CLINICA E TEORIA DELLA CLINICA LEZIONE 8 – 19/10/2012 Relatore Claudio Neri con la collaborazione di A. Narracci; A. Antonucci; R. Candela; F.Candidi; M. Raffeli LA PSICOANALISI MULTIFAMILIARE PUNTI CHIAVE: Il ruolo dei professionisti: Operatori: ognuno ha una formazione diversa e appartiene a servizi differenti che si integrano formando un tutto omogeneo. Il ruolo dell’operatore: funge da contenitore per il paziente, contenitore grazie al quale si evita di riportare in agguato la malattia. Un aiutante nel gruppo: (sia operatori che non) una persona che a turno si mette in gioco per tutti facilitando l’attivazione di un processo di ricostruzione di memorie. Modalità di intervento: Oggetto d'intervento: messa in discussione di come si possano modificare alcuni aspetti del paziente ripartendo dalla relazione. Specificità del metodo di lavoro: permette l’elaborazione del rapporto tra terapeuta e genitore. Permette un controtransfert elaborato sia verso il paziente che verso il genitore. La psicoanalisi multifamiliare: un clima e una disposizione della terapia di gruppo eccellenti. Utile sia in situazioni già cronicizzate che nei primi esordi. García Badaracco:. Linguaggio comprensibile a tutti sebbene con l’utilizzo di concetti psicoanalitico-sistemici. Contatto con i genitori e riattivazione dell’ascolto in terapia soprattutto tra genitori e figli. Il gruppo: Gruppo: insieme di nuclei familiari numerosi e complessi che richiedono molta attenzione. Presentano legami patologici in cui la psicosi è vista nella relazione tra paziente e genitore. Elementi in circolo nel gruppo multifamiliare: Dolore: elemento centrale per stabilire un contatto con la famiglia. Interdipendenza patologica: tra membri del sistema famiglia in situazioni di “crisi”, utile per far riscoprire ai pazienti la loro “virtualità sana”. Figura genitoriale: non è più vista come patologica, inguaribile, insopportabile più del paziente, ma come parte della relazione. L’approccio di Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare è stato ideato dallo psichiatra argentino Jorge García Badaracco il quale, nel 1958, iniziò a organizzare degli incontri settimanali con i pazienti psicotici gravi della sezione maschile dell’ospedale psichiatrico di Buenos Aires. Successivamente furono invitati a partecipare al gruppo anche i parenti di alcuni pazienti per discutere dei loro miglioramenti e della loro vita in generale. Col passare del tempo l’esperienza di Badaracco si consolidò in un nuovo metodo per cui pazienti, parenti e operatori formarono una “comunità terapeutica psicoanalitica di struttura multifamiliare”. Il Gruppo di Psicanalisi Multifamiliare approda in Italia grazie al contributo Andrea Narracci. Attualmente, nel comune di Roma, sono attivi circa venti gruppi di questo tipo. I maggiori punti di forza della Psicanalisi Multifamiliare possono essere riassunti in: Buoni risultati con pazienti affetti da disturbi gravi, come psicosi e disturbo borderline di personalità. Permette di ristabilire rapporti con le famiglie di origine e la società, in particolar modo dopo il ricovero. Disciplina al confine tra Psicoanalisi, Terapia di gruppo, Terapia Familiare e Psichiatria Territoriale. Base teorica precisa e approfondita. INTERVENTO A. NARRACCI: Il gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare riesce ad integrare operatori appartenenti ad ambiti disciplinari diversi e mette insieme più nuclei familiari (genitori + pazienti). L’ipotesi di fondo è che esistano legami di interdipendenza della psicosi; questa non viene interpretata come qualcosa che riguarda esclusivamente il paziente, ma viene vista come profondamente legata alla relazione di quest’ultimo con i propri genitori. L’oggetto di intervento riguarda dunque la messa in discussione di tale relazione il cui blocco evolutivo ha impedito lo sviluppo sia del paziente che dei genitori, ed in particolar modo di un rapporto maturo tra loro. Secondo i sostenitori di tale approccio molte delle difficoltà dovute ad un setting duale possono essere superate attraverso il setting multifamiliare. Si è riscontrato, ad esempio, che nel contesto gruppale i diversi partecipanti trovino maggior tranquillità nell’esporre problematiche altrimenti difficilmente avvicinabili. Tra le più importanti specificità dell’approccio Psicoanalitico Multifamiliare si distinguono: Dare spazio al rapporto del terapeuta con i genitori; Elaborazione da parte del terapeuta del controtransfert sia con i genitori che con i pazienti; Il gruppo permette la comprensione dei vissuti dei genitori e la loro elaborazione, dando anche la possibilità di colmare vuoti emotivi. PUNTI CHIAVE: Modalità di intervento: Osservazione del paziente: osservazione degli oggetti interni ed in modo particolare delle rappresentazioni genitoriali nei pazienti. In questo modo però il paziente viene oggettivato e non più considerato un soggetto. Osservazione del genitore: osservazione di un gruppo di soli genitori comporta che i genitori si dimostrano più competenti ed autocritici, ma non vi è alcun miglioramento. Co-osservazione: “L'operatore non può curare nessuno, ma può aiutare i pazienti ad autocurarsi, facendo vedere al paziente la matassa imbrigliata”. Questo metodo comprende pazienti, infermieri, familiari, operatori, psichiatri, psicologi e crea un livello di attenzione e confronto maggiore, permettendo di dare più potenzialità ai membri con un progetto omogeneo nella condivisione della malattia. INTERVENTO A. ANTONUCCI Il contributo del Dott. Antonucci, psichiatra e psicanalista impegnato da molti anni nel lavoro con i pazienti psichiatrici, è risultato rilevante per comprendere meglio l’efficacia della Psicoanalisi Multifamiliare rispetto ai classici trattamenti psicoterapici. Si può, schematicamente, suddividere la sua evoluzione verso la terapia multifamiliare in quattro fasi distinte: Assetto analitico classico: Svolgeva con i pazienti due incontri settimanali, adottando una strutturazione del setting abbastanza rigida secondo i canoni delle teorizzazioni psicanalitiche. Con il tempo riscontrò che, anche se i pazienti presentavano meno crisi psicotiche e una migliore gestione di sé, la patologia psicotica non veniva modificata di molto. Le manifestazioni psicotiche, infatti, non tardavano a comparire nel momento in cui il soggetto non poteva più fare riferimento allo psichiatra. Emblematico è il caso di due pazienti del dott. Antonucci. Uno di essi riferì al terapeuta di non pensare più con i propri pensieri ma con quelli del terapeuta: “lei abita nella mia stanza, nei miei cassetti, non posso dimostrarlo ma è così”. Un’altra ragazza che il dott. Antonucci non seguiva direttamente, ma con la quale egli trascorreva molto tempo in giardino, un giorno gli comunicò che ella pensava molto spesso a lui, e che pensarlo così intensamente era l’unico modo per salvarlo da un incidente in moto. Queste due particolari esperienze cominciarono a far ipotizzare al dott. Antonucci che probabilmente egli rappresentava per questi pazienti il loro oggetto interno; era da ricercare dunque una connessione tra il rapporto paziente-terapeuta e il rapporto genitore-paziente. Da qui la decisione di condurre sedute con il paziente e i propri genitori. Sedute con paziente e rispettivi genitori: Gli incontri risultarono di scarsa efficacia in quanto i genitori molto spesso si ritrovavano a parlare dei propri figli come se questi non fossero presenti; si lamentavano davanti a loro e sottolineavano spesso la condizione ineluttabile di malato del proprio figlio. In questo modo il paziente era oggettivato e regredito e il terapeuta veniva visto come un deus ex machina. Gruppo di famiglie: Il gruppo di soli genitori otteneva dei buoni risultati; essi cominciarono ad attuare comportamenti più tolleranti e contentivi con i loro figli. Ciò rappresentava però un lavoro esclusivamente psicoeducativo; la patologia psicotica del paziente rimaneva immutata. Psicoanalisi Multifamiliare e orientamento verso “l’autocura”: La svolta avvenne nel momento in cui il dott. Antonucci si rese conto che era impossibile curare i pazienti psicotici. Ciò che era possibile era guidare loro verso un’autocura. Pensò di costituire un gruppo formato da pazienti, genitori, terapeuti e infermieri, nel quale emergeva un intenso coinvolgimento emotivo e una possibilità autentica di confronto. La conferma dell’efficacia di questo metodo giunse nel momento in cui arrivò al CSM Andrea Narracci, introducendo il lavoro di Psicoanalisi Multifamiliare. PUNTI CHIAVE: Modalità di intervento: Ascolto privo di aspettative e pregiudizi: tale concetto è opposto all'idea presente in manicomio in cui tutto è stigmatizzato e già conosciuto. Terapia come modulazione degli affetti: trasformazione della rabbia dei pazienti in dolore; esperienza emotiva/di autenticità, il nodo viene sciolto e le difese ridotte al minimo. Evoluzione teorica del concetto di salute: Psichiatria: propone la sanità assoluta prima della malattia. Psicologia: ritiene che un evento critico esista e che la crisi sia un evento non solo di malattia ma anche di progresso. INTERVENTO R. CANDELA: Nel lavoro con il paziente è importante porsi davanti a lui con l’idea di fondo di “non sapere” in quanto dietro al paziente, spesso, si è instaurata una dimensione familiare che sa già cosa il paziente farà, cosa egli dirà. Il rapporto con le famiglie è sempre molto problematico poiché quest’ultime condizionano negativamente l’evoluzione del paziente e insieme ad esso creano un loro ambiente scisso dalla realtà. Tutto ciò porta ad una stigmatizzazione e ad un irrigidimento della patologia. Bisogna dunque non ritenere che il destino del paziente sia già segnato. Nel gruppo multifamiliare il tempo e lo spazio rimangono stabili mentre gli individui e gli assetti mutano continuamente. Grazie alla possibile condivisione e al rispecchiamento dei propri vissuti e delle propri storie i familiari riescono a modulare i loro affetti (es. trasformano la rabbia in emozioni a valenza positiva). Anche l’apparato difensivo, come l’utilizzo di meccanismi quali la negazione e la scissione, può essere progressivamente sciolto. Un aspetto molto interessante è la promozione di una vera autenticità che si instaura all’interno del gruppo: avviene spesso che i genitori si rivolgano verso figli non loro, così come pazienti si scambino idee con altri genitori. Il risultato è un coinvolgimento affettivo intenso dove anche le difese degli operatori vengono ridotte al minimo. PUNTI CHIAVE Modalità di intervento: Progetto “reintegrare le parti scisse”: modificare la “pensabilità degli eventi” a favore di micro cambiamenti. Portare la terapia di gruppo nella terapia per la famiglia: centralità del dolore e della rabbia nelle dinamiche familiari, cercando rivendicazione continua. Condivisione tra famiglie: genera un nuovo gruppo. Terapia nell'hit et nunc e diversi co-conduttori: l’intero gruppo ha funzioni egualmente distribuite. Funzione risolutrice: è nel gruppo che funge da memoria autobiografica, memoria di difficile modificazione negli psicotici. Il gruppo: Genitori e pazienti: chiedono il risarcimento per la loro sofferenza. Pazienti con disturbi psicotici: non sono capaci di dare un senso a ciò che succede e concepire il tempo in modo circolare. Nel gruppo lo psicotico, inserito in una pensabilità, ritrova il tempo e lo condivide. Psicoterapie multifamiliari: famiglie e setting “senza memoria e desiderio”. INTERVENTO F. CANDIDI: Un concetto fondamentale della Terapia Multifamiliare è quello di pensabilità, ovvero l’attribuire un senso a tutto ciò che accade: nei disturbi psicotici è attaccata tale capacità. Il paziente psicotico può sperimentare la pensabilità avendo una persona accanto che lo aiuta a rendersi conto di ciò che succede. Il terapeuta deve ragionare con le famiglie su quello che accade ed è accaduto nella storia familiare per modificare la relazione genitori-figli. Attraverso un raccontarsi, e in particolar modo un ri-raccontarsi all’interno del gruppo, viene a crearsi una storia autobiografica nuova e maggiormente autentica. Frequentemente i genitori pretendono un risarcimento da parte dei terapeuti per quello che hanno subìto; il compito della terapia, e quindi del confronto con l’esperienza altrui, è quello di tradurre questa rabbia in dolore. Questo nuovo tipo di gruppo mette insieme molti operatori provenienti da esperienze differenti (ad es. operatori del CSM, operatori del centro diurno); la sua funzione principale è quella di favorire la pensabilità, caratteristica non presente nella patologia psicotica. PUNTI CHIAVE: Progetti per “ Rivivere il territorio”: ricostruire la storia ed il precedente quotidiano dei pazienti e favorire il clinico con un confronto non all’interno dell’istituzione, ma in un contesto naturale. “I servizi quartiere e le attività permettono di riappropriarsi del territorio. Siamo in campo con gli Utenti”. In tale contesto si succedono transfert multipli. L’innovazione: avvicinare le persone al loro ambiente di vita normale INTERVENTO M. RAFFELI: Nessuno operatore (afferente ai diversi servizi) assume il ruolo di conduttore principale del gruppo; questo “ruolo” può essere alternativamente ricoperto da chiunque, anche dai pazienti e dai loro familiari. In concomitanza con lo svolgimento delle sedute di gruppo possono essere svolte anche attività di svago, come feste ed eventi sportivi, che diminuiscono alcune dinamiche rigide. Ciò permette di condividere le situazioni della quotidianità e facilitare il reinserimento in un ambiente di vita normale. PARTE CONCLUSIVA Il nodo centrale della terapia multifamiliare è il poter condurre, attraverso il lavoro di gruppo, il paziente e i propri familiari verso una comprensione più ampia del disturbo presentato dal soggetto. La patologia travalica i confini dell’individualità del paziente. Soltanto attraverso ciò è possibile far emergere le potenzialità che l’individuo porta con sé. Badaracco, a tal proposito, parla di Virtualità sana, intendendo con questo termine la possibilità di recuperare delle parti funzionanti del Sé. Questo concetto può essere calzato sia al paziente che ai singoli familiari: se entrambi superano il vivere l’uno nell’altro si potrà arrivare ad un districarsi dei nodi relazionali e ad un riappropriarsi della propria individualità. In conclusione, è importante sottolineare che quanto prima la famiglia si mette in gioco, più rapidamente avviene la presa di coscienza da parte del paziente. All’interno nel gruppo multifamiliare anche gli operatori sono coinvolti nel cambiamento in quanto è come se si inserisse un nuovo livello mentale nell’istituzione. DOMANDE Il modello della psichiatria, per cui prima della crisi del paziente sussisteva una condizione di normalità, e l’idea del paziente, per cui dopo un determinato momento la loro vita è cambiata ed è insorta la patologia, sono in qualche modo collegati tra loro? Occorre riflettere su quali possibilità ci sono di rendersi conto che il cambiamento che si verifica, non è solo patologia. Bisognerebbe aprire la possibilità per queste persone di leggere quello che accade, non esclusivamente in termini di malattia, ma anche come momenti di ricerca di qualcosa di nuovo di sé. Nell’ambito della terapia multifamiliare le singole famiglie si sentono sotto sistemi dell’intero gruppo? No, non si sentono sottosistemi ma si percepiscono come singoli membri. La terapia familiare applicata a non psicotici è ugualmente efficace? Si, la terapia è ugualmente efficace per patologie meno gravi. Il gruppo è aperto o chiuso nella terapia multifamiliare? Quali effetti può avere sul terapeuta un gruppo aperto? Il gruppo è aperto e gli effetti che l’ingresso di una nuova famiglia può avere sul clinico possono variare a seconda delle circostanze. Regola generale è che il clinico debba dare priorità alle patologie che si trovano in una fase critica come quella dell’esordio.