Diocesi di Piacenza – Bobbio
Cattedrale
Pregare i Salmi - Salmo 72 (71)
Scuola della Parola
“Dio dà al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia”
Giovedì – 07 dicembre 2000
Mons. Luciano Monari – Vescovo
Introduzione
Un’esperienza fondamentale nel cammino dell’Avvento è di educare il nostro desiderio. La vita
dell’uomo è fatta di desideri, quindi è importante che siano orientati nella giusta direzione. Il
cammino dell’Avvento vuole insegnarci questo: ascoltiamo le profezie – le promesse – del
Signore, perché il nostro cuore sappia desiderare cose grandi, perché il problema è
fondamentalmente quello che le piccole cose della vita di tutti i giorni non ingombrino tanto il
nostro cuore da non essere più capaci di desiderare altro, da essere come bloccati dentro la
nostra capacità di sognare, di attendere e di sperare. Il Salmo che noi pregheremo questa sera
vorrebbe aiutarci anche in questo. È una preghiera per il re, ma è una preghiera per la
trasformazione d’Israele come popolo di Dio in un popolo che sperimenta la giustizia e la pace.
Bisogna che dentro il nostro cuore impariamo a desiderare questo: a non accontentarci di meno
della giustizia e della pace.
Ci prepariamo ad ascoltare questa Parola del Signore per farla nostra, chiedendogli la sua grazia
e l’illuminazione.
Preghiamo
Di Salomone.
Dio, dà al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
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lambiranno la polvere i suoi nemici.
Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia;
si pregherà per lui ogni giorno,
sarà benedetto per sempre.
Abbonderà il frumento nel paese,
ondeggerà sulle cime dei monti;
il suo frutto fiorirà come il Libano,
la sua messe come l'erba della terra.
Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette
tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
E benedetto il suo nome glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la terra.
Amen, amen.
Omelia
Una preghiera appassionata per il re
Con questo Salmo 72 incontriamo un personaggio che per noi non è in realtà facile da capire: il
re. È vero, anche oggi esistono alcuni re e nei libri di storia spesso li abbiamo incontrati; solo
che, tra la nostra mentalità e l’ideologia regale dell’antico Oriente d’Israele, la distanza è
immensa. Noi pensiamo alla monarchia come ad una forma di governo (a confrontare, per
esempio, con la democrazia o la oligarchia o altre prospettive); Israele vedeva nel re anzitutto il
carisma, il dono di Dio. In qualche modo Dio ha adottato come figlio il re e lo ha posto a capo
del suo popolo come proprio rappresentante. Se un re fa correttamente quello che deve fare,
attraverso il re, si manifesta la giustizia di Dio. Per questo motivo il re ha un peso notevole nel
Libro dei Salmi (gliene sono dedicati almeno otto: 2; 20; 21; 45; 72; 89; 101; 110). Dicevo:
facciamo un po’ fatica a capirlo correttamente, dobbiamo però avere la pazienza di entrarci e
qualche frutto buono dovrebbe venire.
Immaginiamo una festa regale importante: potrebbe essere il giorno dell’incoronazione
(quando il nuovo re sale sul trono) o un anniversario importante. In quella occasione ci sono
tutte le persone importanti del regno; è presente anche il popolo e qualcuno, forse un sacerdote
o un portavoce dell’assemblea, innalza a Dio una preghiera, una supplica, perché pregare per il
re è un dovere sacrosanto al quale un israelita non può sottrarsi. Ma come si fa a pregare per il
re? Che cosa bisogna chiedere?
Il significato del Salmo è tutto già nei primi quattro versetti, che dicono: “Dio, dà al re il tuo
giudizio,al figlio del re la tua giustizia; regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri con
rettitudine. Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Ai miseri del suo popolo
renderà giustizia, salverà i figli dei poveri e abbatterà l'oppressore”.
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Dunque: dobbiamo parlare del re, ma la prima parola del Salmo è “Dio” e questo non solo
perché stiamo facendo una preghiera, il motivo è quello che dicevamo: il re è il consacrato del
Signore, esiste solo come vicario di Dio, strumento di Dio per il governo del popolo.
Il re rappresenta un governo di giustizia che viene da Dio
Il primo Libro di Samuele racconta che non è stato facile per gli Ebrei accettare la monarchia e
per un motivo preciso: perché il re lo avevano già, il Signore che ha liberato dall’Egitto era il re
di Israele; perché metterci un re umano? (cfr. 1 Sam 8, 7; 12, 12). Si è dovuto spiegare, con tutta
la teologia regale, che il re è mandato e donato da Dio, adottato e incaricato da lui di una
missione nel popolo. Ma vuole dire: non è possibile capire il re se voi lo pensate semplicemente
nella sua funzione politica e nel suo rapporto con il popolo. Il re è rappresentante di Dio e il
popolo non appartiene al re, ma a Dio. Allora la preghiera è: “Dio, dà al re il tuo giudizio, al
figlio del re la tua giustizia”. “Il giudizio e la giustizia di Dio” insieme sono la regola corretta
del governo. Dio solo è capace di donare la Legge che deve creare giustizia all’interno del
popolo. Ecco, perché dobbiamo pregare: si chiede a Dio di trasmettere al re il giudizio e la
giustizia che sono proprie di Dio.
Quale sia questo “il diritto e la giustizia” (Is 9, 6) è spiegato immediatamente con un
riferimento che ci sorprende, ma che nella Bibbia è decisivo: il riferimento ai poveri. Se il re
deve governare con giustizia bisogna anzitutto che si prenda cura dei poveri: “salverà i figli dei
poveri e abbatterà l’oppressore”. Dovete immaginare quello che succede normalmente
all’interno di una comunità umana: da una parte il povero, la persona che non è in grado di
difendersi, che non può affermare se stesso; di fronte a lui l’oppressore, che facendosi forte
della sua superiorità schiaccia il povero. Il re giusto prende la parte del povero perché per
definizione è inerme, senza armi, né forza, può solo appellarsi al re per avere sostegno e difesa.
Dunque, dove c’è un re che si prende cura dei poveri, allora il Salmo dice: “Le montagne
porteranno pace al popolo e le colline giustizia”. È come se il territorio, su cui il re governa,
diventasse un vassallo che porta come dono le realtà della pace e della giustizia. Le “colline” e
le “montagne” sono personificate, le dovete immaginare come i vassalli che portano i loro
tributi al sovrano. Uno evidentemente penserebbe: le montagne possono portare come tributo il
legname, l’abbondanza dell’acqua per irrigare la terra, eventualmente i metalli; le colline
potrebbero offrire il vino e l’olio. Invece no, il nostro testo le descrive come portatrici di pace e
di giustizia per il popolo. Allora troviamo quella parola che per la Bibbia riassume tutto il buon
governo: pace. “Pace” vuole dire: protezione dai nemici esterni e giustizia nei rapporti
all’interno del popolo; la pace riassume tutti i beni che rendono gioiosa la vita in una comunità
umana (cfr. Is 9, 1-6)). Chiaramente la pace è la promessa fondamentale di Dio; si legge in
Geremia: “Io conosco il disegno che ho su di voi, disegno di pace e non di sventura, per
concedervi un futuro e una speranza” (Ger 29, 11). Ed è questo il contenuto che ci viene
promesso e dobbiamo imparare a desiderare: “farò scorrere su di essa la pace, come un fiume e
come un torrente straripante la gloria delle nazioni” (Is 66, 12a).
Quindi i primi quattro versetti ci hanno già dato la visione sintetica del buon governo,
dell’armonia che ci si attende dall’uso giusto del potere regale.
Le dimensioni del Regno
Allarghiamo la contemplazione e cerchiamo di capire quali sono le dimensioni del nostro
Regno nel tempo e nello spazio, e lo si capisce facilmente: nel tempo il regno sarà durevole,
nello spazio sarà dilatato all’infinito.
•
Il tempo
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Per dire che il regno è “duraturo” il Salmo usa delle categorie cosmiche facendo il confronto
con il sole e con la luna, e non poteva esserci niente di più solido: gli astri sono il simbolo stesso
della fermezza e della solidità perché con precisione matematica percorrono le loro orbite senza
mai declinare, né perdere energie nel corso del loro cammino, né mutare figura. Non ci
potrebbe essere un’immagine migliore per indicare la fermezza e la permanenza nel tempo:
“Un regno che dura quanto il sole e la luna”.
Poi, la dimensione delle nazioni, di Dio e del re dentro a questa dimensione eterna e stabile.
C’è il movimento del re che viene descritto, anche questo, con delle immagini cosmiche, dice:
“Scenderà come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra. Nei suoi giorni fiorirà la
giustizia e abbonderà la pace”. L’immagina è strana ma comprensibile: la pioggia che irrora il
prato lo fa fiorire di una meravigliosa abbondanza e varietà di erbe e di fiori; così anche il re che
operando in mezzo al popolo fa germogliare all’interno del popolo la giustizia e la pace. Se
ricordiamo che la “giustizia” esprime la perfezione dei rapporti tra le persone e la “pace” la
condizione che permette a ciascuno di essere se stesso e di dare il meglio di sé, allora possiamo
capire quello che il nostro Salmo sogna e ci insegna a sognare.
Dice Isaia: “il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel
deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia
sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza. Il mio popolo abiterà in una dimora di
pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri” (Is 32, 15-18). Proprio così, e tutto questo:
“finché non si spenga la luna”. Quindi non sarà un ordine sociale effimero, soggetto a
involuzioni all’interno o a distruzioni dall’esterno. No, sarà la completa trasformazione della
nostra vita operata dalla giustizia che viene da Dio.
• Lo spazio
Dice il Salmo: “Dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra”. Si può cercare
di dare un nome geografico preciso: “da mare a mare”, cioè dal Mar Rosso al Mare
Mediterraneo; “dal fiume sino ai confini della terra”, cioè dall’Eufrate fino agli angoli più
remoti del mondo. Ma forse è meglio tenere il testo così, senza precisare troppo. “Da mare a
mare” vuole dire: da un Mare all’altro, quindi tutte le terre che stanno in mezzo. “Dal fiume ai
confini della terra” vuole dire: senza limiti, il regno del nostro re si installerà sulla terra intera,
e significa che non avrà condizionamenti o timori dall’esterno. Anzi, diciamo con più
precisione: “gli abitanti del deserto”, cioè quelli che abitano l’Oriente. “Il re di Tarsis e delle
isole”, Tarsis dovrebbe essere la Sardegna o forse Gibilterra, in ogni modo è l’Occidente con
tutte le isole che riempiono il Mediterraneo. “Il re di Arabia e di Saba” sono nel Meridione,
nella penisola Arabica. Oriente, Occidente e Meridione, sembra che il mondo intero debba
piegarsi davanti al re d’Israele in un gesto di venerazione e di sottomissione, dice: “Si
piegheranno… morderanno la povere… porteranno offerte… offriranno tributi… si
prostreranno… lo serviranno…”; è una cascata di verbi che vogliono descrivere un movimento
universale orientato verso il re d’Israele.
Il re si prende cura del povero
Già all’inizio del Salmo avevamo imparato che il re deve avere un’attenzione particolare per i
poveri, e adesso questa premura viene descritta in modo più preciso. Anzitutto: chi è il povero?
Dice il nostro Salmo: la persona che vive una condizione di debolezza sociale, “che non trova
aiuto”, non ha delle armi con cui farsi valere e non ha degli amici presso i quali trovare
protezione. Per questo subisce “la violenza e il sopruso” e il “sangue” della sua vita è in
pericolo. Ma chi è che s’interessa di una persona così insignificante come per definizione è “il
povero”? Chi è che è disposto a mettere in gioco se stesso per salvare un “misero”? Il Salmo
suppone un’esperienza comune dell’emarginazione sociale del povero e non gli rimane altra
risorsa che gridare, è colui che grida a Dio la sua desolazione, come Israele in Egitto quando la
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mano di Faraone e degli Egiziani premeva oppressiva sopra di lui. Ebbene, del re è detto: “avrà
pietà del debole e del misero”. “Avere pietà” è una caratteristica di Dio, si è rivelato così: “Il
Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e grande nell’amore” (Es 34, 6). Così è Dio,
e il re deve essere un vicario di Dio, quindi la compassione con cui Dio sente propria la
sofferenza del povero, anche il re la deve sentire nel suo cuore. Di qui l’intervento: “il sangue
dei poveri” – che è così insignificante agli occhi del mondo – invece “è prezioso davanti al re”.
Per questo il re “libera”, “salva” e “riscatta”. Notate questi tre verbi: liberare, salvare e
riscattare, perché sono i verbi che nella Bibbia descrivono la liberazione d’Israele dall’Egitto.
Israele era un popolo povero, quando nel delta del Nilo era costretto a costruire le città-deposito
di Faraone sotto un controllo crudele di sorveglianza (cfr. Es 1, 11). In quella occasione Dio
aveva manifestato la sua misericordia: tra oppressore forte e oppresso debole, aveva preso
posizione a favore dell’oppresso. In questo modo Dio aveva insegnato ad ogni re come doveva
impostare la sua azione: anche “il re ascolta il grido del povero”, anche “agli occhi del re il
sangue del povero è prezioso”, anche il re è chiamato per “liberare”, “salvare” e “riscattare”.
Per questo possiamo sentirci al sicuro: se il re si prende cura del povero, allora nessuno è
senza difesa e protezione.
Il popolo chiede la benedizione di Dio per il re
Se le cose stanno in questo modo non c’è niente di strano nel fatto che risuoni l’acclamazione
famosa: “viva il re”. Era un’acclamazione usata in Israele, ripetuta nei momenti importanti
della storia del popolo. L’ottativo “viva” va inteso nel senso preciso: è l’augurio che il re abbia
la pienezza dell’energia che gli permette di svolgere appieno il suo servizio. Questa stessa
acclamazione risuona nella nostra preghiera: “il re vivrà”; che potete tradurre anche con “viva il
re”. È un desiderio accompagnato da due forme del verbo “benedire”. Si dice: “sarà benedetto
per sempre… In lui saranno benedette tutte le stirpi della terra”. L’espressione è chiara:
quando il Signore aveva chiamato Abramo, fuori dalla sua terra e dalla sua famiglia, gli aveva
promesso proprio questo: “Io ti benedirò… e tu sarai una benedizione… in te saranno
benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12, 2.3). Adesso la stessa promessa viene fatta al
re: “In lui – nel re – saranno benedette tutte le stirpi della terra”. Insomma, “la benedizione”
sgorga come un fiume dall’infinita benevolenza di Dio per riempire il re; e dal re, come
attraverso un canale gonfio di acque, giunge a tutte “le stirpi della terra”, per renderle partecipi
dell’abbondanza della vita. Il re diventa lo strumento concreto per la realizzazione delle
promesse che erano state fatte ad Abramo, e attraverso di lui si compie la storia della salvezza.
Scopo di questa storia, infatti, non è altro che questo: la benedizione di Dio raggiunga tutti.
La “benedizione” è la vita. La benedizione di Dio è la vita di Dio con tutto quello che contiene
di gioia, di santità, di pienezza e di comunione; che questa benedizione giunga a tutti gli uomini.
Il nostro Salmo da anche un’immagine di questa benedizione in modo molto concreto, dice:
“Abbonderà il frumento nel paese, ondeggerà sulle cime dei monti; il suo frutto fiorirà come il
Libano, la sua messe come l'erba della terra”. Di per sé l’immagine è strana: “il frumento” non
ha il suo posto normale “sulla cima dei monti”. Verrebbe piuttosto da pensare a distese di vigne
o oliveti, ma il senso è chiaro: l’abbondanza dei beni terreni sarà straordinaria. La Bibbia usa
volentieri immagini di questo genere. Amos, dice: “Ecco, verranno giorni, - dice il Signore - in
cui chi ara s'incontrerà con chi miete e chi pigia l'uva con chi getta il seme; dai monti stillerà il
vino nuovo e colerà giù per le colline” (Am 9, 13). Sono immagini dell’era messianica, di un
mondo che viene rinnovato in modo che tutte le necessità vitali dell’uomo siano soddisfatte con
un’abbondanza senza limiti. Ma tutto questo è legato concretamente alla persona del re e
all’esercizio della giustizia. Per questo bisogna rinnovare l’augurio: “Il suo nome duri in eterno,
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davanti al sole persista il suo nome”; che la figura del re, la sua persona, non sia scalfita o
intaccata dal passare del tempo, che il tempo non possa diminuire la sua forza o il suo vigore.
Così termina il Salmo.
Il Libro dei Salmi
Veramente ci sono altri due versetti, ma questi non fanno parte del Salmo. Il versetto 18 e 19,
che dicono: “Benedetto il Signore, Dio di Israele, egli solo compie prodigi. E benedetto il suo
nome glorioso per sempre, della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen”, non
appartengono al Salmo, sono la conclusione della seconda collezione dei Salmi.
Dovete sapere che il Libro dei Salmi contiene 150 preghiere, ma in realtà sono cinque piccoli
libretti di Salmi che sono stati messi insieme. Alla fine di ogni libretto c’è una dossologia, cioè
una piccola forma di lode a Dio. Il primo Libro dei Salmi comprende i Salmi dal n. 1 al n. 41, il
secondo i Salmi dal n. 42 al n. 72. Alla fine del Salmo 72, del secondo libretto dei Salmi, c’è
questa dossologia, che è una lode innalzata al Signore. E così vale per tutti gli altri tre libretti
che vanno fino al Salmo 150.
Ne approfitto per spiegare un’altra cosa esterna a questo Salmo, ma può servire per leggere i
Salmi. Se guardate la Bibbia, vi accorgete che la maggior parte dei Salmi porta due numeri: il
nostro Salmo è il 72 (71); perché? È una complicazione, ma viene da questo fatto: quando la
Bibbia è stata tradotta in Greco, i traduttori greci hanno letto i Salmi 9 e 10 del testo Ebraico
come se fossero un Salmo solo; poi hanno letto il Salmo 147 del testo ebraico come se fosse due
Salmi. Allora l’effetto è fondamentalmente questo: i Salmi dal n. 10 al n. 147 hanno due
numerazioni: la più bassa è il testo greco-latino, la più alta il testo ebraico. Quindi non
meravigliatevi se un Salmo lo trovate citato con due numeri diversi, il motivo è questo, basta
saperlo e dopo ci si orienta abbastanza facilmente.
Il Salmo 72
Abbiamo cercato di leggere il nostro Salmo e abbiamo detto:
- è una preghiera appassionata per il re;
- il Salmo sa che il re rappresenta un governo di giustizia che viene da Dio;
- da questo governo dipende la pace del popolo, allora prega con entusiasmo e chiede la
benedizione per il re, perché questa benedizione si ripercuoterà su tutto il popolo
sottoforma di benessere e di pace;
- in particolare l’esercizio corretto del potere regale sarà a favore dei poveri, che solo da
Dio e dal re possono sperare giustizia.
Può anche darsi che leggendo questo Salmo siate stati colpiti da alcune espressioni chiaramente
esagerate:
- “un regno eterno quanto il sole e la luna”;
- “una estensione universale da un mare all’altro, dal fiume agli estremi confini della
terra”;
- “Un potere davanti al quale si inchinano tutti i re di Oriente e di Occidente”;
- addirittura la natura che diventa strumento del governo regale: “i monti e le colline che
portano pace e giustizia”.
Viene da pensare che è un po’ esagerato, e in realtà è vero: queste esagerazioni appartengono a
quello che gli studiosi chiamano “lo stile di corte”. In tutto l’antico Oriente si usavano
espressioni del genere per magnificare la grandezza del re. Ma proprio l’uso di queste
espressioni ha fatto sì che il nostro Salmo è stato interpretato dagli Ebrei in prospettiva
messianica. Abbiamo pregato per il re; quale re? Uno della storia d’Israele. Si, ma soprattutto
per il re Messia, per quel re ideale che attendiamo dalla potenza e dalla misericordia di Dio. Un
commentatore medievale dice: “Il Salmo 72 deve essere inteso tutto del Messia”. E non sarebbe
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difficile legare al nostro Salmo le profezie messianiche. Pensate a Isaia al cap. 11°, dove il re,
Messia, viene riempito “dello spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di
consiglio e di fortezza…” (Is 11, 2); continua dicendo che con il dono dello spirito il re Messia
“giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese... Fascia
dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà” (Is 11, 4.5). Vedete che è lo
stesso modo di ragionare del nostro Salmo. Il risultato di tutto questo, secondo Isaia al cap. 11,
è tra l’immagine famosa: “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà
accanto al capretto” (Is 11, 6a). Ed è un’immagine bellissima, vuole dire: “il lupo”, il forte, non
approfitterà della sua forza per dilaniare l’agnello; e “l’agnello”, il debole, non sarà costretto a
vivere spaventato per la vicinanza del lupo. Il forte e il debole convivono in pace, questo è
l’ideale, è il sogno, la promessa ed è quello che farà il Messia.
Il Salmo 72 e il tempo dell’Avvento
Allora non è difficile fare l’ultimo passo, quello che fa la liturgia dell’Avvento. A chi
attribuiamo questo Salmo? A Gesù Cristo. È lui quel re a cui Dio ha dato ogni potere e deve
garantire la giustizia e la pace. Nel Vangelo di Giovanni c’è scritto: “il Padre non giudica
nessuno ma ha delegato al Figlio ogni potestà di giudicare, perché tutti onorino il Figlio come
onorano il Padre” (Gv 5, 22-23a). Proprio come mandato dal Padre, Gesù annunzia il Vangelo
ai poveri e proclama la salvezza per tutti i bisognosi, e si china sul malato e sul peccatore, e
dona loro salute e grazia (cfr. Mt 10, 40; 11, 5). La nascita di Gesù, l’Incarnazione, è “come
pioggia che scende sull’erba e che fa germogliare la terra”; il nostro Salmo diceva: “Scenderà
come pioggia sull’erba, come acqua che irrora la terra”. E nel tempo dell’Avvento una volta si
cantava: “O, cieli, stillate rugiada dall'alto e le nubi piovano il giusto”, “facciano scendere il
giusto Messia” (Is 45, 8a).
A questo dobbiamo aggiungere l’immagine del regno di Cristo che è: “regno di verità e di vita,
regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace” (Messale Romano, Prefazio
di Cristo Re); regno che davvero si dilata da “un mare all’altro e che supera i limiti del tempo”.
Nel giorno dell’Epifania leggeremo come i re sono venuti da lontano, dall’Oriente, per offrire
oro incenso e mirra (cfr. Mt 2, 9-11); esattamente quello che diceva il Salmo 72. Ai discepoli,
sul monte della Galilea, Gesù dice: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra” (Mt 28,
18); chiaramente questo è il potere di salvare, di redimere e di dare la vita. Per questo la regalità
di Gesù è un segno di benedizione: “da lui – nostro re – noi tutti abbiamo ricevuto grazia su
grazia” (Gv 1, 16), “in lui siamo stati benedetti con ogni benedizione spirituale e celeste” (Ef 1,
3), per questo lo proclamiamo “beato e benediciamo Dio per lui”.
Insomma, tutto il Salmo può facilmente assumere un contenuto cristologico, per questo
l’abbiamo scelto per il tempo dell’Avvento. Ci avviciniamo al Natale e il Salmo può mettere
sulle nostre labbra la domanda giusta: “che il Signore venga” (Sal 14, 7); e il desiderio giusto:
“che la sua venuta sia sorgente di giustizia e di pace” (Sal 72, 7).
Impegno
In fine si apre l’ultima dimensione del Salmo con il nostro impegno.
- Gesù viene a regnare; e noi siamo il regno su cui Gesù esercita la sua sovranità.
- Gesù procura la giustizia e difende il povero; e in mezzo a noi, se siamo il regno del
Signore, ci deve essere la giustizia, il diritto, la difesa del povero, l’adorazione del
Signore, la benedizione costante e la pienezza della pace.
Voglio dire: come comunità cristiana non possiamo pregare questo Salmo senza sentirci
chiamati a viverlo concretamente.
Preghiamo perché ci venga donato il Messia. Ma se preghiamo onestamente significa che
desideriamo che il Messia regni e siamo disposti a lasciarlo regnare sopra di noi.
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Indicazioni per la preghiera
– Pregare significa: prendere il Salmo, leggerlo e rileggerlo; impararlo e riprendere
espressioni; costruire delle piccole nostre preghiere sulla base delle frasi che il Salmo contiene,
quindi con il massimo di libertà.
– Se uno volesse potrebbe andare a riprendere le profezie, che abbiamo richiamato, di Isaia al
cap.11° e 9°; il cap. 9° i primi sei versetti, il cap. 11° i primi nove versetti. Oppure si potrebbe
leggere, perché è in sintonia con il nostro Salmo, il sogno di Salomone in Gabaon. Nel primo
Libro dei Re al cap. 3° si racconta come Salomone, al momento della sua salita al trono, ha fatto
un sogno dove il Signore gli è apparso, e ha chiesto a Salomone quale dono desiderava.
Salomone, invece di chiedere la ricchezza o la potenza, ha chiesto la saggezza per governare
con giustizia il popolo. Il Signore, contento di questo, gli ha promesso la saggezza e in più gli ha
dato il benessere e la gloria.
– Nel Breviario potreste riprendere il testamento di S. Luigi IX, re di Francia, che ha scritto un
testamento a suo figlio, dove ci sono alcune cose simpatiche in sintonia con il nostro testo. Per
esempio, dice: “Abbi un cuore pietoso verso i poveri, i miserabili e gli afflitti. Per quanto sta in
te soccorrili e consolali. Ringrazia Dio di tutti i benefici che ti ha elargito, perché tu possa
renderti degno di riceverne dei maggiori. Verso i tuoi sudditi comportati con rettitudine in
modo tale da essere sempre sul sentiero della giustizia, senza declinare né a destra né a sinistra.
Sta piuttosto dalla parte del povero anziché del ricco, fino a quando noi sei certo della verità”.
Ecco, anche questo testamento – segno di un uomo che ha preso molto sul serio il suo compito
di re – porta i segni del pensiero della Bibbia; c’è dentro una struttura e un modo di sentire le
cose che ha la sua origine nella Bibbia.
Preghiere dei fedeli
Il Salmo voleva insegnarci a desiderare di rinnovare la nostra speranza, e noi esprimiamo il
desiderio che sta dentro al nostro cuore sotto forma di supplica. Anche questo è un modo per
educare il nostro desiderio per dilatarlo e per renderlo grande quanto sono grandi le promesse
del Signore.
Preghiamo per tutte le nostre comunità cristiane, perché con il loro stile di vita manifestino che
tipo di re è Gesù Cristo, che tipo di effetto produce la sovranità di Gesù Cristo nella vita
dell’uomo.
Raccogliamo tutti i nostri desideri nelle sette domande che il Signore ci ha insegnato a rivolgere
a Dio con un animo filiale. Padre nostro.
* Documento rilevato dalla registrazione, adattato al linguaggio scritto, non rivisto dall’autore.
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