L`OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del dthb

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LA PRIMA PASQUA DEL DOPO GIUBILEO
Al di là del rassicurante
cabotaggio costiero
GIORGIO RUMI
Per gli studiosi di antichità e di antropologia, la prima Pasqua, quella ebraica,
rende testimonianza dell'esodo dall'Egitto e del passaggio alla terra promessa: nei
suoi riti risuona la carica di ansia e la fretta precipitosa che si accompagna ad
un viaggio, arduo eppur necessario alla salvezza del singolo come dell'intero popolo
d'Israele. I seguaci di Cristo vi fanno memoria del trapasso dalla morte alla vita
e della speranza ineffabile da Lui introdotta nella storia degli uomini.
Dopo due millenni, la ricorrenza non ha perso di significato perché fa rivivere eventi
fondamentali e irripetibili, decisivi nella storia di tutti. Le tradizioni e i gesti
ad essa legati sono infatti manifestazione esteriore e comunicatoria di un
appuntamento che richiede rischio e decisionalità riflessi anche nei riti dei pasti
comuni celebrativi dell'avventura della vita nomade con l'agnello e di quella
dell'insediamento con la festa delle primizie. La Pasqua risulta ancora oggi una
sfida, la vera suprema “azione fatale” con cui si gioca l'esistenza, la scelta che
coinvolge il significato più profondo della condizione umana. Ben si comprende
l'odierna riluttanza ad affrontarne la sostanza. Molto oggi spinge ad eludere il senso
stesso del passaggio e la preferenza per una continuità ed una sicurezza di basso
profilo si rattrappisce in una ricerca di tutte le facilitazioni possibili a dispetto
di un impegno di rinnovamento. Il fiume straripante del permissivismo origina proprio
da qui, dal non volersi mettere radicalmente in questione e dall'abbandonarsi alle
tante appartenenze parziali (e non conflittuali) che popolano la foresta pietrificata
dell'insignificanza. Scelte equivalenti, negazione del male, relativizzazione del
bene sono le sequenze consuete della diffusa esitazione di fronte all'impegno che
è sfida e scommessa alla ricerca di un cambiamento che coinvolga noi stessi e
gli altri.
Non era questa l'azione fatale di duemila anni fa che ancora ci chiama con voce non
affievolita dal tempo ma resa semmai più potente dalle contraddizioni della
contemporaneità.
La scelta decisiva operata “sulla Sua parola” come si esprimeva Pietro, esorta il
suo successore Giovanni Paolo II a “prendere il largo”, ad abbandonare il piccolo
rassicurante cabotaggio costiero per una opzione coraggiosa e responsabile al di là
degli orizzonti abituali. La Pasqua con la sua audacia chiede il coinvolgimento totale
e la mutazione, condizioni per cui quella Pasqua torni a rivivere per noi.
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