La moneta romana

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UNITÀ
LA REPUBBLICA ALLA PROVA DELLE ARMI
DOC 1
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La moneta romana
Come sappiamo, i Romani fecero circolare una loro moneta solo verso la fine del IV secolo a.C., perciò con molto ritardo rispetto
ad altri Stati organizzati del Mediterraneo. Fino a quel momento, gli scambi in Roma avvenivano attraverso l’uso di pezzi informi
di rame o bronzo: l’aes rude. Questo oggetto, che deriva il suo nome dai termini aes (che significa sia rame che bronzo) e rude
(cioè rozzo) fu dunque il predecessore della moneta romana. I Romani utilizzavano anche il bestiame come mezzo di pagamento. A
conferma di questo uso, troviamo numerose leggi che prevedevano pagamenti sia in rame sia in bestiame e solo con una legge del
430 a.C. si stabilì definitivamente che i pagamenti avvenissero solo in rame.
1. Una tappa importante verso la nascita della
moneta romana fu l’aes signatum, recante cioè
un signum, un’impronta. Qui è un esempio
dell’aes signatum del VI secolo a.C.
3. I Romani iniziarono a utilizzare delle
vere e proprie monete quando si
inserirono nei grandi traffici commerciali
che avvenivano nella Magna Grecia, dove
la moneta era diffusa già da tempo. Iniziò
così l’emissione della moneta “romanocampana”, coniata in zecche della
Campania, ma con il nome di Roma.
2. Il metallo era fuso in forme
rettangolari e vi era impresso un
semplice tratto: un ramo secco,
una spina di pesce o un delfino
con uno scettro erano alcune
delle raffigurazioni più frequenti.
6. Le monete romane avevano
anche un valore celebrativo.
Questa in particolare, risalente
al I secolo a.C., raffigura le due
divinità Castore e Polluce,
dette anche dioscuri, mentre
abbeverano i cavalli presso
una fonte sacra, dopo aver
condotto i Romani alla vittoria
sui Latini nei pressi del lago
Regillo (496 a.C.).
5. La prima moneta totalmente romana in argento fu il denario, coniato
verso la metà del III secolo a.C. Il denario valeva dieci assi di bronzo e aveva
due sottomultipli: il quinario (cinque assi) e il sesterzio (due assi e mezzo).
Fonte: F. Panvini Rosati, La moneta romana, «Archeo» 42.
COMPRENSIONE
Contesto
• La prima moneta utilizzata dai Romani fu l’aes rude. Che cos’era esattamente
e perché si chiamava così?
• Contemporaneamente all’aes rude i Romani utilizzavano anche un mezzo di
scambio di tutt’altro genere. Di che cosa si trattava?
• Prima di arrivare a utilizzare le vere e proprie monete, i Romani fecero uso
di un oggetto metallico dalle caratteristiche particolari. Quale?
• Che cosa spinse i Romani a introdurre l’uso di monete simili a quelle già utilizzate da altri popoli?
• Che cos’erano la dramma e il didramma?
• In quale periodo Roma sentì la necessità di avere monete proprie?
• Quando ci furono i primi contatti fra
Roma e le colonie greche?
• Che ruolo assunse Roma con l’espansione territoriale?
• Come organizzò Roma il territorio
conquistato?
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LABORATORIO
Testo
DOCUMENTI e STORIOGRAFIA
4. Fu tra il 320 e il 300 a.C. che vennero coniate le prime monete
romano-campane d’argento: la dramma e il didramma. Un tipico
didramma è quello rappresentato in questa immagine, realizzato
nel 297 a.C. probabilmente nella zecca di Capua.
VOLUME
I
DOC 2
DALLA PREISTORIA ALLA REPUBBLICA ROMANA
Roma restituisce la libertà alla Grecia
LABORATORIO
DOCUMENTI e STORIOGRAFIA
Nel 200 a.C., intervenendo nella guerra che si combatteva tra la Macedonia e alcuni Stati greci, Roma iniziò la sua politica orientale sconfiggendo nel 197 l’esercito di Filippo V di Macedonia a Cinocefale, in Tessaglia. Artefice della vittoria fu Tito Quinzio
Flaminino, un giovane e brillante uomo politico dichiaratamente filoellenico, grande estimatore della cultura greca. Flaminino riuscì a imporsi sul senato nel garantire l’indipendenza delle poleis e dei regni ellenistici. Nel brano che segue, lo storico greco Polibio pone in evidenza l’ansia dei Greci di fronte alle incerte decisioni di Roma sul loro futuro e il contenuto dell’editto con cui Flaminino garantiva la libertà alla Grecia.
Giunse il tempo dei Giochi Istmici, ai
quali convennero gli uomini più illustri da quasi tutto il mondo, in vista
di quanto vi sarebbe avvenuto1. Molte e diverse erano le opinioni che correvano durante tutta la manifestazione. Alcuni dicevano che era impossibile che i Romani rinunciassero ad
alcuni luoghi e ad alcune città; altri
invece affermavano che essi avrebbero abbandonato i luoghi più noti e celebri per conservarne invece altri di
minore importanza ma altrettanto
utili. […]
Mentre tutte queste incerte opinioni
circolavano tra la moltitudine raccolta
nello stadio per assistere ai giochi,
venne avanti l’araldo e, dato alla folla
il segnale di silenzio con la tromba,
lesse a voce alta il seguente editto: “Il
senato di Roma e il proconsole Tito
Quinzio, avendo sconfitto in guerra il
re Filippo e i Macedoni, dichiarano liberi, esenti da tributi, esenti da guarnigioni militari e vincolati solo alle patrie
leggi, i Corinzi, i Focesi, i Locresi, gli
Eubei, gli Achei di Ftiotide, i Magnesi,
i Tessali, i Perrebi”2.
Subito un applauso immenso si levò fin
dalle prime parole: molti non avevano
sentito l’editto, altri volevano sentirlo
di nuovo. La maggior parte dei presenti
diffidava delle proprie orecchie e aveva
l’impressione di udire come in sogno
tali parole, tanto esse apparivano incredibili. Quando l’araldo, tornato al
centro dello stadio e fatto cessare il
clamore col suono della tromba, ripeté
le parole dell’editto, scoppiò un così irrefrenabile applauso che chi ora sente
parlare di questo avvenimento non può
facilmente immaginarlo. Quando l’applauso si spense nessuno badò più agli
atleti, ma tutti parlavano con altri o fra
se stessi ed erano quasi impazziti per
l’accaduto3.
1. Si tratta dei Giochi Istmici che si svolsero a
Corinto nell’estate del 196 a.C. Lo stadio era
gremito di folla che proveniva da tutte le poleis, anche per l’attesa sulle decisioni di Roma circa il futuro della Grecia.
2.Le popolazioni che vengono dichiarate libere
sono quelle che erano state sotto il dominio
di Filippo. Nel 194 le truppe romane si ritirarono dalla Grecia, ma si trattò di una libertà
solo di facciata.
Stele con probabile ritratto di Polibio
(particolare). Roma, Museo della civiltà romana.
3.Nella realtà l’atteggiamento di Roma era largamente motivato dal pieno raggiungimento
del suo scopo, che era quello di ridimensionare
il potere di Filippo mobilitando contro di lui le
città greche. In questa prima fase, le mire
espansionistiche romane sul Mediterraneo
erano ancora limitate.
COMPRENSIONE
Testo
Contesto
• Chi è l’autore del documento?
• Perché i Giochi Istmici quell’anno si rivelarono particolarmente affollati di spettatori?
• Da che cosa erano accomunati i popoli citati nell’editto di Tito Quinzio Flaminino?
• Come accoglie il popolo la notizia del ritiro delle truppe romane?
• Qual è la decisione che il senato romano
avrebbe preferito riguardo alla Grecia?
• Sappiamo che Archimede si impegnò moltissimo durante l’assedio di Siracusa. Quale fu il ruolo della città nella guerra tra i Romani e i Cartaginesi? E
quale fu il suo destino?
• Chi fu il generale cartaginese che condusse i più pericolosi attacchi contro
la potenza di Roma?
• Quale fu la più grande sconfitta subita dai Romani nella guerra contro i
Cartaginesi? Indica il luogo, la data in cui avvenne la battaglia e il modo in
cui si svolse.
• Chi fu il condottiero che guidò i Romani alla definitiva vittoria sui Cartaginesi?
• Quali furono le condizioni di pace imposte dai Romani ai Cartaginesi alla fine della guerra?
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UNITÀ
LA REPUBBLICA ALLA PROVA DELLE ARMI
DOC 3
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Annibale, condottiero sobrio, ma feroce e senza scrupoli
Le guerre puniche rappresentarono per Roma una tappa fondamentale nella politica di espansione al di fuori dei territori italiani,
ma costituirono al contempo uno dei massimi pericoli: una minaccia che portò l’urbe a un passo dal disastro.
Artefice di questa minaccia fu Annibale, il condottiero cartaginese contro il quale Roma dovette scontrarsi a più riprese e che neppure dopo la sconfitta nella battaglia di Zama cessò di turbarne la tranquillità.
Nel brano che segue Tito Livio pone in evidenza alcune caratteristiche di Annibale: le ragioni della sua ostilità verso Roma, alla
base della quale vi sarebbe un giuramento; le innate doti di comandante, tali da essere idolatrato dai suoi soldati; il rigore delle
abitudini e la sobrietà della vita; la mancanza di scrupoli, la falsità e nessun rispetto nei confronti della religione.
negli stessi frangenti, da nessun disagio il suo corpo poteva essere affaticato, né il suo coraggio poteva essere vinto. Sopportava parimenti il
caldo e il freddo; la misura dei cibi,
delle bevande era determinata dal
desiderio naturale non dal piacere;
né di giorno né di notte vi erano per
lui ore fisse per il sonno e per la ve-
glia; quel tempo che restava, compiute le imprese, era dato al riposo, che
non era procurato né da silenzio né
da soffice letto; molti, infatti, scorsero spesso Annibale che giaceva in
terra avvolto nel mantello militare,
in mezzo alle sentinelle e ai posti di
guardia dei soldati. Il suo modo di
vestire non era diverso da quello dei
coetanei; davano nell’occhio solo le
armi e i cavalli. Era Annibale di gran
lunga il primo fra i fanti e i cavalieri;
nell’avviarsi alla battaglia precedeva
tutti, finita la zuffa, ne ritornava ultimo. Tuttavia, grandissimi vizi pareggiavano virtù così grandi: una feroce
crudeltà, una malafede più che cartaginese, una continua menzogna, nessun rispetto per la religione, nessun
timore degli dèi, lo spregio del giuramento, la mancanza di ogni scrupolo.
Fonte: Tito Livio, Storia di Roma, libro XXI,
1, 4; 4, 1-10.
Elefante con bardatura da guerra, statuetta in
cotto. Roma, Museo della civiltà romana.
COMPRENSIONE
Contesto
• Quale giuramento è obbligato a fare Annibale dal padre?
• Quali qualità ha individuato l’autore del brano, Tito Livio, nel condottiero Annibale?
• Nonostante tante virtù, quali difetti presentava Annibale secondo Tito Livio?
• Quale immagine ne deriva del comandante
cartaginese da questa descrizione?
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Quali caratteristiche aveva la città di Cartagine?
Chi era Annibale e quali imprese ha compiuto?
In quale periodo giunse in Italia e seguendo quale itinerario?
Che cosa rappresentò per i Romani la battaglia di Canne?
Che cosa accadde a Zama?
Quando e come si conclusero le guerre puniche?
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LABORATORIO
Testo
DOCUMENTI e STORIOGRAFIA
Si racconta anche che Annibale all’età di circa nove anni, pregando con
carezze come fanno i bambini il padre Amilcare, gli chiese di condurlo
in Spagna; mentre faceva sacrifici,
sul punto di far passare l’esercito in
Spagna, si dice che Amilcare, fatto
avvicinare Annibale agli altari e toccati gli oggetti sacri, gli abbia imposto di giurare che, appena gli fosse
possibile, sarebbe stato nemico del
popolo romano.
[...] Una stessa natura non fu mai più
atta a due opposte cose: all’obbedire
e al comandare. Pertanto, non avresti potuto facilmente giudicare se
egli fosse più caro al comandante o
all’esercito, poiché Asdrubale, ogni
volta che vi era da prendere con forza ed energia qualche iniziativa,
non preferiva alcun altro che la
guidasse, né i suoi soldati in
altro capitano avevano più fiducia quando si trattava di osare
qualche ardita impresa. Massima
era la sua audacia nell’affrontare i
pericoli, massima la sua prudenza
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