Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
4ª DOMENICA DI AVVENTO
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2 Sam 7,1-5.8b-12.14a.16 - Il regno di Davide sarà saldo per
sempre davanti al Signore.
Dal Salmo 88 - Rit.: Il Signore è fedele per sempre.
Rm 16,25-27 - Il mistero taciuto per secoli ora è rivelato.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Eccomi, sono la serva del
Signore: avvenga di me quello che hai detto. Alleluia.
Lc 1,26-38 - Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
“Stillate dall’alto, o cieli,
la vostra rugiada!”
L’attesa della Liturgia in questa ormai imminente vigilia di Natale si fa
più intensa e commossa.
Lo dice la vibrante antifona iniziale: “Stillate dall’alto, o cieli, la vostra
rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto: si apra la terra e germogli
il Salvatore”. Il testo è ripreso da Isaia (45,8), nella traduzione latina
di san Girolamo, che forza un po’ l’originale, in quanto, introducendo
dei termini concreti al posto di quelli astratti dell’ebraico (“Giusto”
invece di “giustizia”, “Salvatore” invece di “salvezza”), ne fa
emergere di più la portata messianica. È un’invocazione al “cielo” e
alla “terra” perché producano, con le loro misteriose forze congiunte,
il prodigio della venuta del “Giusto” in mezzo a noi. Egli, infatti, sarà
“figlio” della “terra” e del “cielo” nello stesso tempo!
Lo dice anche la commossa orazione dopo la comunione, che collega
il desiderio dell’attesa all’Eucaristia quale frutto da essa prodotto nel
nostro spirito: “O Dio, che ci dai il pegno della vita eterna, ascolta la
nostra preghiera: quanto più si avvicina il gran giorno della nostra
salvezza, tanto più cresca il nostro fervore, per celebrare degnamente
il Natale del tuo Figlio”.
“Il mistero taciuto per secoli eterni” in Dio
Le letture bibliche, poi, di questa Domenica hanno lo scopo evidente
di guidare i credenti ad una riflessione più approfondita sul “mistero”
di Cristo, Verbo che si è fatto carne nel seno di Maria. Un “mistero”,
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questo, che da sempre Dio ha progettato per la nostra salvezza,
anche se soltanto nell’Incarnazione viene “rivelato” agli uomini.
È quanto ci dice san Paolo nella dossologia finale della lettera ai
Romani, che è la riflessione teologica più ardita che mai sia stata
fatta sulla libera e completamente gratuita benevolenza di Dio verso
l’uomo: “A colui che ha il potere di confermarvi secondo il vangelo
che io annunzio e il messaggio di Gesù Cristo, secondo la rivelazione
del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora e annunziato
mediante le scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio, a tutte le
genti perché obbediscano alla fede, a Dio che solo è sapiente, per
mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli dei secoli. Amen” (Rm
16,25-27).
Il “mistero” del Natale, dunque, per Paolo, non ci deve immobilizzare,
sia pure nella commozione e nel senso di sorpresa, davanti alla
contemplazione di Cristo nostro fratello e nostro Salvatore: esso ci
deve spingere molto più in là, alla scoperta e all’adorazione del Padre,
che “per secoli eterni” ha pensato alla nostra salvezza, “concependo”
nella sua mente e nel suo cuore, da sempre, il suo Figlio come “dono”
da offrire agli uomini smarriti sulle vie del male e ormai “incapaci” di
amore e di fraternità.1
Di questo mistero “nascosto dai secoli in Dio” (Ef 3,9), però, noi
abbiamo avuto come delle anticipazioni, dei segnali luminosi negli
annunci profetici, come ci ricordava or ora san Paolo: “annunziato
mediante le scritture profetiche” (Rm 16,26).
E tutto questo perché la luce di Dio non piovesse improvvisa e troppo
accecante per gli uomini; ed anche perché si ponessero in attesa
amorosa e vigilante delle “promesse” di Dio che, se sono sempre a
sorpresa per quanto riguarda le loro scadenze cronologiche, sono
però sicure e incrollabili nella loro attuazione.
“Assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere”
Una di queste profezie, più frequentemente ripetute e che attraversa
un po’ tutto l’Antico e il Nuovo Testamento, è quella che ci viene
riportata nella prima lettura.
È la famosa profezia di Natan sulla permanenza eterna della dinastia
davidica sul “trono” d’Israele: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti
e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza
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Cf Rm 1,31.
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uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il tuo regno... Io gli sarò
padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi
per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre”
(2 Sam 7,12.14.16).
La profezia è formulata in termini così categorici ed assoluti che
trascende l’immediato figlio di Davide, cioè Salomone, a cui più
direttamente è in qualche maniera rivolta. Quando Natan, infatti,
dice: “Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio” (v. 14), è di Salomone
che parla. Lo sta a dimostrare quello che segue immediatamente: “Se
farà il male, lo castigherò con verga d’uomo e con i colpi che danno i
figli d’uomo” (v. 14).
Ciò nonostante, la profezia va oltre ed afferra il più lontano futuro:
Salomone non basta ad esaurirla, anche se è come il primo anello di
verifica della promessa. Solo il Messia, che nascerà dalla stirpe di
Davide, darà significato pieno al misterioso oracolo di Natan.
Su questa linea si muoverà, infatti, la successiva riflessione dei
profeti e dei salmisti.
Per i profeti basti qui ricordare Isaia: “Un germoglio spunterà dal
tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (11,1). Per i
salmisti ricordiamo qui il lungo salmo 88, utilizzato proprio dalla
Liturgia odierna come responsorio: si tratta di un’accorata preghiera a
Dio perché rimanga fedele alla “promessa” fatta a Davide.2
Tutto questo riecheggerà nel Nuovo Testamento, che costantemente
riallaccia l’origine umana del Cristo con l’ascendenza davidica, come
apparirà anche dall’annuncio dell’angelo a Maria, che tra poco
commenteremo.3
San Paolo esprime questo dato di storia e di fede, nello stesso tempo,
quando scriverà che Cristo è “nato dalla stirpe di Davide secondo la
carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di
santificazione mediante la risurrezione dai morti” (Rm 1,3).
La dimensione di “fede” di questo dato “storico” consiste nel fatto che
così Dio mantiene le sue promesse, c’è continuità fra Antico e Nuovo
Testamento, e soprattutto Cristo perfeziona la sua rappresentanza
“vicaria” in rapporto a tutto il “popolo” di Dio, di cui i re d’Israele
erano come espressione e sintesi.
“Una casa farà a te il Signore”
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Cf anche Sal 132,11-12.
Cf Lc 1,32.33.
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Ma nella profezia di Natan c’è un’altra cosa da osservare, che attinge
ancora il dato di fede: essa è tutta strutturata sul contrasto fra
l’iniziativa di Davide, che vuol costruire “una casa” per il Signore dove
rendergli culto, e la controindicazione del profeta che gli preannunzia
che sarà invece Dio a “fargli” una “casa”, cioè a garantirgli una
“discendenza” che non tramonta: “Forse tu mi costruirai una casa,
perché io vi abiti?... Io ti presi dai pascoli, mentre seguivi il gregge,
perché tu fossi il capo di Israele mio popolo... Il Signore ti farà
grande, poiché ti farà una casa” (2 Sam 7,5.8-9.11).
Dio capovolge dunque i progetti di Davide: l’iniziativa appartiene
soltanto al Signore! E anche la “discendenza”, che “renderà stabile
per sempre” il trono di Davide, appartiene al Signore: è lui che la
“costruirà”, non legandola per niente alle leggi della riproduzione
biologica, che potrebbe anche interrompersi o estinguersi. Quante
famiglie, anche assai illustri, si sono estinte nel corso della storia! Se
perciò la “promessa” di Dio si è realizzata in Gesù di Nazaret, ciò è
dipeso da una forza che trascende la storia, pur essendosi inserita di
pieno diritto nel circuito della storia.
“Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai
Gesù”
È quanto appare dall’incantevole racconto di san Luca, che ci descrive
l’annuncio dell’angelo a Maria di Nazaret e che a noi qui interessa
soprattutto per la sua dimensione “cristologica” e per l’aiuto che ci
offre a predisporre il nostro spirito a celebrare degnamente il mistero
dell’Incarnazione, che prima di tutto si è realizzato nel cuore e nel
grembo della Vergine. Omettiamo perciò una quantità di questioni
critico-storiche, che per il momento non ci interessano.
È certo che, pur essendo Maria la destinataria diretta del messaggio
celeste, il centro d’interesse sia del messaggio sia dell’adesione della
Vergine è Cristo, che da lei dovrà prendere carne e sangue: “Non
temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai
un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e
chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide
suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno
non avrà fine” (Lc 1,30-33).
Sono evidenti qui i rimandi alla profezia di Natan circa la durata del
“regno” davidico,4 che abbiamo poco sopra illustrato, e alla profezia
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4 Cf 2 Sam 7,16.
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isaiana dell’Emmanuele: “Ecco che la Vergine concepirà e partorirà un
figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14), cioè “Dio con noi”.
Tutta la storia del passato e anche quella dell’avvenire, in quanto sarà
storia di salvezza, è come concentrata in questi pochi attimi di tempo,
necessari perché una sconosciuta fanciulla di Nazaret, nel segreto del
suo cuore e della sua modestissima abitazione, aderisca al disegno
dell’Altissimo. Il fatto che lei stessa imponga al Figlio il nome di
“Gesù”, cioè “Salvatore”, sta a dire che proprio per le sue mani passa
la salvezza del mondo.
È altamente lirico, ma anche profondamente vero, questo brano di
san Bernardo di Chiaravalle, l’innamorato di Maria: “L’angelo attende
la tua risposta... noi pure l’attendiamo, o nostra Signora... Una tua
breve risposta basta per ricrearci, in modo che siamo richiamati alla
vita... Rispondi una parola e accogli il Verbo; pronunzia la tua parola
e concepirai il Verbo divino; emetti una parola sola che passa e stringi
il Verbo eterno”.5
“Come è possibile? Non conosco uomo”
Ma un’altra cosa ci colpisce in questo così delicato racconto di san
Luca: l’insistenza sulla concezione “verginale” di Cristo.
Già all’inizio per ben due volte si parla di Maria come “vergine” (v.
27). E poi c’è la sua esplicita richiesta all’angelo: “Come è possibile?
Non conosco uomo” (v. 34). Comunque si vogliano interpretare
queste parole, è sicuro che alludono alla concezione “verginale” di
Gesù. Infatti la risposta dell’angelo si muove tutta in questo senso:
“Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la
potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e
chiamato Figlio di Dio... Nulla è impossibile a Dio” (vv. 35.37).
Anche la “verginità” di Maria assume significato solo in riferimento a
Gesù: è per questa via, infatti, che egli potrà essere a pieno diritto
nostro “fratello”, appartenente alla razza umana, ma nello stesso
tempo vero “Figlio di Dio” anche nella sua umanità, in quanto essa gli
viene, sì, attraverso Maria ma come plasmata e direi fecondata dalla
“potenza” dello Spirito, che ricopre della sua “ombra” (v._35) la
Vergine come un “tempio”. L’espressione, infatti, richiama la
presenza misteriosa di Dio, sotto forma di “nube”, prima nella tenda
del deserto e poi nel tempio di Gerusalemme.6 Con questa immagine
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Omelia IV sul “Missus est”, 8-9.
Cf Es 40,34; 1 Re 8,10.
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san Luca vuol dirci che la radice ultima dell’essere profondo di Gesù
risale ad una iniziativa divina.
In termini diversi e molto più pregnanti abbiamo qui la dimostrazione
concreta di quello che Natan aveva detto a Davide: “Non tu costruirai
una casa per me, ma io farò a te una casa”! Cristo è questa nuova
“casa”, questo nuovo “tempio” aperto a tutti, ma che ha cominciato a
costruirsi nel seno stesso di Maria Vergine, diventato anch’esso per
nove mesi il “tempio” augusto dello Spirito Santo.
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