L`evoluzione degli studi economico-aziendali 1/9

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Il Bilancio d’esercizio e la riapertura dei conti
lezione 73
La riapertura dei conti 2
L’evoluzione degli studi economico-aziendali
1. L’origine degli studi aziendalistici
Tracciare un quadro sufficientemente chiaro e al tempo stesso sintetico del processo evolutivo che ha caratterizzato le discipline aziendalistiche risulta certamente non agevole alla luce dell’arco di tempo di riferimento
e dello sviluppo delle problematiche connesse all’entità azienda.
Tenteremo, tuttavia, nelle pagine che seguono, di evidenziare i principali passaggi che hanno portato allo studio
sistematico dell’azienda come complesso operante all’interno del sistema economico.
Le origini degli studi aziendalistici sono piuttosto lontane nel tempo e riconducibili, principalmente, alla ricerca
di idonee tecniche di registrazione delle operazioni aziendali.
È in questo contesto che deve essere inquadrata la nascita della ragioneria, intesa come disciplina che si interessa principalmente alle modalità di contabilizzazione delle operazioni aziendali.
Primissime forme embrionali sono individuabili in epoche molto remote.
Fino al primo millennio, dice il Melis nella sua opera Storia della ragioneria, la ‘‘storia del conto si confonde,
sotto molti riguardi, con la storia della scrittura’’. L’illustre Studioso offre ampi spunti di analisi critica, facendo
riferimento a scritture degli Egizi, degli Assiro-Babilonesi, dei Greci e infine dei Romani.
La civiltà romana aveva in uso i seguenti libri che possono essere considerati una prima forma di contabilità sistematica:
le adversaria (libri di prime note);
il codex rationum (libro partitario o mastro).
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Nel codex sono individuabili i primi esempi di conti a due sezioni che costituiscono un punto fondamentale nella
concezione della moderna partita doppia (P.D.).
I primi libri, ritrovati negli archivi, in cui sono individuabili forme embrionali di partita doppia, sono i Cartulari
del comune di Genova (1340), i Mastri del Banco di Giussano (1356-1358), altri, di data posteriore e non perfettamente individuabile, reperiti nell’archivio della Fabbrica del Duomo di Milano e, infine, i Registri della Fraternita dei Soranzo (1406-1434).
Ad essi si unisce una copiosa e originale documentazione fornita dal Melis nell’opera precedentemente citata,
in cui si afferma che ‘‘in registri dei conti Senesi della metà del XIII secolo, la partita doppia inalbera la sua
bandiera’’ (libro Senese delle fiere di Champagna del 1255-1262; frammento di libro contabile della Compagnia
Ugolini di Siena del 1280-1282; libro sull’entrata e sull’uscita della succursale di Londra della Compagnia Gallerani di Siena del 1305-1308).
In ogni caso, i materiali del periodo sono testimonianze di prassi contabile, non esistendo, almeno per quanto ci
è noto, vere e proprie opere a sfondo divulgativo-formativo.
2. La nascita della ragioneria moderna
Le considerazioni esposte in precedenza ci hanno portato a verificare l’esistenza di forme sia pure embrionali di
partita doppia a partire dal XIII secolo.
In dottrina si è sempre ampiamente dibattuto sulla effettiva collocazione storica della partita doppia.
Il Melis tende a collocarla in corrispondenza delle date a cui si riferisce la documentazione riportata nella sua
opera (XIII secolo) e ne considera la Toscana il luogo di origine.
Di differente opinione è Fabio Besta, grande Maestro della ragioneria italiana di cui ci occuperemo più avanti,
che, invece, tende a individuare l’origine della partita doppia a Venezia nel XV secolo.
In effetti, tradizionalmente la nascita della partita doppia si identifica con l’opera di un frate veneziano, Luca
Paciolo, che nella sua Summa de aritmetica, geometria, proportioni et proportionalità inserisce il Tractatus de
computis et scripturis, nel quale è contenuta la prima esposizione sistematica della partita doppia (Venezia, 1494).
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In realtà ambedue gli Studiosi non avevano torto, essendo le loro argomentazioni valide perché riferite a una
differente ottica di osservazione basata per il Melis sull’effettiva applicazione della partita doppia, per il Besta
sulla prima trattazione divulgativa della relativa teorica.
In ogni caso, la dottrina prevalente, seppure con alcune perplessità, fa coincidere la nascita della partita doppia
e gli studi della ragioneria moderna con l’opera del Paciolo.
La letteratura contabile, intesa come insieme di opere a carattere divulgativo-formativo, nasce, secondo gli
studiosi più autorevoli, in coincidenza con l’opera del Paciolo.
È da quel periodo leggermente posteriore all’invenzione della stampa, infatti, che si registra il fiorire di opere
che successivamente proseguirà autonomamente rispetto alla prassi contabile diffusa.
L’opera del Paciolo
Fra Luca Paciolo, matematico vissuto nel XV secolo, nel suo Summa de aritmetica, geometria, proporzioni et
proportionalità, riserva una parte, il Tractatus de computis et scripturis, alle problematiche contabili.
L’opera, come già accennato, costituisce una prima divulgazione dell’arte della tenuta dei conti. In effetti, non ci
sono grosse novità rispetto ai libri contabili a cui ci si è riferiti in precedenza, se non quella, comunque importante, di illustrare per la prima volta le regole per la tenuta dei conti.
Il Melis, nell’opera precedentemente citata, mette in evidenza come il Paciolo si riferisca nella trattazione agli
inventari, alla logica della P.D., alla chiusura dei conti e al bilancio di verificazione.
Un grande merito del frate, non a caso esperto di matematica, è stato quello di comprendere chiaramente il
meccanismo del metodo e la sua derivazione matematica.
Come dice il Melis, ‘‘Il Paciolo ha compreso chiaramente il meccanismo del metodo e il suo fondamento matematico: la costante uguaglianza o equivalenza nelle partite di ogni fatto aziendale, la quale fa sı̀ che i totali dei
valori di conto delle due serie siano sempre concordanti’’.
3. Lo sviluppo della ragioneria moderna
Successivamente all’opera del Paciolo, per circa un secolo, si registra una notevole fioritura della letteratura
contabile senza ulteriori significativi sviluppi e arricchimenti scientifici.
Tra le opere del periodo, segnaliamo:
la Della mercatura e del mercante perfetto di Benedetto Cotrugli, terminata nel 1458, ma pubblicata da
Giuseppi da Ragusa nel 1573;
il Luminario di aritmetica, libro doppio di Giovanni Antonio Tagliente (1525);
la Pratica Aritmeticae del grande matematico Girolamo Cardano (1539);
il Quaderno doppio (...) di Domenico Manzoni (1540);
lo Specchio lucidissimo (...) di Alvise Casanova (1558), che contiene una simulazione di un’impresa costituita da due fratelli veneziani.
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Contemporaneamente anche all’estero, e specificamente in Germania, Inghilterra, Olanda, Francia, Spagna, si
registra il sorgere di una letteratura che recepisce il ‘‘metodo italiano’’ e riconosce inconfutabilmente la paternità
della partita doppia all’esperienza italiana.
Nell’ambito internazionale, tra gli studiosi del periodo ricordiamo:
in Germania, H. Schreiber (1523), J. Gotlieb (1531) e W. Schweicker (1549);
in Inghilterra, H. Oldcastle (1543) e J. Mellis (1588);
in Olanda, J.Y. Christoffels (1543), C. Pietersz (1583) e M. Van deu Dycke (1598);
in Francia, P. De Savonne Talon (1567) e M. Fustel (1588);
in Spagna, A. Rocha (1565).
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Dopo questo primo periodo, in cui sostanzialmente si registra una produzione in linea con quella del Paciolo, se
ne apre nel Seicento e prosegue nel Settecento un altro particolarmente importante per l’evoluzione degli studi
ragioneristici.
In particolare, si manifestano le seguenti tendenze:
emergono i primi tentativi di inquadrare il bilancio d’esercizio;
si allarga alle aziende di erogazione il campo di indagine degli studi aziendalistici.
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Tra gli studiosi del periodo ricordiamo:
il monaco Angelo Pietra che, nella sua opera Indirizzo degli economi (...), Mantova, 1586, si occupa della
contabilità dei monasteri, offrendo una prima trattazione specifica del bilancio d’esercizio che, come afferma
il Melis, viene considerato come ‘‘l’enunciazione dei conti aperti al mastro innanzi che si proceda al saldo
del Libro’’;
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Giovanni Antonio Moschetti che, per primo, nella sua opera Dell’Universal trattato di libri doppi, Venezia,
• 1610,
fa riferimento a quelli che poi il Cerboni denominerà fatti di gestione permutativi e aumentativi;
Lodovico
Flori, che nel Trattato del modo di tenere il libro doppio domestico col suo esemplare, Palermo,
• 1636, occupandosi
ancora di contabilità di monasteri, offre un contributo che, secondo il Melis, costituisce
•
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la migliore espressione delle trattazioni contabili fino a metà Ottocento;
Giovanni Domenico Peri, che nella sua opera Il negotiante, Genova, 1638, affronta, oltre alle consuete
tematiche contabili, anche argomenti di tecnica commerciale con primi spunti economico-aziendali;
Bastiano Venturi, che nel Della scrittura conteggiante di possessioni, Firenze, 1655, offre interessanti spunti
di vera e propria scienza dell’amministrazione aziendale.
4. Le prime opere sistematiche e le teorie dei conti
Il periodo compreso tra l’inizio del Settecento e la fine dell’Ottocento si presenta particolarmente interessante
per la produzione di opere che, per il loro contenuto con forte valenza concettuale, costituiscono una valida
base per la nascita della ragioneria contemporanea.
Le tendenze emerse in questo arco di tempo sfociano nei seguenti processi evolutivi:
sviluppo di una vera e propria teoria dei conti a livello internazionale;
affermazione di differenti scuole di pensiero nell’esperienza italiana:
le teorie dei conti a valore o materialistiche che sono espressione del pensiero di Lodovico Crippa
e Francesco Villa;
le teorie personalistiche che fanno capo a Francesco Marchi, Giovanni Cerboni e Giovanni
Rossi;
allargamento dell’orizzonte degli studi ragioneristici con individuazione più puntuale del loro campo d’indagine
e delle loro finalità.
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Le teorie dei conti nell’esperienza internazionale
La teoria dei conti ha origine in Francia, dove si sviluppa sotto l’aspetto personalistico.
Tra i più autorevoli esponenti ricordiamo:
Matthieu De La Porte, che per primo elabora una classificazione dei conti in relazione ‘‘ai soggetti’’ (1685).
Si distinguono, infatti:
conti del proprietario (Capitale, Perdite e profitti, Spese generali, ecc.);
conti alle cose o degli effetti in natura (Cassa, Merci, Effetti da ricevere e da pagare, ecc.);
conti alle persone o ai corrispondenti (Debitori e Creditori);
Edmond Degranges (padre e figlio con lo stesso nome, 1795 e 1804), che basano l’analisi delle operazioni
delle imprese mercantili sull’esistenza di cinque conti generali (Cassa, Merci, Effetti da ricevere, Effetti da pagare, Perdite e profitti) e passano alla storia con l’appellativo ‘‘cinquecontisti’’;
Hyppolite Vannier (1840), che distingue i conti in tre categorie:
conti del commerciante (Capitale e Perdite e profitti);
conti dei valori commerciali (Merci, Cassa Effetti da ricevere, Effetti da pagare, Mobilia, Spese di primo
impianto, Fondo di commercio);
conti dei corrispondenti (Debitori e Creditori).
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Parallelamente allo sviluppo francese sinteticamente descritto, prende vita in Lombardia un indirizzo di studio
comunemente noto come scuola austro-lombarda: tra i principali autori si ricordano Hautschl (1840), Kurzbaner (1850), Augspurg (1852) e Josef Schrott (1882); da essa avrà origine successivamente la scuola lombarda con l’istituzione nel 1839 a Pavia e a Padova della Cattedra della scienza della contabilità dello Stato.
Le teorie dei conti a valore
La teoria dei conti a valore ha origine nella scuola lombarda, che basa i suoi orientamenti sui seguenti aspetti:
spiegazione dei conti non riconducibile alla dottrina francese, né alle successive elaborazioni italiane che esamineremo più avanti (scuola toscana);
definizione degli intenti degli studi ragioneristici con collegamenti tra aspetti contabili ed economico-aziendali
(amministrazione economica dell’azienda).
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Gli esponenti più illustri di tale corrente dottrinale sono Lodovico Crippa e Francesco Villa.
Lodovico Crippa nella sua opera La scienza dei conti, Milano, 1838, primo fra tutti, assegna alla contabilità la
funzione di ‘‘dimostrare effetti e risultati nei materiali e valori di ogni azienda per tenere di questi esatto conto
e presentare in ogni tempo la opportuna dimostrazione’’.
In sostanza, quindi, l’Autore presenta la ragioneria come scienza dei conti e si può considerare come il precursore della teoria economica del conto.
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La sua opera risulta particolarmente significativa per i seguenti motivi:
contiene la distinzione tra aziende di produzione (Agricoltura), di modificazione (Arti e Mestieri), di cambio
(Commercio) e di possesso (Competenza);
prevede la ripartizione tra conti accesi all’oggetto (cose e persone) e conti accesi al soggetto aziendale, ma rifiuta una stretta connessione tra conti e soggetti, attribuendo a questi ultimi la semplice valenza di ‘‘recapiti
o indirizzi’’.
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Francesco Villa, considerato da alcuni il padre della ragioneria italiana, riprende e sviluppa le argomentazioni
del Crippa.
Nella sua opera principale, Elementi di amministrazione e contabilità, Pavia, 1850, accanto alle tradizionali trattazioni di natura contabile, si rafforza la presenza di interessanti spunti economico-aziendali.
L’azienda, l’organizzazione, l’amministrazione del patrimonio si affiancano alla registrazione dei fatti aziendali e
costituiscono oggetto di un’analisi che, indubbiamente, presenta elementi di novità rispetto al passato.
Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente contabili, sono presenti alcune interessanti considerazioni, anche se di contenuto non molto innovativo; tra esse, segnaliamo la distinzione tra conti particolari e conti alla totalità.
Elemento di notevole importanza risulta, inoltre, l’introduzione del concetto di patrimonio come ‘‘aggregato di
valori’’, che verrà ripreso successivamente dal grande Maestro Fabio Besta.
Le teorie personalistiche: in particolare il pensiero di Giovanni Cerboni
Le teorie personalistiche fanno capo alla scuola toscana che riprende la teorica della scuola francese precedentemente illustrata.
Francesco Marchi, il precursore di tale orientamento dottrinale, concentra l’attenzione sugli aspetti contabili,
mentre, a differenza di altri autori della stessa scuola, non approfondisce le teorie relative all’azienda e alle fasi
della sua vita.
L’Autore, nelle sue opere principali I cinquecontisti (...), Prato, 1867, e La scienza e l’arte della tenuta dei conti,
Pescia, 1870, critica fortemente le teorie francesi, ma non riesce a concepire un’alternativa che possa completamente sostituirle.
Giovanni Cerboni è sicuramente lo studioso più importante nell’ambito della scuola toscana. L’opera più significativa, La ragioneria scientifica e le sue relazioni con le discipline amministrative e sociali, Roma, 1886, contiene
l’esposizione delle idee più innovative dell’autore.
Nel primo volume, a pagina 16, si legge: ‘‘L’amministrazione aziendale non solo non può fare astrazione dalle
leggi economiche, ma evidentemente, anzi oserei dire forzatamente, deve fondarsi su di esse se vuole conseguire il suo intento. Come senza il fatto e l’idea economica non vi può essere la legge e la scienza economica,
cosı̀ senza la scienza economica non vi può essere una vera scienza logismologica. Ed è questa la ragione per
cui il senso logismologico non solo si è venuto affinando e perfezionando col progredire dell’economia, ma va
ricevendo il suo ultimo compimento dal progresso di essa’’.
Come si intuisce dal breve brano riportato, il pensiero logismologico costituisce, secondo il Cerboni, l’essenza della ragioneria. Esso può essere inteso come sintesi degli aspetti economico, amministrativo e computistico.
All’illustre Studioso è attribuito il merito di aver posto il problema di un inquadramento sistematico della disciplina e del tentativo di indirizzare la ragioneria verso un sistema unitario di studio di vita aziendale.
Il contributo scientifico dell’Autore si concretizza sul piano concettuale nell’ulteriore sviluppo della teoria personalistica già delineata dal Marchi e nell’elaborazione del metodo di scritture logismografico (logismografia).
Tale metodo non si discosta in modo sostanziale dalla teoria della partita doppia. L’articolazione dei conti personali si basa sull’esistenza, per ogni operazione, di due soggetti titolari, rispettivamente, di credito e debito, e – per
ogni soggetto – di due tipi di conti denominati integrali (riferiti al patrimonio) e differenziali (per le rendite e spese).
Sul metodo ideato dal Cerboni, il Melis, nell’opera precedentemente citata, si esprime in questi termini: ‘‘Indubbiamente la macchinosa forma di partita doppia aveva qualcosa di ingegnoso; ma, appunto perciò, era troppo
artificiosa; per cui, nonostante la tenace resistenza impostale dall’ideatore e dai suoi accaniti sostenitori, essa si
dissolse ben presto’’.
Giovanni Rossi, allievo prediletto del Cerboni, nella sua opera principale L’ente economico amministrativo (...)
introduzione alla scienza della ragioneria generale, Reggio Emilia, 1882, parte dall’impostazione del Maestro e
concentra la sua attenzione sullo studio dell’amministrazione economica e dei suoi rapporti con la ragioneria.
In sostanza, lo Studioso completa le idee di Francesco Marchi e ribadisce, con qualche lieve approfondimento,
le tendenze manifestate dal Cerboni nell’analisi degli aspetti contabili.
5. La nascita della ragioneria contemporanea
Negli ultimi decenni dell’Ottocento gli studi aziendalistici si sviluppano con maggiore sistematicità, dando vita
alla cosiddetta ragioneria contemporanea.
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La letteratura contabile assume sempre più connotati scientifici, soprattutto in virtù di eventi particolarmente
significativi, tra i quali ricordiamo:
la ripresa a pieno ritmo dell’attività dell’Accademia dei Ragionieri di Bologna nella seconda metà dell’Ottocento, dopo che la stessa era sorta nel 1828 in seguito alla trasformazione dell’Accademia privata dei Logismofili del 1813;
la nascita e la diffusione di vere e proprie riviste di ragioneria come la Rivista di Contabilità (1874-1905), il
Logismografo (1877-1882) e la Rivista di Amministrazione e Contabilità (1881-1917);
l’organizzazione a Roma nel 1879 del primo Congresso nazionale dei ragionieri.
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Il periodo è caratterizzato dall’affermarsi della scuola veneta del grande Maestro Fabio Besta del quale, vista
l’importanza del suo contributo, parleremo in maggior dettaglio.
Contemporaneamente si sviluppano studi di tecnica amministrativa riguardanti le aziende mercantili (tecnica
mercantile) e bancarie (tecnica bancaria); tra gli studiosi di tali problematiche ricordiamo Nicola Garrone, Ferruccio Cevasco, Pasquale D’Angelo e Mario Mazzantini.
6. Il pensiero e l’opera di Fabio Besta
Fabio Besta (1845-1922), grande Maestro della ragioneria italiana, ha avuto il merito di fornire agli studi ragioneristici un contributo molto originale e innovativo del quale ancora oggi si conserva la validità concettuale.
Titolare della cattedra di ragioneria alla Ca’ Foscari di Venezia dall’età di 27 anni, l’illustre Studioso, definito ‘‘il
massimo cultore degli studi di ragioneria’’ da Egidio Giannessi nella sua opera I precursori in economia aziendale, ha offerto spunti e approfondimenti molto diversificati, spaziando dallo studio di aspetti teorici innovativi a
quello di nuove metodologie contabili.
Nella sua opera principale, La Ragioneria, che risale nella sua prima elaborazione al 1875, il Maestro affronta
una serie di discorsi concettuali di indubbio rilievo e introduce prime considerazioni economico-aziendali successivamente approfondite, come vedremo nel paragrafo successivo, dal suo più grande allievo, Gino Zappa.
Tra gli argomenti teorici sviluppati dal Besta, ricordiamo:
il concetto di azienda, intesa come ‘‘somma dei fenomeni, o negozi o rapporti da amministrare relativi a
un cumulo di capitali che forma un tutto a sé, o ad una persona singola, o ad una famiglia, o ad una unione
qualsivoglia, od anche una classe soltanto di quei fenomeni o negozi o rapporti’’, che viene posto in stretta
connessione con quello di amministrazione economica intesa come ‘‘il governo dei fenomeni, dei negozi,
e dei rapporti che hanno attinenza colla vita della ricchezza nelle aziende’’;
l’individuazione, all’interno dell’amministrazione economica, di tre momenti fondamentali:
la gestione, quale ‘‘lavoro economico’’ immediatamente rivolto al fine dell’amministrazione, che si concretizza nell’acquisizione e nell’impiego della ricchezza;
la direzione, che tende a coordinare il ‘‘lavoro economico’’ per raggiungere gli obiettivi prefissati;
il controllo, che ha la finalità di individuare cause ed effetti del ‘‘lavoro economico’’.
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Il Besta riprende e sviluppa in modo completo la teoria dei conti a valore (teoria materialistica o impersonale)
contrapponendosi, quindi, alla teoria personalistica del Cerboni.
Il conto è ‘‘una serie di scritture riguardanti un oggetto determinato, commensurabile e mutabile, e aventi per
ufficio di serbar memoria della condizione e misura di tale oggetto in un dato istante e dei mutamenti che va
subendo, in maniera da poter rendere ragione dello stato di codesto oggetto in un tempo quale si voglia’’.
Da tale impostazione, che unisce l’idea di grandezza misurabile al concetto di conto, deriva anche l’esistenza
di un legame tra quest’ultimo, il patrimonio e la concezione economica del patrimonio che il Besta elabora e contrappone ai logismografi.
Il patrimonio assume importanza primaria e ad esso si ricollegano le più importanti teorie elaborate dall’Autore. A questo proposito, ci preme ricordare la distinzione tra fatti di gestione permutativi e modificativi, cosı̀ classificati considerandone gli effetti sul patrimonio.
A nostro giudizio, nel panorama globale della teorica del Besta, al vertice come importanza e significatività si
pone l’ideazione del sistema patrimoniale, che costituisce il primo esempio di vero e proprio sistema di scritture e rappresenta la base dei successivi sistemi di scritture ideati dallo Zappa e dall’Amaduzzi.
Esso tende alla determinazione del patrimonio di funzionamento e, per differenza tra patrimonio iniziale e
finale, del correlato reddito d’esercizio.
Al Besta deve essere senza dubbio attribuito il grande merito di essere stato il primo a teorizzare la distinzione
tra metodo e sistema di scritture.
È opportuno ricordare, inoltre, l’impegno del Besta nello studio delle valutazioni degli elementi patrimoniali.
La tradizione e la prosecuzione degli studi della scuola veneta furono assicurate da alcuni suoi illustri discepo-
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li, tra i quali ricordiamo Vittorio Alfieri, Francesco De Gobbis, Vincenzo Vianello, Pietro Rigobon, Pietro D’Alvise,
Carlo Ghidiglia e Benedetto Lorusso.
7. Il pensiero e l’opera di Gino Zappa: la nascita dell’economia aziendale
L’Italia, che si può considerare la culla e la patria della Partita doppia e, più in generale, della dottrina ragioneristica, può vantare anche di aver avuto tra i suoi figli un Maestro, allievo del Besta, che ebbe il merito di sancire il passaggio dagli studi ragioneristici a quelli di economia aziendale: stiamo parlando, ovviamente, di Gino
Zappa.
Gino Zappa (1897-1960), titolare della cattedra di ragioneria a Genova e a Venezia, sviluppa, intensifica e allarga, con notevole acume scientifico, l’impostazione dottrinale del Besta, nell’ottica, acquisita dal Maestro,
che la ricerca scientifica non può considerarsi tale se si ritiene paga dei risultati raggiunti.
La produzione scientifica dello Studioso è di notevole portata e, in questa sede, ci limitiamo a sintetizzare alcuni spunti individuabili nelle seguenti opere:
Tendenze nuove negli studi di ragioneria, discorso tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico
1926-1927 alla Ca’ Foscari di Venezia;
Il reddito d’impresa, edito definitivamente nel 1937 ma già parzialmente pubblicato tra il 1920 e il 1929;
Le produzioni nell’economia delle imprese, edito nel 1957.
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Gino Zappa ha elaborato due definizioni di azienda, la prima più sintetica, la seconda più articolata.
Nella prima, inserita nella sua opera fondamentale Il reddito d’impresa (1926), l’azienda è definita una ‘‘coordinazione economica in atto, istituita e retta per il soddisfacimento di bisogni umani’’.
In questa definizione risulta chiaro che l’azienda deve la sua esistenza e la possibilità di proficuo svolgimento
dell’attività produttiva alla coesistenza del binomio persone-beni, opportunamente organizzati al fine di realizzare le operazioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Nell’opera Le produzioni nell’economia delle imprese (1957), l’Autore fornisce una più completa definizione dell’azienda, intesa come ‘‘un istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento di umani bisogni, ordina e svolge, in continua coordinazione, la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza’’.
In questa seconda definizione lo Zappa ha voluto ulteriormente chiarire che l’azienda è un istituto destinato a
sopravvivere e a perdurare, nonostante il mutare delle condizioni economiche. Egli, inoltre, ha voluto porre in
luce l’esistenza di due categorie di aziende: quelle ‘‘di produzione’’, con un fine lucrativo per il soddisfacimento
indiretto dei bisogni umani, e quelle ‘‘di consumo o di erogazione’’, che non hanno fini lucrativi, bensı̀ quello di
soddisfare direttamente i bisogni umani.
L’azienda viene vista come sistema e si elaborano le prime considerazioni che sfoceranno successivamente
nell’elaborazione, da parte di altri studiosi, di vere e proprie teorie sistemiche.
L’indagine dello Zappa non si limita agli aspetti contabili della vita aziendale, ma tende ad approfondirne le condizioni di esistenza e di funzionamento.
Con il discorso Tendenze nuove negli studi di ragioneria nasce l’economia aziendale intesa come ‘‘scienza che
studia le condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita delle aziende, la scienza ossia dell’amministrazione
economica delle aziende, insomma l’economia aziendale, è dunque la nostra scienza (...)’’.
L’economia aziendale, nella concezione zappiana, coincide con la scienza dell’amministrazione economica e si articola in tre parti: gestione, rilevazione e organizzazione (tripartizione zappiana).
Successivamente Pietro Onida, nella sua opera Le discipline economico-aziendali. Oggetto e metodo, a proposito della tripartizione zappiana, dice: ‘‘Si osservi che la scienza dell’amministrazione economica o dell’economia
aziendale propugnata dallo Zappa, non si risolve nel puro e formale accostamento delle dottrine della ragioneria, della tecnica (di gestione) e dell’organizzazione, (...). Accogliere una simile puerile interpretazione delle ‘tendenze nuove’ negli studi economico-amministrativi, come taluni critici di queste tendenze hanno mostrato di
fare, significa non avere inteso neanche minimamente il pensiero dello Zappa’’.
In effetti le considerazioni dell’Onida sono pienamente condivisibili, nel senso che lo Zappa nella sua opera Tendenze nuove negli studi di ragioneria sancisce a pieno titolo la nascita dell’economia aziendale.
Del resto, le critiche volte a ridimensionare la significatività della teorica zappiana vennero da coloro che, seguaci del Besta, videro in pericolo il riconoscimento del grande valore dell’opera del Maestro; a ciò si unı̀, inoltre, una sorta di competizione tra questi ultimi e Gino Zappa.
Le critiche, che si estendono anche alle innovazioni introdotte dallo Zappa in campo contabile, furono mosse
dal D’Alvise, dal De Gobbis, dal Vianello e soprattutto dal Della Penna nella sua opera I fondamenti della ragioneria; ad essi si unirono anche Vincenzo Masi e Ubaldo De Dominicis.
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In riferimento alle implicazioni contabili, particolare importanza assumono sviluppi concettuali in alcuni casi
contrastanti con la teorica del Besta. Ci sembra opportuno ricordare a tale proposito:
la concezione del patrimonio come ‘‘fondo di valori’’;
la visione dinamica del processo di formazione del reddito d’esercizio e l’analisi della sua determinazione
sulla base della finzione contabile della suddivisione della gestione in esercizi, necessaria sul piano operativo,
ma in contrasto con la continuità della vita aziendale.
La teorica zappiana, ancora di grande attualità, presenta spunti di grande innovazione e anche quando, come
nell’ideazione del sistema del reddito, sembra in contrasto con gli insegnamenti del Besta, ne costituisce in realtà
un’ulteriore evoluzione e un necessario affinamento e completamento concettuale.
In sostanza, l’opera dello Zappa non oscura quella del Besta, rappresentandone un adeguamento alla nuova
realtà degli studi economico-aziendali, dei quali indubbiamente il Besta era stato abile precursore.
•
•
Il sistema del reddito
L’ideazione del sistema del reddito rappresenta, in campo contabile, il culmine degli studi zappiani.
Il grande Maestro sposta l’attenzione dal patrimonio al reddito e modifica sostanzialmente il sistema patrimoniale ideato dal Besta.
Nel sistema del reddito il fondamento logico che consente la costante uguaglianza tra totale degli addebitamenti e totale degli accreditamenti consiste nella contrapposizione tra variazioni numerarie (originarie) e variazioni economiche (derivate).
Le regole che consentono l’attuazione della P.D. consistono nell’accensione di tre serie di conti:
CONTI
•
NUMERARI
•
DI REDDITO
•
DI CAPITALE
I conti numerari sono accesi a denaro, a crediti di funzionamento, a debiti di funzionamento.
Le variazioni numerarie possono essere positive o negative. Il processo di inserimento delle variazioni
nell’ambito dei conti numerari è il seguente:
CONTO NUMERARIO
V.N.+
+ denaro
+ crediti di funzionamento
– debiti di funzionamento
V.N.–
– denaro
– crediti di funzionamento
+ debiti di funzionamento
I conti di reddito sono accesi a costi e ricavi.
Le variazioni di reddito possono essere negative o positive. Il processo di inserimento delle variazioni è
il seguente:
CONTO DI REDDITO
ACCESO A COSTI
CONTO DI REDDITO
ACCESO A RICAVI
V.R.–
costo
V.R.+
ricavo
Il funzionamento dei conti di reddito risulta opposto rispetto a quello dei conti numerari (funzionamento antitetico). Essi, infatti, accolgono le variazioni negative in Dare e le variazioni positive in Avere, esattamente al contrario dei conti numerari.
I conti di capitale sono accesi al patrimonio netto e sue parti ideali.
Le variazioni di capitale possono essere negative o positive. Il processo di inserimento delle variazioni è
il seguente:
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CONTO DI CAPITALE
V.C.–
– patrimonio netto
V.C.+
+ patrimonio netto
Il sistema del reddito rimane ancora utilizzabile e ha costituito la base del sistema del capitale (patrimonio) e risultato economico ideato successivamente dall’Amaduzzi.
Volendo fare un confronto tra i due sistemi, ci accorgiamo che l’unica differenza sostanziale è costituita dalla
considerazione dei debiti e crediti di finanziamento. Lo Zappa li include tra i conti di reddito, l’Amaduzzi,
invece, li considera conti finanziari.
Nella figura che segue, emerge la differente classificazione dei conti nei due sistemi; come risulta evidente, il sistema dell’Amaduzzi è una semplice variante di quello zappiano.
ZAPPA
•
CONTI NUMERARI
•
CONTI DI REDDITO
•
CONTI DI CAPITALE
• CONTI FINANZIARI
AMADUZZI
•
conti numerari dello Zappa
• crediti e debiti di finanziamento
•
DI REDDITO
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DI CAPITALE
CONTI ECONOMICI
8. Lo sviluppo dell’economia aziendale
Nel precedente paragrafo abbiamo visto che la nascita dell’economia aziendale si fa coincidere con il discorso
inaugurale Tendenze nuove negli studi di ragioneria tenuto alla Ca’ Foscari di Venezia nell’anno accademico
1926-1927.
L’economia aziendale, dunque, è la scienza che, come indica l’espressione, studia le condizioni di esistenza e le
manifestazioni di vita dell’azienda.
La scuola zappiana, oltre al grande Maestro, può vantare il contributo di illustri studiosi che hanno ulteriormente sviluppato le nuove tendenze manifestate dallo Zappa. Tra essi ricordiamo in particolare:
Alberto Ceccherelli, che frequenta a Venezia le lezioni del Besta e, a differenza di altri Autori che abbiamo precedentemente ricordato, sviluppa il proprio pensiero condividendo le scelte di Gino Zappa; tra le sue
opere segnaliamo Istituzioni di ragioneria e soprattutto Il linguaggio dei bilanci. Formazione ed interpretazione
dei bilanci commerciali, che si può considerare un ‘‘best seller’’ in materia bilancistica;
Pietro Onida, allievo dello Zappa, Autore tra l’altro delle opere Il bilancio d’esercizo nelle imprese. Significato
economico del bilancio. Problemi di valutazione, Le discipline economico-aziendali ed Economia d’azienda;
Aldo Amaduzzi (1904-1991), anch’egli allievo dello Zappa, che definisce l’economia aziendale come scienza
della fisiologia e della patologia aziendale tendente a individuare le condizioni di equilibrio del sistema azienda
e gli strumenti che ne consentono il mantenimento o il miglioramento.
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L’Amaduzzi, nella sua opera principale L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, approfondisce
la teoria sistemica e amplia ulteriormente il campo d’indagine degli studi economico-aziendali.
In campo contabile ebbe il merito di ideare il sistema del capitale e del risultato economico, che si può considerare una variante del sistema del reddito dello Zappa e che viene applicato, come abbiamo visto, nelle moderne
metodologie contabili.
Gli studi economico-aziendali sono stati successivamente approfonditi da altri illustri studiosi, alcuni ancora viventi. Tra essi, ci piace ricordare: Domenico Amodeo, Edoardo Ardemani, Umberto Bertini, Giuseppe Bruni, Pellegrino Capaldo, Carlo Caramiello, Paolo Emilio Cassandro, Vittorio Coda, Flavio Dezzani, Giovanni Ferrero, Egidio
Giannessi, Luigi Guatri, Carlo Masini, Ferdinando Superti Furga, Sergio Terzani, Enrico Viganò, Gianfranco Zanda.
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La scuola italiana, quindi, conserva la sua tradizione di grande prestigio nel campo degli studi economico-aziendali.
Ci preme ricordare, infine, altri illustri studiosi che si sono dedicati maggiormente a studi sull’economia delle
aziende di credito, in particolare: Tancredi Bianchi, Ugo Caprara, Giordano Dell’Amore e Roberto Ruozi.
Bibliografia
Riportiamo alcune indicazioni bibliografiche per coloro che, particolarmente interessati agli argomenti trattati,
vogliano approfondire alcuni aspetti sinteticamente delineati.
AMADUZZI A., L’azienda nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, Utet, Torino, 1978, pagg. 48-66.
AMODEO D., La natura della ragioneria, in ‘‘Rivista dei Dottori Commercialisti’’, n. 4, 1983.
BARIOLA P., Storia della ragioneria italiana, Tip. Ambrosiana di Cavalli Salmini e C., Milano, 1897.
BESTA F., La ragioneria (prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico 1880-81), Venezia, 1880.
La ragioneria, ristampa della 2a ediz., riveduta e ampliata col concorso dei proff. Vittorio Alfieri, Carlo
Ghidiglia, Pietro Rigobon, Milano, 1922.
CARAMIELLO C., Considerazioni sul contributo allo sviluppo della disciplina contabile, ‘‘Rivista Italiana di Ragioneria’’, n. 7, 1971.
CASSANDRO P. E., Betriebswirtschaeftslehre ed Economia Aziendale, in ‘‘Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale’’, n. 7/8, 1975.
CECCHERELLI A., Istituzioni di ragioneria, Le Monnier, Firenze, 1962.
CECCHERELLI A., Il linguaggio dei bilanci. Formazione ed interpretazione dei bilanci commerciali, Le Monnier, Firenze, 1970.
CERBONI G., Primi saggi di logismografia, Firenze, 1873.
La Ragioneria Scientifica e le sue relazioni con le discipline amministrative e sociali, Roma, 1886.
DELLA PENNA F., Le istituzioni contabili, parte prima, Catellani, Roma, 1946.
GIANNESSI E., I precursori in Economia Aziendale, Giuffrè, Milano, 1980 (IV edizione).
MARCHI F., La scienza e l’arte della tenuta dei conti, Pescia, 1870.
MAZZA G., Premesse storico-sistematiche negli studi di ragioneria, Giuffrè, Milano, 1968.
MELIS F., Storia della ragioneria, Zuffi, Bologna, 1950.
ONIDA P., Le discipline economico-aziendali. Oggetto e metodo, Giuffrè, Milano, 1947.
Le discipline economico-aziendali, Giuffrè, Milano, 1951.
Il bilancio d’esercizio nelle imprese. Significato economico del bilancio. Problemi di valutazione, Giuffrè,
Milano, 1974.
Economia d’azienda, Utet, Torino, 1975.
ROSSI G., L’ente economico amministrativo..., introduzione alla scienza della ragioneria generale, Reggio Emilia,
1882.
VILLA F., Elementi di amministrazione e contabilità, Pavia, 1850.
ZAPPA G., Tendenze nuove negli studi di ragioneria (discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico 1926-27),
Venezia, 1927.
Il reddito d’impresa. Scritture doppie, conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1937.
Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffrè, Milano, 1957.
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