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Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 53-64
Prospettive in Pediatria
Frontiere
Genetica e patologia
della filtrazione renale
Maria Pia Rastaldi
Laboratorio di Ricerca
Nefrologica, Fondazione IRCCS
Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico, Milano
Le patologie glomerulari sono responsabili di una quota rilevante di soggetti con nefropatia
e insufficienza renale cronica. Pertanto, conoscere l’eziologia e la patogenesi del danno
glomerulare costituisce premessa essenziale all’individuazione di strategie terapeutiche
efficaci. Per anni lo studio del glomerulo e delle cellule che lo compongono è stato ostacolato da limitazioni inerenti la sua complessa struttura e la localizzazione profonda nell’organismo. Inoltre, gli studi in vitro non riflettevano il livello di alta specializzazione cellulare
osservato in vivo.
Il recente miglioramento delle tecniche di microscopia, di biologia cellulare e molecolare, e
della produzione di modelli transgenici ha determinato una svolta radicale negli studi delle
malattie glomerulari. In particolare, il contributo della genetica è stato e continua ad essere
cruciale nell’identificazione delle molecole essenziali per la filtrazione glomerulare.
Basandosi sui progressi della genetica avvenuti negli ultimi 15 anni, questa revisione descrive quanto oggi è noto sulla barriera di filtrazione glomerulare e sottolinea le potenzialità
diagnostiche e terapeutiche derivanti dall’identificazione delle molecole e delle vie di segnale che sono profondamente alterate nelle patologie glomerulari pediatriche.
Riassunto
Glomerular filtration is crucial to the maintenance of body homeostasis and glomerular
damage is responsible for a large percentage of children requiring dialysis and renal
transplant. Precise knowledge of etiology and pathogenesis of glomerular diseases is
essential to design better therapeutic strategies.
In the past, research in this field has suffered from limitations due to the complex glomerular structure and the profound location of glomeruli inside the body. Furthermore, in vitro
studies were limited by the high level of cell differentiation, making it difficult to obtain and
maintain glomerular cell cultures.
Recent research advances have been prompted by the exponential improvement of microscopy, cell biology, and molecular biology techniques. Genetic studies, through the discovery of gene mutations causative of glomerular diseases, have been particularly helpful
in identifying the molecules playing important roles in glomerular filtration.
Based on genetic advances reached in the last 15 years, this review describes what is
presently known on glomerular filtration and focuses on the diagnostic and therapeutic
potential of recent discoveries.
Summary
Introduzione
Il processo di filtrazione del sangue da parte del glomerulo renale conduce alla
formazione di un ultrafiltrato composto principalmente da acqua e da soluti di piccole dimensioni, consentendo l’eliminazione urinaria di prodotti del catabolismo e
preservando le sostanze utili all’organismo, in particolare le proteine.
La barriera di filtrazione glomerulare è costituita da un capillare convoluto, composto da cellule endoteliali che poggiano sulla membrana basale, quest’ultima
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M.P. Rastaldi
rivestita esternamente dai prolungamenti di cellule estremamente differenziate denominate podociti
(Fig. 1).
Gli elementi che costituiscono la barriera di filtrazione
hanno una serie di caratteristiche che conferiscono la
selettività sia dimensionale che di carica elettrica del
capillare nei confronti delle molecole con cui viene in
contatto.
L’endotelio, che possiede fenestrae di circa 100 nm di
diametro, non provvede elevata restrizione dimensionale, ma è rivestito da uno spesso glicocalice costituito da proteoglicani solfati, come syndecans, acido
ialuronico, e sialoglicoproteine, che conferiscono alla
superficie una carica elettrica negativa (Haraldsson e
Nyström, 2012).
La membrana basale glomerulare, che ha uno spessore di circa 300 nm, produce una restrizione dimensionale al passaggio di molecole ed è formata
dall’assemblaggio di numerose molecole della matrice extracellulare quali collagene, laminina, entactin/
nidogen, e proteoglicani. I proteoglicani contengono
glicosaminoglicani solfati costituiti da eparan solfato e
condroitin solfato, i quali impartiscono alla membrana
carica elettrica negativa (Miner, 2011).
I podociti contribuiscono con ulteriori restrizioni sia
dimensionali che di carica. Essi sono cellule dotate
di ramificazioni primarie e secondarie che si dipartono dal corpo cellulare localizzato nello spazio di
Bowman. Le ramificazioni, o processi podocitari, avvolgono completamente la membrana basale del capillare intrecciandosi tra loro e sono collegate da un
complesso giunzionale largo circa 40 nm denominato
slit-diaphragm o poro di filtrazione. Si ritiene che tale
complesso giunzionale sia il principale responsabile
dei limiti dimensionali del filtro glomerulare. La selettività elettrica dei podociti è dovuta ai domini extracellulari di proteine come podoendin, podoplanin, e
podocalyxin (Greka e Mundel, 2012).
Ogni tipo di danno alla barriera glomerulare causa perdita di proteine nelle urine (proteinuria). Se non adeguatamente trattata, la proteinuria di per sé costituisce
un fattore di progressione della patologia glomerulare e
dell’estensione delle lesioni alle altre strutture del rene,
fino alla perdita di funzione (Snyder e John, 2014).
Figura 1. Struttura della barriera di filtrazione.
A) Rappresentazione schematica di un glomerulo, costituito da un capillare convoluto formato da cellule endoteliali che
poggiano su una membrana basale. Esternamente alla membrana basale sono identificabili i podociti. Il capillare è sostenuto dal mesangio, una forma di tessuto connettivale costituito da cellule mesangiali e matrice mesangiale.
B) La microscopia elettronica a trasmissione consente di esaminare in dettaglio la barriera di filtrazione nelle sue componenti: i podociti, di cui nella figura si apprezzano i prolungamenti primari e secondari regolarmente allineati lungo la
membrana basale, e l’endotelio fenestrato.
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Genetica e glomerulo
Quando la perdita proteica è massiva si configura
una condizione patologica molto grave denominata
sindrome nefrosica, caratterizzata da alterazioni metaboliche che coinvolgono il metabolismo dei lipidi e
dei processi di coagulazione.
L’osservazione al microscopio elettronico della biopsia renale permette di visualizzare chiaramente le
alterazioni morfologiche della barriera di filtrazione.
Dipendentemente dalla specifica patologia, esse possono interessare primariamente ciascuno dei componenti del filtro, ma le alterazioni podocitarie sono
quelle più chiaramente distinguibili e invariabilmente
presenti in ogni tipo di malattia glomerulare (Fig. 2).
Al microscopio ottico si osservano diversi tipi di lesione, dalla assenza completa di alterazioni glomerulari
(malattia a lesioni minime) a quadri di sclerosi mesangiale diffusa, ma la forma più comune è la glomerulosclerosi segmentaria focale (GSF), caratterizzata
dalla solidificazione di una parte (segmentaria) del
flocculo glomerulare e riscontrabile solo in alcuni glomeruli (focale).
La complessa struttura del glomerulo e la sua localizzazione profonda nell’organismo sono state per molti
anni limitazioni importanti allo studio della fisiologia
e della patologia delle cellule che lo compongono,
e hanno ostacolato il riconoscimento preciso delle
cause e dei meccanismi che stanno alla base delle
patologie glomerulari. Ancora oggi ciò si riflette nella
scarsità di opzioni terapeutiche per molte patologie
renali, in particolare per quelle che insorgono in età
pediatrica.
Il progresso tecnologico degli anni più recenti sta modificando largamente questa situazione, grazie al miglioramento delle tecniche di microscopia, di biologia
cellulare e molecolare, e della produzione di modelli
transgenici. In particolare, il contributo della genetica,
facilitato dalle tecniche introdotte recentemente, è stato e continua ad essere cruciale nell’identificazione
di molecole essenziali per la filtrazione glomerulare.
Dalla scoperta di NPHS1 (Kestilä et al., 1998), il gene
che codifica per nefrina, e delle sue mutazioni che
causano la forma più grave di sindrome nefrosica
congenita, la cosiddetta forma finnica, sono stati svelati numerosi altri geni coinvolti nella sindrome nefrosica ereditaria e sporadica. Lo studio funzionale delle proteine codificate da questi geni ha consentito di
comprendere aspetti fondamentali della complessità
molecolare della barriera di filtrazione glomerulare.
Obiettivo della revisione
Basandosi sui progressi della genetica avvenuti negli ultimi 15 anni, questa revisione descrive quanto
oggi è noto sulla barriera di filtrazione glomerulare e
sottolinea le potenzialità diagnostiche e terapeutiche
derivanti dall’identificazione delle molecole e delle vie
di segnale che sono profondamente alterate nella sindrome nefrosica pediatrica.
Figura 2. Anse glomerulari normali e patologiche osservate mediante microscopia elettronica a scansione.
A) La rete dei processi podocitari che avvolgono il capillare glomerulare è chiaramente osservabile nel glomerulo
normale.
B) Nella sindrome nefrosica non sono più visibili i prolungamenti dei podociti, e l’aspetto omogeneo riscontrato è
all’origine del termine “fusione” dei prolungamenti.
Le principali scoperte
della genetica
Le scoperte della genetica avvenute negli ultimi 15
anni hanno favorito decisivi passi avanti non solo nella definizione diagnostica di una serie di patologie
gravi della filtrazione glomerulare, precedentemente
classificate come “idiopatiche”, ma anche nell’indirizzare l’attenzione dei ricercatori sulla cellula podocitaria. Infatti, tutti i geni identificati finora come responsabili di forme familiari e sporadiche di sindrome nefrosica codificano per molecole specifiche del podocita
o per molecole che, prodotte e secrete dal podocita,
sono depositate nella membrana basale glomerulare.
L’identificazione delle molecole mutate è stata il punto
di partenza per studi funzionali in vitro e in vivo, con
il conseguente avanzamento delle conoscenze biologiche e molecolari.
Ancora oggi genetica e biologia della barriera di filtrazione procedono di pari passo, producendo un quadro sempre più preciso degli eventi molecolari che
caratterizzano il glomerulo sano e patologico.
55
M.P. Rastaldi
I primi studi di genetica, stimolati dall’esistenza di forme familiari e congenite di sindrome nefrosica, hanno condotto alla scoperta nel 1998 del gene NPHS1
responsabile della forma più grave di proteinuria del
bambino, la sindrome nefrosica di tipo finnico (Kestilä
et al., 1998). NPHS1 codifica per nefrina, una molecola di adesione presente a livello dello slit diaphragm
(Kawachi et al., 2006).
Studi immediatamente successivi hanno consentito
l’identificazione di mutazioni del gene NPHS2, che
codifica per un’altra proteina dello slit diaphragm,
podocina, come causa di una forma relativamente
comune di sindrome nefrosica autosomica recessiva
(Boute et al., 2000). Diversamente dalla forma finlandese causata da mutazioni di nefrina, che ha esordio
neonatale, le forme dovute a mutazioni di podocina
possono essere più tardive, manifestandosi fino ai 6
anni di età oppure addirittura in età adulta. Infine, è
stato identificato un polimorfismo comune di podocina (p.R229Q) che causa malattia solo se associato
ad una seconda mutazione di podocina, e che determina l’insorgenza di forme meno severe di malattia e
ad esordio più tardivo (Machuca et al., 2009). Studi
più recenti su NPHS2 hanno prodotto ulteriori evidenze sperimentali a favore dell’ipotesi che la patogenicità di un allele NPHS2 mutato dipenda dalla presenza
di una seconda mutazione in trans dello stesso gene,
informazioni che sono di notevole utilità nella consulenza genetica alle famiglie e ai soggetti portatori di
mutazioni (Tory et al., 2014).
Le mutazioni di NPHS1 e NPHS2 rappresentano le
cause genetiche più comuni delle forme congenite di
sindrome nefrosica steroido-resistente, ma ad oggi
sono almeno 27, e in continuo aumento, i geni identificati come responsabili di forme familiari e sporadiche
della malattia (Tab. I).
La scomparsa dello slit diaphragm, o la sua sostituzione con una giunzione occludente (Kriz et al.,
2013), è uno dei segni morfologici più comuni nelle
patologie proteinuriche umane e sperimentali. Questo
tipo di alterazione si associa alla cosiddetta “fusione”
dei processi podocitari, determinata dal profondo rimodellamento del citoscheletro costituito principalmente da filamenti di actina (Faul et al., 2007) (Fig. 3).
Pertanto non sorprende che NPHS1 e molti dei
geni successivamente individuati codifichino per
molecole localizzate a livello dello slit diaphragm
(NPHS2, NPHS3, CD2AP, TRPC6) o per proteine citoscheletriche (SMARCAL1, ACTN4, MYH9, Myo1E,
ARHGAP24, INF2), o per molecole che interagiscono
con le piccole GTPasi che regolano il citoscheletro
(PCLE1), supportando fortemente il nesso molecolare tra la complessa morfologia del podocita e la sua
funzione (Rood et al., 2012).
Questo legame è stato ulteriormente confermato dalla recente identificazione di casi di sindrome nefrosica dovuti a mutazioni di ARHGDIA, il gene che codifica per la proteina Rho GDP dissociation inhibitor α
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(Gee et al., 2013). Membri della famiglia delle piccole
GTPasi Rho controllano le dinamiche del rimodellamento di actina. Le interazioni tra le piccole GTPasi
RhoA, Rac1, e Cdc42 sarebbero dunque modificate
dalle alterazioni di Rho GDP dissociation inhibitor α
causate dalle mutazioni, col risultato finale di incrementare l’attività di Rac1 e Cdc42 (Gee et al., 2013),
che si associa ad aumento della motilità dei podociti.
Se è vero che oggi prevale la teoria secondo cui la
stabilità dei processi podocitari è rappresentata da un
fenotipo stazionario, mentre la loro instabilità si concretizza in un fenotipo mobile, è tuttavia verosimile
che sbilanciamenti in entrambi i sensi rappresentino
una deviazione patologica da una situazione di equilibrio altamente regolata.
Infatti, da un lato le evidenze sperimentali confermano che topi transgenici che non esprimono le GTPasi
Cdc42 (Scott et al., 2012) o quelli che esprimono una
forma dominant-negative di Rho (Wang et al., 2012),
o una forma costitutivamente attiva di Rac1 (Yu et
al., 2013) sono proteinurici e, in vitro, i podociti con le
stesse alterazioni molecolari presentano aumentata
motilità. Tuttavia, è stato anche dimostrato che mutazioni di MYO1E presenti in soggetti con sindrome
nefrosica sono causa di alterazioni della miosina nonmuscolare di classe 1E che nei podociti causa una
ridotta capacità di migrazione (Mele et al., 2011).
Un simile sbilanciamento delle dinamiche tra piccole
GTPasi, actina e miosina si verifica quando è mutato
il gene ANLN, che codifica per la proteina actin-binding anillina. La recente identificazione di mutazioni
di ANLN in soggetti con GSF a trasmissione autosomica dominante ha consentito infatti di dimostrare che
l’assenza di anillina si traduce in alterata espressione
e funzione di Rho, actina e miosina (Gbadegesin et
al., 2014).
Le proteine della famiglia formin hanno ruoli rilevanti nella coordinazione non solo del citoscheletro di
actina, ma anche nell’assemblaggio e le dinamiche
dei microtubuli. Mutazioni di Inverted Formin 2 (INF2)
sono state recentemente identificate come causa di
forme di GSF autosomiche dominanti e in forme di
GSF associata alla malattia di Charcot Marie Tooth
(Boyer et al., 2011; Gbadegesin et al., 2012). La maggior parte delle mutazioni sono raggruppate negli esoni che codificano per il dominio diafano inibitorio (DID)
della molecola, e quelle delle forme sindromiche sono
per lo più situate tra due DID-binding pockets, e producono alterazioni funzionali più gravi della proteina
rispetto alle mutazioni delle forme non-sindromiche. Il
DID media l’autoinibizione di INF2 attraverso la sua
interazione con il dominio diafano C-terminale e consente a INF2 di accelerare la polimerizzazione/depolimerizzazione di actina e di regolare il targeting alla
membrana cellulare mediante la formazione di complessi con Rho, Cdc42, MAL (myelin and lymphocyte
protein), e MAL2 sia nei podociti che nelle cellule di
Schwann (Sun et al., 2013; Gurel et al., 2014).
Genetica e glomerulo
Tabella I. Geni finora identificati come responsabili di sindrome nefrosica e raggruppati secondo la localizzazione/funzione nella cellula podocitaria.
Localizzazione
o funzione
Identificativo
Proteina
codificata
Modalità di trasmissione
autosomica dominante
(AD) o recessiva (AR)
NPHS1
Nefrina
AR
NPHS2
Podocina
AR
TRPC6
transient receptor potential
channel 6
AD
CD2AP
CD2-associated protein
AR
SMARCAL1
SWI/SNF related,
matrix associated, actin
dependent regulator of
chromatin, subfamily a-like
1
AR
ACTN4
Actinin, alpha 4
AD
MYH9
myosin, heavy chain 9, nonmuscle
AD
Slit diaphragm
Molecole associate al citoscheletro
Myo1E
myosin IE
AR
ARHGAP24
Rho GTPase activating
protein 24
AD
INF2
Inverted formin, FH2 and
WH2 domain containing
AD
ARHGDIA
Rho GDP dissociation
inhibitor (GDI) alpha
AR
ANLN
Anillin
AR
PCLE1
Phospholipase C, epsilon 1
AR
Fattori di trascrizione
WT1
Wilms Tumor 1
AD
LMX1B
Homo sapiens LIM
homeobox transcription
factor 1, beta
AD
COQ6
Coenzyme Q6
monooxygenase
AR
COQ2
Coenzyme Q2
4-hydroxybenzoate
polyprenyltransferase
AR
PDSS2
Prenyl (decaprenyl)
diphosphate synthase,
subunit 2
AR
ADCK4
AarF domain containing
kinase 4
AR
SCARB2
Scavenger receptor class
B, member 2
AR
Molecole mitocondriali
Molecole lisosomiali
(continua)
57
M.P. Rastaldi
Tabella I (segue). Geni finora identificati come responsabili di sindrome nefrosica e raggruppati secondo la localizzazione/funzione nella cellula podocitaria.
Localizzazione
o funzione
Identificativo
Proteina
codificata
Modalità di trasmissione
autosomica dominante
(AD) o recessiva (AR)
TTC21B
intraflagellar transport
protein 139
AD
WDR73
WD repeat domain 73
AR
LAMB2
Laminin, β2
AR
ITGA3
Integrin, alpha 3 (antigen
CD49C, alpha 3 subunit of
VLA-3 receptor)
AR
ITGB4
Integrin, beta 4
AR
CUBN
Cubilin (intrinsic factorcobalamin receptor)
AR
DGKE
Diacylglycerol kinase,
epsilon
AR
NEIL1
Nei endonuclease VIII-like
1
AR
PTPRO
Protein tyrosine
phosphatase, receptor
type, O (meglio nota come
GLEPP-1 o NPHS6)
AR
CRB2
Crumbs homolog 2
AR
MEFV
Pyrin
AR
Molecole del ciglio primario
Molecole coinvolte nella mitosi
Molecole della membrana basale glomerulare e integrine
Altre
La centralità di nefrina
Tra le proteine che costituiscono lo slit diaphragm,
nefrina sembra avere un ruolo prominente, dimostrato innanzitutto dal fatto che le mutazioni del gene che
la codifica, NPHS1, sono responsabili della forma più
grave di sindrome nefrosica del neonato, e confermato dall’osservazione del fenotipo letale dei topi null
per nefrina (Welsh e Saleem, 2010).
In numerose condizioni patologiche glomerulari, sia
umane che sperimentali, l’espressione di nefrina risulta essere profondamente alterata. Frequentemente
le variazioni di espressione di nefrina sono precoci
e precedono la comparsa di alterazioni morfologiche
podocitarie osservabili in microscopia elettronica nonché la comparsa di proteinuria (Pugliese et al., 2007;
Li et al., 2013).
Nefrina è una proteina trans-membrana della superfamiglia delle immunoglobuline ed è costituita da un
peptide di segnale nel dominio N-terminale, un dominio extracellulare che contiene otto moduli simil-immunoglobulinici e un modulo simil-fibronectina di tipo
terzo, un singolo dominio transmembrana, e un do58
minio intracellulare C-terminale (Kestilä et al., 1998).
L’espressione di nefrina nel podocita è regolata da diversi fattori di trascrizione (Ristola e Lehtonen, 2014),
di cui il più studiato è WT1, che costituisce un fattore
determinante nello sviluppo embrionale del glomerulo,
come pure nel mantenimento dello stato di salute del
glomerulo maturo (Morrison et al., 2008). Le mutazioni
di WT1 causano: a) la sindrome di WAGR (tumore di
Wilms, aniridia, anomalie genitourinarie, ritardo mentale), b) la sindrome di Denys-Drash (tumore di Wilms,
pseudoermafroditismo maschile, sindrome nefrosica),
e c) la sindrome di Frasier (pseudoermafroditismo maschile, sindrome nefrosica, gonadoblastoma). Più raramente, mutazioni di WT1 sono state osservate in casi
di sindrome nefrosica isolata trasmessa in modalità
autosomica dominante (Hall et al., 2014).
A partire dallo stadio capillare delle fasi di maturazione glomerulare l’espressione di WT1 diventa esclusivamente podocitaria, e WT1 attiva il gene di nefrina
legandosi ad una regione conservata del promotore
della nefrina umana (Guo et al., 2004). Nel topo, la regione di legame di WT1 si localizza a circa 600 paia di
basi a monte del sito omologo del gene umano (Wa-
Genetica e glomerulo
Figura 3. Esempi di glomerulo normale e patologico osservati al microscopio elettronico a trasmissione.
A) Le anse capillari sono ampie e libere, l’endotelio è fenestrato, la membrana basale è di spessore regolare, e i
prolungamenti podocitari sono chiaramente visibili e separati tra loro. Alcuni globuli rossi sono distinguibili all’interno
del capillare.
B) La matassa glomerulare non è più distinguibile chiaramente e i processi podocitari sono “fusi” tra loro, formando
uno strato citoplasmatico uniforme che riveste la membrana basale ispessita e contorta.
gner et al., 2004).
La sintesi di nefrina è regolata anche da meccanismi
epigenetici, come inizialmente scoperto da Ristola et
al (Ristola et al., 2012), con l’identificazione dell’inibizione della trascrizione di nefrina imputabile a metilazione di tre isole CpG localizzate tra i geni di nefrina
e Nph3 e nelle rispettive regioni codificanti. Inoltre,
è stato dimostrato che il fattore di trascrizione KLF4
è un regolatore della metilazione del DNA di nefrina
(Hayashi et al., 2014); l’aumentata espressione di
KLF4 è infatti in grado di demetilare il DNA di nefrina
e indurne la trascrizione.
Inoltre, una regolazione indiretta post-trascrizionale è
determinata dalla soppressione della trascrizione di
WT1 da parte del microRNA-193a (Gebeshuber et
al., 2013). Gli autori hanno osservato un’espressione
aumentata del microRNA-193a in pazienti affetti da
GSF e hanno dimostrato che WT1 costituisce il target
principale di questo microRNA. Il legame di microRNA-193a al RNA messaggero di WT1 riduce la sua
traduzione, che si riflette in una ridotta espressione
sia di WT1 che di nefrina, con conseguente danno
podocitario.
Un ulteriore meccanismo di regolazione di nefrina
è costituito dalla cosiddetta SUMOilazione. SUMO
(small ubiquitin-like modifier) è una proteina della famiglia dell’ubiquitina (Wilson VG e Rangasamy 2001).
La molecola si lega e modifica residui di lisina delle
proteine target, bloccandone l’ubiquitinazione e quindi la degradazione. Nel caso di nefrina, sembra che
SUMO possa legarsi alle lisine 1114 and 1224 del dominio intracellulare della nefrina murina e alla lisina
1100 della nefrina umana, contribuendo alla preservazione di nefrina (Tossidou et al., 2014).
Il dominio dello slit diaphragm dove nefrina è localizzata costituisce un lipid raft, dove sono presenti
altre proteine cruciali per il podocita, quali podocina
(NPHS2) e il canale del calcio TRPC6 (Schwarz et al.,
2001; Huber et al., 2006), le cui mutazioni sono state
identificate in soggetti affetti da sindrome nefrosica. In
questo dominio di membrana nefrina agisce come una
piattaforma di signaling, essendo in grado di trasmettere al citoscheletro di actina le informazioni provenienti
dall’ambiente extracellulare (Huber e Benzing, 2005).
La trasmissione dei segnali è possibile grazie alla fosforilazione del dominio intracellulare di nefrina, dovuta prevalentemente all’attività della chinasi Fyn, appartenente alla famiglia Src (Verma et al., 2003).
La fosforilazione di nefrina è importante anche per la
sua internalizzazione raft-mediata (Qin et al., 2009) ed
è un evento molecolare necessario per lo sviluppo e
il mantenimento della struttura dei processi podocitari.
Nefrina fosforilata è in grado infatti di reclutare molecole adattatrici, come Nck1/2, Grb2 and Crk1/2, regolando l’assemblaggio di complessi proteici che regolano
la polimerizzazione di actina (Garg e Holzman, 2012).
Recentemente è stato dimostrato che la fosforilazione
di nefrina può essere determinata dal legame di sFlit1,
la forma solubile del recettore del fattore di crescita
VEGF (vascular endothelial growth factor) fms-related
tyrosine kinase 1 (Flt1), prodotto dai podociti e quindi
in grado di agire in modo paracrino nella regolazione
del signaling intracellulare podocitario (Jin et al., 2012).
La fosforilazione di nefrina è un evento altamente regolato, e sia l’aumento che la riduzione di fosforilazione sono stati associati a danno podocitario in modelli
animali e in patologia umana (Uchida et al., 2008;
Ohashi et al., 2010; Veron et al., 2010). In vitro, la formazione di clusters di nefrina fosforilata causano la
formazione di lamellipodia (Venkatareddy et al., 2011)
e contribuiscono al fenotipo mobile del podocita che è
stato associato a stati patologici. I dati finora prodotti
pertanto sembrano stabilire l’importanza di un controllo stretto della fosforilazione di questa proteina,
59
M.P. Rastaldi
confermando che il podocita necessita di uno stato di
equilibrio molecolare per preservare la propria struttura e la propria funzione.
Il dominio extracellulare di nefrina sembra essere altamente glicosilato, contiene siti di legame per eparan-solfato, e possiede cisteine libere che servono a
formare legami disolfuro con molecole adiacenti. Le
interazioni omofiliche e eterofiliche di nefrina, con sé
stessa e con le molecole della famiglia proteica Neph
(Neph1, Neph2 e Neph3), sono essenziali alla stabilità dello slit diaphragm e al mantenimento della funzione della barriera di filtrazione glomerulare (Gerke
et al., 2003; Gerke et al., 2005; Heikkilä et al., 2011).
Nefrina è una molecola ad espressione ristretta ad alcuni tipi cellulari. Oltre ai podociti, nefrina è presente
in poche altre cellule dell’organismo dei mammiferi,
come le cellule neuronali, i linfociti, e le cellule beta del
pancreas (Putaala et al., 2000; Aström et al., 2006; Liu
et al., 2001; Fornoni et al., 2010). È stata inoltre osservata nelle fasi di sviluppo embrionale a livello epicardico e dei vasi coronarici (Wagner et al., 2011).
L’espressione di nefrina nelle cellule neuronali è particolarmente interessante, tenendo conto del fatto
che gli ortologhi di nefrina in Caenorhabditis elegans
(Syg-2) e Drosophila melanogaster (Hibris) sono
molecole cruciali per il posizionamento e il targeting
delle sinapsi (Shen et al., 2004; Sugie et al., 2010),
suggerendo che dal punto di vista evolutivo la funzione originaria di nefrina sia quella di una molecola di
adesione sinaptica.
L’espressione neuronale di nefrina è stata immediatamente osservata fin dalla scoperta della molecola e
successivamente confermata da diversi autori (Kestilä
et al., 1998; Putaala et al., 2000; Putaala et al., 2001).
Durante lo sviluppo embrionale del topo l’mRNA di
nefrina è stato osservato nel rombencefalo e nel midollo spinale. Dal tredicesimo al diciassettesimo giorno embrionale (E13-E17), nefrina è espressa nel neuroepitelio del primordio cerebellare a livello del tetto
del quarto ventricolo (Kestilä et al., 1998).
Nel topo neonato l’espressione di beta-galattosidasi
guidata dal promotore di nefrina è stata osservata nel
cervelletto, nel mesencefalo, e in alcuni glomeruli del
bulbo olfattivo (Putaala et al., 2000). Al sedicesimo
giorno dopo la nascita è inoltre osservabile nel giro
dentato dello strato molecolare dell’ippocampo.
Lo studio del topo adulto (Li et al., 2011) ha mostrato
che nefrina endogena è espressa estesamente nella
corteccia motoria, mentre è assente nella corteccia
somatosensitiva. Inoltre esprimono nefrina alcune
cellule del corpo calloso e la molecola è presente in
modo diffuso nel plesso corioideo, nel ponte, nel midollo allungato e nel bulbo olfattivo. Nefrina si osserva
nello striato dorsale (nucleo caudato e putamen) e nel
talamo. Nell’ippocampo, nefrina è presente in alcuni
neuroni piramidali della regione C3, in qualche cellula
della regione CA1, mentre l’ilo è completamente negativo. Infine, a livello cerebellare, la molecola è presente
60
nelle cellule del Purkinje e nelle cellule granulari dello
strato nucleare (Li et al., 2011).
La presenza di nefrina nei gangli della base e nella
corteccia motoria unitamente alla sua assenza nella
corteccia somatosensitiva suggerisce che la molecola sia importante per la formazione di circuiti neuronali legati al movimento. Questa associazione sembra
trovare conferma nella sua presenza a livello cerebellare, che tra l’altro spiegherebbe la sintomatologia
atassica che è stata osservata in topi null per nefrina
la cui sopravvivenza era stata prolungata mediante
re-introduzione di nefrina solo a livello renale (Juhila
et al., 2010).
Mitocondri, lisosomi,
e nuove scoperte
Se è vero che la maggior parte delle mutazioni che
causano sindrome nefrosica riguardano geni codificanti molecole dello slit diaphragm e del citoscheletro podocitario, non bisogna dimenticare un gruppo di
mutazioni, osservate in forme prevalentemente sindromiche, di geni codificanti molecole appartenenti ad organuli intracellulari, come i mitocondri (COQ6, COQ2,
PDSS2) e i lisosomi (SCARB2) (Machuca et al., 2009).
Anche in questo caso, la genetica è stata determinante per focalizzare l’attenzione della ricerca sull’importanza delle funzioni mitocondriali e lisosomiali nel
podocita.
In particolare, i mitocondri sembrano avere nel podocita un ruolo preminente rispetto ad altri tipi cellulari
perché i podociti sono incapaci di ricorrere alla glicolisi in caso di disfunzione mitocondriale, quindi le
richieste di energia sono demandate primariamente
alla produzione mitocondriale (Abe et al., 2010).
Recentemente sono state identificate mutazioni del
gene ADCK4 come causa di sindrome nefrosica accompagnata da GSF nella variante collapsing (Ashraf
et al., 2013). ADCK4 codifica per una proteina (AarF
domain containing kinase 4) la cui funzione rimane
quasi completamente sconosciuta, ma che nel podocita si localizza a livello mitocondriale dove sembra
interagire coi coenzimi CoQ6 e CoQ7. Nei soggetti
con mutazioni di ADCK4 sono stati inoltre osservati
livelli bassi di coenzima CoQ10, e la supplementazione dei pazienti con questo coenzima ha prodotto
un miglioramento sintomatologico. Va aggiunto che i
livelli di CoQ10 sembrerebbero ridotti nella GSF indipendentemente dalla presenza di mutazioni (Gasser
et al., 2013), il che farebbe pensare ad un ruolo più
generale giocato da questa molecola e confermerebbe indirettamente la centralità del mitocondrio nel metabolismo podocitario.
SCARB2 codifica per Limp2 (lysosomal integral membrane protein 2), una glicoproteina della membrana lisosomiale con diverse funzioni che vanno dalla
biogenesi e mantenimento di endosomi e lisosomi,
al ruolo di recettore della glucocerebrosidasi, e di re-
Genetica e glomerulo
cettore per diversi enterovirus (Gonzalez et al., 2014).
Disordini lisosomiali possono avere come conseguenza immediata la disregolazione dell’autofagia, come
recentemente osservato in cellule derivate da soggetti
con mutazioni di SCARB2, che presentano aumentato
numero di autofagosomi dovuto verosimilmente all’impossibilità di fusione lisosomiale (Gleich et al., 2013).
Recentemente Cong et al hanno identificato una mutazione missense omozigote del gene TTC21B in sette famiglie con GSF a rapida progressione verso lo
stadio di insufficienza renale terminale (Cong et al.,
2014). Il tessuto renale dei pazienti con la mutazione
presentava non solo il danno glomerulare, ma anche
un ispessimento della membrana basale tubulare,
che potrebbe spiegare il danno tubulointerstiziale e la
rapida progressione verso l’insufficienza renale.
TTC21B è un gene localizzato nel ciglio primario e
già associato a nefronoftisi (Otto et al., 2011). I nuovi
dati mostrano che la proteina codificata da TTC21B,
IFT139 (intraflagellar transport protein 139), si localizza alla base del ciglio primario nei podociti immaturi
isolati da rene umano fetale e in una linea indifferenziata di podociti, mentre nel podocita maturo/adulto
che non possiede il ciglio primario la molecola si trova
lungo i microtubuli. La ridotta espressione di IFT139
determina difetti del ciglio primario, alterata capacità
di migrazione cellulare, e alterazioni citoscheletriche,
tutte alterazioni solo parzialmente recuperate dopo
transfezione dei podociti IFT139-KO con la proteina
mutata, ad indicare un effetto ipomorfico della mutazione (Cong et al., 2014).
Infine, nel 2014 è stato identificato per la prima volta
un gene responsabile della sindrome di Galloway-Mowat, una patologia rara a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata da sindrome nefrosica, microcefalia, e deficit neurologico (Cohen et al, 1994). Gli
autori hanno identificato mutazioni del gene WDR73
in due famiglie affette dalla sindrome (Colin et al.,
2014). La proteina codificata da WDR73 è una molecola la cui funzione era completamente sconosciuta
e che sembra essere coinvolta nella formazione dei
poli del fuso mitotico e negli asters di microtubuli che
si formano durante la mitosi. A conferma indiretta
dell’associazione con la mitosi, l’espressione podocitaria è evidente nel tessuto renale embrionale, ma è
completamente assente nel glomerulo maturo.
La membrana basale glomerulare
Nei primissimi stadi di formazione dei nefroni, le cellule
metanefriche mesenchimali aggregate intorno all’apice delle gemme ureterali formano sfere cave di cellule
epiteliali denominate vescicole. Successivamente, le
vescicole si invaginano e ricevono angioblasti e mesangioblasti che migrano al loro interno. Nel momento
in cui gli angioblasti iniziano a formare contatti intercellulari e differenziano in cellule endoteliali, lo strato
di cellule epiteliali comincia anch’esso a differenziare.
In questi primi stadi dello sviluppo esistono due membrane basali, una formata dalle cellule epiteliali e una
formata dalle cellule endoteliali. Esse successivamente si fondono a formare una membrana basale
comune che si completa insieme alla maturazione
finale del flocculo glomerulare (Abrahamson, 2009).
Come tutte le membrane basali, la membrana basale glomerulare è costituita da quattro tipi principali di
molecole: laminina, collagene di tipo IV, nidogen/entactin, e eparan solfato proteoglicani, tra cui prevale
agrina (Timpl, 1989). Tuttavia, a differenza delle altre
membrane basali, quella glomerulare si modifica durante la maturazione dagli stadi embrionali al glomerulo maturo. In particolare, nel glomerulo maturo la
composizione delle isoforme di laminina e collagene
è profondamente diversa rispetto a quella embrionale.
Oggi sappiamo anche che le isoforme specifiche di laminina e collagene contenute nella membrana basale
glomerulare matura sono cruciali per lo sviluppo e la
funzione del glomerulo e che mutazioni di queste isoforme determinano patologie glomerulari (Miner, 2011).
Per quanto concerne laminina, gli eterotrimeri embrionali sono composti dalle catene α1, β1, γ1 (LAM-111)
o dalle catene α5, β1, γ1 (LAM-511), e vengono completamente sostituiti nel glomerulo maturo dall’eterotrimero formato dalle catene α5, β2, γ1 (LAM-521).
Mutazioni della catena β2 causano la sindrome di
Pierson, caratterizzata da sindrome nefrosica congenita associata a manifestazioni oculari e neurologiche (Matejas et al., 2010; Noakes et al., 1995).
Studi del gruppo di Jeffrey Miner hanno mostrato che
la ridotta presenza di LAM-521 dovuta alle mutazioni risulta nella deposizione ectopica di altri trimeri di
laminina che non riescono a mantenere la selettività della membrana basale glomerulare (Jarad et al.,
2006). Inoltre, lo stesso gruppo ha dimostrato che la
sindrome nefrosica del topo KO per laminina β2 può
essere bloccata dall’iperespressione di laminina β1,
mostrando che è richiesto un quantitativo maggiore
delle isoforme embrionali di laminina per contrastare
l’assenza dell’isoforma matura (Suh et al., 2011).
Negli stadi embrionali i precursori glomerulari contengono collagene IV composto dalle catene α1α2α1,
codificate dai geni COL4A1 e COL4A2. Nel glomerulo
maturo questo tipo di collagene è sostituito da collagene IV formato dalle catene α3α4α5, codificate dai
geni COL4A3, COL4A4, e COL4A5. È interessante
notare che, mentre la forma embrionale di collagene
è prodotta sia dai podociti che dalle cellule endoteliali,
la forma matura è interamente prodotta dai podociti
(Abrahamson et al., 2009).
Le mutazioni dei geni codificanti per le catene α3, α4,
e α5 del collagene IV causano difetti della membrana
basale glomerulare di diversa gravità, configurando
forme lievi, come la malattia da membrane sottili, o
forme più gravi come la sindrome di Alport.
La malattia da membrane sottili, anche detta ematuria
familiare benigna, è una patologia ad eredità autoso61
M.P. Rastaldi
mica dominante causata da mutazioni in eterozigosi
dei geni COL4A3 o COL4A4.
Le stesse mutazioni, in omozigosi, causano invece
la sindrome di Alport, una patologia che progredisce
verso l’insufficienza renale ed è accompagnata da
manifestazioni oculari e uditive.
Tuttavia la forma più comune di sindrome di Alport è
determinata da mutazioni del gene COL4A5, che è
localizzato sul cromosoma X. Le mutazioni vengono
pertanto trasmesse come tratto dominante X-linked,
e causano patologia di grado più severo nel sesso
maschile.
Infine, mutazioni del gene COL4A1 possono anche
causare una forma sindromica grave denominata HANAC (angiopatia ereditaria con nefropatia, aneurismi
e crampi muscolari) (Plaisier et al., 2007). Dal punto
di vista renale sono presenti ematuria e grosse cisti
bilaterali. Le mutazioni determinano la sostituzione
di residui di glicina in una particolare regione della
catena A1 del collagene IV, il dominio CB3. Questo
dominio è particolarmente implicato nel legame del
collagene IV con le integrine, quindi le sue mutazioni
interferiscono con le interazioni cellula/matrice.
Prospettive diagnostiche
e terapeutiche
Come già accennato, gli sviluppi tecnologici stanno
modificando in modo significativo l’approccio diagnostico alle patologie della barriera di filtrazione glomerulare. In particolare, le nuove tecniche di sequenziamento consentono lo screening contemporaneo di
numerosi geni su numeri elevati di soggetti o l’analisi
completa del genoma di un singolo individuo a costi
decisamente contenuti rispetto al passato. È prevedibile che le tecnologie continueranno a migliorare nei
prossimi anni, consentendo approcci sempre più personalizzati e meno costosi alla diagnosi di numerose
malattie.
Sono stati recentemente pubblicati i risultati di quello
che finora è il più grande studio multicentrico internazionale condotto su una coorte di 2016 soggetti (appartenenti a 1783 famiglie) affetti da sindrome
nefrosica steroido-resistente, nei quali sono stati esaminati con metodica di next generation sequencing
gli esoni di 27 dei geni finora individuati in letteratura
(Sadowski et al., 2014).
I dati mostrano che una mutazione causale in uno dei
27 geni viene rilevata nel 29,5% dei casi di malattia
che si manifesti prima dei 25 anni di età. La frequenza è strettamente età-dipendente: passa da 61.3% nel
primo anno di vita, al 25% in bambini di 2-5 anni, al
17% in bambini tra 7 e 12 anni, per scendere infine al
10% se l’esordio avviene dopo 12 anni.
L’identificazione delle cause genetiche di malattia non
ha solo importanza diagnostica, ma ha immediate
conseguenze terapeutiche. Ad esempio, la presenza
di mutazioni dei geni implicati nella biosintesi di coenzima Q10 (COQ2, COQ6, ADCK4, PDSS2), implica
la possibilità di trattamento sostitutivo con il coenzima
stesso. Nell’immediato futuro è prevedibile che possano essere disegnate terapie specifiche a correzione
della molecola mutata o delle vie di segnale a valle della stessa, ma già oggi la diagnosi genetica di
malattia consente di evitare trattamenti prolungati con
steroidi e di stratificare in modo più preciso i pazienti
nei trial clinici, correlando al genotipo il fenotipo e la
risposta alla terapia.
Infine, lo studio genetico approfondito permette anche
l’identificazione dei soggetti nei quali non è presente
una causa genetica di malattia, favorendo ulteriori ricerche eziologiche e patogenetiche.
Box di orientamento
• Cosa si sapeva prima
Fino alla scoperta del gene che codifica per nefrina, l’eziologia delle forme familiari e congenite di sindrome nefrosica steroido-resistente era ignota e le conoscenze sulle cellule che compongono la barriera
di filtrazione erano estremamente limitate.
• Cosa sappiamo adesso
La genetica ha consentito di individuare l’eziologia di numerose patologie glomerulari precedentemente
diagnosticate come idiopatiche e l’identificazione delle molecole implicate ha permesso lo sviluppo di
studi funzionali. Pertanto sono aumentate in modo esponenziale le conoscenze sulle proprietà della barriera di filtrazione glomerulare e sugli eventi molecolari che si verificano nel glomerulo sano e patologico.
• Ricadute sulla pratica clinica
Le nuove tecnologie a disposizione della genetica e della biologia molecolare stanno contribuendo rapidamente all’evoluzione della diagnostica e della terapia delle patologie della barriera di filtrazione glomerulare.
62
Genetica e glomerulo
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Corrispondenza
Maria Pia Rastaldi
Laboratorio di Ricerca Nefrologica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano - E-mail:
[email protected]
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