Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
UNO SGUARDO DAL PONTE di Arthur Miller
Traduzione Masolino D’Amico - Regia Enrico Maria Lamanna
Musiche Pino Donaggio
Personaggi e interpreti (in ordine di apparizione)
Alfieri Roberto Negri
Eddie Sebastiano Somma
Louis Matteo Mauriello
Catherine Cecilia Guzzardi
Beatrice Sara Ricci
Rodolfo Edoardo Coen
Marco Andrea Galatà
Poliziotto Antonio Tallura
Produzione I Due della Città del Sole
Uno sguardo dal ponte è la storia di Eddie Carbone, immigrato italiano in America. E’ un
dramma dalla trama apparentemente semplice: il protagonista si scopre improvvisamente e
inconsapevolmente geloso della nipote acquisita, che egli stesso ha cresciuto come una figlia,
dalla morte dei genitori di lei. Questo sentimento sordo e distruttivo porterà all’epilogo
drammatico della vicenda, che ha inizio con l’arrivo in America di un altro immigrato, un
giovane connazionale che si innamorerà, ricambiato, della ragazza.
I precedenti letterari dello stesso autore. Il dramma è scritto nel 1955 da uno dei
drammaturghi più promettenti e problematici del Novecento americano, Arthur Miller.
L’autore aveva ricevuto ormai fama internazionale dalla rappresentazione nel 1949 di Death of
a salesman (Morte di un commesso viaggiatore), ma già due anni prima era rimasto in
cartellone per un intero anno il suo primo lavoro, apprezzato dalla critica e dal pubblico, All my
sons (Erano tutti miei figli). Terza opera di rilievo prima del dramma di cui qui ci occupiamo fu
The Crucible (Il crogiuolo), del 1952.
Ognuna delle tre opere che precedono cronologicamente il nostro dramma sviluppa temi di
grande portata problematica per la società americana: Erano tutti miei figli è la storia
drammatica di un costruttore che ha determinato la morte di molti giovani piloti per aver
prodotto pezzi meccanici difettosi per l’aeronautica americana; protagonista del secondo
conosciutissimo dramma, Morte di un commesso viaggiatore, è invece un venditore che sente
in modo opprimente il proprio fallimento professionale, per non aver saputo garantire un
avvenire di serenità economica ai suoi figli; infine The crucible è la rappresentazione del
processo alle streghe di Salem, avvenuto nel 1692, messo in scena negli anni della nuova
“caccia alle streghe” dell’era McCarthy.
Le due stesure del dramma e il senso delle varianti. Nel 1955 Miller scrive due nuovi
lavori: Uno sguardo dal ponte (A View from the Bridge) e Memory of two Mondays, che
vengono rappresentati in dittico, come due scorci di vita operaia americana1.
1
Il secondo testo sembrava a prima vista rievocare autobiograficamente i due anni che Miller aveva trascorso come
operaio in una fabbrica di pezzi di ricambio per automobili, dove aveva lavorato per pagarsi gli studi universitari, dopo
il dissesto economico dell’azienda tessile di famiglia in occasione della crisi del ’29. In realtà il testo, secondo la lettura
che ne dà l’autore stesso, descrive la vicenda di un uomo che lascia il suo lavoro e vede parallelamente venir meno
anche quelle relazioni di amicizia e di quotidianità che aveva costruito con il gruppo dei colleghi per due anni. Questa
esperienza di profonda solitudine e di isolamento sociale fu poi interpretata dalla critica come una metafora della
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
Si è già detto all’inizio quanto la trama della nostra opera sia apparentemente lineare e
sicuramente meno complessa dei lavori precedenti dello stesso autore, tuttavia la genesi della
sua stesura ci rivela dettagli molto importanti per capire la drammaturgia milleriana.
Il nostro testo ebbe due differenti scritture, caratterizzate da varianti significative. La prima era
un atto unico il cui protagonista appariva primitivo nella sua istintualità, portatore di uno stadio
primordiale dell’esistenza dell’uomo, uno stadio per così dire precedente la civiltà.
Miller dirà a proposito di questa stesura:
“In origine avevo concepito Eddie come un fenomeno, un fatto piuttosto pauroso
dell’esistenza, e l’avevo tenuto a una certa distanza per non coinvolgermi nelle
sue autogiustificazioni. Per conseguenza, egli era risultato una specie di
giocattolo biologico, una figura in certa misura repulsiva, non del tutto
ammissibile nella famiglia umana”2.
Sull’ Eddie della prima versione nessun personaggio secondario aveva possibilità di incidere: le
figure femminili del dramma erano relegate a “funzioni di sommessi contrappunti”. E non solo
il personaggio principale appariva così lontano dal consorzio umano, ma -per estensioneanche i sobborghi abitati da immigrati venivano considerati come il contesto ancestrale3 in cui
si conservava la civiltà antica e semi-barbara del vecchio mondo da cui veniva Eddie. La
conclusione dell’opera rievocava nel breve commento dell’avvocato Alfieri quella Sicilia,
bagnata dallo stesso mare delle coste americane, in cui viveva un’umanità ferina, non
regolamentata da leggi, aspra e selvaggia nel suo lirismo poetico.
A pochi passi da questa barbarie viveva poi l’America dei grattacieli, della modernità, del sogno
americano, del lavoro e del benessere: quella che si vede al di là del ponte, appunto.
Assistendo alle repliche però Miller riflette sul suo personaggio e su quella storia che ancora
non gli era riuscito di raccontare come avrebbe voluto; cambia profondamente il suo punto di
vista e stende un secondo testo, in due atti questa volta. Il protagonista però è un altro e
Miller ne parla così:
“…per quanto ripugnante potesse apparire quest’uomo, che fa ogni sorta di
orribili cose, egli esemplifica un fatto umano e prodigioso, anch’egli, cioè, può
esser tratto a quello che in ultima analisi è il sacrificio di se stesso, da una sua
concezione seppur fallace, del diritto, della dignità e della giustizia.” 4
A questo punto le componenti femminili entrano nel dramma con una funzione più decisiva,
generando spinte e controspinte che contribuiscono ad imprimere direzioni, in positivo e in
negativo, all’azione drammatica. Parallelamente il monologo di chiusura dell’avvocato Alfieri
registra il ritorno alla legge e alla giustizia, pur senza negare la sottile inquietudine che nasce
dentro di lui dal fatto di osservare quanto autentico e a suo dire “puro” fosse l’atteggiamento di
Eddie. In queste considerazioni il narratore esprime il giudizio stesso dell’autore, che afferma
solitudine morale dell’uomo di cultura di fronte alle masse. Miller amò moltissimo questo testo e si disse sorpreso del
fatto che l’opera non fosse riuscita a far arrivare al pubblico il messaggio che egli voleva comunicare. La messa in
scena fu un insuccesso.
2
3
A. Miller, Teatro, Prefazione dell’autore - op.cit.
Nello stesso ’55 a Miller era stato richiesto dalla Youth Board di NY un lavoro di documentazione sulla delinquenza
giovanile e l’autore si trovò ad analizzare un analogo contesto sociale degradato; commentò dicendo che quando un
assistente sociale scende nelle strade ed entra negli ambienti delle gang giovanili “è come se retrocedesse di migliaia
di anni nella storia umana”.
4
A. Miller, Teatro, Prefazione dell’autore - op.cit.
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di aver composto la seconda stesura condividendo a fini drammatici il punto di vista del
personaggio, di cui loda la capacità di essere se stesso, contrapponendosi ad un mondo
circostante dominato dall’ipocrisia.
A proposito della funzione del narratore, che è presente in entrambe le versioni, occorre
precisare che si trattò di una precisa scelta dell’autore, che si sforzava così di separare l’azione
dal suo significato. Continuava infatti ad essere rappresentato sulle scene il suo lavoro
precedente, Il crogiuolo, ritenuto unanimemente un testo in qualche misura suggerito
all’autore dal maccartismo imperante. Anzi, man mano che il clima politico abbandonava il
maccartismo, l’opera raccoglieva maggiori e meno timorosi consensi. Miller tuttavia sentiva di
non essere riuscito a far convergere lo sguardo del pubblico su quello che a suo avviso era il
vero focus dell’azione scenica, un focus peraltro sempre molto importante nella sua opera, così
intrisa di imperativi etici: era per lui centrale nella vicenda la riflessione sulla coscienza
individuale e sull’impossibilità, per i suoi personaggi, di consegnare questa ad altri, fossero essi
uomini o tribunali. I protagonisti di Miller agiscono in totale coscienza e libertà fino in fondo,
assumendosi la piena responsabilità delle proprie scelte, di cui si considerano unici giudici: si
pensi ai tre protagonisti maschili di Erano tutti miei figli, Morte di un commesso viaggiatore e Il
crogiuolo, che terminano tutti – e non è un caso- con la morte del protagonista, sempre
suicida. 5
Nella storia di Uno sguardo dal ponte il narratore è un commentatore esterno che veicola il
pensiero dell’autore e sposta il piano della riflessione dalla vicenda particolare di Eddie ad una
sua lettura universale.
Eddie agisce in risposta a quello che sente suo dovere morale, cioè proteggere la nipote ed
assicurarle un futuro di serenità; non è tuttavia consapevole fino in fondo delle forze che
agiscono in lui e rifiuta scandalizzato la verbalizzazione –prima reticente, poi esplicita– della
moglie e dell’avvocato, che cercano di svelare a lui i suoi stessi sentimenti; commette e fa
commettere azioni che saranno condannate dalla società e che comporteranno l’intervento
della legge.
Nonostante tutto questo la sua figura è eroica e giganteggia tra i personaggi proprio per la sua
ostinata dirittura morale, che è la cifra della sua “purezza”.
ALFIERI - Oggi per la maggior parte del tempo ci accontentiamo della metà, e a
me sta bene così. Ma la verità è sacra, e pur sapendo quanti torti avesse costui e
quanto inutile sia stata la sua morte, io tremo. Perché riconosco che dal suo
ricordo mi chiama qualcosa di perversamente puro – non puro nel senso di
buono, ma puro in quanto se stesso. Costui si lasciò conoscere totalmente, e per
questo io credo che gli voglio più bene che ai miei clienti assennati. Tuttavia, è
meglio accontentarsi della metà, così deve essere! E così io lo piango – lo
riconosco – con una certa… inquietudine.6
I personaggi.
Eddie è un operaio portuale, immigrato dall’Italia, che vive in un quartiere di Brooklyn con la
moglie e la nipote di lei, a loro affidata dopo la morte dei genitori.
Ha una visione patriarcale della famiglia e un istinto di protezione morboso nei confronti della
nipote acquisita, che vorrebbe tenere al riparo dal mondo esterno: questa è la verità che
5
Il critico inglese Kenneth Tynan disse: “I drammi di Miller sono aspri, “patristici”, atletici e riguardano soprattutto
uomini”
6
A. Miller, Uno sguardo dal ponte, nella traduzione di Masolino D’Amico – adattamento Enrico Maria Lamanna (2015)
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
racconta a se stesso e al mondo, ma tra le righe della storia si comprende quanto il suo
attaccamento alla ragazza sia diventato un amore possessivo.
Al centro della sua visione del mondo ci sono l’operosità seria, l’onore, la rispettabilità, sia delle
donne che degli uomini, retaggio antico del suo panorama culturale di partenza, romanoitalico, prima ancora che siciliano.
Nei confronti delle due donne di casa è però a suo modo moderno e affettuoso: teme che la
moglie sia sfruttata dai suoi stessi familiari per la sua sensibile disponibilità e a lei si rivolge
con dolcezza; per la nipote acquisita sogna un lavoro prestigioso e lontano dai quartieri più
degradati.
Beatrice è la moglie di Eddie, una donna fedele e innamorata, che osserva con crescente
sgomento il cambiamento che avverte in suo marito. Nel corso della storia cercherà di
condurre alla consapevolezza Eddie e sua nipote Catherine, verbalizzando -prima
discretamente, poi con disperazione- i suoi sospetti sulla passione morbosa del marito per la
ragazza.
Catherine è la nipote diciassettenne di Beatrice. Nutre un profondo attaccamento ai due zii che
l’hanno cresciuta e per questo soffre nel vedere disapprovate da parte di Eddie le sue scelte di
vita (in climax ascendente: la gonna, il lavoro, il fidanzamento). Si accorge che tra i due zii c’è
disarmonia e ne cerca le cause nella loro modalità di comunicazione, ma non arriva a
comprendere fino in fondo che alla base del disagio della coppia c’è quella verità per lei
incredibile ed orribile da accettare, cioè un amore ai limiti dell’incesto da parte dell’uomo che
l’ha vista crescere.
Marco è un cugino di Beatrice, giunto clandestino dall’Italia per trovare lavoro. In patria ha
lasciato in condizioni di estrema miseria la moglie e tre figli, il più grande dei quali soffre di
tubercolosi. Conta di restare in America pochi anni e di inviare a casa tutto il denaro che
guadagna; è commosso e riconoscente verso Eddie e sua moglie per l’ospitalità che riceve da
loro. E’ a sua volta guidato da un disperato ed istintivo senso dell’onore, che lo vedrà
protagonista del drammatico epilogo.
Rodolfo è il cugino più giovane, fratello di Marco, affascinato dal sogno americano. Creativo e
pieno di vitalità, rivela molte doti che lo fanno apparire diverso agli occhi di Eddie e degli altri
operai del porto, abituati ad uno stereotipo del maschile molto più rigido: Rodolfo ama infatti
cantare, cucire, cucinare ed ha capelli biondissimi che lo fanno somigliare alle attrici del
cinema. Eddie userà questa presunta stranezza come giustificazione (ed autoinganno) per la
propria diffidenza nei confronti del ragazzo, che accusa di voler ingannare Catherine, fingendo
di amarla, all’unico scopo di poterla sposare per ottenere la cittadinanza americana.
Louis è il compaesano e collega di Eddie. Condivide la visione del mondo del protagonista, ma
si mostra più adattato all’ambiente e più spensierato. Svolge la funzione di contatto tra la
vicenda centrale e il mondo esterno.
Avvocato Alfieri: interviene nel corso della storia inserendo contrappunti narrativi all’azione
scenica. Si presenta come immigrato dall’Italia e sottolinea lo scarto tra il valore persecutorio
della legge in Sicilia e viceversa il peso della legge negli Stati Uniti.
Conosce Eddie e la sua famiglia, ne ha un giudizio positivo. Quando l’uomo si rivolge a lui
perché preoccupato da Rodolfo, egli si mostra paterno e comprensivo, ma nell’assolo con
enfasi chiama “destino” il sentimento che cresce nel protagonista e che sembra incombere
dall’esterno sulla sua vita.
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
Tempo e spazio.
Nella prima rappresentazione l’autore non aveva esplorato il contesto socio-economico in cui si
sviluppava il dramma, per evitare la sovrapposizione di piani e concentrare invece l’attenzione
degli spettatori solo sulla nuda vicenda interiore di Eddie. Analogamente, anche la messa in
scena di Broadway si riduceva ad una semplice stanza di soggiorno, da cui si intravedeva il
mare sullo sfondo.
Dopo il rimaneggiamento e la trasformazione della storia, come si è detto sopra, anche
l’allestimento cambiò:
“Peter Brook, il regista londinese, disegnò una scena ch’era più realisticamente
dettagliata che non la nuda, seppur bella scenografia di New York, e accentuava,
inoltre, l’ambiente del quartiere. La sua idea centrale era di portare la gente del vicinato
in primo piano. Due alte quinte, chiuse, formavano la facciata della casa dove abitava
Eddie, un casamento di mattoni, e quando si aprivano mostravano una stanza di
soggiorno nel seminterrato.”7
In scena entrava poi un certo numero di comparse, che rappresentavano vicini e viandanti. La
storia veniva così a svilupparsi in un contesto spaziale e socio-economico preciso.
L’attuale messa in scena scandisce lo spazio in più piani di profondità.
Al centro mostra un palco rialzato, che ha la funzione di rappresentare il soggiorno povero ma
decoroso della casa di Eddie e Beatrice. Sul fondale sono visibili in un primo tempo il simbolico
ponte del titolo e successivamente la scala esterna della palazzina, che conduce ai piani
superiori. Davanti al pubblico in primo piano i due sedili che strutturano lo spazio scenico –
anch’esso essenziale – dello studio dell’avvocato Alfieri. Tutto intorno si apre la strada
antistante casa, in cui Eddie incontra Louis, passeggia e fuma impaziente, attende Catherine.
Le luci illuminano alternativamente la zona interessata dall’azione.
Sulla base del palco rialzato sono proiettate all’inizio di ogni scena le fasi lunari, ad indicare lo
scorrere delle settimane.
L’ingresso degli attori all’inizio dello spettacolo è cadenzato dalla musica: i personaggi entrano
in scena con un’andatura ritmata che rende in modo molto efficace la vivacità del sobborgo
intorno al porto. La musica torna nel corso dello spettacolo a sottolineare sapientemente le
diverse atmosfere.
Lingua e stile.
La provenienza dei personaggi rende il testo più efficace nella sua traduzione italiana che nel
testo americano originale. La bella traduzione in italiano di Masolino D’Amico e l’adattamento
di Enrico Maria Lamanna giocano su tutte le potenzialità dell’impasto linguistico tra dialetto
siciliano (è stata scelta la variante di Aci Trezza) e italiano (inglese-americano nel testo di
partenza): interessante la commistione tra le due lingue, che si alternano sulla scena secondo i
parlanti.
In particolare, Rodolfo nel suo entusiasmo giovanile parla un dialetto stretto e veloce,
trascinato dall’emozione di questa esperienza per lui inebriante nel nuovo mondo; Beatrice
esercita anche sul piano linguistico la sua funzione di mediazione, alternando risposte in
dialetto, la lingua di origine che le permette di accogliere i cugini, e richieste in italiano, la
lingua madre della nipote, che partecipa anch’essa entusiasta all’incontro con quei parenti
prima sconosciuti, che le parlano di un mondo lontano e ignoto, descritto come povero ma
bellissimo.
7
A. Miller, Teatro, Prefazione dell’autore - op.cit.
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
Temi e messaggio.
Sia premesso che messaggio centrale è ancora una volta, come si è dimostrato sopra,
l’obbedienza cieca da parte del protagonista ad una sua legge interiore.8
Nella Prefazione alla raccolta delle sue opere, presentando il testo l’autore dice: “ La mia
interpretazione consisteva nell’orrore d’una passione che nonostante sia contraria all’interesse
dell’ individuo che ne è dominato, nonostante ogni genere d’avvertimento ch’egli riceve e
nonostante perfino ch’essa distrugga i suoi principi morali, continua ad aumentare il suo potere
su di lui fino a distruggerlo.”
Fatta questa premessa, tuttavia, sono presenti nei dialoghi alcuni temi che meritano una certa
riflessione:
Tema portante del testo è la passione non dichiarata di Eddie per la nipote acquisita
Catherine. Questo sentimento è giudicato così riprovevole, che il dialogo tra i personaggi
perviene solo gradualmente ad usare i termini che lo definiscano con esattezza. Tale
reticenza amplifica la drammaticità della vicenda e la avvicina, più che ad un classico
melodramma della tradizione italiana, alla tragedia e all’epica della tradizione grecoromana, contesti nei quali spesso l’amore, anche nelle sue forme più legittimate dalla
società, è presentato attraverso le conseguenze tremende che la sua potenza distruttiva
determina per alcuni personaggi: si pensi, per fare solo due esempi, alla furia distruttiva di
Achille, dopo la morte di Patroclo, nell’Iliade, o alla passione che lacera Didone nell’Eneide.
Nel corso della nostra vicenda anche l’avvocato Alfieri, che dovrebbe essere l’uomo
razionale della legge, allude a questa passione come a una sorta di daimon che
dall’esterno si abbatta sulla casa di Eddie, e sembra rievocare il peso dell’Ate greca che
guidava la marcia drammatica della tragedia.
Altro tema molto ben evidente sullo sfondo della vicenda privata di Eddie è l’avvento della
modernità nel secondo dopoguerra: l’America guida i sogni del vecchio continente
anche attraverso l’attrattiva esercitata dalla nuova musica degli anni Cinquanta, da nuove
mode, dalle luci di Broadway. Di fronte a questo sogno americano si pongono in modo
differente Eddie e i giovani personaggi Catherine e Rodolfo.
Il primo è portatore di un’austerità di costumi che gli fa opporre resistenza di fonte ad ogni
cambiamento nella morale e nei consumi: sono rifiutate allo stesso modo le novità
nell’abbigliamento (la lunghezza delle gonne, i tacchi alti), i nuovi divertimenti (il cinema e
la passeggiata serale fino a tardi, le luci dei teatri di Broadway), le trasformazioni in atto
nella famiglia (il progressivo venir meno dell’autorità paterna), i nuovi mezzi di trasporto
(motociclette e auto). Viceversa Catherine e Rodolfo sono aperti al nuovo e guardano con
entusiasmo e senza malizia a tutto ciò che per loro è simbolo di futuro.
Come dice il titolo, è il ponte di Brooklyn a guidare lo sguardo su Broadway dei due ragazzi,
ma Manhattan è luogo proibito per loro e il divieto è imposto da Eddie.
8
Come si sottolineava sopra, le opere fino al 55-56 presentano spesso questo forte senso etico, quasi un percorso
interiore dell’uomo Miller.
Per completezza di cronaca va aggiunto che dopo il ’56 l’autore viene trascinato alla ribalta delle cronache
scandalistiche dal suo matrimonio con Marilyn Monroe, dal divorzio cinque anni dopo e infine dalle morte dell’attrice.
E’ un fatto che le sue opere successive al 1964 (rimase lontano dalle scene per un decennio circa, dopo View from the
Bridge) non furono accolte con favore, forse anche per il suo progressivo allontanamento dal cosiddetto naturalismo
ibseniano, come osservava M. stesso. L’operazione era iniziata già da Morte di un commesso viaggiatore, dove l’autore
aveva volutamente giocato d’intreccio tra passato e presente, che coesistono sulla scena per potenziare l’effetto
drammatico della vicenda; viceversa nel precedente lavoro, Erano tutti miei figli, la ricostruzione rispettava ancora
l’ordine cronologico degli eventi.
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
BIBLIOGRAFIA

Arthur Miller, Teatro, a cura di Bruno Fonzi. (Introduzione dell’autore), Einaudi 1959

G. Guerrieri, Arthur Miller in I contemporanei, Letteratura americana diretta da Elemire
Zolla, Luciano Lucarini Editore, 1983, vol II, pagg. 721 ss. [in coda alla voce una ricca
bibliografia sull’autore]

Dizionario Oxford della letteratura americana – James D. Hart 1986 (edizione italiana
Gremese Editore 1993)

Arthur Miller, Svolte – la mia vita, Arnoldo Mondadori editore 1988 (titolo originario
Timebends: a life, 1987)

Ruby Cohn, Il teatro nel ventesimo secolo in Storia della civiltà letteraria degli Stati
Uniti diretta da Emory Elliott, UTET 1990; Vol. II - Il Novecento, pagg. 966 ss [a fine
volume una ricca bibliografia sull’autore]

Storia della civiltà letteraria degli Stati Uniti, UTET 1990, Dizionario Cronologia
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
PROPOSTE DIDATTICHE
(in parallelo con Diritto e Storia) –
Si approfondiscano le politiche migratorie in vigore dalla fine dell’Ottocento negli Stati
Uniti ed il ruolo di alcune località di prima accoglienza, come la nota Ellis Island, per noi
oggi importantissima anche come deposito della memoria storica. Si confrontino quindi
tali politiche con le Convenzioni e i Regolamenti europei (Schengen, Dublino), oggi di
straordinaria attualità.
(in parallelo con Storia ) – Il testo si presta a numerosi approfondimenti:
Nel contesto più generale della rivoluzione tecnologica che parte dalla Seconda
Rivoluzione Industriale, potrebbe essere interessante approfondire la storia della
costruzione, nel secondo Ottocento, del Ponte citato dal titolo, una storia che è anche
espressione delle nuove strade aperte dalla tecnologia. Parallelamente si potrà
osservare la dimensione simbolica che l’immagine del ponte continuò ad avere per
moltissimi decenni in Europa (si ricordi la “gomma del ponte”).
La vicenda è ambientata negli anni Cinquanta: il periodo può essere indagato dal
punto di vista economico-sociale e culturale. Infatti dall’America giungevano in Europa e
nel mondo numerosi miti, che sono citati nel testo, come si osservava sopra; accanto ai
miti veri e propri, dal nuovo mondo veniva poi una più generale rivoluzione delle forme
della comunicazione, dei costumi e dei consumi che porterà sulla lunga distanza alla
globalizzazione.
Sia detto per inciso che in altro dramma famoso dello stesso autore, Morte di un
commesso viaggiatore, Miller propone sullo sfondo una visione problematizzata del
sogno americano. Lui stesso del resto aveva vissuto con la sua famiglia gli effetti della
crisi del ’29.
Se si fa un riferimento più generale all’intera opera di Miller, sarà possibile osservare
invece la politica americana nel secondo dopoguerra, con particolare riferimento al
controllo esercitato dalle istituzioni sulla cultura, per monitorare e censurare eventuali
attività anti-americane. Si potrebbero infatti approfondire alla luce del MACCARTISMO
le numerose inchieste che interessarono il mondo della cultura, dell’arte e del cinema.
Di queste fu vittima lo stesso Miller, che subì diversi interrogatori a proposito di
una sua sospetta attività un-american.
Dopo la laurea presso l’Università del Michigan (1938) aveva iniziato a
collaborare con il Federal Project, un’organizzazione teatrale di sinistra che
venne chiusa dopo poco. In America si faceva sentire la paura nei confronti della
diffusione del pensiero socialista. Nel 1952 gli venne rifiutato il passaporto e non
poté quindi andare a presenziare alla prima del suo Crucible a Bruxelles.
Accusato di simpatie verso il partito comunista, negò le accuse.
All’epoca del suo matrimonio nel ’56 gli fu chiesto conto di una sua presunta
attività sospetta nel 1947, anno in cui si era incontrato con alcuni scrittori
comunisti di New York. Rispose di aver partecipato a quegli incontri per
approfondire la propria conoscenza a proposito del pensiero marxista, che gli era
stato riportato più volte con diverse interpretazioni, sulle quali voleva maggiore
chiarezza. E, messo di fronte alla richiesta di fare nomi di altri partecipanti a
quegli incontri, si rifiutò di collaborare per principio e per evitare altri guai a chi,
Scheda didattica – Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” – a cura di Rosa Auletta
scrittore per professione come lui, aveva già sufficienti difficoltà economiche. Fu
per questo condannato ad una multa e al carcere; fu poi assolto in appello.
Dal 56 si allontanò dalle scene e rifiutò di collaborare con l’House Committee on
Unamerican Activities di J.McCarthy.
(in parallelo con Inglese) - Si confronti il teatro dell’autore con quello dei suoi
contemporanei americani: Eugene O’Neill e Tennessee Williams.
(in parallelo letterario Inglese e Italiano) - Si confronti il naturalismo ibseniano con
il teatro di Miller, che da questo naturalismo muove, per approdare poi a diverse
soluzioni nel corso del tempo. Si veda a tal proposito cosa commenti l’autore stesso
nella sua Prefazione alla raccolta delle sue opere (op. cit.).
Si approfondiscano temi e personaggi della restante produzione teatrale di Arthur
Miller.
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
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Si analizzi in parallelo il poemetto di G. Pascoli, Italy. In esso è possibile individuare
alcuni spunti di sovrapposizione rispetto all’esperienza della migrazione degli italiani in
America:
la comunità di villaggio che accoglie i migranti che tornano;
la povertà del paesaggio italiano e delle sue risorse (la colazione meno golosa per la
piccola Molly) agli occhi di chi ha sperimentato il nuovo mondo;
la celebrazione delle meraviglie del nuovo mondo e del sogno americano, rispetto al
telaio a mano della vecchia nonna: vecchio e nuovo a confronto, innovazione e
modernità contro tradizione;
la lingua dei migranti, impasto di inglese e dialetto natio (e la parallela ricerca fonica del
poeta).