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Giuseppina Rinaudo - Didattica della Fisica
Corso SIS – Indirizzo fisico-matematico - a.a. 2003/04
2. Finalità dell’insegnamento della fisica
e modelli di insegnamento/apprendimento in fisica
2.1 Finalità principali dell'insegnamento della fisica
Formativa


Sviluppo dell’intelligenza:
- concetti relativi alle grandezze fisiche rilevanti e alle loro relazioni,
- organizzazione gerarchica dei concetti,
- “metodo di indagine scientifica”,
- senso critico,
- uso di capacità logico-razionali
Sviluppo di atteggiamenti e valori
Addestrativa




capacità specifiche
abilità generali
uso di strumenti e di tecniche di analisi dei dati
area psicomotoria
Informativa



apprendimento di nozioni, leggi, formule, dati
a scopo professionalizzante, propedeutico, o di "cultura generale"
con riferimento all’area cognitiva (livelli bassi)
Le finalità formative, addestrative e informative concorrono alla creazione di competenze, che è
l’insieme di tutto ciò che l’allievo conosce e sa fare, in un certo contesto, per impostare e risolvere
un problema oppure per raggiungere un obiettivo conoscitivo o applicativo.
2.2 Conoscenze, competenze e capacità
Conoscenze disciplinari:
Conoscenze procedurali:
Concetti fondamentali relativi a
grandezze e fenomeni fisici :
- meccanica
- termodinamica
- elettromagnetismo
- fisica moderna
Procedure fondamentali relative alla
rilevazione e interpretazione di grandezze
e fenomeni fisici:
- misura e analisi dati
- leggi, modelli e teorie
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Competenze (generali) e capacità (specifiche):
A livello logico-conoscitivo: usare le proprie conoscenze (disciplinari e procedurali) per interagire e
conoscere l'ambiente esterno,
A livello operativo: utilizzare le proprie capacità nell’uso di strumenti e tecniche di misura e di
analisi dati a scopo di conoscenza o per applicazioni specifiche,
A livello espressivo: usare il linguaggio nelle varie forme (scritto, verbale, non verbale, grafico) per
uso proprio e per comunicare con gli altri,
A livello organizzativo/cooperativo: organizzare il proprio lavoro, agire consapevolmente e
costruttivamente nel rapporto con gli altri (lavoro di gruppo) anche con ruolo di leader.
2.3 L’insegnamento della fisica e i modelli di sviluppo dell’intelligenza
Le fasi principali, non necessariamente sequenziali, sono le seguenti, secondo le tassonomie più
utili per la classificazione in campo scientifico in generale e della fisica in particolare:
Bloom
Conoscenza
Comprensione
Applicazione
Analisi
Sintesi
Valutazione
Guilford
Cognizione e memoria
Pensiero “divergente”
Pensiero “convergente”
Pensiero “critico”
Karplus
Esplorazione
Invenzione
conoscenza
Applicazione
2.4 L’insegnamento della fisica e i modelli di sviluppo degli atteggiamenti
Secondo Bloom:
- disponibilità all’ascolto: essere disponibile ad accettare le indicazioni del docente, conoscere
e capire le regole, ascoltare le idee dei compagni, leggere la documentazione fornita;
- coinvolgimento: impegnarsi in modo attivo e con contributo personale (appropriazione);
- accettazione dell’esistenza di regole e di valori propri della disciplina;
- comprensione non tanto delle leggi fisiche o dell’attività sperimentale quanto dei “valori”
legati a tali attività e regole;
- partecipazione: condividere a fondo il sistema dei valori (Welt Anschau)
 sviluppare un atteggiamento positivo verso la fisica, le sue regole, il suo modo di "vedere" e
interpretare il mondo.
Analogo atteggiamento deve avere il docente, che quindi deve:
- essere disponibile all’ascolto delle idee e delle difficoltà degli studenti,
- dimostrare di essere coinvolto personalmente e convinto di ciò che insegna,
- dimostrare di accettare le regole, comprenderne e condividerne i valori
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2.5 La fisica e i modelli di apprendimento/insegnamento
Riportiamo solo i modelli di apprendimento che hanno avuto maggior influenza sul modo di
insegnare la scienza e quindi anche la fisica e che pertanto trovano il loro riflesso nei libri di testo,
nei progetti, nei programmi e nei curricoli, anche a livello nazionale, nelle metodologie, ecc.
 Empirismo: molto diffuso nel mondo anglosassone agli inizi del secolo XXo, ispirato ai
“trionfi della scienza” associati alla rivoluzione industriale del ‘700-‘800. Il modello filosofico
alla base è l’empirismo di Hume, che, tradotto in pedagogia, porta al modello del “travaso”: la
scienza è il liquore benefico, l’allievo è il bicchiere da riempire, compito dell’insegnante è
travasare la scienza dalla bottiglia al bicchiere. Anche se sotto forma mascherata, questo è
sostanzialmente il modello pedagogico che tuttora forma lo “zoccolo duro” di molti modi di
insegnare la fisica, di molti libri di testo (nozionismo) e dei programmi nazionali fino a quelli
dell’immediato dopoguerra.
 Comportamentismo: pone l’accento sull’importanza del contesto sociale e dei rapporti con
gli altri, ad esempio compagni, famiglia, società (Dewey, anni ’50 e inizio ’60)
 Didattica attiva: più che un vero e proprio modello di apprendimento, si tratta di una
metodologia basata sul “fare”, inteso però non solo nel senso addestrativo (imparare a usare gli
strumenti) ma in senso conoscitivo e formativo (imparo facendo, perché non solo vedo, tocco,
manipolo, ma anche percepisco, prendo decisioni, valuto, ecc.). Ha condotto ad alcuni
importanti progetti che hanno fatto scuola e che sono centrati soprattutto sul laboratorio
(Nuffield in Inghilterra, P.S.S.C. negli USA). A livello più basso, è su questa linea anche la
pedagogia Freinet e il movimento educativo M.C.E.
 Costruttivismo: l’idea alla base è che la conoscenza è una costruzione soggettiva, che ogni
allievo deve fare per conto proprio e che quindi non si trasmette. Ispirato ai modelli di psicologi
importanti come Piaget e Vigotsky, è stato modellizzato, in campo pedagogico-scientifico
dall’inglese Rosalind Driver. Il ruolo dell’insegnante deve limitarsi a “creare uno scenario” che
metta l’allievo in condizioni di capire da solo. Ci sono differenze importanti fra i modelli
ispirati a Piaget (la conoscenza procede per stadi di equilibrio successivi e il passaggio da uno
stadio all’altro avviene quando l’allievo “è pronto”) e quelli ispirati a Vigotsky (c’è uno stadio
di sviluppo potenziale e uno attuale e il passaggio a quello attuale avviene quando ci si scontra
con un problema da affrontare: di qui l’importanza degli stimoli opportuni e il ruolo
dell’insegnante, che è molto meglio definito e più rilevante).
Un buon modello deve essere eclettico, deve cioè prendere gli aspetti positivi di ciascuno dei
precedenti ed evitare quelli negativi:
 dall’empirismo
- aspetti postivi: l’importanza della disciplina. Gli aspetti disciplinari debbono essere
assolutamente chiari e ben impostati, perché non si costruisce un apprendimento stabile
sulle sabbie mobili della confusione dei concetti che stanno alla base della disciplina
- aspetti negativi dell’empirismo esasperato: l’eccessivo nozionismo, fine a sé stesso,
l’enciclopedismo che non lascia vedere la gerarchia dei concetti, il rischio di un distacco
dalla realtà quotidiana e dagli interessi dell’allievo
 dal comportamentismo
- aspetti postivi: l’importanza dell’inserimento della disciplina nel contesto sociale e del
contributo dell’apprendimento cooperativo,
- aspetti negativi del comportamentismo esasperato: non è sufficiente che un problema o un
concetto sia di interesse sociale perché diventi automaticamente utile ed economico per la
costruzione dei concetti; rischio di un apprendimento “a macchia di leopardo”
 dalla “didattica attiva”
- aspetti postivi: l’importanza del “saper fare”, il forte aggancio con la realtà quotidiana
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
- aspetti negativi di una didattica attiva esasperata: non è sufficiente che un problema o un
fenomeno sia presente nella realtà quotidiana perché diventi automaticamente utile ed
economico per la costruzione dei concetti; rischio di un apprendimento frammentario, “a
macchia di leopardo”
dal costruttivismo
- aspetti postivi: l’importanza della costruzione autonoma e personale dei concetti,
- aspetti negativi del costruttivismo esasperato: rischio di applicare in modo radicale il
principio che “la conoscenza non si trasmette” (ma “le conoscenze” si trasmettono?) e
quindi abbandonare gli allievi alle loro uniche risorse; inoltre non è sufficiente che un
problema o un concetto venga affrontato autonomamente e secondo i ritmi personali perché
diventi automaticamente utile ed economico per la costruzione dei concetti.
Un buon modello deve anche tenere conto del livello scolare: ad esempio il costruttivismo ha certe
caratteristiche a livello di scuola di base, ma deve avere caratteristiche diverse a livello di scuola
secondaria (mirare alla costruzione autonoma e personale dei concetti anche attraverso la
formalizzazione matematica).
2.6 “Imaging”: pensiero "concreto" e pensiero "astratto" in fisica
Per la “costruzione” dei concetti va tenuto presente che il ragazzo nell'età dello sviluppo è
sostanzialmente ancora un "pensatore concreto" ed è quindi essenziale innescare un processo
di evoluzione verso il "pensiero astratto".
Le “immagini” possono svolgere un ruolo importante, se si pensa che circa il 50% dei neuroni
del nostro cervello sono addetti alla decodifica del segnale visivo (il ricorso alla
visualizzazione come supporto all’apprendimento viene chiamato “imaging”).
A sua volta, la formalizzazione attraverso il processo di astrazione aiuta a “vedere” meglio,
perché indirizza l’attenzione in modo selettivo su aspetti che emergono come più importanti e
che vengono meglio compresi.
- vedere con gli occhi
- per vedere con la mente
Imaging
- vedere con la mente
- per capire ciò che si è visto con gli occhi
2.7 Una riflessione sul concetto di forza
Introduzione del concetto di forza in uno dei tanti testi universitari
Premessa: il problema centrale della meccanica classica è il seguente:
- dato un corpo di caratteristiche note (massa, carica elettrica, volume, ecc) e
- note la sua posizione e velocità iniziali
- qual è la posizione occupata dal corpo agli istanti successivi?
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
Prima legge della dinamica  “Principio d’inerzia”: forza come interazione con “l’ambiente
circostante”: se la forza è nulla, la velocità è costante (spazio omogeneo, equivalenza fra sistemi
di riferimento “inerziali”)
 Seconda legge  serve per definire e misurare le forze, o le masse (definizioni “operative”):
- si inizia con una massa fissa (1 kg),
- una forza doppia produce accelerazione doppia, a parità di massa,
- una massa doppia ha una accelerazione metà, a parità di forza,
- ne segue che, a parità di accelerazione, massa doppia richiede forza doppia.
 Terza legge  azione e reazione: si scopre che l’interazione è fra due corpi
Difficoltà concettuale: nella “definizione operativa” di forza manca una giustificazione del perché
si arriva a quella definizione e non ad altre. L’intuizione di Newton fu che l’interazione fra due
corpi (non con “l’ambiente”) è caratterizzata da una grandezza fisica, la forza, che è funzione della
posizione, cioè della distanza fra i corpi, e che tale grandezza è legata con proporzionalità diretta
alla variazione nel tempo della velocità (non, ad esempio, con la variazione nello spazio della
velocità, come verrebbe di pensare avendo in mente fenomeni, come la frenata, in cui ciò che conta
direttamente è lo spazio di frenata, mentre il tempo interviene solo indirettamente). Dall’intuizione,
basata sull’osservazione sperimentale, Newton passò all’enunciato del “secondo principio”, cioè
del postulato, attribuendole così validità generale.
Come si può introdurre il concetto di forza a un allievo medio di scuola secondaria?
Si può partire dalla dinamica o dall’esperienza empirica quotidiana
Partendo dall’esperienza empirica quotidiana:
- la forza è l’espressione dell’interazione fra due corpi
- ci accorgiamo dell’interazione perché essa ha diversi effetti (deformare, spingere, tirare, mettere
in moto, frenare, accelerare, ecc.)
- per interagire occorre essere in due: chi “applica” la forza e chi la “subisce” (il “nome delle
forze”)
- la forza si applica in una ben determinata direzione
- a ogni forza applicata corrisponde una reazione uguale e contraria (terza legge della dinamica)
- la forza si trasmette dentro un solido
Tipiche “immagini”: una fionda,
una catapulta, . . . ma anche una
bilancia pesa - persone
Fde
Fed
Fbe
Fea
FTa
Fre
Fbm
Fmb
Fap
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Partendo dalla dinamica
Ci si accorge che è utile ed economico “costruire” teoricamente il concetto relativo alla grandezza
fisica “forza” passando prima attraverso l’opportunità di definire il concetto di “quantità di moto”.
Infatti:
- nei cambiamenti di velocità ci si accorge anzitutto che non è solo questione di variazione di
velocità ma anche di massa e quindi di quantità di moto p
- tuttavia non basta la variazione di quantità di moto, perché è rilevante anche l’intervallo di
tempo  t in cui tale variazione avviene
- quindi occorre “inventarsi” un’altra grandezza, la forza, che è direttamente proporzionale alla
variazione di p e inversamente proporzionale all’intervallo di tempo  t
F =  p /  t (legge di Newton)
Tipiche “immagini”: un’auto
di formula 1, un corridore, ecc
Il raccordo fra i due approcci:
- per mettere in moto o per frenare o per accelerare occorre sempre un’interazione
- scoprire la forza responsabile dell’interazione e i due corpi fra cui essa agisce
Ad esempio, supponiamo che un atleta riesca a fermarsi in una corsa in due passi. Se sta correndo a
una velocità di circa 2m/s e fa un passo in circa 0,4 s, la sua decelerazione è di circa 2 ms -1/0,8
s=2,5 m s-2, cioè circa il 25% dell’accelerazione di gravità. Ciò significa che i suoi muscoli sono in
grado di interagire con il terreno esercitando una forza media pari al 25% della forza peso. Simile è
l’accelerazione allo scatto di partenza.
Analogamente un’auto che in 10s passa da ferma a 100 km/h, cioè a 100000m/3600s 30m/s, ha
una accelerazione di circa 3 m s-2, molto vicina a quella di un corridore! Quale è la differenza? Che
l'auto accelera per 10 s, il corridore solo per 0,8 s, quindi non raggiungerà mai la stessa velocità!
Domanda: perché il corridore non può continuare ad accelerare?
Il problema della separazione fra i concetti di “massa”, “peso”, “forza di gravità” e “forza peso”
-
La massa è una caratteristica del corpo che è legata alla “quantità di materia” che c’è nel corpo
(numero e tipo di atomi)
-
A velocità v basse rispetto alla velocità della luce c, la massa determina l’inerzia del corpo, cioè
il coefficiente di proporzionalità tra forza e accelerazione. Rigorosamente invece, l’inerzia è
c
data dalla massa per il fattore relativistico  
(impropriamente il prodotto m viene
c2  v2
chiamato “massa relativistica”, il che suggerisce che la massa possa cambiare con la velocità,
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mentre ciò che cambia è l’inerzia, la massa resta costante – infatti è un “invariante relativistico”
m2 c4 = E2 – p2c2, dove E è l’energia totale e p la quantità di moto)
-
La forza di gravità è la forza con cui il corpo è attirato dalla Terra: NON può essere una
caratteristica del corpo, perché, essendo l’espressione di una interazione, dipende dall’altro
“attore” dell’interazione, cioè la Terra (sulla Luna, ad esempio, sarebbe diversa)
-
La forza peso è la risultante di tutte le forze che attirano il corpo verso il basso: ad esempio, un
corpo all’equatore ha una forza peso minore che ai poli, perché è maggiore la forza centrifuga,
così un astronauta nella navicella spaziale ha forza peso nulla, ma sente una forza di gravità
poco minore di quella che sentirebbe a terra (quando si parla di “assenza di gravità” non si
intende che la forza di gravità è nulla, ma che la forza peso è nulla!). Così pure un corpo che
galleggia ha forza peso nulla, ma forza di gravità non nulla. Anche la forza peso NON è una
proprietà del corpo, perché dipende dalle interazioni con tutti i corpi che lo circondano.
-
Il termine “peso” è da evitarsi, perché ambiguo, dato che, nel linguaggio comune, può indicare
sia massa che forza peso (così pure va evitato il termine “peso specifico” al posto di “densità”)
Punti da esaminare indipendentemente dall’approccio:
 gli aspetti formativi, addestrativi e informativi
 le conoscenze disciplinari e procedurali
 le capacità e le competenze
 come raccordarsi con la “conoscenza e memoria” già acquisita,
 come stimolare il “pensiero divergente”,
 come far lavorare il “pensiero convergente”,
 come stimolare il “pensiero critico”,
 come chiudere il ciclo “alla Karplus”,
 pensare a un approccio ispirato alla didattica attiva e al costruttivismo
 quali immagini associare al concetto di forza
Esercizio
Discutete un possibile approccio, ragionevolmente costruttivista, al concetto di forza, che valorizzi
le conoscenze già acquisite, stimoli il pensiero divergente, dia un ampio spazio al pensiero
convergente e al pensiero critico, favorendo l’organizzazione dei concetti e la loro formalizzazione
anche matematica.
Cercate soprattutto di
a) discutere come tenere conto degli interessi degli studenti, in particolare che tipo di “attacco” e
quali agganci alla realtà quotidiana proporreste,
b) discutere quali aspetti disciplinari del tema considerate importanti dal punto di vista della
rilevanza concettuale e della struttura logico/formalella disciplina,
c) discutere le possibili rappresentazioni mentali, spontanee o indotte, che possono avere sul tema
gli studenti di scuola secondaria,
d) discutere una semplice modellizzazione del fenomeno.
Esaminate inoltre come il tema è trattato in un testo universitario e discutete se, in questa
trattazione, emerge chiaramente il quadro epistemologico.
Fate la stessa analisi sulla trattazione del tema in un testo di scuola secondaria, discutendo anche se
si tiene conto in qualche modo dei possibili problemi di apprendimento ed esaminate criticamente
il tipo di formalizzazione proposto.
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