Barbagli e santoro File

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INTRODUZIONE
Attraverso questo lavoro di gruppo approfondiremo il concetto di Famiglia e dei suoi mutamenti ,tematica al
centro della questione sociologica odierna . Infatti "il concetto di famiglia indica,nella società
contemporanea,realtà molto complesse e differenziate nel tempo e nello spazio,un caleidoscopio di forme e
tipologie nelle quali l'intreccio di elementi biologici-naturali,psicologici-simbolici,socioculturali ed economici,dà
origine
ad
una
dimensione-multiforme"*
A sostegno di ciò possiamo fare riferiento allo stesso "Dizionario di Sociologia" di Luciano Gallino che prima
definisce la famiglia come "unità fondamentale dell'organizazione sociale" (pag.289) ma dopo ha bisogno di
ben due punti,molto articolti per dare definizione al termine famiglia.
La nostra analisi partirà proprio dalla ricerca/definizione di queste nuove forme di famiglia, facendone una
panoramica generale e analizzandone i fattori di cambiamento e mutamento delle forme. Come in ogni
sistema sociale ,le dimensioni della famiglia,e quindi i diversi aspetti della sua organizzazione,ed il suo ciclo
vitale sono tra loro in continuo rapporto di interdipendenza dinamica. I fattori che influiscono sulla struttura
della famiglia,concorrendo a modificarla,trasformarla,rafforzarla o porla in tensione, sono raggruppabili in : a)
demografici; b) economici; c) politico-giuridici; d)culturali.
Andando avanti
nella nostra analisi tratteremo del libro "Famiglia e mutamento sociale" di Marzio Barbagli nel quale mette in
discussione le conclusioni date dai padri fondatori della sociologia riguardo i mutamenti della famiglia
durante l'evoluzione storica. Tramite i diversi saggi metteremo in luce come la famiglia sia un processo che
passi attraverso diverse fasi storiche adattandosi ad ognuna di essa. Per esemplifare questo concetto ci viene di
nuovo in aiuto il "Dizionario di Sociologia" ,dando diverse alternative alla definizione di famiglia afferma che "la
scelta collettiva dell'una o dell'altra alternativa che viene operata in epoche e società differenti è essa stessa
espressione del modo in cui una data società concepisce e valuta la famiglia" (pag.289)
Inizieremo poi a concentrarsi nell'ambito di un territorio specifico cioè quello Italiano. Partendo dal libro "Le
libere unioni in Italia" di Santoro Monica ci domanderemo se è proprio vero che l’affermazione delle nuove
forme familiari ha messo in crisi il modello di famiglia tradizionale e alimentato la disaffezione al matrimonio. Il
volume intende rispondere proprio a questo interrogativo indagando sul significato e sulle motivazioni che
sottostanno alla scelta di convivere attraverso una serie di interviste a conviventi e coniugati dopo un periodo
di convivenza. Arrivando poi alla conclusione che in un periodo di crisi economica e di forte incertezza per il
futuro la continuità delle relazioni è garantita dai reciproci impegni materiali,come dimensione simbolica di
riconoscimento
familiare
della
convivenza.
Tratteremo,infine,del tema della conciliazione tra i tempi familiari e quelli lavorativi grazie ad un rapporto
biennale 2011-2012 dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia a cura di Pier Paolo Donati.
* Dal libro "Famiglia e Sociologia" di Antonietta Censi pag.1
"FAMIGLIA E SOCIOLOGIA" - Antonietta Censi
NUOVE FAMIGLIE
NUOVE REGOLE , FATTORI DI CAMBIAMENTO E MUTAMENTI DELLE FORME
L'idea di famiglia è stata per lungo tempo,sia nelle società tradizionali sia nella modernità, considerata
inseparabile da quella di matrimonio,di vincolo, di scambio di volontà ritualizzato e disciplinato , di rapporto
indissolubile e/o legato a rigorose procedure di scioglimento . Con la secolarizzazione , la sollenità e
l'uniformità del vincolo ha portato alla previsione di solo due modelli di matrimonio : quello confessionale e
quello "civile", sempre tra persone di sesso diverso. (pag.223) L'idea di famiglia era sempre stata quindi
collegata ad un principio di indissolubilità il quale doveva garantire la durata di un rapporto destinato
principalmente alla procreazione e stabilire una linea di confine tra un esercizio leggitimo della sessualità a una
sessualità censurabile in quanto priva di regole e inoltre la famiglia era considerata come un'organizzazione
gerarchica. Per una lunga fase della moderna società industriale la famiglia assume caratteri nucleari, si riduce
di dimensioni, raccoglie in genere non più di due generazioni, ma la scelta di fare permane strettamente
collegata a quella di contrarre il matrimonio e di instaurare un rapporto stabile. Dovremo aspettare la fine del
XX secolo e l'inizio del XXI con l'aumento delle separazioni e dei divorzi per vedere emergere dei veri e propri
mutamenti che non riguardano solo la durata del vincolo,ma le leggi che lo disciplinano,le forme di famiglia,
l'accettazione sociale di comportamenti precedentemente stigmatizzati. Quindi oggi il concetto stesso di
matrimonio è statto riorganizzato.
La diffusione di modi nuovi di fare e vivere la
famiglia è imputabile ad una serie di fattori diversi. Essi riguardano le culture ,la trasformazione delle
legislazioni in materia matrimoniale. Tra I principali stimoli al mutamento vanno collcati i seguenti fenomeni:
A) Una crescente accettazione della famiglia non coniugata cioè una sostanziale indifferenza nei confronti
dell'esistenza o meno di un vincolo formale di leggittimazione della coppia ;
B) Il radicarsi in
vasti ambienti sociali di bisogno postmateriali e l'aspirazione al riconoscimento di diritti legali all'espressione di
scelte di vita e libertà negli orientamenti di vita;
C) Lo svilluppo nei paesi europei di una legislazione che parifica in modo sempre più sensbile la coppia di fatto e
quella di diritto ;
D) La diffusione di una diversa propensione alla procreazione ;
E) L'estensione di una cultura dell'eguaglianza di genere ;
F) La manifestazione di nuovi modelli di comportamento economico.
PACS - FAMIGLIE DI FATTO - FAMIGLIE UNIPERSONALI E FAMIGLIE MONOGENITORIALI
PACS , acronimo di patti civili di solidarietà,è la sottoscrizione di una dichiarazione pubblica capace di generare
diritti e obbligazioni paragonabili a quelli che derivano dal matrimonio. Questa nuova forma di unione ha
trovato considerevoli numeri di adesione e sottolinea non soltanto il diffondersi di aspirazioni al
riconoscimento di nuove culture delle relazioni,ma si affaccia un ulteriore bisogno: quello di una nuova
defizione di regole che nella società industriale e nella modernità hanno qualificato i rapporti tra collettività ed
intimità,tra politica ed intimità,tra società civile ed intimità. In altre parole le nuove forme di unione e di
leggittimazione segnalano il bisogno di una più rigorosa separazione tra diverse dimensioni come il privato e il
pubblico. Vi è quindi l'avvento di una nuova fase nella quale la comunità politica non si limita a garantire alcune
fondamentali libertà politiche e sociali,ma nella quale lo Stato si leggitima anche attraverso la garanzia di diritti
dell'esistenza,delle scelte di vita,dell'identità.(pag.231) Questa nuova conformazione della famiglia e la
tendenza alla costituzione di famiglie è rilevabile in tutti i grandi paesi sviluppati. A sostegno di quanto detto
alcune ricerche statistiche come quella condotta da INSEE (Istituto Nazionale Francese per le statistiche e gli
studi economici),rivelano che "a partire dal 2011 8,5 milioni di adulti si dichiarano in coppia senza essere
coniugati. Inotre prima dei 25 anni l'84% degli adulti in coppia sono in unione libera". Anche l'ISTAT ha
segnalato come nel primo decennio del XXI secolo siano sorti nuovi modelli di fare famiglia e come questi
abbiano raggiunto una quota percentuale consistente. Abbiamo altri dati da tenere a mente che ci fanno
riflettere. Sempre in Francia l'INSEE, stima che una coppia su cinque vive in unione libera ed esistono
importanti differenze generazionali: l'80% delle giovani coppie tra i 20 e i 24 anni hanno costituito un unione
libera contro il 5% di coloro che hanno più di 65 anni.Ovvio che questo non è un fenomeno manifestatosi solo
negli ultimi decenni del XX secolo,ma vogliamo sottolineare che il vero concetto da tenere a mente è quello
riguardante le motivazioni insite in questa scelta.
"La famiglia di fatto nella modernità si è
manifestata come scelta ideologica,ovvero come esibizione di diversità e originalità intellettuale. La relazione di
fatto vuole esprimere il rifiuto di una moralità capace di cristallizzare rapporti sociali ingiusti o di negare libertà
fondamentali (di uomini e donne). Con la formazione di una coppia di fatto, figure eminenti nella politica o
nella vanguardie artistiche volevano esibire la propria superiorità rispetto a canoni della morale borghese."
(pag.232)
Oggi in alcune culture la convivenza pre-matrimoniale entra di fatto nella fisiologia della
formazione della famiglia. Invece prima del XX secolo la famiglia di fatto derivava in molti casi dalla esistenza di
impedimenti alla stipulazione del matrimonio,oppure poteva derivare da differenze considerate insormontabili
sul
piano
del
prestigio/ruolo
sociale.
Consideriamo adesso un'altra forma di mutamento della famiglia rispetto a quella tradizionale,come la famiglia
unipersonale che in alcuni paesi sta assumendo dimensioni ragguardevoli. Non parliamo solamente di chi vive
questa condizione da "anziano" in conseguenza di diversi eventi come per esempio il decesso di un coniuge ma
di un nuovo fenomeno rappresentato dalla crescita di famiglie unipersonali composte da giovani che è
prodotto dal convergere di una pluralità di condizioni. Possiamo annoverarle alcune come :
- la fuoriuscita della famiglia di origine è legata in modo sempre meno sensibile al matrimonio ;
- maggiore grado d'istruzuine e quindi nuove asprirazioni formative;
- maggiore possibilità di accesso all'istruzione universitaria apertasi in molti paesi europei;
- infine per i
giovani l'organizzazione unifamiliare di vita rientra anche nella dimensione della scelta esistenziale.
Sottolineamo anche come questo non sia un fenomeno prevalentemente maschile,ma riguarda in modo
sensibile anche le giovani donne.
Un altra forma di mutamento familiare è quella del nucleo monoparentale. In tale tipo di nuclei la figura
genitoriale è rappresentata in pevalenza da una donna e ciò è dovuto ad una pluralità di fattori:
a) l propenzione delle agenzie istituzionali ad affidare ad una figura femminile i figli in caso di scioglimento del
vincolo ;
b) una diversa dinamica dell' attaccamento in un ciclo del rapporto madre figlio;
c) la minore propenzione alla costituzione di una nuova famiglia propria delle donne che hanno vissuto l'
esperienza di uno scioglimento del matrimonio. (pag.236)
DIVISIONE DEL LAVORO E GENERE
Alle modificazioni nella struttura della famiglia si sono aggiunte negli ultmi decenni alcune modificazioni
di funzioni e responsabilità dei componenti di essa e della sua formazione gerarchica. Ci riferiamo per esempio
ad un maggiore coinvolgimento maschile , quindi dell' uomo impegnato in una più equa distribuzione delle
mansioni domestiche. Questo fenomeno messo in luce da recenti ricerche viene definito "padre high care".
Tutto ciò è dovuto ad una crescita dell'occupazione femminile e di conseguenza è dovuto ad un riequilibrio
nella coppia che distribuisca simmetricamente le attività familiari inoltre il grado di istruzione della madre
incide sulla distribuzione dei ruoli e favorisce un maggiore impegno maschile. Ma la distribuzione del lavoro
nella famiglia può derivare anche da precedenti modelli di maternità e paternità e infine è sicuramente
influenzata da fattori culturali e dagli ambienti nei quali le coppie operano.
GENITORI E FIGLI
In alcuni paesi europei si assiste negli ultimi due decenni ad una maggiore durata della presenza dei figli nel
nucleo. Accanto alla famiglia nucleare si manifesta una famiglia prolungata. Secondo alcune ipotesi si sta
configurando una nuova fase della crescita e del processo di socializzazione : collocata a cavallo tra
l'adolescenza e il raggiungimento delle responsabilità dell'età adulta. (pag.238) Questo è un fenomeno che
riguarda soprattutto l'area mediterranea,in particolare la Spagna e l'Italia ,in quest'ultima il fenomeno ha una
distribuzione disomogenea ta nord e sud. Probabilmente la modificazione del modello produttivo e la
contrazione del mercato del lavoro sono stati fattori scatenanti di tale fenomeno. Queste trasformazioni
economiche in molti paesi,infatti, inibiscono un rapido ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e
favoriscono invece la loro permanenza all'interno del nucleo familiare di origine. Inoltre questa scelta
potrebbe essere anche attribuita alla nuova via democratica che ha preso la convivenza familiare .
Possiamo quindi riassumere che in un ambiente caratterizzato dalla velocità del mutamento e da una costante
richiesta di aggiornamento nelle conoscenze,nelle attitudini nella professionalità,il giovane non può rassegnarsi
a seguire le strade percorse dalla generazione più anziana, da una generazione i cui destini sono stati
condizionati delle istituzioni della maturità industriale,da un modello organizzato e gerarchico di lavoro, da
principi come la stabilità,capaci di rassicurare ma non di favorire il cambiamento. (pag. 240)
GLOBALIZZAZIONE,NUCLEI,RELAZIONI E POLITICHE PUBBLICHE
La globalizzazione e i fenomeni migratori che l hanno accompagmata hanno : a)provocato il ritorno di forme
familiari che nelle culture delle società industriali venivano considerata premoderne ; b) portato non solo nella
società ma anche all'interno dei nuclei familiari forti conflitti di culture; c) fatto emergere nuove forme di
relazione familiare globale: - forme tradizionali , - forme con conflitto interno , - forme di famiglie globali.
in un contesto sociale basato sui processi di individualizzazione e globalizzazione,produttori di problemalicità e
complessità,sono molte le domande che sorgono se si riflette sul rapporto tra la famiglia e le politiche
pubbliche. La funzione di mediazione sociale che la famiglia svolge si differenzia in dipendendenza dalla
possibilità di accesso a risorse individuali e sociali.Il problema delle risorse diventa ancor più evidente in
presenza di patologie: la funzione di mediazione della famiglia, la funzione di care,il tipo di accesso alle
politiche sociali, ne risultano fortemente influenzati. La progressiva individualizzazione affettiva della famiglia
richiede un allargamento dei diritti sociali ma anche una declinazione diversa del rapporto pubblico - privato. Si
tratta oggi di individuare una via che non deresponsabilizzi le istituzioni in materia di cura (quella del care è una
questione che riguarda i diritti di egualianza) e che insieme favorisca l' erogazione di servizi adeguati alle
condizioni di vita. In particolare, emerge sempre più la necessità di politiche di conciliazione tra i tempi del
lavoro di cura, i tempi e le forme dell'organizzazione del lavoro e i tempi e le forme delle modalità di
erogazione dei servizi stessi. Le politiche e i servizi per dialogare in mondo effettivo ed efficace con gli attori
sociali debbono porre attenzione alle "strategie d'uso del destinatario": essere capaci di ascoltare culture
diverse ,codici e linguaggi diversi. In tal modo l'accesso non solo fisico,ma sociale e culturale può diventare un
patrimonio sempre più diffuso , e possono essere superate le logiche dell'inclusione/esclusione.(pag 245)
Alessandra Marini.
"FAMIGLIA E MUTAMENTO SOCIALE" - Marzio Barbagli
INTRODUZIONE
Il libro “Famiglia e mutamento sociale” a cura di Marzio Barbagli è costituito da un insieme di saggi scritti da
studiosi di formazioni diverse, che si interrogano sui mutamenti della famiglia durante il periodo delle “grandi
trasformazioni” , mettendo in discussione le conclusioni a cui erano giunti i padri fondatori della sociologia. Essi
consideravano la famiglia come un’istituzione sociale che nei processi di industrializzazione e di urbanizzazione
i principali fattori della distruzione dei vecchi legami di parentela. Questo nuovo gruppo di studiosi ritenevano,
invece, che tra industrializzazione e nuclearizzazione non vi fosse una relazione causale. La famiglia non è una
cosa, ma un processo. Essa passa attraverso diverse fasi di un ciclo e in questo itinerario si modificano il suo
livello di reddito, la quantità e la qualità dei suoi bisogni, la capacità di partecipare alla vita sociale e politica,
cambia la sua dimensione e la sua struttura. Può essere nucleare in una fase, estesa in una seconda fase e
ancora nucleare in una terza fase.
FAMIGLIA E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Nel primo saggio Micheal Anderson parla di “Famiglia e rivoluzione industriale”, analizzando le città cotoniere
del Lancashire alla metà del XIX secolo che si trovavano tra un’Inghilterra pre-industriale e rurale e la società
urbano-industriale commerciale post-capitalistica. Esse avevano tutti i problemi tipici delle città delle società
capitalistiche: disoccupazione ciclica, sovraffollamento, famiglie numerose, salari bassi, donne madri che
lavoravano nell’industria e una numerosa popolazione immigrata. I servizi sociali erano inesistenti. Anderson
raccolse dei dati statistici dai quali emerse che una porzione significativa di un gruppo di attori sociali (es.
giovani uomini sposati) si troverà a convivere con una determinata classe di parenti se: i vantaggi economici
superano o almeno non sono inferiori agli svantaggi e che anche la controparte ricavi dei vantaggi netti.
FAMIGLIA E AGGREGATO DOMESTICO
In “Famiglia e aggregato domestico”, Peter Laslett definisce il concetto di aggregato domestico (household)
quando gli individui dormono insieme abitualmente sotto lo stesso tetto (criterio geografico); quando
condividono un certo numero di attività (criterio funzionale) o quando abbiano un legame di parentela basato
sulla consanguineità o sull’affinità (criterio familiare). "I membri dell’aggregato domestico sono quindi prima di
tutto il marito, la moglie e i loro figli riconosciuti." Vengono poi i parenti, per i legami di sangue, e infine i servi
(che sono sotto la giurisdizione del capofamiglia). Ci sono vari tipi di aggregato domestico:
- semplice: che consiste nella famiglia nucleare. Un individuo solo non può costituire unità familiare coniugale.
- esteso: che consiste nella famiglia coniugale alla quale si sono aggiunti altri membri oltre i figli.
- multiplo: che comprende tutti i gruppi domestici formati da 2 o più unità familiari coniugali.
Laslett ci dice che "è impossibile seguire l’evoluzione ciclica di un aggregato domestico basandosi solo sulle liste
nominative, possiamo avere lo stadio del ciclo familiare al momento in cui è condotto il censimento." Laslett
espone la difficoltà di definire le relazioni tra aggregati diversi che si trovano a condividere la stessa casa. Ci
può essere il pensionante (o visitatore) che ha una presenza occasionale; ci può essere il pigionante che
condivide soltanto l’abitazione ma non si può escludere un legame di parentela.
L'EVOLUZIONE DELLA FAMIGLIA
Nel saggio “L’evoluzione della famiglia” di Jack Goody cerca di comprendere cosa si evolve. Le discussioni
sull’evoluzione della famiglia e i cambiamenti nella composizione dell’aggregato domestico si concentrano
sull’apparizione del tipo di famiglia che viene considerata concomitante all’industrializzazione, come causa o
effetto. Si suppone che la famiglia nucleare sia diventata più indipendente in termini economici e residenziali."
La residenza separata è correlata a questa indipendenza, l’attenzione quindi si concentra sulle dimensioni
medie dell’aggregato domestico per ottenere una qualche misura del cambiamento , del passaggio da reti di
rapporti di parentela estese a unità familiari più piccole." Esaminando l’ Inghilterra si nota che la dimensione
media dell’aggregato domestico si è mantenuta costante dal XVI fino ai primi del Novecento quindi ci devono
essere state delle condizioni che favorirono il sorgere di sistemi produttivi industriali quindi non familiari.
Questa ipotesi secondo Goody è suggestiva ma non ritiene che l’aggregato domestico sia un indicatore
sensibile a questi cambiamenti. Goody utilizza l’espressione ”gruppo domestico” per aggirare i problemi di
definizione e introdurre un elemento di flessibilità. Questa espressione indica 3 unità principali : di residenza, di
riproduzione ed economica. Goody conclude che la famiglia non è mai stata estesa a nessun livello, cosicchè i
cambiamenti nelle sue dimensioni prodotti dalla rivoluzione industriale, dall’urbanizzazione, dalla
modernizzazione per quanto significativi, sono stati modesti. La famiglia estesa non si ruppe con la rivoluzione
industriale: era già segmentata per la maggior parte degli scopi sociali, inclusi quelli fondamentali di
riproduzione , produzione e consumo. Gli aggregati domestici divennero solo un po’ più piccoli. I principali
cambiamenti che hanno avuto luogo, non hanno a che fare con l’emergere di una “famiglia elementare” da
“gruppi di parentela estesi”, poiché i piccoli gruppi domestici sono universali;ma con la scomparsa di molte
funzioni di molte funzioni dei più vasti legami di parentela. I legami possono continuare ma le funzioni mutano
radicalmente con la proliferazione di altre strutture istituzionali che assorbono molti dei loro compiti.
CARATTERISTICHE DELLA FAMIGLIA OCCIDENTALE
Peter Laslett è l’autore anche del saggio “Caratteristiche della famiglia occidentale” in cui si concentra sui
problemi di socializzazione primaria sul gruppo familiare che circonda il bambino nei suoi primi anni di vita.
Laslett sostiene che la famiglia occidentale è stata contraddistinta dalla presenza simultanea, durante il
periodo della socializzazione primaria, di alcune caratteristiche: la composizione del gruppo familiare (formato
dalla famiglia nucleare); l’età della madre durante il periodo dell’allevamento dei figli (avanzata); la differenza
di età fra i coniugi (pochi); la presenza di persone non legate da rapporti di parentela cioè i servi.
Partendo da una lista di abitanti del passato, si può ricostruire la distribuzione di un insieme di persone
conviventi con un bambino con meno di 5 anni. Ma le persone appartenenti a un aggregato domestico
rappresentano solo una parte delle influenze che sono influenzate sul bambino. Bisogna tener conto della vita
affettiva della famiglia, dell’effetto delle credenze, i costumi, le norme relative all’allevamento dei bambini
ed al comportamento che ci si aspetta dai giovani.
"Il più importante effetto prodotto sul gruppo familiare dal processo di modernizzazione è stato l
‘allontanamento fisico dalla casa,duranti i giorni lavorativi del padre e delle altre figure occupate." Quindi
l’influenza esercitata dalla struttura della famiglia sulla formazione della personalità del bambino deve essere
stata più forte nel passato rispetto ad oggi.
LA FAMIGLIA-CEPPO E IL CICLO DI SVILUPPO DELLA FAMIGLIA CONTADINA
Il saggio “La famiglia-ceppo e il ciclo di sviluppo della famiglia contadina” di Lutz Berkner critica le conclusioni di
Laslett,cioè che in Inghilterra la famiglia nucleare è stata predominante e che esistono poche testimonianze in
passato della presenza di famiglie-ceppo. Berkner puntualizza che la famiglia-ceppo esisteva ed esiste in molte
zone agricole dell’Europa occidentale e che la famiglia-ceppo non emerge necessariamente dalle statistiche
demografiche. Il termine famiglia-ceppo è stato coniato dal sociologo Le Play per descrivere un tipo specifico di
organizzazione familiare estesa in cui solo un figlio si sposa rimanendo in casa per ereditare la proprietà
familiare mentre gli altri o partono per crearsi altrove una famiglia o rimangono nel gruppo familiare come
celibi. Nel 1763, il feudo di Heidenreichstein (Austria) fece un censimento ed emerse che il ciclo vitale del
contadino si componeva si tre stadi principali : figlio ed erede, capo del gruppo familiare e genitore a riposo.
Spesso una coppia contadina anziana vendeva il podere all’erede e si ritirava. Il trasferimento di proprietà
veniva attuato attraverso un contratto legale di compravendita. È probabile che si verificassero momenti di
intensa tensione psicologica nella famiglia contadina, prima e dopo il passaggio di proprietà (per es il vecchio
contadino sentiva la pressione del figlio-erede). Dato l’alto tasso di mortalità del secolo XVIII, le seconde nozze
erano piuttosto comuni. Siamo comunque lontani dal quadro romantico della famiglia estesa felice, in cui
padre e figlio lavorano fianco a fianco. Quando il figlio si sposava, il padre perdeva il controllo della proprietà.
La famiglia estesa è soltanto una fase attraversata da molte famiglie. (nel momento del matrimonio nel figlio i
genitori sono vivi, quindi si comincia con famiglia estesa, quando muoiono si vive in una famiglia nucleare e
quando si verifica il matrimonio del figlio si torna alla famiglia estesa). "La famiglia e l’aggregato domestico
vanno studiati separatamente perché l’aggregato domestico comprende membri non legati da rapporti di
parentela." Un servo veniva assunto dalla famiglia presso cui risiedeva, riceveva vitto e alloggio. Un pigionante
risiedeva e pagava il proprio alloggio. Non è facile distinguere i servi dai pigionanti, perché anche i pigionanti
potevano essere una mano d’opera supplementare. I servi non erano una classe distinta perché a volte se in
una casa c’erano più figli di quanti ne fossero necessari per sbrigare il lavoro quotidiano, alcuni di loro venivano
mandati da qualche parte, finchè non guadagnavano denaro sufficiente per sposarsi. Le leggi erano piene di
regolamenti e di limitazioni riguardanti i servi, che non potevano andarsene prima che fosse trascorso un anno
intero, né potevano essere licenziati senza giusta causa, non si potevano rubare i servi l’un l’altro.
TEMPO FAMILIARE E TEMPO INDUSTRIALE
Nel “Tempo familiare e tempo industriale” di Tamara Hareven si sottolinea l’importanza della relazione tra
tradizioni familiari e esperienza del lavoro industriale. Il “ tempo industriale” indica i nuovi orari e la disciplina
del lavoro imposti dal sistema industriale, il “tempo familiare” fa riferimento al ritmo interno ed esterno del
comportamento della famiglia nei diversi stadi dello sviluppo industriale e familiare, in particolar modo al ritmo
dei principali eventi demografici. Questi due tempi si influenzano a vicenda. Per esaminare questo Hareven
indaga sugli operai franco-canadesi immigrati della Compagnia Manifatturiera Amoskeag di Manchester
all’apice dello sviluppo industriale durante i primi decenni del ‘900. Manchester aveva 70000 abitanti di cui
14000 erano operai nella fabbrica tessile. Nelle relazioni quotidiane,l’azienda e la famiglia erano due istituzioni
che interagivano. L’azienda contava sulla famiglia per reclutare gli operai e socializzarli al lavoro industriale.
Infatti nella tradizione del paternalismo industriale l’azienda vedeva se stessa come una grande famiglia e i suoi
operai come figli. L’assunzione di una intera famiglia era più conveniente perché lo sforzo fatto per il
reclutamento e il trasporto poteva essere sfruttato al massimo attraverso il numero di operai tessili forniti da
una sola famiglia. L’unica area di conflitto era il problema del lavoro extra domestico delle donne, per i costumi
cattolici dei franco canadesi.
Valentina Giansanti.
IL CICLO DI VITA DELLA FAMIGLIA
Nel saggio “Il ciclo di vita della famiglia negli Stati Uniti” Paul C. Glick e Robert Parke jr. analizzano il concetto di
ciclo di vita della famiglia, il quale permette di analizzare i mutamenti che hanno luogo nelle caratteristiche
economiche della famiglia. Le valutazioni dell’età al primo matrimonio, dell’età alla nascita del primo figlio e di
quella al completamento della procreazione sono basate sui risultati di un indagine recente sul matrimonio e
sulla procreazione. Le valutazioni si riferiscono a generazioni di donne per anno di nascita. Le valutazioni della
sopravvivenza congiunta del marito e della moglie sono calcolate per approssimazione.
I dati sul matrimonio e sulla procreazione sono ottenuti da storie familiari ricavate dalla “Indagine sulla
popolazione” e forniscono la migliore base disponibile per calcolare l’età mediana della donna al primo
matrimonio e alla nascita del primo e ultimo figlio. L’andamento dell’età mediana delle donne al primo
matrimonio è inizialmente decrescente (21,6 anni per le donne nate tra il 1880-1889 e 21,1 anni per quelle
nate tra il 1900-1909), poi crescente fino a 21,7 anni per le donne nate tra il 1910 e il 1919. L’andamento
dell’età mediana alla nascita del primo figlio dimostra una certa stabilità nello spaziare di circa 1,5 anni il primo
figlio dal matrimonio da parte delle donne che si sono sposate nei primi tre decenni del nostro secolo, 1,7 da
parte delle donne che si sono sposate negli anni 30 e 1,3 anni per quelle sposatesi negli anni 50. Per le
generazioni più vecchie di donne l’età mediana al completamento della procreazione risulta essere pari a 32,9
anni, valore che poi scende a 30,4 anni e successivamente risale a 31,5. L’andamento generale della
proporzione di donne senza figli risulta essere in diminuzione.
Riguardo ai figli che lasciano la famiglia risulta che le donne nate tra il 1920 e il 1929 hanno circa 52 anni
quando il loro ultimo figlio si sarà sposato.
L’aumento della sopravvivenza media ha avuto come risultato mutamenti rivoluzionari nella durata media della
vita matrimoniale. Nel gruppo delle donne più vecchie soltanto la metà di tutte le coppie riusciva a
sopravvivere per veder sposare l’ultimo figlio.
Al giorno d’oggi, la moglie può lavorare dopo il matrimonio, la coppia si stabilisce in una propria abitazione, i
figli entrano e poi escono dalla famiglia e il reddito familiare cresce, ma può anche succedere che il reddito
diminuisca se l’impiego di chi guadagna diventa discontinuo. Il reddito medio per componente della famiglia è
un indicatore migliore del reddito globale della famiglia per misurare le variazioni del benessere economico
della famiglia stessa nei successivi stadi del ciclo familiare. Il periodo di massimo reddito familiare si ritrova nel
ciclo di vita familiare delle classe più elevate più tardi che nelle classi più basse.
SISTEMI DI EREDITA' E STRUTTURA DELLA FAMIGLIA CONTADINA
Nel saggio “Sistemi di eredità e struttura della famiglia contadina”, Walter Goldschmidt e Evaly Jacobson
Kunkel definiscono la comunità contadina in tre diversi titpi: produttori agricoli proprietari della terra che
coltivano, produttori agricoli che producono per il proprio sostentamento e produttori agricoli che fanno parte
di un sistema politico statale. Il primo riguarda l’attività economica di base, fonte dei mezzi di sostentamento
attraverso la coltivazione della terra. Il secondo elimina i produttori agricoli che si dedicano alla produzione per
il commercio e quelli che sono schiavi. Il terzo implica un importante fattore che influisce sulla vita dei
contadini, quando è lo Stato ad avere il monopolio dell’uso legittimo della forza, è anche lo Stato a porre i limiti
all’uso delle armi come mezzi per la risoluzione dei conflitti. E’ stata svolta un indagine che ha usato come
campione 46 comunità contadine rispondenti ai criteri sopraccitati. L’esame ha messo in luce alcune costanti
dei modelli familiari. Esse sono tutte orientate verso il padre, non esiste un potere nelle mani di strutture al di
sopra della famiglia, la poliginia è quasi sempre vietata. Queste caratteristiche sono in relazione a due
parametri ecologici delle società contandine: l’importanza delle occupazioni agricole, che comporta un forte
legame tra contadino e la sua terra e la subordinazione della vita della comunità contadina alle forze dominanti
degli stati politici. Si era partiti dall’ipotesi che l’esistenza dello Stato esercitasse un’influenza sulla vita della
famiglia in quanto pone dei limiti all’uso del potere e alla libertà di espansione. I dati della ricerca invece
provano che la struttura della famiglia è influenzata direttamente o indirettamente dal carattere delle forze
esterne dominanti.
SISTEMI DI EREDITA',STRUTTURA FAMILIARE E MODELLI DEMOGRAFICI IN EUROPA
Nel saggio “Sistemi di eredità, struttura familiare e modelli demografici in Europa”, Lutz K. Berkner e Franklin F.
Mendels analizzano la disponibilità di terra e i sistemi di eredità, i quali sono stati più volte chiamati in causa
come fattori importanti nel determinare la struttura della famiglia e i modelli demografici delle società
contadine dell’Europa Occidentale. L’indivisibilità dell’eredità limita il numero dei matrimoni e incoraggia
l’emigrazione dei figli, la divisibilità dell’eredità invece, determina la frammentazione della terra e un alto tasso
di nuzialità. L’idea che il sistema di eredità determini l’andamento della popolazione ha una lunga storia:
Frederic Le Play e i suoi seguaci osservavano che quando il contadino si trovava di fronte all’idea di dover
dividere la sua terra tra più figli, iniziava a praticare un controllo sulle nascite per prevenire il disastro
economico. Con la divisibilità dell’eredità si è spiegato sia la crescita che il declino della popolazione a seconda
che le si attribuissero effetti sulla nuzialità o sulla fecondità legittima.
Con l’espressione “sistema d’eredità” intendiamo la combinazione di leggi, costumi, diritti al possesso terriero
e all’insediamento che regolano la divisibilità di una terra alla successione. Per chiarire la relazione tra sistema
di eredità e modelli demografici è stato utile analizzare come agiscono in una società contadina ideale
dell’Europa Occidentale pre-industriale. La terra è posseduta da proprietari indipendenti di poderi che
producono a livello di sussistenza utilizzando mano d’opera familiare. In questo tipo ideale di società
contadina, si considerino le conseguenze di un sistema d’eredità assolutamente indivisibile. Questo avrà come
risultato famiglie a ceppo, celibato e emigrazione. La perfetta divisibilità quindi, dovrebbe portare a un’altra
proporzione di famiglie nucleari, alta nuzialità e bassa emigrazione. Tra i due estremi abbiamo una grande
varietà di sistemi d’eredità che chiamiamo “divisibilità preferenziale”, i cui aspetti fondamentali sono che il
diritto successorio non richiede che la terra sia divisa in parti uguale e che il costume contadino sembra
flessibile nella varietà di compensi ritenuti accettabili. L’enorme flessibilità del sistema di divisibilità
preferenziale è chiaro indice del fatto che le circostanze economiche e demografiche hanno un ruolo
importante nel determinare la sua reale azione. I modelli demografici del villaggio dipendono da molti fatti: se
gli eredi non privilegiati ottengono un pezzo di terra, se è economicamente possibile sposarsi e stare su quel
terreno. Il sistema d’eredità pone dei limiti, crea dei problemi ed evoca certi tipi di comportamento a cui
conformarsi. Le conseguenze demografiche dipendono dall’effetto che quel sistema ha prodotto in passato
sulle strutture sociali, dalle proporzioni della popolazione per cui l’eredità di una terra è ancora un elemento
cruciale, dalla quantità di vie d’uscita che il sistema permette al contadino nel formulare una strategia.
STRUTTUTA SOCIALE E FECONDITA'
Nel saggio “Struttura sociale e fecondità” di Kingsley Dais e Judith Blake vengono analizzate le influenze
culturali sulla fecondità che è composta da tre fasi del processo di riproduzione: il rapporto, il concepimento, la
gravidanza e il parto.
Per analizzare le influenze culturali sulla fecondità si può partire dai fattori connessi a queste fasi.
Questi fattori sono: età all’entrata nelle unioni coniugali, celibato definitivo, durata del periodo riproduttivo
trascorso dopo un’unione e tra due unioni, astinenza volontaria, astinenza involontaria, frequenza del coito,
fecondità fisiologica, uso o non uso della contraccezione, fecondità fisiologica o sterilità docuta a cause
volontarie, mortalità fetale per cause involontarie, mortalità fetale per cause volontarie. Ogni fattore che
influisce sulla fecondità, deve farlo in un qualche modo classificabile secondo queste undici variabili
intermedie. Ciascuna di esse può avere un effetto negativo o positivo sulla fecondità. Tutte queste variabili
sono presenti in ogni società.
Età all’entrata nelle unioni: Molte società anche se permettono i rapporti pre-matrimoniali, proibiscono
severamente le gravidanze illegittime, invece dalle unioni matrimoniali ci si aspetta che esse siano prolifiche. Le
società sottosviluppate non solo hanno un alto tasso di mortalità, ma si trovano sempre di fronte al pericolo di
un aumento di quest’ultimo. L’ingresso nelle unioni in giovane età non porta per forza ad una grossa famiglia
perché ci sono tutti gli altri mezzi per ridurre la fecondità. Invece, l’età all’ingresso nelle unioni avanzata
porta ad una perdita di fecondità non recuperabile.
Il celibato definitivo: Come il matrimonio tardivo, anche il celibato definitivo può avere effetti negativi sulla
fecondità. La perdita dovuta al celibato definitivo è difficilmente superiore ad un quarto ed è di gran lunga
inferiore a quella dovuta al matrimonio tardivo. L’eliminazione del matrimonio tardivo avrebbe prodotto un
aumento della fecondità tre volte maggiore di quello determinato dall’eliminazione del celibato definitivo.
Come mai tutte le società fanno meno uso del celibato piuttosto che del matrimonio tardivo per ridurre la
fecondità? Data la bassa fecondità fisiologica della specie umana, nessuna società è in grado di riprodursi se
non con la partecipazione della maggioranza delle sue donne alla riproduzione o con un alto controllo della
mortalità. La partecipazione delle donne alla riproduzione è organizzata tramite il matrimonio che collega il
sesso e la riproduzione alla cura dei bambini. Ecco perché gli individui considerano il matrimonio come una
parte normale ed importante della vita.
Non è ancora chiaro che effetti potrebbe produrre il celibato definitivo come costume diffuso perché nessuna
società lo ha mai sperimentato. Il celibato si ha più spesso nelle società industriali perché in queste la famiglia e
la parentela costituiscono meno spesso la base dell’organizzazione sociale. Nelle società preindustriali, il
matrimonio ha un alto valore per l’individuo.
Uso o non uso della contraccezione: ci sono due modi di usare o non usare la contraccezione: la contraccezione
con mezzi chimici o meccanici (tipica delle culture primitive e contadine, viene usato poco) e la contraccezione
senza mezzi chimici o meccanici ( praticati in quasi tutte le società, soprattutto nelle relazioni dove sono
ammessi i rapporti ma non la gravidanza prematrimoniale).
Controllo volontario della fecondità fisiologica: Le società industriali possono avere valori positivi maggiori,
riguardo a questa variabile, delle società preindustriali, perché proibiscono la sterilizzazione e al tempo stesso
favoriscono le cure contro la sterilità.
Analizziamo le principali.
Periodo tra due unioni instabili: sele unioni sono stabili non si avranno conseguenze negative per la fecondità.
Per quanto riguarda le unioni coniugali, le società preindustriali hano a quanto sembra un basso tasso di
scioglimenti. Nel complesso, le strutture istituzionali delle popolazioni preindustriali danno un sostegno al
matrimonio da renderlo considerevolmente stabile. Quanto alle unioni pre-matrimoniali, sappiamo che nelle
società in cui sono permesse, esse sono instabili.
Periodo di vedovanza: l’effetto dell’alto tasso di vedovanza delle società preindustriali sulla fecondità dipende
dalla posizione istituzionale della vedova. In molte di queste società, il periodo di esposizione al rapporto che
essa perde è molto breve perché si risposa velocemente. In altre culture preindustriali, la vedova deve
aspettare un lungo periodo o gli è vietato risposarsi.
Controllo volontario della mortalità fetale: le società sottosviluppate hanno pochi mezzi per diminuire la
mortalità fetale, ma hanno mezzi, attraverso l’aborto, per aumentarla. Esso infatti viene spesso praticato nelle
società preindustriali. Partendo dal fatto che intervenire sul concepimento è meno rischioso che intervenire
sulla gravidanza, perché nelle società sotto-sviluppate l’aborto è più diffuso della contraccezione? Perché in
confronto alla contraccezione con mezzi chimici, l’aborto è più semplice; perché a differenza dei mezzi non
chimici, l’aborto non si applica al momento del rapporto e non richiede la cooperazione tra maschio e
femmina; perché è completamente efficace; perché quando si ha una gravidanza indesiderata il desiderio
dell’aborto è certo e perché anche se si può desiderare un figlio al momento del rapporto, può succedere che
eventi possano modificare questo atteggiamento.
Astinenza volontaria nelle unioni: è pratica di piuù nelle società preindustriali, l’effetto sulla fecondità dipende
dalle circostanze in quanto esistono quattro titpi di astinenza. L’astinenza dopo il parto si verifica in tutte le
società e solo quando il periodo di astinenza supera i due mesi che si può supporre una perdita di fecondià.
L’astinenza occasionale è quella che si verifica in connessione a certi giorni festivi e se avviene in giorni
sporadici difficilmente si ha una perdita di fecondità.
L’astinenza durante la gravidanza e durante le mestruazioni invece non può ovviamente ridurre la fecondità.
Nadia Saleh.
EMANCIPAZIONE FEMMINILE,CONTROLLO DELLE NASCITE,FECONDITA' NELLA STORIA EUROPEA
Il termine fecondità ha 2 accezioni: legittima ed illegittima ,la prima si riferisce alla capacità delle donne di
procreare,limitatamente all'interno di un ambito matrimoniale, la seconda si riferisce invece a situazioni al di
fuori del matrimonio.
Dal 1750 al 1850, entrambi i tipi di fecondità,subirono un significativo incremento,dovuto ad un sempre
crescente livello di emancipazione femminile e conseguentemente ad una maggiore esposizione delle donne
giovani a rapporti sessuali.
Da metà del XIX secolo in poi si notò un calo improvviso della fecondità,il motivo di ciò è spiegato con l'avvento
dei metodi del controllo delle nascite, ovvero: quelli contraccettivi e l'aborto.
"La famiglia tradizionale vedeva l'uomo costringere la moglie ad adempiere agli obblighi coniugali,ma
l'economia di mercato e la nuova industrializzazione, portò con se,indipendenza al ruolo della donna." Ormai
lavoratrice stipendiata, aveva il diritto di prendere decisioni riguardo alla gestione della famiglia e di se stessa.
Non solo la donna, bensì tutta la nuova società ,che andava delineandosi, era più aperta e libera dalle vecchie
concezioni maschiliste.
Ciò permise di passare da una famiglia di tipo tradizionale ad una moderna, dove trovava spazio, seppur con
fatica,l'amore romantico ed il rispetto della figura femminile. La nuova donna realizzata e disinvolta ,venne a
conoscenza dei metodi di controllo delle nascite e fu in grado, a questo punto, di regolare la propria
fecondità,questa fu la causa del brusco calo della stessa attorno al 1850.
FAMIGLIA E PARENTELA NELL'EUROPA OCCIDENTALE: IL PROBLEMA DELLA FAMIGLIA CONGIUNTA
L'aggregato domestico,può comprendere al suo interno persone che non hanno gradi di parentela. Esistono tre
tipi: nucleare (i figli lasciano casa quando si sposano), a ceppo (rimane in casa un unico figlio sposato,anche in
presenza di altri figli), congiunto (rimangono in casa molti figli sposati).
Tuttavia, di difficile individuazione sono in realtà i vari modelli sopra elencati,in quanto la famiglia, elemento
cardine della società, è soggetta per sua natura a cambiamento.
È possibile però analizzare delle tendenze di alcune società in un dato periodo e con determinate condizioni, a
puntare su un certo tipo di aggregato domestico. Per esempio si nota che dopo il 1500 è estremamente raro
trovare modelli di aggregati congiunti in Europa, molto più semplice sarebbe verificarne l'esistenza in grandi
società contadine, come la Cina o l'India,in cui un sistema patrilineare assicurava un ricambio generazionale di
forza lavoro nei campi. "Molte persone all'interno dello stesso aggregato, aumentano la possibilità di conflitti e
separazioni, per questo trovava la sua forma più solida nel sistema patrilineare nel quale il legame tra padre e
figlio era in assoluto il più importante e indissolubile,mentre ogni altro rapporto veniva minimizzato." Per
quanto riguarda l' Europa l'aggregato parentale congiunto apparve in età medievale,sia in Francia a causa del
bisogno di sicurezza, che lo stato non sapeva garantire, che in alcuni contesti urbani dell'Italia ,i quali trovarono
all'interno della famiglia, persone fidate e adatte alla conduzione di aziende mercantili.
Ogni tipo di aggregato domestico è legato ad un proprio sistema di parentela, ovvero un insieme di
regole,diritti,costumi,che governano le relazioni tra parenti.
Con il termine parenti, si intende un gruppo di persone legate da consanguineità(discendenza comune) o
affinità(vincolo matrimoniale). Il sistema di parentela si divide in 2 classi: la prima, in cui il gruppo è formato da
discendenti di uno stesso antenato reale (lignaggi) oppure in cui il gruppo è formato da presunti discendenti di
uno stesso antenato(clan).
"In ogni caso se la discendenza reale o presunta avviene attraverso la linea maschile è patrilineare, se attraverso
quella femminile è matrilineare,se da entrambi si parla di discendenza doppia."
La seconda classe di sistema di parentela riguarda quei gruppi centrati su un individuo chiamato “ego” ,ovvero
quei gruppi che si basano sul gradi di relazione che esse hanno con una sola persona. Tale gruppo viene
chiamato parentado e può essere costituito ,per esempio, da tutti i parenti di ego.
Se il gruppo parentale è definito attraverso il padre è detto padrilaterale , se invece attraverso il padre e la
madre è detto bilaterale.
FAMIGLIA E PARENTELA NEGLI STATI UNITI
Nelle società moderne ed in particolare in quella americana vi è un sistema familiare a parentela estesa. Eppure
una struttura nucleare indipendente dagli altri parenti,in linea teorica doveva essere la prediletta in una società
in via di sviluppo. Alcuni studiosi pensarono che la transizione dalla società rurale a quella industriale,dovesse
andare naturalmente verso la direzione del modello nucleare, non dando peso agli studi dei loro colleghi
antropologi che dichiaravano che le strutture di parentela non crollano,ne mutano radicalmente, bensì tendono
ad adattarsi ,secondo le diverse condizioni sociali a cui devono far fronte.
Nel 1961 vennero fatte delle indagini ,a Cleveland; per valutare se l'assetto strutturale della famiglia estesa
classica, era davvero mutata in nucleare o era diventata una parentela estesa modificata.
L' ipotesi principale di questo studio era che per le unità familiari moderne, si può identificare un continuum
che va dall'isolamento all'integrazione, come fossero due poli opposti, e risultò che la nuova famiglia, contro il
parere di molti sociologi, non era affatto isolata, ma anzi,molto vicina all'integrazione con gli altri parenti, e
quindi sotto il punto di vista della vicinanza (geografica) ,che della funzione ( ovvero il grado della
comunicazione e di aiuti reciproci).
In conseguenza a tali studi si stabilì che la famiglia a parentela estesa modificata era quella prevalente.
Analizzando la famiglia nucleare ,Murdock, ne ha dato alcune definizioni: di procreazione ,di orientamento,
degli affini e di gerontazione.
Di procreazione:è composta dal marito ,la moglie ed i loro figli.
Di orientamento: è quella in cui una persona viene allevata ed è composta dai genitori ed i fratelli di questi, ogni
coniuge fa parte della propria famiglia di orientamento.
Di gerontazione:considera 3 generazioni, nonni ,genitori e figli.
Di affini : consiste dei genitori e dei fratelli del coniuge di una persona.
Nella vita possiamo far parte di tutti e 4 i tipi di famiglia nucleare.
Dal 1950 sono stati condotti una serie di ricerche atte a studiare il sistema di aiuti,parentali sotto forma
economica o di servizi,che interessano i moderni aggregati domestici.
Si nota,che la maggior parte di aiuti soprattutto di tipo economico,viene erogato dai genitori rispetto ai
figli,specialmente nel momento del matrimonio, sotto forma di grosso prestito. Ciò avviene sia all'interno di
classi sociali agiate,che (in forma ovviamente più ridotta) nelle classi inferiori.
A beneficiarne sarebbero tuttavia,maggiormente,i figli maschi mentre alle donne è riservato un aiuto più
legato a servizi invece che denaro. (Rispetto alla figura femminile ci sono stati alcuni studi che vedono la figlia
femmina come più legata e meno indipendente del maschio, di conseguenza è più facile che incontri difficoltà
di relazione nei confronti dei parenti acquisiti.
La nuora,invece, è
fonte di tensione per la madre dello sposo,in quanto è vista come nuova candidata alla
cura del figlio).
Sono invece i genitori o i nonni a chiedere aiuto, specificamente in caso di crisi o di ritiro dal lavoro, con questo
ultimo termine si intende il bisogno di sostegno emotivo che hanno i genitori anziani. Più il soggetto ha
amici,meno dipende dalla famiglia per soddisfare questo bisogno.
L'INFLUENZA DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE SULLA SOLIDARIETA' INTERGENERAZIONALE
Legami di solidarietà ,si evince, che esistano tra parenti,soprattutto tra genitori e figli. In sistemi familiari
patrilineari,chiamati :gruppi corporativi,con successioni ,di ruoli e di obblighi lavorativi, dal capo famiglia ai figli
maschi,(come in Cina) la predilezione a dare e ricevere aiuti era per l'appunto verso la famiglia dell'uomo.
L'industrializzazione,sconvolse gli assetti familiari,i figli maschi videro la possibilità di abbandonare il potere
tradizionale,per abbracciare un idea individualistica e non più familiaristica ,del lavoro,dove tutto è condiviso.
Ciò fa si che la successione non avviene più dal padre al figlio,ma tra padre e marito della figlia, la solidarietà si
indirizza così verso la famiglia della figlia.
Studi fatti in Olanda, Inghilterra,Stati uniti,Finlandia e Svezia, indicano che i genitori sono più presenti nella vita
familiare della moglie,sia per quanto riguarda la prossimità residenziale, sia nell'ambito delle interazioni e
sentimenti, mentre alla famiglia del figlio sono soprattutto rivolti aiuti economici.
Un recente studio effettuato negli stati uniti, descrive la situazione di molti anziani che preferiscono chiedere
assistenza alle figlie e alla loro famiglia.
Ivano Giannini.
"LE LIBERE UNIONI IN ITALIA" - Santoro Monica
INTRODUZIONE
Dalla seconda metà degli anni ’60 i demografi iniziarono a credere di essere entrati in una nuova fase
demografica (seconda transizione demografica). L’equilibrio fra tassi di natalità e mortalità della fase
precedente (prima transizione demografica) veniva infranto dal pieno controllo della fecondità e dal suo
attestarsi al di sotto del livello di sostituzione. Questo calo di nascite trovava le sue radici in una nuova
concezione della vita derivante da valori <<postmaterialistici>>. Giddens sostiene che tra i cambiamenti più
rilevanti avvenuti con l’avvento della modernità troviamo la progressiva separazione del tempo e dello spazio e
l’affermazione dei sistemi esperti. L’avvento della modernità e la sua radicalizzazione permettono di stabilire
legami a distanza grazie anche alla tecnologia fornita dai sistemi esperti. La “fiducia”, altro elemento
fondamentale della modernità, per lo studioso è una componente necessaria della vita di tutti i giorni senza la
quale gli individui non potrebbero agire e relazionarsi ne affidarsi ai sistemi esperti. Essa va conquistata
attraverso un processo di reciproca apertura da parte dei soggetti coinvolti. Si afferma così il modello di
“relazione pura” cioè una forma relazionale sganciata dai condizionamenti esterni della vita sociale o
economica e vincolato solo a ciò che essa può apportare ai soggetti coinvolti. La continuità della relazione in
questo caso è subordinata ai benefici che le parti ritengono di ottenere da essa. L’ “amore romantico” basato
sulla simmetria affettiva dei partner ( che in realtà presupponeva la sottomissione della donna) diviene “amore
convergente” basato su una reciprocità affettiva tra le parti incentrata sull’intimità e l’impegno. D’altra parte
però questi due aspetti rendono la relazione più vulnerabile, ed è per questo che la società attuale è molto più
separante e divorziante di quelle precedenti.
TEORIE SULLE CONVIVENZE:
A partire dagli anni '70 con il declino della nuzialità e l'innalzamento dell'età al primo matrimonio, le
convivenze cominciarono a diffondersi come forma di prima unione tra i giovani. Convivere diviene una libera
scelta assunta come prova matrimoniale o come sostituto del matrimonio stesso. La convivenza è una
soluzione obbligata quando vi sono impedimenti legali al matrimonio come nel caso di persone in attesa di
sentenza di divorzio. L'ostacolo può essere anche di natura economica, soggettiva come reazione a esperienze
familiari fallimentari. In ogni caso molti studi sulle convivenze concordano sulla maggiore fragilità di questo tipo
di relazione rispetto a quella impostata sul matrimonio. Secondo le ricerche chi si sposa senza sperimentare un
periodo di convivenza prematrimoniale ha meno probabilità di divorziare rispetto a chi ha convissuto prima di
sposarsi e a chi convive stabilmente. Questo è dovuto al fatto che sembrerebbe che i conviventi abbiano una
minore capacità di gestire i conflitti relazionali rispetto agli sposati. Le ricerche correlano positivamente la
convivenza a elevati tassi di disaccordo tra i partner, conflitto e instabilità di coppia; negativamente a buona
capacità comunicativa, impegno tra partner e soddisfazione. Nei paesi dove le libere unioni sono
maggiormente istituzionalizzate e quindi socialmente accettate, le coppie conviventi e sposate mostrano livelli
di benessere simili e in alcuni casi risultano più elevati fra le prime (Es: Danimarca e Svezia). Nei paesi dove la
convivenza è poco diffusa il rischio di dissoluzione dell'unione per le donne conviventi che hanno convissuto
prima di sposarsi è elevatissimo. Le donne spagnole e italiane conviventi totalizzano i livelli più elevati di
rischio; questo primato è legato alla scarsa diffusione delle convivenze nei rispettivi paesi e alla presenza di
norme familiari tradizionali che scoraggiano comportamenti innovativi. La religione costituisce un altro
deterrente alla diffusione delle convivenze, data la forte avversione per le forme non istituzionali da parte della
Chiesa Cattolica. " In questi paesi inoltre l'assenza di politiche a favore delle giovani coppie e delle famiglie
disagiate e di provvedimenti adeguati per il contenimento dei costi d'affitto rappresenta un grave ostacolo per
la formazione di nuove famiglie. I paesi nordici all'opposto, si distinguono anche per la precocità dell'entrata in
prima unione, che avviene prevalentemente convivendo con il partner." Nei paesi meridionali dove l'entrata
avviene tardivamente e preferibilmente con il matrimonio. Nei paesi mediterranei le difficoltà nell'accedere al
mercato del lavoro hanno causato uno slittamento temporale della fase di formazione familiare, i giovani
hanno raramente la possibilità di sperimentare periodi , anche temporanei di allontanamento dal nucleo
familiare.
ISTAT- “FAMIGLIA E SOGGETTI SOCIALI” (indagine multiscopo)
"In Italia il totale delle convivenze è pari al 3,8% sul totale delle coppie. L’età media dei conviventi è
relativamente giovane: 41 anni rispetto ai 52 dei coniugati." Nel mezzogiorno emerge un netto orientamento al
matrimonio mentre a Nord sembra farsi strada un modello alternativo di fare famiglia. Alcuni studiosi mettono
in luce come l’aumento delle convivenze abbia riguardato proprio paesi dove l’incremento dell’insicurezza
lavorativa ha assunto dimensioni riguardevoli. Diversamente dal matrimonio, la convivenza si presenta come
soluzione adeguata per coloro che non sono pronti ad assumere impegni di lungo periodo in una fase in cui la
coppia considera non sufficientemente adeguate le risorse economiche a disposizione per intraprendere un
progetto familiare definitivo. Le coppie con una buona posizione economica preferiscono sposarsi piuttosto
che convivere. Le convivenze prematrimoniali sembrano essersi diffuse soprattutto nei paesi dove l’uscita dalla
casa dei genitori avviene precocemente e i giovani hanno l’opportunità di diversificare le strategie abitative e
familiari a seconda della fase del corso di vita attraversata.
LA SCELTA DI CONVIVERE:
(Milano 2010) L’autrice intervista 25 uomini e 25 donne tra i quali 10 coppie conviventi. L’età degli intervistati è
compresa tra i 26 e i 56 anni con una distribuzione maggiormente concentrata per le donne nella classe d’età
40-49 mentre per gli uomini 40-56. Il livello culturale del gruppo di intervistati è tendenzialmente elevato e
omogeneo all’interno delle coppie. Tutti gli intervistati hanno un occupazione che risulta abbastanza coerente
con il loro livello di istruzione. Trattandosi di una ricerca qualitativa il campione non è probabilistico e i casi non
sono statisticamente rappresentativi. La ricerca parte dal presupposto che la convivenza sia una scelta
potenzialmente assimilabile al matrimonio e che la preferenza per l’una o l’altra forma familiare sia il risultato
di un processo nel corso del quale la coppia rivede le sue posizioni, definisce il suo modo di stare in relazione,
riorganizza la sua identità. In generale comunque ci si sposa meno, sempre più tardi e sempre di più con rito
civile. La scelta del rito civile è determinata soprattutto dall’aumento dei secondi matrimoni e dal fenomeno
dei matrimoni misti. Un altro effetto a favore della preferenza per l’unione civile è determinato
dall’innalzamento dell’età media alle prime nozze dovuto al prolungamento della permanenza dei giovani della
famiglia d’origine. E’ raro riscontrare tra gli intervistati che convivono una particolare avversione per il
matrimonio, prevale piuttosto una posizione neutrale nei confronti di esso, ovvero non lo escludono dal
progetto di coppia sebbene non sia una priorità. Le motivazioni determinanti per decidere di sposarsi o meno
sono: per gli uomini, la preoccupazione riguardante la tutela economica delle partner; per le donne, la
possibilità di assistere il partner in caso di malattia e di poter intervenire sulle cure mediche da impartire.
Anche la nascita dei figli sembra rappresentare un fattore propulsivo per il matrimonio. Alcuni intervistati sono
stati indotti al matrimonio dopo aver appreso che i figli naturali non hanno parentele collaterali. Per quanto
riguarda le dinamiche interne alla coppia, la distribuzione di compiti domestici e familiari tra partner conviventi
sembrerebbe più egualitaria di quanto si riscontra tra coppie sposate. Queste ultime aderirebbero ad un
modello di ripartizione dei ruoli familiari più tradizionale, in base al quale il lavoro familiare resta una
responsabilità esclusiva delle donne. L’Italia è uno dei paesi in Europa dove tale modello continua a persistere e
anche se si comincia a registrare qualche debole segnale di cambiamento verso un maggiore coinvolgimento
degli uomini nel lavoro familiare, l’apporto dei partner alle attività familiari rimane sbilanciato a sfavore delle
donne.
E’ possibile organizzare in una tipologia le diverse condizioni degli intervistati in rapporto ai percorsi familiari
intrapresi, ai significati attribuiti alla convivenza e al matrimonio, alle motivazioni addotte per giustificare la
scelta di convivere e sposarsi. Le tipologie sono:
-“Eterni fidanzati”: Per questi intervistati la convivenza si è posta come una scelta alternativa alla condizione di
single, un’opportunità per risolvere una condizione esistenziale non particolarmente desiderabile. Sono coppie
formatesi in età adulta che hanno preso la decisione di convivere dopo parecchi anni di fidanzamento. Questa
tipologia esclude la necessità di istituzionalizzare un rapporto costruito sull’impegno dei partner a farlo durare
fino a quando lo ritengano necessario.
-“Convinti”: La decisione di vivere insieme al partner è nata dalla determinazione di voler creare una situazione
familiare stabile escludendo dall’esperienza di convivenza la dimensione sperimentale, attribuiscono alla loro
condizione familiare carattere definitivo. Ritengono di poter regolarizzare l’unione qualora si accorgessero che
il matrimonio potrebbe arrecare vantaggi e garanzie alla famiglia. Reputano la regolarizzazione giuridica della
coppia un fattore di deresponsabilizzazione individuale verso il partner.
-“Temporeggiatori”: Possono essere considerati degli ex “convinti” decisi a sposarsi sotto insistenza dei figli.
Anche questo gruppo ritiene il matrimonio necessario solo per tutelare giuridicamente il partner.
-“Forzati della convivenza”: Gruppo caratterizzato dal desiderio di sposarsi e dall’impossibilità di farlo poiché
loro stessi o il partner devono prima ottenere una sentenza di divorzio dal precedente matrimonio.
-“Romantici”: Considerano la convivenza un preludio al matrimonio e alla genitorialità. Il matrimonio è stato
organizzato in modo tradizionale. All’opposto dei “convinti”, i “romantici” esaltano anche la dimensione
affettiva e simbolica del matrimonio come prova dell’impegno familiare assunto.
-“Sposati”: ex “convinti” che hanno deciso di regolarizzare l’unione spinti da fattori contingenti o da valutazioni
razionali, in assenza delle quali, il matrimonio sarebbe stato ulteriormente rinviato o evitato. Il desiderio di
garantire maggiori tutele ai figli è tra i motivi maggiormente citati da questi intervistati.
"La critica al matrimonio muove dall’identificazione di esso in un modello di relazione di coppia sbilanciata a
sfavore della donna, costretta a ricoprire un ruolo subalterno rispetto all’uomo e per questo bisognosa della
tutela giuridica garantita dall’istituto matrimoniale." La scelta di convivere viene percepita come espressione di
costruzione di un legame paritario nel rispetto dell’individualità dei partner, un rapporto dove la fluidità
dell’organizzazione dei ruoli e compiti agevola i processi di negoziazione all’interno della coppia. Rimane
difficile contrapporre il matrimonio alla convivenza perchè il primo è strutturato normativamente e
simbolicamente, si conforma quindi a un chiaro modello culturale e sociale; la seconda invece non segue alcun
orientamento normativo ne prescrizione rituale. I racconti degli intervistati ci rimandano un immagine del
matrimonio priva di significati romantici e quasi esclusivamente incentrata sulla dimensione giuridica e
strumentale. La dimensione romantica riesce tuttavia ad essere recuperata attraverso il significato attribuito
alla propria relazione di coppia fondata su principi di naturalezza e spontaneità propri dei legami familiari, che
non hanno bisogno di regolamentazioni giuridiche per mettere radici. I benefici e i vantaggi ricavati dalla
relazione non sono economici ma relazionali e affettivi. Questo modello richiama in toto il concetto di Giddens
di “relazione pura” un rapporto basato esclusivamente su un atto di volontà individuale, revocabile quando
non è più fonte di benessere per le parti in causa.
Per quanto riguarda l’Italia in particolare, la lentezza dei processi di transizione familiare rende poco plausibile
ipotizzare un aumento delle libere unioni fino ai livelli degli altri paesi europei. Per le giovani coppie il sostegno
economico dei genitori diventerà sempre più importante per la realizzazione del progetto familiare. La
convivenza potrebbe trasformarsi in una scelta obbligata, anche temporanea, per non aggiungere ulteriori
spese a quelle sostenute per l’abitazione. In un periodo di crisi economica e di forte incertezza per il futuro la
continuità della relazione è garantita dai reciproci impegni materiali, come dimensione simbolica di
riconoscimento familiare della convivenza.
Stella Menichelli.
LA FAMIGLIA IN ITALIA : SFIDE SOCIALI E INNOVAZIONI NEI SERVIZI
L'EMERGERE DELLA CONCILIAZIONE TRA TEMPI FAMILIARI E TEMPI LAVORATIVI
I temi della conciliazione tra i tempi lavorativi e i tempi da dedicare alla cura delle relazioni familiari sta
diventando sempre più un tema centrale.
Al centro di questa problematica troviamo tre importanti processi di cambiamento:
1- Cambiamento che riguarda il mondo del lavoro, i suoi obbiettivi, la sua organizzazione, i suoi tempi.
2- Cambiamenti riguardanti la forma della famiglia, delle problematiche e delle risorse a disposizione.
3- Cambiamenti dell’idea stessa che le persone hanno della qualità della vita e della qualità delle relazioni
familiari.
Quindi la società e i suoi sotto sistemi (economia-politica-sistema dei servizi-politiche sociali ecc..) mettono
sempre più i membri delle famiglie di fronte a scelte dillemmatiche in cui è la qualità del familiare a dover
essere sacrificata. Un tempo la famiglia era la base e il volano dello sviluppo sociale ed economico, e oggi è
invece, sottoposta ad una prova di sforzo immensa e nessuno sa se potrà superarla.Per Afferma l'autore di
questo saggio Riccardo Prandini : "La famiglia è stata il capitale sociale più rilevante per la modernizzazione del
nostro paese ed ora viene solo sfruttata;nessuno sembra più capace di investire in essa. Ma in questo modo la
società si toglie la terra da sotto i piedi,preparandosi un ambiente inospitale da abitare". (pag.14)
Sembra
quasi che oggi sia più importante il lavoro,mentre la famiglia in quanto tale,è sempre più considerata come un
affare privato.
In questo panorama l ’UE necessita di incrementare i tassi occupazionali per garantire la crescita economica e
la sostenibilità dei sistemi di walfare e di promuovere l’inclusione sociale.
Infatti il modello di welfare
Europeo sostituisce le politiche passive del lavoro con quelle attive ,cambia prospettive su chi attivare queste
politiche per esempio concentrandosi anche su donne (es. realizzando un frame culturale finalizzato all'umento
dell'occupazione femminile e alla promozione delle pari opportunità),anziani e disabili che prima inevece non
erano adeguamente considerati . "Per elaborare in modo più adeguato i programmi di conciliazione, occorre
sbloccare nuove forme di riflessività sociale. Non si tratta tanto o solo di un problema di sostenibilità
economica,quanto di dare una nuova cornice cognitiva all'intera questione". (pag.22)
La conciliazione
non riguarda solo le donne e i nuclei familiari con i piccoli,bisogna considerare la conciliazione in tutto l'arco di
vita,riconoscere e valorizzare l'intervento dei diversi attori sociali finalizzato alla realizzazione di un welfare
comunitario. Parlando di nuovi attori sociali possiamo nominare l'azienda , chiamata oggi a radicarsi nel proprio
territorio con i propri diritti e doveri di cittadinanza.
Per un'azienda intervenire a sostegno della
conciliazione famiglia-lavoro può rappresentare un investimento economicamente valido in quanto capace di
assicurare un rientro superiore ai costi.Se un’azienda è impegnata sul tema, è possibile osservare nei
dipendenti maggiore facilita nella gestire dell’equilibrio tra sfera familiare e lavorativa.Numerosi studi hanno
dimostrato come il sostenere la conciliazione famiglia-lavoro in azienda contribuisca a migliorare le
performance finanziarie e il valore generato a favore degli azionisti,incrementare il livello di soddisfazione dei
lavoratori, sviluppare la capacità di attrarre e trattenere talenti,migliorare il livello di produttività,ridurre i
costi aziendali. Nello studio sono state coinvolte quattro imprese diverse per settore produttivo e per
dimensione e l'indagine coinvolge tre tipologie di soggetti : i referenti delle risorse umane delle aziende , i
dipendenti e i partner dei dipendenti. Dagli intervistati emerge che è la sfera personale quella a essere
maggiormente sacrificata dalle soluzioni trovate per mantenere un equilibrio fra la vita lavorativa e quella
professionale. I bisogni dei dipendenti sono diversi fra chi ha figli piccoli, che necessitano di asili nidi che
hanno spesso accessi troppo rigidi, rate sono troppo care e orari poco flessibili e chi non ne ha ancora che
hanno necessita nella sfera economica-organizzativa legate alle scelte procreative.
Possiamo nominare il progetto: “ A scuola ci andiamo da soli” , nato quando l’Osservatorio tempi della città
aveva evidenziato come l’utilizzo del mezzo privato nei tragitti casa-lavoro si giustificasse con la necessità,
specie per le donne, di accompagnare i figli a scuola, con effetti che “consumavano” il tempo della famiglia e
producevano un’organizzazione disfunzionale. Questo problema ha suggerito l’avvio di un progetto tramite il
quale l’amministrazione coinvolge il vicinato, che possono diventare “alleati” dei bambini e delle famiglie,
incrementando responsabilità di un quartiere. Nominiamo anche una ricerca condotta dall'Osservatorio
nazionale sulla famiglia-Unità di Bologna , che ha riguardato tutte le tipologie di lavoratori ai quali è
riconosciuta la facoltà di usufruire del congedo parentale. Il congedo parentale rappresenta,appunto,un ottimo
punto di vista sulle strategie di conciliazione adottate dai genitori sull'efficacia delle politiche e delle leggi
messe in campo. Tra i 9.951 utilizzatori di almeno un giorno di congedo, il 75,8% è rappresentato da lavoratrici
donne e il 24,2% da lavoratori uomini. L’uso del congedo appare più diffuso tra i lavoratori del Nord-Est .I
lavoratori possano usufruire del congedo fino agli 8 anni di vita del figlio, seppur dopo i 3 anni il congedo
diventi non retribuito.
Ma l’area della fragilità delle famiglie con figli minorenni è molto sfaccettata e le intersezioni tra le diverse
problematiche sono frequenti e complesse. Si parla di tre forme di fragilità: famiglie con minori in tutela o a
rischio di allontanamento; famiglie in cui i genitori sono separati/divorziati; famiglie migranti.
In Italia sono ancora pochi i servizi che si prendono cura, oltre che del minore, anche del suo nucleo familiare,
evitando che vengano seguiti da soggetti/servizi diversi, che non lavorano congiuntamente.
Notevoli sono i servizi, che promuovono la costituzione di gruppi di auto e mutuo aiuto in varie forme, a cui
partecipano i figli o i genitori con i figli e in alcuni casi anche i nonni, o anche genitori separati o nella fase della
separazione.
In conclusione possiamo dire che di fronte a una fragilità familiare crescente, emerge una robustezza della
famiglia tradizionale: la salda funzione di mediazione tra generi e generazioni che essa riesce a esprimere la
trasforma in una risorsa oggi insostituibile per contrastare l’indebolimento delle famiglie.
Per quanto riguarda i servizi per gli anziani con deficit di autonomia sono attivati nelle situazioni in cui i soggetti
si trovano soli, senza più legami significativi o comunque in grado di essere percepiti come una reale risorsa.
Una parte del lavoro di cura informale è necessaria a supplire i vuoti dei servizi assistenziali formali o a vicariali.
Ogni servizio alla persona è uno strumento per la realizzazione del welfare, in altre parole del benessere.
Il termine welfare, rimanda a un concetto materiale e oggettivo di benessere.
Un servizio alla persona deve riuscire a coinvolgere attivamente i soggetti destinatari, essendo essi i maggiori
“esperti” del benessere a cui aspirano. La soluzione sta nella cooperazione di tutti gli individui a un benessere
delle relazioni in cui sono implicati, a partire da quelle familiari, accettando il paradosso che il benessere
individuale non può derivare da una logica individualista, bensì da una strategia cooperativa. Un altro aspetto
fondamentale è che il benessere familiare non è statico ma dinamico, è una combinazione variabile di elementi
che mutano secondo le fasi del ciclo di vita della famiglia.
Alcuni fenomeni demografici, quali l’allungamento della vita, la dilazione del matrimonio e della nascita dei
figli, hanno che comportato il sovrapporsi di situazioni molto distanti tra loro, che di solito vedono al centro
la figura della donna della generazione centrale: essa spesso deve mediare tra compiti di cura molto eterogenei
:la relazione di coppia, la relazione genitoriale con figli adulti coabitanti, la cura dei nipoti, la cura dei genitori
anziani non autosufficienti.
Il benessere cresce quanto più l’intervento è personalizzato e flessibile, quanto più l’offerta di soluzioni è ampia
e diversificata in modo tale da rispondere alle esigenze specifiche di ogni famiglia e di ogni fase del ciclo di vita
familiare.
Riconoscendo il ruolo primario della famiglia nella produzione del benessere delle persone e della società
possiamo indicare le dimensioni di un “buona pratica” nel campo dei servizi alla famiglia, considerando
quattro aspetti :
1. Innanzitutto, la qualità delle risorse impiegate e l’efficienza dei processi di erogazione del servizio.
2. In secondo luogo, l’obiettivo del servizio deve essere chiaramente inteso come un benessere della famiglia
3. In terzo luogo, ci si deve interrogare circa gli attori che hanno progettato e realizzato l’intervento, verificando
che siano state attivate le reti relazionali dei soggetti, e circa la modalità di progettazione
4. Da ultimo, per dichiarare il servizio una buona pratica, va preso in considerazione il modello culturale entro il
quale viene attuato o – come dice Donati – la qualità etica dei fini perseguiti.
Volendo usare un concetto sintetico per definire la buona pratica, riassuntivo delle caratteristiche appena
illustrate, si può affermare che una pratica nel campo dei servizi alla famiglia è buona se rigenera il capitale
sociale familiare, comunitario e generalizzato, ovvero se incrementa la rete di relazioni tra i soggetti, la fiducia
che circola in tali reti, la reciprocità delle relazioni e l’orientamento cooperativo.
In conclusione il punto di partenza per affrontare in modo adeguato il tema dei servizi alla famiglia è il concetto
di benessere, da intendere in modo relazionale, superando la frammentazione
tipica di una visione settoriale delle politiche familiari, il benessere inoltre non è statico,
ma cambia nel tempo a seconda delle sfide che le persone e le loro famiglie devono
affrontare nel passaggio da una fase all’altra del ciclo di vita.
Elia Mariani.
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