Servizi alla persona

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Servizi alla persona
Per servizi alla persona si intendono tutti quei servizi
che:
“… richiedono prestazioni adattate a specifici bisogni
della persona e risultano connotati da finalità non
economiche, ma etiche, religiose e comunque ideali
[…] e che si fondano nella “relazione” tra soggetti…”
(E. Menchetti)
si pensi ai percorsi assistenziali sociali e sanitari calibrati sui
bisogni individuali dei singoli, al peculiare rapporto tra
docente/discente e tra soggetto formatore/soggetto che
richiede formazione.”
A cura di Manuela Naccari
Welfare State
• Tali servizi sono in carico allo Stato come definito dalla
legge costituzionale e delegati alle Regioni, Province e
Comuni attraverso una serie di normative che
definiscono il welfare state.
• Le prime forme di “Stato del benessere”, nascono nei
paesi capitalisti verso la fine del 1800 ma la definizione
di Stato sociale arriva nel 1942 con il governo inglese,
ispirata dal rapporto Beveridge che proponeva un
sistema unificato di sicurezza sociale a fronte di una crisi
del sistema sociale.
Il processo di rinnovamento
Nel corso degli anni in base al periodo storico,
sociale, culturale e di ideologie di governo:
“…le politiche sociali nascono, si sviluppano e
cambiano all’interno del reticolo degli stati e dei
rapporti che le pubbliche istituzioni intrattengono
con la società civile nell’interpretare i bisogni e le
domande e nell’attivare le offerte di servizio…”
P. Ferrario. Politica dei servizi sociali. Struttura, trasformazione, legislazione. Editore Carocci Faber, Roma, 2009
Le principali riforme dei servizi alla persona
a partire dagli anni ’70
Riforme sanitarie:
Anni ‘70 Legge n. 833/1978
Anni ’90 D.Lgs. n 502/1992; n. 517/1993; n. 229/1999
Riforme delle Regioni e dei rapporti fra Stato/Regioni:
Anni ’70 Legge n. 382/1975; D. Lgs. N. 616/1977
Anni ’90 D. Lgs. . 112/1998; Legge 142/90; Legge 285/97
Anni 2000 L. Cost. n 3/2001
Riforme del Terzo Settore
Anni 90 legge n. 381/1991 Cooperative sociali; Legge n.
266/1991 Volontariato
Anni 2000 legge n° 383/2000 Piani di zona e Associazionismo
Federalismo Amministrativo
Già la riforma Bassanini e le successive integrazioni delineavano
il federalismo amministrativo con la decentrazione dei poteri agli
enti locali in visione di uno snellimento dei servizi.
La legge 112/98 ha riordinato sulle materie di:
• Sviluppo economico e di produzione
• Territorio e ambiente
• Servizi alla persona e alla comunità che ha sua volta sono
diversificati in :
- Tutela della salute
- Servizi sociali
• Polizia amministrativa
Legge Quadro n° 328 del 08.11.2000
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
d’interventi e servizi sociali”
sposta le prerogative di stato assistenziale a quelle di
cittadinanza attiva. Il superamento della residualità degli
interventi assistenziali all’interno delle politiche sociali
complessive e il passaggio da interventi di tipo riparatorio e
di lotta all’emergenza, ad interventi e servizi di tipo
preventivo e promozionale.
I principali cambiamenti della
legge 328/2000
• Il superamento della residualità degli interventi assistenziali
all’interno delle politiche sociali complessive e il passaggio
da interventi di tipo riparatorio e di lotta all’emergenza, ad
interventi e servizi di tipo preventivo e promozionale.
• La realizzazione di una rete locale d’interventi e di servizi
sociali con cui la Comunità assicura, a persone e famiglie, una
protezione sociale attiva finalizzata alla prevenzione e
contemporaneamente in grado d’individuare e valorizzare le
risorse personali e familiari di ciascun cittadino/ utente.
• Il riequilibrio territoriale di tutte le risorse finanziarie
disponibili assicurando, tramite i Piani di Zona, una scelta di
priorità strettamente connaturate con l’analisi dei bisogni e la
cultura dei diversi ambiti territoriali.
Finalità del Piano di Zona
•Favorire la creazione di una rete di servizi ed interventi
flessibili, stimolando risorse della comunità locale;
•Qualificare la spesa;
•Prevedere progetti, e servizi che migliorino la qualità della
vita; interventi di contrasto alla povertà e di sostegno nelle
situazioni di non autonomia.
Avremo così lo Stato che amministra a livello centrale i servizi
attraverso i Ministeri, le Regioni che distribuiscono sulla base dei
principi sopra elencati le risorse e gli Enti Locali: Province, Comuni e Asl
che gestiscono i servizi attraverso appalti pubblici e convenzioni con il
Terzo Settore.
Riforma del Titolo V della Costituzione
La L. C. 3/2001 modifica in maniera sostanziale i
rapporti tra Stato e Regioni, dando a queste
ultime competenze per la definizione della
distribuzione delle risorse sulla base delle
informazioni che arrivano dagli enti territoriali,
potere legislativo e introducendo il principio di
sussidiarietà
Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, sono enti
autonomi con propri statuti, poteri, funzioni
Stato: legislazione esclusiva nelle materie che richiedono una necessaria unitarietà
nazionale (politica estera, politiche migratorie, difesa, forze armate, sicurezza,
moneta cittadinanza, previdenza sociale, norme generali sull’istruzione, ecc. ed anche
“determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il livello nazionale”
Legislazione concorrente tra Stato e Regioni che definisce che “ nelle materie di
legislazione concorrente spetta alle regioni la podestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello stato”. I
poteri lgs.vi delle Regioni sono: istruzione scolastica salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e formazione professionale;
tutela della salute; previdenza complementare e integrativa.
Regioni: podestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla lgs.ne dello Stato.
Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa
dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale,
sulla base del principio di sussidiarietà".
Tabella raffigurativa dei servizi
Fonte: P. Ferrario
Il fallimento del Welfare
Lo scopo iniziale per cui era nato il welfare è stato sostituito
dal bisogno dello stesso apparato amministrativo di
prosecuzione ad esistere, scambiando questa logica con i
propri fini e determinando così uno status quò diretto dal
potere burocratico per la propria sopravvivenza e, di
conseguenza l’indebitamento pubblico a cui l’Italia deve far
fronte.
Conseguenze:
• burocratizzazione
• erogazione standardizzate fredde e distanti
• collasso evidente nel sistema servizi/destinatari.
Erogazione dei servizi alla persona
Gli operatori che si trovano ad esercitare le proprie funzioni
dipendono da normative sterili che hanno tolto il senso
dell’operare e il significato alle azioni del proprio agire in
funzione di scopi sempre più volti a mantenere, dal basso il
proprio lavoro e, dall’alto il perpetuarsi degli standard definiti
dalle normative europee in visone della sopravvivenza dell’ente
stesso, creando così un disorientamento nello scopo del proprio
operare e alimentando rabbia e frustrazione a chi necessita di
tali
prestazioni.
Principio di sussidiarietà
L’alternativa allo stato attuale delle cose può essere
quella di un ritorno di poteri al cittadino nell’ottica
della sussidiarietà che riconosce alla comunità il
potere di autogestirsi e allo Stato quello di garante
e sostenitore del veicolare del bene comune.
Papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Centesimus annus, del
1991, al n. 48, "disfunzioni e difetti nello Stato assistenziale
derivano da un'inadeguata comprensione dei compiti propri
dello Stato. Anche in questo campo deve essere rispettato il
“principio di sussidiarietà”
Il bisogno di significato nell’agire umano
Ciò che serve all’uomo è il senso di ciò che fa, quali sono i
significati del proprio agire, ridare senso all’umanità che è
insita dentro ognuno di noi.
Analizzare il clima relazionale delle personalità collettive e
volgere uno sguardo al clima organizzativo dal punto di vista
delle percezioni individuali dei vari attori.
Osservare e analizzare sia il sistema delle relazioni
interconnesse all’interno del contesto in cui sono inserite sia
la percezione di soddisfazione del singolo operatore.
Il metodo: la ricerca-intervento
Coniata da K. Lewin (1951) che affermò che "nessuna
azione è senza ricerca e nessuna ricerca è senza azione".
Il privilegio della ricerca intervento sta nella filosofia che
sottende il procedimento di ricerca. Mentre la ricerca
sociale viene condotta principalmente per fare una
"diagnosi", per conoscere una situazione, una
ricerca/intervento si pone come obiettivo primario
quello di modificare una situazione attraverso le
conoscenze acquisite mediante la ricerca e, il soggetto
della ricerca assume un ruolo attivo di partecipazione
dei processi in atto.
La ricerca-intervento
poli-direzionale
La ricerca si attiva contemporaneamente a
livello macro sociale per quanto attiene
l’organizzazione e i suoi componenti e a livello
micro sociale intorno al contesto in cui il cliente
beneficiario delle prestazioni è inserito.
Andando ad analizzare le tre componenti
fondamentali del modello prepossiano:
Altri, Sé, Mondo
Azione e auto-direzione
L’analisi per migliorare la qualità relazionale allora si centra
proprio su questo “senso dell’agire” , su ciò che l’individuo
come essere umano percepisce delle proprie azioni e come
questo percepire influisce nelle relazioni che si innescano
dentro le strutture organizzative .
Non è importante ciò che accade alle persone ma come
esse interpretano o spiegano l’esperienza, questo aspetto
determina l’azione che l’uomo intenzionalmente opera.
“il significato esiste dentro di noi”
(Mazirow 2004)
Il valore della riflessione
sull’esperienza lavorativa
La motivazione interna, il senso di servizio, la capacità di
incidere e di dirigere le proprie azioni sono frutto
principalmente della propria capacità di auto definirsi come
portatori di valore all’interno dei gruppi organizzati in cui si
presta la propria opera.
Per prevenire situazioni di demotivazione e stagnamento del
proprio agire, la valorizzazione del proprio operare passa
attraverso la socializzazione del proprio vissuto.
La riflessione quindi deve connotarsi si sulla pratica utilizzata
e condivisa ma non può prescindere dal vissuto emotivo
dell’operatore nell’applicare tale pratica all’interno del
contesto in cui opera.
L'osservazione partecipante
Intesa come coinvolgimento diretto del ricercatore con
l’oggetto studiato, la sua interazione con gli attori sociali; un
tipo di approccio con il quale si entra in contatto con il
contesto che si vuole conoscere.
E’ una strategia di ricerca nella quale il ricercatore si inserisce:
a) in maniera diretta;
b) per un periodo di tempo relativamente lungo in un determinato gruppo
sociale,;
c) nel suo ambiente naturale,
d) instaurando un rapporto di interazione personale con i suoi membri;
e) allo scopo di descriverne le azioni e di comprenderne, mediante un
processo di immedesimazione, le motivazioni.
Dal paradigma interpretativo
La caratteristica principale dell'osservazione partecipante è la
totale assenza di giudizio morale e l'atteggiamento di
accettazione di quello che si osserva attraverso questa
esperienza. L'operatore deve fare a meno di usare le proprie
griglie interpretative precostituite, per non perdere
l'originalità di ciò che sperimenta e per poter rilevare il
potenziale creativo proprio di quella esperienza.
In quest’ottica la rilevazione dei dati non è contaminata dalla
soggettività del ricercatore, proprio perché da esso è vissuta,
l’interpretazione diviene proprio una tecnica ricercata,
purché siano stati processati i propri vissuti e l’operatore ne
sia consapevole.
Strumenti della ricerca intervento
Griglia di osservazione : si annotano in maniera fenomenologia i fatti così
come appaiono, cercando di dare voce al pensiero ed al senso dell’altro.
Interviste semi-strutturate: per rilevare le percezioni e i modi di pensare e
di vivere il proprio ambiente, una riflessione al senso che le persone
danno a un dato fenomeno. Fanno parte del metodo narrativo, in cui le
persone raccontandosi sperimentano subito una prima autoanalisi.
Diario di bordo: vi si annota il vissuto e le percezioni degli operatori, il
sapore, che quel dato luogo, quel dato clima ha avuto.
La rielaborazione emotiva del proprio vissuto serve a discernere i propri
sentimenti da quello che oggettivamente ho osservato, parte da una
scelta epistemologica che è quella fenomenologica , per rimanere il più
possibile vicini alla realtà per quello che appare, pur consapevoli che la
propria biografia incide nell’interpretazione dei dati.
Il counseling una professione a
servizio delle professioni
Chi meglio di un counselor sa leggere le
dinamiche relazionali interne ed esterne di un
ambiente?
Egli sarà il facilitatore e il jolly nelle riunioni di
équipe sia all’interno del proprio ambiente
lavorativo sia nei network attivati a livello
territoriale e si adopererà con competenza
tecnica e affettiva per la costruzione di teams
building
La prevenzione nel modello di Prepos
La ricerca qualitativa procede nel suo obiettivo se il
ricercatore riconosce al contesto competenze e significati
impliciti ed espliciti e si adopera per far emergere il senso
che le persone danno al proprio agire, attraverso un
atteggiamento non giudicante cioè uno spostamento dai
propri modelli mentali.
Si agisce all’interno di una cultura indagando sia la
percezione che le regole, le dinamiche che coabitano proprio
in quel gruppo di lavoro, attraverso l’osservazione quale
strumento privilegiato per costruire una relazione
significativa tra ricercatore e ricercato, per permettere di
comprendere i fenomeni indagati e costruire insieme il
significato dei dati raccolti.
La prevenzione delle malattie relazionali nelle
organizzazioni
Nella ricerca intervento prepossiana i dati da analizzare prima di
tutto sono le interazioni che si sviluppano all’interno di un team di
lavoro riconducibili ai termini da noi utilizzati per definire gli
attacchi ai sentimenti: demotivazioni, istigazioni, manipolazioni,
oppressioni, intimidazioni, squalifiche e seduzioni.
Tali attacchi se non prevenuti alimentano processi emozionali che si
strutturano sotto forma di relazioni oppositive che noi chiamiamo:
di insofferenza, di delusione, di logoramento, di evitamento, di
fastidio, di incomprensione e di equivoco.
“Giunte alla soglia di criticità tali relazioni conducono il gruppo ad
un possibile punto di rottura: la social breakdown sindrome che
collega il burn out individuale degli operatori con il mobbing nelle
relazioni”.(Masini, Barbagli 2004)
Modello teorico“euristico-riflessivo”
Il Counselor è un facilitatore, da significato alle azioni,
negozia le proposte per la risoluzione dei problemi.
Le persone nella costruzione della realtà interpretano e
spiegano ciò che fanno attraverso la percezione che hanno
del loro sé, nell’espletazione di un ruolo.
La narrazione delle proprie percezioni nella condivisione con
gli altri aiuta alla comprensione.
Il costrutto del significato permette di rilevare i punti di vista
con cui i soggetti interpretano gli eventi, i punti di vista della
gente cambiano la realtà. (E. Wanger, 2006)
La negoziazione del significato
La partecipazione alla costruzione di un prodotto/servizio e
il senso acquisito dai partecipanti intorno all’agire per il
raggiungimento di tale scopo, portano al processo di
negoziazione del significato (Wanger 2004).
Infatti la partecipazione fa cogliere il carattere sociale di
ogni esperienza di vita e affinché possa auto-dirigere le
persone per un bene comune è necessario far emergere le
competenze tacide, i valori, le emozioni, le credenze, le
motivazioni, ecc. insite già all’interno del gruppo/contesto e
negoziare il significato attraverso un nuovo punto di vista
non per forza condiviso ma riconosciuto.
Empowerment
Il termine empowerment che rimanda ad una strategia di
miglioramento del clima relazionale. Empowering (to give
them power – dare potere agli altri) è quindi apertura
relazionale agli altri mediante rispetto e fiducia reciproca.
Con tale termine si intende lo sviluppo di competenze e
professionalità, di emancipazione nei contesti lavorativi e di
potenziamento della creatività a tutti i livelli delle
organizzazioni fondato su processi di coinvolgimento, di
responsabilizzazione e di autonomizzazione. Il concetto di
empowerment sottende la valorizzazione del cittadino con le
sue risorse in qualità di attore e protagonista per realizzare
politiche di intervento coincidenti con la soddisfazione del
bisogno.
Il counselor facilitatore sociale
Le persone oggi sono collocate in un ambiente di vita spaziotemporale che le induce a trovare soluzioni di adattabilità
veloci e continue per rispondere alle incalzanti emergenze
della vita quotidiana.
Tale rincorsa aumenta in maniera esponenziale la fragilità di
singoli e di interi gruppi sociali: a fronte di un'espansione del
tempo distribuito in uno spazio senza confini si riduce la rete
di sostegno primaria.
I servizi pubblici non riescono più a dare risposte concrete e in
tempo reale.
Un intervento al servizio dell’umano
Il counseling “è un’intervento di consulenza che si fonda sul sostegno
personale, sull’orientamento, sull’empatizzazione reciproca tra il
counselor ed il cliente”.
Un counselor non si limita ad interagire con il cliente nell’ottica di
guidarlo o consigliarlo, ma entra anche in merito ad alcune sue
scelte comportamentali […]counseling entra così nel merito della
motivazione delle scelte e della costruzione di significati connessi ai
valori di riferimento della persona ma anche della comunità (Lo Staff
di Prepos, 2006)
Il counselor spinge a migliorare il funzionamento psicologico,
l’efficacia e il benessere di individui che hanno incontrato dei
problemi (non necessariamente malati) che generano infelicità e un
livello di funzionamento al di sotto di quello desiderato.
(Woolfe e Dryden 1996).
Il counseling socio-educativo
Il counselor opera inevitabilmente all’interno delle relazioni
sociali come “sensore” delle dinamiche relazionali tra i gruppi
all’interno del tessuto sociale, non solo in contesti formali, ma
anche informali che richiedono modelli elastici e flessibili di
approccio relazionale.
Il modello di intervento richiede modalità specifiche di
comunicazione, “parlare il linguaggio dell’altro” per il
contatto diretto e privilegiato con certi gruppi difficilmente
raggiungibili attraverso i classici modelli operativi dei servizi.
Fonti storiche sul counseling
La prima attestazione dell'uso del termine counseling per
indicare un'attività rivolta a problemi sociali o psicologici
risale al 1908 da parte di Frank Parson.
Nel 1951 la parola counseling fu usata da Carl Rogers per
indicare una relazione nella quale il cliente è assistito nelle
proprie difficoltà senza rinunciare alla libertà di scelta e alla
propria responsabilità.
Negli Stati Uniti, attività di counseling si trovano fin dai primi
anni del '900, quando alcuni operatori sociali adottano il
termine per definire l'attività di orientamento professionale
rivolta ai soldati che rientrano dalla guerra e che necessitano
di una ri-collocazione professionale, successivi sviluppi
avvengono per l'influenza di attività di ricerca e culturali tra i
quali “l'assistenza sociale e infermieristica”.
I primi counselors in Italia
Il Italia si possono rintracciare attività affini al counseling
nella storia dell'assistenza sociale che ebbe inizio intorno
agli anni venti. Tali iniziative assistenziali, formalmente
costituitesi nel 1929 avevano carattere filantropico e
volontario, nascevano nello stesso periodo delle prime
scuole per assistenti sociali.
Una maggiore visibilità degli interventi di counseling si è
avuta a seguito delle politiche sociali e sanitarie volte a
fronteggiare il diffondersi dell'epidemia HIV/AIDS quando la
legge n.135 del 1990 ha sancito che il test diagnostico deve
essere preceduto e seguito da colloqui di Counselling.”
Relazioni di aiuto nella comunità
Il counselor diviene il “facilitatore relazionale del territorio”
La sua azione tende a promuovere la qualità della vita e lo
sviluppo della comunità attivando un processo che induca i
soggetti che la compongono ad essere protagonisti, capaci di
risolvere i propri problemi e soddisfare i propri bisogni,
attraverso il concetto di community care.
La comunità è una struttura aggregante capace di
promuovere un maggior senso di identità e competenza
sociale, capace di riflettere sugli stili educativi messi in atto e
di partecipare attivamente alla progettazione del proprio
futuro.
La promozione dell’agio
Il modello di riferimento si basa non tanto sulla rimozione del disagio
quanto sulla promozione dell’agio, delle potenzialità, delle risorse,
competenze e responsabilità dell’individuo per acquisire gli strumenti
idonei alla gestione dei problemi che si incontrano.
Ciò avviene attraverso il coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali,
per rendere possibile la presa in carico del problema a tutta la
comunità o più semplicemente per migliorare la qualità della vita di un
intero territorio.
Ma la mission del counselor deve potersi estendere oltre i limiti del
disagio del singolo e giungere al cuore delle relazioni all’interno della
comunità intera. Il problema del singolo è in definitiva il problema di
tutta la comunità. Questa non può allora sottrarsi ad una revisione
onesta e profonda sulla qualità delle relazioni che ha prodotto. E se
un membro soffre, tutte le membra soffrono; mentre se un membro è
onorato, tutte le membra ne gioiscono insieme (1Corinzi
12:26)…perché siamo membra gli uni degli altri (Efesini 5:25).
Il rispetto dei valori dei cittadini
“…Lo scopo è quello di creare le condizioni per un’autonomia
decisionale, attraverso la considerazione dei fattori coscienti
come gli interessi, i gusti, le aspirazioni economiche, il
prestigio sociale, e le inclinazioni profonde ed inconsce che
rinviano ai bisogni affettivi di fondo e ai meccanismi di
adattamento che sono alla base delle dinamiche personali e del
modo di esistere dell’individuo.
Scopo del counseling è quello di consentire all’individuo una
visione realistica di sé e dell’ambiente sociale in cui si trova ad
operare, in modo da poter meglio affrontare le scelte relative
alla professione, al matrimonio, alla gestione dei rapporti
interpersonali, con la riduzione al minimo della conflittualità
dovuta a fattori soggettivi”.(U.Galimberti)
La costruzione di relazioni significative
L’approccio qualitativo per lo sviluppo di relazioni significative
passa attraverso la percezione del vissuto dell’altro, attraverso il
modello centrato sull’ empatia-affettiva, di ascolto attivo, e non
giudicante, del riconoscimento delle storie dell’essere “essere
umano”, nella predisposizione accogliente del setting entro cui la
relazione avviene.
Essere counselor “richiede una profonda empatia, la
comprensione del carattere e delle tensioni interne della
personalità, la capacità di accettare e rispettare gli altri senza
falsi moralismi, l’umiltà di non imporre le proprie scelte di vita”.
(R. May 1991).
L’importanza della sicurezza sociale
La comunità genera senso di appartenenza o
emarginazione, agio o disagio, inclusione o
esclusione.
La comunità è il luogo in cui le persone
sviluppano il senso di identità e di relazione.
Senso di comunità
Analisi conoscitiva del territorio
Profilo di comunità
Antropologico
• Storia della comunità.
• Fonti informative: Biblioteche, testimoni storici privilegiati
Psicologico
• Senso di appartenenza, fattori collettivi di identificazione, estenzione e densità reti
sociali
• Fonti informative: osservazione partecipante.
Dei servizi
• Socio-sanitari, socio-educativi, ricreativi e culturali
• Fonti informative: Provveditorato agli studi, associazioni, terzo settore, Asl, enti
locali.
Territoriale
• Estensione, composizione fisica, clima, risorse naturali, infrastrutture, degrado
ambientale, suddivisione spazi( abitativo, lavorativo, tempo libero) e loro fruibilità.
• Fonti informative: uffici comunali, enti erogatori di servizi (atam, trasporti,ecc)
Profilo di comunità
Demografico
• Numero abitanti, divisione per fasce, incremento e decremento della
popolazione, flussi migratori, mobilità.
• Fonti informative: ufficio anagrafe, Asl (per gli extracomunitari)
Delle attività produttive
• Primarie, secondarie, terziarie, dati sull’occupazione, stabilità lavorativa,
disoccupazione, lavoro nero, dispersione scolastica
• Fonti informative: centri per l’impiego, ufficio lavoro, camera di
commercio, sindacati.
Istituzionale
• Organizzazione politico/amministrativa, riferimenti ideologici, presenza
istituzioni particolari (carcere, ospedale, commissariato ecc.)
• Fonti informative: Consiglio comunale, parrocchia, uffici giudiziari
La rete
Sempre più siamo in una società fatta di
organizzazioni; la nostra identità si costruisce anche
attraverso l’appartenenza a queste… la metafora
della rete ci suggerisce di leggere questo complesso
intreccio come una trama in cui identifichiamo i fili,
le connessioni, (gli scambi e le interazioni) e i nodi o
i punti di incrocio rappresentati da singoli individui,
singole organizzazioni, o parti di organizzazioni… la
metafora della rete ci dice che ciascun osservatore ha
nessi e scambi … con i poli ed è anch’esso un polo
della rete…(L.Leone, 1993)
La rete
L'importanza della rete di supporto al progetto è
fondamentale per la costruzione di relazioni entro le
quali le persone si possono esprimere.
L'attivazione delle reti informali in un territorio che
siano in grado di rispondere ai bisogni del cittadino,
promuovono nelle persone un senso di sicurezza e
riconoscimento.
Analisi Interorganizzativa
Scuola di Counseling Relazionale
PREPOS
Docente
Manuela Naccari
tel. 338 3536311
E mail - [email protected]
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