Diapositiva 1

annuncio pubblicitario
Anassimandro…l’ápeiron
“L'ápeiron (l'etimologia più condivisa fa risalire il
termine al greco a, «non», e péras, «limite», nella
forma peiras del dialetto ionico di Mileto)
rappresenta, secondo la filosofia di Anassimandro,
l'arché, cioè l'origine e il principio costituente
dell'universo. Essa è una materia infinita,
indeterminata, eterna, indistruttibile e in continuo
movimento. Secondo altri, invece, ápeiron starebbe
a significare fango, polvere e terra. Il che sarebbe
molto più in linea con l'idea di arché degli altri
componenti della scuola ionica”
(da Wikipedia)
Anassimandro in DK
Di Anassimandro (VI a. C.), DK riportano:
12 testimonianze indirette (gruppo A), di autori
vissuti in periodi diversi ma che si rifanno quasi
tutti agli scritti di Teofrasto (il principale allievo di
Aristotele)
5 citazioni frammentarie (gruppo B) estratte da
autori a lui successivi (tra cui Aristotele)
Anassimandro in DK
La prima novità di Anassimandro
rispetto a Talete, dal punto di vista
filologico, è che sono pervenuti a
noi dei frammenti (non autografi)
Anassimandro in DK
[Fr. 12 A 1 D-K ]
[Da Suidas ] Anassimandro figlio di Prassiade, di
Mileto, filosofo, parente, discepolo e successore
di Talete. Per primo trovò equinozio, solstizi e
orologi, e che la terra giace nel preciso mezzo.
Introdusse lo gnomone e mostrò in generale un
abbozzo di topografia della terra.
Fr. 12 A 2 D – K
[Da Simplicio che riporta a sua volta la Fisica di
Teofrasto] Di quanti dissero uno, mobile e
indefinito (il principio) Anassimandro figlio di
Prassiade, di Mileto, che fu discepolo e
successore di Talete, “principio” ed elemento ha
detto “delle cose che sono l’indefinito”, il primo
ad avere introdotto questo nome del principio.
in questi due frammenti si nota:
1) L’insistenza sul profilo di “filosofo” e “scienziato”
di Anassimandro.
2) La sua appartenenza ad una “scuola” (Talete)
3) Il suo far parte di “quanti dissero” che “principio
delle cose è un “elemento”. Al “principio” poi, di
filosofo in filosofo, viene attribuito un nome
differente
(“l’indefinito”
nel
caso
di
Anassimandro).
La fonte: Teofrasto
Principale allievo di Aristotele, fu a capo della
scuola peripatetica (fondata da Aristotele) per 35
anni, fino alla sua morte nel 287 a.C.
Tra le sue opere rivestono grande importanza i
trattati di fisica e scienze (botanica, studio delle
rocce etc.).
Anassimandro “scienziato” / 1
La maggior parte delle testimonianze su
Anassimandro restituiscono l profilo di un geologo,
astronomo ed indagatore dei fenomeni naturali.
Ad esempio:
Fr. 12 A 8 D – K
“Su tuoni, lampi, turbini e tifoni. Per Anassimandro, tutti
questi fenomeni succederebbero in base al soffio; quando
infatti intercettato da nube spessa ne fuoriesca a forza per
la sua sottile particellarità e leggerezza, allora la rottura
determina il rumore, ed il contrasto a fronte del nero della
nubelo sfolgorìo”
Anassimandro “scienziato” / 2
Fr. 12 A 9 D – K
[Aristotele, De Caelo] Ci sono alcuni che affermano
che essa [la terra] resterebbe al suo posto per via
della parità, come degli antichi Anassimandro.
Perché per niente più in alto che in basso o nelle
direzioni trasverse compete di spostarsi a ciò che
sta collocato al mezzo e che è in condizione di
parità rispetto agli estremi; ed è poi impossibile
che
possa
fare
il
movimento
contemporaneamente nelle direzioni opposte,
sicché necessariamente resta.
Anassimandro “scienziato” / 3
Le opere in cui lo stesso Aristotele tiene
conto di Anassimandro sono quasi tutte
opere di indagine sulla natura:
- Sul cielo
- Fisica
- Sulla generazione e sulla corruzione
- trattato sulla metereologia
Letture / 1
Aristotele
Fisica
“Ed è anche giustificato che tutti considerino l'infinito come
principio: non è infatti appropriato né che esso esista
invano, né che a esso appartenga un'altra possibilità se
non come principio. Ogni cosa, infatti, o è principio o
deriva daun principio; ma dell'infinito non c'è principio,
perché in tal caso esso avrebbe un limite. E inoltre esso è
ingenerato e incorruttibile, proprio come se fosse un
principio: è necessario, difatti, che sia il generato trovi un
termine, sia la fine appartenga a ogni distruzione. Perciò
diciamo appunto che di esso non vi è principio, ma che
esso sembra essere principio delle altre cose, e
abbracciare tutte le cose, e tutte le cose governare, come
affermano quanti non stabiliscono altre cause, quali
l'intuizione o l'amore al di là dell'infinito. E tale sembra
essere il divino: difatti è senza morte e senza
distruzione,
come
asseriscono
appunto
Anassimandro e la maggior parte degl iindagatori
sulla natura”
Anassimandro nella Metafisica di
Aristotele
Aristotele non colloca Anassimandro
nella sequenza a noi nota (Talete,
Anassimene...).
Vi è infatti già nella sua ricostruzione
storico filosofica (Metaph. A – 3) la
consapevolezza che L'àpeiron non è
sovrapponibile a “elementi” quali
l'acqua di Talete o l'aria di Anassimene.
“Riguardo poi alla sostanza e alla natura
dell'uno, bisogna indagare in quale dei due
modi stia la questione – così appunto come,
nel libro delle aporìe, abbiamo discusso su che
cosa sia l'uno e in che senso lo si debba
sssumere – se...o se piuttostovia sia una
natura come sostrato, e se in qualche modo
occorra intenderlo in senso più manifesto, e di
preferenza come fanno appunto quelli che
speculano sulla natura: tra costoro infatti c'è
chi dice che l'uno è amore, un altro afferma
che è aria, e un altro ancora che è infinito”
Aristotele, Metafisica 1014 b 16 - 36
Ipotesi: Anassimandro in Aristotele / 1
Difficoltà di collocazione
Se per un verso, la discendenza di “scuola” di
Anassimandro lo spinge a inserirlo nel filone
degli “indagatori della natura” (Fisica), la
natura stessa del “principio” cui si rifà
Anassimandro lo spinge a non porlo in
“sequenza” con i “fisiologi” (Talete, Anassimene..)
ma piuttosto con coloro che si sono occupati
della “sostanza e della natura dell'uno” (i fisici
pluralisti, gli Eleati)
Ipotesi: Anassimandro in Aristotele / 2
Da Aristotele a Diels Kranz passando per Teofrasto
1)
La
collocazione
nella
“sequenza”
(Talete,
Anassimene...) è attribuibile più a Teofrasto che non
direttamente ad Aristotele.
2) L'operazione di Teofrasto consiste nel mitigare i dubbi
sulla duplice collocazione e spostare Anassimandro
integralmente dal lato dei “fisiologi”.
3) Diels e Kranz confermano l'operazione di Teofrasto
(Anassimandro “scienziato”) selezionando da
Aristotele, perlopiù citazioni dalle opere “naturalistiche”
e scientifiche.
I “frammenti” di Anassimandro in DK
Va
ricordato,
rispetto
all'ipotesi
storicamente consolidatasi (appena
vista), che la presenza stessa – in
Anassimandro rispetto a Talete – dei
frammenti (il gruppo B DK), aumenta
notevolmente le possibilità di elaborare
una controipotesi.
Anassimandro in DK
B. FRAMMENTI
[Fr. 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed
i fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono
anche quelli in cui si risolve la loro estinzione, secondo il
dovuto, perché pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed
ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizione del
tempo
[Fr. 12 B 2] è questa [sic. questa certa natura dell’ápeiron]
eterna ed insenescente.
[Fr. 12 B 3] immortale…e indistruttibile (l’ápeiron = il divino)
[Fr. 12 B 4] canna di mantice
[Fr. 12 B 5] a colonna di pietra assimilabile, la terra.
Domande...
1) Quanto c'è del “naturalista” e del
“materialista” Anassimandro nei
suoi frammenti?
2) Quanto il profilo di Anassimandro
nelle testimonianze (gruppo A) può
dirso coerente con i frammenti?
Letture / 3
G. Colli
La sapienza greca
Vol. II
Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro
– Anassimene - Onomacrito
(Einaudi Torino 1978)
“Fa la sua apparizione con Anassimandro, un
nuovo tipo di sapiente, quello ‘degno di
ammirazione e a un tempo terribile’. Non più
l’aspra dolcezza arcaica di Orfeo o l’evanescente
lontananza di Epimenide: ora si mostra un uomo
che fa rabbrividire. Questo sapiente parla
direttamente agli uomini, li provoca. Per riuscire
in ciò, assume un atteggiamento teatrale; già con
i gesti fa sentire il suo distacco, per coinvolgerli.
Solo in questo quadro possiamo intender euna
strana testimonianza, secondo cui Anassimandro
fingeva l’allucinazione della tragedia”
11 [B 8]
“[da Diogene Laerzio] E Diodoro di Efeso (IV a. C.),
quando scrive attorno ad Anassimandro, afferma
che Empedocle rivaleggiava con lui, fingendo
un’allucinazione
degna
della
tragedia,
e
assumendo un abbigliamento ieratico”
N. B. Questa testimonianza pur essendo stata
raccolta da Diels e Kranz, non viene riportata
nella maggior parte delle edizioni della loro
opera.
“Viene qui in soccorso Nietzsche, che nella sua geniale
spiegazione dell’origine della tragedia intende l’azione
drammatica appunto come un’allucinazione del corpo
posseduto da Dioniso. Il mondo della tragedia era
un’epidemia visionaria: la cosa era familiare ai Greci, e la
comunicazione di questa capacità di vedere era ciò che li
travolgeva,
in
questa
divulgazione
eleusina.
Anassimandro si esercita nell’allucinazione, si presenta in
pubblico, con abbigliamento ieratico, come uno che vede
ciò che nessuno vede. Per questo il sapiente è terribile,
perché nessuno può impadronirsi della sua visione, e
perché nessuno può sapere se egli vede veramente
quello che dice di vedere”
G. Colli, La sapienza greca.
Differente traduzione (Colli / D – K)
[DK 12 B 1] …principio…delle cose che sono l’indefinito…ed i
fattori da cui è la nascita per le cose che sono, sono anche quelli
in cui si risolve la loro estinzione, secondo il dovuto, perché
pagano l’una all’altra, esse, giusta pena ed ammenda della loro
ingiustizia secondo la disposizione del tempo
[Colli 11 A 1] Le cose fuori da cui è il nascimento alle cose che
sono, peraltro, sono quelle verso cui si sviluppa anche la rovina,
seconodo ciò che dev’essere: le cose che sono, difatti, subiscono
l’una dall’altra punizione e vendetta per la loro ingiustizia,
secondo il decreto del Tempo.
“Per primo Anassimandro ha introdotto la parola
Arché, ponendola al vertice. Sarà soltanto più tardi
che tale parola significherà principio astratto,
elemento: anticamente significava origine, inizio, e
d’altro canto dominio, sovranità potere soverchiante,
magistratura, autorità. Sono entrambi questi
significati antichi che dobbiamo presupporre
assieme in Anassimandro. La sua parola è un
comando, e la filigrana del mondo che egli comunica
è anch’essa un comando. Il mondo è una polis: il
rapporto tra esso e l’al di là del mondo è regolato
dalla necessità, ‘secondo ciò che dev’essere’”
G. Colli, La sapienza greca
La “polarità” in Anassimandro
“Ecco ancora una volta, dietro l’ondeggiante figura
di Anassimandro, presentarsi due dèi, separati e
uniti. L’imperio attraverso la parola manifesta
Apollo, e così lo sviluppo del logos. Ma sullo
sfondo c’è l’altro dio, e l’abbigliamento tragico del
sapiente lo rivela: mai la nullità della vita
individuale – la dottrina di Dioniso! – era stata
compresa in una formula tanto lieve, e mai più lo
sarà. E il sapiente è la bocca di Dioniso quando
dice che ‘ le cose fuori da cui’ e le ‘cose verso cui’
sono quelle, onde discende ogni contraddizione e
in cui ogni contraddizione si risolve”.
G. Colli, La sapienza greca
Di una certa “dialettica” in
Anassimandro / 1
Si è soliti fare risalire la nascita della
“dialettica” a Platone ed il suo
perfezionamento
ad
Aristotele
(abbiamo visto il “ragionamento
dialettico”).
Che cos'è la dialettica?
Ripasso... (lezione 2)
Procedimento dialettico
- Assumere un’ipotesi (rispetto ad una domanda
con almeno 2 risposte possibili)
- Tenere sempre conto delle ipotesi contrarie
- Confrontare ad ogni passo del ragionamento
argomenti a favore dell’ipotesi assunta ed
argomenti a favore delle ipotesi contrarie
Ripasso...(lezione 2)
Nel procedimento dialettico, l’ipotesi
assunta, passo dopo passo, è
“accompagnata”
dalle
ipotesi
contrarie e si confronta con esse. Il
procedimento consiste nel “mettere
alla prova”, di passaggio in
passaggio, l’ipotesi assunta rispetto
alle ipotesi contrarie.
“Principio della dimostrazione è una premessa
immediata, ossia una premessa cui nessun’altra è
anteriore. Dal canto suo, la premessa costituisce
l’una o l’altra parte della contraddizione, ed
esprime il riferimento di una sola determinazione
ad un solo oggetto: essa è dialettica, quando
assume indifferentemente una qualsiasi delle due
parti suddette, ed invece dimostrativa quando
stabilisce in modo determinato come vera una
delle due”
Aristotele, Analitici II, 72a
Di una certa “dialettica” in
Anassimandro / 2
Ipotesi di retrodatazione delle origini della dialettica
Nelle Lezioni sulla storia della filosofia, ad esempio,
Hegel rintraccia le prime forme antiche di
“dialettica” in Parmenide (l'essere e la sua
negazione) e in Eraclito (il movimento dei contrari,
“polemos”).
In tal senso, lo stesso Hegel, intepreta la dialettica di
Platone come un tentativo di conciliare questi due
predecessori (che ancora oggi noi studiamo come
voci assolutamente inconciliabili).
Di una certa “dialettica” in
Anassimandro / 3
Anche in questo ipotetico quadro
“alternativo” rimane invariata la
collocazione di Anassimandro nella
sequenza dei “fisiologi”
Di una certa “dialettica” in
Anassimandro / 4
Se, nel quadro interpretativo appena
scuola dei “fisiologi” rimane relegata ad
di immaturità della filosofia antica,
dall'avvento delle prime forme di
(Eraclito, Parmenide)
visto, la
una fase
superata
dialettica
Allora, alla luce questo stesso quadro “alternativo”,
non sarebbero presenti in Anassimandro spunti
per una prima elaborazione della dialettica.
Di una certa “dialettica” in
Anassimandro / 5
Giorgio Colli, muovendosi sullo
“sfondo”
nietzscheano
da
lui
delineato (lezione 3), elabora
un'ipotesi “alternativa” alla stessa
“alternativa” di matrice hegeliana.
Letture / 4
G. Colli
La sapienza greca
Vol. II
Epimenide – Ferecide – Talete – Anassimandro
– Anassimene - Onomacrito
(Einaudi Torino 1978)
Il frammento più noto di Anassimandro (il suo “detto”)
[Colli 11 A 1]
“Le cose fuori da cui è il nascimento alle
cose che sono, peraltro, sono quelle
verso cui si sviluppa anche la rovina,
secondo ciò che dev’essere: le cose che
sono, difatti, subiscono l’una dall’altra
punizione e vendetta per la loro
ingiustizia, secondo il decreto del
Tempo”.
Il nascimento e la rovina formano un'opposizione,
anche se non antifatica, e tale opposizione è usata
dialetticamente , perché dalla sua negazione
emerge l'opposizione – unificazione tra 'le cose
fuori da cui' e le ' cose verso cui'. Ciò apre la strada
all'opposizione suprema, quella fra 'le cose' e 'le
cose che sono'. Qui il logos, lo strumento della
rappresentazione astratta, tenta per la prima volta
di inchiodare l'irrappresentabile, la parola
tracontante cerca di afferrare ciò che respinge da
sé la parola. Da un lato, per indicare il silenzio
dell'indicibile, una designazione pronominale
assolutamente indeterminata, dall'altro, e in
opposizione, un solo predicato: essere – il segno
dell'apparenza [...]”
“ma l'essere è una abbreviazione della vita, la sua
essenza: questa è la grande indicazione
pessimistica di Anassimandro. D'altro canto
l'essere è una categoria suprema del pensiero,
che per la prima volta entra nel discorso di un
sapiente, a significare l'illusorio […] Qual è
l'inganno di Anassimandro? Quale la sua
Sapienza? Forse una maschera della tracontanza
(Dioniso), attraverso l'invenzione del logos. Con un
linguaggio che non desta sospetti egli realizza la
profanazione del misterico, include l'indicibile in un
discorso profano che sanziona la sua indicibilità,
costringe tutti ad accogliere l'al di là dell'essere
come norma intangibile”
La dialettica
“giustizia” / “ingiustizia”
[Colli 11 A 1]
“Le cose fuori da cui è il nascimento alle
cose che sono, peraltro, sono quelle
verso cui si sviluppa anche la rovina,
secondo ciò che dev’essere: le cose che
sono, difatti, subiscono l’una dall’altra
punizione e vendetta per la loro
ingiustizia, secondo il decreto del
Tempo”.
Ipotesi di Colli: Anassimandro politico
“Più ancora che giudiziario, il linguaggio di
Anassimandro è un linguaggio politico. Difatti, per
primo Anassimandro ha introdotto la parola arché,
ponendola al vertice. Sarà soltanto molto più tardi
che tale parola significherà principio astratto,
elemento: anticamente significava origine, inizio, e
d'altro
canto
dominio,
sovranità,
potere
soverchiante, magistratura, autorità. Sono entrambi
questi significati antichi che dobbiamo presupporre
assieme in Anassimandro. La sua parola è un
comando, e la filigrana del mondo ch'egli
comunica è anch'essa un comando”.
Colli: Anassimandro e la “polarità”
“il mondo è una polis: il rapporto tra esso e l'al di là del
mondo è regolato dalla necessità, 'seconodo ciò che
dev'essere'; il rapporto nel mondo tra 'le cose che sono'
è sottoposto all'imperio del 'decreto del tempo'. Ecco
ancora una volta, dietro l'ondeggiante figura di
Anassimandro, presentarsi i due dèi, separati ed uniti.
L'imperio attraverso la parola manifesta di Apollo, e così
lo sviluppo del logos lungo i meandri degli enigmi
dialettici. Ma sullo sfondo c'è l'altro dio, e l'abbigliamento
tragico del sapiente lo rivela: mai la nullità della vita
individuale – a dottirna di Dioniso! - era stata compresa
in una formula tanto lieve, e mai più lo sarà. E il sapiente
è la bocca di Dioniso quando dice che 'le cose fuori da
cui' e le 'cose verso cui' sono quelle onde discende ogni
contraddizione e in cui ogni contraddizione si risolve”
La dialettica come
“polemologia”
in Anassimandro
I Greci e la “guerra”
La meditazione della guerra, fondamentale nei
poemi omerici, lo è anche nella filosofia proprio a
partire da Anassimandro.
Omero ed Anassimandro, ad esempio, sono
parimenti presenti in questo frammento di
Eraclito:
[Fr. 22 DK B 53]
“Polemos, di tutte le cose è padre, di tutto è re, e gli
uni dèi li dimostrò, gli altri uomini; gli uni, schiavi li
fece, gli altri liberi”
Ipotesi
La guerra come arché
Condannata aspramente e senza riserve
nell'Odissea, la guerra è giudicata con
ambivalenza nell'Iliade, ove appare per un
verso una nobile palestra di eroici
ardimenti, ma per altro verso il luogo delle
più atroci crudeltà e sofferenze.
L'ambivalenza della guerra in Anassimandro / 1
Anassimandro considera la lotta
cosmica tra gli opposti un atto tanto
di giustizia quanto di ingiustizia
Questa è una chiave per comprendere in
che senso si parla di “pessimismo” e
di
“antropomrfismo”
in
Anassimandro.
L'ambivalenza della guerra in Anassimandro / 2
Alla sopraffazione di un opposto sull'altro
(ingiustizia perché è tracontanza) segue la
sopraffazione inversa (che stando alla legge
arcaica del taglione, sarebbe giustizia).
Dunque, tre elementi essenziali nel “detto”:
- condanna della sopraffazione/tracontanza
- adozione della legge del taglione
- la giustizia si realizza paradossalmente
attraverso l'ingiustizia.
Il “pessimismo” di Anassimandro
Nel principio secondo cui la giustizia si
realizzerebbe attraverso l'ingiustizia c'è la più
antica concezione greca del pessimismo:
Nell'universo l'ingiustizia è talmente
inevitabile da essere la condizione
stessa del realizzarsi della giustizia.
L'“antropomorfismo” di Anassimandro
Si tratta dell'operazione, assolutamente
nuova, e poi più volte ripresa in
filosofia, attraverso cui Anassimandro
utilizza concetti giuridici ed etici
(“colpa”, “pena”, “giustizia”), propri del
mondo esclusivamente umano, come
strumenti per intepretare il mondo
extra – umano.
Anassimandro
tra
Nietzsche e Heidegger
Nietzsche
Ne La filosofia nell’epoca tragica dei Greci (1873),
Nietzshce propone una sua traduzione del detto di
Anassimandro:
«Là da dove le cose hanno il loro
nascimento, debbono anche andare a
finire, secondo la necessità. Esse
debbono infatti fare ammenda ed esser
giudicate per la loro ingiustizia, secondo
l’ordine del tempo»
L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro
Per Nietzsche, Anassimandro è:
- il primo pensatore “astratto” (non
materialista) dell'antichità.
- il primo pensatore a ritenere che la
filosofia ha anche una sua scrittura, il
cui scopo principale è sancire
ulteriormente l'incontrovertibilità del
detto.
L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 2
Ma per Nietzsche, Anassimandro è soprattutto:
Il primo pensatore “morale” dell'antichità, in
quanto il “detto” è nella sua essenza una
descrizione del destino umano, inevitabilmente
portato a finire e perciò “triste”.
Da qui l'idea del “pessimismo” di Anassimandro,
ossia della lucida consapevolezza dell’impossibilità
di pensare un destino diverso per la natura umana.
L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 2
Quale possibilità per gli uomini?
Per Nietzsche la sola possibilità di fuoriuscire da
quel destino consisteva nell'intendere nascita e
morte come facenti parti di un ciclo del ritorno:
“tutto tende a dissolversi ma può ritornare ad
ogno nuova era” (l'universo è “ciclico”)
il tempo ciclico offre dunque una chance per la
riconquista di sé, nonostante il pessimismo.
L'ipotesi di Nietzsche su Anassimandro / 3
Nietzsche scorge nell'àpeiron di Anassimandro,
luogo da cui tutto si origina come per “distacco”
e a cui tutto torna come per “ricongiunzione”,
l'elemento attorno a cui fare ruotare questa sua
visione ciclica del tempo (come alternanza di
generazione universale e distruzione universale)
Il superamento del pessimismo, in tale quadro, fa
leva sulla possibilità umana di annullare, nel
“ritorno” a ciò da cui ci si è distaccati, quel
senso di “separatezza” dalle cose, che provoca
sconforto
Heidegger
Heidegger accoglie l’interpretazione
nietzscheana di Anassimandro, ma la
completa, chiedendosi cosa davvero il
“detto” voglia dire e perché il pensiero
successivo le abbia “travisate”
(Aristotele, Teofrasto etc.).
L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro
A partire dall'intepretazione di Nietzsche possiamo
comprendere sia il senso originario delle Parole di
Anassimandro sia anche il senso del loro
fraintendimento da parte dei filosofi successivi.
Per Heidegger, in sintesi, il frantendimento delle
parole di Anassimandro (per esempio la riduzione
“naturalista” di Teofrasto) è qualcosa di
storicamente necessario, in quanto implicito nel
suo stesso messaggio originario.
L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2
Come Colli, anche Heidegger rifiuta la tesi
dell'immaturità filosofica dei presocratici:
Anassimandro e i filosofi precedenti a Socrate
avevano in realtà pensato la natura, il logos, e
l’essere; il detto è pertanto una testimonianza di
sviluppo del pensiero, non una istanza
prefilosofica o mitica.
L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2
Viceversa, per Heidegger il senso del “detto” di
Anassimandro,
è
stato
successivamente
“dimenticato”.
Tale senso è il “senso dell'essere”, ossia di una
realta' unitaria delle cose che quanto più si
mostra alla vista degli uomini lasciandosi da
loro pensare tanto più si nasconde ai sensi ed
al pensiero.
Secondo Heidegger, Platone ed Aristotele,
avrebbero “scambiato” l'essere come essere
visibile e pensabile (la natura), con l'essere nella
sua totalità (quello che invece Anassimandro
aveva già espresso col suo detto
L'ipotesi di Heidegger su Anassimandro / 2
Nel “detto” di Anassimandro ci sarebbe dunque già scritto,
secondo Heidegger, l'intero “destino” della filosofia, ossia
la lunga catena dei filosofi che, come in un passaggio di
consegne, non hanno fatto che amplificare volta per volta
le conseguenze di un originario fraintendimento (ad opera
di Platone ed Aristotele):
“Avere scambiato l'essere con l'ente”
Trascurando da lì in poi quel carattere bivalente
dell'essere stesso, intuito proprio da Anassimandro,
che ci fa comprendere anche quanto il
“fraintendimento” sia di per sé necessario ed in
qualche modo dettato dall'essere stesso.
Letture / 5
Martin Heidegger
Il detto di Anassimandro
(1946)
“La traduzione più letterale del detto dice: “Ma da ciò da
cui per le cose è la generazione, sorge anche la
dissoluzione verso di esso, secondo il necessario; esse si
rendono infatti reciprocamente giustizia e ammenda per
l'ingiustizia, secondo l'ordine del tempo”. [...] L'insistenza
ostinata con cui cerchiamo di pensare grecamente il
pensiero dei Greci non ha affatto lo scopo di presentare
un quadro storiografico più esatto della Grecità, intesa
come una forma di umanità passata. Noi andiamo alla
ricerca di ciò che fu greco non per amore dei Greci, né in
vista d'un progresso della scienza, e neppure allo scopo
di rendere il dialogo più rigoroso; ma lo facciamo
esclusivamente in vista di ciò che in questo dialogo
potrebbe giungere a farsi parola, nel caso che vi giunga
in base a se stesso.
Si tratta di quel Medesimo che, in maniere diverse,
investe, in conformità della sua struttura [geschicklich], i
Greci e noi. Si tratta di ciò che porta il mattino del
pensiero nel destino [Geschick] della terra della sera.
Solo in virtù di questo destino i Greci divengono Greci in
senso storico. “Greco” non significa, nel nostro
linguaggio, un carattere etnico nazionale, culturale o
antropologico. “Greco” significa il mattino, l'inizio del
destino secondo cui l'essere stesso si illumina nell'ente e
pretende un'essenza dell'uomo che, in quanto conforme
a questo destino [geschicklich], trova il suo corso storico
[Geschichtsgang] nel modo in cui essa è custodita
nell'essere o da esso dimessa, senza tuttavia esserne
mai separata”.
Scarica