CAPITALE SOCIALE

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Convegno Acli 6 dicembre 2002
Napoli
CAPITALE SOCIALE.
COMUNITA’ LOCALI ATTIVE NELLA SFIDA DEL
MEZZOGIORNO EUROPEO
Quando si parla di comunità locali attive, in rapporto con
l’Europa, ritengo necessario lasciarsi guidare dai principi di
sussidiarietà, di solidarietà, e di responsabilità.
La sussidiarietà va correttamente interpretata e applicata
per far sì che i compiti dei diversi soggetti siano
armonicamente conciliati tra loro senza il prevaricare degli uni
sugli altri, del nazionale sul locale per intenderci. Strettamente
connesso ad esso va vissuto il principio di solidarietà, intesa
come determinazione ferma, decisa e perseverante di
impegnarsi a favore del bene comune ad ogni livello dal locale
al sopranazionale. E la capacità di realizzare armonicamente i
dettami dei due principi appena accennati non può che trovare
radici solide nel principio di responsabilità che è la “condicio
sine qua non” per la loro realizzazione. Ognuno si deve
assumere, per quanto gli compete e in sinergia con altri, il
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dovere di un’attiva e creativa partecipazione al bene comune,
nella convinzione che tutti siamo responsabili di tutti.
La società non può così che fondarsi sulla reciprocità, che è
pure il perno dell’amicizia. I patti non sono così imposti, ma
condivisi e scelti per farsi carico delle esigenze altrui e
sviluppare così una sensibilità al bene comune.
Questa tensione al bene comune reciproco, sviluppa la
“cultura della nazione”, dove si manifesta la sovranità
fondamentale della società attraverso l’uomo; mediante questa
cultura la nazione esiste ed è in forza del diritto a tale cultura
che la nazione ha diritto di esistere. (Cfr. Centesimus annus,
50).
Anche la giustizia è sviluppata dalla pratica della ricerca
del bene comune. La giustizia esercitata verso gli uomini
dispone a rispettare i diritti di ciascuno ed a stabilire nelle
relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti
delle persone e del bene comune.
Tutto ciò non deve però sviluppare una sorta di neonazionalismo anzi, com’è stato dichiarato dal sinodo dei
Vescovi europei le differenze nazionali, proprio perché
rappresentano vitali realizzazioni culturali che esprimono le
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ricchezze dell’Europa non devono scomparire, ma vanno
coltivate come il fondamento della solidarietà europea.
In quest’ottica l’autonomia è certamente importante, ma
non un valore assoluto: prima degli interessi nazionali, ci sono
gli uomini e la loro inalienabile dignità, e prima delle singole
tradizioni locali, si pone la comunità universale da costruire
nella giustizia, nella solidarietà e nella pace.
La crescita della comunità internazionale sintetizzata dalla
crescita dell’uomo, mi riporta al tema dell’intervento d’oggi
capitale sociale. Comunità attive.
E’ opinione diffusa e sempre più condivisa tra gli scienziati
sociali che lo sviluppo economico locale dipenda, oltre che da
fattori economici come il livello degli investimenti o le
infrastrutture, anche da fattori umani e sociali, il cosiddetto
“capitale sociale”.
Lo sviluppo, infatti, viene sempre più considerato connesso
al fatto che in una determinata area geografica siano all’opera
dinamiche
sociali
che
producano
fiducia,
reciprocità,
comunicazione, circolazione delle informazioni.
Ciò può essere armonizzato e velocizzato dall’affermazione
della società dell’informazione e della conoscenza che aiuta lo
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sviluppo culturale ed i rapporti tra i soggetti locali. La sempre
maggiore centralità, nel processo produttivo e dei servizi, del
capitale umano, rende sempre più centrali, anche per lo stesso
sviluppo economico, i processi sociali attraverso cui tale
capitale si forma: si pensi all’importanza che viene assegnata
oggi al tema dell’istruzione e della formazione, oppure della
diffusione della cultura.
Mi pare inoltre opportuno sottolineare che si va
diffondendo la certezza che le politiche volte a favorire lo
sviluppo economico locale non possano essere scollegate da
quelle per lo sviluppo sociale e, cioè, da politiche finalizzate al
sostegno dei sistemi locali di servizi, dei sistemi di welfare, ed
infine alla lotta all’esclusione sociale.
La società civile e la mobilitazione delle sue risorse umane
e finanziarie, in questo quadro, risultano essere elementi
centrali nell’ottica del perseguimento del benessere e della
fondazione di un nuovo sistema di welfare, più attento alle
esigenze della gente e più rispettoso dei vincoli economici e
finanziari che, sempre più, ne minano la funzionalità.
Un pieno coinvolgimento della società civile in politiche
locali di sviluppo economico e sociale è, tuttavia, una pratica
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ancora poco diffusa e che
per questo, richiede la
sperimentazione di nuovi approcci e di nuovi metodi.
Il lavoro quotidiano delle Associazioni ed in particolare
delle ACLI, captando i segnali e gli orientamenti dei cittadini
su questi argomenti di attualità, intende offrire un contributo
conoscitivo e di sostegno a quanti sono impegnati nel difficile
compito di sostenere tali sfide.
Promuovere e rafforzare i soggetti della società civile e il
capitale che essi esprimono appare indispensabile per
sviluppare la coesione sociale e rinnovare la cultura
partenopea. La Chiesa in questo offre da sempre la sua
silenziosa presenza tra le forze sociali impegnate nello
sviluppo della solidarietà e della reciprocità che prima
accennavamo. Il contributo delle sue organizzazioni religiose e
laiche è da sempre considerato tra gli indispensabili
ammortizzatori sociali esistenti soprattutto nei momenti di
bisogno.
L’obiettivo deve essere quello di sostenere la società civile
attraverso la fede e lo sviluppo di attività di reti sociali capaci
di prevenire le situazioni di disagio o comunque di attenuarne
le ripercussioni sul benessere dei cittadini.
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Il rafforzamento istituzionale e l’appoggio formativo, la
creazione di maggiori momenti di confronto e scambio tra
amministrazioni locali, servizi pubblici, soggetti privati profit
e non profit (associazioni, cooperative, centri sociali ecc.) deve
essere volto a favorire un approccio alla gestione delle
politiche sociali ispirato alla governance urbana.
Oggi siete chiamati ad allargare i confini della vostra
azione
sociale,
in
dell'immigrazione
e
relazione
della
ai
nuovi
fenomeni
mondializzazione".
"La
globalizzazione è il nome della questione sociale". Questo il
cuore del discorso che Giovanni Paolo II ha rivolto alle ACLI
in occasione dell'udienza speciale del 27 aprile 2002, alla
quale ha partecipato anche una notevole rappresentanza di
Aclisti napoletani.
Il Papa ha parlato non solo al vostro cuore, ma anche alla
vostra ragione. Quell'invito ripetuto a "globalizzare la
solidarietà" di fronte al peso del male, all'incombere della
guerra, della povertà e dell'ingiustizia, potrebbe sembrare un
desiderio fragile, destinato a fare poca strada. Invece contiene
una forza grande, inaspettata. La forza che chiama l'uomo a
difendere la vita e non la morte, che porta ad amare il diverso,
che vi sospinge ad essere operatori di pace e di giustizia.
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Come ACLI qui in Campania ed in particolare a Napoli non
potete non accogliere un invito così fecondo. Il territorio che
oggi voi ricominciate ad arare ha sete delle vostre azioni e del
vostro agire cristiano. Essere comunità attive nella sfida
quotidiana per contrastare le sofferenze di ogni persona
incontrata nei vostri circoli, nei servizi, nelle associazioni di
settore, non può che donarvi un nuovo vigore che salderà il
vostro essere cristiani con la comunità laica e con quella
ecclesiale.
Un impegno, infine, ad essere cittadini “locali del pianeta
globale”, a percepire come vostra la responsabilità anche nei
confronti dei Paesi in via di sviluppo che bussano
quotidianamente alle nostre porte.
La vostra presenza cristiana sui territori deve inoltre essere
capace di attivare “sentieri comuni” e “percorsi di sviluppo
condivisi” da tutte le forze sociali presenti; la fede che vi
accompagna deve essere portatrice di unità e di convergenze e
non cedere mai alle tentazioni maligne della discordia e della
divisione. Solo se irrorato dalla fede e dalla preghiera, che voi
dovete abbracciare con nuovo vigore, il “capitale sociale” dei
nostri territori svilupperà una nuova famiglia di cittadini
capaci di discernere il bene dal male e di coniugare in modo
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costruttivo i termini sussidiarietà, solidarietà e responsabilità
civile.
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