Sofocle - ABCtribe

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Sofocle
La vita, il pensiero, le opere e gli aforismi di Sofocle
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1. Vita
2. Il teatro greco al tempo
di Sofocle
7.2.9 La condizione
2.1 La tragedia greca
dell’uomo
7.3 L’interpretazione di Freud
2.2 Dramma satiresco
e quelle successive
2.3 La tragedia ed il
7.3.1 Interpretazione di
mondo greco del V sec. a.C.
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Jean Pierre Vernant
7.3.2 La posizione di
Paduano
7.3.3 Edipo
Freudiano visto da Fromm e
Franco Maiullari
7.4 La sfida di Sofocle:
Edipo a Colono
7.5 Aiace
7.5.1 Personaggi e
tematiche
7.5.2 Elettra: la trama
7.5.3 Elettra: un
commento
7.5.4 Il dramma dell’odio
8. Citazioni di Sofocle
8.1 Incipit di alcune opere
8.1.1 Aiace
8.1.2 Antigone
8.2 Edipo a Colono
8.3 Filottete
7.2.6 Edipo vittima del suo
8.4 Elettra
“orgoglio” intellettuale
8.5 Trachinie
7.2.7 Il ruolo della divinità
7.2.8 Il “mondo
irrazionale”
2.4 I grandi tragici
3. Sofocle e la fede
4. Sofocle e la politica
5. La tragedia di Sofocle
6. Confronto fra i tre
tragediografi dell’epoca
7. Opere
7.1 Antigone (Sofocle)
7.1.2 Trama
7.2 L’Edipo re: la trama
7.2.1 Analisi
7.2.2 Il contenuto
della tragedia
7.2.3 La struttura
dell’opera
7.2.4 Presentazione
del personaggio
7.2.5 Il tentativo di
trovare una colpa in Edipo
1. Vita
Sofocle (Atene 497 a.c. - 406 a.c.) fu uno dei tre tragici dell’antica Grecia, la sua produzione poetica ebbe
luogo durante il periodo di massima crescita della civiltà ateniese. Secondo la tradizione, Sofocle diede
vita a 123 opere e riportò per 24 volte il trionfo nei concorsi tragici che avevano luogo ogni anno ad Atene.
Soltanto sette tragedie ci sono giunte interamente, ma sono sufficienti a svelare il genio dell’autore; esse
sono: Aiace, Antigone, Edipo Re, Trachinie, Elettra, Filottete, Edipo a Colono.Nato in una famiglia borghese
e benestante, Sofocle trasse beneficio dell’amicizia di autorevoli personalità della vita politica e culturale
ateniese come Pericle e Erodoto. Si impegnò in modo attivo nella vita pubblica. Sofocle ha diviso la sua
opera in tre periodi. Il primo, che può essere esemplificato dall’Aiace, rispecchia l’influenza retorica del suo
più anziano contemporaneo Eschilo. Il secondo, riprodotto invece dall’Antigone, è contraddistinto da una
forma “severa e studiata”.
Il terzo periodo, quello della maturità, al quale fanno parte le
altre tragedie, presume lo sviluppo di un procedimento
“estremamente intonato alla rappresentazione dei caratteri”.
Sofocle è nato Colono, demoagreste collocato fra Atene ed
Eleusi, attorno al 497 a.C. Suo padre Sophillos, ricco
produttore d'armi e proprietario terriero, gli restituì la migliore
realizzazione culturale e sportiva che poteva mettergli a
disposizione l’Atene di quel’epoca. Egli si contraddistinse a 15
anni, dopo il combattimento di Salamina, portando il coro dei
giovinetti che celebravano il trionfo di Atene. Secondo un’
arcaica leggenda, in quella stessa guerra lottò eroicamente
Eschilo, e, in quello stesso giorno, venne al mondo Euripide; si
tratta certamente di una finzione, che comunque raffigura la
relazione di continuità fra i tre tragici, ma pure il distacco
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anagrafico che c’è tra di loro e il rapporto storico-culturale che
esiste tra l’uno e l’altro di loro.
La vita di Sofocle conduce la grandezza e il declino dell'Atene del V° secolo: apprese la potenza ateniese al
suo più grande splendore e la democrazia fondata da Pericle, del quale fu pure amico. Soddisfatto nella vita
privata, dalla compagna Nicostrate ebbe un figlio, Iofonte, scrittore tragico anch’egli, e dalla convivente un
altro figlio: Aristone, il cui figlio, “Sofocle il giovane”, scrisse tragedie. Secondo quanto è riportata dalle fonti,
fra le quali una Vita che anticipa i suoi drammi in un certo numero di manoscritti, egli avrebbe sfruttato le
proprie qualità musicali e ginniche nell’attività di attore, ma poi, a causa della debolezza della voce, avrebbe
dovuto rifiutare di recitare. Già al suo inizio negli agoni drammatici del 468 a.C., gli era toccata il trionfo,
sebbene fra gli antagonisti vi fosse anche Eschilo, e a decretarla fu un collegio giudicante compiuto dagli
strateghi. In seguito il favore degli ateniesi non lasciò solo mai Sofocle, sia nei concorsi teatrali, dove ottenne
ben ventiquattro successi, che nella politica, che lo vide condottiero insieme a Pericle nella battaglia di Samo
(441-440), e forse anche una seconda volta nel 428. Per di più fu ellenotamo (esattore delle imposte
versate ad Atene dai suoi alleati) nel 443-442 e componente del collegio dei probuli (una specie di comitato
della salute pubblica) nel 413, mentre nel 433 a.C. fu responsabile del tesoro della Confederazione Attica.
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Per il poeta Ione di Chio, “nelle cose politiche non era né abile né solerte, proprio un bravo ateniese come gli
altri”, ma la Vita afferma invece che egli stette attorniato dal successo e dalla indulgenza dei consociati,
grazie anche al fascino provocato dalla sua personalità amabile e serena. Sofocle, per di più, ricoprì le
funzioni di sacerdote di una divinità locale della salute, Halon, e, quando nel 420 il simulacro del dio Asclepio
venne mandato da Epidauro ad Atene, Sofocle fu scelto ad ospitarlo nella sua casa, poiché non era ancora
allestito il santuario rivolto al dio. Secondo una fonte Sofocle, alla notizia della morte di Euripide, mostrò il
coro in abiti da lutto e senza corona, e un passo delle Rane di Aristofane, messe in scena nel 405, che lo
dichiara ormai nell’oltretomba, acconsentono di disporre fra le due date la morte dell’ormai vecchissimo
poeta, che ebbe luogo secondo varie notizie per la gioia di un trionfo, o per lo sforzo di leggere ad alta voce
un passo dell’Antigone, ovvero per strangolamento causato da un acino d’uva. A quell’età Sofocle aveva già
novant'anni, e, a dispetto di ciò, mantenne sino all'ultimo inalterata la propria energia ideatrice: lasciava difatti
un’opera postuma, l’Edipo a Colono, che venne rappresentata nel 401 a.C. dall’omonimo nipote.
Una selezione arcaica ha salvato interamente sette tragedie di
Sofocle. Oltre l’Edipo a Colono, siamo al corrente della data di
altre due di queste: l’Antigone, che risale al 442, e il Filottete,
risalente al 409. Per attribuire la data alle rimanenti si deve
fare ricorso a presunzioni, nei confronti delle quali si
scatenarono diverse controversie. È ormai generale la
convinzione che L’Aiace sia la tragedia più arcaica, che risale
forse al 450, e che l’Edipo Re sia anteriore al 425, ma quasi
certamente di pochissimi anni. Delle Trachinie, la sola delle
tragedie di Sofocle intitolata in maniera tradizionale, secondo
la composizione del coro, si può dire tutt’al più che
probabilmente anticiparono l’Edipo Re, e dell’Elettra che venne
dopo la stessa tragedia.
Gli Alessandrini però, erano dotati di ben centotrenta drammi di Sofocle, tra i quali solamente di pochi era
messa in dubbio l’originalità: ne rimangono ampi e molteplici frammenti nei papiri, uno dei quali, trovato in
Egitto e pubblicato nel 1912, comprendeva circa 400 versi di un dramma satiresco, I cercatori di tracce, sulle
iniziative di Ermes neonato, ma già ladro di bestiami di Apollo e creatore della lira. Sofocle faceva parte della
generazione intermedia tra quelle di Eschilo e di Euripide, al quale per altro sopravvisse di qualche mese; la
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sua tragedia indica perciò la pienezza della maturità, rispetto all’antica drammaturgia di Eschilo e alla crisi
già scoppiata in Euripide. La sua lunghissima carriera teatrale collima con la piena dichiarazione dell’idea di
“tragico”. Egli ha vissuto il periodo delle Guerre Persiane nell’ infanzia e nella giovinezza, quanto era
sufficiente per rendersi conto della grandezza della resistenza greca all’occupazione. Ma gli premette anche
di vivere in un’ epoca in cui non era più pensabile avere in comune la sicurezza eschilea che le questioni
dell’individuo potessero venire chiarite con l’aiuto benevolo e molto influente degli dei.
2. Il teatro greco al tempo di Sofocle
2.1 La tragedia greca
Uno dei problemi i più discussi della filologia antica è quello dell’origine della tragedia. Le Fonti sono troppo
incompatibili per consentirci una soluzione.Infatti, secondo certe Fonti vi è la data del 524 a.C., quando Tespi
avrebbe rappresentato la prima tragedia ad Atene. Ma questa è una convenzione, perché la prima tragedia
si ha quando un individuo lascia la propria identità, ricopre quella di un personaggio del passato e si oppone
al Coro, implicando per emotività e psicologicamente tutto il pubblico e quindi rendendolo parte
indispensabile della rappresentazione stessa. La tragedia viene alla luce quando lo spettatore scopre che
nell’azione drammatica egli può vivere un’altra realtà, differente dalla propria, ma che in ultima analisi svela
la sua realtà, mediante il monito, sempre presente nella tragedia, che la vita dell' uomo è dolore.
Tale confessione della propria condizione, l’individuospettatore, la può sostenere soltanto depurata e rispecchiata
nella finzione del dramma, quasi a consolarsi che la tragedia
non è cosa reale e pertanto anche la propria sofferenza viene
ad essere, in un certo senso, esorcizzata e accettata. Per
Aristotele la tragedia viene alla luce nel ditirambo e dai suoi
exàrchontes. Il filosofo afferma che fu Arione di Metimna (città
dell’isola di Lesbo, il cui centro più conosciuto è Mitilene) a
ideare la tragedia ed a produrre ditirambi, i quali prendevano
nome dal Coro.Aristotele ci fa sapere anche che è stato
sempre Arione ad inserire i satiri che, appunto, pronunciavano
parole in metro ditirambo.
La realizzazione dei ditirambi sarebbe l’opportunità per la nascita del dramma e così si avvalorerebbe il dato
storico, secondo cui la tragedia si espande nell’ambito del culto dionisiaco.
La seconda teoria (è indicativa per essa un passo di Erodoto) parla di Cori tragici per ricordare i patimenti
(pàthea) di un valoroso.
Tanto è che nella tragedia ha un ruolo fondamentale il lamento sul morto eroe.
Queste due teorie non si scartano, ma sono i segnali di qualche cosa che le trascende entrambe: la tragedia
stessa. Si suole riportare la preistoria della tragedia (la proto-tragedia) in ambito dorico.
Aristotele afferma che il nome “drama” deriva dal dorico “dran” “fare/agire”, mentre gli Ateniesi
pronunciavano “pràttein”. Ma gli Ateniesi reclamano, della tragedia, l’ appartenenza assoluta, anche se la
lingua usata dal Coro è la lingua dorica.
La prima parte del nome va messo in relazione con “tràgos” “capro”, pertanto:
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1) ‘Canto sul capro’; animale-totem a cui è assimilato Dioniso.
2) ‘Canto per il capro’; come premio per un componimento poetico.
3) ‘Canto dei coreuti mascherati da capri’; questa terza spiegazione ci riporta al dramma satiresco.
Aristotele mette in collegamento, in maniera per niente chiara, opera drammatica e tragedia, e afferma che la
prima, discende dalla seconda.
2.2 Dramma satiresco
Questa è una rappresentazione indubbiamente più primitiva rispetto alla tragedia e alla commedia. Il
modello di spettacolo è a carattere pastorale con maschere, i tratti delle quali sono molto antichi.
In principio vi sono gruppi di satiri (metà esseri umani, metà capri) unitamente al padre Sileno, che danzano
e cantano in onore di Dioniso.Forse erano rituali di consacrazione, connessi alla fertilità (vi era difatti la
presenza del fallo). Con il tempo non si ha più la capacità di comprendere le parole ed i gesti. Per questo
motivo si viene a creare il bisogno del corifèo, il quale, separandosi dal Coro, chiarisce agli astanti cosa
viene detto e cosa viene fatto.A tal punto, con la partecipazione del corifèo, il quale, probabilmente, comincia
un dialogo con un attore, o con il Coro stesso, viene alla luce il dramma satiresco. In un primo tempo i
ragionamenti del dramma satiresco (la nascita del quale viene conferita a Pratina, primi periodi delV sec.
a.C., come si è detto), erano soltanto i culti dionisiaci. In un secondo tempo furono immessi temi epici, per
cui la presenza dei satiri contrastava troppo con il tema trattato.
Questo è la ragione per cui viene alla luce il personaggio del
Papposileno (padre dei satiri) che in certo modo difendeva le
‘azioni stonate’ dei satiri. Ai tempi di Eschilo, Sofocle, Euripide,
si usava mostrare, congiuntamente alle tre tragedie, pure un
dramma satiresco.In un primo momento l’attore ha un compito
dipendente dal Coro e interloquisce con quest’ultimo, invece
che con un altro attore. In ciò si vede rispecchiata la tipologia
socio-psicologica della struttura connettiva della Comunità.
Nella quale il singolo non ha rilevanza, perché esso è parte di
un mosaico che rappresenta l’ ‘intelaiatura’costitutiva della
Comunità - gruppo.
È difatti il gruppo che ha più grande rilievo, intanto che l’uomo si contraddistingue solamente ed unicamente
al suo di dentro. Ciò si può scorgere molto esplicitamente nell’Iliade, in cui ogni singolo personaggio si
preoccupa, non già di se stesso, ma di come può essere valutato dalla Comunità per quanto concerne il suo
operato. Si pensi a questo intento a ‘Iliade, libro VI’, dove si assiste al saluto fra Ettore e la moglie di lui,
Andromaca. Mentre la donna, con il figlioletto in braccio, implora il marito di non andare contro Achille,
perché ha paura per la sua vita, e ricorda all’uomo i suoi doveri in qualità di marito, di padre e di figlio,
tenendogli presente che lui sarà ucciso dai Greci e lei, diventata vedova, verrà messa in vendita come
schiava; il figlio loro, Astianatte, probabilmente sarà ucciso; i genitori di lui, Priamo ed Ecuba, non avranno
più chi li proteggerà. A tutto questo Ettore risponde:
Il, VI – 430,3.” E allora Ettore, elmo abbagliante rispose: ‘Anche io penso a tutto questo, donna. Ma ho
troppa vergogna dei Troiani e delle Troiane trascinatrici di peplo, se resto come un vile lontano dalla guerra.”
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