C13 Fatuzzo - ppt

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Il bene comune
nella DSC
scuole di partecipazione Mppu
anno secondo – lezione C13
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indice
1. Premessa
2. I beni comuni
3. Il concetto di bene comune
4. La Dottrina Sociale della Chiesa: cos’è
5. Giovanni Paolo II e la DSC
6. Quale bene comune per la DSC
7. Bene comune e politica
8. Bene comune e fraternità
9. Per il bene comune, saper perdere
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il “bene”…
Oggetto con determinate caratteristiche che
consentono di esprimere una valutazione,
ovvero un valore
Per la società: è qualcosa di fondativo,
di essenziale, di necessario
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…”comune”
L’aggettivo “comune” attribuisce all’oggetto una
qualità: lo rende intensamente sociale,
evidenziando le categorie della universalità (non
la semplice somma dei beni particolari di ogni
membro del corpo sociale) e della condivisibilità
(riguarda tutti e si può raggiungere solo col
contributo di tutti).
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i beni comuni
L’identità di un territorio
Gli elementi costitutivi : l’insieme dei beni patrimoniali
Beni comuni o commons : beni utilizzati da più
individui, rispetto ai quali si registrano difficoltà di
esclusione e il cui “consumo” da parte di un attore
riduce le possibilità di fruizione da parte degli altri
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i beni comuni
Oggi il tema dei beni comuni ha trovato un nuovo
sviluppo, anche sulla spinta dell'attualità di
argomenti quali :
- il riscaldamento globale,
- la depauperazione di ecosistemi unici
- la perdita di biodiversità.
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i beni comuni
I beni comuni sono un insieme di beni
necessariamente condivisi.
Sono “beni” : permettono il dispiegarsi della vita
sociale, la soluzione di problemi collettivi
Sono “condivisi” : perché, se governati e regolati
come beni “in comune”, sono a tutti accessibili e
solo la loro condivisione ne garantisce la
riproduzione allargata nel tempo.
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i beni comuni
L'individuo ipermoderno è fondamentalmente
utilitarista.
Le società per persistere nel tempo e non sfaldarsi
rapidamente in modo entropico hanno bisogno di
un legame condiviso.
L'emergere dei beni comuni nel discorso pubblico
segnala che la crisi del legame sociale ha
raggiunto livelli assai critici e che la ricerca di una
base comune diventa sempre più impellente.
I beni comuni possono costituire proprio
un elemento unificante
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i beni comuni
E’ importante considerare come “i beni” siano
oggetti sociali, cioè hanno una funzione sociale o
sono il risultato di processi sociali.
Sono beni che l'uomo apprezza in quanto gli
permettono la vita sociale, si prestano a trattare,
ridurre, risolvere i problemi sociali, permettono di
lottare contro i mali sociali.
9
i beni comuni
Sono beni “naturali” (l'insieme delle risorse naturali
e dei servizi che gli ecosistemi forniscono al
genere umano)
Sono anche beni “virtuali e artificiali” (i beni che
l'intelligenza umana ha progressivamente creato,
in termini di conoscenza, saper fare, istituzioni,
visioni…)
Sono (anche se non solo) risorse. Un bene diventa
risorsa quando può essere fattore produttivo in un
processo sociale.
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i beni comuni
E’ bene evitare ogni riduzionismo economico,
intendendo subito che i beni, sono, sì, risorse
(termine che implica una relazione di utilità); ma
che, in società dominate dal motivo del denaro e
del profitto, i beni comuni servono a ricordarci
l'esistenza di altre relazioni sia sociali sia tra
uomo e natura diverse da quelle del reciproco
sfruttamento.
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i beni comuni
L'intersezione tra modalità di uso sociale dei beni comuni
ed alcune loro caratteristiche intrinseche, si fonda su due
elementi:
- Il grado di escludibilità del bene, cioè la misura in cui sia
possibile – a partire da caratteri intrinseci – variare il
potere di disposizione sul bene stesso, in funzione di
diversi scopi e interessi.
- La “fruibilità congiunta”. Ci sono beni che più di altri
rendono possibile il godimento condiviso, e beni che
difficilmente possono essere - almeno
contemporaneamente - goduti da più.
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i beni comuni
Arriviamo così sul terreno dei beni pubblici. Gli economisti
hanno individuato nei caratteri di non escludibilità (almeno
non a costi accettabili) e possibilità di fruizione congiunta
i tratti caratteristici di beni che sono pubblici in quanto
difficilmente producibili dal mercato. E perciò in via di
principio assegnati alla mano pubblica.
Quei due caratteri servono dunque a distinguere ciò che può
diventare privato e quindi anche merce da quanto,
diciamo per sua natura, è renitente a questa
trasformazione.
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i beni comuni
Non si può concludere questa riflessione sui beni comuni,
senza almeno un accenno al contributo di due studiosi,
Garrett Hardin ed Elinor Ostrom, che hanno legato i loro
nomi a queste tematiche.
Nelle schede in appendice, è possibile approfondire la loro
visione al riguardo dei beni comuni.
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i beni comuni
In conclusione.
I beni comuni sono beni indivisibili, accessibili a tutti,
condivisibili da tutti e patrimonio di tutti.
I beni comuni sostanziano il contratto per vivere insieme che
ciascuna comunità umana si dà; non è possibile di
conseguenza alcuna decisione di alienazione degli stessi
e diventa necessaria una loro gestione partecipata.
I beni comuni sono qualcosa che ci comunica il senso del
limite, della soglia da rispettare, la necessità
dell'autoregolazione umana. Governare i beni comuni –
come insegna Elinor Ostrom - è imparare ad
autogovernarsi.
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i beni comuni
La loro non-negoziabilità ed indisponibilità al mercato deve
arrivare sino a considerarli anche giuridicamente
qualcosa di "altro" dalla proprietà statale o privata.
Essi sono più compiutamente beni di proprietà sociale, la
cui gestione deve essere non solo necessariamente
pubblica, ma deve altresì comportare obbligatoriamente
la partecipazione dei cittadini.
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il concetto di bene comune
Nell’accezione popolare: è uno specifico bene,
condiviso da tutti i membri di una specifica comunità
Per Tommaso D’Aquino: è anche “il fine comune”;
e tutta la legge si riferisce al bene comune
Per gli stoici: è “il logos” che si fa garante del bene comune,
assoluto ed indiscriminato
Per Hegel: il bene comune è "il bene dei più"
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il concetto di bene comune
Per la Chiesa cattolica, il bene comune è :
«l'insieme di quelle condizioni della vita sociale
che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli
membri di raggiungere la propria perfezione
più pienamente e più speditamente».
(Gaudium et spes)
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La dottrina sociale
della Chiesa
Allocuzioni:
- Dottrina sociale (Pio XI, 1931)
- Dottrina sociale cattolica (Pio XII, 1941)
- Dottrina sociale della Chiesa (Pio XII, 1950)
Due considerazioni:
«la Dottrina sociale è della Chiesa, perché la Chiesa è il
soggetto che la elabora, la diffonde e la insegna.
Essa non è prerogativa di una componente del corpo
ecclesiale, ma della comunità intera» ( DSC, n. 79).
la Dottrina sociale non è un ricetta magica che risolve tutti i
problemi
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Il Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa
Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004) è
una raccolta elaborata per esporre in maniera sintetica,
ma esauriente, l’insegnamento sociale della Chiesa.
Non una semplice sintesi, bensì una elaborazione
sistematica che interpreta tutto il percorso compiuto dal
Magistero sociale
E’offerta a tutti gli uomini per aiutarli ad orientarsi
nella complessità del vivere.
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Il Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa
L’introduzione prospetta l’impegno per “Un umanesimo
integrale e solidale”
La parte prima, composta da 4 capitoli, si sofferma sulla
dimensione teologica, offre cioè i principi fondamentali
«sia per interpretare che per risolvere gli attuali problemi
della convivenza umana»
La parte seconda presenta la dottrina sociale come
«strumento di evangelizzazione» ed è composta da 7
capitoli, ognuno dei quali si apre con un excursus biblico
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Il Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa
Nella parte terza, composta da un unico capitolo “Dottrina
sociale e azione ecclesiale”, si approfondisce il
messaggio sociale del Vangelo
come «fondazione e motivazione per l’azione».
La conclusione è “Per una civiltà dell’amore”, ed esprime
l’auspicio che «la forza del Vangelo risplenda nella vita
quotidiana familiare e sociale»
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La DSC, un itinerario dinamico
Vi trovano spazio:
- Il disegno d’amore di Dio per l’umanità
- La missione della Chiesa
- La persona umana e i suoi diritti
- I princìpi universali
- La famiglia
- Il lavoro
- La vita economica
- La comunità politica
- La comunità internazionale
- La salvaguardia dell’ambiente
- La promozione della pace
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La DSC, un itinerario dinamico
sottolinea anche l’impegno dei fedeli laici:
«È compito proprio del fedele laico annunciare il Vangelo
con un’esemplare testimonianza di vita, radicata in Cristo
e vissuta nelle realtà temporali: famiglia; impegno
professionale nell’ambito del lavoro, della cultura, della
scienza e della ricerca; esercizio delle responsabilità
sociali, economiche, politiche»
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La DSC, un itinerario dinamico
Lungo questo itinerario dinamico si rintraccia lo svolgersi di
una dialettica tra orientamento gerarchico ed esperienze
dei laici cristiani.
E’ un percorso le cui pietre miliari coincidono con i pontificati
che si sono succeduti dal 1870 ad oggi
(10 in un secolo e mezzo)
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La DSC, un itinerario dinamico
E’ soprattutto con Giovanni Paolo II, nella "Sollicitudo Rei
Socialis" (1987), che si chiarisce bene cosa sia la DSC.
- la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire;
- non propone sistemi o programmi economici e politici, né
manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la
dignità dell'uomo sia debitamente rispettata e promossa;
- ma la Chiesa è «esperta in umanità» (…) Ecco perché
essa ha una parola da dire oggi, come nel passato, ed
anche in futuro, intorno alla natura, alle condizioni,
esigenze e finalità dell'autentico sviluppo
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La DSC, un itinerario dinamico
Quale strumento per raggiungere lo scopo, la Chiesa
adopera la sua dottrina sociale.
Nell'odierna difficile congiuntura, per favorire sia la corretta
impostazione dei problemi che la loro migliore soluzione,
potrà essere di grande aiuto una conoscenza più esatta e
una diffusione più ampia dell'«insieme dei principi di
riflessione, dei criteri di giudizio e delle direttrici di azione»
proposti dal suo insegnamento.
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La DSC, un itinerario dinamico
Le questioni che ci stanno di fronte sono innanzitutto morali
e né l'analisi del problema dello sviluppo in quanto tale,
né i mezzi per superare le presenti difficoltà possono
prescindere da tale essenziale dimensione.
La dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra
capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure
una possibile alternativa per altre soluzioni meno
radicalmente contrapposte:
essa costituisce una categoria a sé.
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La DSC, un itinerario dinamico
Non è neppure un'ideologia, ma l'accurata formulazione dei
risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realtà
dell'esistenza dell'uomo, nella società e nel contesto
internazionale, alla luce della fede e della tradizione
ecclesiale.
Suo scopo principale è di interpretare tali realtà,
esaminandone la conformità o difformità con le linee
dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua
vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare,
quindi, il comportamento cristiano.
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Il principio del bene comune
nella DSC
164 Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone
deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al
quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per
trovare pienezza di senso.
per bene comune s'intende «l'insieme di quelle condizioni
della vita sociale che permettono sia alle collettività sia
ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione
più pienamente e più celermente ».
il bene comune non consiste nella semplice somma dei
beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale.
Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune,
perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile
raggiungerlo.
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Il principio del bene comune
nella DSC
165 Una società che, a tutti i livelli, vuole intenzionalmente
rimanere al servizio dell'essere umano è quella che si
propone come meta prioritaria il bene comune, in
quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l'uomo.
La persona non può trovare compimento solo in se
stessa, a prescindere cioè dal suo essere « con » e «
per » gli altri.
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Il principio del bene comune
nella DSC
166 Le esigenze del bene comune derivano dalle
condizioni sociali di ogni epoca e sono strettamente
connesse al rispetto e alla promozione integrale della
persona e dei suoi diritti fondamentali.
Tali esigenze riguardano anzitutto l'impegno per la pace,
l'organizzazione dei poteri dello Stato, un solido
ordinamento giuridico, la salvaguardia dell'ambiente, la
prestazione di quei servizi essenziali delle persone,
alcuni dei quali sono al tempo stesso diritti dell'uomo
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Il principio del bene comune
nella DSC
167 Il bene comune impegna tutti i membri della società:
nessuno è esentato dal collaborare, a seconda delle
proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo
sviluppo.
Tutti hanno anche il diritto di fruire delle condizioni di vita
sociale che risultano dalla ricerca del bene comune.
«Bisogna procurare che la distribuzione dei beni creati, la
quale ognuno vede quanto ora sia causa di disagio, per
il grande squilibrio fra i pochi straricchi e gli
innumerevoli indigenti, venga ricondotta alla conformità
con le norme del bene comune e della giustizia
sociale».
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Il principio del bene comune
nella DSC
168 La responsabilità di conseguire il bene comune
compete, oltre che alle singole persone, anche allo
Stato, poiché il bene comune è la ragion d'essere
dell'autorità politica.
Lo Stato, infatti, deve garantire coesione, unitarietà e
organizzazione alla società civile di cui è espressione,
in modo che il bene comune possa essere conseguito
con il contributo di tutti i cittadini.
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Il principio del bene comune
nella DSC
169 Per assicurare il bene comune, il governo di ogni Paese ha il
compito specifico di armonizzare con giustizia i diversi interessi
settoriali.
La corretta conciliazione dei beni particolari di gruppi e di individui è
una delle funzioni più delicate del potere pubblico.
Non va dimenticato, inoltre, che nello Stato democratico, in cui le
decisioni sono solitamente assunte a maggioranza dai
rappresentanti della volontà popolare, coloro ai quali compete la
responsabilità di governo sono tenuti ad interpretare il bene
comune del loro Paese non soltanto secondo gli orientamenti della
maggioranza, ma nella prospettiva del bene effettivo di tutti i
membri della comunità civile, compresi quelli in posizione di
minoranza.
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Il principio del bene comune
nella DSC
170 Il bene comune della società non è un fine a sé stante;
esso ha valore solo in riferimento al raggiungimento dei
fini ultimi della persona e al bene comune universale
dell'intera creazione.
Una visione puramente storica e materialistica finirebbe per
trasformare il bene comune in semplice benessere
socio-economico,
privo
di
ogni
finalizzazione
trascendente ovvero della sua più profonda ragion
d'essere.
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quale bene comune per la DSC
dimensione intrinsecamente sociale della persona umana
ogni persona può trovare la propria piena realizzazione
solo se la sua vita si orienta agli altri, viene vissuta con
gli altri, per gli altri, grazie agli altri
la convivenza sociale porta con sé una ricerca autentica,
incessante del bene non solo personale, ma della
comunità - politicamente organizzata - in cui si è inseriti:
in sintesi, si tratta della ricerca del bene comune
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quale bene comune per la DSC
Il principio del bene comune ha a che fare col fine per cui si
forma ogni comunità politica, anzi, il bene comune è il
fine di ogni comunità politica
La comunità politica nasce nel momento in cui la società
naturale si organizza, si dà delle istituzioni per
conseguire quegli obiettivi che i singoli, o i gruppi, da
soli non potrebbero raggiungere.
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quale bene comune per la DSC
Il bene comune non è né la semplice somma dei beni
particolari di ogni membro del corpo sociale, né
un’imposizione dello Stato
è “un di più” che si raggiunge quando la società riesce a
dotarsi di strutture e istituzioni politiche volte a questo
scopo;
è “un di più” che si può raggiungere solo col contributo di
tutti, anzi, con un contributo disinteressato capace di
ricercare il bene altrui come fosse il proprio.
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quale bene comune per la DSC
La ricerca del bene comune riguarda, oltre che la comunità
politica, anche ogni forma di vita associata: dalla
famiglia alle associazioni, al quartiere, alla città, alla
comunità dei popoli e delle Nazioni. Ognuna, al proprio
livello, deve impegnarsi per raggiungere il “proprio”
bene comune in quanto esso è l’elemento che in
definitiva costituisce la ragion d’essere della sua
sussistenza
Il perseguimento del bene comune richiama la necessità di
un’autorità e di un ordine legale
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quale bene comune per la DSC
Le esigenze del bene comune sono legate alle condizioni
sociali ed alle esigenze storiche
hanno però un loro punto di riferimento preciso nel rispetto
dei diritti umani oltre che nella promozione integrale
della persona
alcuni elementi fondamentali costantemente presenti nel
perseguimento del bene comune sono: l’impegno per la
pace, per la democrazia; il favorire la cultura della
legalità; la salvaguardia dell’ambiente…
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quale bene comune per la DSC
Va tenuta sempre viva l’apertura al bene comune
dell’intera famiglia umana
Quando si parla di società, di comunità politica, di bene
comune, l’orizzonte che ci deve stare sempre davanti è
quello del mondo unito.
Scopo ultimo dell’impegno politico, della solidarietà,
dell’amore e della comunione è comporre il mondo
unito.
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bene comune e politica
Quale bene comune per la politica? quale politica per il
bene comune?
Si può mettere l’accento sul bene comune come obbiettivo
dell’azione politica ed allora si parlerà di una società in
cui sia assicurato, secondo giustizia, lo sviluppo
integrale della persona in un sistema di relazioni sociali
e civili rispettose delle libertà di tutti.
Oppure si può mettere l’accento sulla motivazione: se ogni
uomo è mio fratello, cosa faccio io per lui?
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bene comune e politica
Una caratteristica del bene comune in politica è la sua
variabilità sia in senso sincronico (nel medesimo tempo
si perseguono finalità diverse in luoghi diversi) sia in
senso diacronico (i traguardi dell’umanità sono mutati
nelle diverse epoche in rapporto al modo di manifestarsi
delle esigenze umane).
In politica il concetto di bene, facendosi comune, si
traduce in “meglio” ed il concetto di male si traduce in
“peggio”.
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bene comune e politica
In politica il bene comune si propone come : “il massimo
bene umano possibile” oppure come la “scommessa sul
probabile” .
Fermo restando il diritto-dovere della Gerarchia di
esprimersi in modo puntuale su tutte le questioni che
attengono l’ordine sociale e politico,
non c’è dubbio che il tratto finale della determinazione
politica - l’ultimo miglio – sia di esclusiva competenza e
responsabilità dei laici, in virtù della loro indole secolare,
riconosciuta dal Concilio, e della loro competenza
specifica.
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bene comune e fraternità
La categoria politica della fraternità porta a formare delle
comunità “vive” attraverso il decentramento dei compiti
e all’assunzione di responsabilità da parte di tutti.
In esse:
tutti sono membri attivi di un corpo che è unitario, pur nella
varietà delle funzioni e dei compiti svolti sempre in
spirito di fraternità;
ogni realtà che compone la comunità è pienamente se
stessa e, nello stesso tempo, in unità con tutte le altre,
compone un disegno unitario.
46
bene comune e fraternità
C’è forse bisogno di fare un passo avanti rispetto
all’affermazione della ricerca del bene comune, visto
come il fine precipuo della politica.
Ed il passo avanti di cui abbiamo bisogno, possiamo
individuarlo in tre declinazioni.
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bene comune e fraternità
1, il bene comune è il bene di tutti
2. il bene comune è anche “il giusto” comune
3. il bene comune, nella concezione di una politica che
metta al centro la fraternità al pari della libertà e
dell’uguaglianza, dev’essere qualificato anche come un
bene condiviso, nel senso di un’idea condivisa del
bene.
.
48
per il bene comune
… saper perdere
Se consideriamo che il fine dell’agire politico,
come abbiamo visto, è quello del perseguimento
del «bene comune» o, se si preferisce,
dell’«interesse generale», il senso autentico
della vita politica dovrebbe essere quello di un
appassionato impegno civile nel segno di una
weberiana «etica della responsabilità»
sostanziata di amore sociale.
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per il bene comune
… saper perdere
Se oggi la politica funziona così male, forse è
perché manca proprio una visione d'insieme, il
senso di un interesse generale che trascenda i
bisogni particolari e i diritti individuali. Ogni
soggetto – individuale o collettivo che sia guarda solo a se stesso e ai suoi bisogni
particolari e non pensa ad alcun altro.
E l’interesse particolare, sovente, è l'interesse
del più forte.
50
per il bene comune
… saper perdere
Per definizione, il bene comune, include invece la
responsabilità non solo nei riguardi dei nostri
vicini ma anche verso i lontani, chiede di
pensare ai nostri contemporanei ma anche alle
generazioni future.
51
per il bene comune
… saper perdere
Secondo Hanna Arendt «il valore dell'uomo viene
giudicato dal grado in cui egli agisce contro il
proprio interesse e contro la propria volontà» .
In altre parole il valore dell’uomo è commisurato
dalla sua disponibilità a perdere la propria
visione parziale in favore di una visione più
generale, anche se, per questo, dovesse
rinunciare a qualche beneficio o vantaggio per
se stesso o per la propria parte politica.
52
per il bene comune
… saper perdere
Chiara Lubich afferma: «Si può aver perso tutto, si
può non essere attaccati a nulla, ma può
rimanere ancora qualcosa che crediamo di poter
possedere, di dover mostrare, di cui possiamo
compiacerci: sono i doni di Dio. Se si hanno dei
doni, questi sono talenti da trafficare al sole
della carità che sempre tutto deve avvolgere…».
53
per il bene comune
… saper perdere
Se la misura estrema della disponibilità a
“perdere” è quella della propria vita, in un
confronto politico aperto al dialogo e rispettoso
dell’avversario non dovrebbero esserci di
ostacolo le nostre idee, frutto delle nostre
competenze esperte, da donare – senza
attaccamenti – come servizio d’amore da offrire
sull’altare del bene pubblico.
54
fine
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