radice - ascunas

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Appunti di morfologia botanica
Gli organismi viventi
Aristotele, nel IV secolo A.C. aveva suddiviso gli " Organismi viventi" in due regni: Animali e Piante.
Solamente nel 1735 Carlo Linneo pubblicava "Systema naturae" proponendo una suddivisione in
categorie (Regno, Classe, Ordine, Famiglia, Genere e Specie).
Il naturalista svedese prevedeva sempre due suddivisioni, vegetali e animali. I primi erano
rappresentati da organismi fissi sul terreno, in grado di compiere la fotosintesi e altri organismi
unicellulari come batteri, alghe e funghi (organismi autotrofi). Degli animali facevano parte
organismi capaci di movimento (organismi eterotrofi) compresi anche i Protozoi.
L’avvento della microscopia, in particolare la microscopia elettronica ha rivoluzionato questa
suddivisione tanto che nel 1959 veniva proposta da Whittaker una suddivisione in 5 Regni:
1.
Animalia, comprendente organismi eucarioti pluricellulari eterotrofi che si nutrono introducendo
sostanze alimentari in un tubo digerente in cui avviene la loro demolizione e digestione (ingestione)
2. Plantae, comprendente organismi eucarioti pluricellulari autotrofi che si nutrono per mezzo della
fotosintesi;
3. Fungi, comprendente organismi eucarioti pluricellulari eterotrofi che si nutrono per assorbimento
(ossia mediante il passaggio diretto delle sostanze attraverso la membrana cellulare);
4. Protista, comprendente organismi eucarioti unicellulari;
5. Monera, comprendente i procarioti, ossia archeobatteri, batteri e cianobatteri (alghe azzurre).
Gli organismi vegetali
• Il mondo vegetale come ogni organismo vivente è costituito da
cellule e sulla base della loro organizzazione è possibile
suddividerlo in due grandi gruppi:
• Le "Tallofite" o Piante non vascolari", vegetali con organizzazione
del corpo "a tallo", cioè dotate di una struttura vegetativa semplice
(Alghe, Briofite, Epatiche e Muschi.
• Le "Cormofite" o Piante vascolari, piante con organizzazione del
corpo "a cormo", caratterizzate dalla presenza di organi
specializzati (radice, fusto e foglie).
Sono cormofite le pteridofite (Felci), le gimnosperme e le
angiosperme.
Tallofite
(Piante
non
vascolari)
batteri e alghe azzurre
(Cyanophyceae),
organismi a metà tra
•Schizofi
animali e vegetali: capaci
te
di movimento, di
nutrizione attiva, di
fotosintesi
•Tallofite
•Briofite
alghe verdi
(Chlorophyceae)
piante di piccole
dimensioni, che
mancano di strutture
vascolari differenziate.
Le forme più conosciute
sono i muschi
•Pteridofite
Cormofite
(Piante
vascolari)
Le felci
(dal greco: spèrmatos = seme ;
phytòn = pianta)
Questo gruppo include le piante più
•Spermatofite
evolute, rappresentate dalle
Gimnosperme e dalle Magnoliofite
(o Angiosperme).
Polypodium vulgare L.
Felci fossili del genere
Pecopteris - Carbonifero sup.
delle Alpi Carniche
SCHEMA DI SUDDIVISIONE DELLE SPERMATOFITE
Conifere
(Conipherophyta) la più numerosa (circa
550 specie), costituita per la maggioe
parte da piante sempreverdi;
(Cycadophyta)
Gimno
sperme
Cicadofi
te
Ginkgofite
Gnetofite
costituita da piante di aspetto simile a quello delle palme, abbondantemente
rappresentate durante il Devoniano (circa 285 milioni di anni fa)
e oggi limitate ad alcune regioni tropicali e subtropicali;
(Ginkgophyta) rappresentate da un unico genere e un’unica specie, Ginkgo biloba,
dalle
tipiche
foglie
a
ventaglio,
(Gnetophyta), che contano una settantina di specie suddivise in tre generi, diffuse
nelle regioni calde del pianeta.
Monocotiledoni
(65.000 specie) possiedono uno solo cotiledone (
a volte, nessuno), il fiore è trimero, le parti fiorali,
cioè, sono in numero di tre o multipli di tre. Ad
esempio il fiore può avere 3, 6 o 9 petali). La
porzione esterna del fiore è formata da un
perianzio, costituito da tepali, inoltre, la maggior
parte delle monocotiledoni hanno le fogliecon
nervature parallele (parallelinervie) e sono di
forma allungata, e spesso amplessicauli.Le radici
sono sempre avventizie.
Angiosperme
Dicotiledoni
( 170.000 specie) possiedono due cotiledoni (raramente anche
1, 3 o 4),foglie generalmente retinervie; presenza costante, nel
fusto, nei rami e nelle nervature, del cambio; fusti erbacei con
fasci collaterali aperti; fusti e rami legnosi con cerchi annuali di
accrescimento; numero elevato ed indefinito di pezzi fiorali
(ovvero, se definito, più spesso di 5 o 4); radici mature a
fittone o fascicolate (con radici primarie e/o avventizie).
Secondo la classificazione di Takhtajan e Cronquist le
Dicotiledoni si dividono in sei sottoclassi e precisamente:
Magnoliidae, Hamamelidae, Caryophyllidae, Dilleniidae,
Rosidae e Asteridae. Ogni sottoclasse è divisa in vari ordini e
numerose famiglie
Appunti di Sistematica vegetale
Sistematica
Questa scheda esplicativa riguarda la sistematica fino alla Classe e
comprende la quasi totalità della Divisione Magnoliophyta
(Angiosperme), le cosidette "piante a fiori".
Valida per tutte le piante, tranne Felci, Muschi, Licheni
•
Lo schema è tratto dalla nuova nomenclatura botanica codificata e approvata a Tokio nel 1994
art.1(Code of Botanical Nomenclature).
Il Super-regno o Dominio EUKARYOTA o Eukaria (eucariota) comprende organismi formati da
cellule con un vero nucleo racchiuso da una membrana e contenente il DNA; il nucleo è
circondato dal citoplasma che contiene diversi organuli deputati a varie funzioni, il tutto racchiuso
da una membrana citoplasmatica.
Sulla base della suddivisione in 5 Regni, proposta da Whittaker nel 1959, gli "Organismi viventi"
costituisco i regni: Monera, Protista, Plantae, Fungi, Animalia.
Regno Plantae (Piante):
nella nuova sistematica è la voce che comprende gli organismi viventi pluricellulari autotrofi, cioè
capaci, mediante la fotosintesi clorofilliana, di procurarsi l'alimentazione tramite l'aria atmosferica,
sali minerali disciolti in acqua e la luce solare.
•
Sottoregno Tracheophyta (Tracheofita) o anche Tracheobionta, Cormophyta
•
Superdivisione Spermatophyta (Spermatofita) o anche Phanerogamae (Fanerogame) o
Antophyta (Antofita):
comprende gli organismi vegetali vascolari(trachee o tracheidi), cioè che hanno tessuti adatti a
trasportare la linfa grezza da un apparato radicale(radici) attraverso un fusto e un apparato
fogliare (foglie) da cui discende la linfa elaborata dalla fotosintesi a tutti i tessuti.
La superdivisione indica che si tratta di piante che producono semi per la riproduzione.
•
Divisione o Phylum (Tipo) Pinophyta (Pinofita) o Gymnospermae (Gimnosperme):
indica una categoria di vegetali quasi sempre arboree o arbustive (alcune Gnetales sono di tipo lianoso), che
hanno ovoli nudi cioè non protetti da un ovario come nelle Angiosperme e di conseguenza esposti al polline che li
feconda direttamente. Gli sporofilli sono raggruppati in formazioni chiamate strobili o coni. La fecondazione è
anemofila (tramite il vento)
Sono anche caratterizzate dalla formazione di legno di tipo omoxilo(non differenziato in alburno e duramen).
Le Pinophyta sono molto più antiche delle Magnoliophyta(Angiosperme), risalgono dal Paleozoico (230-600 milioni
di anni fa), ma il loro massimo sviluppo si è avuto forse, durante i periodi Carbonifero e Permiano dai 230 ai 350
milioni di anni fa.
•
Divisione o Phylum (Tipo) Magnoliophyta (Magnoliofita) o Angiospermae (Angiosperme),
•
Sottodivisione Magnoliophytina o Angiospermatophytina,
•
Classe Magnoliopsida o Dicotyledones (Dicotiledoni),
•
Classe Liliopsida o Monocotyledones (Monocotiledoni)
raggruppa le piante provviste di un fiore vero che, con l'ovario che è parte del pistillo, protegge gli ovuli dalle
avversità, aggressioni e dalla disidratazione, in più il pistillo tramite barriere, contribuisce al controllo della qualità
del polline e lo stigma crea un ambiente ideale per la germinazione del granulo pollinico.
Il legno secondario è eteroxilo, cioè si divide in alburno e duramen, tranne in alcuni casi della sottocl. Magnoliidae.
Le Magnoliophyta pare siano comparse circa 200 milioni di anni più tardi delle Gimnosperme e cioè nel Cretaceo,
circa 130 milioni di anni fa quando il clima si fece caldo umido aumentando e favorendo il meccanismo di
speciazione in rapido aumento anche dovuto ai veloci cambiamenti climatici che le Angiosperme più ben
organizzate, hanno potuto irradiarsi ed affermarsi a spese di molte specie esistenti a quel tempo. Hanno tuttora,
una grande capacità di adattamento a condizioni estreme, superiore alle Gimnosperme. Contano nel mondo, circa
350.000 specie, circa 13.000 generi e circa 500 famiglie.
Le Dicotiledoni si differenziano per avere già nel seme due foglie primordiali attaccate all'embrione, che alla
germinazione fotosintetizzano
Le Dicotiledoni legnose vengono normalmente chiamate Latifoglie e sono circa 60.000 specie.
Le Monocotiledoni sono generalmente erbacee e il seme contiene una foglia primordiale attaccata all'embrione.
La radice
•
La radice è la parte del cormo che deriva dallo sviluppo del polo radicale
dell'embrione e cresce normalmente in direzione inversa a quella del caule,
introducendosi e radicandosi profondamente nel substrato.
La forma, la struttura e le dimensioni sono in stretto rapporto con le sue funzioni e
variano in relazione all'ambiente in cui la radice si sviluppa, si hanno così diversi tipi
di radice:
Primarie o principali sono le prime radici che si sviluppano dal seme.
Di secondo, terzo…ecc. ordine, sono quelle che si originano dalla ramificazione
della radice primaria
•
Funzioni della radice
•
Assorbimento: di acqua e sali
minerali in essa disciolti
assicurando un continuo
approvvigionamento idrico
necessario alla crescita e
sopravvivenza della pianta.
•
Ancoraggio: sostiene e mantiene
la pianta attaccata al terreno
•
Riserva : è il principale organo di
riserva della pianta in quanto è
formata soprattutto da parenchime
di riserva
•
Produzione di ormoni
•
Composizione della radice
Le radici sono composte da tre tipi di tessuto:
•
l'epidermide, che è lo strato più esterno, che presenta una zona apicale liscia e glabra rivestita
da una sottile guaina protettiva detta pileoriza o cuffia che con l'accrescimento della radice si
sfalda e libera una sostanza lubrificante che favorisce la sua penetrazione nel terreno.
Al disotto ed internamente alla cuffia si trova l'apice radicale che è costituito da cellule
meristematiche, capaci cioè di moltiplicarsi ed originare tutti i tessuti dell'organo, immediatamente
sotto l'apice si trova una zona glabra formata da cellule in via di differenziazione che perdendo le
caratteristiche di cellule meristematiche si differenziano in quelle dei tessuti adulti, è detta zona di
differenziazione o zona liscia.
Alla zona liscia segue una provvista di peli radicali alla quale si dà perciò il nome di zona pilifera o
di assorbimento.
Il colletto, infine, è situato all'estremità opposta dell'apice radicale e forma la porzione che unisce
fusto e radice.
•
la corteccia, che si trova al di sotto dell'epidermide, dove avviene la diffusione delle sostanze
assorbite che possono così raggiungere i vasi
•
il cilindro vascolare, che costituisce il cuore della radice, dove sono localizzati i vasi (xilema e
floema) per il trasporto delle sostanze lungo il corpo della pianta.
la cuffia o caliptra, struttura molto importante, formata da cellule particolari gelatinose che con la
loro lubrificazione e continua rinnovazione permettono la penetrazione anche in terreni molto
compatti e rocciosi.
•
• Tipi di radice
• Le radici si possono suddividere in tre gruppi, nell'ambito dei quali ci
possono essere forme diverse:
• Radici a fittone: costituite da una radice diritta più importante e
radici secondarie laterali ramificate in radichette.
• Radici fascicolate: costituite da un insieme di radici suddivise in
fasci, che si dirama dal colletto. La maggior parte delle Graminacee
ha radici fascicolate.
• Radici avventizie: costituite da una radice diritta più importante e
radici secondarie laterali ramificate in radichette.
•
Altre forme di radice possono essere:
•
Ipogee, acquatiche e aeree se si sviluppano sotto terra, nell’acqua o fuori del terreno.
•
Accessorie: che originano in punti determinati del caule, come ad esempio in corrispondenza dei nodi.
•
Allorriziche (sin. = radici a fittone): tipiche delle Dicotiledoni. Si originano dall'embrione nel quale l'apice del fusto
e la radichetta sono in posizione opposta, e la radice primaria ha uno sviluppo preponderante
•
Omorriziche o radici fascicolate o radici affastellate: tipiche delle Monocotiledoni, derivano dall'embrione munito
da una radichetta posta lateralmente che cessa presto di vivere e viene sostituita dalle radici tutte della stessa
grandezza che si originano dalla parte basale del fusto
•
Aggrappanti: particolari radici accessorie che si sviluppano dal lato del fusto a contatto di un sostegno, ad
esempio nell' Edera.
•
Avventizie:radici che originano dal fusto o dalle foglie e che si formano in seguito a fenomeni traumatici quali
ferite o distacco di una porzione della pianta madre.
•
Colonnari o fulcranti: particolari radici aeree, che si ingrossano e si irrobustiscono come delle colonne
assumendo anche una funzione di sostegno.
•
Tuberiformi ricche di sostanze di riserva, ingrossate tipo tubero
•
Tuberizzate o tuberose: radici ingrossate tipo tubero poste solo in alcune parti della radice stessa
•
Fibrose sono filiformi e non ramificate
•
Ramificate quando la radice principale si ramifica subito in un certo numero di radici secondarie di dimensioni più
o meno uguali
•
Pneumatofori sono radici modificate che con un geotropismo negativo, si innalzano dal terreno verticalmente con
la funzione di aerazione di alcune piante che vivono in acqua.
•
Austeri sono radici con le quali le piante parassite succhiano la linfa delle piante ospiti.
Il Fusto o Caule
•
Il Fusto o Caule
Una delle prime esigenze che le Cormofite hanno dovuto affrontare per
poter fruire in modo ottimale dell’azione dei raggi solari, tanto necessari alla
fotosintesi clorofilliana, è stata quella di sviluparsi in altezza. A questo scopo
provvede il fusto o caule che è originato dalla gemma apicale (o
caulinare) dell’embrione e che rappresenta la parte assiale del cormo.
Il fusto è l'organo fondamentale delle piante vascolari, nasce dal
prolungamento della radice, generalmente porta rami, foglie e gemme che
nascono in zone precise, chiamate nodi, e che sono separate da spazi detti
internodi.
Di forma generalmente allungata si sviluppa in senso opposto a quello della
forza di gravità (geotropismo negativo), emettendo rami laterali che se
subordinati al tronco (come nelle conifere) formano la ramificazione
monopodiale, quando invece cessa l'attività della gemma terminale e uno
o più rami laterali si sviluppano maggiormente (come generalmente nelle
dicotiledoni, castagno ecc.) si ha la ramificazione simpodiale.
•
Il fusto ha essenzialmente funzioni di sostegno delle foglie e delle altre
strutture della pianta e di conduzione dell’acqua e delle sostanze nutritizie
attraverso i vasi del tessuto vascolare, che sono disposti verticalmente e
che dalla radice si estendono sino alle foglie, all'interno delle quali vengono
impropriamente chiamati nervature.
Questi fasci vascolari prendono il nome di xilema (o legno) che è un
tessuto conduttore morto formato da vasi e fibre e che ha funzione di
trasporto della linfa grezza (ascendente) e di sostegno, floema (o libro o
cribro) che è un tessuto conduttore vivo formato da cellule sovrapposte che
formano i "tubi cribrosi" che hanno la funzione di trasportare la linfa
elaborata dalle foglie in tutte le direzioni.
Questi tessuti vascolari nelle monocotiledoni sono sparsi apparentemente a
caso all’interno del fusto, mentre nelle dicotiledoni sono disposti in modo
ordinato all’interno della corteccia e esternamente al cilindro centrale.
Tra lo xilema e il floema nei fusti legnosi delle gimnosperme e nelle
dicotiledoni è posto il cambio che è un tessuto meristematico costituito da
cellule "giovani" che all’inizio della stagione vegetativa si moltiplicano e
successivamente differenziandosi formano xilema e floema secondario. La
spinta verso l’esterno del nuovo floema, in relazione all’aumento del
diametro del fusto, fa lacerare e morire i tessuti più teneri della corteccia,
che però vengono sostituiti dal sughero, prodotto dalla divisione di altre
cellule poste immediatamente sotto la corteccia chiamate fellogeno.
Struttura del Fusto
•
Esaminando la struttura di un fusto legnoso partendo dal centro troveremo:
•
il midollo, che costituisce un parenchima di riserva
•
il legno, che ha il compito di trasportare l’acqua e di sostenere la pianta
•
il cambio,che produce xilema e floema
•
il libro, che trasporta la linfa
•
la corteccia, che oltre ad essere un parenchima di riserva, protegge il caule
•
Il fellogeno, che produce il sughero
•
Il sughero, che costituisce il rivestimento estermo del caule.
La struttura del fusto erbaceo
Non presenta accrescimento secondario e la sua corteccia è verde e trasparente per consentire la fotosintesi.
I fasci vascolari sono sparsi nel parenchima e formati da legno e libro senza cambio.
Tipo di Fusto
• In relazione al suo sviluppo e alla consistenza dei tessuti il fusto può
essere:
Erbaceo se i suoi tessuti non sono lignificati, e può essere
chiamato:
• Stelo se porta foglie e fiori, ed è tipico delle erbe;
• Culmo è tipico delle Graminacee, (cereali), fusto cavo all'interno a
livello degli internodi, ma molto resistente, con molti nodi;
• Scapo fusto senza foglie e rami, porta solo i fiori terminali
(Tulipano).
suffruticoso se è ramificato sin dalla base ma i suoi rami sono lignificati solo alla base, mentre
quelli superiori rimangono erbacei, (Rosa)
arbustivo o cespuglioso se è ramificato sino dalla base e non raggiunge i 5 m. in altezza
(Biancospino)
Legnoso che a sua volta può essere:
arboreo se ha le ramificazioni che iniziano ad una certa altezza e supera i 5 m. (Castagno,
Faggio ecc)
acaule, quando il fusto è ridotto o assente;
culmo, il fusto erbaceo o lignificato, cilindrico, non ramificato, vuoto all’interno ma pieno ai nodi da cui partono le foglie
(Graminaceae);
In relazione all'aspetto del fusto dicesi:
calamo, fusto erbaceo vuoto senza nodi (Giunco)
stipite, il fusto non ramificato con una rosetta di foglie all'apice (Palme);
scapo o scapo florale, il fusto erbaceo privo di foglie o con foglie basali che termina con uno o più fiori
• In base al portamento, i fusti possono essere classificati in:
Epigei che si sviluppano al di sopra del terreno:
• Eretti, con portamento epigeo diretto verso l'alto
• Prostrati, che si allungano sul terreno senza produrre radici.
• Striscianti, con portamento adagiato e parallelo al suolo
• Reptanti quando è poco resistente e cresce adagiandosi sul terreno
ed emettendo a volte radici avventizie stoloni (Fragola) necessarie a
facilitare la riproduzione
• Rampicanti, fusto che si sostiene con degli organi di attacco ben
determinati come i viticci nella vite, le radici avventizie nell' edera o
gli aculei nel rovo.
• Volubili, si sostengono avvolgendosi semplicemente ad un supporto
(Convolvulus)
•
Ipogei che si sviluppano nel substrato subendo particolari modificazioni:
•
Bulbo, che ha forma sferica, con radici nella parte inferiore e munito di
particolare foglie carnose (catafilli) e di un apparato fogliare protettivo. Ha
funzione di riserva delle sostanze nutritizie. (cipolla, tulipano)
•
Bulbotubero, simile al bulbo ma, con le scagli almeno in parte saldate
(colchico)
•
Tubero , con forma globosa, è un deposito di sostanze nutritizie, dotato di
gemme (occhi) capaci di originare fusti aerei.(patata) Rizoma, fusto
strisciante, anche ipogeo, a decorso orizzontale (plagiotropismo) che
produce superiormente delle gemme da cui si svilupperanno dei polloni, ed
inferiormente delle radici. Esso svolge anche delle funzioni di riserva delle
sostanze nutritive e il portamento può essere più o meno ingrossato o avere
aspetto tuberiforme.(mughetto, felci)
Modificazioni del Fusto
• I fillocladi (pungitopo) e i cladodi (fico d'india)
sono rami corti, compressi, di forma laminare, di
colore verde e capaci di attività fotosintetica.
• I viticci possono derivare da ramoscelli
filamentosi, erbacei, capaci di avvolgersi attorno
a un sostegno di varia natura, come nella vite.
• Le spine sono rami modificati che si sviluppano
da una gemma ascellare, come nel Cytisus.
La Foglia
•
La foglia è un organo aereo considerato un'appendice del Caule, generalmente
laminare, espanso e sottile. Compito principale della foglie è di regolare i processi di
traspirazione e respirazione delle piante.
Le differenze maggiori nella morfologia delle foglie si hanno tra le Conifere (foglie
aghiformi) e le Dicotiledoni, con foglie bifacciali se le due facce sono diverse e
isofacciali se le due superfici sono uguali.
La foglia è costituita da quattro parti:
•
•
•
•
lamina o lembo: la parte estesa della foglia
picciolo: la parte che collega la foglia al ramo, se manca si dice foglia sessile
guaina: il punto di attacco del picciolo al ramo
stipole: espansioni laminari alla base del picciolo, a volte assenti o caduche.
Durante il processo evolutivo, anche in relazione all'ambiente le foglie hanno subito
notevoli trasformazioni per renderle adatte a svolgere precise funzioni, si sono così
diversificate in diversi tipi, ognuno con una propria morfologia.
•
normofilli: sono le foglie propriamente
dette o foglie nornali. Il normofillo è di
solito verde, ha la funzione di regolare
gli scambi gassosi (traspirazione e
respirazione), il bilancio idrico, e di
svolgere il processo di assimilazione e
fotosintesi necessario alla vita della
pianta;
•
catafilli: quali le squame che sono
foglie squamiformi , con funzione
protettiva e/o di riserva nei bulbi, tuberi
e rizomi, povere o prive di clorofilla; e
le perule che sono foglie esterne,
generalmente sclerificate che
proteggono le gemme e che in genere
cadono quando quest'ultima si
schiude;
•
ipsofilli o brattee: sono foglie parzialmente ridotte, poste nella parte
superiore del fusto sugli assi fioriferi che accompagnano le infiorescenze.
Hanno funzioni protettive del bocciolo fiorale e talvolta di richiamo degli
insetti impollinatori ( Stella di natale)
•
antofilli: foglie profondamente modificate con funzioni di protezione (sepali
del calice e petali della corolla);
sporofilli fertili divisi in microsporofilli o stami e macrosporofilli o carpelli
che adempiono alla funzione riproduttiva.
•
•
cotiledoni o embriofilli: sono le prime foglie differenziate dall’embione
(foglie embrionali), che in alcuni casi escono dal terreno svolgendo la
funzione fotosintetica (faggio, pino) , mentre in altri (noce, quercia) non
partecipano alla funzione clorofilliana o vi partecipano in modo limitato
(fagiolo) diventando organi di riserva spesso rimanendo ipogei. Il
cotiledone delle graminacee è trasformato in un organo (scutello) che
svolge funzione di secrezione di enzimi e di assorbimento delle sostanze
nutritive dal seme.
•
spine di specie come i Cactus e i viticci di molte specie rampicanti
(Leguminose
Struttura dei tessuti della Foglia
•
Le superfici esterne delle foglie bifacciali, tipiche di molte Dicotiledoni, sono costituite
da una pagina superiore o ventrale ed una inferiore o dorsale, in alcune piante
esse si differenziano per il colore più scuro e più lucido nella pagina superiore rispetto
a quella inferiore che appare più chiara e opaca (olivo, faggio), a causa della cuticola
più spessa che riveste la superficie della pagina superiore più esposta agli agenti
atmosferici .
Sezionando una foglia sotto la cuticola e l’epidermide superiore troviamo uno o più
strati sovrapposti di cellule strettamente ravvicinate ed allungate perpendicolarmente
alla superficie, che prende il nome di parenchima a palizzata o parenchima
clorofilliano le cui cellule ospitano la maggior parte dei cloroplasti della foglia e che è
addetto pertanto alla fotosintesi.
Al di sotto del parenchima a palizzata è posto il parenchima lacunoso, composto da
cellule con diversi spazi intercellulari che permettono agli stomi sottostanti gli scambi
gassosi con l’esterno.
Tra i due parenchimi appaiono le venature costituite dal legno verso la pagina
superiore e il libro
rivolto verso la pagina inferiore, che a volte sono accompagnate da fibre
sclerenchimatiche con funzioni di sostegno.
L’ultimo strato di cellule è costituito dall’epidermide inferiore dove si trovano, protetti
dai raggi diretti del sole, gli stomi, aperture regolate da due cellule di guardia, che
variando il loro turgore, li chiudono e li aprono per bilanciare la diffusione di acqua e
biossido di carbonio.
La zona parenchimatica compresa tra le epidermidi superiore e inferiore è detta
mesofillo
Inserzione delle Foglie
•
La foglia si collega al ramo in un punto chiamato nodo, (che corrisponde all'ascella
della foglia) di norma tramite un picciolo, che è una specie di rametto più o meno
breve (il gambo della foglia) e che a volte è assente (foglia sessile).
A volte può esistere una guaina, che è un'espansione membranosa del picciolo o
della base della foglia che in tal caso tende ad abbracciare il caule totalmente o
parzialmente; si dice allora che la foglia è guainante (frumento), o amplessicaule
(caprifoglio). In queste piante all'inserzione della guaina sulla lamina fogliare spesso
sorge una sporgenza detta ligula.
Quando le orecchiette alla base della foglia si saldano dando l'impressione che il
fusto attraversi il lembo la foglia è perfogliata (Tlaspi), se il lembo si prolunga sul
fusto con delle ali la foglia è decorrente, quando due foglie opposte hanno la base
del lembo saldata si dicono connesse ed infine se il picciolo si inserisce nel mezzo
del lembo la foglia è peltata.
La parte piatta della foglia, preposta a svolgere le funzioni principali, è chiamata
lembo o lamina che ha due facce (pagina superiore ed inferiore) e tre regioni ((base,
apice e margine), ed è percorsa dalle venature.
Spesso la base fogliare è alata, munita cioè di una coppia di stipole che sono
foglioline accessorie più o meno piccole, inserite alla base del picciolo e che possono
essere caduche (faggio) che si staccano con la distensione della foglia, oppure avere
importanti funzioni fotosintetiche (pisello) od anche trasformarsi in spine (robinia)
Foglie particolari
•
Otre a questo tipo fondamentale di organizzazione esistono altri tipi di struttura fogliare, così avremo:
•
Foglie equifacciali o isolaterali come quelle in Artemisia e Atriplex che hanno il mesofillo con due strati
periferici di parenchima a palizzata e il parenchima lacunoso posto tra questi, o in Lilium ed alcune graminacee
che hanno il mesofillo non differenziato ed omogeneo, o infine in Eucalyptus dove il parenchima a palizzata
occupa tutto il mesofillo.
•
Foglie unifacciali, probabilmente derivate da una foglia ventrale che dopo essersi ripiegata su se stessa ha
saldato i suoi margini, prendendo forma di una specie di tubo con la parte ventrale all’esterno ( Iris, cipolla).
L’ambiente condiziona la struttura fogliare anche sulla stessa pianta (anisofilia) così in alcune specie (faggio) le
foglie di luce esterne che formano la chioma, più esposte ai raggi solari e ai venti e quindi più facilmente soggette
ad un disseccamento, avranno un ispessimento dell’epidermide e un incremento del parenchima a palizzata
mentre il parenchima lacuoso si riduce, fenomeno che non si verifica nelle foglie d’ombra sottostanti, protette dagli
agenti atmosferici, che si presentano flaccide, più chiare e spesso più espanse.
Altra difesa adottata per combattere la siccità dell’ambiente, senza rinunciare alla funzione fotosintetica fogliare è
qualla adottata dalle piante a foglie carnose o succulente quali i Sedum, Sempervivum, Crassula, dove il
parenchima lacunoso viene parzialmente sostituito da un parenchima acquifero, costituito da grosse cellule ricche
di mucillagini atte a trattenere notevoli quantità di acqua.
Un altro adattamento all’ambiente secco, adottato da alcune piante come i pini, è l’affossamento degli stomi o
come negli oleandri la protezione degli stomi nelle cripte stomatiche, strategie atte a ostacolare una notevole
circolazione d’aria, risultato che ottengono anche la Calunna e Loiseleuria ripiegando le foglie creando dei solchi
simili alle cripte anzidette.
L’adattamento delle idrofite all’ambiente si manifesta con un assottigliamento delle cuticole e gli stomi che tendono
a sporgere dalla superficie fogliare sono posti nelle piante gallegianti, nella pagine superiore (Nimphaea). Nelle
foglie sommerse completamente gli scambi gassosi avvengono direttamente per diffusione attraverso la superficie
epidermica, nella quale la cuticola generalmente è assente.
Forme e denominazioni
delle Foglie
•
Foglie semplici e composte
La lamina della foglia può presentarsi:
•
intera o semplice cioè senza lobi od incisioni, o con incisioni della lamina che non raggiungono la
metà della distanza tra la nervatura centrale ed il contorno della foglia
•
non intera cioè con incisioni maggiori della distanza compresa tra la nervatura centrale ed il
contorno della foglia.
Nel caso di foglie con incisioni più o meno marcate si diranno allora:
•
•
•
•
fesse o lobate se con incisioni minori della distanza tra nervo centrale e contorno della foglia,
quindi meno di ¼ della larghezza della foglia;
fide se le incisioni sono pari alla distanza tra nervo centrale e contorno della foglia, quindi
misurano ¼ della larghezza della foglia;
partite se con incisioni maggiori della distanza tra nervo e contorno, ma non raggiungenti il nervo,
quindi più di ¼ della larghezza della foglia);
settate se le incisioni raggiungono il nervo centrale con divisione completa in foglioline
secondarie ciascuna delle quali imita la foglia intera, che crescono su una sorta di rametto detto
rachide che è la trasformazione della nervatura centrale, dotate o meno di picciolo, è il caso delle
foglie composte.
Disposizione della
Foglie
•
Disposizione delle foglie
Rispetto alla disposizione delle foglioline sull’asse principale della foglia (rachide) la
foglia composta può essere
pennata, se i segmenti (foglioline) sono disposti come le barbe di una penna
sull'asse (rachide), saranno allora:
•
imparipennata se il loro numero è dispari e l'apice della foglia terminato da un
segmento più o meno simile a quelli laterali
•
paripennata nel caso contrario e l'apice della foglia è senza segmenti, o è terminato
da un cirro (filamento prensile) o mucrone (breve punta diritta).
bipennata o pluripennata se le foglioline sono a loro volta composte da altre
foglioline cioè l'asse è ramificato 1-2 o più volte, e ciascun ramo è pennato.
trifogliata, se ha tre foglioline
palmata o digitata se sono disposte come le dita di una mano cioè se i segmenti
sono tutti originanti dallo stesso punto.
pedata se ciascuna fogliolina è inserita sulla fogliolina vicina con segmenti paralleli, il
mediano libero i laterali più o meno uniti alla base.
pettinata con divisioni strette e opposte sui due lati come i denti di un pettine
La forma del lembo
•
Rispetto alla forma del lembo la foglia può essere:
•
acinaciforme, che ha la forma di una scimitarra
•
aghiforme, quando è molto stretta ed allungata ma non piatta, bensì a sezione cilindrica o prismatica (larice, pino)
•
astata, che ha forma di lancia, con due appendici acute e divergenti
•
cocleariforme, a forma di cucchiaio
•
cuneiforme, a forma di cuneo
•
cuoriforme, a forma di cuore (viola)
•
deltoide, a forma di delta o triangolare
•
ellittica. che ha la forma di un elisse, più lunga che larga e più larga nel centro e ristretta gradualmente verso le
estremità.
•
ensiforme, quando ha la forma della lama di una spada;
•
falciforme, a forma di falce
•
filiforme, quando è fine ed allungata come un filo
•
flabellata, a forma di ventaglio
•
lanceolata, quando ha la forma di una punta di lancia (pesco).
•
lesiniforme, quando assomiglia ad un punteruolo
•
lineare, quando è molto allungata, stretta e piatta ugualmente, per tutta la sua lunghezza (grano, segale) (se non
è piatta si chiama lamina aghiforme)
•
oblanceolata, quando ha la forma di una punta di lancia con la parte più stretta in basso
•
oblunga, quando è più lunga che larga.
•
obovata, quando ha la forma di un uovo ma, con la parte più larga in alto
•
ovata, quando ha la forma di uovo con la parte più larga verso il basso (limone)
•
panduriforme ossia a forma di chitarra
•
puntata, segnata da piccoli punti
•
reniforme, a forma di rene
•
romboidali, a forma di losanga
•
rotonda, quando la sua forma si avvicina a quella di un cerchio (tropeolo)
•
sagittata che ha la forma di una punta di freccia
•
setacee, strette, fini e rade come le setole del maiale
•
spatolata, se somiglia ad una spatola
•
spinescenti, se terminano con deboli spine
•
squamiforme, quando è ridotta a una piccole squama ed è disposta ad embrice come le tegole
di un tetto (cipresso).
Morfologia della foglia rispetto al margine
•
Rispetto al margine la foglia può essere:
•
•
repanda se ha i margini leggermente ondulati in maniera disordinata.
•
revoluta (con lamina revoluta o a margine revoluto) quando il lembo si ripiega verso il basso vicino al margine.
•
involuta al margine quando il lembo si piega verso l'alto
•
marginata quando è circondata da una bordatura
•
tronca quando è tagliata bruscamente da una linea trasversale
•
liscia o intera : se è senza alcuna sporgenza,
La Foglia con incisioni sul margine poco profonde può essere:
•
sinuosa o ondulata, se presenta incisioni poco profonde simili a onde
•
crenata: se ha sporgenze a contorno arrotondato (denti ottusi)
•
seghettata, se ha dentelli acuti inclinati verso l'apice;
•
dentellata, se i denti sono perpendicolari al margine;
•
dentata: il margine presenta sporgenze acute dirette in fuori,
•
doppiamente dentata: se il margine presenta una dentatura principale sulla quale appare una dentatura più
piccola.
•
dentato-spinosa: se i denti si prolungano con lunghe punte
•
festonata, se presenta incisioni a forma di festoni
•
Se le incisioni sul margine sono più profonde, le foglie sono dette incise e più precisamente:
•
lacerata, se presenta incisioni profonde e irregolari;
•
lobata con intaccature che non giungono alla metà della lamina formano lobi rotondeggianti: in
questo caso può essere palmatolobata o pennatolobata
•
bilobata, se divisa in due lobi
•
trifida se divisa in tre lacinie fino alla metà dellxasse longitudinale
•
ronciniata quando è pennatolobata con lobi acuti e ricurvi verso il basso
•
lirata quando è pennatolobata con il lobo superiore molto più grande degli altri.
•
partita con intaccature che giungono quasi alla nervatura centrale
•
tripartita , se divisa fin quasi alla base in tre parti
•
pennatopartita: foglia pennata con divisioni fin quasi alla nervatura centrale.
•
pennatifída foglia pennata con divisioni all'incirca a metà fra il margine e la nervatura centrale
•
setta è la foglia il cui lembo è diviso fino alla nervatura mediana; ad esempio palmato-settata
ecc..
Morfologia della foglia rispetto alla
sommità del lembo
•
Morfologia della foglia rispetto alla sommità del lembo
Rispetto alla sommità del lembo con apice
•
apiculato quando la sommità della foglia si restringe bruscamente in una punta corta e aguzza
•
acuto quando la punta della foglia si restringe bruscamente prima della sua terminazione.
•
ottuso: quanto la foglia è senza punta.
•
tronco: quando appare bruscamente interrotta.
•
retuso: quando l'apice rotondo della foglia è interrotto da una piccola insenatura.
•
smarginato: quando al posto della punta c'è un'incisione.
•
acuminato: quando la punta della foglia va gradatamente assotigliandosi.
•
mucronato: la punta della foglia è breve e sottile, quasi una spina o una setola (mucrone)
•
mucronulato: quando la punta o il mucrone è poco rilevante
•
tridentato: quando ha tre denti
Morfologia della foglia rispetto alla base
•
Morfologia della foglia rispetto alla base del lembo
Rispetto alla sommità del lembo con apice
•
cuoriforme o cordata: a forma di cuore
•
obcordata: a forma di cuore rovesciato cioè con l’apice diviso in due lobi rotondi.
•
ovata: quando ha la forma simile al profilo di un uovo.
•
obovata: quando ha una forma simile al profilo di un uovo con la base più stretta dell’apice.
•
attenuata: quando la base di restringe gradualmente verso il picciolo.
•
cuneata: quando il restringimento della lamina è più accentuato e la base è a forma di cuneo.
•
rotonda: quando non ha restringimenti.
•
tronca o truncata: quando la base termina bruscamente.
•
asimmetrica: priva di simmetria.
•
oblunga: molto più lunga che larga e arrotondata alle estremità.
•
obliqua: quando è obliqua rispetto al picciolo, ha cioè una metà della sua base termina più alta rispetto all’altra metà.
•
ottusa od obtusata: quando la base è arrotondata.
•
auriculata: quando termina con due orecchiette.
perfoliata: quando le orecchiette alla base della foglia si saldano dando l’impressione che il fusto attraversi il lembo.
•
sagittata o saettiforme: quando ha la lamina appuntita all'apice, e presenta alla base due lobi appuntiti, somiglianti a una freccia.
•
astata: che ha la forma di lancia con alla base due appendici triangolari acute e divergenti.
•
stipulata: che è dotata di stipule.
•
ocreata: dotata di ocrea.
•
ombelicata: è il caso delle foglie peltate, quando il picciolo si inserisce al centro della lamina
Morfologia della foglia rispetto
alla disposizione nella pianta
• Morfologia della foglia rispetto alla disposizione nella pianta
• foglie basali, quelle inferiori della pianta, poste al suolo o poco
sopra di esso. Se si inseriscono tutte assieme attorno alla base si
parla di rosetta basale.
• foglie caulinari, foglie inserite sul fusto e si distinguono in superiori
e inferiori
• foglie bratteali, sono le foglie semplici, per lo più piccole, che
talvolta contribuiscono alla formazione dell'involucro fiorale.
Rispetto all'ordine di inserimento sul caule
• Rispetto all'ordine in cui si insericono sul caule
• alterne quando ad ogni nodo di attacca una sola foglia,
• opposte quando ad ogni nodo si attaccano due foglie, in tal caso
possono essere distiche quando ogni coppia è orientata come
quelle adiacenti e decussate quando una coppia è ruotata di 90°
rispetto alla successiva, connate, se sono opposte e unite per la
base;
• sparse, se si dispongono a spirale verticale, inserite ciascuna su un
nodo a differente altezza
• verticillate, se sono tre o più per ogni nodo;
Rispetto al portamento
•
Rispetto al portamento
•
appressate quando crescono parallele e aderenti al fusto per quasi tutta la loro lunghezza (sono in genere
foglie sessili)
•
eretto patenti quando si distanziano dal fusto pur rivolgendosi nella stessa direzione e formando un
angolo acuto col il fusto.
•
patenti quando sono parallele al terreno sottostante e formano col fusto un angolo retto
•
riflesse quando incurvandosi si rivolgono, almeno in parte, verso il terreno sottostante
Rispetto alle venature
•
Rispetto alle venature
•
pennate o penninervie ( a nervatura pennata), in cui si distingue un nervo centrale più grosso al quale confluiscono
nervi laterali più sottili, a loro volta variamente ramificati in altre nervature più fini,
•
palmate e orbicolari o palminervie (a nervatura palmata o orbicolare) con diverse nervature principali disposte a
ventaglio,
•
parallelinervie (a nervature parallele), quando non esiste una nervatura principale ma diverse nervi paralleli che
percorrono la foglia per il lungo confluendo all'apice.
•
trinervie con tre nervature parallele
•
uninervie che hanno una sola nervatura principale evidente, le altre non sono visibili rettinervie se le nervature sono
diritte
•
curvinervie se le nervature sono curve
•
campilodrome se le nervature seguono dalla base all'apice la forma del margine della foglia.
•
reticolate, se le nervature che si incrociano a rete
•
retinervie, se tutte le varie nervature si saldano tra loro non presentando quindi terminazioni libere.
•
appressate quando crescono parallele e aderenti al fusto per quasi tutta la loro lunghezza (sono in genere foglie
sessili)
•
criptonervie con nervature non visibili
Rispetto alla superficie della lamina
•
Rispetto alla superficie della lamina
•
glauca: ricoperta da una polvere bianca o cerosa
•
farinosa: ricoperta da una finissima polvere
•
scagliosa: ricoperta da minute scaglie
•
viscida o vischiosa: ricoperta da una secrezione resinosa ed appiccicosa;
•
glutinosa: più o meno come vischiosa
•
puntata: punteggiata con piccolo fori o puntini traslucidi
•
papillata (Papillosa): che porta minute protuberanze a forma di papilla
•
tubercolata: ricoperta da escrescenze
•
verrucosa: ricoperta da verruche
•
rugosa: ricoperta da rughe
Foglia "glauca": Carduus crassifolius
Foglia "farinosa": Primula auricula
Foglia "puntata": Arabis alpina ssp. caucasica
Foglia "viscida": Pinguicola sp
Foglia "rugosa": Brassica oleracea ssp. robertiana
Foglia "tubercolata": Echium vulgare
Rispetto alla pelosità
•
Rispetto alla pelosità
•
glabra: completamente priva di peli
•
pelosa: ricoperta di peli in genere che a seconda del tipo di pelosità si dicono:
•
pubescente: ricoperta di peluria breve e fitta
•
tomentosa: ricoperta da una fitta peluria cotonosa, bianca e molle (tomento)
•
lanosa o lanata: con peli lunghi e flessuosi, come la lana
Altri tipi di pelosità
•
arachnoide: con peli morbidi come la ragnatela
•
barbuta: con peli lunghi e rigidi.
•
canescente: con peli biancastri
•
cigliata: con peli lungo il margine del lembo
•
flocculosa: con peli molli e lanosi.
•
ghiandolosa: ricoperto di peli ghiandolari
•
irsuta: ricoperto di peli rigidi
•
lepidota: ricoperta di peli a forma di scudo o di squama (pagina inferiore dell'olivo)
•
scabra: (al tocco) per peli corti e rigidi.
•
sericea: coperto di peli lunghi, molli, diritti, pressati che danno un'apparenza serica
•
stellati: peli a forma di stella (comuni in Malvaceae).
•
strigosa: coperto di peli orizzontali, taglienti, diritti, pressati.
•
villosa: ricoperto di peli lunghi e morbidi e biancastri
•
Tipi di peli
•
unicellulari costituiti da una sola cellula, quindi continui, non articolati
•
pluricellulari costituiti da più cellule e quindi, se osservati al microscopio,
divisi in articoli.
•
piumosi (con brevi ramificazioni laterali)
•
stellati (ramificati a forma di stella).
•
semplici (non ramificati),
Alcuni peli semplici possono essere:
•
uncinati all'apice, dando alla pianta una consistenza ruvida al tatto.
•
urticanti peli fragili e ripieni di una sostanza urticante (genere urtica)
•
ghiandolari: sono in realtà ghiandole portate da lunghi peduncoli simili a
peli ingrossati all'apice a mo' di spillo
Foglia "glabra" = Ranunculus ficaria
Foglia "pelosa" = Glaucium flavum
Foglia "irsuta" = Borrago officinalis
Foglia "ragnatelosa o arachnoide" = Sempervivum arachnoideum
Foglia "ruvida" = Leodonton anomalus
Foglia "sericea" = Scabiosa holosericea
Foglia "lanosa" = Otantus maritimus
Foglia "scabra" = Ficus carica
Peli "stellati" di Quercus ilex (Leccio) al microscopio
Particolare di foglia inferiore di Quercus pubescens Wild.
(Roverella) al microscopio
Il Fiore
Struttura del Fiore
•
Il Fiore è un organo esclusivo delle Angiosperme (piante a fiori) che
contiene l'apparato riproduttore della pianta (androceo e/o gineceo).
Generalmente le piante superiori hanno fiori ermafroditi (o fiori perfetti, o
monoclini), in cui sono presenti contemporaneamente organi maschili e
organi femminili, ma in alcuni casi i sessi sono separati (fiori diclini o
unisessuali); infatti le piante dioiche (ortica, luppolo, salice) portano fiori
maschili e femminili su piante diverse e le piante monoiche (mais,
cocomero asinino) portano i fiori di ambo i sessi sulla stessa pianta.
Struttura del Fiore
Il fiore è un germoglio particolare costituito da foglie modificate; è collegato
al ramo per mezzo di un peduncolo e all'apice termina con una parte
allargata detta ricettacolo (se il peduncolo manca il fiore è sessile).
Su di esso sono inserite numerose appendici specializzate, formate da
foglie modificate, (antofilli) che nei fiori più evoluti sono disposte in anelli
(verticilli) concentrici (fiore ciclico), mentre in quelli più primitivi hanno una
conformazione a spirale (fiore aciclico) se sono disposte in parte in verticilli
e in parte a spirale i fiori saranno emiciclici (fragola).
A seconda della loro specializzazione gli antofilli sono sterili o fertili
Antofilli sterili
•
Il perianzio e il perigonio
Il perianzio è formato dai verticilli fiorali più esterni (calice e corolla). Considerando la presenza o
assenza di questi verticilli il fiore può essere:
•
Aclamidato (o nudo) quando manca del calice e della corolla, ossia del perianzio o del perigonio
(euforbia, salice, frassino).
•
Clamidato (o vestito) se è fornito di almeno uno dei suddetti verticilli, ed in tal caso può essere:
•
Monoclamidato (o omoclamide o apetalo) è il fiore che presenta il solo calice (Urticaceae). Nelle
Clematis (Ranunculaceae) i sepali hanno il colore e la forma dei petali si dice allora che i sepali
sono petaloidi.
•
Diclamidato se presenta entrambi i verticilli (perianzio)
Se tutte le foglie perianziali sono disuguali, il fiore si dice eteroclamide. In tal caso il verticillo o i
verticilli più esterni, sono chiamati sepali e costituiscono il calice.
Il verticillo o i verticilli più interni costituiscono la corolla e i singoli elementi vengono chiamati
petali.
Se tutte le foglie perianziali (come di norma frequentemente accade nelle monocotiledoni) non
sono molto diversi per forma, colore e funzione il perianzio prende il nome di perigonio, e i singoli
pezzi del perianzio quello di tepali. A seconda della sua forma e del suo colore, il perigonio può
assumere aspetto corollino (tepali petaloidi) o aspetto calicino (tepali sepaloidi).
Perianzio e Perigonio
•
Il calice
Il verticillo più esterno è detto calice e in genere è formato da una serie di
sepali generalmente verdi che proteggono la gemma fiorale prima che il
fiore sbocci.
Se i sepali sono liberi fra loro, il calice si dice dialisepalo o polisepalo
(lino, rosa); se uniti, anche per un breve tratto, si dice invece gamosepalo
(primula, mughetto, datura).
Nel calice gamosepalo si possono distingurere 3 elementi: il tubo che è la
parte dove i sepali restano uniti, la gola che è la parte dove si separano e il
lembo che è la porzione libera formata dai lobi.
Il calice gamosepalo può assumere diverse forme in relazione a quella dei
suoi componenti: segato, partito, digitato, dentato, bidentato, tridentato,
etc.; e ancora tubolare (garofano), campanulato (fagiolo), turbinato
(ontano).
Si dice chiuso quando i sepali si toccano nei margini; spiegato se si
mantengono orizzontali (viola), reflesso se si presentano rovesciati al
disotto (ranuncolo); è caduco (se si disperde all’aprirsi del fiore), deciduo (
se, come nella paggior parte dei casi, si distacca dopo la fecondazione) o
persistente (se accompagna il frutto) e accrescente se si espande durante
la fruttificazione, (Physalis) ; fogliaceo, petaloideo (Helleborus, Impatiens);
può formare speroni nettariferi (Viola) e trasformarsi in pagliette,
squamette, setole, pappo e si presenta semplice, piumoso, sessile.
Calice dialisepalo
Calice gamosepalo
Calice e calicetto
•
Il calicetto
•
In talune piante (Malvaceae) immediatamente sotto il calice è presente un verticillo di foglioline
sepaloidee distinte dal calice che viene chiamato calicetto.
•
La corolla
•
All'interno del calice è inserita la corolla, formata da una serie di petali che hanno la funzione di
attirare gli insetti impollinatori; per questo motivo hanno spesso colori sgargianti e sono dotati di
ghiandole che secernono nettare e altre sostanze zuccherine.
A seconda del numero dei petali, la corolla può essere dimera, trimera, tetramera, pentamera.
Così come per i sepali del calice anche i petali possono essere concresciuti e saldati tra loro per
tutta la loro lunghezza (corolla gamopetala) oppure essere liberi (corolla dialipetala).
Nella corolla gamopetala la porzione dei petali saldati tra loro è detta tubo corollino, e le parti
libere sono chiamate lobi, tra i lobi e il tubo è posta la gola.
A seconda della forma può essere
•
regolare (actinomorfa) quando la corolla è simmetrica rispetto ad un punto o ad un asse, quindi
ha diversi piani di simmetria. Sarà quindi:
•
tubulosa: cilindrica, col tubo corollino terminato da brevi lobi (Consolida);
•
campanuliforme: allargata a guisa di campana e i lobi saldati fino all’estremità (Datura),
•
imbutiforme: con i lobi saldati fino all’estremità ma a forma di imbuto (tabacco, convolvolo);
•
ipocrateriforme: con tubo lungo e stretto terminato da lobi lunghi,distesi e piani somigliante a
coppe antiche (gelsomino, vinca);
•
rotata con tubo cortissimo e lobi rotondi disposti come i raggi di una ruota (patata, Solanum);
•
stellata con tubo breve e lobi stretti, lunghi e appuntiti (boragine);
•
urceolata con tubo quasi nullo, lembo rigonfiato nel mezzo e ristretto alla fauce a forma di orcio
(erica, corbezzolo).
•
cruciforme: con quattro petali opposti a due a due, come in una croce (cavolo, Cruciferae).
•
rosacea: con cinque petali a disposti all’intorno come quelli della rosa (ciliegio, pruno).
•
cariofillea: con cinque petali assai lunghi racchiusi in un calice gamosepalo o tubuloso
(garofano).
Oppure
irregolare (zigomorfa o a simmetria bilaterale) se gli elementi sono disposti
specularmente su un solo piano di simmetria e può essere:
•
papilionacea: con cinque petali di diversa dimenzione e forma: il superiore che è il più grande
detto appunto vessillo o stendardo – ricopre i due laterali, simili e opposti (ali) avvolgenti i due
petali inferiori spesso saldati fra loro formanti una specie di chiglia, la carena (fagiolo, pisello,
fava, etc.)
•
labiata (bilabiata): con tubo allungato, fauce aperta e dilatata, lembo diviso in due parti disuguali,
come una bocca aperta. Con il labbro superiore che può essere intero oppure diviso come nella
salvia; quando il labbro superiore manca e la corolla si riduce al solo labbro inferiore suddiviso in
cinque parti la corolla si chiama bilobata.
•
personata o mascherata: quando ha il tubo più o meno allungato; il labbro superiore formato da
due petali saldati, ed un labbro inferiore con tre petali, dei quali il centrale più piccolo e i due
laterali più ampi, con un rigonfiamento trasversale detto fauce. Questa corolla è gibbosa
nell’Anthirrinum latifolium (bocca di leone); speronata col labbro inferiore prolungato alla base in
uno sperone (Linaria).
•
digitata con cinque petali saldati a contorno irregolare e ondulato, simile a un ditale (Digitalis)
•
ligulata: formata da lunghe linguette laterali a disposizione stellare. Come nelle composite.
Dicesi poi anomala qualunque corolla gamopetala irregolare che ha un aspetto
non riconducibile alle forme anzidette (Viola, Orchidea, ecc..).
•
La corona o paracorolla
Tra il lembo e l’unghia possono esistere delle
appendici chiamate ligule che congiuntamente
possono formare una corona (Narcissus) che a
volte è un insieme di appendici libere e separate
dai petali (Passiflora)
I petali
Sono le foglie della corolla, diversamente colorate
a tinte quasi sempre vivaci, la disposizione delle
quali ha grande importanza nella sistematica.
Nel petalo distinguiamo: l’unghia (lunga, corta o
sessile) corrispondente al picciolo della foglia che
fissa il petalo al ricettacolo e può essere molto
corta come nella Rosa o molto larga come nei
Dianthus; il lembo o lamina che è la parte più
appariscente e può assumere forme, colori, e
margini molto diversi e variati, presentandosi più o
meno espanso, dentato, frastagliato, frangiato,
etc. prende talvolta anche la forma tubulosa.
I petali di un fiore sono liberi o connati,
particolarità di grande importanza nella
sistematica in quanto serve di carattere
differenziale per le sottodivisioni.
Antofilli fertili
•
L'androceo
Procedendo verso l'interno del fiore si incontra l'androceo, formato dagli
•
stami (microsporofilli) : sono costituiti da lunghi filamenti sormontati dalle antere che presentano
4 cavità o sacche polliniche riunite a due a due a formare le teche o logge, piene di granuli
pollinici, che al loro interno conservano i gameti maschili.
Accanto agli stami fertili possono esser presenti anche stami sterili (staminoidi), che assumono
funzioni spesso di richiamo degli insetti pronubi.
Nei fiori impollinati da insetti spesso sono presenti i nettarii, che sono strutture atte a contenere il
nettare.
•
I filamenti sono le parti sterili dello stame, possono essere molto larghi, corti o addirittura
mancare, in questo caso le antere sono sessili. In genere sono filiformi, ma possono essere anche
grossi, petaloidi e provvisti di appendici.
•
Le antere sono le parti fertili dello stame, generalmente formate da due teche, ma a volte
possono essere costituite da una sola teca (Malvaceae) o anche tre come nella Megatritheca
(Sterculiaceae). Le teche sono unite tra loro dal connettivo.
A seconda di come il filamento si inserisce nell’antera essa può essere basifissa (Solanum),
dorsifissa (Graminaceae) o apicifissa (Bignoniaceae).
Dopo la maturazione dei granuli di polline si produce la deiscenza, che consiste nell’apertura
dell’antera per far uscire il polline. Questa apertura può essere apicale, trasversale o
longitudinale Il tessuto responsabile di chiama endotecio.
A seconda del numero degli stami il fiore si dice:
•
isostemone (vite, patata, etc.) se il numero degli
stami è uguale a quello delle divisioni della corolla,
il fiore è detto anisostemone se il numero degli
stami non è uguale a quelle divisioni;e sarà
meisostemone se il numero degli stami è minore di
quello dei petali o pleiostemone se maggiore e sarà:
diplostemone quando il numero degli stami è il
doppio di quello dei petali e polistemone se gli stami
sono più del doppio dei petali.
A seconda della loro inserzione gli stami si dicono:
•
ipogini quando i verticilli si seguono l’un l’altro in
piani successivi (in tal caso l’ovario è supero);
•
perigini quando si trovano nello stesso piano dei
pistilli senza connascere con il ricettacolo (ovario
medio);
•
epigini quando concrescono con il ricettacolo (ovario
infero).
•
A seconda del loro numero gli stami si dicono:
•
didinami quando sono quattro – due più lunghi e due più corti – (linaria, timo, in genere le labiate);
•
tetradinami quando sono sei – quattro più lunghi e due più corti – (cavoli, viola, in genere le crocifere)
Il fiore con un solo stame è
•
monandro (valeriana); è invece
•
diandro (veronica);
•
tetraedro (giglio);
•
pentaedro (borragine);
•
esaedro (tulipano);
•
ettaedro (castagno d’india);
•
ottaedro (erica);
•
enneandro (reseda), etc.
Gli stami possono ancora essere:
•
liberi o saldati per i filamenti, per le antere o per entrambe le parti, e l’androceo sarà allora: monadelfo se gli
stami sono fusi per i filamenti in un sol fascio; diadelfo se gli stami sono saldati in in due gruppi (pisello);
poliadelfo se gli stami sono saldati in più gruppi ( nell’Hypericum formano 5 gruppi).
Se invece a saldarsi insieme sono le antere gli stami sono singenesii (Campanulaceae, Asteraceae). Quando le
antere si saldano ai filamenti formano un sinandro
I filamenti frequentemente connascono con gli stami e formano talvolta (Anthyllis) un tubo, oppure una specie di
doccia con filamento staccato
•
Il gineceo
Il verticillo centrale è detto gineceo (o pistillo) è la parte
fertile femminile, esso è costituito dai carpelli (o
macrospirofilli) , spesso fusi assieme ed è suddiviso in tre
parti:
•
l’ovario che contiene i gameti femminili detti ovuli, è la parte
basale del gineceo ed è formato da uno a numerosi carpelli
(macrosporofilli) liberi o saldati fra di loro che contengono gli
ovuli (macrosporangi) entro cui si formerà la cellula uovo
(macrospora).
Può essere, a seconda della sua posizione: infero (fiore
epigino) se gli altri elementi fiorali sono posti superiormente
ad esso, supero (fiore ipogino) se gli altri elementi fiorali
sono posti inferiormente ad esso e infine semi-infero (fiore
perigino) se la sua posizione è intermedia;
•
lo stilo che è formato da un prolungamento, generalmente
più sottile, della parte superiore del carpello di forma
generalmente cilindrica ha al suo interno i tubetti pollinici che
dallo stigma si allungano verso l’ovario;
•
lo stigma (o stimma) che posto all'estremità dello stilo e da
questo sostenuto (nelle piante prive di stilo è inserito
direttamente nell’ovario), ha funzione di ricevere e trattenere
i granuli di polline.
In un solo fiore possono essere presenti più stigmi e se lo
stilo non si sviluppa lo stigma è sessile.
•
Nelle piante impollinate dal vento hanno spesso forma allungata, piumosa e
sporgente dal fiore (per facilitare la cattura del polline disperso nell’aria), le piante
impollinate da insetti hanno al contrario, stigmi a bottoncino o a coppa rivestiti di
sostanze zuccherine e vischiose che fungono da collante nei confronti del polline.
Se i carpelli restano separati e liberi tra loro, ogni carpello forma un ovario e per ogni
fiore ci sono molti pistilli il gineceo è apocarpico (Sedum, Paeonia), se sono saldati
tra loro è sincarpico e formano un unico ovario pluriloculare o monoloculare
(Passiflora ).
Il gineceo monocarpico è formato da un unico pistillo costituito da un unico carpello.
Le Infiorescenze
•
Le Infiorescenze
La parte floreale di una pianta può
essere composta da un unico fiore
oppure da un'insieme di
infiorescenze che si diramano da
un unico peduncolo.
Le infiorescenze sono diverse:
grappoli, ombrelle, corimbri,
cime, capolini ed a volte sono
miste.
Si dividono in due gruppi
principali: le racemose o
indefinite, e le cimose o definite; e
possono essere semplici o
composte.
•
•
Le Infiorescenze racemose semplici
•
il racemo o grappolo è un'infiorescenza formata da un asse principale che si allunga
e forma, lateralmente e a intervalli regolari, fiori peduncolati; generalmente non porta
fiori terminali.
•
l'ombrella è formata da un asse principale dal quale si diramano radialmente
peduncoli di uguale lunghezza chiamati raggi, con fiori disposti a ombrella.;
•
il corimbo è una falsa ombrella, dall'asse principale i peduncoli fiorali partono in
posizioni diverse ma sono di differenti lunghezze in modo che i fiori siano disposti tutti
alla stessa altezza;
•
il capolino, è formato da tanti piccoli fiori raccolti in un ingrossamento del peduncolo
detto ricettacolo.
la spiga, simile al racemo, ma con fiori sessili;
l'amento è una spiga particolare in cui l'asse principale è flessibile
•
•
•
la spadice, altro caso di spiga in cui l'asse è carnoso e accompagnato a volte da una
grande brattea, detta "spata".
• Le Infiorescenze cimose semplici
• Sono le infiorescenze in cui l'asse principale come i rami laterali
hanno un accrescimento limitato alla produzione di un fiore.
Si ramificano in modo simpodiale secondo questi tipi principali:
• cima unipara o monocasio , quando si forma, sotto l'asse
principale terminante con un fiore, un solo ramo laterale, che
produce a sua volta un fiore e qui arresta la crescita;
contemporaneamente si produce, sotto l'asse di secondo ordine, un
altro ramo e così via;
• cima scorpioide, se i rami si formano tutti sul medesimo lato
• cima elicoide, se i rami seguono l'uno all'altro in modo alterno.
• Le Infiorescenze composte
• I tipi principali di infiorescenze composte sono:
• la pannocchia (o grappolo o racemo composto), in cui si
inseriscono lungo l'asse principale, invece di singoli
pedicelli fiorali, assi laterali ramificati a racemo;
• l'antela, simile alla pannocchia ma con rami più lunghi
dell'asse che lo regge;
• la cima ombrelliforme o ombrella composta, simile a
un'ombrella dove i raggi sono costituiti da grappoli;
• il corimbotirso o corimbo composto, ossia un corimbo
di corimbi
La fruttificazione
•
Le Angiosperme derivano il loro nome dalla parola greca
composta "aengeion" = involucro e "sperma" = seme, infatti
in queste piante, dette anche piante da fiore, dopo
l'impollinazione e la fecondazione dell'ovulo l'ovario matura e
crescendo, si trasforma in frutto.
Il frutto ha funzione di proteggere e di contribuire alla
dispersione dei semi nati dalla trasformazione degli ovuli in
esso contenuti e di regolare il tempo della loro germinazione.
In genere viene indicato come frutto il solo pericarpo (da
"peri" = attorno e "karpòs" = frutto), costituito dallo sviluppo
delle pareti dell'ovario prescindendo dal seme.
Le piante partenocarpiche possono fruttificare senza
l'impollinazione generando frutti apireni, ovvero senza semi
(es. banane, arance).
Si dicono frutti completi quelli che contengono anche il
seme, esistono tuttavia frutti che possono svilupparsi
naturalmente, senza contenere il seme, è il caso della
banana, delle arance, dei kaki senza semi e di alcune
varietà di mele e di pere spesso manipolate a questo scopo
dall'uomo, anche per soddisfare esigenze di mercato. Questi
frutti prendono il nome di frutti partenocarpi o apireni.
Alcuni autori considerano frutti le strutture che proteggono i
semi di tutte le piante anche quelle delle Gimnosperme
(coni e pigne delle conifere e galbule delle Cupressaceae)
Gli elementi che partecipano
alla fruttificazione: il gineceo
•
Il gineceo è la parte femminile del fiore che è composto da uno o più pistilli che a loro volta costituiscono l'ovario
(la parte inferiore ingrossata che contiene gli ovuli) e dallo stilo che riceve il polline dalla sua parte terminale, lo
stimma.
Per capire la formazione del frutto è importante conoscere la posizione dell'ovario che è:
•
Supero se è inserito sopra gli elementi della corolla
•
Infero saldato al ricettacolo se inserito sotto gli elementi della corolla ed è saldato al ricettacolo
•
Infero libero se inserito sotto gli elementi della corolla ma non saldato al ricettacolo
•
Infero libero con più ovari
•
Mezzo infero saldato
L'ovario presenta una o più cavità formate da uno o più carpelli (originati da foglie fertili trasformate) saldati fra di
loro, all'interno delle quali sono custoditi gli ovuli che si sviluppano in semi. Il modo in cui sono saldati i carpelli
determina la posizione degli ovuli che sono fissati su un tessuto particolare chiamato placenta
Composizione e struttura del Frutto
•
In ogni frutto è possibile riconoscere le varie parti che lo compongono, ognuna delle quali ha
origine da una componente del gineceo, quindi possiamo dire che:
il Frutto nel suo insieme ha origine dal gineceo (ovario)
Il Pericarpo è l’involucro che contiene i semi del frutto è derivato dalla parete dell’ovario, può
distinguersi in tre parti in funzione del tessuto di origine:
•
•
•
•
•
L'epicarpo (detto anche esocarpo che per molti autori è invece la parte esterna che riveste il
frutto, ma che non proviene dal pistillo e che puo essere generata da brattee, sepali o petali) che
deriva dall'epidermide esterna dell'ovario (originata dall’epidermide inferiore della foglia carpellare)
e costituisce la parte esterna del frutto la cui superficie puo assumere aspetti assai differenti, essa
puo essere liscia come nella ciliegia (Prunus avium) , pruinosa come nell’uva (Vitis vinifera) e
nella susina (Prunus domestica), pelosa come nella pesca (Prunus persica), membranosa e
anche spinosa come nella noce della Datura stramonium.
Il Mesocarpo che deriva dal parenchima della parete mediana dell'ovario (originato dal mesofilo
della foglia carpellare) e può essere scarso come nei frutti secchi o carnoso come nella pesca.
L'Endocarpo che deriva dall'epidermide interna dell’ovario (originata dalla parete superiore della
foglia carpellare), non sempre è distinto e può essere carnoso come nell’uva, duro e tenace come
nell’olivo, con peli rugosi come nel limone.
Il Seme che contiene l’embrione e le riserve è originato dalla maturazione dell’ovulo fecondato.
L'Embrione è originato dal gamete femminile (oosfera).
Classificazione del Frutto
Esistono diversi sistemi di classificazione dei frutti e la loro denominazione può derivare:
•
dalla costituzione dell’ovario in relazione al numero e disposizione dei carpelli, si
distingueranno allora in:
•
•
Frutti monocarpici quando derivano da un solo fiore e da un solo carpello senza
nessun altro elemento (achenio,drupa, legume),
Frutti policarpici quando derivano da un fiore formato da diversi carpelli e saranno
•
apocarpici se i carpelli rimangono separati ed indipendenti tra loro
•
sincarpici se i carpelli sono saldati tra loro
.
•
dal numero dei semi:
•
•
•
Frutti monospermici (con un solo seme)
Frutti polispermici (con diversi seme)
Frutti apireni (senza semi)
•
dalla loro consistenza:
•
Frutti secchi che a maturità presentano un pericarpo membranoso o coriaceo
solitamente poco sviluppato e che contengono una modesta quantità d’acqua per
cui hanno un aspetto asciutto e secco.
•
Frutti carnosi che hanno il pericarpo o una sua parte polposa e succulenta che si
manifesta in un endocarpo carnoso come nelle bacche, peponidi, ed esperidi, o in
un endocarpo scleroso come nelle drupe o frutti con nocciolo)
dalla capacità di liberare i semi alla maturazione:
•
Frutti deiscenti che hanno la capacità di aprirsi e lasciare in libertà i
semi in essi contenuti o anche lanciarli a distanza favorendo in tal modo la
disseminazione
•
Frutti indeiscenti nei quali i tessuti del pericarpo restano
permanentemente uniti ai semi e quindi l’uscita del seme è tardiva o non
avviene affatto e il frutto si disperde col seme.
•
La deiscenza può essere di vari tipi dipendendo dal suo meccanismo e dalla zona del frutto
interessata:
•
Elastica è l’apertura improvvisa dei carpelli che scaglia i semi a distanza. (Ecballium)
•
Poricida quando si formano piccoli orifizi che lasciano uscire i piccoli semi grazie al vento che poi
li porta lontano (Anthirrinum)
•
Trasversale o circoncisa: quando il frutto si apre per il distacco di un coperchietto apicale è il
caso del Pissidio (Plantago,Anagallis)
•
Longitudinale quando il frutto si apre per linee longitudinali e in questo caso può verificarsi una
deiscenza:
•
Loculicida quando si produce nella nervatura mediana del carpello (Viola)
•
Setticida quando si realizza nella linea di saldatura del carpello (Nicotiana, Delphinium)
•
Settifraga quando si verifica simultaneamente in due regioni di ciascun carpello (Fabales, Datura)
o lungo i margini dei carpelli seguendo la linea placentaria (Siliqua e siliquetta delle Brassicaceae)
•
dalla loro origine:
•
Frutto semplice originato dallo sviluppo dell’ovario di un solo fiore che ha il gineceo
monocarpellare (con un solo carpello) o sincarpico (con più carpelli saldati tra loro), concresciuti
che non si separano a maturità e la parete esterna del frutto (pericarpo) deriva soltanto dalla
parete dell’ovario
•
Frutto multiplo (o aggregato) originato dallo sviluppo dell’ovario di un solo fiore che ha il
gineceo pluricarpellare apocarpico ( con diversi carpelli liberi) ciascuno dei quali darà origine a un
frutto semplice e lo stesso fiore svilupperà allora diversi frutti semplici (apocarpi)
•
Frutto complesso (falso frutto) originato oltre che dallo sviluppo dell’ovario anche da quello di
altre parti del fiore, come il ricettaccolo, parti del perianzio come sepali o petali.
In una gran parte dei casi il frutto complesso è originato da un fiore con ovario infero saldato al
ricettacolo. Infatti se ovario e ricettaccolo non fossero tra loro aderenti, come succede in
numerose Rosaceae (pesche, ciliegie, albicocche), il ricettaccolo si comporterebbe come se
l’ovario fosse supero diventando caduco.
Tuttavia qualche volte il ricettacolo si accresce e diventa carnoso pur non essendo saldato
all’ovario, e sostiene i veri frutti semplici (generamente acheni) generati dai numerosi carpelli liberi
. E’ il caso della fragola dove il frutto apparente che è la parte edule è derivata dal ricettacolo ed è
per questo che si parla di falso frutto.
•
Frutto schizocarpico Qualche volta anche nel frutto derivato da ovario semplice o pluriloculato
sincarpico (con carpelli saldati tra loro) i loculi a maturità si separano originando frutti (schizocarpi)
che simulano frutti derivanti da vari ovari o vari carpelli (falsa deiscenza). Ciascuna unità in cui si
fraziona questo frutto prende il nome di mericarpo e contiene un solo seme.
•
Frutti composti (o infruttescenze o sincarpici) derivano dallo sviluppo di tutti i fiori di
un’infiorescenza formando una struttura che somiglia ad un unico frutto, originati dall’ovario di
ciascun fiore con a volte la partecipazione di altri elementi fiorali.
Schema semplificato della classificazione dei Frutti
Frutti semplici
Frutti secchi
Deiscenti
Indeiscenti
Follicolo, Legume,
Capsula, Siliqua, Siliquetta
Achenio, Cariosside, Legume
indeiscente, Utricolo o
Tricello
Frutti carnosi
Deiscenti
Indeiscenti
Follicolo, Legume,
Capsula, Siliqua,
I Siliquetta
n
d
e
i
Achenio, Cariosside, Legume
s
indeiscente, Utricolo o Tricello
c
e
n
t
i
Frutti carnosi: si dicono "drupe" i frutti che hanno il seme (a) o la mandorla (b)
inserito nell'endocarpo (o nocciolo). Quest'ultimo è immerso nella polpa
(mesocarpo). La buccia che avvolge il frutto viene detta epicarpo.
(c): talora l'endocarpo o nocciolo può avere spessore notevole (es.: pesca)
(d): a volte l'involucro del nocciolo può essere coriaceo e non duro (es.: mela)
(e): si dicono "bacche" i frutti che hanno i semi immersi direttamente nella polpa
(es.: uva
Frutti Complessi o falsi frutti
Pomo, Peponide,
Balausta,
Pseudobacca,
Acrosarco, Cinorrodo,
Conocarpo, Catoclesio,
Diclesio, Riccio,
Ghianda
Pseudocarpi
Frutti con arillo, Conostrobilo o Pigna,
Galbula
Frutti Aggregati o multipli
Polifollicolo, Polidrupa, Polisamara, Polibacca, Poliachenio, Polianteceto
Frutti Schizocarpici
Acheni schizocarpici o Achenario, Camario, Bacche schizocarpiche, Coccario,
Follicoli composti o Follicario, Samare schizocarpiche, Carceruli schizocarpici,
Regma, Bilomento
Frutti Composto o politalamici, o infruttescenze
Antocarpi, Sorosio, Siconio, Bibacca, Strobilo, Poliantocarpo
Galleria fotografica.
Frutti secchi (deiscenti e indeiscenti)
.
"Follicolo" frutto deiscente: Aconitum napellus L
"Follicolo" frutto deiscente: Aruncus
dioucus (Walt.) Fernald
.
"Legume" frutto deiscente: Astragalus glycyphyllos L
"Capsula" frutto con deiscenza denticida:
Silene vulgaris (Moench) Garcke
"Legume" frutto deiscente: Astragalus
monspessulanus L
"Capsula" frutto con deiscenza loculicida: Aesculus hippocastanum
(foto Giuliano Salvai)
"Capsula" frutto con deiscenza : Iris foetidissima
"Achenio" frutto indeiscente : Castanea sativa
"Siliqua" frutto con deiscenza : Biscutella apuana
"Achenio" frutto indeiscente : Quercus ilex
"Samara" frutto indeiscente : Olmo campestre
"Cariosside" frutto indeiscente : Cenchrus
incertus
"Cipsela" frutto indeiscente : Chondrilla juncea
"Camara" frutto indeiscente : Trifolium
Frutti carnosi (bacche e drupe)
"Anfisarco" frutto carnoso : Capparis
spinosa
"Bacca" frutto carnoso : Arbutus unedo
(foto Giuliano Salvai)
"Bacca" frutto carnoso : Arum
italicum
"Bacca" frutto carnoso : Asparagus
acutifolius
"Drupa" frutto carnoso : Daphne
mezereum
"Bacca" frutto carnoso :
Asparagus-tenuifolius
Frutti complessi o Falsi frutti
"Balausta" falsi frutti: Punicagranatum
"Cinorrodo" falsi frutti: Rosa
canina
"Catoclesio" falsi frutti: Ambrosia
"Diclesio" falsi frutti:
Rumex
"Ghianda" falsi frutti:
Quercus pubescens
"Pomo" falsi frutti:
Amelanchier ovalis
"Pomo" falsi frutti: Pyrus
amygdaliformis
"Pomo" falsi frutti: Sorbus
domestica
"Pomo" falsi frutti: Crataegus
monogyna
Frutti aggregati o multipli
"Polidrupa" frutti
aggregati: Rubus idaeus
"Polidrupa" frutti aggregati:
Rubus ulmifolius
Frutti schizocarpici
"Bilomento" frutti schizocarpici:
Raphanus raphanistrum
"Coccario" frutti schizocarpici:
Euphorbia
"Diachenio" frutti schizocarpici: Angelica
sylvestris
"Folliceto" frutti schizocarpici:
Helleborus
"Bacche schizocarpiche" frutti schizocarpici: Phytolacca
americana
Frutti composti o politalamici o
infruttescenze
"Poliantocarpo" infruttescenze:
Platanus acerifolia
"Siconio" infruttescenze: Ficus
carica
Il Seme
La riproduzione nelle piante
Come in ogni essere vivente, anche nelle piante è fondamentale l'esigenza di dar
vita a nuovi individui con caratteristiche simili a quelli da cui derivano, questa
capacità può sintetizzarsi in:
Riproduzione vegetativa o riproduzione asessuale che si verifica per semplice
divisione in due parti, oppure per semplice distacco di sue porzioni di corpo.
I nuovi individui, originatisi per riproduzione vegetativa, sono tutti geneticamente identici
tra loro e al genitore che li ha prodotti. Questo meccanismo è molto veloce e garantisce la
rapida diffusione e conservazione della specie per aumento numerico della popolazione,
ma ha come limitazione l'assenza assoluta di variabilità genetica nella progenie.
Le piante superiori possono riprodursi vegetativamente mediante la formazione di diversi
tipi di propaguli quali: bulbi, bulbilli (Lilium croceum, Poligonum viviparum, ....),
stoloni (Fragaria, Valeriana, Rubus, ....), rizomi (Iris, Asparagus, Ruscus, Smilax,
Cynodon, ....), tuberi (Solanum tuberosum, ....) e polloni.(Prunus, Olea, ....)
Alcune piante possono riprodursi spontaneamente soltanto per via vegetativa essendo
sterili, altre soltanto per via sessuale mancando delle strutture necessarie alla
riproduzione asessuale, altre infine possono adottare l'uno o l'altro sistema adottando la
strategia più adatta alle condizioni interne ed esterne del momento. Questo tipo di
riproduzione, che consente un notevole risparmio energetico della pianta, è favorito da un
ambiente stabile e ricco di sostanze nutritizie, dove non è necessaria competizione tra la
popolazione, ma anche da ambienti particolarmente difficili che ostacolano le complesse
fasi
della
riproduzione
sessuale.
•
Riproduzione apomittica
È la forma di riproduzione asessuale che comporta la formazione dell'embrione in assenza di
meiosi e di fecondazione con lo sviluppo di semi, apparentementi uguali a quelli generati dai
processi sessuali e geneticamente identici alla pianta madre. La riproduzione per apomissia ha
luogo in 34 famiglie e 130 generi, specialmente tra le Asteraceae; di solito è facoltativa: si hanno
agamospecie come nei generi Alchemilla, Amelanchier, Antennaria, Calamagrostis, Crataegus
(biancospino), Hieracium, Poa, Potentilla, Rubus (rovi), Sorbus (sorbi) e Taraxacum. In alcune
piante apomittiche obbligate la riproduzione sessuale è praticamente assente, mentre nelle specie
apomittiche facoltative si ritrovano semi zigotici e clonali nella stessa pianta.
•
Riproduzione sessuale
È l'unione (gamia) di due cellule riproduttive specializzate (gameti), generalmente provenienti da
individui diversi (1). per formare una nuova cellula detta zigote, in cui avviene sempre la
plasmogamia (fusione dei citoplasmi) e, nella maggior parte dei casi, anche la cariogamia
(fusione dei nuclei). Lo zigote quindi derivando dalla fusione dei nuclei delle cellule dei due
genitori, possiede due esemplari per ciascun tipo di cromosomi (diploide). Si formano così
individui geneticamente nuovi, differenti tra loro e da entrambi i genitori, potenzialmente in grado
di adattarsi a condizioni ambientali modificate. Vi è un aumento della variabilità genetica in seno
alla popolazione e quindi a livello di specie; e rappresenta, per tali motivi, il meccanismo base
dell'evoluzione biologica.
Il Seme
•
La comparsa del seme nella storia evolutiva delle piante ha segnato il momento
determinante per la diffusione delle Spermatofite, in tutti gli ambienti della terra.
Infatti le Spermatofite sono le uniche piante in cui la riproduzione sessuale ha come
risultato la produzione del seme ("Spermatofita" significa appunto "pianta che
produce semi") che è la struttura che si forma, sulla pianta madre e, che cresce e
matura ed infine da essa si distacca. Deriva dalla fecondazione dell'ovulo e
rappresenta un nuovo organismo geneticamente diverso da entrambi i genitori, con
combinazioni genetiche che gli consentono una maggior variabilità quindi un graduale
adattamento ai cambiamenti dell'ambiente.
Le dimensioni e la forma dei semi sono variabilissime, esistono semi come quelli
delle orchidee che sono appena visibili ad occhio nudo (in un grammo e ne possono
contare fino a 1.250.000), e semi giganteschi come quello contenuto nei frutto della
palma Lodoicea seychellearum, la palma delle Seychelles che può pesare fino a 20
kg, (conosciuto volgarmente col nome di "culo di negra", per la sua curiosa forma).
I colori più frequenti dei semi sono il nero e marrone (50%) mentre il rosso, il giallo e
il bianco sono meno frequenti ed hanno funzione di attrazione per gli animali, anche
la superficie può essere liscia o variamente rugosa.
Una caratteristica strategicamente molto importante è la longevità dei semi che
possono rimanere vitali anche per lunghi periodi , anche in condizioni ambientali
sfavorevoli, grazie allo stato di latenza dell'embrione.
Struttura del seme
•
Nel seme si possono riconoscere tre parti:
•
Embrione che rappresenta la futura pianta derivata dallo sviluppo dello zigote, cioè dalla cellula
che si origina dalla fuzione dei gameti maschili e femminili. In esso sono riconoscibili una
radichetta che è il primordio dell'apparato radicale, una piumetta che è l'apice del futuro fusto e
una (Monocotiledoni) due (Dicotiledoni) o numerose (Gimnosperme) foglie embrionali o
cotiledoni, tra la radichetta e l'inserzione dei cotiledoni e posto l'ipocotile, e tra i cotiledoni e le
prime vere foglie (se esistono) e posto l'epicotile.
•
Endosperma o tessuto nutritivo che è rappresentato da sostanze di riserva necessarie allo
sviluppo del seme nella fase della germinazione. Contiene glucidi, lipidi e proteine, in proporzioni
variabili a seconda delle specie. Nei cereali, come frumento e mais, prevalgono i glucidi, nei
legumi, come il fagiolo, sono prevalenti le proteine, mentre i lipidi prevalgono nei semi di arachide
e di colza .
•
Episperma che è costituito da tegumenti o tessuti protettivi che avvolgono e proteggono il tutto
dagli agenti atmosferici per evitare il disseccamento o l’imbibimento di acqua o di altre sostanze e
partecipano al controllo della germinazione contenendo sostanze inibitrici, deriva dai tegumenti
dell’ovulo.
La superfice dell'Episperma può essere liscia o variamente rugosa, legnosa o delicata, è formato
di norma da due involucri: il tegmen (interno) e il testa (esterno).
In alcune piante il testa diventa legnoso (mandorlo, pesco, ecc.) in altre carnoso (melograno) e in
altre ancora spugnoso rivestito di peli (cotone). Il tegmen è formato da una membrana sottile e
delicata.
Sviluppo del seme.
•
Il seme si sviluppa tipicamente in 3 fasi:
•
embriogenesi, caratterizzata dalle divisioni cellulari dello zigote e che si conclude con la
formazione dell'embrione. In questa fase si verifica un aumento di acqua e di sostanze organiche
•
accumulo di sostanze di riserva che vengono accumulate nell'embrione, nei cotiledoni o
nell'endosperma, il contenuto d'acqua si mantiene elevato e stabile, e l'embrione acquisisce la
tolleranza alla successiva fase,
•
disidratazione dove la sostanza secca resta costante, ma si verifica un'importante perdita di
acqua che dal 70%-80% scende a 10%-15%
Quest’ultima fase consente ai semi chiamati ortodossi di trascorrere lunghi periodi senza
germinare restando vitali, infatti il basso contenuto d'acqua permette un rallentamento del
metabolismo e aumenta la resistenza alle situazioni ambientali sfavorevoli come il gelo, che
altrimenti sarebbero dannose.
I semi che non sono in grado di superare la fase di disidratazione sono i cosidetti semi
recalcitranti, che muoiono quando la disidratazione arriva i livelli tipici dei semi ortodossi.. Per
questo motivo tali semi devono necessariamente germinare appena cadono al suolo, pena la loro
morte.
Quiescenza e dormienza.
•
I semi ortodossi, dopo la fase della disidratazione, sono definiti quiescenti e sono in attesa che si verifichino le
condizioni esterne (luce, acqua, temperatura e ossigeno) ideali per la germinazione, ma spesso queste condizioni
pur necessarie, non sono sufficienti.
Spesso esistono nel seme ostacoli alla germinazione che risiedono all'interno del seme stesso a prescindere dalle
condizioni dell'ambiente, in questi casi si parla di dormienza del seme. La piantina che nasce dalla germinazione
del seme, dovrebbe trovare le condizioni ideali per crescere, ma in ambienti dove le variazioni stagionali sono più
marcate, non avendo le capacità di difesa del seme quiescente, andrebbe incontro a sicuri ostacoli ed
inevitabilmente alla morte.
E in questi casi che entra in gioco la capacità del seme di prevedere l'andamento stagionale e misurare i tempi e
la durata delle stagioni i quell'ambiente.
Ad esempio un seme disperso dal frutto all'inizio dell'autunno trovando in quel mese le condizioni ideali di
temperatura (supponiamo un optimum termico di 18°) e umidità, dovrebbe essere in grado di germinare, ma non lo
farà se è dotato di una dormienza embrionaria eliminabile dal freddo, e se le basse temperature invernali
rimuovono la dormienza già a metà inverno ancora il seme non germinerà perché in quel periodo la temperatura
non raggiungerà l'optimum termico necessario. Il seme germinerà solo in primavera.
La quiescenza, cioè la capacità del seme di restare vitale anche dopo lunghi periodi, in presenza di consizioni
sfavorevoli, e di reagire prontamente al mutare di queste, e la dormienza che limita questa capacità per rimandarla
nei tempi più "ragionevolmente" propizi sono mezzi del seme estremamente efficaci per assicurare la
propagazione della specie.
Si pensi ad esempio ad alcune leguminose che hanno semi con tegumenti particolarmente resistenti, ma con
resistenza variabile da seme a seme e che possono restare dormienti per diversi anni. Soltanto alcuni semi
germoglierano nella stagione favorevole mentre gli altri resteranno dormienti costituendo in tal modo la riserva per
gli anni successivi, se per qualche particolare evento sfavorevole non dovesse verificarsi qualcuno dei complicati
processi che portano alla nascita del seme.
La germinazione.
•
È il processo in cui il seme si risveglia dallo stato quiescente e si manifesta quando l'embrione
comincia a sviluppare la nuova plantula e termina quando la plantula è in grado si iniziare l'attività
fotosintetica necessaria al proprio fabbisogno di carboidrati.
La germinazione si compie in due principali fasi:
nella prima l'acqua penetra all'interno del seme, favorendo reazioni enzimatiche che rendono più
assimilabili dalla plantula le sostanze di riserva.
Nella seconda fase la plantula si sviluppa fino ad essere completamente autonoma.
Disseminazione.
È il processo naturale che permette la dispersione dei semi, facilitàndo l'occupazione
di nuovi territori, alla
ricerca di condizioni ambientali più favorevoli, diminuendo la concorrenza tra le
plantule.
Questo
fenomeno
prende
il
nome
di:
Autocoria o disseminazione attiva o autodisseminazione: effettuata dal
frutto senza bisogno di energie esterne, Nell’autodisseminazione si può verificare
oltre alla caduta dei semi per gravità anche la loro espulsione a distanza
(disseminazione bolocora) è il fenomeno dei frutti a deiscenza esplosiva, causata
dalla pressione idrostatica che si forma al loro interno nel momento della
maturazione come in Cocomero asinino (Ecballium elaterium o in Balsamina
(Impatiens noli-tangere) che a maturità esplode al minimo urto, per una torsione
delle valve su se stesse, lanciando i semi fino a 6 m di distanza.
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Idrocoria: è la dispersione dei semi per mezzo dell'acqua effettuata da frutti o semi che sono in grado di galleggiare per
un certo periodo. In questo caso la parte esterna del frutto è spesso impermeabile oppure contengono aria al loro interno
come quelli del Cocos nucifera (noce di cocco) che possono navigare in mare per lunghi periodi e germinare quando
trovano una spiaggia, altrettanto succede in quelli della Cakile maritima (ravastrello delle spiagge), brassicacea tipica dei
litorali sabbiosi, dove il mericarpo inferiore del frutto a maturità si separa da quello superiore e in presenza di onde o
altamarea viene trasportato dalle correnti, consentendo la colonizzazione di altre parti di spiaggia.
Altre piante presentano escrescenze suberificate o induvie che facilitano il galleggiamento come le valve dei frutti del
genere Rumex, che sono parti persistenti ed accrescenti del perianzio con un callo suberificato, o i semi del genere
Hygrophila che hanno peli appressati che si rizzano al contatto con l'acqua e fungono da salvagente.
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Anemocoria: è la dispersione causata dal vento con semi leggeri e di piccole dimensioni, dotati di strutture adatte al volo
come le ali delle samare, il pappo degli acheni della Asteraceae, gli arilli trasformati in peli come nel Salix, o i peli dei semi
delle Asclepiadaceae.
Zoocoria: dispersione causata dagli animali, che si distingue:
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Endozoocoria: quando i frutti o i semi sono ingeriti dagli animali e liberati con le feci. In questo caso il frutto deve essere
appettibile (frutti carnosi e semi succosi) e ben visibile (di colore rosso o nero) e il seme deve essere ben protetto dal
tegumento atto attraversare indenne l'apparato digerente dell'animale, che con l'aggressione dei succhi gastrici faciliterà
la germinazione dei semi una volta dispersi.
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Epizoocoria: quando i frutti o i semi adericono alla superficie degli animali, con meccanismi di aggancio come peli
uncinati (Xantium italicum, Cenchrus incertus), o superfici vischiose (bardana, avena, vischio) , e possono venir
trasportati anche a notevoli distanze.
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Mirmecocoria è la disseminazione effettuata dalle formiche che trasportano i semi nei formicai dove le larve consumano
la sola appendice ricca di sostanze nutritive, l'elaiosoma, lasciando il seme intatto (Myrtus communis, Rhamnus
alaternus)
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Glirocoria è compiuta dai roditori che raccolgono e conservano i semi.
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Antropocoria i semi sono dispersi involontariamente dall'uomo.
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