù è veramente la nostra pace. Affidandovi a Maria, Sua e
nostra Madre, rivolgo a voi tutti il mio affettuoso augurio di Pasqua. Mentre vi dono con gioia un intenso abbraccio
di comunione, vi saluto e vi benedico nel Signore.
+ Angelo card. Scola
patriarca
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