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CENTRO EDUCATIVO MINORI
CASA REGINA ELENA
“UNA CAREZZA PER CARLA”
Due esempi da cui partire…

E’ l’ora della ricreazione. Alcuni alunni stanno giocando a palla mentre il nostro
Giacomo cammina tutto solo ai bordi del campo.
L’insegnante gli si avvicina e gli chiede di giocare con i suoi compagni,ma G.
alza le spalle e si allontana. Egli di
solito passa tutta la ricreazione a
gironzolare attorno al campo oppure seduto all’ingresso dell’edificio scolastico.

In un’altra scuola degli alunni di prima media stanno eseguendo un compito di
matematica. Uno di loro passando davanti al banco di Michela, per sbaglio lo
urta facendo cadere a terra i fogli del compito. Michela balza in piedi e
mostrando il pugno grida:”lo hai fatto apposta, te la farò pagare!” e respinge
con forza il compagno.
INSEGNARE AI BAMBINI CON AUTISMO A
“LEGGERE” LE SITUAZIONI SOCIALI
I bambini con autismo hanno percezioni peculiari delle persone e degli
eventi che si manifestano in comportamenti che i loro genitori, insegnanti
e coetanei possono trovare difficili da comprendere. Essi presentano una
compromissione nell’abilità di comprendere e interpretare correttamente
i segnali sociali (Wing,1988).
Inoltre hanno bisogno di imparare le abilità sociali che sono rilevanti per la
loro vita, con le informazioni presentate in modo tale da essere
comprese nella maniera più efficace. Hanno bisogno di aiuto per
“LEGGERE” le situazioni sociali e comprendere cosa ci si aspetta da loro.
Un’ottima
modalità
per
aumentare
le
probabilità
che
l’integrazione abbia successo è quella di insegnare direttamente
agli alunni con autismo le cosiddette ABILITA’ SOCIALI.
I soggetti ai quali è stato diagnosticato l’autismo hanno un
repertorio insufficiente di comportamenti sociali e dimostrano
scarse abilità o comportamenti utili a dar prova di una certa
COMPETENZA SOCIALE.

Cox e Gunn nel 1980 individuarono
tre ragioni per cui i soggetti ed in particolare con autismo sarebbero incapaci di rispondere a
determinate situazioni sociali:
1)
Lo studente non sa qual è il comportamento giusto da emettere;
2)
Egli lo sa, ma non ha mai provato ad emetterlo;
3)
Le sue condizioni emotive inibiscono probabilmente l’emissione del comportamento desiderato.

Introduciamo il concetto di FLESSIBILITA’ COMPORTAMENTALE, ossia l’incapacità di adattare il
proprio comportamento ad una svariata serie di situazioni, persone e contesti.

ESEMPIO: un alunno può essere in grado di chiedere aiuto ad un suo pari in modo socialmente
accettabile in sessione di lavoro strutturato, mentre tale competenza potrebbe rivelarsi
inadeguata in una discussione di classe.
A CHI INSEGNARE LE ABILITA’
SOCIALI?
A TUTTI: un insegnamento diretto e sistematico
di
comportamenti specifici può essere utile sia per soggetti
che presentano disturbi comportamentali sia per
bambini neurotipici.
Insegnare
ai
bambini
con
autismo
a
interagire
appropriatamente con i loro coetanei è un’ importante
componente
di
un
programma
comportamentale
completo.
Inizialmente le attività vengono svolte in rapporto
individuale, un adulto e il bambino con difficoltà
comportamentali. Man mano che il repertorio del
bambino si incrementa, lui può beneficiare da istruzioni
che vengono dall’interazione con un compagno, coetaneo.
LA SFIDA…
Insegnare ad un bambino con autismo ad imparare dall’interazione con i
pari può costituire una vera e propria sfida. Molti ricercatori hanno
dimostrato che non basta solo una “vicinanza fisica”col coetaneo per
promuovere una positiva interazione tra il bambino con autismo e i suoi
pari.
Il profondo deficit sociale e del linguaggio dimostrato dalla maggior parte
dei bambini autistici, così come i loro unici bisogni per imparare,
necessitano di istruzioni specializzate se vogliamo che i bambini possano
avere beneficio dal coinvolgimento dei coetanei nei vari contesti di vita.
QUANDO?DETERMINARE SE IL BAMBINO E’
PRONTO PER INTERAGIRE CON I PARI
La ricerca purtroppo non ci fornisce linee guida per capire
QUANDO un bambino è pronto per incominciare ad imparare
dall’interazione con i pari. Hauck (1995) osservò che la
qualità e la quantità di interazione sociale con i bambini con
autismo variava con il grado di abilità cognitive e verbali del
bambino.
QUINDI…

SCEGLIERE I COETANEI E LE LORO
CARATTERISTICHE

NUMERO DEI COETANEI

FRATELLI COME PARI

USARE PARI CON AUTISMO
LE COMPONENTI
DELL’APPRENDIMENTO STRUTTURATO
L’apprendimento strutturato prevede le seguenti procedure:
- IL MODELING
- IL ROLE PLAYING
- IL FEEDBACK
- LE STORIE SOCIALI
IL MODELING
Il modeling è l’osservazione di un modello che emette un
comportamento o una determinata azione.
Definito anche apprendimento per imitazione, si è rivelato
uno strumento educativo efficace sia con bambini che con
adolescenti normotipici e che presentano disturbi pervasivi
dello sviluppo.
LA TECNICA DEL MODELING SERVE A….
Possiamo esercitare attraverso un modello gran parte delle attitudini che riteniamo
deficitarie nei nostri studenti e anche comportamenti utili sul piano sociale come:
•
Le emozioni
•
L’amicizia
•
La creatività
•
La condivisione
•
Abilità cognitive
•
Schede di valutazione ed autovalutazione
Il modeling necessita di essere supportato da altre attività strutturate….
Alcuni esempi di schede per la
VALUTAZIONE per l’insegnante (2)
IL ROLE PLAYING
Il role playing è stato definito come “la situazione a cui viene
chiesto ad un individuo di simulare un ruolo mai sostenuto in
precedenza, oppure, se il ruolo è già proprio, esercitarlo in
circostanze diverse da quelle usuali”.
I FATTORI FONDAMENTALI DEL ROLE
PLAYING
La scelta da parte dello studente se partecipare.
2. Il suo coinvolgimento su quel dato comportamento o
atteggiamento.
3. La sua capacità di improvvisare (attitudine che se
allenata può migliorare notevolmente).
4. La
presenza di una ricompensa, gesto di
approvazione, rinforzatore dopo che l’azione è stata
eseguita.
1.
IL FEEDBACK INFORMAZIONALE
Consiste nel far presente al nostro alunno quanto egli ha
saputo correttamente simulare un certo ruolo e in che
misura i comportamenti da lui emessi si sono avvicinati a
quelli corretti presentati dal modello.
Tale feedback potrà assumere la forma di suggerimenti e
consigli costruttivi per migliorare la sua prestazione.
I RINFORZI
A.
Rinforzi tangibili o materiali come denaro, cibo, etc…
B.
Rinforzi sociali come la lode o l’approvazione espressa
da altri.
C.
L’autorinforzo o il rinforzatore intrinseco, ossia una
valutazione positiva che il soggetto stesso da del suo
comportamento (schede di autovalutazione).
LE STORIE SOCIALI
Le storie sociali vengono scritte dalle persone che ruotano
intorno alla persona con autismo per descrivere situazioni
sociali difficili e che possono creare confusione. Ciascuna storia
identifica
e descrive indizi sociali rilevanti e risposte
comportamentali opportune in una determinata situazione
rispettando lo stile di apprendimento del bambino.
SELEZIONARE UN’ABILITA’ SOCIALE
Si deve determinare il soggetto della storia.
Solitamente si tratta di una situazione sociale che dà
luogo a un comportamento problematico e che
continua a mettere in crisi il bambino.
Si possono anche spiegare situazioni sociali nuove per il
bambino o cambiamenti nelle routine giornaliere.
RACCOGLIERE INFORMAZIONI
Per scrivere una storia sociale efficace l’adulto deve
essere in grado di descrivere una situazione in maniera
oggettiva e realistica.
La valutazione dovrebbe comprendere due componenti:
- Ciò che vediamo, da cui otterremo le informazioni
oggettive che ci servono;
- Ciò che non vediamo, da cui otterremo le informazioni
realistiche per la storia.
LA PROSPETTIVA DEL BAMBINO
Il fattore più critico nello scrivere una storia sociale
efficace è la vostra abilità di considerare ed
incorporare la prospettiva del bambino con autismo.
CONDIVIDERE LE OSSERVAZIONI
I bambini con autismo hanno bisogno di assistenza per
comprendere le situazioni sociali, le prospettive
degli altri e il modo in cui dovrebbero agire e
reagire.
Per questo motivo le storie sociali sono costituite da tre
tipologie base di frasi: DESCRITTIVE, DIRETTIVE e di
PROSPETTIVA.
Le frasi DESCRITTIVE…
Spiegano che cosa sta succedendo e perché; mettono in evidenza
le caratteristiche rilevanti di una situazione e non menzionano i
fattori irrilevanti. Le frasi descrittive vengono spesso utilizzate
per iniziare una storia sociale, esponendo le informazioni
basilari riguardanti la situazione: “Mi chiamo…, frequento la
scuola primaria di Cuorgnè e nella mia classe ci sono 24
bambini. La mia maestra è la signora Silvia. A volte la maestra
Silvia porta i bambini in altre parti della scuola. Quando ci
spostiamo camminiamo tutti in fila”.
Le frasi DIRETTIVE…
Sono affermazioni e dichiarazioni individualizzate sulle risposte
comportamentali che vorremmo dal bambino. Spesso seguono le
frasi descrittive, insegnando al bambino quale reazione
vorremmo da parte sua in risposta a un dato segnale o una
data situazione. Le frasi direttive spesso cominciano con “io
posso”, o “io farò”.
La frase “Quando camminiamo ci spostiamo in fila” può essere
seguita da “Anche io camminerò in fila. Posso seguire la persona
di fronte a me”.
Le frasi di PROSPETTIVA…
Descrivono le reazioni delle altre persone in una determinata
situazione sociale. Possono descrivere i sentimenti delle
persone che fanno parte delle storie sociali: “La maestra
Silvia è orgogliosa quando i bambini camminano in fila
silenziosamente”. Possono anche descrivere le motivazioni
di una data azione: “I bambini dovrebbero camminare in
silenzio per non disturbare le persone nelle altri classi”.
INTERAGIRE CON I PARI PER
DIVENTARE AMICI
Coinvolgere uno o più coetanei all’interno di un’attività
strutturata può fornire l’opportunità di insegnare al
bambino con autismo a osservare e imparare dal
comportamento degli altri bambini e
adeguatamente a offerte sociali dei pari.
Diventare amici e cooperare….
rispondere
L’EQUIPE DEL CENTRO:
Luisella Rapegno
Sara Viglio
Giorgia Trinelli
Maria Grazia Tibaldi
Si ringrazia per la collaborazione la tirocinante
Francesca Aime
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