I_PRECURSORI

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STORIA DEL PENSIERO SOCIOLOGICO
I PRECURSORI - L’ILLUMINISMO
(Capitolo 1)
La vita culturale del XVIII secolo è stata dominata da un grandioso movimento intellettuale
che, in omaggio al ruolo rischiaratore assegnato alla ragione, è stato chiamato
“Illuminismo”.
In questo variegato e complesso fenomeno culturale convergono posizioni e orientamenti
molto diversi, ma è possibile individuare alcune caratteristiche comuni:
-
il modo di considerare la ragione, guidata dall’esperienza, come strumento che
appartiene a tutti gli uomini indistintamente, in grado di vagliare criticamente la
realtà con il proposito concreto di assicurare la felicità e il benessere degli uomini;
-
la sostituzione del soprannaturale con il naturale, della religione con la scienza;
-
fede nella perfettibilità dell’uomo
-
considerazione umana e umanitaria per i diritti dell’uomo, della libertà contro
l’oppressione e la corruzione dei governi.
Ovviamente, vi sono differenze anche notevoli tra nazione e nazione, scuola e scuola,
autore e autore.
Contesto italiano
Giovambattista VICO (Napoli, 1668-1744)
Considerato sociologo ante litteram ha esercitato una notevole influenza sulla successiva
sociologia positivista attraverso l’idea delle tre fasi nello sviluppo della storia.
-
idea della ragione che si elabora storicamente
-
età degli dei, degli eroi e degli uomini
-
distinzione tra “mondo degli uomini” e “mondo della natura”
Critiche a Vico
-
Croce: “Vico tende a una scienza empirica dell’uomo e delle società formata da
schemi che non sono le extratemporali categorie filosofiche e neppure gli
individuali fatti storici... una scienza empirica nè esatta nè vera ma solamente
approssimativa e probabile, soggetta a verificazione e rettificazione”.
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Contesto francese
Fra gli autori più attenti alle situazioni in cui il pensiero umano si manifestava, per cui lo
stesso sviluppo della razionalità era visto in rapporto con i mutamenti di tali situazioni c’è
MONTESQUIEU -Charles Louis de Secondat barone di - (1689-1756)
-
orientamento relativista che tende a mettere in luce le diversità che intercorrono
tra società (Lettere persiane, 1721)
-
impegno illuministico a criticare l’ordine dato in quanto irrazionale
-
la legge positiva si deve adeguare al tipo di società per la quale è creata (Lo
spirito delle leggi, 1731/1748)
-
la legge è la ragione umana perchè governa tutti i popoli della terra: le leggi civili
e politiche rappresentano i casi particolari in cui questa ragione umana si applica
-
non bisogna cercare i principi che regolano tutte le società quanto i principi
organzzativi e normativi delle singole società
-
Montesquieu non rinuncia alla ricerca di uno schema di esplicativo che possa
essere applicato a tutte le società. Ecco la famosa tipologia delle forme di governo
-
Costante è il riferimento critico alla situazione politica in Francia: egli ha ad
esempio il sistema inglese e da questa sua propensione deriva l’idea della
“tripartizione dei poteri”
-
Ricerca costante delle condizioni per l’attuazione della libertà (nella convinzione
che comunque esse variano a seconda dei paesi, dei climi e dei costumi, ecc)
-
Egli effettua una analisi particolareggiata delle società non come dovrebbero
essere ma come sono cercando di inquadrarle nella tipologia da lui elaborata
(tendenza scientifica)
-
Auspica il rispetto delle tradizioni delle singole società da parte dei diversi sistemi
legislativi.
Altri autori, esponenti più tipici dell’illuminismo francese, contrappongono ai principi
relativistici di Montesquieu i principi di una ragione universale:
-
il progresso della ragione è il progresso della moralità nel senso che alla ferocia
della barbarie subentra la tolleranza della civiltà
-
le ingiustizie in atto dovranno comunque cedere il passo a una situazione
migliore, in cui trionferanno l’uguaglianza, la giustizia e la libertà
-
a questo processo contribuiscono le sempre maggiori conoscenze della natura e
dell’uomo. Tale processo è continuo ed universale nel senso che se alcuni popoli
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appaiono trovarsi in uno stato più arretrato rispetto ad altri, non vi sono dubbi sul
fatto che essi raggiungeranno stati di sviluppo più avanzati
-
E’ così affermato il principio dell’internazionalismo, della comune natura di tutti
gli uomini destinati tutti al medesimo benessere, alla medesima libertà
VOLTAIRE (1694-1788)
-
i costumi che variano da popolo a popolo sono contingenti mentre necessari soni i
comuni principi della ragione
-
la ragione ha il compito fondamentale di combattere l’errore, la superstizione,
l’ingiustizia, il dogma che rende intolleranti e ciò si attua in uno sviluppo storico
DIDEROT (1713- 1784)
-
“Dappertutto i costumi sono effetto della legislazione e del governo: non sono né
africani né europei, sono buoni o cattivi”
RAYNAL (1713-1796)
-
lega il principio della vocazione universale di razionalità, benessere e libertà allo
sviluppo del commercio
TURGOT (1727-1781)
-
la storia dell’umanità è la storia dei suoi continui progressi in ogni campo: così
egli anticipa la “legge dei tre stadi” di Comte
-
gli sviluppi della conoscenza scientifica, a loro volta, sono stati resi possibili dalle
maggiori comunicazioni tra società diverse
CONDORCET (1743-1794)
-
affronta esplicitamente la questione della Rivoluzione americana concependola
come esempio che anticipa quella francese
-
la Rivoluzione americana dimostra come l’instaurazione di un regime fondato
sulla libertà politica mediante il ricorso alla forza costituisce una possibilità reale
e non già un’utopia irrealizzabile
-
la storia dell’umanità è la storia del suo progresso senza limiti e ne indica le tappe
(dalle tribù che vivevano di caccia e pesca fino all’epoca dei lumi successiva alla
rivoluzione francese nella quale si sarebbe realizzato il principio della libertà e
dell’uguaglianza universale).
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L’orientamento più radicale del periodo illuminista, pone l’accento sul problema delle false
conoscenze e costituisce la preparazione ideologica immediata della Rivoluzione francese.
-
“Noi tutti vedremmo e giudicheremmo giustamente se non fosse per l’ignoranza o
le passioni e gli interessi personali che oscurano i nostri giudizi, che sono il
risultato di una cattiva educazione o dell’influenza di interessi acquisiti estranei
all’uomo”
-
E’ questo una forma di materialismo e di sensismo per cui lo stesso razionalismo,
mai negato, trova la sua base nell’empirismo.
Esponenti di quest’orientamento sono
- Adrien HELVETIUS (1715-1771)
-
afferma l’origine sociale di ogni idea tanto da negare qualsiasi differenza
individuale che non sia essa stessa opera della società ed attribuisce, pertanto,
grande importanza all’educazione
-
non solo gli errori ma ogni forma di conoscenza è riportata alla società
-
concepisce il materialismo in termini sociali
- Heinrich Dietrich HOLBACH (1723-1789)
Il tema dell’uguaglianza intesa anche in termini economici è presente in molti esponenti
dell’Illuminismo francese.
Figura di rilievo in questo ambito è
Jaen-Jacques ROUSSEAU (1712-1778)
Discorso sull’origine della disuguaglianza (1753-1755)
Il contratto sociale (1762)
L’Emilio (1762)
-
vede nella proprietà privata l’origine di ogni ingiustizia e quindi l’elemento su cui
bisognava agire per la trasformazione nazionale dell’assetto sociale stabilito
-
muove dalla proprietà privata, in cui vede le stesse origini della società civile, e
giunge a contrapporre allo stato di natura la stessa socialità
-
egli si serve del concetto di “stato di natura” come di uno strumento critico nei
confronti dell’ordine stabilito: lo usa quindi come schema di riferimento ideale e
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razionale al cui confronto le istituzioni sociali esistenti dimostrano la loro
irrazionalità
-
introduce già il moderno concetto di “eterodirezione”: il selvaggio vive in se
stesso; l’uomo socievole vive sempre fuori da se stesso, nell’opinione degli altri
-
la società crea situazioni fittizie e convenzionali che allontanano l’uomo dalla sua
condizione naturale
-
denuncia dunque il carattere costrittivo, che tuttavia rimane storico e
trasformabile, delle istituzioni sociali, politiche, economiche esistenti
-
il “contratto sociale” ha il compito di affrancare l’uomo dall’ineguaglianza e
dalla tirannia della società fondata sulla proprietà privata
-
l’uomo non è un essere bellicoso in sé: la guerra è conseguenza
dell’ineguaglianza
-
attraverso il contratto sociale, gli individui, alienando tutti i diritti di cui godono
come singoli, riacquistano la loro libertà ad un livello più alto rispetto allo stato di
natura in quanto tale libertà non è ricevuta naturalmente ma è acquisita attraverso
una scelta razionale
-
lo stato di natura è uno strumento di critica rispetto alla società basata sulla
proprietà privata; è una condizione imperfetta quando è paragonato alla società
basata sul contratto
-
come in tutti gli altri illuministi è presente l’idea della perfettibilità dell’uomo e
la possibilità di costituire una società razionale: la liberazione dell’uomo in
Rousseau si realizza attraverso il contratto sociale.
Difficoltà nel pensiero di Rousseau
-
come spiegare la possibilità, per un individuo annientato dal potere e non libero,
di stipulare liberamente un contratto? Egli dovrebbe postulare l’esistenza di un
individuo astratto, storico, non socializzato, come condizione necessaria per la
creazione della società pienamente umana
-
problema comune a gran parte degli illuministi francesi: quello di opporre alla
società considerata come irrazionale una razionalità intesa come dotazione di
ogni uomo in quanto tale e non essa stessa come risultato di un processo storicosociale.
Contesto Scozzese – I Moralisti Scozzesi
Il gruppo dei Moralisti scozzesi (Adam Ferguson, Adam Smith e John Millar) si oppone
tanto a Rousseau, che aveva concepito lo stato di natura come una condizione di pace ed
uguaglianza quanto al filosofo Hobbes che lo concepiva come uno stato perenne di guerra.
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E’ importante ricordare che l’unione della Scozia con l’Inghilterra contribuì ad un
rapidissimo sviluppo industriale ed i problemi posti dalla vita pratica entrarono presto nelle
università in quanto esser erano aperte ad ogni ceto sociale. Dunque i problemi della vita
industriale hanno preoccupato gli studiosi scozzesi di questo periodo
Adam FERGUSON (1723-1816)
Saggio sulla storia della società civile (1767)
-
una scienza della società deve attenersi ai dati riscontrabili empiricamente e
questi testimoniano solo la molteplicità dei costumi e il carattere sempre storico e
sociale dell’uomo per cui non si può presumere un originario stato di natura fonte
delle società nelle loro concrete e determinate espressioni storiche
-
la natura offre all’uomo una serie di possibili modi di essere e non un unico stato
originario
-
il mondo umano va considerato come costruzione dell’uomo e non come qualcosa
di dato all’uomo dall’esterno (Dio o natura)
-
gli eventi storico sociali vanno imputati all’uomo anche se non sempre tali eventi
costituiscono la realizzazione di un progetto coscientemente voluto e riconosciuto
-
la società è opera dell’uomo anche se essa appare ai singoli come realtà esterna e
naturale
-
riconosce la maggiore produttività raggiungibile attraverso la divisione del lavoro
rispetto al quella del lavoro individuale
-
la proprietà privata e l’attività commerciale accentuano l’individualismo e
l’egoismo e comportano la perdita del senso della comunità
-
denuncia il carattere meccanico del lavoro là dove esso è diviso in funzioni
parcellizzate al punto da non consentire al lavoratore di comprendere il senso
della sua attività
-
l’ignoranza e l’abbrutimento mentale contribuiscono ad una maggiore produzione
-
anche il lavoro intellettuale è burocratizzato
-
queste idee influenzeranno profondamente il giovane Marx
Adam SMITH (1723-1790)
Teoria dei sentimenti morali (1759)
Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776)
-
la formazione dei nostri giudizi etici si verifica e può verificarsi solo nel rapporto
con gli altri (moderno concetto di “interazione”)
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-
questi altri cui si fa riferimento non sono singole e specifiche persone ma l’idea
generale degli altri che noi ci siamo formati attraverso la molteplicità delle nostre
interazioni (moderno concetto di Altro Generalizzato di George Mead)
-
l’uomo è unito agli altri uomini attraverso la “simpatia” ma egli conserva
comunque un certo distacco dalle situazioni particolari attraverso la formazione di
criteri più generali che pure hanno origine nel rapporto simpatetico (lo
“spettatore imparziale”)
-
teoria del liberalismo economico: i principi di regolamentazione economica non
devono essere imposti dall’esterno, dallo stato, dalla legge ma si creano essi stessi
dal corso naturale delle cose
-
la società si evolve attraverso la divisione del lavoro la quale comporta un enorme
aumento della produttività (specializzazione delle funzioni)
-
le origini della divisione del lavoro sono da ricercare nell’umana ed universale
tendenza allo scambio
-
il valore dei beni scambiati è determinato dal lavoro necessario per produrli o per
trovarli ed è dunque errato credere che il valore sia intrinseco all’oggetto a
prescindere dall’attività umana
-
non tutto il valore dell’oggetto va al produttore ma viene distribuita: vi sono tre
ordini diversi che percepiscono ciascuno diverse quote di reddito (bozza di una
teoria delle classi)
John MILLAR (1735-1802)
Osservazioni sull’origine delle distinzioni di rango nella società
-
sottolinea l’importanza del clima e del suolo nello sviluppo della società
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afferma che il potere, alle origini, appare certamente legato a doti di carattere
individuale ma creando esse ricchezza sarà poi quest’ultima a diventare criterio
più stabile per la differenziazione dei ranghi sociali
Contesto tedesco
In Germania lo sviluppo industriale non aveva raggiunto il livello degli altri paesi europei e
c’era inoltre una fortissima tradizione filosofica: ciò influisce sul pensiero sociale
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Johann Gottfried HERDER (1744-1803)
-
anche egli indica l’importanza del clima e della tradizione per la comprensione di
una determinata società e legge la storia dell’umanità in termini di un continuo
progresso
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indica nel linguaggio la caratteristica specifica della vita umana e quindi di ogni
società
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si riporta esplicitamente a Kant (i quale aveva cercato di individuare le categorie a
priori che rendono possibile all’uomo conoscere la realtà): per Kant tali categorie
sono universali (cioè in dotazione all’uomo in quanto uomo) perciò immutabili;
Herder interpreta le categorie kantiane come linguaggio
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non si colgono le cose in sé se non attraverso i simboli linguistici che le
rappresentano
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non esiste un unico linguaggio ma una pluralità di linguaggi a seconda delle
società: egli, pertanto, presuppone la diversità anche se afferma che la diversità
dei linguaggi sono sempre derivazioni da una unica origine
-
le categorie astoriche, immutabili ed universali di Kant vengono a storicizzarsi e
sociologizzarsi e a relativizzarsi anche individualmente
-
il pensiero è possibile solo attraverso il linguaggio che lo media, tuttavia questa
mediazione è anche e necessariamente una limitazione perchè non vi è identità
totale tra linguaggio e pensiero così come non vi è identità tra linguaggio e le cose
che esso simbolizza
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preannuncia il superamento del tratto più tipicamente illuministico della filosofia
di Kant e dell’immutabilità della ragione
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