Alfonso Ciavoli Cortelli FARMACOLOGIA GENERALE E

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Alfonso Ciavoli Cortelli
FARMACOLOGIA GENERALE E SPECIALE
CRONOLOGIA DELLA FARMACOLOGIA:
1500 a.C. = Gli antichi Egizi possedevano già 1 codice medico: è stato ritrovato
infatti il ―Papiro di Ebers‖ che è considerato come il + completo codice
medico dell‘ antichità
460-377 a.C. = Ippocrate, primo medico dell‘ umanità scrive il ―Corpus Ippocraticum‖ che contiene le regole x raccogliere e preparare i medicamenti
300 a.C. = Teofrasto allievo di Aristotele scrive il primo trattato di Fitoterapia
―Historia Plantarum‖
100 d.C. = Dioscoride Pedano scrive il ―De Materia Medica‖ che resterà 1 classico
della farmacologia fino al XVIII secolo. Era composto da 5 volumi di 827
capitoli
150 d.C. = Galeno scrive il ―De Simplicium medicamentis et facultatibus‖ che elenca
ben 473 medicamenti di origine vegetale. Egli curava con la maxima:
― Contraria contraris curantur‖
Dopo il
476 d.C. = Con la civiltà Araba arriva, anche in Occidente, la medicina di Avicenna e
Avenzoar che diffondono l‘ Alchimia in Europa
1000 d.C.= Nasce la Scuola Medica Salernitana di Nicolò Salernitano con i suoi trattati ―Regimen Sanitatis Salernitanum‖ e ―Antidotarium‖
1100 d.C. = Cofone scrive il trattato ―Ars Medendi‖
1240 d.C. = L‘ Imperatore di Sicilia Federico II emana le ―Ordinationes‖ che ridisegnano medicina e farmacia nel loro aspetto professionale
1498
= Si scrive il ―Ricettario Fiorentino‖ che è la prima farmacopea (cioè 1
prontuario di droghe e medicamenti) scritta in volgare
1533
= Francesco Bonafede fonda a Padova il primo orto Botanico
1540
= Teofrasto Paracelso contesta in blocco la tradizione medica classica
che sapeva di libresco e afferma ―Il vero medico si forma non con i libri
ma con l‘esperienza diretta delle malattie e dei rimedi‖. Nasce l‘Omeo1
patia: ―il simile si cura con il simile‖.
1543
= Andrea Vesalio pubblica a Basilea l‘ opera in 7 libri ― De Humani
Corporis Fabrica‖
1628
= W. Harvey descrive nel ―De motu Cordis‖ la meccanica della circolazione sanguigna
1661
= Boyle pubblica il ―The Sceptical Chemist‖ che segna la nascita della
chimica come scienza
1680
= Gian Alfonso Borelli descrive la meccanica del movimento muscolare
con l‘ opera ―De motu Animalium‖
1690
= Marcello Malpighi facendo uso dell‘occhialino (microscopio) descrive
il glomerulo renale e gli alveoli polmonari
1761
= Gian Battista Morgagni elabora il primo trattato di Anatomia Patologica : il ―De sedibus et causis Morborum per anatomen indagatis‖
1774
= Lo svedese Karl W. Scheele è l‘ iniziatore della chimica farmaceutica.
Egli scopre parecchie sostanze di origine organica(acido Formico,
Lattico, Urico, la Glicerina)
1803
= Luis Charles Derosne e F. Serturner isolano la Morfina dall‘ Oppio
(papaver Somniferum)
1809
= Louis Nicolas Vauquelin isola la Nicotina dal Tabacco
1820
= Pierre Joseph Pelletier e Joseph B. Caventou isolano la Chinina dalla
China; la Stricnina dalla Nux Vomica; la Caffeina dal Caffè
1821
= W. Meissner definisce Alcaloidi tutte le sostanze costituite da 1 comportamento basico, con 1 azoto nella molecola e capaci di formare sali
con acidi
1827
= H. E. Merk fonda la prima fabbrica x la produzione di Morfina
1831
= F. Wohler brevetta la sintesi dell‘ Urea
1834
= Roger scopre la Digitalina
1839
= Leroux identifica la Salicilina dal Salice
2
1857
1860
= Locock scopre il Bromuro di potassio come antiepilettico;
= Hiemann isola e purifica la Cocaina; Lemaire dimostra le proprietà
disinfettanti dell‘acido fenico; Chatin cura il gozzo con le gocce di tintura
di iodio
1861
= Semmelweis debella con l‘ ipoclorito le infezioni puerperali. Pasteur
segnala il fenomeno dell‘ anaerobiosi.
1863
= Solway realizza il suo procedimento x la produzione della Soda
1864
= Alfred Von Baeyer sintetizza l‘ acido Barbiturico, capostipite della serie
di ipnotici
1866
= Richardson propone l‘ anestesia locale spruzzando l‘ etere solforico
sulla pelle
1867
= Hoffmann prepara la Formaldeide. Brunton cura gli accessi di angina
pectoris facendo inalare Nitrito d‘ Amile
1869
= Liebreich usa il Cloralio Idrato come sonnifero
1871
= Nativelle prepara la Digitalina cristallina
1872
= Bennet studia le proprietà anestetiche della Cocaina, che verrà usata
in oculistica soltanto nel 1884 a seguito della tesi di laurea di un certo
Keller a Vienna
1873
= Kolbe sintetizza l‘ acido Salicilico, usato come disinfettante e
antireumatico nel 1876
1877
= Bergmann propone il ―Sublimato‖ (Cloruro Mercurico) come antisettico
1878
= Morse sintetizza il Paracetamolo
1879
= Murrel scopre il Trinitrato di Glicerile (Nitroglicerina) usato come
antianginoso
1881
= Landenburg isola la Scopolamina; Pasteur inventa la vaccinazione anti
carbonchio
1882
= Koch annuncia la scoperta del bacillio della Tubercolosi
1883
= Knorr sintetizza l‘ Antipirina; la Fenotiazina è usata come Antielmintico
3
1883
= Baumann sintetizza il Sulfonale
1886
= sono introdotti in terapia l‘ Efedrina, l‘ Ittiolo, la Resorcina, l‘ Acetanilide
1887
= Anton Kast scopre la Fenacetina brevettata e introdotta sul mercato
dalla neonata Bayer
1889
= Iniezioni di Sali di Bismuto x la Sifilide
1896
= Stolz sintetizza e utilizza l‘ Amminofenazone (Piramidone)
1898
= Felix Hoffman prepara l‘ Acido acetil salicilico (Aspirina)
1899
= la Bayer commercializza l‘ Aspirina preparata da Felix Hoffman (6
marzo 1899); Kiliani isola la Digitossina Pura; si sintetizza la
Norammidopirina (Metamizolo o dipirone cioè la Novalgina)
1900
= Prime anestesie con Etere solforico in sostituzione del cloroformio usato
dal 1852. Scoperta dei gruppi sanguigni ABO
1901
= Takamine e Aldrich isolano l‘ Adrenalina Cristallizzata. Identificazione
dell‘ ormone antidiuretico. Scoperta dell‘ allergia. Introduzione della
radiumterapia
= Viene coniato il termine di ormone. Sieroterapia della scarlattina
1902
1903
= Forneau sintetizza l‘ Amilocaina(anestetico). Invenzione dell‘elettrocardiogramma
1905
= Vengono scoperti gli Ormoni; Braun associa l‘ adrenalina agli Anestetici locali; Einhorn sintetizza la Benzocaina(Novocaina)
1908
= la Tintura di Iodio è usata come disinfettante x uso esterno
1909
= Einhorn ed Uhlfelder sintetizzano la Procaina
1910
= la casa tedesca Hoechst commercializza il farmaco Salvarsan o 666 di
Hata (Arsenobenzolo) scoperto da Paul Ehrlich che sembrava essere il
farmaco attivo su tutte le infezioni. Esso era il risultato dell‘ enorme
lavoro di Ehrlich, pioniere nella ricerca farmacologica. Egli è il padre
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della chemioterapia, e il primo a parlare di ―Recettore‖ (egli diceva
―Corpora non agunt nisi fixata‖). Vengono riconosciute le proprietà del
Progesterone
1911
= Vengono scoperte le Vitamine A e B. Preparazione del primo estratto di
testosterone attivo
1912
= il Fenobarbital è usato in terapia
1915
= Kendall cristallizza la Tiroxina
1917
= Inizia l‘ uso terapeutico del Luminale (ipnotico) e della Suramina sodica
tripanocida; Howell scopre l‘ Eparina, usata come anticoagulante dal 20
1918
= l‘ Etilene è usato in Anestesia; Stoll isola e purifica l‘ Ergotamina
1920
= Scoperta dell‘ Acetilcolina
1921
= Bating e Best scoprono l‘ Insulina; si isola la vitamina D; si purifica la
Lobelina
1922
= Fleming propone il Lisozima come Batteriolitico; Forneau sintetizza lo
Stovarsolo(acetarsone)
1923
= Schmidt sintetizza il Cardiazolo; Allen e Doisy scoprono la Follicolina
1924
= Invenzione dell‘ Elettroecefalogramma. Vengono fatte le prime feconda
zioni artificiali
1927
= Harington sintetizza la Tiroxina; si creano i primi antimalarici sintetici
Plasmochina e Atebrina; viene sintetizzata l‘ Amfetamina, usata come
decongestionante nasale
1928
= Lucas ed Henderson introducono il Ciclopropano in Anestesia; Szent
Gyorgyi isola la vitamina C
1929
= Alexander Fleming scopre la Penicillina, estratta dalla muffa; Corner,
Allan e Marian isolano il Progesterone, l‘ Estradiolo e il Pregnandiolo
1930
= Marrian identifica l‘ Estradiolo
1931
= Butenandt isola il primo ormone maschile chimicamente definito:
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l‘Androsterone
1932
= Gerard Domagk, ricercatore della Bayer sintetizza il Prontosil Rosso,
un colorante ad azione antibatterica che aveva azione inspiegabilmente
solo in vivo ; Compaiono i primi antimalarici sintetici e si conferma la
validità dei derivati antimoniali Tripanocidi
1933
= Karrer svela la costituzione molecolare della Vitamina A; Kuhn isola la
Riboflavina(vit b2) e Williams identifica l‘ Ac. Pantotenico
1934
= Butenandt sintetizza e cristallizza il Progesterone; Dam e Doisy scoprono la Vit K
1935
= Daniel Bovet spiega il perché dell‘ azione solo in vivo del Prontosil
Rosso: l‘ azione antibatterica è dovuta solo ad 1 parte del composto
(il sulfamile) che si ottiene solo dopo la scissione nell‘ organismo:
si ha la nascita di una nuova rivoluzionaria classe di farmaci ossia
dei Sulfamidici
1936
= Hagedorn propone l‘ insulina ritardo con Zinco-protamina; Kendal e
Reichstein sintetizzano il Desossi-corticosterone
1937
1938
= Helvehjem cura la pellagra con l‘ Acido Nicotinico (vitamina PP)
= Stoll e Hoffmann sintetizzano la Dietilammide dell‘Ac.Lisergico (LSD)
Kendall individua nelle surrenali il ―composto E‖, detto poi Cortisone
1939
= Howard Florey ed Ernest Chain rendono sufficientemente stabile la
Penicillina x cristallizzazione; Dubox scopre la Gramicidina; Rist usa il
Dapsone (Diaminodifenil-sulfone) x curare la Lebbra; Mùller scopre il
DDT come insetticida
1940
= Bernheim dimostra l‘ attività antitubercolare dell‘ac. Para-AmminoSalicilico (PAS); Ersparmer scopre la Serotonina ( Enteramina);
Roblin sintetizza la Sulfamerazina; Dogmack dimostra l‘ attività batTericida del Sulfatiazolo
1941
= Mitchell estrae l‘ Acido Folico dalle foglie di Spinaci. Stahlmann
sintetizza il Dicumarolo.
1942
= Janbon scopre le proprietà ipoglicemizzanti di un sulfamidico;
BlaschKo isola la Noradrenalina; Hitchings fa ricerche sugli
Antimetaboliti come antitumorali: scopre la Mercaptopurina e il 5Fluoruracile
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1943
= Luria e Delbruck dimostrano che l‘ antibiotico-resistenza è dovuta a
mutazioni spontanee dei ceppi batterici; scoperta della Cefalosporina
1944
= Selman A. Waskman scopre la Streptomicina dallo Streptomyces
Griseus, usata x la tubercolosi; Dodd dimostra l‘ attività batteriostatica
del Nitrofurazone, usato x le infezioni renali. Si fa la sintesi del Chinino
1946
= Johnson isola la Bacitracina; gli Ossazolin-dinoni sono usati x curare l‘
Epilessia
1947
= Ehrlich e Burkholder scoprono il Cloramfenicolo; Daniel Bovet fa le
ricerche sulla Gallamina e apre la strada ai Curari Sintetici; Ainsworth
isola la Polimixina; Duggar isola la Clortetraciclina; si isola la
Diidrostreptomicina dallo Streptomyces humidus
1948
= Reichstein e Sarett sintetizzano il Cortisone; il Metotrexato è usato x le
leucemie
1949
= Waksmann e le Chevalier scoprono la Neomicina dallo Streptomyces
fradiae; entrano in terapia i Sali di Litio (x la mania); si sintetizza dalla
tirosina il Cortisone;
1950
= si scopre l‘ antibiotico polienico Nistatina, antimicotico; Finlay isola la
Terramicina; si scopre l‘ attività ipoglicemizzante delle Biguanidi
con la Fenformina;
1951
= Fox e Steenken sintetizzano l‘Isoniazide (antitubecolare); Sandberg
scopre i criteri x l‘ attività ipnotica dei Barbiturici. Si scopre la Metildopa come antipertensivo
1952
= Mc Guire scopre l‘ Eritromicina (nuovo antibiotico);si introduce in
terapia l‘ idrocortisone; Jean Delay e Pierre Deniker fanno delle ricerche
sulle Fenotiazine e porta all‘ uso clinico della Clorpromazina(Largactil)
come sedativo;
1953
= Kuhn scopre l‘ effetto MAO-Inibitore dell‘ Iproniazide (antidepressivo);
Mueller isola la Reserpina dalla Rauwolfia Serpentina; Dodd realizza la
Nitrofurantoina;
1954
= Sanger chiarisce la costituzione molecolare dell‘ Insulina; si introduce
in terapia la Glutetimmide
1955
= Woodward sintetizza la Reserpina;
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1956
= Pincus prepara e sperimenta i primi contraccettivi orali; Novello
sintetizza il primo diuretico di sintesi: la Clorotiazide
1957
= Gli Antidepressivi triciclici entrano in terapia clinica: Kuhn sintetizza l‘
Imipramina; si scopre la Rifampicina; Umezawa scopre la Kanamicina
dallo Streptomyces Kanamyceticus ; si scopre la Talidomide (Contergan)
come Ipnotico. Scoperta dell‘ Interferone
1958
= Si scopre la Griseofulvina, antimicotico; l‘ Aloperidolo è introdotto in
Terapia
1959
= si scopre la Paromomicina dallo Streptomyces rimosus. Sintesi del
primo Calcio-Antagonista (Verapamil)
1960
= Leo Sternbach scopre le Benzodiazepine x combattere l‘ ansia:
scopre il Diazepossido(Librium) nel 60‘e il Diazepam(Valium) nel 63‘
1960
= la Levo-Dopa entra in terapia come antiparkinson; entrano in terapia
i primi betabloccanti; in Europa sorge il ―caso Talidomide‖(ipnotico):
il farmaco assunto in gravidanza determinava la nascita di bimbi affetti da focomelia
1961
= Si scopre l‘ Ampicillina;
1962
= Si scopre l‘ Acido Nalidissico, progenitore dei Chinoloni.
1963
= si scopre la Gentamicina (amminoglicoside) dalla Microspora purpurea
1965
= T.Y. Shenn sintetizza l‘ Indometacina. Vengono isolate le Endorfine
1967
= si scopre la Tobramicina(amminoglicoside)dallo Streptomyces tenebrarius.
1970
= si scopre la Sisomicina dalla microspora inyoensis; si sintetizza il
Clotrimazolo, progenitore degli Azoli antimicotici
1971
= viene isolata la Ciclosporina
1972
= si sintetizzano l‘ Amicacina dalla Kanamicina A e il primo anti-H2:
la Cimetidina x l‘ ulcera peptica
1974
= si sintetizza l‘ Ibuprofene;
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1975
= si sintetizza la Netilmicina dalla Sisomicina
1976
= si sintetizza il Naprossene;
1981
= si sintetizza il Gemfibrozil
1982
= si sintetizza il Piroxicam, progenitore degli Oxicami
1984
= si sintetizza l‘ Aciclovir
1985
= si sintetizza l‘ Enalapril, nuovo Ace-inibitore
1986
= si sintetizza il Ketoprofene;
1989
= si scoprono da 1 fungo le Statine (ipocolesterolemizzanti) con la
Simvastatina;
1992
= si scoprono la Fluoxetina e gli inibitori selettivi del Reuptake della
Serotonina(SSRI)
1993
= si scopre la Finasteride, farmaco antiprostatico
1994
= si sintetizzano l‘ Omeprazolo, inibitore dela Pompa protonica e il
Sumatriptan (antiemicranico); nascono i Sartani con il Losartan
(antagonisti x il recettore dell‘ AT II)
1995
= si sintetizzano nuovi antipsicotici: Clozapina e Clopentixolo; inibitori
della Cox 2 : Celecoxib; antiemetici: Ondasetron
1998
= si sintetizzano il Montelukast, anti asmatico; Orlistat, antiobesità;
Zanamivir, antivirale
1999
= si sintetizzano il Raloxifene (x l‘ osteoporosi); Linezolid, nuovo
antibiotico; Abacavir, anti AIDS;
LESSICO ESSENZIALE e DEFINIZIONI GENERALI DELLA
FARMACOLOGIA:
FARMACO
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E‘qualunque sostanza in grado di esercitare 1 effetto sui sistemi viventi, per cui i
farmaci sono sia degli strumenti terapeutici in grado di intervenire su processi
patologici sia degli strumenti sperimentali x la comprensione di eventi biologici.
DROGA
Indica 1 miscela di sostanze farmacologicamente attive. Nel linguaggio non
farmacologico si intende 1 farmaco dotato di effetti psicotropi, assunto a scopi
voluttuari
FARMACOLOGIA
E‘ la branca delle scienze biomediche che studia i farmaci e le interazioni reciproche
che hanno luogo tra questi e gli organismi viventi.
FARMACOLOGIA GENERALE
E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che analizza i meccanismi generali che
sottendono all‘azione dei farmaci. Essa è classicamente suddivisa in farmacocinetica
(cio‘che il corpo fa al farmaco) e farmacodinamica (cio‘ che il farmaco fa al corpo).
FARMACOGNOSIA
E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che studia i farmaci di origine naturale
e il loro impiego in terapia.
FARMACOTERAPIA
E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che studia l‘ impiego dei farmaci in
terapia.
FARMACOLOGIA MOLECOLARE
E‘ la branca della farmacologia che affronta il problema di comprendere la
natura\struttura delle molecole dell‘organismo con cui i farmaci interagiscono e\o gli
eventi molecolari che sottendono agli effetti cellulari e\o sistemici dei farmaci.
FARMACOCINETICA
E‘ la branca della farmacologia che identifica e descrive gli eventi a cui è sottoposto
1 farmaco quando viene a contatto con 1 organismo: assorbimento, distribuzione ed
eliminazione, metabolismo.
FARMACODINAMICA
E‘ la branca della farmacologia che studia l‘ interazione farmaco-recettore (o sito
d‘azione) e le conseguenze biologiche che ne derivano
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FARMACOLOGIA CLINICA
E‘ la branca della farmacologia che studia e applica la metodologia x 1 corretta
valutazione dell‘efficacia terapeutica e della sicurezza dell‘uso di 1 farmaco
nell‘uomo
FARMACOECONOMIA
E‘ la branca della farmacologia che studia i rapporti di costo beneficio di 1
trattamento farmacologico dal punto di vista economico.
FARMACOGENETICA
Studia le risposte ai farmaci nelle diverse popolazioni e identificai motivi di queste
diversita‘. Differenze su base genetica di espressione o di attivita‘ di molecole
dell‘organismo rendono conto di risposte abnormi ai farmaci sia in termini
farmacodinamici che farmacocinetici.
FARMACOGENOMICA
E‘ quella parte della farmacologia che sfruttando le conoscenze della genetica
ottimizza la scelta e la dose di 1 farmaco in modo che la terapia adottata sia la +
adatta x ciascun individuo, suddividendo la popolazione di pazienti sulla base del loro
profilo genetico.
FARMACOVIGILANZA
E‘ la branca della farmacologia che tiene sotto controllo la sicurezza d‘uso di 1
farmaco, monitorando l‘insorgenza di effetti collaterali o tossici x l‘individuo o x la
popolazione.
CHEMIOTERAPIA
Sta ad indicare quelle forme di terapia che mirano alla lesione di cellule viventi
dannose x la salute: parassiti o le cellule neoplastiche.
TOSSICOLOGIA
Studia gli effetti dannosi su uomo, animali e piante di sostanze esogene come
farmaci, prodotti naturali, contaminanti, additivi e fitofarmaci.
ALCUNE DEFINIZIONI IMPORTANTI:
- COMPLIANCE è 1 termine che indica la completa adesione del paziente alla
terapia prescritta;
- FARMACI GENERICI sono farmaci x i quali è scaduto il brevetto ( termine che
si considera ragionevole in 25 anni);
- FARMACI MEE-TOO ( anche io) sono quei farmaci aventi la stessa azione
farmacologica e struttura chimica analoga;
- FARMACI SOFT-DRUG sono farmaci che vengono rapidamente degradati
enzimaticamente x dare metaboliti sicuramente inerti;
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- FARMACI OTC sono farmaci di automedicazione e che il medico puo‘
prescrivere ogni volta che ritiene opportuno;
- SOSTANZA D‘ ABUSO è 1 sostanza che promuove 1 comportamento mirato alla
riassunzione della stessa sostanza;
- DIPENDENZA CROCIATA e‘ la capacita‘ di 1 farmaco di sopprimere
manifestazioni di dipendenza fisica addotta da 1 altro farmaco e di mantenere lo
stato di dipendenza della prima;
- ALLERGIA è la reazione avversa da precedente sensibilizzazione al farmaco;
- IDIOSINCRASIA è l‘ alterata risposta al primo contatto con il farmaco: la
possono provocare per esempio farmaci quali SUCCINILCOLINA,
DEBRISOCHINA, PRIMACHINA, ISONIAZIDE;
- TOLLERANZA è la diminuzione progressiva della risposta ad 1 farmaco: la
possono provocare per esempio farmaci quali BARBITURICI, MORFINA,
AMFETAMINA, BENZODIAZEPINE;
- TACHIFILASSI è la tolleranza che si sviluppa rapidamente nei confronti di 1
farmaco o meglio è la diminuzione rapida della risposta ad 1 farmaco;
IL VIAGGIO DEL FARMACO NEL NOSTRO ORGANISMO
I farmaci sono quasi sempre composti estranei all‘organismo. Come tali, a differenza
delle sostanze endogene, essi non vengono prodotti ed eliminati in modo continuo.
L‘assorbimento, la biodisponibilità, la distribuzione e l‘eliminazione di un farmaco
sono quindi fattori determinanti per l‘inizio, la durata e l‘intensità della sua azione.
ASSORBIMENTO
Processo di trasferimento dei farmaci dalla sede di somministrazione alla circolazione
sistemica.
Sommario:
Introduzione
Trasporto attraverso le membrane cellulari
Somministrazione orale
Somministrazione parentale
Forme a rilascio controllato
L‘assorbimento dei farmaci è determinato dalle loro proprietà fisico-chimiche, dalle
loro formulazioni e dalle vie di somministrazione. I prodotti farmaceutici, cioè le
effettive preparazioni (p. es., compresse, capsule, soluzioni) costituite dal farmaco e
dagli eccipienti, sono formulate per essere somministrate per varie vie, tra le quali
l‘orale, la buccale, la sub-linguale, la rettale, la parenterale, la topica e l‘inalatoria. Un
requisito essenziale per l‘assorbimento è la dissoluzione del farmaco. I prodotti
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farmaceutici solidi (p. es., le compresse) si disintegrano e si disgregano, ma
l‘assorbimento può avvenire solo dopo che i farmaci sono entrati in soluzione.
Trasporto attraverso le membrane cellulari
La maggior parte delle vie di somministrazione (esclusa quella EV) imp lica la
necessità che i farmaci attraversino diverse membrane cellulari semipermeabili prima
di raggiungere la circolazione sistemica. Queste membrane sono barriere biologiche
che impediscono in maniera selettiva il passaggio delle molecole dei farmaci e sono
composte principalmente da una matrice molecolare lipidica bistratificata, contenente
soprattutto colesterolo e fosfolipidi. I lipidi conferiscono stabilità alla membrana e
sono responsabili delle sue caratteristiche di permeabilità. Nello spessore della
matrice lipidica sono inserite proteine globulari di diverse dimensioni e
composizione, le quali sono coinvolte nei processi di trasporto e funzionano come
recettori per la regolazione delle attività cellulari. I farmaci possono attraversare una
barriera biologica mediante i meccanismi della diffusione passiva, della diffusione
passiva facilitata, del trasporto attivo o della pinocitosi.
Diffusione passiva: in questo processo, il trasporto di un soluto attraverso una
membrana cellulare dipende dal suo gradiente di concentrazione. La maggior parte
delle molecole dei farmaci attraversa le membrane per diffusione semplice da una
regione ad alta concentrazione (p. es., i fluidi GI) a una regione a bassa
concentrazione (p. es., il sangue). Poiché le molecole dei farmaci vengono
rapidamente rimosse per opera del torrente circolatorio e distribuite in un ampio
volume di liquidi e tessuti dell‘organismo, la loro concentrazione nel sangue è
inizialmente bassa rispetto a quella presente nella sede di somministrazione, dando
luogo a un gradiente elevato. La velocità di diffusione è direttamente proporzionale al
gradiente, ma dipende anche dalla liposolubilità, dal grado di ionizzazione e dalle
dimensioni della molecola, nonché dall‘area della uperficie di assorbimento. Dal
momento che la membrana cellulare è di natura lipidica, i farmaci liposolubili
diffondono più velocemente di quelli relativamente non liposolubili. Le molecole di
piccole dimensioni tendono a passare attraverso le membrane più rapidamente di
quelle voluminose.
La maggior parte dei farmaci è rappresentata da basi o acidi organici deboli che in
ambiente acquoso si trovano in forma ionizzata e in forma non ionizzata. La forma
non ionizzata di solito è liposolubile e diffonde facilmente attraverso le membrane
cellulari; la forma ionizzata non è in grado di attraversare con facilità la membrana
cellulare a causa della sua bassa liposolubilità e della sua alta resistenza elettrica,
derivante dalla carica della molecola e dai gruppi polari presenti sulla superficie della
membrana stessa. Di conseguenza, la penetrazione dei farmaci nei compartimenti
biologici può essere attribuita per lo più alla loro forma non ionizzata. In condizioni
di equilibrio, la distribuzione di un farmaco ionizzabile sui due versanti di una
membrana è determinata dal pKa del farmaco (il pH al quale le concentrazioni della
sua forma non ionizzata e di quella ionizzata sono uguali) e dal gradiente di pH,
qualora sia presente. Per un acido debole, più elevato è il pH, più basso è il rapp orto
tra la forma non ionizzata e quella ionizzata. Nel plasma (pH 7,4), il rapporto tra la
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forma non ionizzata e quella ionizzata di un acido debole (p. es., con pK a di 4,4) è di
1:1000; nel succo gastrico (pH 1,4) il rapporto è invertito (1000:1). Quando l‘acido
debole viene somministrato per via orale, il gradiente di concentrazione del farmaco
non ionizzato tra lo stomaco e il plasma tende a essere elevato, favorendone la
diffusione attraverso la mucosa gastrica. In condizioni di equilibrio, le concentrazioni
del farmaco non ionizzato nello stomaco e nel plasma sono uguali, perché solo il
farmaco non ionizzato può passare attraverso le membrane; la concentrazione del
farmaco ionizzato nel plasma sarebbe quindi circa 1000 volte superiore a quella
presente nello stomaco. Per una base debole con un pKa di 4,4 il risultato è opposto.
Di conseguenza, in linea teorica, i farmaci debolmente acidi (p. es., l‘aspirina)
vengono assorbiti da un ambiente acido (lo stomaco) più facilmente di quanto non
facciano le basi deboli (p. es., la chinidina). Tuttavia, indipendentemente dal fatto che
un farmaco sia acido o basico, la maggior parte del suo assorbimento si verifica
comunque nell‘intestino tenue (v. Somministrazione orale, più avanti).
Diffusione passiva facilitata: per determinate molecole (p. es., il glucoso), la velocità
di attraversamento delle membrane è superiore a quella prevedibile sulla base della
loro bassa liposolubilità. Una delle ipotesi è che un componente di trasporto (carrier)
si combini reversibilmente con la molecola del substrato sulla superficie esterna della
membrana cellulare e che il complesso carrier-substrato diffonda rapidamente
attraverso la membrana liberando il substrato sul versante interno. La diffusione
mediata da carrier è caratterizzata dalla selettività e dalla saturabilità: il carrier
trasporta soltanto i substrati con una configurazione molecolare relativamente
specifica e il processo è limitato dalla disponibilità dei carrier. Questo meccanismo
non richiede dispendio di energia e non consente il trasporto contro un gradiente di
concentrazione.
Trasporto attivo: questo processo è caratterizzato da selettività e saturabilità e
richiede dispendio di energia da parte della cellula. I substrati possono accumularsi
nel compartimento intracellulare contro un gradiente di concentrazione. Il trasporto
attivo sembra essere limitato ai farmaci strutturalmente simili a sostanze endogene;
questi farmaci vengono solitamente assorbiti in tratti specifici dell‘intestino tenue.
Processi di trasporto attivo sono stati identificati per diversi ioni, vitamine, zuccheri e
aminoacidi.
Pinocitosi: è il meccanismo con il quale le cellule incorporano materiale liquido o
particelle solide. La membrana cellulare si invagina, circonda il fluido o le particelle
e quindi si fonde di nuovo formando una vescicola che in seguito si distacca e si
muove verso l‘interno della cellula. Anche questo meccanismo richiede dispendio di
energia. La pinocitosi riveste probabilmente un ruolo marginale nel trasporto dei
farmaci, se si eccettuano quelli di natura proteica.
Somministrazione orale
Nel caso della somministrazione orale, che è la via di somministrazione più comune,
l‘assorbimento si riferisce al trasporto dei farmaci attraverso le membrane delle
cellule epiteliali dell‘apparato GI. L‘assorbimento dopo la somministrazione orale è
14
reso incostante da differenze a carico del pH intraluminale lungo il tratto GI, dell‘area
della superficie di assorbimento per unità di volume luminale e della perfusione
ematica, oltre che dalla presenza di bile e muco e dalla natura delle membrane
epiteliali. Gli acidi vengono assorbiti più rapidamente nell‘intestino che nello
stomaco, contraddicendo in apparenza l‘ipotesi che un farmaco non ionizzato
attraversa le membrane con maggior facilità. In realtà, l‘apparente contraddizione è
spiegata dalla più ampia superficie di assorbimento e dalla maggiore permeabilità
delle membrane dell‘intestino tenue.
La mucosa orale possiede un epitelio sottile e una ricca vascolarizzazione che
favoriscono l‘assorbimento, ma il contatto è solitamente troppo breve, anche per i
farmaci in soluzione, perché abbia luogo un assorbimento apprezzabile. Un farmaco
posto tra le gengive e la guancia (somministrazione buccale) o sotto la lingua
(somministrazione sublinguale) viene trattenuto in situ più a lungo, consentendo un
assorbimento più completo.
Lo stomaco ha una superficie epiteliale relativamente estesa, ma poiché possiede uno
strato mucoso piuttosto spesso e il tempo in cui il farmaco vi staziona è di solito
relativamente breve, l‘assorbimento è limitato. Praticamente tutti i farmaci vengono
assorbiti più velocemente dall‘intestino tenue che dallo stomaco. Di conseguenza, lo
svuotamento gastrico è il passaggio limitante la velocità di assorbimento. Il cibo,
specialmente gli alimenti grassi, rallenta lo svuotamento gastrico (e la velocità di
assorbimento dei farmaci), spiegando perché alcuni farmaci debbano essere assunti a
stomaco vuoto quando si desidera un rapido inizio d‘azione. Il cibo può aumentare
l‘entità dell‘assorbimento dei farmaci scarsamente solubili (p. es., la griseofulvina),
può ridurre quella dei farmaci che vengono degradati nello stomaco (p. es., la
penicillina G), oppure avere effetti minimi o nulli. I farmaci che influenzano lo
svuotamento gastrico (p. es., i parasimpaticolitici) modificano la velocità di
assorbimento di altri farmaci.
Fra tutti i segmenti dell‘apparato GI, l‘intestino tenue possiede la più ampia
superficie per l‘assorbimento dei farmaci. Il pH intraluminale varia da 4 a 5 nel
duodeno, ma diviene via via progressivamente più alcalino, avvicinandosi a 8
nell‘ileo distale. La microflora GI può inattivare taluni farmaci, riducendone
l‘assorbimento. La riduzione del flusso ematico (p. es., nello shock) può diminuire il
gradiente di concentrazione tra i due versanti della mucosa intestinale e ridurre
l‘assorbimento che avviene per diffusione passiva. (Anche la diminuzione del flusso
ematico periferico altera la distribuzione e il metabolismo dei farmaci.)
Il tempo di transito intestinale può influenzare l‘assorbimento, particolarmente dei
farmaci che vengono assorbiti mediante trasporto attivo (p. es., le vitamine del
gruppo B), di quelli che si disciolgono lentamente (p. es., la griseofulvina) o di quelli
che sono troppo polari (cioè scarsamente liposolubili) per attraversare facilmente le
membrane (p. es., molti antibiotici). Per tali farmaci, il transito può risultare troppo
rapido perché l‘assorbimento sia completo.
L‘assorbimento delle preparazioni a rilascio controllato può avvenire principalmente
nell‘intestino crasso, particolarmente quando il rilascio del farmaco si protrae per più
di 6 h, il tempo necessario perché il contenuto intestinale giunga nel colon.
15
Assorbimento dei farmaci in soluzione: un farmaco somministrato per via orale in
soluzione viene a contatto con numerose secrezioni GI e, per essere assorbito, deve
superare indenne l‘esposizione a bassi valori di pH e a enzimi potenzialmente
degradanti. Di solito, anche se un farmaco è stabile nell‘ambiente intestinale, ben
poco di esso rimane nel lume fino a giungere nell‘intestino crasso. I farmaci poco
lipofilici (cioè con scarsa capacità di attraversare le membrane), come gli
aminoglicosidi, quando si trovano in soluzione vengono assorbiti lentamente nello
stomaco e nell‘intestino tenue; per tali farmaci, l‘assorbimento a livello dell‘intestino
crasso è prevedibilmente ancora più lento, perché l‘area della superficie di
assorbimento è minore. Di conseguenza, questi farmaci non sono buoni candidati per
le preparazioni a rilascio controllato.
Assorbimento dei farmaci in forma solida: la maggior parte dei farmaci viene
somministrata per via orale sotto forma di compresse o capsule, principalmente per
ragioni di praticità, di economia, di stabilità e di accettazione da parte del paziente.
Questi prodotti devono disgregarsi e disciogliersi prima che possa avvenirne
l‘assorbimento. La disgregazione aumenta notevolmente la quantità di molecole di
farmaco che vengono a contatto con i succhi GI, favorendo in questo modo la
dissoluzione e l‘assorbimento del farmaco stesso. Agenti disgreganti e altri eccipienti
(p. es., diluenti, lubrificanti, surfattanti, leganti, disperdenti) vengono spesso aggiunti
al farmaco durante la fabbricazione per facilitare questi processi. I surfattanti
aumentano la velocità di dissoluzione incrementando la permeabilità all‘acqua, la
solubilità e la capacità di dispersione del farmaco. La disgregazione delle
preparazioni solide può essere ritardata dall‘applicazione di una pressione eccessiva
durante il confezionamento delle compresse oppure da speciali rivestimenti applicati
per proteggere le compresse dai processi digestivi intestinali. I lubrificanti idrofobi
(p. es., lo stearato di magnesio) possono legarsi al farmaco attivo e ridurre la sua
biodisponibilità.
La velocità di dissoluzione determina la maggiore o minore disponibilità del farmaco
per l‘assorbimento. Nel caso in cui la dissoluzione sia più lenta dell‘assorbimento,
essa diventa la tappa limitante la velocità del processo. L‘assorbimento complessivo
può essere regolato tramite modificazioni della formulazione del farmaco. Per
esempio, la riduzione delle dimensioni delle particelle aumenta la superficie di
contatto della sostanza, aumentando in questo modo la velocità e il grado
dell‘assorbimento GI di un farmaco il cui assorbimento è normalmente limitato da
una lenta dissoluzione. La velocità di dissoluzione è diversa a seconda che il farmaco
sia in forma salina, cristallina o idrata. I sali di Na degli acidi deboli (p. es.,
barbiturici, salicilati) si dissolvono più rapidamente dei loro corrispondenti acidi
liberi, indipendentemente dal pH del mezzo. Alcuni farmaci sono polimorfici,
esistendo in forme amorfe o in forme cristalline di vario tipo. Il cloramfenicolo
palmitato esiste in due forme, ma soltanto una di esse si dissolve e viene assorbita in
grado sufficiente per essere clinicamente utile. Un idrato si forma quando una o più
molecole di acqua si combinano con una molecola di un farmaco in forma cristallina.
La solubilità di tale solvato può essere molto differente da quella della forma non
16
solvata; p. es., l‘ampicillina anidra ha una velocità di dissoluzione e di assorbimento
più elevata rispetto alla sua corrispondente forma triidrata.
Somministrazione parenterale
L‘introduzione diretta di un farmaco nel torrente circolatorio (solitamente EV)
assicura l‘arrivo nella circolazione sistemica dell‘intera dose somministrata. Il
trasferimento di tutta la dose non è però garantito se una via di somministrazione
richiede il passaggio attraverso una o più membrane biologiche per raggiungere la
circolazione sistemica (iniezione IM o SC). Per i farmaci proteici con una massa
molecolare > 20000 g/mol, il passaggio attraverso le membrane capillari è così lento,
che dopo una somministrazione IM o SC la maggior parte dell‘assorbimento avviene
per sottrazione attraverso il sistema linfatico. In questi casi, la velocità di trasporto
nella circolazione sistemica è bassa e spesso incompleta a causa del metabolismo di
primo passaggio per opera degli enzimi proteolitici presenti nei vasi linfatici.
Poiché i capillari tendono a essere altamente permeabili, la perfusione (flusso
ematico/grammo di tessuto) influenza notevolmente la velocità di assorbimento delle
molecole di piccole dimensioni. Quindi, la sede di iniezione può avere un effetto
considerevole sulla velocità di assorbimento di un farmaco; p. es., la velocità di
assorbimento del diazepam iniettato IM in una sede con scarso flusso ematico può
essere molto inferiore a quella che si osserva dopo somministrazione orale.
L‘assorbimento può essere ritardato o irregolare quando vengono iniettati IM i sali di
acidi e di basi scarsamente solubili. La forma parenterale della fenitoina è una
soluzione al 40% del suo sale sodico in glicole propilenico, con un pH di circa 12.
Quando la soluzione viene iniettata IM, il glicole propilenico viene assorbito e i
liquidi tissutali, agendo come un tampone, riducono il pH, provocando uno
spostamento dell‘equilibrio tra la forma ionizzata e la forma acida libera del farmaco.
Quindi l‘acido libero, scarsamente solubile, precipita. Il risultato è che la dissoluzione
e l‘assorbimento impiegano da 1 a 2 settimane per completarsi.
Forme a rilascio controllato
Le preparazioni a rilascio controllato hanno lo scopo di ridurre la frequenza delle
somministrazioni e di diminuire le fluttuazioni della concentrazione plasmatica dei
farmaci, in modo da garantire un effetto terapeutico più uniforme. Una
somministrazione meno frequente è più pratica e può migliorare la compliance del
paziente. Queste preparazioni trovano un impiego ideale per i farmaci che altrimenti
richiederebbero somministrazioni frequenti a causa della brevità della loro emivita di
eliminazione e della durata del loro effetto.
Le forme a rilascio controllato destinate alla somministrazione orale sono spesso
formulate in modo da mantenere le concentrazioni terapeutiche del farmaco per un
periodo pari o superiore a 12 h. La velocità di assorbimento può essere controllata
rivestendo le particelle del farmaco con sostanze cerose o con altri materiali non
idrosolubili, includendo il farmaco in una matrice dalla quale viene liberato
17
lentamente durante il transito attraverso il tratto GI, oppure complessando il farmaco
con resine a scambio ionico.
Le preparazioni a rilascio controllato per uso transdermico hanno lo scopo di
garantire il rilascio del farmaco per periodi prolungati; p. es., la diffusione della
clonidina attraverso una membrana assicura la cessione controllata del farmaco per
una settimana, e un polimero impregnato di nitroglicerina adsorbito su un cerotto
adesivo consente la cessione controllata del farmaco per 24 h. I farmaci a rilascio
transdermico devono possedere appropriate capacità di penetrazione cutanea e
notevole potenza, perché il tasso di penetrazione e l‘area di applicazione sono
limitati.
Molte preparazioni parenterali non endovenose sono formulate in modo da mantenere
elevati nel tempo i livelli ematici. Per gli antibiotici, i sali relativamente insolubili (p.
es., la penicillina G benzatina) iniettati IM garantiscono il mantenimento di
concentrazioni terapeutiche per periodi prolungati. Per altri farmaci, vengono
formulate sospensioni o soluzioni in veicoli non acquosi (p. es., le iniezioni di
insulina in sospensioni cristalline). L‘insulina amorfa, dotata di un‘elevata superficie
di contatto per la dissoluzione, ha un rapido inizio e una breve durata di azione.
BIODISPONIBILITA'
Grado (e talvolta velocità) nel quale la forma attiva di un farmaco (cioè il farmaco
stesso o un suo metabolita) raggiunge la circolazione sistemica, acquisendo così la
capacità di accedere al suo sito di azione.
Sommario:
Introduzione
Cause di bassa biodisponibilità
Valutazione della biodisponibilità
Le proprietà fisico-chimiche di un farmaco sono responsabili del suo potenziale di
assorbimento, ma le proprietà della forma farmaceutica (che in parte dipendono dalla
sua progettazione e fabbricazione) possono determinare in larga misura la sua
biodisponibilità. Le differenze di biodisponibilità tra le formulazioni di un
determinato farmaco possono avere un‘importanza clinica non trascurabile. Di
conseguenza, il concetto di equivalenza tra le varie preparazioni farmaceutiche è
determinante per poter prendere decisioni cliniche avvedute. L‘equivalenza chimica
si riferisce alle preparazioni farmaceutiche che contengono lo stesso composto nella
medesima quantità e che soddisfano gli standard ufficiali vigenti; tuttavia, i
componenti farmacologicamente inattivi presenti nelle preparazioni possono essere
diversi. La bioequivalenza si riferisce agli equivalenti chimici che, quando vengono
somministrati alla stessa persona con il medesimo regime di dosaggio, danno luogo a
concentrazioni equivalenti del farmaco nel sangue e nei tessuti. L‘equivalenza
terapeutica si riferisce alle preparazioni farmaceutiche che, quando vengono
somministrate alla stessa persona con il medesimo regime di dosaggio, danno origine
18
essenzialmente allo stesso effetto terapeutico o alla stessa tossicità. È logico
attendersi che le preparazioni bioequivalenti siano anche terapeuticamente
equivalenti.
I problemi terapeutici (p. es., tossicità, mancanza di efficacia) si incontrano più
frequentemente nel corso dei trattamenti di lunga durata quando a un paziente ormai
stabilizzato con l‘impiego di una certa formulazione viene somministrato un farmaco
non equivalente in sostituzione del primo (come avviene per la digossina o la
fenitoina).
Talvolta l‘equivalenza terapeutica può essere ottenuta nonostante le differenze di
biodisponibilità. Per esempio, l‘indice terapeutico (rapporto tra la massima dose
tollerata e la minima dose efficace) della penicillina è talmente ampio che discrete
differenze di concentrazione ematica dovute alle differenze di biodisponibilità tra le
varie preparazioni penicilliniche possono non influenzare l‘efficacia o la sicurezza
terapeutica. Al contrario, le differenze di biodisponibilità sono importanti per un
farmaco con un indice terapeutico relativamente ristretto.
La biodisponibilità è influenzata anche dalle caratteristiche fisiologiche del paziente e
dalla presenza di patologie concomitanti.
La velocità di assorbimento è importante, perché anche quando un farmaco viene
assorbito completamente, esso può essere assorbito troppo lentamente per produrre
con sufficiente rapidità una concentrazione terapeutica nel sangue, oppure così
velocemente da causare tossicità per le elevate concentrazioni raggiunte dopo ogni
dose.
Cause di bassa biodisponibilità
Quando un farmaco si dissolve rapidamente e attraversa facilmente le membrane,
l‘assorbimento tende a essere completo, ma l‘assorbimento dei farmaci somministrati
per via orale non è sempre completo. Prima di raggiungere la vena cava, un farmaco
deve percorrere il canale GI e passare attraverso la parete intestinale e il fegato, sedi
comuni di metabolizzazione dei farmaci; pertanto, un farmaco può essere
metabolizzato (metabolismo di primo passaggio) prima ancora di poter essere dosato
nella circolazione sistemica. Molti farmaci hanno una bassa biodisponibilità per via
orale a causa del cospicuo metabolismo di primo passaggio. Per tali farmaci (p. es.,
l‘isoproterenolo, la noradrenalina, il testosterone), l‘estrazione a livello di questi
tessuti è così ampia che la biodisponibilità è praticamente nulla. Per i farmaci che
possiedono un metabolita attivo, le conseguenze terapeutiche del metabolismo di
primo passaggio dipendono dal contributo relativo del farmaco e del metabolita agli
effetti desiderati e indesiderati.
Una bassa biodisponibilità si osserva più comunemente con le preparazioni orali dei
farmaci poco idrosolubili che vengono assorbiti lentamente. Quando l‘assorbimento è
lento o incompleto, la biodisponibilità può essere influenzata da un maggior numero
di fattori rispetto a quanto avviene con un assorbimento rapido e completo; in questo
modo, un assorbimento incompleto o lento conduce spesso a risposte terapeutiche
variabili.
19
La permanenza nel tratto GI per un tempo insufficiente è una causa frequente di bassa
biodisponibilità. I farmaci assunti per via orale rimangono a contatto con la parete
dell‘intero tratto GI per non più di 1 o 2 gg e con quella dell‘intestino tenue
solamente per 2-4 h. Se il farmaco non si dissolve facilmente o non è in grado di
attraversare efficacemente la membrana epiteliale (p. es., se è altamente ionizzato e
polare), il tempo di permanenza a livello della sede di assorbimento può non essere
sufficiente. In queste circostanze la biodisponibilità, oltre a essere bassa, tende a
subire variazioni considerevoli. L‘età, il sesso, l‘attività fisica, il fenotipo genetico, lo
stress, le malattie (p. es., l‘acloridria, le sindromi da malassorbimento) o precedenti
interventi chirurgici sull‘apparato GI possono influenzare la biodisponibilità dei
farmaci.
Essa inoltre può essere ridotta dalle reazioni chimiche che entrano in competizione
con l‘assorbimento. Queste reazioni includono la formazione di complessi (p. es., fra
la tetraciclina e gli ioni metallici polivalenti), l‘idrolisi per opera del succo gastrico
acido o degli enzimi digestivi (p. es., l‘idrolisi della penicillina e del cloramfenicolo
palmitato), la coniugazione a livello della parete intestinale (p. es., la coniugazione
con zolfo dell‘isoproterenolo), l‘adsorbimento ad altri farmaci (p. es., la digossina e
la colestiramina) e il metabolismo da parte della microflora intestinale.
Valutazione della biodisponibilità
La valutazione della biodisponibilità effettuata mediante le misurazioni seriate della
concentrazione plasmatica comporta solitamente la determinazione della
concentrazione plasmatica massima (di picco) del farmaco, quella del tempo
necessario per raggiungere la concentrazione plasmatica massima (tempo di picco) e
il calcolo dell‘area al di sotto della curva concentrazione plasmatica-tempo (Area
Under plasma concentration-time Curve, AUC). La concentrazione plasmatica dei
farmaci aumenta con l‘entità dell‘assorbimento; il picco viene raggiunto quando la
velocità di eliminazione del farmaco diviene uguale alla velocità di assorbimento. Le
determinazioni della biodisponibilità basate sulla sola concentrazione plasmatica di
picco possono essere ingannevoli, perché l‘eliminazione dei farmaci ha inizio appena
essi entrano in circolo. L‘indice generico della velocità di assorbimento utilizzato più
diffusamente è il tempo di picco; più è lento l‘assorbimento, più il tempo di picco è
tardivo. Tuttavia spesso il tempo di picco non rappresenta una buona misura
statistica, perché è un parametro di tipo discreto che dipende dalla frequenza con cui
vengono prelevati i campioni di sangue e, nel caso di curve di concentrazione
relativamente piatte in prossimità del picco, dalla riproducibilità dell‘analisi.
L‘AUC è la misura più attendibile della biodisponibilità. Essa è direttamente
proporzionale alla quantità totale di farmaco immodificato che raggiunge la
circolazione sistemica. Per una determinazione accurata, il sangue deve essere
prelevato frequentemente per un periodo di tempo abbastanza lungo da osservare
l‘eliminazione pressoché completa del farmaco. Le preparazioni farmaceutiche
possono essere considerate bioequivalenti per grado e velocità di assorbimento se le
loro curve di concentrazione plasmatica sono sostanzialmente sovrapponibili. Le
preparazioni che possiedono AUC simili ma le cui curve di concentrazione
20
plasmatica hanno un andamento differente sono equivalenti per il grado di
assorbimento, ma differiscono quanto al profilo velocità-tempo di assorbimento.
Dose singola o dosi multiple: la biodisponibilità può essere valutata dopo una dose
singola oppure dopo dosi ripetute (multiple). Dopo una dose singola si ottengono più
informazioni sulla velocità di assorbimento di quanto non avvenga dopo
somministrazioni multiple. Tuttavia, queste ultime rappresentano più da vicino le
circostanze cliniche abituali e inoltre le concentrazioni plasmatiche sono solitamente
più elevate rispetto a quelle che si osservano dopo una dose singola, facilitando
l‘analisi dei dati. Dopo più somministrazioni separate da un intervallo di tempo
prefissato per un periodo pari a quattro o cinque volte l‘emivita di eliminazione, la
concentrazione ematica del farmaco dovrebbe trovarsi allo stato di equilibrio (cioè la
quantità assorbita equivale alla quantità eliminata in ogni intervallo di
somministrazione). L‘entità dell‘assorbimento può quindi essere analizzata
misurando l‘AUC in corrispondenza di un intervallo di somministrazione. La
misurazione dell‘AUC nelle 24 h è probabilmente da preferire, a causa delle
variazioni circadiane delle funzioni fisiologiche e delle possibili variazioni degli
intervalli di somministrazione e delle velocità di assorbimento durante la giornata.
Per i farmaci escreti principalmente immodificati con le urine, la biodisponibilità può
essere stimata misurando la quantità totale del farmaco escreta dopo una singola
somministrazione. Idealmente, le urine vengono raccolte per un periodo pari a 7-10
volte l‘emivita di eliminazione, in modo da ritrovarvi tutto il farmaco assorbito. La
biodisponibilità può essere determinata anche dopo somministrazioni multiple
mediante la determinazione del farmaco immodificato presente nelle urine delle 24 h
in condizioni stazionarie.
DISTRIBUZIONE
Sommario:
Introduzione
Volume apparente di distribuzione
Legame
Barriera emato-encefalica
Dopo che un farmaco è entrato in circolo, esso viene distribuito ai tessuti
dell‘organismo. La distribuzione di solito non è uniforme, a causa delle differenze di
perfusione ematica, legame tissutale, pH distrettuale e permeabilità delle membrane
cellulari.
La velocità di ingresso di un farmaco in un tessuto dipende dall‘entità del flusso
ematico tissutale, dalla massa del tessuto e dalle caratteristiche di ripartizione tra
sangue e tessuto. L‘equilibrio di distribuzione (situazione in cui la velocità di
ingresso e quella di uscita sono uguali) fra il sangue e i tessuti viene raggiunto più
rapidamente nelle aree riccamente vascolarizzate rispetto alle aree scarsamente
perfuse, a meno che la diffusione attraverso le barriere di membrana non costituisca
21
la tappa limitante la velocità del processo. Una volta raggiunto l‘equilibrio, le
concentrazioni del farmaco (legato e libero, v. oltre) nei tessuti e nei liquidi
extracellulari seguono di pari passo la concentrazione plasmatica.
Contemporaneamente alla distribuzione avvengono anche il metabolismo e
l‘escrezione, rendendo il processo dinamico e complesso
Volume apparente di distribuzione
Il volume di liquido nel quale un farmaco sembra essere distribuito o diluito viene
definito volume apparente di distribuzione (volume di liquido necessario per
contenere tutto il farmaco presente nell‘organismo alla stessa concentrazione alla
quale esso è presente nel plasma). Questo parametro fornisce un termine di
riferimento per la concentrazione plasmatica attesa dopo una determinata dose e per
la dose richiesta per ottenere una determinata concentrazione. Tuttavia, esso fornisce
scarse informazioni sul pattern specifico di distribuzione. Ogni farmaco viene infatti
distribuito nell‘organismo in modo caratteristico; alcuni farmaci si localizzano nel
grasso, altri rimangono nel ECF e altri ancora vengono legati avidamente a tessuti
specifici, solitamente il fegato o il rene.
Molti farmaci acidi (p. es., il warfarin, l‘acido salicilico) vengono legati in misura
notevole alle proteine e pertanto hanno un piccolo volume apparente di distribuzione.
Molti farmaci basici (p. es., l‘amfetamina, la meperidina) vengono captati avidamente
dai tessuti e pertanto hanno un volume apparente di distribuzione superiore al volume
dell‘intero organismo.
Legame
L‘entità della distribuzione dei farmaci nei tessuti dipende dall‘entità del legame con
le proteine plasmatiche e con i tessuti stessi.
Legame con le proteine plasmatiche: i farmaci vengono trasportati nel torrente
circolatorio in parte in soluzione come farmaci liberi (non legati) e in parte legati a
componenti del sangue (p. es., le proteine plasmatiche e le cellule ematiche). Il
rapporto tra la quota di farmaco legato e quella di farmaco libero nel plasma è
determinato principalmente dall‘interazione reversibile tra il farmaco e la proteina
plasmatica alla quale esso si lega, interazione regolata dalla legge dell‘azione di
massa. Molte proteine plasmatiche sono in grado di interagire con i farmaci. Le più
importanti sono l‘albumina, l‘alfa1-glicoproteina acida e le lipoproteine. I farmaci
acidi in genere vengono legati prevalentemente all‘albumina e i farmaci basici
all‘alfa1-glicoproteina acida e/o alle lipoproteine. Si pensa che solo il farmaco libero
sia disponibile per la diffusione passiva verso i siti extravascolari o tissutali
all‘interno dei quali si esplicano gli effetti farmacologici. Perciò, la concentrazione
del farmaco libero può essere più strettamente correlata alla concentrazione del
farmaco a livello del sito di azione e agli effetti farmacologici, rendendo spesso la
frazione libera (rapporto tra la concentrazione del farmaco libero e quella del farmaco
totale) un parametro più utile di quanto non sia la frazione legata. Il legame alle
proteine plasmatiche influenza la distribuzione e il rapporto apparente tra l‘attività
22
farmacologica e la concentrazione plasmatica totale dei farmaci. Alle alte
concentrazioni, la quantità di farmaco legato si avvicina a un limite superiore
dipendente dal numero di siti di legame disponibili, la cui conseguenza è la
saturabilità. La saturabilità è alla base delle interazioni competitive tra i farmaci .
Legame con i tessuti: i farmaci si legano a molte sostanze diverse dalle proteine. Il
legame può essere altamente specifico, come nel caso della clorochina e degli acidi
nucleici. Esso avviene solitamente quando un farmaco si unisce a una macromolecola
in ambiente acquoso, ma può avvenire anche quando un farmaco è ripartito nel grasso
dell‘organismo. Poiché il tessuto adiposo è scarsamente perfuso, il tempo necessario
per raggiungere l‘equilibrio è lungo, specialmente se il farmaco ha un‘alta affinità per
il grasso.
Accumulo dei farmaci in siti di deposito: l‘accumulo dei farmaci nei tessuti o nei
compartimenti corporei può prolungare la permanenza del farmaco nel plasma e la
durata della sua azione, in quanto i tessuti rilasciano il farmaco depositato man mano
che la concentrazione plasmatica diminuisce. Anche la localizzazione del sito di
azione e le differenze relative di distribuzione tissutale possono essere importanti. Per
l‘anestetico tiopentale, l‘accumulo in siti di deposito tissutali abbrevia inizialmente
l‘effetto del farmaco, ma dopo somministrazioni ripetute lo prolunga. Il tiopentale è
altamente liposolubile e dopo una singola somministrazione EV si distribuisce
rapidamente al cervello. Dopo una dose singola, la concentrazione di tiopentale nel
cervello aumenta per pochi minuti, poi diminuisce parallelamente alla concentrazione
plasmatica. L‘anestesia termina rapidamente non appena il farmaco si ridistribuisce in
tessuti perfusi più lentamente. Tuttavia, se la concentrazione plasmatica viene seguita
sufficientemente a lungo, si può distinguere una terza fase di distribuzione durante la
quale il farmaco viene rilasciato lentamente dal tessuto adiposo. Con la
somministrazione continua di tiopentale, grandi quantità di farmaco si possono
accumulare nel tessuto adiposo, con il risultato di un prolungamento delle
concentrazioni plasmatiche dell‘anestetico.
Alcuni farmaci si accumulano, producendo concentrazioni intracellulari superiori a
quelle del ECF, il più delle volte perché si legano con le proteine, i fosfolipidi o gli
acidi nucleici. I farmaci antimalarici (p. es., la clorochina) producono concentrazioni
nei GB e nelle cellule epatiche migliaia di volte superiori a quelle plasmatiche. Il
farmaco accumulato è in equilibrio con il farmaco presente nel plasma e si sposta nel
compartimento intravascolare man mano che procede la sua eliminazione
dall‘organismo.
Barriera emato-encefalica
I farmaci raggiungono il SNC attraverso i capillari cerebrali e il LCR. Nonostante il
cervello riceva circa 1/6 della gittata cardiaca, la distribuzione dei farmaci al tessuto
cerebrale è limitata. Alcuni farmaci liposolubili (p. es., il tiopentale) penetrano nel
cervello e vi esercitano i loro effetti farmacologici rapidamente, ma molti farmaci,
particolarmente quelli più idrosolubili, vi penetrano lentamente. Le cellule endoteliali
dei capillari cerebrali, le quali sembrano essere più strettamente congiunte le une alle
23
altre di quanto non siano quelle di altri distretti capillari, contribuiscono a rallentare
la diffusione dei farmaci idrosolubili. Un‘altra barriera nei confronti dei farmaci
idrosolubili è rappresentata dalle cellule del tessuto connettivo gliale (astrociti), che
formano uno strato di rivestimento in stretto contatto con la membrana basale
dell‘endotelio capillare. L‘endotelio capillare e il rivestimento astrocitario
costituiscono la barriera emato-encefalica. Poiché la barriera è costituita dalla parete
capillare, più che dalle cellule parenchimali, le caratteristiche della permeabilità
cerebrale sono diverse da quelle degli altri tessuti. Così, i composti polari non sono in
grado di penetrare nel cervello, nonostante possano entrare nei liquidi interstiziali
della maggior parte degli altri tessuti. È stata proprio l‘osservazione che i coloranti
polari sono in grado di penetrare nella maggior parte dei tessuti ma non nel SNC, a
portare all‘elaborazione del concetto di barriera emato-encefalica.
I farmaci possono entrare nel LCR ventricolare direttamente attraverso i plessi
corioidei, raggiungendo poi il tessuto cerebrale per diffusione passiva. Anche nei
plessi corioidei, gli acidi organici (p. es., la penicillina) vengono trasportati
attivamente dal LCR al sangue.
La velocità di ingresso di un farmaco nel LCR o nelle cellule di altri tessuti è
determinata principalmente dall‘entità del legame con le proteine, dal grado di
ionizzazione e dal coefficiente di ripartizione lipidi/acqua del farmaco. La velocità di
penetrazione nel cervello è bassa per i farmaci altamente legati alle proteine e può
essere talmente bassa per le forme ionizzate degli acidi e delle basi deboli da risultare
praticamente nulla.
Dal momento che il SNC ha un‘irrorazione di entità considerevole, la permeabilità
rappresenta generalmente il principale determinante della velocità di distribuzione dei
farmaci. Tuttavia, per i liquidi interstiziali della maggior parte dei tessuti, uno dei
fattori principali è la perfusione. Per i tessuti scarsamente perfusi (p. es., il tessuto
muscolare o quello adiposo) la distribuzione è molto lenta, specialmente se il tessuto
ha un‘alta affinità per il farmaco.
ELIMINAZIONE
Insieme dei processi di rimozione (metabolismo ed escrezione) dei farmaci
dall‘organismo.
METABOLISMO
Sommario:
Introduzione
Vie biochimiche del metabolismo
Variazioni legate all‘età
Variazioni individuali
Limite di capacità
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Il fegato è la sede principale del metabolismo (modificazione chimica) dei farmaci
nell‘organismo. Alcuni metaboliti sono farmacologicamente attivi. Una sostanza
inattiva che possiede un metabolita attivo è chiamata profarmaco, particolarmente se
è stata studiata per distribuire la sua forma attiva in maniera più efficace.
Vie biochimiche del metabolismo
Il metabolismo dei farmaci coinvolge una vasta gamma di reazioni chimiche, che
comprendono l‘ossidazione, la riduzione, l‘idrolisi, l‘idratazione, la coniugazione, la
condensazione e l‘isomerizzazione. Gli enzimi che vi intervengono sono presenti in
molti tessuti, ma generalmente sono più concentrati nel fegato. Per molti farmaci, il
metabolismo avviene in due fasi distinte. Le reazioni di fase I comportano la
formazione di un gruppo funzionale nuovo o modificato oppure una scissione
(ossidazione, riduzione, idrolisi); esse sono reazioni di tipo non sintetico. Le reazioni
di fase II prevedono la coniugazione con un composto endogeno (p. es., l‘acido
glucuronico, il solfato, la glicina) e pertanto sono reazioni di tipo sintetico. I
metaboliti che si formano durante le reazioni sintetiche sono più polari e vengono
escreti più facilmente dai reni (con le urine) e dal fegato (con la bile) rispetto a quelli
che si formano nelle reazioni non sintetiche. Alcuni farmaci vengono sottoposti in
maniera alternativa alle reazioni di fase I oppure a quelle di fase II; la numerazione
delle fasi ha quindi un carattere funzionale piuttosto che sequenziale.
Citocromo P-450: il più importante sistema enzimatico del metabolismo di fase I è il
citocromo P-450, una superfamiglia di isoenzimi microsomiali che trasferiscono
elettroni e di conseguenza catalizzano l‘ossidazione di molti farmaci. Gli elettroni
vengono forniti dalla NADPH-citocromo P-450 reduttasi, una flavoproteina che
trasferisce elettroni dal NADPH (la forma ridotta del nicotinamide adenin
dinucleotide fosfato) al citocromo P-450. Gli enzimi del citocromo P-450 sono
raggruppati in 14 famiglie di geni, caratteristiche dei mammiferi, che hanno in
comune l‘identità della sequenza del DNA e la presenza di 17 sottofamiglie. Essi
vengono contrassegnati dalla sigla comune CYP, seguita da un numero arabo che
indica la famiglia, da una lettera che indica la sottofamiglia e da un altro numero
arabo che indica il gene specifico. Gli enzimi delle sottofamiglie 1A, 2B, 2C, 2D e
3A sono fondamentali per il metabolismo dei mammiferi; il CYP1A2, il CYP2C9, il
CYP2C19, il CYP2D6 e il CYP3A4 sono importanti per il metabolismo dell‘uomo.
La specificità degli enzimi contribuisce a spiegare molte delle interazioni tra i
farmaci; Differenze genetiche fra un paziente e l‘altro possono modificare queste
interazioni.
Coniugazione: la glucuronazione, la più comune reazione di fase II, è la sola che
avviene nel sistema enzimatico microsomiale del fegato. I glucuronidi vengono
secreti nella bile ed eliminati con le urine. Il cloramfenicolo, il meprobamato e la
morfina vengono metabolizzati in questo modo. La coniugazione aminoacidica con
glutamina o glicina produce composti (p. es., l‘acido salicilurico formato da acido
salicilico e glicina) che vengono rapidamente escreti con le urine ma che non
vengono estesamente secreti nella bile. L‘acetilazione è la via metabolica principale
per i sulfamidici. Anche l‘idralazina, l‘isoniazide e la procainamide vengono
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acetilate. La sulfoconiugazione è la reazione che avviene tra un gruppo fenolico o
alcolico e il solfato inorganico, il quale in parte deriva dagli aminoacidi solforati (p.
es., la cisteina). Gli esteri solfati così formati sono composti polari e vengono
facilmente escreti con le urine. I farmaci che formano coniugati solfati includono il
paracetamolo, l‘estradiolo, la metildopa, il minoxidil e la tiroxina. La metilazione è
una delle vie metaboliche più importanti per l‘inattivazione di alcune catecolamine.
Vengono metilati anche la niacinamide e il tiouracile.
Variazioni legate all‘età
Poiché i neonati possiedono sistemi enzimatici microsomiali epatici ancora non
completamente sviluppati, essi hanno difficoltà a metabolizzare molti farmaci (p. es.,
l‘esobarbitale, la fenacetina, l‘amfetamina, la clorpromazina). Nei neonati, la
maggiore lentezza della conversione in glucuronidi può avere effetti gravi. Per
esempio, dosi equivalenti in mg/kg di cloramfenicolo che vengono ben tollerate dai
pazienti più grandi possono portare alla sindrome del neonato grigio e a
concentrazioni ematiche di cloramfenicolo persistentemente elevate.
I pazienti anziani hanno spesso una ridotta capacità di metabolizzazione dei farmaci.
La riduzione varia a seconda del farmaco e non è mai grave come quella che si
osserva nei neonati
Variazioni individuali
A causa della variabilità individuale è difficile prevedere quale sarà la risposta clinica
a una determinata dose di un farmaco. Alcuni pazienti metabolizzano un farmaco così
rapidamente che le concentrazioni ematiche e tissutali terapeuticamente efficaci non
vengono mai raggiunte; in altri, il metabolismo può essere così lento che le dosi
abituali producono effetti tossici. Per esempio, le concentrazioni plasmatiche di
fenitoina allo stato stazionario variano da 2,5 a più di 40 mg/l (da 10 a più di 160
millimol/l) in pazienti diversi che ne abbiano assunta una dose giornaliera di 300 mg.
Una certa variabilità è dovuta alle differenze nella quantità dell‘enzima chiave
disponibile nel fegato, il CYP2C9, e alle differenze nell‘affinità dell‘enzima per il
farmaco. I fattori genetici svolgono un ruolo di primo piano nel determinare queste
differenze, ma possono contribuirvi anche le malattie concomitanti (particolarmente
le epatopatie croniche) e le interazioni farmacologiche (specialmente quelle che
provocano l‘induzione o l‘inibizione del metabolismo).
Limite di capacità
Per quasi tutti i farmaci, la velocità di metabolizzazione di ciascun enzima di ogni
determinata via metabolica possiede un limite superiore (limite di capacità). Alle
concentrazioni terapeutiche, di solito viene occupata soltanto una piccola frazione dei
siti enzimatici e la velocità di metabolizzazione aumenta con la concentrazione del
farmaco. Occasionalmente, quando la maggior parte dei siti enzimatici è stata
occupata, la velocità di metabolizzazione non aumenta in maniera proporzionale alla
concentrazione del farmaco. La conseguenza è un metabolismo limitato dalla
capacità. La fenitoina e l‘alcol possiedono questo tipo di metabolismo, il quale
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fornisce una spiegazione della variabilità delle concentrazioni di fenitoina tra un
paziente e l‘altro dopo una dose giornaliera fissa di 300 mg.
ESCREZIONE
Processo mediante il quale un farmaco o un suo metabolita viene eliminato
dall‘organismo senza subire ulteriori trasformazioni chimiche.
Sommario:
Introduzione
Escrezione renale
Escrezione biliare
I reni, che eliminano le sostanze idrosolubili, sono i principali organi deputati
all‘escrezione dei farmaci. Il sistema biliare contribuisce all‘escrezione nella misura
in cui il farmaco non viene riassorbito dal tratto GI. Generalmente, il contributo
escretorio dell‘intestino, della saliva, del sudore, del latte materno e dei polmoni è
piccolo, se si eccettua l‘eliminazione respiratoria degli anestetici volatili. Nonostante
l‘escrezione attraverso il latte materno possa essere di scarsa importanza per la
madre, essa può averne per il lattante
Escrezione renale
Filtrazione glomerulare e riassorbimento tubulare: circa 1/5 del plasma che raggiunge
il glomerulo viene filtrato attraverso i pori dell‘endotelio glomerulare; il rimanente
passa attraverso le arteriole efferenti che circondano i tubuli renali. I farmaci legati
alle proteine plasmatiche non vengono filtrati; nel filtrato è contenuto soltanto
farmaco in forma libera. Il riassorbimento tubulare renale dei farmaci è regolato dai
principi del passaggio attraverso le membrane. I composti polari e gli ioni non
possono diffondere in direzione retrograda nella circolazione sanguigna e vengono
quindi escreti, a meno che non esista un meccanismo di trasporto specifico per il loro
riassorbimento (come avviene p. es., per il glucoso, l‘acido ascorbico e le vitamine
del gruppo B).
Effetti del pH urinario: il filtrato glomerulare che giunge nel tubulo prossimale ha lo
stesso pH del plasma, ma il pH delle urine finali varia da 4,5 a 8,0. Questa variabilità
del pH può influenzare notevolmente la velocità di escrezione dei farmaci. Dal
momento che le forme non ionizzate degli acidi deboli e delle basi deboli non polari
tendono a essere riassorbite rapidamente dai liquidi tubulari, l‘acidificazione delle
urine aumenta il riassorbimento (cioè riduce l‘escrezione) degli acidi deboli e riduce
il riassorbimento (cioè aumenta l‘escrezione) delle basi deboli. L‘alcalinizzazione
delle urine produce l‘effetto opposto.
In alcuni casi di sovradosaggio, questi principi possono essere applicati per
aumentare l‘escrezione degli acidi o delle basi deboli. Per esempio, l‘alcalinizzazione
delle urine aumenta l‘escrezione degli acidi deboli fenobarbital e aspirina, e
l‘acidificazione può accelerare l‘escrezione delle basi, come la metamfetamina. La
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misura in cui le variazioni del pH urinario modificano la velocità di eliminazione dei
farmaci dipende dal contributo dell‘escrezione renale all‘eliminazione complessiva,
nonché dalla polarità delle forme non ionizzate e dal grado di ionizzazione della
molecola.
Secrezione tubulare: i meccanismi di secrezione tubulare attiva a livello del tubulo
prossimale sono importanti per l‘eliminazione di molti farmaci (p. es., la penicillina,
la mecamilamina, l‘acido salicilico). Questo processo, che richiede energia, può
essere bloccato da inibitori metabolici. Quando la concentrazione di un farmaco è
elevata, si può raggiungere un limite superiore per il trasporto secretorio; ogni
sostanza possiede una sua caratteristica velocità massima di secrezione (trasporto
massimo).
Gli anioni e i cationi vengono gestiti da meccanismi di trasporto separati.
Normalmente, il sistema di secrezione degli anioni elimina i metaboliti coniugati con
glicina, solfato o acido glucuronico e i composti anionici competono tra loro per la
secrezione. Questa competizione può essere utilizzata a scopo terapeutico; p. es., il
probenecid blocca la secrezione tubulare normalmente rapida della penicillina,
causando un innalzamento delle concentrazioni plasmatiche dell‘antibiotico che
persiste per un tempo più lungo. I cationi organici competono tra loro, ma di solito
non competono con gli anioni.
Variazioni legate all‘età: con l‘invecchiamento, l‘escrezione renale dei farmaci
diminuisce
Escrezione biliare
I farmaci e i loro metaboliti che vengono ampiamente escreti con la bile devono
essere trasportati attraverso l‘epitelio biliare contro un gradiente di concentrazione,
richiedendo un trasporto secretorio attivo. Alle alte concentrazioni plasmatiche di un
farmaco, il trasporto secretorio può raggiungere un limite superiore (trasporto
massimo) e sostanze che possiedono proprietà fisico-chimiche simili possono
competere tra loro per lo stesso sistema di escrezione.
I farmaci con un peso molecolare > 300 g/mol (molecole più piccole vengono
generalmente escrete soltanto in quantità trascurabili) e con presenza contemporanea
sia di gruppi polari sia di gruppi lipofilici hanno una maggiore probabilità di essere
escreti con la bile. Anche la coniugazione, specialmente con acido glucuronico,
conduce all‘escrezione biliare.
Nel circolo entero-epatico, un farmaco secreto con la bile viene riassorbito
dall‘intestino. Anche i farmaci coniugati secreti nel lume intestinale vanno incontro al
circolo entero-epatico quando vengono idrolizzati e il farmaco viene riassorbito.
L‘escrezione biliare elimina le sostanze dall‘organismo soltanto nella misura in cui il
circolo entero-epatico è incompleto, cioè quando una parte del farmaco secreto non
viene riassorbita dall‘intestino.
FARMACOCINETICA
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Studio dell‘andamento temporale delle modificazioni cui un farmaco e i suoi
metaboliti vanno incontro all‘interno dell‘organismo, dopo l‘assunzione attraverso
qualunque via di somministrazione.
Perché si abbia una risposta appropriata a un farmaco, è necessario che esso sia
presente in concentrazione adeguata a livello del sito di azione. Il regime di dosaggio
richiesto per raggiungere e mantenere tale concentrazione dipende dalla
farmacocinetica. La concentrazione appropriata e il regime posologico dipendono
dalle condizioni cliniche del paziente, dalla gravità della patologia, dalla presenza di
malattie concomitanti, dall‘uso di altri farmaci e da altri fattori ancora.
A causa delle differenze individuali, la somministrazione dei farmaci deve essere
basata sulle esigenze di ogni singolo paziente, il che viene da sempre ottenuto
modificando empiricamente il dosaggio finché non si raggiunge l‘obiettivo
terapeutico desiderato. Questo approccio è spesso inadeguato, perché la risposta
ottimale può essere ritardata o possono verificarsi reazioni tossiche gravi. In
alternativa, un farmaco può essere somministrato sulla base dell‘assorbimento e della
disposizione (distribuzione ed eliminazione), che si prevede esso abbia in un
pazziente, e la posologia può essere regolata controllando la concentrazione
plasmatica del farmaco e i suoi effetti farmacologici. Questo approccio richiede la
conoscenza della farmacocinetica del composto in funzione dell‘età e del peso
corporeo del paziente, oltre che delle conseguenze farmacocinetiche delle eventuali
malattie concomitanti (p. es., malattie renali, epatiche o cardiovascolari o una
combinazione di più patologie).
PARAMETRI FARMACOCINETICI DI BASE
Il comportamento farmacocinetico della maggior parte dei farmaci può essere
riassunto dai parametri seguenti.
I parametri sono costanti, sebbene i loro valori possano differire da un paziente
all‘altro e anche nello stesso paziente in condizioni diverse.
La biodisponibilità esprime l‘entità dell‘assorbimento dei farmaci nella circolazione
sistemica .La costante della velocità di assorbimento esprime la velocità con cui
avviene l‘assorbimento. Questi parametri influenzano la concentrazione massima (di
picco), il tempo necessario per raggiungere la concentrazione massima (tempo di
picco) e l‘area al di sotto della curva concentrazione-tempo (AUC) dopo una dose
orale singola. Durante la terapia farmacologica a lungo termine, la misura più
importante è l‘entità dell‘assorbimento, perché da essa dipende la concentrazione
media; il grado di fluttuazione della concentrazione è legato alla costante della
velocità di assorbimento.
Il volume apparente di distribuzione è la quantità di liquido che sarebbe necessaria
per contenere il farmaco presente nell‘organismo alla stessa concentrazione alla quale
esso si trova nel sangue o nel plasma. Esso può essere utilizzato per calcolare la dose
necessaria per ottenere una determinata concentrazione, come pure la concentrazione
attesa dopo la somministrazione di una determinata dose. La concentrazione del
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farmaco non legato è strettamente correlata agli effetti farmacologici, quindi la
frazione libera è una misura utile, particolarmente quando il legame alle proteine
plasmatiche è alterato, p. es., dall‘ipoalbuminemia, da malattie renali o epatiche
oppure dalla presenza di interazioni competitive. Il volume apparente di distribuzione
e la frazione libera plasmatica sono i parametri più diffusamente utilizzati per la
valutazione della distribuzione dei farmaci.
La velocità di eliminazione di un farmaco dall‘organismo varia parallelamente alla
concentrazione plasmatica. Il parametro che lega la velocità di eliminazione e la
concentrazione plasmatica è la clearance totale, che equivale alla somma della
clearance renale e di quella extrarenale (metabolica).
La frazione escreta immodificata è utile per la valutazione degli effetti potenziali
delle patologie renali ed epatiche sull‘eliminazione dei farmaci. Una frazione bassa
indica che il probabile meccanismo di eliminazione è il metabolismo epatico e che
una patologia epatica può quindi alterare l‘eliminazione del farmaco. Le patologie
renali provocano effetti più consistenti sulla cinetica dei farmaci che possiedono
un‘alta frazione escreta immodificata.
La velocità di estrazione di un farmaco dal sangue da parte di un organo emuntore,
come il fegato, non può essere superiore alla velocità di cessione del farmaco
all‘organo stesso. Di conseguenza, la clearance ha un limite superiore, dipendente
dalla cessione del farmaco e quindi dal flusso ematico all‘organo in questione.
Inoltre, quando l‘organo preposto all‘eliminazione è il fegato o la parete intestinale e
il farmaco viene somministrato per via orale, una parte della dose può essere
metabolizzata durante il passaggio attraverso i tessuti verso la circolazione sistemica;
questo processo è chiamato effetto di primo passaggio. Pertanto, se l‘estrazione
(clearance) di un farmaco è elevata nel fegato o nella parete intestinale, la sua
biodisponibilità per via orale è bassa, il che talvolta preclude l‘impiego della
somministrazione orale o richiede una dose orale molto più elevata rispetto a una
dose parenterale equivalente. Tra i farmaci con notevole metabolismo di primo
passaggio vi sono l‘alprenololo, l‘idralazina, l‘isoproterenolo, la lidocaina, la
meperidina, la morfina, la nifedipina, la nitroglicerina, il propranololo, il testosterone
e il verapamil.
La costante della velocità di eliminazione è una funzione del modo in cui un farmaco
viene estratto dal sangue per opera degli organi emuntori e del modo in cui il farmaco
si distribuisce nell‘organismo.
L‘emivita (di eliminazione) è il tempo necessario perché la concentrazione
plasmatica di un farmaco o la quantità di farmaco presente nell‘organismo si riduca
del 50%. Per la maggior parte dei farmaci, l‘emivita rimane costante
indipendentemente dalla quantità di farmaco presente nell‘organismo. Le eccezioni
comprendono la fenitoina, la teofillina e l‘eparina.
Il tempo medio di permanenza (Mean Residence Time, MRT), un‘altra misura
dell‘eliminazione dei farmaci, è il tempo medio per il quale la molecola di un
farmaco permane nell‘organismo dopo la sua iniezione EV rapida. Analogamente alla
clearance, il suo valore è indipendente dalla dose.
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SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI
Sommario:
Introduzione
Dose singola
Infusione a velocità costante
Dosi orali multiple
Vengono qui descritte le conseguenze farmacocinetiche della somministrazione di un
farmaco in una dose singola (EV o per via orale), in infusione continua a velocità
costante e in dosi orali multiple, usando la teofillina (somministrata come
aminofillina) a titolo di esempio. In alcuni individui, specialmente nei bambini, il
metabolismo della teofillina dipende dalla concentrazione. In questo esempio, il
farmaco viene somministrato a un paziente di 70 kg (paziente A) il quale ha un
metabolismo indipendente dalla concentrazione e presenta i seguenti parametri
farmaco-cinetici: biodisponibilità 1,0; costante della velocità di assorbimento 1,0 h;
volume apparente di distribuzione 0,5 l/kg; clearance 43 ml/h/kg; emivita 8 h.
Dose singola
Intravascolare: dopo che al paziente A viene somministrata una singola dose EV di
320 mg di aminofillina (la forma idrata è pari a teofillina 80%), la concentrazione
plasmatica iniziale prevista di teofillina è di 7,3 mg/l (41 millimol/l), cioè la dose
(256 mg) divisa per il volume apparente di distribuzione (0,5 l/ kg es.70 kg = 35 l).
La sua successiva diminuzione viene calcolata in base all‘emivita; ogni 8 h, la
concentrazione diminuisce di un fattore 2.
La discrepanza tra l‘andamento osservato (linea continua) e quello previsto (linea
tratteggiata) della curva concentrazione-tempo nelle prime 2 h si spiega con il tempo
necessario per la distribuzione del farmaco in tutto l‘organismo (fase di
distribuzione). Poiché la distribuzione dei farmaci richiede tempo, le dosi EV singole
di molti farmaci, compresa l‘aminofillina, devono essere somministrate per infusione
in bolo lento in un tempo variabile tra i 5 e i 10 min per evitare la comparsa di effetti
collaterali.
Extravascolare: dopo che al paziente A viene somministrata una singola dose orale di
300 mg di aminofillina (la forma anidra, spesso usata per la somministrazione orale, è
pari a teofillina 85%), l‘andamento temporale della curva è diverso da quello di una
singola dose EV perché è necessario del tempo per l‘assorbimento del farmaco.
Tuttavia, l‘AUC è la stessa, perché questo farmaco viene assorbito in maniera
pressoché completa. Più è rapido l‘assorbimento, più la curva si avvicina a quella
della somministrazione EV. Il momento in cui viene raggiunta la concentrazione di
picco corrisponde al momento in cui la velocità di assorbimento uguaglia la velocità
di eliminazione; in questa fase l‘assorbimento non è ancora completo.
Infusione a velocità costante
31
Concentrazione di plateau: nel paziente A, in seguito a un‘infusione EV di
aminofillina alla velocità costante di 45 mg/h la concentrazione plasmatica e la
quantità totale di teofillina nell‘organismo aumentano fino a che la velocità di
eliminazione non diventa pari alla velocità di infusione. La concentrazione plasmatica
e la quantità totale di farmaco nell‘organismo si trovano a questo punto allo stato
stazionario, corrispondente a un plateau. Sulla base delle formule per la clearance e la
costante della velocità di eliminazione , la velocità di infusione è uguale alla
clearance moltiplicata per la concentrazione plasmatica di plateau del farmaco,
oppure è uguale alla costante della velocità di eliminazione moltiplicata per la
quantità di farmaco presente nell‘organismo al plateau. Quindi, la concentrazione
plasmatica di plateau è determinata unicamente dalla clearance e dalla velocità di
infusione e la quantità di farmaco presente nell‘organismo al plateau è determinata
soltanto dalla costante della velocità di eliminazione e dalla velocità di infusione.
Tempo di raggiungimento del plateau: il tempo necessario perché la teofillina si
accumuli nell‘organismo (e poi scompaia) dipende dall‘emivita del farmaco. Un
singolo bolo EV di 530 mg di aminofillina determina una concentrazione di teofillina
di 12 mg/l (67 millimol/l); il bolo viene fatto seguire immediatamente da
un‘infusione continua di 45 mg/h allo scopo di mantenere la concentrazione iniziale.
Il farmaco introdotto con la dose di carico scompare gradualmente (curva C),
rimanendone 1/2 dopo un tempo pari a un‘emivita, 1/4 dopo un tempo pari a due
emivite e così via. Senza la dose di carico, la quantità di farmaco presente
nell‘organismo in seguito all‘infusione (curva A) aumenta in modo tale che 1/2 della
quantità presente al plateau si raggiunge in un tempo pari a un‘emivita, i 3/4 in un
tempo pari a due emivite e così via.
Se l‘infusione viene interrotta dopo 48 h, la curva postinfusionale somiglia alla curva
C. In assenza di una dose di carico, l‘aminofillina deve essere infusa per almeno 32 h
(4 emivite) perché la sua concentrazione si avvicini al plateau nel paziente A. Un
dosaggio della concentrazione plasmatica eseguito dopo il raggiungimento del
plateau fornisce una stima della clearance della teofillina.
I principi validi per l‘infusione EV sono applicabili a qualunque tipo di
somministrazione a velocità costante (p. es., ai dispositivi a velocità costante
utilizzati per la somministrazione transdermica, intraoculare, orale e intrauterina dei
farmaci). La concentrazione plasmatica di plateau e il tempo necessario per
raggiungerla dipendono rispettivamente dalla clearance e dall‘emivita, come per le
infusioni EV. La biodisponibilità è un fattore aggiuntivo che trova applicazione nel
caso di una somministrazione extravascolare.
Dosi orali multiple
Accumulo dei farmaci: nel paziente A la somministrazione ripetuta di 300 mg di
aminofillina PO q 6 h fa aumentare progressivamente la concentrazione di teofillina .
Analogamente a quanto avviene con l‘infusione EV, la concentrazione media di
plateau dipende dalla clearance e il tempo necessario perché il farmaco si accumuli
dipende dall‘emivita. In questo caso, tuttavia, le concentrazioni plasmatiche sono
soggette a fluttuazione perché la somministrazione è intermittente.
32
Se la clearance della teofillina è alterata, p. es., da una patologia, la farmacocinetica
cambia . Il paziente B ha uno scompenso cardiaco e la sua clearance è di 21,5 ml/h/kg
(circa la metà di quella del paziente A). In seguito alla somministrazione di 300 mg di
aminofillina q 6 h, nel paziente B la concentrazione del farmaco è il doppio di quella
del paziente A e il tempo necessario per raggiungere i livelli di plateau è due volte
più lungo, poiché l‘emivita (16 h) è il doppio di quella osservata in un adulto sano.
Concentrazioni plasmatiche di teofillina variabili da 10 a 20 mg/l (da 55 a 110
millimol/l) sono solitamente ottimali. Oltre i 20 mg/l, è più probabile che si abbia
tossicità. Quindi, il paziente B è a rischio di tossicità (nausea, vomito, stimolazione
del SNC, convulsioni) la quale, sapendo che lo scompenso cardiaco riduce il
metabolismo, può essere evitata somministrando una dose inferiore. Inoltre, il
rallentamento del metabolismo può essere individuato tenendo sotto controllo la
concentrazione plasmatica.
Regimi posologici: per il paziente B, la dose appropriata è costituita probabilmente da
200 mg di aminofillina q 8 h (25 mg/h). Tuttavia, poiché in questo paziente l‘emivita
è prolungata e l‘accumulo avviene lentamente, deve essere somministrata una dose di
carico per produrre rapidamente una concentrazione (e quindi una risposta)
terapeutica. La dose di carico di aminofillina necessaria è pari al volume apparente di
distribuzione moltiplicato per la concentrazione di teofillina desiderata, corretta per la
frazione di teofillina presente nell‘aminofillina; essa è di circa 500 mg:
In un giovane asmatico forte fumatore, senza altre patologie associate (paziente C), la
clearance della teofillina è di 86 ml/h/kg e l‘emivita è di 4 h. La dose di 300 mg di
aminofillina q 6 h (50 mg/h) è probabilmente. La necessità di un dosaggio superiore
del farmaco può essere prevista in anticipo e può essere confermata dalla misurazione
della concentrazione plasmatica effettuata subito prima della dose successiva.
Tuttavia, somministrare aminofillina a questo paziente è difficile a causa della brevità
dell‘emivita, della notevole entità della clearance e degli alti dosaggi necessari (100
mg/h). Per questo paziente, è indicato l‘impiego di una formulazione a rilascio
prolungato. Dal momento che l‘assorbimento è più o meno prolungato, una dose di
600 mg q 6 h eviterà probabilmente che le concentrazioni siano soggette a
fluttuazioni troppo ampie.
VARIABILITA' DEI VALORI DEI PARAMETRI
Al momento di adattare la somministrazione di un farmaco alle esigenze di un
determinato paziente, devono essere tenuti in considerazione molti fattori in grado di
modificare i parametri farmacocinetici. Tuttavia, anche con l‘adattamento della
posologia, di solito rimane comunque un discreto grado di variabilità; di conseguenza
la risposta ai farmaci e, in alcuni casi, la loro concentrazione plasmatica, devono
essere tenute sotto controllo con grande attenzione.
Età e peso: per alcuni farmaci, gli effetti dell‘età e del peso sulla farmacocinetica
sono ben documentati. Per gli individui di età compresa fra i 6 mesi e i 20 anni, la
funzione renale appare ben correlata con l‘ASC. Pertanto, per i farmaci eliminati
33
prevalentemente per via renale in forma immodificata, la clearance nei bambini si
modifica con l‘età parallelamente al variare dell‘ASC. Negli individui di età > 20
anni, la funzionalità renale diminuisce circa dell‘1% ogni anno. Quindi, il dosaggio di
questi farmaci può essere modificato in base all‘età. L‘ASC nei bambini è correlata
anche alla clearance metabolica, sebbene le eccezioni siano frequenti. Nei neonati e
nei lattanti, la funzione renale e quella epatica non sono ancora pienamente sviluppate
e le generalizzazioni, al di fuori dell‘evenienza di una modificazione repentina, sono
meno accurate.
Compromissione della funzionalità renale: la clearance renale della maggior parte dei
farmaci sembra variare in funzione diretta della clearance della creatinina,
indipendentemente dal tipo di patologia renale presente. La modificazione della
clearance totale dipende dal contributo dei reni all‘eliminazione totale del farmaco.
Di conseguenza, la clearance totale dovrebbe essere proporzionale alla funzionalità
renale (clearance della creatinina) per i farmaci che vengono escreti immodificati e
non dovrebbe risultare alterata per i farmaci che vengono eliminati per
metabolizzazione.
L‘insufficienza renale può alterare il volume apparente di distribuzione, che nel caso
della digossina diminuisce a causa della diminuzione del legame tissutale e nel caso
della fenitoina, dell‘acido salicilico e di molti altri farmaci aumenta a causa della
diminuzione del legame alle proteine plasmatiche.
Stress fisiologico: la concentrazione della proteina di fase acuta alfa1- glicoproteina
acida aumenta durante lo stress fisiologico (p. es., IMA, interventi chirurgici, colite
ulcerosa, morbo di Crohn). Conseguentemente, aumenta il legame di diversi farmaci
(p. es., il propranololo, la chinidina, la disopiramide) a questa proteina, e il loro
volume apparente di distribuzione diminuisce di pari passo.
Malattie epatiche: una disfunzione epatica può alterare la clearance metabolica, ma
finora non è stato possibile individuare fattori ben correlati o predittivi di queste
modificazioni. La cirrosi epatica può ridurre criticamente il metabolismo dei farmaci
e spesso provoca la riduzione del legame alle proteine plasmatiche a causa della
diminuzione della albumina nel plasma. L‘epatite acuta, caratterizzata
dall‘innalzamento degli enzimi sierici, solitamente non modifica il metabolismo dei
farmaci.
Altre patologie: lo scompenso cardiaco, la polmonite, l‘ipertiroidismo e molte altre
condizioni patologiche possono modificare la cinetica dei farmaci.
Interazioni farmacologiche: i valori dei parametri farmacocinetici e, di conseguenza,
le risposte ai farmaci possono essere influenzati dalle interazioni farmacologiche. La
maggior parte delle interazioni è graduata e la loro entità dipende dalle
concentrazioni di entrambi i farmaci. Pertanto, stabilire e adattare il dosaggio dei
farmaci è difficile .
Dosaggio: in alcune circostanze, le modificazioni della dose, della frequenza di
somministrazione o della durata della terapia alterano la cinetica di un farmaco. Per
esempio, all‘aumentare della dose, la biodisponibilità della griseofulvina diminuisce a
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causa della bassa solubilità del farmaco nei fluidi del tratto GI superiore. Per la
fenitoina, la concentrazione plasmatica allo stato stazionario aumenta in maniera
sproporzionata quando viene aumentata la velocità di somministrazione, dal
momento che l‘enzima deputato al suo metabolismo ha una limitata capacità di
eliminazione del farmaco e che la velocità di somministrazione abituale si avvicina
alla velocità massima di metabolizzazione. La concentrazione plasmatica della
carbamazepina diminuisce durante la somministrazione prolungata, perché la
carbamazepina è un induttore del suo stesso metabolismo. Altre cause di
modificazioni farmacocinetiche dipendenti dal dosaggio sono la saturabilità del
legame alle proteine plasmatiche e ai tessuti (p. es., per il fenilbutazone), la
saturabilità della secrezione a livello renale (p. es., per la penicillina ad alte dosi) e la
saturabilità del metabolismo di primo passaggio attraverso il fegato (p. es., per il
propranololo).
TOSSICOCINETICA
Ricapitolando:
FARMACOCINETICA: Studia il divenire dei farmaci in funzione del tempo.
TAPPE FONDAMENTALI
 Assorbimento, fattore importante nelle somministrazioni per via orale,
frequenti perché più comode ed economiche
 Distribuzione, il farmaco per essere assorbito e per distribuirsi deve
attraversare barriere biologiche (essenzialmente membrane cellulari)
 Metabolismo
 Eliminazione
FORME FARMACEUTICHE
Un farmaco, per poter esplicare la sua azione, viene introdotto nell' organismo,
nella forma farmaceutica e nel dosaggio adatti, attraverso diverse vie di
somministrazione: la via orale, la via rettale, la via inalatoria, la via parenterale, etc.
Dalle caratteristiche del farmaco e della forma farmaceutica e dal dosaggio
impiegato dipendono una serie di parametri che regolano la risposta terapeutica e
che sono pertanto indispensabili per valutare la biodisponibilita' del farmaco stesso.
Infatti, l' entita' della risposta terapeutica dipende dalla quantita' di farmaco che
raggiunge la circolazione sistemica e quindi l' obiettivo terapeutico, ed e'
strettamente correlata alla via di somministrazione impiegata che ha, a sua volta,
effetti sull'assorbimento e sull' eliminazione del farmaco. Vale la pena ricordare che
un farmaco puo' contenere uno o piu' PRINCIPI ATTIVI, vale a dire sostanze
chimiche che possiedono proprieta' terapeutiche; oltre a questi ultimi, rientrano
nella composizione di un farmaco anche gli ECCIPIENTI, sostanze che non
presentano alcuna attivita' terapeutica, sono infatti
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farmacologicamente inattivi, ma che veicolano i principi attivi favorendone, ad
esempio, l' assorbimento all' interno dell' organismo.
Analizziamo ora brevemente le diverse vie di somministrazione e le relative forme
farmaceutiche:
- via ORALE: sono quei farmaci che vengono assunti per bocca: compresse,
capsule, soluzioni, sospensioni ed altre forme liquide. L' assorbimento e' regolato
dalle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco (solubilita', lipofilia, idrofilia, etc.),
dal tipo di forma farmaceutica, da fattori fisiologici, dalla presenza o meno
di cibo, etc. Le compresse sono " preparazioni solide contenenti ciascuna dosi
singole di una o piu' sostanze attive". Vengono assunte per via orale: alcune
devono essere ingoiate intere con un bicchiere d' acqua, altre devono essere
prima masticate, altre ancora vengono sciolte nell' acqua ( cpr effervescenti )
altre, infine, si lasciano sciogliere in bocca o sotto la lingua (cpr buccali e
sublinguali). Alcuni farmaci, una volta ingeriti, vengono distrutti dai succhi
gastrici presenti nello stomaco: in tali casi le compresse vengono ricoperte con
rivestimenti gastroresistenti, per evitare che il principio attivo venga inattivato
prima di giungere nell'intestino. Un' altra formulazione orale particolare e'
rappresentata dalle compresse a "cessione controllata". Le capsule sono "preparazioni
solide, costituite da un involucro di consistenza dura o molle, di forma e di
capacita' diverse, contenenti una dose di medicamento...".
L' involucro e' solitamente a base di gelatina: una volta inghiottita la capsula, il
guscio si rompe e rilascia il principio attivo che puo' cosi' essere assorbito.
Come per le compresse, esistono capsule gastroresistenti e capsule a rilascio
controllato. Gli sciroppi sono "preparazioni liquide, dolci, che normalmente
contengono una forte percentuale di zuccheri e che possono presentarsi in
forma di soluzioni, di emulsioni o di sospensioni...". Tutti i medicinali liquidi,
a meno che non siano confezionati in fiale monodose, contengono piu' dosi di
principio attivo: sara' pertanto necessario dosare di volta in volta la quantita' di
farmaco da assumere. Gli svantaggi della via orale includono l‘ emesi(come
conseguenza di irritazione della mucosa gastrointestinale); distruzione di alcuni
farmaci ad opera degli enzimi digestivi o dell‘ acidità gastrica; formazione con il cibo
di complessi che non possono essere assorbiti; la necessità di cooperare da parte del
paziente. L‘ assorbimento di molti farmaci viene rallentato o ridotto qualora venga
prolungato il tempo di svuotamento dello stomaco. La soministrazione contemporanea del farmaco con il cibo può ritardarne l‘ assorbimento, poiché rallenta lo
svotamento gastrico. Il farmaco assorbito dal tratto gastrointestinale raggiunge il
fegato tramite la vena porta e qui può essere etabolizzato ad opera degli enzimi
epatici e quindi essere eliminato, oppure ritornare con la bile nel duodeno per poi
essere nuovamente riassorbito. Si realizza così il circolo entero-epatico, che prolunga
la permanenza del farmaco nell‘ organismo e di qui la sua durata d‘ azione (esempi
sonoDigitossina, Tetracicline e Fenolfaleina) L‘ assorbimento dei farmaci attraverso
la via SUBLINGUALE è rapido e tramite tale via si possono raggiungere
concentrazioni ematiche + alte rispeto a quelle ottenibilidopo somministrazione
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orale.per tale via si somministrano infatti farmaci che, se dati per os, verrebbero
troppo rapidamente inattivati dal fegato (es. nitroglicerina). Il farmaco applicato sotto
la lingua entra, invece, direttamente nella circolazione sistemica senza passare prima
attraverso il fegato. Il farmaco così non corre il rischio di inattivazione ad opera di
secrezioni o di enzimi gastro-intestinali e non ha luogo la formazine di complessi con
il cibo, il che potreberitardarne l‘ assorbimento. Tuttavia sostanze sgradevoli o
irritanti non possono essere soministrate per via sublinguale. Tale via permette l‘ uso
di farmaci in situazioni di emergenza.
- via RETTALE: alcuni farmaci, incorporati in supposte o soluzioni rettali, vengono
assorbiti dal retto; questi possono svolgere una azione locale, stimolare la
defecazione oppure ottenere una azione sistemica, come conseguenza di una
diffusione del farmaco attraverso le cellule epiteliali della mucosa rettale ai vasi
sanguigni e linfatici. Le supposte sono formate da dosi singole di uno o piu' principi
attivi, miscelati con eccipienti inerti che danno alla preparazione forma e
consistenza tale da permetterne l' introduzione nel retto.
L' assorbimento dipende dalla natura degli eccipienti, ossia dalla loro lipofilia o
idrofilia. La via rettale permette di somministrare farmaci che, assunti per
via orale, risultano irritanti per la mucosa gastrica, o farmaci che vengono inattivati
dagli enzimi digestivi, infatti il farmaco assorbito non passa attraverso il fegato prima
di entrare nella circolazione sistemica(solo la vena emorroidaria superiore è tributaria
del sistema portale, mentre quella media ed inferiore si imettono nella cava inferiore
tramite la vena ipogastrica senza subire l‘ immediata inattivazione epatica) inoltre,
l'utilizzo di forme suppositorie risulta essere assai vantaggioso in caso di vomito o
nei pazienti che hanno difficolta' a deglutire. L‘ assorbimento per via rettale è spesso
irregolare ed incompleto e molti farmaci causano irritazione della mucosa rettale.
- via PARENTERALE: le preparazioni per uso parenterale sono formate da
soluzioni, da emulsioni o sospensioni sterili che vengono inoculate nei tessuti; la
somministrazione di un farmaco attraverso una iniezione offre diversi vantaggi
rispetto alla somministrazione per via orale: l' assorbimento e' infatti piu' rapido, la
quantita' di principio attivo assorbito e' piu' costante e l' eliminazione del
passaggio attraverso il tubo gastroenterico permette l' uso di farmaci che
verrebbero alterati dal contatto con i succhi gastrici. La rapidita' dell' azione
farmacologica e' strettamente correlata al tipo di iniezione: se, infatti, l' iniezione
viene praticata direttamente in vena, iniezione endovenosa (E.V.), la risposta dell'
organismo e' praticamente immediata in quanto il farmaco
passa totalmente e molto velocemente in circolo; il farmaco puo' anche essere
iniettato per via intramuscolare (I.M.) o sottocute (S.C.) o per via intradermica:
naturalmente in questi casi il principio attivo impiega piu' tempo per manifestare il
suo effetto ed il suo assorbimento dipende dalla irrorazione sanguigna nel
sito di iniezione. Altre vie meno frequenti usate per somministrare le preparazioni
parenterali sono la via subaracnoidea, la via epidurale e la via endocardiaca.
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- via TOPICA: con il termine "uso topico" si fa riferimento all' impiego di
preparati che vengono applicati direttamente sulla pelle o sulle membrane mucose
( buccale, nasale, rettale, vaginale,...); questi farmaci vengono solitamente
impiegati per esercitare un effetto locale. I preparati usati abitualmente a scopo
dermatologico sono le pomate, forme farmaceutiche caratterizzate dalla
consistenza semisolida e dalla presenza, nella loro formulazione, di eccipienti
che possono avere carattere idrofilo o lipofilo.
Una volta applicata, in linea generale, una pomata deve: o rimanere sulla
superficie cutanea, senza essere assorbita, o penetrare negli strati piu' profondi
della pelle per svolgere comunque una azione locale ( es.: antinfiam-matori,
antiistaminici,..).
- via INALATORIA : con il termine inalazione si intende l' introduzione di
un farmaco nelle vie respiratorie per inspirazione; il farmaco puo' svolgere, una
volta giunto a livello polmonare, una azione locale (ad esempio, gli aerosol che
vengono utilizzati per il trattamento dell' asma), oppure avere un effetto
generale, come nel caso degli anestetici generali. Per quanto riguarda gli aerosol
"sono preparazioni confezionate in recipienti speciali ermeticamente chiusi, sotto
pressione di un gas, che contengono uno o piu' principi attivi ed il cui contenuto
viene liberato, in forma di dispersione di particelle solide o liquide in un gas..... La
preparazione puo' essere una soluzione, una emulsione, una sospensione o una
polvere...."
- via OFTALMICA : per l' applicazione nell' occhio, le forme farmaceutiche
utilizzate sono i colliri (sono soluzioni o sospensioni contenenti uno o piu'
principi attivi) e le pomate oftalmiche: entrambe le forme devono essere sterili e
non devono essere inquinate da particelle estranee contaminanti.
- via VAGINALE: gli ovuli vaginali sono preparazioni farmaceutiche di consistenza
solida o molle, di grandezza e di forma tali da poter essere introdotti in vagina;
contengono dosi singole di uno o piu' principi attivi, miscelati con eccipienti inerti.
Sono generalmente utilizzati per svolgere una azione a livello
locale.
DIFFUSIBILITA'
 Liposolubilità, un farmaco lipofilo è assorbito meglio con una migliore
distribuzione intracellulare
 Grado di ionizzazione
 Vascolarizzazione dei tessuti
 elevata : cuore, cervello, polmone, milza, fegato (la terapia per via sistemica in
genere porta il farmaco in misura adeguata)
 media : pelle, muscoli scheletrici
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 bassa : tessuto adiposo, ossa (la terapia delle osteomieliti è lunga perché
arrivano basse concentrazioni di farmaco nella sede d'infezioni), tendini e
cartilagini
 Il SNC e la prostata sono difficili da raggiungere da parte dei farmaci (santuari
farmacologici) e in particolare dagli antibiotici
 Legame farmaco-proteico : esprime la percentuale di fissazione di un
antibiotico alle proteine plasmatiche (albumina e più di rado globuline) e alle
proteine tessutali; solo la quota libera è responsabile dell'effetto farmacologico
e degli effetti collaterali, le proteine costituiscono quindi un deposito di
farmaco poiché il legame è di tipo reversibile. Per farmaci con elevata affinità
per le proteine si somministrano dosi da carico per saturare e dosi di
mantenimento per consentire l'efficacia (es. i farmaci oggi in uso contro l'HIV
si legano alle proteine in misura del 99,9%); il legame farmaco-proteico può
inoltre condizionare l'emivita di un farmaco ( un farmaco a basso legame in
genere va somministrato più spesso).
BIODISPONIBILITA'
Capacità di un farmaco di raggiungere determinati distretti, in particolare va valutato
l'assorbimento in caso di somministrazione per via orale, confrontandola con quella
per via parenterale.
VOLUME APPARENTE DI DISTRIBUZIONE
E' un riferimento ideale per darci una misura di quanto poco o tanto farmaco sia
distribuito nell'organismo; è dato dal rapporto tra la quantità totale di farmaco
presente nell'organismo e la sua concentrazione sanguigna ed esprime la capacità di
diffusione di un antibiotico in sede extravascolare; viene espresso in l/kg di peso
corporeo o l/mq di superficie corporea.
Il Vd dipende anche dalla funzionalità del sistema di eliminazione del farmaco e dallo
stato del soggetto : diminuisce durante processi infiammatori (aumentano le proteine
a cui può legarsi il farmaco), febbre (diminuzione della funzionalità epatica e
conseguente minore eliminazione per questa via)
Esistono delle differenze nella capacità degli antibiotici di distribuirsi che ne
condizionano l'utilizzo; per un'infezione da germe intracellulare sarà più indicata
l'eritromicina che ha un rapporto di distribuzione intra/extracellulare pari a 31 della
penicillina per la quale questo rapporto è di 0,07.
VIE DI ELIMINAZIONE
Clearance : esprime la completa rimozione dal corpo o da singoli organi di un
farmaco; la clearance totale è data dall'insieme di quella renale e di quella
extrarenale.Per gli agenti escreti come tali per filtrazione glomerulare la clearance del
farmaco è direttamente proporzionale a quella della creatinina, sono pertanto
necessari aggiustamenti del dosaggio in pazienti con insufficienza renale.
TOSSICOCINETICA
39
Le applicazioni della farmacocinetica hanno avuto un ruolo importante nella terapia
in quanto hanno permesso di estendere la valutazione quantitativa dell'attività dei
farmaci, di perfezionare i criteri del loro impiego nell'uomo e di istituire il controllo
terapeutico individuale attraverso il monitoraggio farmacologico. La tossicocinetica è
una disciplina affine che studia i movimenti delle sostanze esogene introdotte
nell'organismo in dosi tossiche. Essa si è sviluppata soprattutto nell'ambito delle
discipline sperimentali ma nell'ultimo decennio ha ricevuto crescente attenzione
anche da parte dei tossicologi clinici.
Negli avvelenamenti, i livelli raggiunti dal tossico negli organi bersaglio e il loro
andamento nel tempo dipendono dalla dose assunta e dalle caratteristiche dei processi
di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione. L'analisi di questi
parametri costituisce pertanto la base per definire gli aspetti quantitativi e temporali
della tossicità nel singolo paziente. Essa (a) consente di interpretare i sintomi e di
formulare previsioni sul decorso clinico, (b) indica le procedure più adeguate per il
"monitoraggio" del tossico nei liquidi biologici, (c) facilita la lettura dei dati chimico tossicologici nel contesto clinico, (d) aiuta nella scelta degli interventi preventivi,
della terapia e delle modalità per il controllo dei suoi effetti.
I Modelli Farmacocinetici
Prima di esaminare gli aspetti applicativi della tossicocinetica, è utile una premessa
sui concetti generali della farmacocinetica clinica. Quest'ultima è descritta talora
come "farmacologia quantitativa", in quanto si basa su criteri e modelli che servono a
valutare quantitativamente i parametri fondamentali della farmacodinamica, cioè la
rapidità, l'intensità e la durata dell'azione (Fig.1)
Fig.1. Diagramma che illustra i rapporti
tra parametri farmacodinamici e
concentrazioni tessutali di una sostanza
40
assunta per via orale.
Idealmente, il profilo farmacocinetico di una sostanza dovrebbe essere costruito
misurando i livelli raggiunti nei distretti dell'organismo che sono sede dell'azione.
Tuttavia, poiché l'azione si svolge il più delle volte in sedi non accessibili, si fa
ricorso nella pratica alle curve "concentrazione/tempo" ottenute dosando la sostanza
in matrici biologiche periferiche quali il sangue o il plasma, l'urina e la saliva.
Dall'analisi dei diagrammi semilogaritmici relativi all'andamento delle concentrazioni
plasmatiche nel tempo si ricavano dati quantitativi sulla cinetica di assorbimento e sui
processi che caratterizzano la "disposizione", cioè la distribuzione intraorganica e
l'eliminazione della sostanza (Fig.2). Modelli matematici consentono lo sviluppo di
equazioni che descrivono i livelli della sostanza in funzione del tempo. Si possono
così valutare parametri scelti in rapporto alla via di assorbimento e alle caratteristiche
proprie della sostanza. Naturalmente, la difficoltà di stimare in modo accurato il
profilo cinetico di un composto aumenta con il numero dei parametri da esaminare.
Occorre qui ricordare che nei modelli farmacocinetici l'organismo viene
rappresentato da una serie di compartimenti che non corrispondono a siti anatomici o
fisiologici reali ma costituiscono entità matematiche che descrivono distretti
organismici con caratteristiche simili. Vari fattori, tra i quali la perfusione sanguigna
e l'affinità per i componenti tessutali, determinano la velocità con cui la sostanza e i
suoi metaboliti si spostano da un compartimento all'altro.
In genere, un modello mono-compartimentale è sufficiente per descrivere la cinetica
di sostanze che si distribuiscono rapidamente a tutti i liquidi e tessuti dell'organismo.
I modelli multi-compartimentali consentono di interpretare cinetiche più complesse,
caratterizzate dalla esistenza di "spazi" differenziati nei quali gli equilibri si
instaurano più lentamente. In ogni caso, il modello prescelto deve essere quello più
adeguato per misurare la velocità dei singoli processi cinetici ed applicare le
equazioni differenziali che descrivono le variazioni dei livelli di sostanza in ciascun
compartimento.
Parametri Quantitativi
I parametri farmacocinetici che assumono maggiore importanza nell'ambito
tossicologico sono quelli relativi alla distribuzione e alla eliminazione.
Il volume di distribuzione (Vd) è un indice che correla la concentrazione plasmatica
o ematica della sostanza alla quantità totale in cui essa è presente nell'organismo. Non
corrisponde ad alcuno spazio fisiologico, ma può essere considerato come il volume
"apparente" o virtuale in cui si trova disciolta la sostanza assorbita. Nell'uomo adulto
può variare da meno di 5 litri (sostanze confinate nel distretto circolatorio) a 40 litri
circa (sostanze distribuite in tutta l'acqua corporea), fino a qualche centinaio di litri
per le sostanze che si concentrano massivamente nei tessuti. Il volume di
distribuzione si calcola mediante l'equazione
41
Vd= D/Co
dove D è la dose e Co la concentrazione plasmatica al tempo zero. Quest'ultima
rappresenta la concentrazione che si avrebbe nel circolo se la distribuzione del
farmaco fosse istantanea; si ottiene estrapolando all'asse delle ordinate la curva di
decadimento plasmatico nel diagramma semilogaritmico che rappresenta le
concentrazioni in funzione del tempo (Fig.2).
Fig. 2. Diagrammi semilogaritmici che rappresentano modelli
farmacocinetici ad un compartimento (a) e a due
compartimenti (b).
Un valore molto piccolo di Co e un Vd elevato sono indici che riflettono la tendenza
del composto a diffondere verso un compartimento esterno a quello in cui si è fatto il
prelievo (es. sangue), cioè l'attitudine a concentrarsi in organi e tessuti periferici.
Fattori che determinano un elevato Vd sono la liposolubilità e la affinità per le
proteine plasmatiche e/o tessutali. Conoscendo il volume di distribuzione, è possibile
stimare approssimativamente il valore dei livelli ematici raggiungibili con una certa
dose di farmaco o, viceversa, stabilire, in base ai livelli ematici misurati,
l'entità della dose assunta.
L'eliminazione delle sostanze dall'organismo può avvenire attraverso molteplici vie
(rene, intestino, bile, apparato respiratorio, sudore ecc.). Tuttavia, nei modelli
farmacocinetici questo parametro viene comunemente espresso misurando la velocità
con cui la sostanza è rimossa da un compartimento prestabilito, di solito quello
intravasale, per effetto del metabolismo e della escrezione.
L'eliminazione può seguire una cinetica non lineare, detta anche di "ordine zero"
oppure una cinetica di "primo ordine". La cinetica di "primo ordine" riguarda le
42
sostanze che vengono eliminate dall'organismo con velocità proporzionale alla dose e
alle concentrazioni ematiche. Per la maggior parte dei farmaci assunti in dosi
terapeutiche l'eliminazione segue una cinetica di questo tipo.
Un parametro pratico per definire i processi di eliminazione di primo ordine è il
tempo di dimezzamento o emivita (T1/2), cioè il tempo necessario perché la quantità o
la concentrazione della sostanza assorbita si riduca della metà. Tale parametro è una
costante indipendente dalla dose. Nei modelli bicompartimentali può essere calcolato
attraverso la formula:
T1/2 = 0.693/b
dove b è la pendenza del tracciato che nel diagramma semilogaritmico
concentrazione/tempo descrive la fase di eliminazione (Fig.2).
La cinetica di "ordine zero" descrive invece la rimozione delle sostanze che sono
eliminate a velocità costante cioè indipendente dalla dose e dalla loro concentrazione
ematica. In questo caso l'emivita è proporzionale alla quantità di sostanza
inizialmente presente nell'organismo.
Si è già detto che pochi farmaci alle dosi terapeutiche seguono una cinetica di
eliminazione di "ordine zero". Questa, invece, è abbastanza comune dopo
assorbimento di dosi elevate come conseguenza del fatto che certi processi, in
particolare quelli relativi al metabolismo o alla escrezione, sono a capacità limitata e
quindi saturabili.
La cinetica di saturazione è una caratteristica che accomuna numerose sostanze di
interesse tossicologico (Tabella I) le quali, pertanto, presentano le seguenti proprietà:
L'emivita nella fase di eliminazione diventa maggiore con l'aumentare della
dose
A dosi elevate, la curva "livelli plasmatici-tempo" è bifasica, con una fase
iniziale di eliminazione lenta seguita da una fase più rapida; a dosi ridotte si
osservano invece cinetiche apparenti di "primo ordine" indicanti l'assenza di
fenomeni di saturazione (Fig.3)
La composizione dei metaboliti può cambiare con la dose
Nelle intossicazioni miste, la presenza di altri farmaci che agiscono sullo
stesso enzima o sullo stesso sistema di trasporto ha influenze marcate sui
processi di saturazione.
43
Fig. 3. Rappresentazione della curva livelli plasmatici/tempo
di una sostanza la cui eliminazione viene saturata a 100
µg/ml. Oltre questo livello, la sostanza viene eliminata con
una cinetica di "ordine zero"; al di sotto di 100 µg/ml
l'eliminazione segue una cinetica di "primo ordine".
Tossicocinetica negli avvelenamenti
I risultati delle terapie adottate nelle intossicazioni acute non sempre sono valutabili
con criteri clinici. Lo studio della farmacocinetica fornisce un criterio di valutazione
razionale, specie per quanto concerne le procedure intese a modificare l'assorbimento,
la distribuzione o la eliminazione dei tossici. Purtroppo, studi di farmacocinetica
applicata alla tossicologia clinica sono stati finora condotti solo per un limitato
numero di sostanze. Per quanto concerne i farmaci, si fa spesso riferimento ai
parametri cinetici misurati in volontari o pazienti dopo somministrazione di dosi
terapeutiche. L'estrapolazione di questi dati alla situazione di sovradosaggio può
tuttavia condurre a conclusioni erronee e richiede in ogni caso molta cautela .
Un esempio significativo è fornito dalla cinetica del litio. Nell'intossicazione
terapeutica conseguente alla assunzione cronica di sali di litio si osserva un profilo
farmacocinetico molto diverso da quello degli avvelenamenti per ingestione
accidentale o intenzionale di una singola dose. Nel primo caso l'emivita plasmatica è
piuttosto lunga e la tossicità si manifesta precocemente in presenza di litiemie
relativalmente basse. Nel secondo, pur essendo la litiemia elevata, i sintomi risultano
spesso modesti e si presentano dopo un prolungato periodo di latenza. Il litio è un
tipico elemento a localizzazione intracellulare che, tuttavia, diffonde con lentezza nei
tessuti. Pertanto, dopo una singola ingestione, una frazione considerevole della dose
assorbita viene allontanata dall'organismo prima che l'elemento arrivi a concentrarsi
negli organi che sono sede della tossicità. Nel soggetto intossicato, l'accertamento
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farmacocinetico fornisce dati predittivi del decorso clinico e orienta nella scelta della
terapia.
Anche per altre sostanze, il profilo farmacocinetico nel sovradosaggio può differire
da quello tipico delle dosi terapeutiche . Ciò a volte dipende da fenomeni di
saturazione dei sistemi preposti al metabolismo o alla escrezione. In altri casi, la
cinetica è modificata da fattori quali l'acidosi, l'ipotermia, il danno epatico o renale,
l'insufficienza respiratoria o cardiocircolatoria, che spesso sono presenti quali
intrinseche espressioni di tossicità della sostanza.
(a) Assorbimento L'assorbimento gastro-intestinale dei tossici ha speciale importanza
dato che una quota cospicua degli avvelenamenti avviene per ingestione. In certi casi,
la cinetica di assorbimento presenta caratteristiche del tutto anomale dopo ingestione
di dosi elevate. Ad esempio, negli avvelenamenti da farmaci anticolinergici
(antidepressivi triciclici, antiparkinsoniani, ecc.) l'attività propulsiva nel tratto gastro enterico può essere fortemente depressa, cosicché il tempo di transito e il contatto del
farmaco con la superficie assorbente dell'intestino vengono prolungati.
L'assorbimento dei tossici assunti per via orale può essere rallentato nello shock per
effetto della alterata perfusione sanguigna nell'intestino. La formazione di aggregati
del materiale ingerito (es. compresse) è un altro fattore che, in ragione della ridotta
superficie di contatto, può limitare l'assorbimento del tossico nel tratto digestivo.
Varie categorie di sostanze tra cui beta-bloccanti, antidepressivi triciclici, fenotiazine
e il metadone, vanno incontro ad un intenso metabolismo pre-sistemico ("first-pass"
intestinale e/o epatico) i cui meccanismi vengono saturati ad alte dosi. Dopo
ingestione di quantità elevate dei suddetti farmaci, la frazione della dose che giunge
in circolo può superare di molto quella attesa in base alla cinetica tipica del dosaggio
terapeutico.
L'uso del carbone attivato ( Tabella II), l'irrigazione intestinale e il trattamento con
purganti, es. sodio solfato, sorbitolo, citrato di magnesio, sono talora raccomandati
negli avvelenamenti per ingestione allo scopo di limitare l'accesso dei tossici nel
compartimento sistemico. Esiste altresì evidenza che il trattamento ripetuto con
carbone blocca il circolo entero-epatico o entero-enterale di certe sostanze e aumenta
quindi la loro clearance sistemica. Questo vale, ad esempio, per la digossina, il
fenobarbitale, la teofillina, la ciclosporina, il methotrexate, il fenilbutazone, la
carbamazepina e il diazepam
.
(b) Distribuzione In presenza di alte concentrazioni plasmatiche di un tossico, il
legame che questo contrae con le proteine può essere saturato con conseguente
aumento della frazione che circola libera nel plasma. Da ciò derivano importanti
implicazioni tossicologiche poiché il volume di distribuzione, la velocità di
eliminazione e l'accesso del tossico nei siti recettoriali vengono modificati. Le
variazioni dei livelli ematici totali di una sostanza, quali di solito si verificano nel
corso dell'avvelenamento, possono modificare l'entità del legame con le proteine
plasmatiche facendolo passare dalla saturazione alla desaturazione o viceversa.
Cambiano di conseguenza i rapporti tra quota libera e quota legata nonché il volume
45
di distribuzione. Tale fenomeno è uno dei fattori confondenti che rendono talora
difficile correlare l'andamento dei livelli ematici totali di un tossico con lo stato del
paziente.
Per l'antidepressivo triciclico amitriptilina, la frazione che circola legata con le
proteine plasmatiche tende ad aumentare con il pH. E' stato dimostrato che, passando
il pH del sangue da 7 a 7.5, il legame proteico aumenta dell'8% e la quantità di
farmaco libero presente a livello dei recettori si riduce di 5 volte. Ciò contribuisce a
spiegare l'efficacia della alcalinizzazione nella terapia dell'avvelenamento da
antidepressivi triciclici. In ragione del pH, cambia anche lo stato di ionizzazione dei
tossici che hanno caratteristiche di elettroliti deboli. Poiché le membrane biologiche
sono molto permeabili alle sostanze lipofile e non ionizzate, i cambiamenti del pH
ematico hanno conseguenze importanti nelle intossicazioni acute in quanto
modificano la ripartizione del tossico e la sua capacità di diffondere nelle cellule. Un
particolare aspetto di questo fenomeno è il potenziamento della tossicità acuta di certi
farmaci (barbiturici, amitriptilina, d-propossifene, clormetiazolo) causato dalla
concomitante assunzione di alcool. Esperimenti su animali hanno dimostrato che
l'alcool favorisce il passaggio dei barbiturici nel cervello e ne rallenta
significativamente la rimozione dal tessuto nervoso .
I tessuti poco perfusi (muscoli, tessuto adiposo) fungono spesso da deposito delle
sostanze lipofile, le quali vengono concentrate a tale livello per essere poi cedute
lentamente nel distretto extracellulare. Il lento equilibrio tra i compartimenti intra- ed
extracellulare è all'origine dell'effetto "reservoir" che talora si osserva quando
l'eliminazione terapeutica dei tossici viene accelerata con procedure drastiche, quali
la emodialisi o la emoperfusione: il trattamento comporta la progressiva diminuzione
dei livelli ematici della sostanza i quali, tuttavia, tornano ad innalzarsi allorché il
trattamento viene interrotto. Tale situazione è stata spesso riscontrata nella terapia
emodialitica dell'intossicazione da sali di litio.
(c) Metabolismo Il metabolismo dei composti chimici esogeni ha conseguenze che
dipendono dalla attività dei metaboliti: ha significato detossicante se i metaboliti sono
inattivi o meno attivi della sostanza di origine. Si assiste invece alla comparsa o alla
accentuazione della tossicità quando il composto di origine, di per sé poco attivo o
inattivo, subisce un processo di attivazione metabolica. Questo fenomeno ha
rilevanza negli avvelenamenti da paracetamolo, metanolo, glicole etilenico,
parathion, glutetimide, e dopo esposizione a solventi alogenati quali tricloroetilene,
1,2-dicloropropano e tetracloruro di carbonio.
La tossicità per attivazione ha due aspetti caratteristici: (a) la sintomatologia si
manifesta con una certa latenza che riflette il tempo necessario perché i metaboliti
tossici vengano generati fino a raggiungere concentrazioni critiche nei tessuti
bersaglio; (b) mancano di solito correlazioni tra i livelli ematici del farmaco e lo stato
del paziente, le cui condizioni possono anzi aggravarsi man mano che diminuiscono i
livelli ematici della sostanza assorbita. Il deterioramento funzionale degli organi
preposti al metabolismo ha influenze sulla cinetica dei tossici in quanto prolunga la
loro permanenza nell'organismo. Particolare importanza ha, nel corso degli
46
avvelenamenti, la depressione dell'attività farmaco-metabolizzante del fegato che può
essere causata sia da lesioni parenchimali indotte dal tossico sia da squilibri
emodinamici che riducono la perfusione epatica.
L'attivazione farmacologica dei processi di detossicazione epatica è stata oggetto di
numerosi studi in prospettiva terapeutica. Il corredo degli enzimi farmacometabolizzanti può essere, in effetti, aumentato mediante somministrazione di
farmaci induttori, quali il fenobarbitale. Tale procedura, tuttavia, oltre ad essere non
priva di effetti secondari, richiede somministrazioni ripetute nell'arco di alcuni giorni,
cioè tempi troppo lunghi per essere compatibile con l'intervento d'urgenza nella
intossicazione acuta. Esistono induttori meno tossici, quali i flavoni, che agiscono
con rapidità in quanto attivano il corredo enzimatico pre-esistente. Non risulta,
tuttavia, che tali sostanze siano state oggetto di studio in relazione a possibili
impieghi in tossicologia clinica. Il processo opposto, cioè la manipolazione
farmacologica intesa ad impedire la generazione di metaboliti tossici è già da tempo
in uso nell'uomo. Un noto esempio è l'impiego dell'alcool etilico negli avvelenamenti
da metanolo o da glicole etilenico.
(d) Eliminazione L'eliminazione ha un ruolo centrale nella tossicocinetica clinica. La
terapia di molti avvelenamenti è principalmente diretta a sostenere le funzioni vitali e
a proteggere la funzionalità degli organi emuntori onde consentire la eliminazione
fisiologica del tossico. Nelle intossicazioni più gravi trovano talora impiego,
compatibilmente con le caratteristiche cinetiche del veleno, procedure specifiche
intese ad accelerare la rimozione della sostanza o dei suoi metaboliti dall'organismo.
Il calcolo della emivita plasmatica rende talora possibile la stima approssimativa dei
tempi necessari perché i livelli ematici della sostanza scendano nel paziente a valori
sub-tossici. Tuttavia, come già ricordato, molte sostanze presentano ad alte dosi
cinetiche di eliminazione non lineari a causa della saturazione del metabolismo e/o
della escrezione (Tabella I). In questi casi, il calcolo della emivita non ha alcun
valore pratico se non si dispone di dati certi sulla dose totale assorbita. Sul ruolo della
diuresi forzata e delle procedure extrarenali (emodialisi, emoperfusione) in
tossicologia clinica sono stati condotti numerosi studi .
Le biomembrane sono più permeabili alle sostanze non ionizzate che a quelle
ionizzate. Pertanto, per le sostanze eliminate dal rene, il riassorbimento nei tubuli
diminuisce quanto più il composto si presenta ionizzato nell'urina tubulare. Dato che
il grado di ionizzazione degli acidi deboli aumenta se questi si trovano in ambiente
alcalino e quello delle sostanze basiche aumenta nelle soluzioni acide, è possibile
incrementare l'escrezione renale dei tossici acidi o basici attraverso procedure che
determinano opportune variazioni del pH e del flusso urinario.
L'ingestione di tossici in quantità potenzialmente letali, la presenza di sintomi gravi,
il riscontro di livelli ematici straordinariamente elevati, la evidenza che i processi di
eliminazione sono saturati, la comparsa di deficit delle vie escretrici, il progressivo
deterioramento dello stato del paziente nonostante la terapia intensiva sono tutte
condizioni che, in linea di principio, suggeriscono il ricorso alle misure drastiche di
eliminazione terapeutica, quali l'emodialisi e l'emoperfusione. Tuttavia, è spesso
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difficile prevedere quali pazienti potranno trarre effettivi benefici di queste procedure
anche in relazione al loro intrinseco potenziale di morbidità.
In ogni caso, il ricorso alla depurazione extracorporea è concettualmente giustificato
solo per le sostanze che hanno caratteristiche farmacocinetiche compatibili. Per i
tossici con spiccata tendenza alla diffusione nei tessuti, forte affinità per le proteine
plasmatiche e ampio volume di distribuzione, è poco probabile che l'aumento della
clearance determinato dalla emodialisi o dalla emoperfusione si associ a risultati
clinicamente significativi, data la modesta frazione della dose che si trova in forma
libera nel circolo.
L'eliminazione extra-corporea può invece risultare vantaggiosa negli avvelenamenti
gravi da sostanze quali teofillina, paracetamolo, tricloroetanolo, cloralio idrato, e certi
barbiturici che, ad alte dosi, presentano una cinetica di eliminazione non lineare. Per
queste sostanze, quanto più alti sono i livelli ematici tanto meno efficiente sarà la loro
clearance endogena e perciò più consistenti dovrebbero essere i benefici della dialisi
e dell'emoperfusione.
Nelle iniziali esperienze sulla depurazione extracorporea applicata alla tossicologia
clinica, l'efficacia delle singole tecniche è stata valutata quasi esclusivamente sulla
base del giudizio clinico, senza alcun reperto analitico che desse supporto alle
conclusioni tratte del ricercatore. In tempi più recenti, gli effetti della dialisi e della
emoperfusione sono stati spesso valutati con criteri farmacocinetici. Purtroppo, nei
lavori su questo tema si trovano spesso due tipi di errori che complicano la lettura dei
risultati. Gli effetti vengono valutati tenendo conto delle variazioni della emivita
plasmatica piuttosto che in base alla quantità totale di tossico estratta dal plasma in un
certo periodo di tempo. Tale criterio è inadeguato in quanto tende ad ignorare sia la
caduta dei livelli plasmatici assoluti che caratterizza la fase di distribuzione, sia
l'aumento "rebound" delle concentrazioni plasmatiche che, al termine del trattamento,
riflette il richiamo della sostanza dai depositi tessutali. Imprecise sono anche le
valutazioni basate sul confronto tra le quantità complessive di tossico eliminate in
presenza o in assenza del trattamento extracorporeo, dato che la dose presente
nell'organismo allorché il trattamento viene istituito risulta quasi sempre sconosciuta.
Avvelenamenti da formulazioni farmaceutiche a lento rilascio
L'impiego in medicina di preparati a lento rilascio è sempre più diffuso. L'ingestione
di dosi tossiche comporta speciali problemi date le peculiari caratteristiche cinetiche
dei principi attivi di queste formulazioni. L'assorbimento è di solito più lento e
prolungato, e il picco di concentrazione viene raggiunto non prima di 24-36 ore. La
tossicità si manifesta dopo un periodo di latenza più o meno lungo e le manifestazioni
regrediscono piuttosto lentamente al termine della fase acuta a causa
dell'assorbimento protratto della sostanza nel lume intestinale. Esempi di farmaci
utilizzati in formulazioni orali a lento rilascio sono la teofillina, la proclorperazina, la
fenilpropanolamina, il litio e gli antiaritmici procainamide e disopiramide. Nella
terapia dell'avvelenamento hanno importanza la somministrazione ripetuta di carbone
e l'irrigazione intestinale, da istituirsi possibilmente già nella fase pre-sintomatica, al
fine di limitare la quantità di principio attivo che passa in circolo.
48
Conclusioni
L'analisi tossicocinetica quantitativa costituisce una guida per affrontare con criteri
scientifici i problemi diagnostici e terapeutici della tossicologia clinica. Attraverso
modelli matematici è possibile caratterizzare nel singolo paziente sia il tipo di
distribuzione che i movimenti del tossico fino a poter correlare, in certi casi, il profilo
farmacocinetico con l'evoluzione dei sintomi ed il decorso clinico. L'andamento delle
concentrazioni del veleno fornisce inoltre indicazioni utili per la scelta e il controllo
della terapia nel paziente intossicato.
Il laboratorio chimico-tossicologico, avvalendosi di apparecchiature e tecniche
analitiche sempre più sensibili, precise e selettive, potrà trovare nella tossicocinetica
gli spunti per allargare il proprio campo d'azione dalla fase diagnostica allo studio di
aspetti quantitativi e temporali degli avvelenamenti la cui conoscenza è importante
per un intervento clinico razionale.
Nella pratica corrente, solo di rado l'analisi chimico-tossicologica viene effettuata
attraverso indagini seriate che comprendano, ove necessario, l'identificazione e il
dosaggio dei metaboliti attivi. Una ulteriore limitazione viene dal fatto che solo per
pochi composti si conoscono al momento attuale le caratteristiche farmacocinetiche
in situazioni di sovradosaggio. Anche per i farmaci più noti, i dati della letteratura
sono spesso di difficile interpretazione. La dose o il momento della esposizione al
tossico sono molte volte imprecisati; in altri casi, i prelievi per le analisi
tossicologiche risultano essere stati effettuati per tempi troppo brevi o, ancora, manca
l'adeguata valutazione di patologie pre-esistenti o di altri fattori capaci di modificare
la farmacocinetica .
Sarebbe auspicabile che, integrando competenze cliniche, farmaco-tossicologiche ed
analitiche, le osservazioni farmacocinetiche venissero approfondite ed estese al
maggior numero di sostanze che sono causa di avvelenamenti nell'uomo.
Tabella I. Esempi di sostanze che presentano cinetiche di saturazione
Salicilici
Paracetamolo
Teofillina
Fenitoina
Chinidina
Amilobarbitone
Sulfametazina
Prednisolone
Diossano
Alcool etilico
Acido
triclorofenossiacetico
(2,4,5 T)
Cloruro di vinile
Cloralio idrato
Tricloroetanolo
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ALLERGIA AI FARMACI
La patogenesi delle reazioni allergiche ai farmaci coinvolge tutte e quattro le
immunoreazioni patogene di Gell e Coombs, anche se nella stragrande maggioranza
dei casi predominano quelle di I tipo (mediate da anticorpi IgE) o quelle di IV tipo
(mediate dai linfociti): le reazioni di quest'ultimo tipo stanno ormai diventando le più
frequenti in assoluto.
In genere il farmaco o un suo derivato metabolico in forma di aptene si lega alle
proteine sieriche circolanti o alle membrane cellulari: tali molecole vengono poi
presentate dai macrofagi ai linfociti e inducono (nei soggetti predisposti) la
produzione di IgE specifiche (immunoreazioni di I tipo) o anticorpi di classe IgG
(reazioni di II tipo) o immunocomplessi (reazioni di III tipo) o reazioni di tipo
ritardato coinvolgendo i linfociti T. Può inoltre verificarsi, nello stesso soggetto, la
contemporanea presenza di immunoreazioni di I e IV tipo.
Il meccanismo delle reazioni pseudoallergiche è invece a tutt'oggi controverso. Per
quanto riguarda i FANS è stato ipotizzato che, causando essi un'inibizione della
cicloossigenasi II (COX II), siano responsabili di un aumentato livello di leucotrieni
che causano broncospasmo.
Per tutti gli altri farmaci coinvolti in PAR si è ipotizzato che vi possa essere una
liberazione diretta dei mediatori chimici contenuti nei mastociti (forse alla base di
questo meccanismo vi è un'instabilità della membrana mastocitaria), oppure che vi sia
un'attivazione della via alternativa del complemento, o che vi possa essere uno
sbilanciamento del sistema ciclo-ossigenasico lipossigenasico.
La diagnostica dell'allergia ai farmaci è a tutt'oggi un problema non del tutto risolto a
causa delle scarse conoscenze dei meccanismi patogenetici.
Un'accurata raccolta dei dati anamnestici del paziente è molto importante perché può
consentire di accertare i rapporti cronologici tra l'assunzione di un farmaco e la
comparsa delle manifestazioni cliniche; inoltre permette di evidenziare pregresse
reazioni, anche di modesta entità, allo stesso farmaco. Questo permette, tenendo
conto anche della frequenza di reazioni avverse che ciascun farmaco può provocare,
di fissare i propri sospetti su di un farmaco o su un gruppo di farmaci.
In seguito si procede con i test in vitro e in vivo. I test cutanei vengono iniziati con i
prick test e proseguiti poi con i test intradermici.
E' importante ricordare però che tali test possono causare, in soggetti sensibili,
reazioni severe e che pertanto devono essere impiegati solo da personale
particolarmente esperto.
Saranno in seguito eseguiti i patch test (cerottoreazioni) con i farmaci da studiare,
patch che verranno letti in seguito a 72 ore.
I test sierologici in vitro (RAST) per la ricerca delle IgE specifiche sono disponibili
solo per pochi farmaci come: penicillina, ampicillina, amoxicillina. Scarso aiuto
fornisce la determinazione delle IgE totali (PRIST) che in questi pazienti dà valori
normali.
In seguito si può procedere con test di tolleranza orale e/o intramuscolare con farmaci
alternativi.
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TERAPIA DELL‘ALLERGIA AI FARMACI
La terapia dell'allergia ai farmaci prevede come primo provvedimento quello di
evitare un'ulteriore esposizione del paziente al farmaco interessato.
Un iter accurato permetterà, nel caso di un paziente allergico ad un antibiotico
betalattamico, di evidenziare il farmaco responsabile con precisione e di sconsigliare
quindi non più tutte le betalattamine che comprendono penicilline naturali e
semisintetiche, cefalosporine, carbapenemi e monobactami (in pratica rappresentano
il 65-70%,degli antibiotici in commercio) come in passato ma solo il farmaco
responsabile e quelli strutturalmente simili ad esso.
Se però il paziente dovesse per forza assumere un determinato farmaco a cui è
sensibile si può procedere in ambiente particolarmente qualificato ad una
desensibilizzazione che appare comunque giustificata solo in casi eccezionali come
per esempio un diabetico in trattamento con insulina o un paziente HIV positivo con
intolleranza al cotrimossazolo o alla sulfadiazina.
TRATTAMENTO DEGLI AVVELENAMENTI
L‘eliminazione dei veleni può essere accelerata incrementando l‘attività delle vie
escretrici normali, oppure con la dialisi o l‘emoperfusione. L‘uso di queste metodiche
dipende dalla natura dell‘avvelenamento, dalla disponibilità di attrezzature idonee e
dalle condizioni del paziente. Il "wash out" del veleno mediante l‘aumento del
volume urinario è efficace di rado, se non mai. Talvolta può essere di aiuto
l‘alcalinizzazione o l‘acidificazione delle urine: in generale, gli acidi deboli vengono
trattenuti ed escreti nelle urine alcalinizzate e le basi deboli nelle urine acidificate.
Per esempio, nell‘ingestione acuta di salicilati, il bicarbonato di sodio 2-3 mEq/kg
EV aumenta significativamente l‘escrezione.
L‘efficacia dell‘emodialisi e della dialisi peritoneale è stata accresciuta dallo sviluppo
della dialisi lipidica, che rimuove dal sangue le sostanze liposolubili, e
dell‘emoperfusione, che elimina dal sangue veleni specifici con più rapidità ed
efficienza Tuttavia, queste tecniche sono inutili se il veleno ha un grande volume di
distribuzione (cioè se viene accumulato nel tessuto adiposo) oppure se viene legato in
maniera estensiva alle proteine tissutali. Per esempio, soltanto dal 3 al 5% della
digossina totale corporea si trova nel sangue, cosicché l‘emoperfusione risulta
inefficace, nonostante assicuri una rapida clearance. Similmente, gli antidepressivi
triciclici sono ampiamente confinati ai compartimenti extravascolari.
SINTOMATOLOGIA E TRATTAMENTO
DI AVVELENAMENTI SPECIFICI
Veleno
Sintomatologia
Trattamento
ACE-inibitori
Vomito, ipotensione,
Emesi, carbone attivo,
convulsioni
terapia di supporto
Acefato: v. Organofosfati
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Acetaminofene: v. Paracetamolo
Acetanilide
Cianosi dovuta alla
Inchiostri anilinici
formazione di
(indelebili)
metaemoglobina e
Olio di anilina
sulfaemoglobina,
Cloroanilina
dispnea, astenia,
Fenacetina
vertigini, dolore
(acetofenetidina)
anginoso, eruzioni
cutanee e orticaria,
vomito, delirio,
depressione, insufficienza
respiratoria e circolatoria
Ingestione: emesi con
ipecacuana; se non ha
effetto, lavanda gastrica
e/o carbone attivo; poi,
come per l'inalazione
Contatto cutaneo: togliere
i vestiti e lavare la zona
con abbondante acqua e
sapone; poi, come per
l'inalazione
Inalazione: O2; assistenza
respiratoria;
emotrasfusione; blu di
metilene 1-2mg/kg EV in
caso di cianosi grave
Acetilene, gas: v. Monossido di carbonio
Acetofenetidina: v. Acetanilide
Acetone
Ingestione: come sotto, Allontanare dall'origine
Chetoni
salvo per l'effetto
del veleno; svuotare lo
Collanti per
polmonare diretto
stomaco, tranne per
aeromodellismo, mastici Inalazione: irritazione
piccole quantità;
Solvente per smalto per bronchiale, congestione assistenza respiratoria; O 2
unghie
ed edema polmonare,
e liquidi; correggere
ipoventilazione, dispnea, l'acidosi metabolica
ebbrezza, stupor, chetosi
Acetonitrile
Convertito in cianuro,
V. Cianuri
Adesivo cosmetico per
con i sin tomi e i segni
unghie
relativi
Acidi e alcali (v. i singoli acidi e alcali )
Acidi
Causticazioni per
Ingestione: acqua o latte
Acetico
ingestione, contatto
per diluire; non indurre
Cloridrico
cutaneo e oculare e
vomito; eventuale la
Fosforico
inalazione; dolore locale; vanda gastrica in caso di
Nitrico
in generale, lesioni GI più ingestione di grandi
Solforico (alcuni
gravi con gli alcali;
quantità di alcali in forma
sgorganti per scarichi o possibili lesioni laringee granulare
sanitari, al cuni detersivi
Contatto cutaneo od
per lavastoviglie)
oculare: sciacquare
abbondantemente con
acqua per 15min
Alcali
Ricovero in ospedale;
52
Alcuni sgorganti per
scarichi o sanitari, alcuni
detersivi per
lavastoviglie
Ammoniaca in soluzione
acquosa (idrossido di
ammonio)
Carbonati di ammonio,
potassio e sodio
Idrossido di sodio (soda
caustica, liscivia)
Polveri detergenti
Idrossido di potassio
(potassa)
Acido acetico: v. Acidi e alcali
Acido acetilsalicilico: v. cap.antinfiamm.
Acido borico: v. Borati
Acido cianidrico: v. Cianuri
Acido cloridrico: v. Acidi e alcali
Acido cromico
Effetti corrosivi dovuti
Bicromati
all'ossidazione; ulcere e
Cromati
perforazioni del setto
Triossido di cromo
nasale; gastroenterite
grave; shock, vertigini,
coma; nefrite
Acido fenico: v. Fenoli
Acido fluoridrico: v. Fluoruri
Acido fosforico: v. Acidi e alcali
Acido lisergico, dietilamide Confusione mentale,
(LSD)
allucinazioni,
ipereccitabilità, coma,
flashback
Acido nitrico: v. Acidi e alcali
Acido ossalico
Dolore urente alla gola,
Glicol etilenico
vomito, dolore intenso;
Ossalati
ipotensione, tetania,
oppiacei per il dolore;
eventuale trattamento
dello shock; eventuale
tracheostomia; antibiotici
e desametasone 1mg/ m2
ASC q 6h o equivalente
per 2- 3sett per le
causticazioni esofagee
dimostrate,
solitamente con
esofagoscopia non in
urgenza
(Nota: anche in assenza di
lesioni orali, gli alcali forti
[pH>10,5- 11,0] possono
causticare l'esofago; è
raccomandata
l'esofagoscopia)
Latte o acqua per diluire;
dimercaprolo (o
penicillamina) in caso di
sintomatologia grave;
somministrare con cautela
liquidi ed elettroliti per
sostenere la funzione
renale
Terapia di supporto;
diazepam; clorpromazina
(adulti: 50-100mg IM)
Latte o lattato di calcio;
eseguire lavanda gastrica
con cautela o non
53
shock; danno della
glottide e renale;
ossaluria
Acido prussico: v. Cianuri
Acido salicilico: v. cap.antinf.
Acido solforico: v. Acidi e alcali
Acido valproico
Depressione progressiva
del SNC
Acqua di Javelle: v. Ipocloriti
Alcali: v. Acidi e alcali
Alcaloidi della segale
Sete, diarrea, vomito,
cornuta
capogiri, bruciore alle
estremità inferiori;
convulsioni, ipotensione,
coma, aborto; gangrena
dei piedi; cataratta
Alcol di legno: v. Alcol metilico
Alcol etilico (etanolo)
Instabilità emotiva,
Brandy
incoordinazione,
Whiskey
arrossamenti, nausea e
Altri liquori
vomito, stupor fino al
coma, depressione
respiratoria
Alcol isopropilico
Alcol per frizioni
Vertigini,
incoordinazione, stupor
fino al coma,
gastroenterite,
ipotensione
eseguirla; calcio gluconato
al 10% 10-20ml EV;
controllare il dolore;
soluzione salina EV per lo
shock; emollienti per
bocca; osservazione per
l'edema e la stenosi della
glottide
Misure di supporto; utile il
naloxone
Emesi con ipecacuana;
lavanda gastrica;
assistenza
cardiorespiratoria;
benzodiazepine o
barbiturici a breve durata
d'azione per le
convulsioni; papaverina
60mg EV (1- 2mg/kg EV
per i bambini)
Emesi; lavanda gastrica;
assistenza respiratoria;
glucoso EV per prevenire
l'ipoglicemia, dialisi in
caso di livelli ematici
>300-350mg/dl (>65-76
mmol/l); generosa
somministrazione di
liquidi, perché l'alcol
aumenta l'osmolarità del
siero
Emesi; lavanda gastrica;
glucoso EV; correggere la
disidratazione e gli
squilibri elettrolitici;
dialisi
54
Alcol metilico (metanolo,
alcol di legno)
Anticongelanti
Combustibili solidi in
scatola
Solvente per vernici
Vernici
Elevata tossicità con 60250ml (2-8 oz) negli
adulti, 8-10ml (2
cucchiaini) nei bambini;
periodo di latenza 1218h; cefalea, astenia,
crampi agli arti inferiori,
vertigini, convulsioni,
abbassamento della vista,
ipoventilazione
Alcol per frizioni: v. Alcol isopropinico
Aldrin: v. Idrocarburi clorurati
Amfetamine
Iperattività, euforia,
Amfetamina solfato,
loquacità, insonnia,
fosfato
irritabilità, iperreflessia,
Destroamfetamina
anoressia, xerostomia,
Fenmetrazina
aritmie, dolore toracico
Metamfetamina
angi noso, blocco
cardiaco, stati similpsicotici, incapacità a
concentrarsi o a rimanere
seduti
Amile, nitrito: v. Nitriti
Aminofillina
Caffeina
Teofillina
Insonnia, agitazione,
anoressia, vomito,
disidratazione,
convulsioni; in caso di
ipersensibilità, possibile
collasso vasomotorio
immediato; suscettibilità
maggiore negli adulti,
specialmente dopo
sovradosaggio acuto
Bicarbonato di sodio EV
per combattere l'acidosi;
etanolo al 10% in
soluzione glucosata al 5%
EV; dose di carico iniziale
di etanolo di 0,7g/kg
infusa in 1h per inibire il
metabolismo dell'etanolo,
seguita da 0,1-0,2g/kg/h
per mantenere un livello
ematico di etanolo di
100mg/dl (22 mmol/l);
eventuale impiego di
fomepizolo (v. Glicol
etilenico); emodialisi
Emesi, lavanda gastrica o
carbone attivo possono
essere efficaci molto
tempo dopo l'ingestione a
causa del ricircolo
attraverso la mucosa
gastrica; sedazione con
clorpromazina 0,5-1mg/kg
IM o PO q 30min al
bisogno; ridurre gli stimoli
esterni; ipotermia;
prevenzione dell'edema
cerebrale; emodialisi;
eventuale utilità dei bloccanti nei non asmatici
Ingestione: emesi (evitare
se le convulsioni sono
imminenti) o carbone
attivo; sospendere la
somministrazione;
dosaggio del livello
ematico di teofillina;
fenobarbital o diazepam
per le convulsioni; liquidi
parenterali; sostenere la
55
durante somministrazione PA; eventuale dialisi in
cronica massimale
caso di livello sierico >50100mg/l (>278555mol/l); eventuali bloccanti (p.es. esmololo)
se il paziente non è
asmatico
Amitriptilina: v. Antidepressivi triciclici
Ammoniaca gassosa
Irritazione degli occhi e Sciacquare gli occhi per
del tratto respiratorio;
15min con acqua corrente
tosse, senso di
o soluzione salina; non
soffocamento; dolore
eseguire lavanda gastrica
addominale
né indurre emesi; in caso
di tossicità grave, O 2 a
pressione positiva per
trattare l'edema
polmonare; assistenza
respiratoria
Ammoniaca in soluzione acquosa (idrossido di ammonio): v. Acidi e alcali
Ammonio carbonato: v. Acidi e alcali
Ammonio fluoruro: v. Fluoruri
Amobarbital: v. Barbiturici
Anilide: v. Acetanilide
Anticoagulanti
Prolungamento del tempo Osservazione in caso di
Dicumarolo
di protrombina dopo dosi ingestione singola nei
Warfarin
ripetute
bambini; negli adulti,
Warfarinici
misurazione del tempo di
protrombina per eventuale
terapia con vitaminaK
Anticongelanti: v. Alcol metilico; Glicol etilenico
Antidepressivi triciclici
Effetti anticolinergici
Terapia sintomatica e di
Amitriptilina
(p.es. offuscamento della supporto; emesi (evitare se
Desipramina
vista minzione esitante); le convulsioni sono
Doxepina
effetti sul SNC (p.es.
imminenti), carbone
Imipramina
sonnolenza, stupor, coma, attivo, lavanda gastrica;
Nortriptilina
atassia, irrequietezza,
tenere sotto controllo i
Protriptilina
agitazione, iperreflessia, parametri vitali e l'ECG;
rigidità muscolare,
mantenere la pervietà delle
convulsioni); effetti
vie aeree e l'apporto di
cardiovascolari
liquidi; bicarbonato di
(tachicardia e altre
sodio con iniezione EV
aritmie, blocchi di branca, rapida (0,5-2mEq/kg), da
56
difetti di conduzione,
scompenso cardiaco
congestizio); depressione
respiratoria, ipotensione,
shock, vomito,
iperpiressia, midriasi e
sudorazione sono
anch'essi possibili
ripetere periodicamente
per mantenere il pH
ematico >7,45 e prevenire
le aritmie; diazepam per
controllare la maggior
parte dei problemi a carico
del SNC; fisostigmina
salicilato (EV lentamente)
esclusivamente per far
regredire le manifestazioni
centrali e cardiache del
sovradosaggio (adulti:
2mg più dosi ripetute di 14mg al bisogno q 2060min; bambini: 0,5mg
ripetuti al bisogno q 5min
fino a un massimo di 2mg)
Antimonio: v. Arsenico e antimonio
Antineoplastici
Effetti sull'ematopoiesi,
Metotrexato
nausea, vomito; effetti
Mercaptopurina
acuti e cronici specifici
Vincristina
dipendenti dai singoli
>50 altri
farmaci
Antipsicotici
Aloperidolo
Clozapina
Risperidone
Antistaminici
L'emesi è migliore della
lavanda gastrica; terapia di
supporto; "salvataggio"
con leucovorina;
osservazione per eventuali
problemi postacuti (>2448h)
Ampio spettro di sintomi Benzodiazepine e terapia
(p.es. eccitazione, coma, di supporto
ipotensione)
Eccitazione o
depressione, sonnolenza,
nervosismo,
disorientamento,
allucinazioni, tachicardia,
aritmie, ipotensione,
iperpiressia, delirio,
convulsioni
Emesi con ipecacuana
(evitare se le convulsioni
sono imminenti), lavanda
gastrica, carbone attivo;
assistenza respiratoria;
sostenere la PA; diazepam
per controllare le
convulsioni; fisostigmina
0,5-2,0mg (adulti) o
0,02mg/kg (bambini) IM o
EV (lentamente) solo in
caso di fallimento delle
precedenti (Attenzione: v.
Fisostigmina per il rischio
57
di convulsioni.)
Antitarme (palline, cristalli e tavolette repellenti): v. Naftalene;
Paradiclorobenzene
Argento, nitrato: v. Argento, sali
Argento, sali
Colorazione delle labbra Lavanda gastrica con
Nitrato di argento
(biancastre, brunastre, poi soluzione fisiologica;
nerastre); gastroenterite, controllare il dolore;
shock, vertigini,
diazepam per controllare
convulsioni
le convulsioni
Arsenico e antimonio
Faringospasmo, disfagia; Emesi; lavanda gastrica,
Arsenico
dolore GI urente, vomito, poi un emolliente;
Erbicidi
diarrea, disidratazione;
chelazione con
Pesticidi
edema polmonare;
penicillamina;
Soluzione di Donovan
insufficienza renale;
dimercaprolo se il
Soluzione di Fowler
insufficienza epatica
paziente non può
Verde di Parigi
assumere terapia orale;
Composti dell'antimonio
idratazione; trattamento
Stibofene
dello shock e del dolore;
Tartaro emetico
sorbitolo o catartico salino
(solfato di sodio 15-30g in
acqua)
Arsina: v. Gas arsina
Asfalto: v. Distillati del petrolio
Aspirina: v. cap.antinf.
Atropina: v. Belladonna
Azoto, ossidi: v. Ossidi di azoto
Barbiturici
Cefalea, confusione
Fino a 24h dopo
Amobarbital
mentale, ptosi,
l'ingestione, svuotare lo
Fenobarbital
eccitazione, delirio,
stomaco; se
Meprobamato
perdita del riflesso
immediatamente dopo,
Pentobarbital
corneale, insufficienza
emesi con ipecacuana; se
Secobarbital
respiratoria, coma
il paziente è sedato,
lavanda gastrica e carbone
attivo mediante tubo
endotrache ale cuffiato;
offrire una buona
assistenza infermieristica;
assistenza respiratoria, O2;
correggere la
disidratazione; dialisi
(raramente), specie per i
barbiturici a lunga durata
58
Bario, composti solubili
Acetato di bario
Carbonato di bario
Cloruro di bario
Idrossido di bario
Nitrato di bario
Solfuro di bario
Fuochi d'artificio
Sostanze depilatorie
Veleno per topi
Belladonna
Atropina
Iosciamina
Iosciamo
Scopolamina (ioscina)
Stramonio
Benzene
Benzolo
Colla per
aeromodellismo
Idrocarburi
d'azione quando
l'alcalinizzazione accelera
l'escrezione
Vomito, dolore
Solfato di sodio o di
addominale, di arrea,
magnesio 60g PO per far
tremori, convulsioni,
precipitare il bario nello
coliche, ipertensione,
stomaco, poi emesi o
arresto cardiaco, dispnea lavanda gastrica;
e cianosi, fibrillazione
diazepam per controllare
ventricolare, ipokaliemia le convulsioni; atropina
SC, IM o EV 0,5-1,0mg
(adulti) o 0,01mg/kg
(bambini) per le coliche;
nitroglicerina sublinguale
1/100-1/50 per
l'ipertensione; O2 per la
dispnea e la cianosi;
chinidina solfato 100300mg PO (adulti) o
6mg/kg PO (bambini) per
prevenire la fibrillazione
ventricolare; correggere
l'ipokaliemia
Secchezza della cute e
Emesi o carbone attivo;
delle mucose; midriasi; assistenza respiratoria;
arrossamenti,
eventuale cateterizzazione
iperpiressia; tachicardia, vescicale; fisostigmina
agitazione; coma;
0,5-2,0mg (adulti) o
insufficienza respiratoria; 0,02mg/kg (bambini) IM o
convulsioni
EV (lentamente) per
cercare di far regredire gli
effetti periferici e sul
SNC, ma usare
esclusivamente in caso di
problemi gravi
(Attenzione: v.
Fisostigmina per il rischio
di convulsioni)
Vertigini, astenia, cefalea, Ingestione di >0,5-1ml/kg:
euforia, nausea, vomito, emesi o cauta lavanda
aritmie ventricolari,
gastrica; O2; assistenza
paralisi, convulsioni; in respiratoria; monitoraggio
caso di avvelenamento
ECG (la fibrillazione
59
Toluene
Toluolo
Xilene
cronico, anemia aplastica, ventricolare può essere
leucemia
precoce); diazepam per
controllare le convulsioni;
emotrasfusione in caso di
anemia grave; non
somministrare adrenalina
-Benzene esacloruro
Irritabilità, stimolazione Emesi immediatamente
Benzene esacloruro
del SNC, spasmi
dopo l'ingestione; lavanda
Esaclorocicloesano
muscolari, atonia,
gastrica; diazepam per le
Lindano
convulsioni toniche e
convulsioni; evitare
cloniche, insufficienza
l'ingestione di oli, che
respiratoria, edema
facilitano l'assorbimento;
polmonare
emoperfusione con
carbone attivo secondo
necessità
Benzina: v. Distillati del petrolio
Benzodiazepine
Sedazione fino al coma, Emesi; lavanda gastrica;
Clordiazepossido
specialmente se associate terapia di supporto;
Diazepam
ad alcol
precauzioni nei confronti
Flurazepam
del suicidio; antidodi a
base di flumazenil per il
sovradosaggio.
(Attenzione: in caso di
utilizzo contemporaneo di
triciclici, esiste il rischio
di convulsioni.)
Benzolo: v. Benzene
Bicloruro di mercurio: v. Mercurio
Bicromati: v. Acido cromico
Bidrin: v. Organofosfati
Bifentrin: v. Piretroidi
Biscumacetato di etile: v. Warfarin
Bisidrossicumarina: v. Warfarin
Bismuto, composti
Assorbimento scarso;
Emesi con ipecacuana;
stomatite ulcerativa,
lavanda gas trica;
anoressia, cefalea,
assistenza respiratoria;
eruzione cutanea, danno dimercaprolo
tubulare renale
Bisolfuro di carbonio: v. Disolfuro di carbonio
b-Bloccanti
Ipotensione, bradicardia, Monitorare attentamente,
convulsioni, aritmie
svuotare lo stomaco; in
cardiache; diversi di essi presenza di sintomi,
60
Borati
Acido borico
sono anche agonisti 1 o glucagone 3-5mg EV o in
2
soluzione salina; eventuale
uso di pacemaker
Nausea, vomito, diarrea, Emesi con ipecacuana;
gastroenterite emorragica, lavanda gastrica;
astenia, letargia,
allontanare il veleno dalla
depressione del SNC,
pelle; prevenire o trattare
convulsioni, eruzione
gli squilibri elettrolitici e
cutanea ad "aragosta
lo shock; tenere sotto
bollita", shock
controllo le convulsioni;
dialisi in caso di
avvelenamento grave
Brandy: v. Alcol etilico
Bromati: v. Clorati
Bromo: v. Cloro
Bromuri
Nausea, vomito, eruzione Emesi con ipecacuana,
cutanea (talora
lavanda gastrica in caso di
acneiforme), difficoltà
ingestione acuta;
dell'eloquio, atassia,
sospendere la
confusione mentale,
somministrazione;
comportamento psicotico, idratazione e NaCl EV per
coma, paralisi
promuovere una moderata
diuresi; acido etacrinico
(di utilità specifica);
emodialisi solo in caso di
avvelenamento grave
Bulan: v. Idrocarburi clorurati
Bupropione HCl
Problemi respiratori,
Carbone attivo,
atassia, convulsioni
benzodiazepine, misure di
supporto
Butile, nitrito: v. Nitriti
Cadmio
Contrazioni gastriche
Emesi con ipecacuana;
Solder
gravi, vomito, diarrea;
lavanda gastrica con latte
secchezza della gola,
o albumina; assistenza
tosse, dispnea; cefalea; respiratoria; idratazione;
shock, coma; urine brune, ventilazione assistita a
insufficienza renale
pressione positiva
intermittente per l'edema
polmonare; edetato calcico
disodico (v. Tab.307-2);
non somministrare
dimercaprolo
61
Caffeina: v. Aminofillina
Calce clorurata: v. Cloro
Calcio-antagonisti
Diltiazem
Nifedipina
Verapamil
Calomelano: v. Mercurio
Candeggina: v. Ipocloriti
Canfora
Oli canforati
Cantaridi
Cantaridina
Mosca spagnola
Captano: v. Idrocarburi
clorurati
Carbamati
Aldicarb
Bendiocarb
Benomyl
Carbarile
Carbofuran
Fenothiocarb
Nausea, vomito,
confusione mentale,
bradicardia, ipotensione,
collasso completo
Emesi o carbone attivo
appena possibile; atropina
per la bradicardia; cloruro
di calcio (meglio del
calcio gluconato) 1-2g EV
subito (nei bambini,
100mg/kg EV), ripetibile
al bisogno; sostenere la
PA; considerare la
possibilità di un
pacemaker
Alito con odore di
canfora, cefalea,
confusione mentale,
delirio, allucinazioni,
convulsioni, coma
Emesi con ipecacuana
(evitare se le convulsioni
sono imminenti), carbone
attivo o lavanda gastrica;
di azepam per prevenire e
trattare le convulsioni;
assistenza respiratoria; è
in via di sperimentazione
la dialisi lipidica
Irritazione della cute e
Evitare l'ingestione di oli;
delle membrane mucose, emesi con ipecacuana;
vescicole; nausea,
assistenza respiratoria;
vomito, diarrea ematica; trattare le convulsioni;
dolore urente al dorso e mantenere il bilancio
in sede uretrale;
idrico; non esiste un
depressione respiratoria; antitodo specifico
convulsioni, coma;
aborto, menorragia
Effetti tossici da lievi a V. Organofosfati, tranne
gravi; simili a quelli degli per la pralidossima
organofosfati
62
Methiocarb
Methomyl
Oxamyl
Propoxur
Carbamazepina
Depressione progressiva Misure di supporto dopo
del SNC, talvolta
la decontaminazione;
convulsioni; raramente tenere sotto controllo la
aritmie cardiache
frequenza cardiaca
Carbonati (di ammonio, potassio, sodio): v. Acidi e alcali
Carbonio, bisolfuro: v. Disolfuro di carbonio
Carbonio, diossido: v. Diossido di carbonio
Carbonio, disolfuro: v. Disolfuro di carbonio
Catrame: v. Distillati del petrolio
Cherosene: v. Distillati del petrolio
Chetoni: v. Acetone
Chlorethoxyfos: v. Organofosfati
Chlorothalonil: v. Idrocarburi clorurati
Chlorothion: v. Organofosfati
Chlorpyrifos: v. Organofosfati
Cianuri
Tachicardia, cefalea,
La rapidità di intervento è
Acido cianidrico
sonnolenza, ipotensione, essenziale. Allontanare il
Acido prussico
coma, acidosi grave a
paziente dall'origine del
Cianuro di potassio
rapido sviluppo,
veleno, se inalato; emesi o
Cianuro di sodio
convulsioni; sangue
lavanda gastrica
Nitroprussiato
venoso color rosso
immediata, inalazione di
Olio di mandorle amare brillante; assai
nitrito di amile 0,2ml (1
Sciroppo di ciliege
rapidamente letale (1capsula) per 30 s al min,
selvatiche
15min)
O2 al 100%, assistenza
respiratoria; 10ml di
nitrito di sodio al 3% EV a
2,5-5ml/min (nei bambini:
10mg/kg), poi 25-50ml di
tiosolfato di sodio al 25%
EV a 2,5-5ml/ min;
ripetere il trattamento se la
sintomatologia recidiva;
kit Lilly per cianuri
Ciliege selvatiche, sciroppo: v. Cianuri
Cimetidina; ranitidina
Lieve secchezza delle
Nessun antidoto specifico
mucose e sonnolenza;
disponibile; tenere sotto
possibile interferenza con controllo il metabolismo
63
Clonidina
il metabolismo di altri
farmaci somministrati
contemporaneamente
Sedazione; apnea
periodica; ipotensione
degli altri farmaci
Emesi; lavanda gastrica;
terapia di supporto;
tolazolina EV e infusione
di dopamina; naloxone
5g/ kgfino a un
massimo di 2-20mg,
ripetibile al bisogno
Cloralio idrato
Sonnolenza, confusione Emesi con ipecacuana;
Cloralio amide
mentale, shock, coma;
lavanda gastrica;
depressione respiratoria; assistenza respiratoria;
danno renale, danno
valutare l'ingestione
epatico
contemporanea di altri
tossici
Clorati
Vomito, nausea, diarrea, Emesi con ipecacuana;
Bromati
cianosi
lavanda gastrica;
Nitrati
(metaemoglobina), nefrite trasfusione in caso di
Neutralizzatori delle
tossica, shock,
cianosi grave; evitare il
permanenti per capelli convulsioni, depressione blu di metilene per i
del SNC, coma, ittero
clorati o i bromati; acido
ascorbico; terapia dello
shock; O2; eventuale
dialisi per i casi complessi
Clordano: v. Idrocarburi clorurati
Cloro (v. anche Ipocloriti) Ingestione: irritazione,
Ingestione: emesi con
Bromo
corrosione della cavità
ipecacuana; lavanda
Acqua clorata
orale e del tratto GI,
gastrica; terapia dello
Calce clorurata
possibile ulcerazione o
shock
Gas lacrimogeno
perforazione; dolore
Inalazione: O2; assistenza
addominale, tachicardia, respiratoria; osservazione
prostrazione, collasso
per l'edema polmonare e
circolatorio
suo eventuale trattamento
Inalazione: grave
irritazione oculare e
respiratoria, spasmo della
glottide, tosse, senso di
soffocamento, vomito;
edema polmonare;
cianosi
Cloroanilina: v. Acetanilide
Cloroformio
Sonnolenza, coma; con Ingestione: emesi con
64
Etere
Ossido nitroso
Triclorometano
l'ossido nitroso, delirio
ipecacuana; lavanda
gastrica; osservazione per
il danno epatico e renale
Inalazione: supporto alla
funzione respiratoria,
cardiaca e circolatoria
Clorpromazina: v. Fenotiazina
Clorpropamide: v. Ipoglicemizzanti orali
Cloruro di cobalto: v. Ossidi di azoto
Cloruro di idrogeno: v. Ossidi di azoto
Cloruro di mercurio: v. Mercurio
Cobalto: v. sotto
Cobalto, cloruro: v. Ossidi di azoto
Cocaina
Stimolazione, poi
Emesi precoce; carbone
depressione; nausea e
attivo o lavanda gastrica;
vomito; perdita
diazepam per l'eccitazione
dell'autocontrollo, ansia, (trattamento primario); O 2,
allucinazioni;
assistenza respiratoria e
sudorazione; difficoltà
circolatoria; se necessario,
respiratoria progressiva, esmololo EV, con estrema
fino all'insufficienza
cautela, per le aritmie;
respiratoria; cianosi;
osservazione per problemi
insufficienza circolatoria; miocardici o polmonari
convulsioni; IMA (raro); (solitamente prima
attenzione agli "stuffer" e dell'arrivo in pronto
ai "packer" (cioè coloro soccorso)
che contrabbandano
cocaina in in volucri di
plastica nascosti nel tratto
GI o nella vagina)
Codeina: v. Narcotici
Collanti per aeromodellismo, mastici (per modellismo): v. Acetone; Benzene;
Distillati del petrolio
Combustibile, olio: v. Distillati del petrolio
Combustibili solidi in scatola: v. Alcol metilico
Contaminanti atmosferici: v. Ossidi di azoto
Coumaphos: v. Organofosfati
Creosoto; cresoli: v. Fenoli
Cromati: v. Acido cromico
Cromo: v. cromati
Cyfluthrin: v. Piretroidi
65
Cypermethrin: v. Piretroidi
DDD (2-dicloroetano): v. Idrocarburi clorurati
DDT (clorofenotano): v. Idrocarburi clorurati
Deodoranti domestici: v. Naftalene; Paradiclorobenzene
Depilatorie, sostanze: v. Bario, composti
Desipramina: v. Antidepressivi triciclici
Destroamfetamina: v. Amfetamine
Detergenti, polveri: v. Acidi e alcali
Detersivi per lavastoviglie: v. Acidi e alcali
Diazinon: v. Organofosfati
Diclorvos: v. Organofosfati
Dicofol: v. Idrocarburi clorurati
Dicumarolo: v. Warfarin
Dieldrin: v. Idrocarburi clorurati
Dietilamide dell'acido lisergico (LSD): v. Acido lisergico, dietilamide
Difenossilato con atropina Letargia, nistagmo,
Emesi con ipecacuana,
pupille puntiformi,
lavanda gastrica; carbone
tachicardia, coma, de
attivo; naloxone; tutti i
pressione respiratoria
bambini devono essere
(Nota: la tossicità può
tenuti sotto controllo per
essere ritardata fino a
12-18h, se l'ingestione è
12h.
accertata
Digitale, digitossina, digossina: v. la trattazione della digitale
Diidrossicumarina: v. Warfarin
Dilan: v. Idrocarburi clorurati
Dimethoate: v. Organofosfati
Dinitrobenzene: v. Nitrobenzene
Dinitro-o-cresolo
Stanchezza, sete,
Emesi; lavanda gastrica,
Erbicidi
arrossamenti cutanei;
terapia infusionale; O 2;
Pesticidi
nausea, vomito, dolore
prevedere la tossicità
addominale; iperpiressia, epatica e renale; non esiste
tachicardia, perdita di
un antidoto specifico;
coscienza; dispnea,
sciacquare la cute con
arresto respiratorio;
detergenti
assorbimento attraverso
la cute
Diossido di carbonio
Dispnea, astenia, tinnito, Assistenza respiratoria; O 2
palpitazioni
Disossido di zolfo
Irritazione delle vie
Allontanare il paziente
Smog
respiratorie;
dall'area con taminata; O2;
66
Disolfuro di carbonio
Bisolfuro di carbonio
Distillati del petrolio
Asfalto
Benzina
Catrame
Cherosene
Colla per
aeromodellismo
Etere di petrolio
Nafta
Oli lubrificanti
Olio combustibile
Spiritiminerali
starnutazione, tosse,
respirazione a pressione
dispnea, edema
positiva, assistenza
polmonare
respiratoria
Alito con odore di aglio, Lavare la cute; emesi;
irritabilità, astenia,
lavanda gastrica; O 2;
depressione maniacale, sedare con diazepam;
narcosi, delirio, midriasi, supporto respiratorio e
cecità, parkinsonismo,
circolatorio
convulsioni, coma,
paralisi, insufficienza
respiratoria
Ingestione: bruciore alla I problemi principali sono
gola e allo stomaco,
conseguenti all'aspirazione
vomito, diarrea;
(non all'assorbimento GI),
polmonite, solo se c'è
pertanto lo svuotamento
stata aspirazione
gastrico non è indicato;
Inalazione di vapori:
lavanda gastrica solo in
euforia; bruciore toracico; caso di depressione a
cefalea, nausea, astenia; rapida insorgenza in
depressione del SNC,
seguito all'ingestione di
confusione mentale;
grandi quantità; eseguire
dispnea, tachipnea,
emogasanalisi per
rantoli
controllare il trattamento;
Aspirazione: alterazioni terapia di supporto per
polmonari acute precoci l'edema polmonare; O 2,
assistenza respiratoria
Disulfoton: v. Organofosfati
Diuretici mercuriali: v. Mercurio
Doxepina: v. Antidepressivi triciclici
Endosulfan: v. Idrocarburi clorurati
Endrin: v. Idrocarburi clorurati
Erbicidi: v. Arsenico e antimonio; Dinitro-o-cresolo
Eroina: v. Narcotici
Esaclorocicloesano: v. g-Benzene esacloruro
Esaetiltetrafosfato: v. Organofosfati
Eserina: v. Fisostigmina
Esfenvalerato: v. Piretroidi
Esplosivi: v. Bario, composti (fuochi d'artificio); Ossidi di azoto
Etanolo: v. Alcol etilico
Etere: v. Cloroformio
Etere di petrolio: v. Distillati del petrolio
67
Ethion: v. Organofosfati
Etilico, alcol: v. Alcol etilico
Famphur: v. Organofosfati
FANS
Nausea, vomito (in caso
Ibuprofene
di sovradosaggi notevoli,
v. la trattazione
dell'acidosi sotto
Fenciclidina (PCP)
"Assenza", incoscienza;
ipertensione
Emesi, lavanda gastrica o
carbone attivo nei casi
gravi; osservazione clinica
e misure di supporto
Trasferire in ambiente
tranquillo; la vanda
gastrica prolungata;
propranololo e diazepam
Fenacetina: v. Acetanilide
Fenilpropanolamina
Nervosismo, irritabilità, Terapia di supporto;
ipertensione e altri effetti diazepam; fentolamina
simpaticomimetici
(5mg) o nitroprussiati per
l'ipertensione
Fenmetrazina: v. Amfetamine
Fenobarbital: v. Barbiturici
Fenoli
Effetti corrosivi;
Togliere i vestiti, lavare le
Acido carbolico
causticazioni delle
lesioni esterne con acqua;
Creosoto
mucose; pallore, astenia, carbone attivo. Non
Cresoli
shock; convulsioni nei
utilizzare alcol od
Guaiacolo
bambini; edema
oliominerale. Emollienti;
Naftoli
polmonare; urine color alleviare il dolore; O 2;
fumo; insufficienza
assistenza cardio
respiratoria, cardiaca e
respiratoria; correggere lo
circolatoria
squilibrio idrico;
osservazione per eventuale
stenosi esofagea (rara)
Fenotiazina
Sintomatologia
Emesi con ipecacuana,
Clorpromazina
extrapiramidale (atassia, carbone attivo o lavanda
Proclorperazina
spasmi muscolari e
gastrica; difenidramina 2Promazina
carpopedali, torcicollo), 3mg/kg EV o IM per la
Trifluoperazina
di solito idiosincrasica; in sintomatologia
caso di sovradosaggio:
extrapiramidale; diazepam
xerostomia, sonnolenza, per le convulsioni;
coma, ipotermia, collasso riscaldare il paziente;
respiratorio; leucopenia, devono essere evitati il
ittero, deficit della
levarterenolo e
coagulazione, eruzioni
l'adrenalina; la dialisi non
cutanee
è di alcun beneficio
68
(bicarbonato di sodio per
le tachiaritmie)
Fenthion: v. Organofosfati
Ferrici, sali: v. Ferro
Ferro
Ferro carbonile (v.
Monossido di carbonio)
Sali ferrici
Sali ferrosi
Gluconato ferroso
Solfato ferroso
Vitamine contenenti
ferro (Nota: le forme
masticabili contenenti
ferro per bambini sono
notevolmente sicure)
Fisostigmina
Eserina
Neostigmina
Pilocarpina
Pilocarpus
Fluoro: v. Ossidi di azoto
Fluoruri
Acido fluoridrico
Floururi solubili in
generale
Fuoruro di ammonio
Fluoruro di sodio
Veleno per scarafaggi
Veleno per topi
Vomito, dolore ai
quadranti ad dominali
superiori, pallore, cianosi,
diarrea, sonnolenza,
shock; è preoccupante
l'ingestione di >4070mg/kg di ferro
elementare
Vertigini, astenia,
vomito, dolore
crampiforme; midriasi,
poi miosi; convulsioni
Ingestione: sapore salato
o simile a sapone; con
dosi notevoli: tremori,
convulsioni, depressione
del SNC; shock;
insufficienza renale
Contatto cutaneo e
mucoso: ustioni
superficiali o profonde
Inalazione: intensa
Emesi con ipecacuana,
lavanda gastrica; se la
sideremia è >400500mmg/dl (>7290gmmol/l) a 3-6h
dall'ingestione (e sono
presenti sintomi GI), deferoxamina 1g EV
(velocità massima
15mg/kg/h) o 1-2g IM q
3-12h (le urine diventano
rosse entro 2h); per lo
shock, deferoxamina 1g
EV (velocità massima
15mg/ kg/h); limitare la
terapia chelante a 24h;
exsanguino-trasfusione
Atropina solfato 0,6-1mg
(adulti), 0,01mg/kg
(bambini) SC o EV,
ripetibile al bisogno
(Attenzione: l'impiego
della fisostigmina per
neutralizzare gli
anticolinergici è associato
a un'incidenza di attacchi
convulsivi del 15%);
benzodiazepine
Ingestione: emesi con
ipecacuana; lavanda
gastrica (lasciare nello
stomaco idrossido di
alluminio in gel oppure
idrossido o cloruro di
calcio o di magnesio);
soluzione glucosata e
salina EV; calcio
gluconato al 10%, 10ml
69
irritazione oculare e
nasale; cefalea; dispnea,
senso di soffocamento,
edema della glottide,
edema polmonare,
bronchite, polmonite;
enfisema mediastinico e
sottocutaneo da rottura di
bolle polmonari
EV (1ml/kg nei bambini);
tenere sotto controllo
l'ipereccitabilità
miocardica; trattare lo
shock e la disidratazione
Contatto cutaneo e
mucoso: sciacquare
abbondantemente con
acqua fredda; asportare il
tessuto divenuto
biancastro; talvolta, calcio
gluconato al 10% per
iniezione locale o, più
spesso, intrarteriosa con
applicazione di pasta
all'ossido di magnesio
Inalazione: O2, assistenza
respiratoria; prednisone
per la polmonite chimica
(adulti: 30-80mg/die in
dosi frazionate); trattare
l'edema polmonare
Fluoruro di idrogeno: v. Ossidi di azoto
Fluoxetina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina
Fluvalinato: v. Piretroidi
Formaldeide
Ingestione: dolore orale e Ingestione: acqua o latte
Formalina
gastrico, nausea, vomito, per diluire; trattare lo
(Nota: può contenere
ematemesi, shock,
shock; bicarbonato di
alcol metilico)
ematuria, anuria, coma, sodio per correggere
insufficienza respiratoria l'acidosi; assistenza
Contatto cutaneo:
respiratoria; tenere in
irritazione, necrosi
osservazione per eventuali
coagulativa; dermatite,
perforazioni
ipersensibilità
Contatto cutaneo: lavare
Inalazione: irritazione
abbondantemente con
oculare, nasale e
acqua e sapone
respiratoria; spasmo ed Inalazione: sciacquare gli
edema laringeo; disfagia; occhi con soluzione
bronchite, polmonite
salina; O2; assistenza
respiratoria
Formalina: v. Formaldeide
Fosfina (idrogeno fosforato): v. Solfuro di idrogeno
Fosforico, acido: v. Acidi e alcali
70
Fosforo (giallo o bianco)
Veleno per scarafaggi
Veleno per topi
(Nota: il fosforo rosso è
non assorbibile e non
tossico)
1° stadio: sapore simile Proteggere il paziente e il
all'aglio; alito con odore personale dal vomito, dal
di aglio; irritazione
liquido della lavanda
locale, causticazioni
gastrica e dalle feci; se il
cutanee e faringee,
fosforo è penetrato nella
nausea, vomito, diarrea cute, immergere il corpo
2° stadio: assenza di
del paziente in acqua;
sintomi da 8h a diversi
lavanda gastrica
giorni
abbondante: alcuni
3° stadio: nausea, vomito, raccomandano
diarrea, epatomegalia,
permanganato di potassio
ittero, emorragie, danno (1:5000) o solfato di rame
renale, convulsioni, coma (250mg in 250ml
Tossicità potenziata
d'acqua); oliominerale
dall'alcol, dai grassi e
100ml (per prevenire
dagli oli digeribili
l'assorbimento), da
ripetere nelle successive
2h; prevenire lo shock;
vitamina K1 EV;
trasfusione con sangue
fresco
Fowler, soluzione: v. Arsenico e antimonio
Funghi velenosi:
Fuochi d'artificio: v. Bario, composti
Gas: v. Ammoniaca gassosa; Cloro (gas lacrimogeno); Monossido di carbonio
(gas acetilene, gas di carbon fossile, gas di palude, gas di scarico automobilistici,
gas illuminante, gas per caldaie); Organofosfati (gas nervini); Solfuro di idrogeno
(gas mefitico, idruri volatili)
Gas acetilene: v. Monossido di carbonio
Gas arsina
Anemia emolitica acuta Trasfusioni; diuresi
Gas di carbon fossile: v. Monossido di carbonio
Gas di scarico automobilistici: v. Monossido di carbonio
Gas illuminante: v. Monossido di carbonio
Gas lacrimogeno: v. Cloro
Gas mefitico: v. Solfuro di idrogeno
Gas nervini: v. Organofosfati
Gas per caldaie: v. Monossido di carbonio
Gaulteria, olio: v. salicilati
Glicol dietilenico: v. Glicol etilenico
Glicol etilenico
Ingestione: ebbrezza, ma Ingestione: emesi; lavanda
Glicol dietilenico
senza odore di alcol
gastrica, assistenza
71
Anticongelanti
permanenti
all'alito; nausea, vomito;
più tardi, spasmo
carpopedale, dolore
lombare; cristalluria da
ossalati; oliguria con
progressione fino
all'anuria e
all'insufficienza renale
acuta; difficoltà
respiratoria, convulsioni,
coma
Contatto oculare:
iridociclite
Glipizide: v. Ipoglicemizzanti orali
Gluconato ferroso: v. Ferro
Glutetimide
Sonnolenza, areflessia,
midriasi, ipotensione,
depressione respiratoria,
coma
Guaiacolo: v. Fenoli
H2 antagonisti
Problemi GI minori;
possibili alterazioni della
concentrazione di altri
farmaci
Heptachlor: v. Idrocarburi clorurati
Idrocarburi: v. Benzene
Idrocarburi alogenati: v. Idrocarburi clorurati
Idrocarburi clorurati
Effetti tossici da lievi
Aldrin
(p.es. metossicloro) a
Benzene esacloruro
gravi (p.es. dieldrin);
Bulan
vomito (immediato o
Captan
tardivo); parestesie;
Chlorothalonil
malessere generale;
Clordano
tremori grossolani,
DDD (2-dicloroetano) convulsioni; edema
DDT (clorofenotano)
polmonare, fibrillazione
respiratoria, correggere lo
squilibrio elettrolitico (gap
anionico); etanolo (v. la
terapia dell'avvelenamento
da alcol metilico);
fomepizolo 15mg/kg EV
subito, 10mg/kg q 12h per
4 volte più dialisi in caso
di livelli ematici >50mg/dl
(per inibire la conversione
del glicol etilenico in
metaboliti tossici da parte
dell'alcol deidrogenasi)
Contatto oculare:
sciacquare gli occhi
Emesi con ipecacuana;
lavanda gas trica, carbone
attivo; assistenza
respiratoria, mantenere
l'equilibrio
idroelettrolitico;
l'emodialisi può essere di
aiuto; trattare lo shock
Misure di supporto non
specifiche
Emesi; lavanda gastrica, in
assenza di convulsioni, o
carbone attivo; diazepam
o fenobarbital per
prevenire e controllare i
tremori e le convulsioni;
evitare l'adrenalina e gli
stimoli improvvisi; liquidi
parenterali; tenere sotto
72
Dicofol
ventricolare, insufficienza controllo la funzionalità
Dieldrin
respiratoria
epatica e renale; assistenza
Dienochlor
cardiorespiratoria
Dilan
Endosulfan
Endrin
Heptachlor
Lindano
Metossicloro
Perclordecone
Prolan
Toxafene
Altri insetticidi organici
e composti industriali
clorurati
Idrogeno, cloruro e fluoruro: v. Ossidi di azoto
Idrogeno, solfuro: v. Solfuro di idrogeno
Idrogeno fosforato (fosfina): v. Solfuro di idrogeno
Idrossido di sodio (soda caustica): v. Acidi e alcali
Idruri volatili: v. Solfuro di idrogeno
Imipramina: v. Antidepressivi triciclici
Inibitori selettivi del
Sonnolenza; interazione Emesi, lavanda gastrica o
reuptake della serotonina
con l'alcol, gli inibitori
carbone attivo nei casi
Fluoxetina
della monoamino ossidasi gravi; misure di supporto
Paroxetina
e altri farmaci
Sertralina
Insetticidi: v. Idrocarburi clorurati; Organofosfati; Paradiclorobenzene; Piretroidi
Iodio
Dolore urente alla bocca Latte, amido o farina PO;
e all'esofago; colorazione lavanda gastrica; liquidi
brunastra delle mucose; ed elettroliti; trattare lo
edema laringeo; vomito; shock; tracheostomia per
dolore addominale,
l'edema laringeo
diarrea; shock, nefrite,
collasso circolatorio
Iodioformo
Dermatite; vomito;
Ingestione: emesi o
Triiodometano
depressione del SNC,
lavanda gastrica;
eccitazione; coma;
assistenza respiratoria
difficoltà respiratoria
Contatto cutaneo: lavare
con bicarbonato di sodio o
alcol
Iosciamina, iosciamo, ioscina (scopolamina): v. Belladonna
Ipocloriti
Di solito, lieve dolore e Diluire con latte (gli
73
Candeggina, cloro
Acqua di Javelle
Ipoglicemizzanti orali
Clorpropamide
Glipizide
infiammazione della
mucosa orale e GI; tosse,
dispnea, vomito; eruzione
cutanea vescicolare
abituali preparati
domestici al 6% non
richiedono molto di più);
trattare lo shock;
esofagoscopia in caso di
ingestione di preparati
concentrati
La maggior parte dei
Emesi, lavanda gastrica o
pazienti rimane
carbone attivo nei casi
asintomatica; in alcuni
gravi; alimentazione
compare ipoglicemia, più frequente (non
negli adulti che nei
esclusivamente zucchero)
bambini
e stretta osservazione del
comportamento; in caso di
sovradosaggi notevoli,
misurazione della glicemia
Isofenfos: v. Organofosfati
Isoniazide
Stimolazione del SNC,
convulsioni,
ottundimento del
sensorio, coma
Emesi; lavanda gastrica;
sedare con diazepam;
piridossina (1mg ognimg
di isoniazide ingerito) fino
a 200mg EV lentamente
per le convulsioni,
ripetibile al bisogno;
bicarbonato di sodio per
l'acidosi (di rado
necessario)
Isopropilico, alcol: v. Alcol isopropilico
Javelle, acqua: v. Ipocloriti
Lacrimogeno, gas: v. Cloro
Lambda-cyhalothrin: v. Piretroidi
Lindano: v.-Benzene esacloruro; Idrocarburi cloridrati
Liquore: v. Alcol etilico
Liscivia: v. Acidi e alcali (idrossido di sodio)
Litio, sali
Nausea, vomito, diarrea, Acuto: emesi; diazepam;
tremori, sonnolenza,
eventuale dialisi
insufficienza renale,
Cronico: ridurre la dose;
diabete insipido
terapia di supporto
LSD (dietilamide dell'acido lisergico): v. Acido lisergico, dietilamide
Malathion: v. Organofosfati
Manganese: v. metalli pesanti
74
Mefitico, gas: v. Solfuro di idrogeno
Meperidina: v. Narcotici
Meprobamato: v. Barbiturici
Mercurio
Acuto: gastroenterite
Bicloruro di mercurio
grave, dolore urente alla
Calomelano
bocca, scialorrea, dolore
Cloruro di mercurio
addominale, vomito;
Diuretici mercuriali
colite, nefrosi, anuria,
Mercurio ammoniacato uremia; causticazioni
Mertiolato
cutanee da mercuriali
Sublimato corrosivo
alchilici e fenilici
Tutti i composti
Cronico: gengivite,
mercuriali
disturbi mentali, deficit
Vapori di mercurio
neurologici
Vapori di mercurio:
polmonite grave
Mercurio ammoniacato: v. Mercurio
Mertiolato: v. Mercurio. Di solito non dà problemi
Metadone: v. Narcotici
Metaldeide
Nausea, vomito e conati
Veleno per lumache
di vomito, dolore
addominale, rigidità
muscolare, iperventi
lazione, convulsioni,
coma
Metalli
V. i singoli metalli
Metamfetamina: v. Amfetamine
Metanolo: v. Alcol metilico
Methidathion: v. Organofosfati
Metil parathion: v. Organofosfati
Metossicloro: v. Idrocarburi clorurati
Metilico, alcol: v. Alcol metilico
Metilsalicilato: v. salicilati
Monossido di carbonio
La tossicità varia con la
Ferro carbonile
durata dell'esposizione, la
Gas acetilene
concentrazione inalata, la
Gas di carbon fossile
frequenza cardiaca e
Gas di palude
respiratoria; la
Gas di scarico
sintomatologia varia con
automobilistici
la % di
Gas illuminante
carbossiemoglobina nel
Lavanda gastrica, carbone
attivo; penicillamina (o
succimero); mantenere
l'equilibrio
idroelettrolitico;
emodialisi per
l'insufficienza renale;
osservazi one per
eventuali perforazioni GI
Contatto cutaneo: lavare
con acqua e sapone
Polmoni: terapia di
supporto
Emesi, nel caso in cui non
avvenga spontaneamente;
terapia di supporto;
diazepam
O2 al 100% in maschera;
assistenza respiratoria se
necessario; determinare
immediatamente il livello
di carbossiemoglobina;
evitare tutti gli stimolanti;
l'O2 iperbarico è
probabilmente efficace se
75
Gas per caldaie
sangue; cefalea, vertigini,
dispnea, confusione
mentale, midriasi,
convulsioni, coma
Morfina: v. Narcotici
Nafta: v. Distillati del petrolio
Naftalene (v. anche
Ingestione: crampi
Paradiclo robenzene)
addominali, nausea,
Antitarme
vomito; cefalea,
Naftalina
confusione mentale;
Tavolette deodoranti
disuria; emolisi
intravascolare;
convulsioni; anemia
emolitica nei soggetti con
deficit di G6PD
Contatto cutaneo:
dermatite, ulcerazioni
corneali
Inalazione: cefalea,
confusione mentale,
vomito, dispnea
Naftalina: v. Naftalene
Naftoli: v. Fenoli
Naled: v. Organofosfati
Narcotici
Pupille puntiformi,
Alfaprodina
sonnolenza, respiro
Codeina
superficiale, spasticità,
Eroina
insufficienza respiratoria
Meperidina
Metadone
Morfina
Oppio
Propossifene
la carbossiemoglobina è
>25% circa; valore
principale probabilmente a
livello del citocromo
Ingestione: emesi con
ipecacuana, lavanda
gastrica; emotrasfusione in
caso di emolisi grave;
alcalinizzare le urine per
l'emoglobinuria;
controllare le convulsioni
Contatto cutaneo: togliere
i vestiti se sono stati tenuti
in naftalina; sciacquare la
cute e gli occhi
Non somministrare
emetici. Lavanda gastrica,
carbone attivo, assistenza
respiratoria; naloxone
5g/ kg EV per
risvegliare il paziente e
migliorare la respirazione;
se il paziente non
risponde, naloxone 220mg (eventualmente
ripetibile fino a 1020volte); liquidi EV per
sostenere la circolazione
Neostigmina: v. Fisostigmina
Nichel: v. metalli
Nicotina: v. Tabacco
Nitrati: v. Clorati
Nitrato di argento: v. Argento, sali
76
Nitrico, acido: v. Acidi e alcali
Nitriti
Metaemoglobinemia,
Nitrito di amile
cianosi, anossia, disturbi
Nitrito di butile
GI, vomito, cefalea,
Nitrito di potassio
vertigini, ipotensione,
Nitrito di sodio
insufficienza respiratoria,
Nitroglicerina
coma
Nitrito di amile: v. Nitriti
Nitrito di butile: v. Nitriti
Nitrito di potassio: v. Nitriti
Nitrito di sodio: v. Nitriti
Nitrobenzene
Dinitrobenzene
Olio di mandorle amare
artificiale
Emesi con ipecacuana,
lavanda gastrica; O 2; per
la metaemoglobinemia,
blu di metilene all'1% 12mg/kg EV lentamente; in
caso di metaemoglobina
>40%, trasfusione con
sangue intero
Odore di mandorle amare V. Acetanilide
(simile a quello dei
cianuri), sonnolenza,
cefalea, vomito, atassia,
nistagmo, urine marroni,
movimenti convulsivi,
delirio, cianosi, coma,
arresto respiratorio
Nitroglicerina: v. Nitriti
Nitroso, ossido: v. Cloroformio
Nortriptilina: v. Antidepressivi triciclici
Octametil pirofosforamide: v. Organofosfati
Oli: v. Acetalinide (olio di anilina); Distillati del petrolio (olio combustibile, oli
lubrificanti)
Oli lubrificanti: v. Distillati del petrolio
Olio combustibile: v. Distillati del petrolio
Olio di Gaulteria: v. salicilati
Olio di mandorle amare artificiale: v. Nitrobenzene
Oppio: v. Narcotici
Organofosfati
Nausea, vomito, crampi Togliere i vestiti, lavare e
77
Acefato
addominali, scialorrea;
Bidrin
aumento delle secrezioni
Chlorethoxyfos
polmonari, cefalea,
Chlorothion
rinorrea, offuscamento
Chlorpyrifos
della vista, miosi;
Coumaphos
difficoltà dell'eloquio,
Demeton
confusione mentale;
Diazinon
difficoltà respiratoria,
Diclorvos
schiuma alla bocca;
Dimetoato
coma; assorbimento per
Disulfoton
contatto cutaneo,
Ethion
inalazione o ingestione
Famphur
Fenthion
Forato
Fosdrin
Fosmet
Gas nervini
Esaetiltetrafosfato
Isofenfos
Malathion
Methidathion
Metil parathion
Naled
Octametil
pirofosforamide
Ossidemeton-metile
Parathion
Pirimifos-metile
Temefos
Terbufos
Tetraclorvinfos
Triclorfon
Oro, sali: v. oro e composti dell'oro
Ossalati:v. Acido ossalico
Ossalico, acido: v. Acido ossalico
Ossidi di azoto (v. anche
Sintomatologia ad
Cloro, Diossido di zolfo,
esordio ritardato, salvo in
Solfuro di idrogeno )
caso di concentrazioni
Cloruro di cobalto
elevate; altri gas irritanti
Cloruro di idrogeno
danno sintomi di
Contaminanti dell'aria avvertimento (bruciore
che formano ossidanti locale a livello delle
sciacquare la cute;
svuotare lo stomaco;
atropina 2mg (adulti),
0,01-0,05mg/ kg
(bambini) EV o IM q 1560min (in assenza di segni
di tossicità da atropina,
ripetere al bisogno);
pralidossima cloruro 1-2g
(adulti), 20-40mg/kg
(bambini) EV in 1530min, ripetibile in 1h se
necessario; O2; assistenza
respiratoria; correggere la
disidratazione. Non usare
morfina o aminofillina. Il
personale deve evitare
l'autocontaminazione
Riposo a letto: O 2 appena
com paiono i sintomi; in
caso di eccessiva
secrezione schiumosa
polmonare: aspirazione,
drenaggio posturale,
tracheostomia; prednisone
78
atmosferici; liberati dai mucose oculari, nasali e
combustibili dei missili, faringee; astenia, tosse,
dagli esplosivi e dai
dispnea, edema
rifiuti agricoli
polmonare; più tardi,
Fluoro
bronchite, polmonite)
Fluoruro di idrogeno
Ossido nitroso: v. Cloroformio
Oxydemeton-methyl: v. Organofosfati
Palude, gas: v. Monossido di carbonio
Paracetamolo
Iniziale: spesso
asintomatico; lieve
nausea, vomito,
sudorazione, pallore;
segni iniziali di
epatotossicità; oliguria
Successiva (dopo 2448h): nau sea e vomito
protratto, dolore in
ipocondrio destro, ittero,
difetti della coagulazione,
ip oglicemia,
encefalopatia, in
sufficienza epatica,
insufficienza renale,
possibile miocardiopatia
Paradiclorobenzene
Antitarme
Deodoranti per sanitari
Insetticidi
Paraldeide
Paraquat
30-80mg/die (adulti) o
desametasone 1mg/m2
ASC (bambini) per
prevenire la fibrosi
polmonare
Emesi; lavanda gastrica
e/o carbone attivo;
dosaggio dei livelli plas
matici del farmaco a 4h a
fini prognostici: danno
epatico possi bile se >160200g/ml (>1060- 1320
mol/l) e quasi certo se
>300mg/ml
(1980mol/l); entro 1848h dall'avvelenamento,
acetilcisteina (Solmucol)
140mg/ kg PO all'inizio,
poi 70mg/kg PO q 4h per
4-18dosi per prevenire
un'epatotossicità
significativa
Dolore addominale,
Emesi con ipecacuana,
nausea, vomito, diarrea, lavanda gastrica;
convulsioni, tetania
reintegrare i liquidi;
diazepam per controllare
le convulsioni
Alito con odore di
Ingestione: emesi con
paraldeide, incoerenza, ipecacuana, lavanda
miosi, ipoventilazione,
gastrica; O2, assistenza
coma
respiratoria
Immediata: dolore GI e Emesi, terra di Fuller più
vomito
solfato di sodio; O 2 in
Entro 24h: insufficienza quantità limitate;
respiratoria (il diquat non consultare un centro
provoca alterazioni
antiveleni o il fabbricante
respiratorie)
del prodotto
Parathion: v. Organofosfati
79
Paroxetina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina
Pentobarbital: v. Barbiturici
Perclordecone: v. Idrocarburi clorurati
Permanente per capelli, neutralizzanti: v. Clorati
Permanganato di potassio Discromia bruna e
Lavanda gastrica,
causticazioni della
emollienti; mantenere
mucosa orale, edema
l'equilibrio idrico
della glottide;
ipotensione;
interessamento renale
Permethrin: v. Piretroidi
Pesticidi: v. Arsenico e antimonio; Bario, composti; Dinitro-o-cresolo; Fluoruri;
Fosforo; Idrocarburi clorurati; Organofosfati; Paradiclorobenzene; Piretroidi;
Tallio, sali; Warfarin
Phorate: v. Organofosfati
Phosdrin: v. Organofosfati
Phosmet: v. Organofosfati
Pilocarpina, Pilocarpus: v. Fisostigmina
Piombo
Ingestione acuta: sete,
Sali di piombo
dolore addominale
Solder
urente, vomito, diarrea,
Alcune vernici e
sintomatologia a carico
superfici verniciate
del SNC come per
l'inalazione acuta
Inalazione acuta:
insonnia, cefalea, atassia,
mania, convulsioni
Encefalopatia da piombo
Piombo tetraetile
Inalazione di vapori,
Terapia di supporto, p.es.
assorbimento cutaneo e diazepam, clorpromazina,
ingestione:
liquidi ed elettroliti;
sintomatologia a carico eliminare l'origine del
del SNC (insonnia,
veleno
agitazione, atassia,
ideazione monotematica,
mania, convulsioni)
Piretrina: v. Piretroidi
Piretroidi
Risposta allergica
In caso di ingestione di
Bifenthrin
(comprese reazioni
quantità considerevoli,
Cyfluthrin
anafilattiche e
emesi se il paziente è
Cypermethrin
ipersensibilità cutanea) vigile; altrimenti,
Esfenvalerato
nelle persone
intubazione endotracheale
80
Fluvalinato
ipersensibili; altrimenti,
Lambda-cyhalothrin
bassa tossicità, a meno
Permethrin
che il veicolo non sia un
Pyrethrin
distillato del petrolio
Resmethrin
Sumithrin
Tefluthrin
Tetramethrin
Pirimifos-metile: v. Organofosfati
Potassa: v. Acidi e alcali (idrossido di potassio)
Potassio, carbonato: v. Acidi e alcali
Potassio, cianuro: v. Cianuri
Potassio, idrossido: v. Acidi e alcali
Potassio, nitrito: v. Nitriti
Potassio, permanganato: v. Permanganato di potassio
Proclorperazina: v. Fenotiazina
Prolan: v. Idrocarburi clorurati
Promazina: v. Fenotiazina
Propossifene: v. Narcotici
Propranololo
Confusione mentale e
convulsioni
Protriptilina: v. Antidepressivi triciclici
Prussico, acido: v. Cianuri
Radio:
Rame:
Rame, sali
Vomito, sensazione di
Acetato, subacetato e
bruciore, sapore
solfato rameico
metallico, diarrea, dolore,
Cloruro e ossido
shock, ittero, anuria,
rameoso
convulsioni
Sali di zinco
Resmethrin: v. Piretroidi
Resorcinolo (resorcina)
e lavanda gastrica; lavare
accuratamente la cute
Emesi; lavanda gastrica;
terapia di supporto; sedare
con diazepam; pacemaker
e glucagone (0,05mg/ kg
subito più 2-5mg/h)
Emesi; lavanda gastrica;
penicillamina o
dimercaprolo; mantenere
l'equilibrio
idroelettrolitico; assistenza
respiratoria; controllare il
tratto GI; terapia dello
shock, controllare le
convulsioni; tenere sotto
controllo la funzionalità
epatica e renale
Vomito, vertgini, tinniti, Emesi o lavanda gastrica;
81
brividi, tremore, delirio, assistenza respiratoria
convulsioni, depressione
respiratoria, coma
Sali d'oro: v. oro
Sali di litio: v. Litio, sali
Sali di piombo: v. Piombo
Sali di rame: v. Rame, sali
Sali di tallio: v. Tallio, sali
Sali ferrici: v. Ferro
Salicilati: v. antinfiammatori non steroidei
Salicilico, acido: v. salicilati
Sciroppo di ciliege selvatiche: v. Cianuri
Scopolamina (ioscina): v. Belladonna
Secobarbital: v. Barbiturici
Segale cornuta, alcaloidi: v. Alcaloidi della segale cornuta
Selenio:
Serotonina, inibitori selettivi del reuptake: v. Inibitori selettivi del reuptake della
serotonina
Sertralina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina
Sgorganti per scarichi domestici e sanitari: v. Acidi e alcali
Smog: v. Diossido di zolfo
Soda caustica: v. Acidi e alcali (idrossido di sodio)
Sodio, carbonato: v. Acidi e alcali
Sodio, cianuro: v. Cianuri
Sodio, fluoruro: v. Fluoruri
Sodio, idrossido: v. Acidi e alcali
Sodio, nitrito: v. Nitriti
Sodio, salicilato: v. salicilati
Solder: v. Cadmio; Piombo
Solfato ferroso: v. Ferro
Solforico, acido: v. Acidi e alcali
Solfuri di alcali: v. Solfuro di idrogeno
Solfuro di idrogeno
"Occhio da gas"
O2, assistenza respiratoria;
Fosfina
(cheratocongiuntivite
nitrito di amile e nitrito di
Gas mefitico
subacuta), lacrimazione e sodio come per i cianuri
Idruri volatili
bruciore; tosse, dispnea, (non somministrare
Solfuri di alcali
edema polmonare;
tiosolfato)
causticazioni cutanee,
eritema, dolore;
salivazione profusa,
82
nausea, vomito, diarrea;
confusione mentale,
vertigini; collasso e
perdita di coscienza
improvvisi
Soluzione di Fowler: v. Arsenico e antimonio
Solvente per smalto per unghie: v. Acetone
Solventi per collanti per aeromodellismo: v. Acetone; Benzene; Distillati del
petrolio
Solventi per vernici: v. Distillati del petrolio (spiriti minerali); Trementina
Spiritiminerali: v. Distillati del petrolio
Stibofene: v. Arsenico e antimonio
Stramonio: v. Belladonna
Stricnina
Agitazione, iperacuità
Isolare il paziente e
uditiva e visiva, altri
limitare gli stimoli per
problemi; convulsioni
prevenire le convulsioni;
scatenate da stimoli
carbone attivo PO;
minimi, completo
diazepam e curarici EV
rilassamento muscolare per controllare le
tra un attacco convulsivo convulsioni; assistenza
e l'altro; sudorazione;
respiratoria; diuresi acida
arresto respiratorio
con cloruro di ammonio o
acido ascorbico; lavanda
gastrica dopo il controllo
delle convulsioni
Sublimato corrosivo: v. Mercurio
Sumithrin: v. Piretroidi
Superwarfarin: v. Warfarin
Tabacco
Eccitazione, confusione Emesi con ipecacuana,
Nicotina
mentale, contrazioni
lavanda gastrica; carbone
muscolari, astenia,
attivo; assistenza
crampi addominali,
respiratoria; O2; diazepam
convulsioni cloniche,
per le convulsioni; lavare
depressione, tachipnea, accuratamente la cute, se
palpitazioni, collasso,
contaminata
coma, paralisi del SNC,
insufficienza respiratoria
Tallio, sali (usati un tempo Dolore addominale
Emesi con ipecacuana,
nei veleni per formiche, topi (colico), vomito (talvolta lavanda gastrica; trattare
e sca rafaggi)
ematico), diarrea (talvolta lo shock; diazepam per
ematica), stomatite,
controllare le convulsioni;
scialorrea; tremori, dolori la terapia chelante è allo
83
agli arti inferiori,
stadio sperimentale;
parestesie, polineuriti,
consultare un centro
paralisi oculare e facciale; antiveleni per le
delirio, convulsioni,
informazioni più recenti
insufficienza respiratoria;
perdita dei capelli circa
3sett dopo
l'avvelenamento
Tartaro emetico: v. Arsenico e antimonio
Tefluthrin: v. Piretroidi
Temefos: v. Organofosfati
Terbufos: v. Organofosfati
Teofillina: v. Aminofillina
Tetraclorvinfos: v. Organofosfati
Tetracloruro di carbonio
Nausea, vomito, dolore Lavare la cute; emesi o
Liquidi detergenti (non addominale, cefalea,
lavanda gastrica; O 2;
infiammabili)
confusione mentale,
assistenza
disturbi visivi,
cardiorespiratoria;
depressione del SNC,
monitorare la funzionalità
fibril lazione ventricolare, epatica e renale e trattare
danno renale, danno
ade guatamente; evitare
epatico
alcol, adrenalina, efedrina
e cimetidina
Tetramethrin: v. Piretroidi
Tiroxina
La maggior parte dei
Emesi; osservazione a
pazienti è asintomatica; casa; diazepam; eventuali
raramente, irritabilità
preparati antitiroidei e
ingravescente che
propranololo,
progredisce verso la crisi esclusivamente se
tireotossica in 5-7gg
compare sintomatologia
Toluene, toluolo: v. Benzene
Toxafene: v. Idrocarburi clorurati
Trementina
Odore di trementina;
Emesi (nel paziente vigile)
Solvente per vernici
dolore orale e addominale in caso di ingestione di
Vernici
urente, tosse, senso di
>1-4 oz; lavanda gastrica;
soffocamento,
assistenza respiratoria; O 2;
insufficienza respiratoria; controllare il dolore;
nefrite
tenere sotto controllo la
funzionalità renale
Triclorometano: v. Cloroformio
Trifluoperazina: v. Fenotiazina
84
Triiodometano: v. Iodoformio
Triossido di cromo: v. Acido cromico
Tungsteno:
Valproico, acido: v. Acido valproico
Vanadio:
Vapori di mercurio: v. Mercurio
Veleno per formiche: v. Idrocarburi clorurati (DDT); Sali di tallio
Veleno per lumache: v. Metaldeide
Veleno per scarafaggi: v. Fluoruri; Fosforo; Tallio, sali
Veleno per topi: v. Bario, composti; Fluoruri; Fosforo; Tallio, sali; Warfarin
Verde di Parigi: v. Arsenico e antimonio
Vernici: v. Alcol metilico; Piombo; Trementina
Warfarin
L'ingestione singola non Vitamina K1 per le
Biscumacetato di etile è peri colosa; i
manifestazioni
Bisidrossicumarina
sovradosaggi multipli
emorragiche, fino a che il
Dicumarolo
provocano coagulopatia, tempo di protrombina non
Superwarfarin
ma la maggior parte dei si normalizza; trasfusioni
sovradosaggi non ha
con sangue fresco, se
conseguenze, anche con i necessario
super-warfarin
Whiskey: v. Alcol etilico
Xilene: v. Benzene
Zinco:
Zinco, sali: v. Rame, sali
Zolfo, diossido: v. Diossido di zolfo
FARMACODINAMICA e RECETTORI
FARMACODINAMICA
Studio degli effetti biochimici e fisiologici dei farmaci e dei loro meccanismi di
azione.
Molti farmaci producono risposte farmacologiche interagendo (legandosi) con
macromolecole specifiche, solitamente proteine complesse, sulla superficie o
all‘interno delle cellule. Alcune classi di farmaci reagiscono direttamente con
sostanze non proteiche endogene o esogene; rientrano in questa categoria alcuni
farmaci chemioterapici antitumorali che interagiscono con gli acidi nucleici, i farmaci
chelanti dei metalli (p. es., l‘edetato disodico di calcio, il dimercaprolo, la
deferoxamina) e gli antiacidi utilizzati per neutralizzare chimicamente l‘acidità
gastrica.
85
INTERAZIONI FARMACO-RECETTORE
Pochi farmaci, se non nessuno, possiedono specificità assoluta, ma la maggior parte è
dotata di relativa selettività; p. es., l‘atropina inibisce le azioni dell‘acetilcolina sulle
ghiandole esocrine e sulla muscolatura liscia, ma non quelle sulla muscolatura
scheletrica. L‘azione di tali farmaci selettivi è dovuta al loro legame fisico-chimico
con componenti cellulari denominati recettori. I recettori fisiologici sono
macromolecole implicate nella trasmissione chimica dei segnali tra una cellula e
l‘altra e all‘interno delle cellule. Una molecola che si lega a un recettore è definita
ligando. Quando un ligando (ormone, neurotrasmettitore, messaggero intracellulare o
farmaco esogeno) si combina con un recettore, la funzione cellulare viene modificata
; ciascun ligando può interagire con più sottotipi di recettori. I recettori attivati
regolano direttamente o indirettamente i processi biochimici cellulari (p. es., la
conduttanza ionica, la fosforilazione proteica, la trascrizione del DNA). In molti casi,
i recettori situati all‘interno della membrana cellulare sono accoppiati per mezzo di
proteine leganti il guanin nucleotide (proteine G) con vari sistemi effettori cui
partecipano molecole intracellulari che funzionano da secondi messaggeri.
I recettori sono strutture dinamiche, influenzate sia da fattori esterni sia da
meccanismi regolatori intracellulari. La up-regulation e la down-regulation dei
recettori riguardano fenomeni di adattamento ai farmaci i quali possiedono importanti
implicazioni cliniche (desensibilizzazione, tachifilassi, tolleranza, resistenza
acquisita, ipersensibilità da sospensione).
Le specifiche regioni molecolari delle macromolecole recettoriali alle quali si lega il
ligando vengono dette siti di riconoscimento. Un farmaco può interagire a livello
dello stesso sito con il quale interagisce un agonista endogeno (ormone o
neurotrasmettitore), oppure a livello di un sito diverso. Gli agonisti che si legano a
siti adiacenti o differenti sono talvolta denominati agonisti allosterici. I farmaci
vengono legati anche in modo non specifico, cioè a livello di siti molecolari non
connotati come recettori (p. es., le proteine plasmatiche).
La teoria recettoriale dei farmaci, basata sulla legge dell‘azione di massa, è in qualche
modo paragonabile alle analisi cinetiche dell‘interazione e dell‘inibizione tra enzimi e
substrati. Molti meccanismi biochimici dei farmaci possono essere studiati
nell‘ambito di questo modello di riferimento (p. es., le interazioni tra aspirina e
inibitore della prostaglandina sintetasi, tra neostigmina e inibitore della colinesterasi,
tra selegilina e inibitore della monoaminossidasi B). La teoria recettoriale dei farmaci
include i concetti di affinità (la probabilità che un farmaco occupi un recettore in un
determinato momento) e di efficacia intrinseca (attività intrinseca), che esprime le
complesse associazioni tra la concentrazione del farmaco o del ligando, gli stati di
attivazione dei recettori e la risposta funzionale cellulare o tissutale.
Le funzioni fisiologiche (p. es., la contrazione, la secrezione) sono regolate da
meccanismi multipli mediati da recettori e di conseguenza possono essere modulate
da stimoli molecolari differenti. Tra l‘interazione molecolare iniziale farmacorecettore e la risposta finale tissutale od organica vi può essere l‘interposizione di
86
diverse tappe (che coinvolgono p. es., l‘accoppiamento recettoriale e l‘intervento di
secondi messaggeri intracellulari multipli). La densità dei recettori e l‘efficienza dei
meccanismi di risposta allo stimolo variano da tessuto a tessuto.
La teoria dell‘occupazione precoce dei farmaci assumeva che una risposta
farmacologica fosse direttamente proporzionale all‘occupazione dei recettori; si
riteneva che quando tutti i recettori fossero stati occupati o attivati si verificasse un
effetto massimale. La teoria attuale prevede il coinvolgimento di processi cinetici
(velocità di inizio/fine) relativi all‘occupazione del recettore da parte del ligando, di
stati di attivazione multipli dei recettori (attivo/inattivo) e della mancanza di
un‘evidente proporzionalità tra l‘occupazione del recettore da parte del ligando e la
risposta finale tissutale od organica. In questi modelli vengono prese in
considerazione le variazioni nell‘efficienza della trasduzione del segnale (meccanismi
di amplificazione cellulare) e l‘esistenza dei recettori di riserva, degli agonisti parziali
e degli agonisti inversi (v. oltre).
I farmaci agonisti interagiscono con i recettori in modo da modificare la proporzione
dei recettori attivati, modificando così l‘attività cellulare. Gli agonisti convenzionali
aumentano la proporzione dei recettori attivati; gli agonisti inversi la riducono. Molti
ormoni e neurotrasmettitori (p. es., l‘acetilcolina, l‘istamina, la norepinefrina) e molti
farmaci (p. es., la morfina, la fenilefrina, l‘isoproterenolo) agiscono come agonisti.
Gli antagonisti interagiscono selettivamente con i recettori, ma non determinano un
effetto osservabile; essi riducono l‘azione di un‘altra sostanza (l‘agonista) a livello
del sito recettoriale interessato. Gli antagonisti recettoriali sono quindi dotati di
affinità ma sono privi di efficacia intrinseca.
Gli analoghi strutturali delle molecole degli agonisti possiedono frequentemente
proprietà bivalenti agoniste e antagoniste; tali farmaci sono definiti agonisti parziali
(a bassa efficacia). Per esempio, per i recettori b-adrenergici di alcuni tessuti,
l‘isoproterenolo è un agonista completo e il prenalterolo è un agonista parziale. Un
farmaco che agisce come agonista parziale a livello di un tessuto può agire come
agonista completo a livello di un altro tessuto.
Gli antagonisti recettoriali possono essere classificati come reversibili o irreversibili.
Gli antagonisti reversibili si dissociano facilmente dal loro recettore; gli antagonisti
irreversibili formano con esso un legame chimico stabile (come avviene p. es.,
nell‘alchilazione). Gli antagonisti pseudoirreversibili si dissociano lentamente dal
loro recettore. Nell‘antagonismo competitivo, il legame dell‘agonista e
dell‘antagonista è reciprocamente esclusivo, probabilmente perché entrambi gli
agenti si legano allo stesso sito recettoriale. Nell‘antagonismo non-competitivo,
l‘agonista e l‘antagonista possono venire legati contemporaneamente, ma il legame
dell‘antagonista riduce o inibisce l‘azione dell‘agonista. Nell‘antagonismo
competitivo reversibile, l‘agonista e l‘antagonista formano legami di breve durata con
il recettore e tra agonista, antagonista e recettore viene raggiunto uno stato di
equilibrio. Tale antagonismo può essere superato aumentando la concentrazione
dell‘agonista; in altre parole, l‘antagonismo è sormontabile. Per esempio il naloxone,
un antagonista dei recettori per gli oppioidi strutturalmente simile alla morfina, dotato
di scarsa o nulla attività morfino-simile, blocca gli effetti della morfina quando viene
87
somministrato prima o dopo di essa. Tuttavia, l‘antagonismo competitivo del
naloxone può essere superato somministrando una maggiore quantità di morfina.
RELAZIONE DOSE-RISPOSTA
Corrispondenza tra la quantità di farmaco somministrata e l‘entità della risposta
suscitata.
La relazione dose-risposta ha implicazioni molto importanti per le decisioni
terapeutiche e la farmacologia sperimentale. Il rapporto dose-risposta viene
tipicamente descritto con un grafico nel quale l‘effetto misurato (risposta) viene
riportato sull‘asse delle ordinate e la dose o una funzione della dose (p. es., il suo
log10) viene riportato sull‘asse delle ascisse. Poiché un effetto farmacologico è una
funzione sia della dose (o concentrazione) sia del tempo, un grafico di questo tipo
descrive la relazione dose-risposta in maniera indipendente dal tempo. Gli effetti
misurati vengono frequentemente registrati come punti di massimo al momento
dell‘effetto di picco o allo stato stazionario (p. es., durante l‘infusione EV continua).
Gli effetti farmacologici possono essere quantificati a livello molecolare, cellulare,
tissutale, organico, di apparato o dell‘intero organismo.
Una curva dose-risposta ipotetica possiede caratteristiche variabili : potenza
(posizione della curva lungo l‘asse della dose), efficacia massima o effetto massimo
(la più intensa risposta raggiungibile) e pendenza (variazione della risposta per unità
di dose). Esiste anche una variazione biologica (variazione dell‘intensità della
risposta tra individui di controllo appartenenti alla stessa popolazione ai quali è stata
somministrata la stessa dose di farmaco). Costruire curve dose-risposta per farmaci
che vengono studiati in condizioni sperimentali identiche può essere di aiuto per
confrontare i loro profili farmacologici .
I RECETTORI DEI FARMACI
Il recettore è 1 molecola cellulare con cui 1 farmaco agisce per generare 1 effetto
biologico. I recettori sono di natura proteica e si dividono, in base alla localizzazione
nella cellula, in 2 classi :
- MEMBRANATICI, sono cioè localizzati sulla membrana cellulare di 1 cellula
(es. nella membrana post-sinaptica di 1 neurone) e sono attivati da 1
neurotrasmettitore o da 1 sostanza poco lipofila o ionizzata, la quale non puo‘
permeare la membrana citoplasmatica e non puo‘ entrare nella cellula x esplicare i
suoi effetti cellulari. Sono membranatici anche i cosiddetti ―autorecettori‖, che
sono recettori localizzati nella membrana pre-sinaptica, regolanti il rilascio di
neurotrasmettitore (vedremo e capiremo poi perché sono collegati con 1 Gi\Go)
- CITOSOLICI, se si trovano all‘ interno del citosol o nel nucleo. Essi sono attivati
da molecole lipofile, capaci di permeare la membrana citoplasmatica e di
raggiungere il citosol, come Corticosteroidi, i Glucocorticoidi (che interagiscono
88
con recettori nel citoplasma; Ormoni Tiroidei, Estrogeni, Progesterone,
Androgeni, Vitamina D, Vitamina A (quest‘ultimi interagiscono direttamente con
recettori nucleari)
RECETTORI CITOSOLICI
Gli ormoni Steroidei, tiroidei, levitamine D e A grazie alla loro struttura altamente
lipofila , agiscono tramite recettori localizzati a livello intracellulare. I recettori
intracellulari hanno 1 organizzazione molecolare molto simile: sono tutti
caratterizzati da 1 unica catena polipeptidica con due domini funzionali
particolarmente conservati (zone ad alta conservazione di amminoacidi ) tra i diversi
membri della famiglia:
a) il dominio legante l‘ormone e di dimerizzazione
b) il dominio che si lega al DNA
Si dividono in :
- Recettori Nucleari: sono i recettori x gli Estrogeni, Progesterone, Androgeni,
Vitamina D, Vitamina A, Ormoni Tiroidei. Tali recettori 1 volta sintetizzati a
livello del reticolo citoplasmatico, sono trasportati all‘interno del nucleo, per poi
interagire con i suddetti attivatori ;
- Recettori citoplasmatici: sono i recettori dei Glucocorticoidi e dei
Mineralcorticoidi. Essi sono recettori localizzati nel citoplasma, che traslocano nel
nucleo solo in seguito ad attivazione da parte del ligando. Ecco come avviene la
trasduzione del segnale:
a) I legandi permeano la membrana citoplasmatica e legano il recettore attivandolo;
b) Il compesso ligando-recettore subisce 1 modificazione conformazionale. Tale
modificazione è in parte indotta dall‘ormone legato ed in parte da fosforilazioni
del recettore operate da 1 serie di chinasi.
c) Tali modificazioni conformazionali inducono la dissociazione delle proteine
inibitorie e cosi‘ il recettore è in grado di reagire con 1 seconda molecola
recettoriale e formare 1 dimero dotato di elevate affinita‘ nei confronti di
specifiche sequenze di DNA, dette HRE (Hormone Responsive Elements) cioè
―Sequenze Ormono-Responsive‖;
d) Dopo il legame Ligando-Recettore-Sequenza responsiva, tale complesso richiama
delle proteine (Coattivatori) che facilitano la sua interazione con il complesso di
inizio trascrizione, x dare inizio alla sintesi del trascritto primario, richiamando la
RNA polimerasi II.
RECETTORI MEMBRANATICI
Si possono raggruppare in 6 Superfamiglie recettoriali:
1) Recettori Canale (o Ionotropici);
2) Recettori accoppiati alle proteine G (o Metabotropici);
89
3)
4)
5)
6)
Recettori dotati di attivita‘ Tirosin-chinasica;
Recettori con ativita‘ Guanilato-Ciclasica;
Recettori per l‘ adesione cellulare;
Recettori per le Citochine;
Vediamoli uno per uno:
1. RECETTORI CANALE (o Ionotropici)
Sono dei canali ionici di natura proteica, attraversabili da ioni (Na+, K+, Ca+2, Cl-),
la cui apertura è modulata dall‘interazione con specifici trasmettitori endogeni. I
recettori canali sono costituiti, come i canali ionici voltaggio-dipendenti, da 3, 4 o 5
subunita‘ proteiche, ma si differenziano dagli ultimi dal fatto che in essi l‘ NH2 e il
COOH terminali sono entrambi rivolti nel lato extracellulare della membrana
citoplasmatica( invece nei canali ionici l‘ NH2 e il COOH terminali sono al contrario
entrambi rivolti nel lato intracellulare della membrana citoplasmatica). Tali recettori
sono a risposta rapida, in quanto provocano nella cellula variazioni di natura elettrica,
proprio come nei canali ionici voltaggio-dipendenti, ma qui provocate da 1
neurotrasmettitore con:
- depolarizzazione della membrana cellulare (di 1 neurone o di 1 cardiocita) con l‘
entrata di ioni Na+, K+, Ca+2 o con l‘ uscita di ioni Cl- iperpolarizzazione con l‘ uscita di ioni K+ (raramente di Na+, Ca+) o con l‘
entrata di ioni Cl-.
Appartengono a tale famiglia di recettori:
A.
1)
2)
3)
4)
5)
Recettori permeabili a cationi
Recettori Nicotinici (N1 ed N2) x l‘ Acetilcolina;
Recettori Glutammaergici ionotropici (AMPA, KAINATO, NMDA);
Recettore Serotoninergico 5-HT3;
Recettore Purinergico P2X:
Recettori aperti da Nucleotidi Ciclici (CNG) x l‘AMPc e il GMPc;
B. Recettori permeabili ad anioni
1) Recettori GABAergici (GABAa e GABAb);
2) Recettore Glicinergico Gly-R;
2. RECETTORI ACCOPPIATI ALLE PROTEINE G (o Metabotropici)
Questa è la famiglia più numerosa di recettori ed il bersaglio della maggior parte dei
farmaci usati a scopi terapeutici. I recettori accoppiati alle proteine G sono delle
proteine di membrana strutturalmente caratterizzate dalla presenza di 7 domini
transmembranari con l‘NH2 terminale rivolto nel lato extracellulare della membrana
e invece con il COOH terminale rivolto nel lato intracellulare della membrana. Tali
90
recettori sono detti così perché accoppiati a una proteina G di membrana, capace di
legare il GTP e di possedere 1 attività GTPasica intrinseca. Ogni proteina G è
costituita da 3 subunita‘ , ma solo la subunita‘  è capace di legare e
idrolizzare il GTP. Il ciclo di reazioni a cui va incontro 1 proteina G durante la
trasduzione del segnale può essere così schematizzato:
1) in condizioni di riposo la subunita‘  forma 1 eterotrimero
-GDP , ossia
essa è legata sia alle altre 2 subunita‘ (complesso ), sia al GDP
(complesso -GDP);
2) quando il neurotrasmettitore o l‘ormone si lega a 1 molecola recettoriale, quest‘
ultima diventa capace di promuovere la dissociazione del GDP dalla subunita‘  e
di sostituirlo con il GTP;
3) Il legame GTP- subunita‘provoca la dissociazione della subunita‘ dal
complesso  , facendo rimanere 1 complesso ;
4) Ora sia GTP-sia il complesso  interagiscono con gli effettori (enzimi o
canali ionici specifici), stimolandone o inibendone l‘attivita‘;
5) La regolazione dell‘ effettore termina quando, grazie alla sua attivita‘ GTPasica,
la subunita‘  idrolizza il GTP a GDP, e ritorniamo ad avere il complesso -GDP;
6) il complesso -GDP si rilega al complesso  e abbiamo di nuovo l‘ eterotrimero
-GDP nuovamente disponibile per l‘ attivazione da parte di 1 altra molecola
recettoriale;
Sulla base della loro omologia complessiva di sequenza e di comuni proprieta‘
funzionali, le subunita‘ delle proteine G si dividono in 3 classi :
- s , che stimola il sistema effettore Adenilato Ciclasi. La proteina G che la
contiene è perciò detta Gs ;
- i , che inibisce il sistema effettore Adenilato Ciclasi. La proteina G che la
contiene è perciò detta Gi . Tale subunita‘  è a volte capace anche di fosforilare e
quindi aprire dei canali del K+ (con uscita di K+ dalla cellula) e di bloccare,
sempre tramite fosforilazione, dei canali del Ca++. Quando è capace di fare ciò la
subunità  è detta i \ o. La proteina G che la contiene è perciò detta Gi \ Go ;
- q , che stimola il sistema effettore della Fosfolipasi C. La proteina G che la
contiene è perciò detta Gq ;
Ci sono alcune tossine batteriche capaci di alterare il normale funzionamento delle
subunita‘ di alcune proteine G : sono le tossine a) del Colera; b) della Pertosse , che
sono dotate di attività ADP-ribosil-transferasica.
a) Tossina del Colera: è capace di ADP-ribosilare s , inibendo l‘ attività GTPasica
della proteina Gs, inducendo 1 stimolazione persistente dell‘ adenilato ciclasi e 1
continua produzione di AMPc;
b) Tossina della Pertosse: è capace di ADP-ribosilare i \ o , interrompendo i
segnali trasmessi dalle proteine Gi \ Go;
91
Le proteine G stimolano o inibiscono, quindi, 3 tipi di sistemi effettori enzimatici:
a) il sistema effettore dell‘ ADENILATO CICLASI:
L‘ Adenilato ciclasi è 1 enzima che converte l‘ ATP in AMPciclico e può essere
stimolato, tramite la proteina Gs, oppure può essere inibito, tramite la proteina Gi. L‘
AMPc è quindi il ―secondo messaggero‖ di questo sistema effettore, e la sua
concentrazione all‘ interno della cellula è capace di regolare l‘attivita‘ di diverse
proteine cellulari, tra cui le PROTEIN-CHINASI cAMP-DIPENDENTI o protein
chinasi A (PKA), capace a sua volta di fosforilare in Ser o in Tre altre proteine
specifiche, regolandone l‘attività. Attraverso tale meccanismo l‘AMPc controlla 1
serie di processi cellulari, come reazioni metaboliche, secrezione, rilassamento delle
cellule muscolari lisce, attività di canali ionici e trascrizione di geni specifici.
L‘AMPc sintetizzato dall‘ adenilato ciclasi viene continuamente e rapidamente
distrutto dalle FOSFODIESTERASI (enzima in diverse isoforme a seconda del
tessuto cellulare), che lo idrolizzano in 5‘-AMP.
b) il sistema effettore della FOSFOLIPASI C:
La Fosfolipasi C idolizza il fosfatidilinositolo 4,5-bisfosfato (PIP2) in 2 ―secondi
messaggeri‖:
- l‘ inositolo 1,4,5-trisfosfato (IP3), che liberato nel citoplasma, interagisce con 1
suo recettore-canale intracellulare (detto ― recettore della Rianodina‖) e mobilita
quindi Ca+2 da depositi intracellulari specifici; l‘ aumento di concentrazione dell‘
IP3 è rapido, ma transitorio, in quanto esso è rapidamente metabolizzato nel
citoplasma da 2 enzimi: una Chinasi (specifica x la pos 3 dell‘inositolo); una
Fosfatasi (specifica x la pos 5). La prima reazione produce IP4 (inositolo 1,3,4,5tetrakisfosfato) e la seconda produce l‘ inositolo 1,4 bisfosfato. L‘ IP4, x azione
poi della Fosfatasi, viene convertito in inositolo 1,3,4-trisfosfato. Per
defosforilazioni successive ad opera di fosfatasi specifiche si riforma di nuovo
inositolo libero, che chiude il ciclo, andando a risintetizzare i fosfolipidi
precursori.
- il diacilglicerolo (DAG) che, rimasto legato alla membrana, attiva la
proteinchinasi C che, a sua volta , è in grado di fosforilare, in Ser e Tre, numerosi
substrati; il DAG viene rapidamente metabolizzato o da 1 lipasi specifica o da 1
chinasi che lo converte in acido fosfatidico, usato x la nuova sintesi di
fosfoinositidi.
c) i sistemi effettori-canali:
Portano a modifiche della concentrazione ionica intracellulare. Tra gli effettori delle
proteine G con funzione di canale ionico, i + studiati sono i canali al Ca+2 e i canali
al K+.
3. RECETTORI CON ATTIVITA‘ TIROSIN-CHINASICA
92
Sono costituiti da 1 catena polipeptidica che attraversa 1 sola volta la membrana
cellulare e sono caratterizzati dal fatto di possedere 1 attivita‘ Tirosin-chinasica
intrinseca : essi sono quindi capaci di fosforilare substrati proteici in corrispondenza
di residui tirosinici. L‘ interazione Ligando-recettore provoca la dimerizzazione del
recettore, che è la tappa responsabile dell‘ attivazione della Tirosin Chinasi
intrinseca. L‘autofosforilazione di residui tirosinici presenti nella porzione
citoplasmatica del recettore provoca gli eventi che inducono la cellula a differenziarsi
o a proliferare. Appatengono a tale gruppo di recettori:
a) i recettori x molti fattori di crescita (IGF-1, NGF, EGF, FGF);
b) i recettori x l‘ insulina;
c) i recettori x molte citochine;
4. RECETTORI CON ATTIVITA‘ GUANILATO-CICLASICA
Il recettore è costituito da 1 singola catena amminoacidica che attraversa la
membrana plasmatica 1 sola volta; in esso si riconoscono 1 dominio extracellulare,
che lega l‘ ormone, e 1 dominio intracellulare che ha attività Guanilato-Ciclasica.
Inoltre è poi presente 1 dominio citoplasmatico con attività protein-chinasica, la cui
funzione nonè nota. Quando il recettore è attivato, esso sintetizza il II° messaggero
che è il GMPc, che da origine ad 1 cascata di eventi con modalita‘ analoghe a quelle
proprie dell‘ AMPc. Appatengono a tale gruppo di recettori:
a) i recettori x i peptidi natriuretici A, B, C
b) i recettori x 1 tossina stabile al calore di E. Coli
5. RECETTORI PER L‘ ADESIONE CELLULARE
Sono responsabili dell‘interazione tra le cellule e il microambiente della matrice
cellulare. Essi trasducono i segnali che provengono dalla matrice per regolare la
crescita, la motilità cellulare, la forma e il differenziamento delle cellule. Questi
recettori non hanno 1 particolare via di trasduzione del segnale , ma attivano vie già
conosciute, come quelle attivate dai recettori a tirosin-chinasi o dai recettori
accoppiati a proteine G.
6. RECETTORI PER LE CITOCHINE
Le Citochine sono dei fattori di regolazione che controllano nel sistema immune e
ematopoietico molte funzioni cellulari, tra cui la proliferazione e il differenziamento
cellulare. Sono costituiti da 2 o + subunità ed hanno meccanismi di trasduzione
differenti in base al tipo di citochina: di solito abbiamo 1 dimerizzazione del recettore
e 1 attivazione di tirosinchinasi della famiglia delle JAK 2.
NEUROMEDIATORI
I mediatori chimici che vengono rilasciati nelle cellule, oltre ad agire sulle strutture
postsinaptiche agiscono anche sulle terminazioni presinaptiche, modulando così il
93
rilascio del neurotrasmettitore.
LA NEUROMODULAZIONE
Un esempio di neuromodulazione è rappresentato dagli effetti presinaptici dei
mediatori chimici: il mediatore può agire anche a livello presinaptico potenziando o
riducendo l‘efficacia della trasmissione sinaptica, senza partecipare direttamente in
qualità di neurotrasmettitore.
Le terminazioni PRESINAPTICHE possono essere influenzate da neurotrasmettitori
o da altre sostanze che vengono prodotte localmente. Questa influenza può
determinare un aumento o una riduzione del rilascio del neurotrasmettitore.
Ad esempio le terminazioni nervose dei sistemi simpatico e parasimpatico sono in
grado di interagire fra di loro, ad esempio a livello intestinale, in quanto il
neurotrasmettitore di un sistema può inibire il rilascio del neurotrasmettitore da parte
dell‘altro sistema. È quindi possibile che gli effetti opposti dei due sistemi a livello
intestinale siano dovuti, oltre che all‘effetto opposto dei due neurotrasmettitori sulla
muscolatura liscia, all‘inibizione della liberazione di Ach da parte della nora che
agisce presinapticamente sulle terminazioni parasimpatiche. È stato dimostrato che
anche a livello cardiaco esiste un sistema di inibizopne presinaptico reciproco: la
noradrenalina inibisce la liberazione di Ach e l‘Ach inibisce il rilascio della
noradrenalina.
Oltre a questo tipo di interazione "eterotropica" esiste anche una modulazione
"omotropica" dove lo stesso neurotrasmettitore legandosi alle terminazioni
presinaptiche modula la terminazione dalla quale è stato liberato.
Questi autorecettori presinaptici sono farmacologicamente distinguibili da quelli
postsinaptici: questo consente la produzione di agonisti o antagonisti dei recettori pre
o postsinaptici.
FASI DELLA NEUROTRASMISSIONE
Tutte le fasi del processo di sintesi, di liberazione e di ricaptazione dei
neurotrasmettitori possono essere farmacologicamente modificate. Queste fasi
rappresentano quindi i siti d‘azione dei farmaci, e sono:
1. Captazione dei precursori;
2. Sintesi del trasmettitore;
3. Accumulo intravescicolare del trasmettitore;
4. Degradazione del trasmettitore in eccesso;
5. Depolarizzazione indotta da un potenziale d‘azione prolungato;
6. Flusso di Ca++ verso l‘interno;
7. Liberazione del trasmettitore tramite esocitosi;
8. Diffusione sulla membrana postsinaptica (questo è l‘unico processo che non
può essere farmacologicamente modificato).
9. Interazione con i recettori postsinaptici;
10. Inattivazione del trasmettitore;
11. Ricaptazione del trasmettitore o dei prodotti di degradazione;
12. Interazione con i recettori presinaptici.
94
TRASMISSIONI NEURONALI
1. TRASMISSIONE CATECOLAMINERGICA
La sintesi delle Catecolamine parte dagli amminoacidi essenziali Fenilalanina e
Tirosina: la FENILALANINA viene trasformata in TIROSINA dall‘ enzima
Fenilalanina Idrossilasi (enzima assente nella malattia congenita Fenilchetonuria). La
TIROSINA viene poi convertita in DOPA (Diidr-Ossi-Phenil-Alanina) dall‘ enzima
Tirosina beta-idrossilasi (inibito dalla Metil-para-Tirosina). La DOPA viene
trasformata in DOPAMINA dall‘ enzima Dopa-beta- Carbossilasi (inibito da: Alfametil-dopa, Carbidopa, Benserazide) Successivamente solo nei neuroni
noradrenergici e nella midollare del surrene la DOPAMINA viene convertita in
NORADRENALINA dall‘ enzima Dopamina-beta-idrossilasi (inibito da: Disulfiram,
Acido Fusarico). Infine la NORADRENALINA è convertita in ADRENALINA dall‘
enzima Fenil-etanolamina N-metil-transferasi.
Alternativamente 1 altra via di sintesi della Noradrenalina è quella in cui la
TIROSINA viene convertita, attraverso l‘ enzima L-amminoacido-aromaticodecarbossilasi, in TIRAMINA (composto presente in molti cibi conservati come nel
Vino Rosso, nei Formaggi stagionati, nel Salmone affumicato, i quali provocano
perciò aumento pressorio e altri effetti di 1 iperstimolazione noradrenergica,
incrementando la sintesi di Noradrenalina ). La TIRAMINA viene convertita prima in
OCTAPAMINA attraverso l‘enzima Tiramina-idrossilasi, poi l‘ OCTAPAMINA
attraverso l‘enzima Octapamina- idrossilasi è convertita infine in NORADRENALINA.
La DOPA in eccesso è conservata in granuli di Melanina nel SNC a livello NigroStriatale attaverso 1 serie di reazioni di ossidazione (DOPA- Ortochinone- composto
indolico- indolo Ossidrilato) e 1 Polimerizzazione; i granuli di Melanina
costituiscono 1 marker per evidenziare il Morbo di Parkinson, malattia dovuta a 1
riduzione dell‘ attivita‘ dei neuroni dopaminergici nella Substanzia Nigra e nel Corpo
Striato ( in 1 soggetto affetto da Morbo di Parkinson si evidenzia meno Melanina in
tale area).
Le catecolamine sono 3:
- NORADRENALINA: neurotrasmettitore che agisce sui rec alfa1, alfa2, beta1 (
non sui beta2 e beta3)
- ADRENALINA: è principalmente 1 ormone prodotto nella midollare del surrene
che agisce sui rec alfa1, alfa2, beta1, beta2, beta3
- DOPAMINA: neurotrasmettitore che agisce prevalentemente sui rec D1, D2, D3,
D4, D5 (è un agonista D1+D2+D3+D4+D5 +
Esse costituiscono il cosiddetto sistema nervoso simpatico. I neuroni pre-gangliari del
sistema simpatico sintetizzano Ach ed emergono dal midollo spinale e proiettano ai
gangli paravertebrali e prevertebrali , dove formano sinapsi nicotiniche (rec N1)con i
95
neuroni simpatici post-gangliari. Quest‘ultimi sintetizzano e liberano noradrenalina,
innervano e regolano l‘ attivita‘ degli organi effettori come: mucolo radiale dell‘iride,
muscolo ciliare, ghiandole lacrimali, cuore, muscolatura liscia bronchiale, muscolatura liscia vascolare, stomaco-intestino, rene, vescica, organi sessuali.
Effetti delle catecolamine:
1) Le catecolamine sul cuore (effetto beta1) danno: effetto cronotropo positivo
(aumento della frequenza cardiaca), effetto dromotropo positivo (aumento della
velocita‘ di conduzione atrio ventricolare), effetto batmotropo positivo (aumento
del ritmo cardiaco), effetto inotropo positivo (aumento di forza di contrazione e
della gittata).
2) Le catecolamine rilasciano la muscolatura gastro-intestinale (effetto beta2)
3) Le catecolamine rilassano il muscolo detrursore della vescica (effetto beta2),
mentre aumentano il tono del trigone, dello sfintere e degli ureteri (effetto alfa1)
4) Le catecolamine rilassano la muscolatura liscia bronchiale (effetto beta2)
5) Le catecolamine aumentano la glicemia con inibizione della sintesi e del rilascio
di insulina, e invece aumento di sintesi e liberazione di glucagone(effetto beta2)
6) Le catecolamine aumentano la lipolisi (effetto beta2 e beta3)
7) Le catecolamine provocano vasocostrizione dei vasi di cute, mucose, rene, con
aumento della pressione arteriosa(effetto alfa1)
8) Le catecolamine attivano il sistema Renina-Angiotensina, con aumento della
pressione arteriosa(effetto beta2)
Funzioni del sistema noradrenergico:
1) controllo dell‘ attivita‘ del sistema nervoso autonomo
2) controllo dela depressione: l‘ abbassamento del tono noradrenergico si pensa sia
alla base della depressione
3) controllo dello stato di veglia e attenzione
4) la stimolazione noradrenergica induce aumento dell‘ ingestione di cibo
5) vari effetti endocrini : stimolazione della secrezione di TSH, TRH, LH
RECETTORI NORADRENERGICI
 ………..Gq………stimola IP-3\DAG
……..Gi\Go….. inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++
Gs……… stimola AC
Gs……… stimola AC
Gs……… stimola AC

Ecco la localizzazione dei recettori e i loro effetti :
 Muscolo dell‘iride (contrazione,midriasi), Muscolatura liscia vasale
(contrazione), Fegato (glicogenolisi), SNC (stato di veglia);
96
…………Terminali nervosi (inibizione della liberazione di NA), Muscolatura
liscia vasale (contrazione);
…………Cuore (aumento frequenza, contrattilità, automatismo), Rene (aumento
di secrezione renina);
……… Muscolatura liscia vasale (rilassamento), Muscolatura liscia
organi(rilassamento), Fegato (glicogenolisi,gluconeogenesi);
………..Tessuto Adiposo (lipolisi)
Funzioni del sistema dopaminegico:
1) minore tono dopaminergico a livello nigrostriatale provoca il morbo di Parkinson
(rec D2)
2) maggiore tono dopaminergico crea schizofrenia (rec D4)
3) attivazione dei rec D2 periferici crea vomito e inibizione della motilita‘ gastrica
4) attivazione dei rec D2 nel nucleo perifornicale produce 1 diminuzione
dell‘assunzione di cibo (infatti i farmaci antipsicotici essendo antagonisti D2
danno 1 aumento ponderale)
5) la dopamina agendo come agonista D2 inibisce la secrezione di prolattina
RECETTORI DOPAMINERGICI
D1, D5…….…………………Gq…………………………stimola IP-3\DAG
D2, D3, D4………………….Gi\Go.…..inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++
2. TRASMISSIONE COLINERGICA
L‘ Ach è sintetizzata a partire dalla SERINA (amminoacido della dieta) che viene
decarbossilata a COLINA e poi quest‘ ultima viene acetilata dall‘ACETIL CoA in
una reazione catalizzata dall‘ enzima COLINA-ACETIL-TRANSFERASI. L‘ Ach
liberata nello spazio post-sinaptico è poi degradata dall‘ enzima ACETILCOLINESTERASI. Ricordiamo che la Tossina Botulinica interferisce con la trasmissione
colinergica in quanto essa inibisce la liberazione di Ach bloccando il processo di
fusione delle vescicole nel neurone presinaptico. La Tossina Botulinica si può
impiegare localmente a bassi dosaggi in campo oculare per risolvere lo strabismo o
raramente in caso di paralisi flaccida.
La trasmissione colinergica nel SNP:
a) l‘Ach si trova nelle giunzioni tra parasimpatico e organi
b) l‘Ach si trova tra le fibre pregangliari e i neuroni postgangliari del simpatico (rec
nicotinici N1)
c) l‘Ach si trova sulle placche neuro-muscolari(rec nicotinici N2)
La trasmissione colinergica nel SNC :
97
a)
b)
c)
-
neuroni magno-cellulari del cervello anteriore
interneuroni colinergici del Nucleo Caudato e Putamen
neuroni colinergici nel:
Nucleo Tegmentale Peduncolo Pontino
Nucleo Tegmentale Laterodorsale
Nucleo Mediale Abenulare
Nucleo Parabigeminale
Una iperattivazione colinergica (tramite Agonisti Colinergici o Agenti Anticolinesterasici) provoca:
a) Miosi
b) Salivazione abbondante
c) Broncocostrizione
d) Ipersecrezione Bronchiale
e) Bradicardia
f) Diarrea, Vomito
g) Scosse muscolari seguite da paralisi della muscolatura respiratoria
h) Confusione mentale
i) Coma x paralisi respiratoria
RECETTORI COLINERGICI MUSCARINICI
METABOTROPI (recettori accoppiati a proteine G di membrana)
M1(nervoso)………………………Gq……………………………stimola IP-3\DAG
M3(ghiandole, bronchi).………..…Gq……………………………stimola IP-3\DAG
M5(SNC)………..…………………Gq……………………….…..stimola IP-3\DAG
M2(cardiaco)……………….Gi\Go…...inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++
M4…………………………..Gi\Go….inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++
RECETTORI COLINERGICI NICOTINICI
IONOTROPI (recettori canali-ionici)
N1 (neuronali,gangliari)…………………….aumemta conduttanza Na+ (N+-C6-N+)
N2 (placca muscolare)….….……………….aumenta conduttanza Na+ (N+-C10-N+)
3. TRASMISSIONE SEROTONINERGICA
La sintesi della Serotonina o 5 Idrossi- Triptamina (5-HT) avviene a partire dall‘
amminoacido L-triptofano che viene idrossilato dall‘ enzima Triptofano idrossilasi
(inibito dalla para-Cloro-Fenilalanina) per ottenere il L-5-Idrossi-Triptofano. Quest‘
ultimo viene poi decarbossilato dalla Decarbossilasi degli L-amminoacidi aromatici a
Serotonina (5-HT). Quest‘ ultima puo‘ subire poi varie vie metaboliche:
98
a) Viene degradata dalle MAO (Mono-Ammino-Ossidasi) a 5-Idrossindolo
Acetaldeide che puo‘ poi essere o deidrogenata a Acido 5-Idrossi-Indolacetico (5HIAA) dall‘enzima Aldeide deidrogenasi o ridotta a 5-Idrossi-Triptofolo dall‘
enzima Aldeide reduttasi
b) Viene biotrasformata : è acetilata dall‘enzima 5HT N-acetilasi a N-Acetil-5HT e
poi quest‘ ultimo composto viene metilato dall‘enzima Idrossi-Indolo-O-MetilTransferasi per dare la Melatonina nei Nuclei del Rafe. La Melatonina si pensa sia
in grado di sincronizzare i cicli fisiologici del corpo e pure il sonno (vedi pag
332).
Funzioni del sistema serotoninergico:
a) Gli alti livelli di serotonina sopprimono i comportamenti aggressivi
b) Gli alti livelli di serotonina inibiscono il comportamento sessuale e l‘ appetito
(ciproeptadina)
c) Gli alti livelli di serotonina migliorano l‘ umore e migliorano il sonno
(antidepressivi )
d) La serotonina controlla il vomito (antagonisti 5-HT3 sono antiemetici)
e) Le piastrine secernono 5-HT per l‘aggregazione piatrinica e posseggono recettori
5-HT2 (antagonisti 5-HT2, come la Ketanserina, sono antiaggreganti piastrinici)
f) La serotonina controlla la pressione arteriosa (la Ketanserina è anche 1
antipertensivo)
g) La serotonina potenzia la liberazione di ACTH e OSSITOCINA
RECETTORI SEROTONINERGICI:
5-HT1(a, b, c, d, e)……………Gi\Go……..inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca
5-HT2(a, b, c)………………... Gq……………….……………..stimola IP-3\DAG
5-HT3……………………………………….…………………….Canale cationico
5-HT4………………………… Gs…………………………………… stimola AC
5-HT5…………………. ……...Gs…………………………………… stimola AC
5-HT6……………………...…. Gs…………………………………… stimola AC
5-HT7………………………… Gs………………….………………... stimola AC
4. TRASMISSIONE GABAERGICA
Funzioni del sistema gabaergico:
1) Controllo inibitorio sulle cellule nervose
2) Controllo dell‘ eccitabilita‘ neuronale e delle emozioni
RECETTORI DEL GABA
GABAa………………………………………..canale anionico permeabile al ClGABAb……Gi\Go…… …………….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2
GABAc………………………………………..canale anionico permeabile al Cl99
5. TRASMISSIONE GLUTAMMAERGICA
Ruolo del glutammato:
1) L‘ attivazione dei recettori NMDA provoca il potenziamento o l‘ inibizione della
neurotrasmissione
2) Gli agonisti dei recettori x il glutammato provocano tossicita‘ neuronale
provocando demenza
3) La liberazione di glutammato promuove molte funzioni proprie del cervello
(percezione del dolore, delle sensazioni, controllo delle funzioni motorie e della
memoria)
4) Le alterazioni della trasmissione glutammaergica sono alla base di molte
patologie (epilessia, demenza senile, morte ischemica e ipoglicemica)
RECETTORI DEL GLUTAMMATO
A) Recettori Metabotropi (recettori accopiati a proteine
I°………………………….. Gq……………………………stimola IP-3\DAG
II°…………………..…. Gi\Go…… inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2
III°……… ……………..Gi\Go…… inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2
B) Recettori ionotropi (recettori canali)
AMPA……………………………..……..aumento permeabilità di Na+ e Ca+2
KAINATO…………………………….…aumento permeabilità di Na+ e Ca+2
NMDA………………………………………… aumento permeabilità di Ca+2
Ischemia cerebrale e necrosi cellulare: il ruolo del glutammato
Il glutammato è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale dei
mammiferi. I dati clinici e sperimentali disponibili dimostrano chiaramente che
nell'ischemia cerebrale i fenomeni di necrosi cellulare a carico dei neuroni, della glia
e delle cellule endoteliali non sono determinati esclusivamente dagli effetti diretti
dell'ipossia e della carenza di glucosio sul metabolismo cellulare (necrosi ischemica),
ma anche e soprattutto da una serie di eventi biochimici e fisiologici correlati a un
sensibile aumento del livello di glutammato libero nei tessuti del focolaio ischemico
e delle zone adiacenti. In seguito all'ischemia i neuroni della zona direttamente
interessata dall'interruzione del flusso ematico vanno incontro a squilibri metabolici,
liberando quantità eccessive di glutammato negli spazi intercellulari; la liberazione
del neurotrasmettitore è è determinata essenzialmente da una depolarizzazione di
membrana indotta dall'inattivazione dei sistemi di trasporto di ioni preposti al
mantenimento del potenziale elettrico di riposo (- 90 mV c.a). L'eccesso di
glutammato libero propaga rapidamente i processi di degenerazione cellulare verso la
periferia del focolaio ischemico, coinvolgendo cellule nervose ancora integre. Questo
processo, noto come eccitotossictà glutammato -dipendente , si svolge attraverso
100
una sequenza di eventi nota come "cascata del glutammato"; questa comprende tre
stati fondamentali, detti di induzione, di amplificazione e di espressione.
Stadio 1: induzione
Comprende eventi precoci legati alla sovrastimolazione dei recettori glutamatergici
neuronali e alla trasduzione dei segnali dai recettori attivati all'ambiente intracellulare
Il glutammato rilasciato negli spazi intercellulari diffonde rapidamente e si lega a vari
tipi di recettori localizzati sulle mebrane dei neuroni, classificabili come recettori
NMDA e non-NMDA; questi ultimi comprendono i recettori AMPA-kainato e i
recettori metabotropici.
Recettore NMDA. Controlla una canale ionico a conduttanza elevata (50 pS)
permeabile agli ioni calcio (Ca++), sodio (Na+) e potassio (K+). E' attivato
selettivamente dall' N-metil-D-aspartato (NMDA) e inibito selettivamente dal D-2ammino-5-fosfon-valerianato (APV): possiede inoltre siti di legame per glicina,
Zn++, Mg++, fenciclidina (PCP) e MK801 (dilzocipina) e siti regolatori sensibili al
pH, alla fosforilazione e all'ossidazione. Il legame del glutammato o di altri agonisti
al recettore determina un influsso passivo di Ca++ e Na+ nella cellula e un efflusso
passivo di K+. Al potenziale di riposo del neurone (- 90 mV c.a) il canale ionico
annesso al recettore NMDA è bloccato da ioni Mg++ extracellulari e anche a
recettore attivato la conduttanza risulta molto ridotta; man mano che la membrana
cellulare si depolarizza la conduttanza aumenta fino a raggiungere il valore massimo
per variazioni di potenziale dell'ordine di 20-30 mV. Infine, il canale NMDA
funziona efficientemente solo in presenza di glicina.
Recettori AMPA-kainato. Sono attivati selettivamente dall'acido alfa-ammino-3idrossi-5-metil-4-isoxazol-propionico (AMPA) e dall'acido kainico. Controllano
canali a bassa conduttanza (20 pS c.a) permeabili a K+ e Na+, ma non a Ca++
Recettori metabotropici. Attivano la via degli inositoli fosfati, con conseguente
aumento dei livelli intracellulari di inositolo 1,4,5-trisfosfato (IP3) e diacilglicerolo
(DAG) e release di ioni Ca++ dal reticolo endoplasmatico (ER) e da altri
compartimenti cellulari. L'attivazione della via degli inositoli è mediata da una
proteina G attivata dal recettore, che interagisce con la fosfolipasi C (PLC) di
membrana. La struttura dei recettori metabotropici, caratteristica dei recettori che
attivano proteine G, consiste in un dominio amminoterminale (-NH2) extracellulare,
in una regione a 7 alfa-eliche interna alla membrana cellulare e in un dominio
carbossiterminale (-COOH) intracellulare.
L'ingresso di ioni Ca++ e Na+ nei neuroni è seguito da ingresso di ioni cloro (Cl-) e
acqua, con conseguente aumento del volume cellulare e possibili danni da shock
osmotico. Le alterazioni citologiche associate al primo stadio, sebbene
potenzialmente letali per le cellule nervose, sono tuttavia reversibili: colture di
neuroni corticali sovraesposti al glutammato sono rivitalizzabili mediante
incubazione in soluzioni adatte al ripsristino dell'equilibrio ionico - osmotico.
Stadio 2: amplificazione.
Comprende una serie di reazioni enzimatiche intracellulari attivate da secondi
messaggeri (Ca++, IP3, DAG) . La sensibilità dei neuroni al glutammato aumenta e i
101
relativi effetti citotossici si propagano a regioni cerebrali non direttamente interessate
dall'ischemia. Il fattore-chiave è costituito da un aumento rapido della concentrazione
di Ca++ citoplasmatico, causato dall'apertura dei canali NMDA e dall'attivazione di
almeno tre diversi sistemi di trasporto di ioni:
Controtrasporto Na+/Ca++: gli ioni Na+ intracellulari in eccesso, entrati nei neuroni
attraverso canali controllati dai recettori NMDA e AMPA-kainato, vengono espulsi in
controtrasporto con ioni Ca++ extracellulari attraverso uno specifico scambiatore di
membrana:
- Canali Ca++ voltaggio-attivati: sono attivati dalla depolarizzazione di membrana
indotta dallo squilibrio ionico provocato dall'apertura dei canali NMDA e AMPAkainato;
- releasedi Ca++ dai compartimenti intracellulari: l'aumento di IP3 provoca la
liberazione degli ioni calcio segregati nel reticolo endoplasmatico (ER) e in altre
strutture cellulari, probabilmente attraverso l'attivazione di recettori-canale specifici
situati sulle membrane interne alle cellule.
L'effetto combinato degli alti livelli intracellulari di Ca++ e DAG provoca
l'attivazione di una serie di enzimi cellulari che aumentano la sensibilità dei neuroni
al glutammato e ad altri segnali eccitatori. Inoltre l'accumulo di Ca++ nei neuroni
incrementa la liberazione di glutammato dalle terminazioni nervose, estendendo ai
neuroni adiacenti la cascata di reazioni citotossiche. I principali enzimi cellulari
coinvolti in questo stadio sono indicati nella seguente tabella:
Tab.1: enzimi attivi al 2° stadio
AttivaEnzima
Effetti
tori
Proteina
aumento rilascio di glutammato; aumento risposta al
Ca++,
chinasi C
glutammato; regolazione canali Ca++ voltaggio-dipendenti;
DAG
(PKC)
diminuzione permeabilità a ClCAM
Ca++, aumento risposta al glutammato; aumento rilascio di
chinasi II DAG glutammato
Ca++,
Calcicalmo- diminuzione dellla risposta mediata dai recettori GABA-A
neurina
dulina
Fosfolipasi
aumento rilascio di glutammato; aumento risposta al
Ca++
A2
glutammato; diminuzione reuptake di glutammato libero
Stadio 3: espressione
In questo stadio si verificano danni cellulari irreversibili. L'eccesso di Ca++
intracellulare provoca l'attivazione di una serie di enzimi che degradano proteine
cellulari, fosfolipidi di membrana e acidi nucleici.
Tab.2: enzimi attivi al 3° stadio
Effetti
Enzima
Calpa- Frammentazione del citoscheletro (degradazione della spettrina e della
102
ina I
proteina MAP2 dei microtubuli); rimodellamento delle terminazioni
post-sinaptiche; incremento della trasmissione sinaptica eccitatoria
Fosfoli- Degradazione dei fosfolipidi di membrana, con produzione di acido
pasiA2 arachidonico e altri metaboliti
Endonucleasi Frammentazione del DNA (apoptosi)
(varie)
Uno dei prodotti più dannosi derivati dalla degradazione dei fosfolipidi e l' acido
arachidonico, il cui metabolismo porta alla produzione di radicali liberi dell'ossigeno
(OH* e O2-) di eicosanoidi che inducono vasocostrizione e facilitano la formazione
di edemi e trombi (leucotrieni, prostaglandine E1, F2 e H2, trombossano A2) e di un
fattore di attivazione del plasminogeno (PAF).
Il danno provocato dai radicali liberi (perossidazione dei fosfolipidi di membrana)
potrebbe essere il fattore-chiave della neurotossicità indotta dal glutammato
La "penombra ischemica"
Come già accennato nell'introduzione, l'ischemia focale è caratterizzata dall'esistenza
di una zona periferica in espansione, situata ai margini del centro di necrosi
ischemica, nella quale le cellule nervose si trovano in uno stato di deficit funzionale
reversibile che diviene sempre più grave e irrecuperabile con il passare del tempo. I
dati sperimentali suggeriscono che l'evento chiave nel processo di espansione delle
lesioni cerebrali possa consistere nella sovrastimolazione dei recettori glutamatergici
di tipo NMDA dei neuroni situati in questa zona di "penombra ischemica".
Il confronto tra la zona necrotica centrale e la penombra ha infatti evidenziato che in
quest'ultima vi è un livello più elevato di glutammato libero, una maggiore
fosforilazione dei recettori NMDA (quindi uno stato di maggiore attivazione
recettoriale) e un pH extracellulare significativamente meno acido (6.7 contro 6.4).
Questi dati, nel complesso, sembrano indicare una maggiore attività dei recettori
NMDA nella penombra. §L'alcalinizzazione dell'ambiente extracellulare è inoltre
correlata a una sensibile riduzione della velocità di ripristino della concentrazione di
Ca++ intracellulare al valore basale, causata da un aumento dell'attività dello
scambiatore Na+/Ca++ mitocondriale.
E' inoltre probabile che la maggiore disponibilità di O2 nella penombra, in
combinazione con la sovrastimolazione dei recettori NMDA, contribuisca ad
aggravare gli effetti citotossici del glutammato attraverso la formazione di radicali
liberi e superossidi.
Il fenomeno della penombra non si osserva nell'ischemia cerebrale globale, nella
quale le lesioni cellulari sembrano determinate soprattutto dall' azione diretta
dell'ipossia e della carenza di glucosio e, in via secondaria, dal coinvolgimento di
recettori glutamatergici di tipo non-NMDA come i recettori AMPA-kainato.
103
Degenerazione delle cellule gliali
I dati sperimentali evidenziano che il processo di necrosi cellulare, tanto nell'ischemia
focale quanto nell'ischemia totale, non si limita ai neuroni ma coinvolge anche le
cellule gliali e endoteliali. Sebbene queste cellule siano prive di recettori NMDA, i
dati indicano che il trattamento dell'ischemia focale sperimentale con antagonisti dei
recettori NMDA può ridurre significativamente la degenerazione di tutte le cellule
nervose dell'area colpita.
La spiegazione più probabile di questo enomeno è che le alterazioni dell'ambiente
extracellulare, determinate dalla sovrastimolazione dei recettori NMDA neuronali
(alterazioni degli equilibri ionici, comparsa di radicali liberi, enzimi cellulari e
metaboliti tossici), possano in qualche modo indurre la necrosi delle cellule gliali e
endoteliali.
Particolarmente importante in questo senso sembra essere l'acidosi extracellulare
deteminata dall'acido lattico rilasciato dai neuroni nel corso del processo
degenerativo: alcuni esperimenti hanno infatti evidenziato una particolare sensibilità
delle cellule gliali all'azione citotossica dell'acidosi lattica.
6. TRASMISSIONE PURINERGICA
RUOLO DELL‘ ATP
L‘ ATP produce inotropismo positivo a livello cardiaco
L‘ ATP è 1 vasodilatatore a livello vasale
L‘ ATP è usato come antitumorale perché riduce la massa di molti tumori solidi
metastatizzati con l‘ ingresso di ioni Ca+2 all‘ interno delle cellule maligne
4) L‘ ATP rilascia la muscolatura liscia e striata, tranne che nei bronchi, dove
provoca broncocostrizione
5) L‘ ATP regola la secrezione di HCl dalle cellule epiteliali gastriche
6) L‘ ATP contrattura il muscolo della vescica urinaria
A.
1)
2)
3)
B. RUOLO DELL‘ ADENOSINA
1) L‘ Adenosina a livello cardiaco provoca inotropismo negativo e cronotropismo
negativo
2) L‘ Adenosina è 1 vasodilatatore a livello vasale (rec A2). Si pensa che l‘
Adenosina insieme all‘ ATP possano avere 1 ruolo protettivo x l‘ ischemia :
entrambi sono 2 vasodilatatori (xchè incrementano l‘ apporto di O2 nell‘ area
ischemica) e 2 antiaggreganti
3) L‘ Adenosina ha attività sedativo-ipnotiche e anticonvulsivanti (rec A1)
4) Antagonisti A2a selettivi si possono usare contro il morbo di Parkinson
5) L‘ antagonismo dei recettori A2a è alla base del meccanismo d‘azione delle
Metil-Xantine (caffeina, teofillina, teobromina)
6) L‘ Adenosina rilascia la muscolatura liscia e striata, tranne che nei bronchi, dove
provoca broncocostrizione
7) L‘ Adenosina rilascia il muscolo della vescica urinaria
104
RECETTORI PER LE PURINE
1.
P1 (sensibili all‘ adenosina)
A1 ……….Gi\Go…….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2
A2a, A2b………..Gs………………stimola AC
A3……………….Gi……………… inibisce AC
2.
P2 (attivati dall‘ ATP)
P2X(recettori canali ionotropi) x, z…………..canale ionico x Na+, K+,Ca+2
P2Y(recettori metabotropi)y, u, t, d ...…Gq……stimola IP-3\DAG
7. TRASMISIONE ISTAMINERGICA
L‘ Istamina viene sintetizzata a partire dall‘ amminoacido l-istidina che subisce un
processo di decarbossilazione da parte dell‘ enzima Istidino-decarbossilasi. L‘
Istamina viene poi catabolizzata e uno dei suoi metaboliti è l‘ Acido-tele-metilImidazolacetico.
Ruolo dell‘istamina nel SNC:
1) L‘istamina regola i meccanismi del sonno-veglia(rec H1). Se si abbassa il tono
istaminergico si ha 1 alterazione dello stato di veglia(sonnolenza- effetto
collaterale degli anti-H1)
2) L‘istamina controlla i processi cognitivi e delle emozioni(rec H3). L‘ istamina
modula l‘ attivita‘ colinergica attraverso i rec H3.
3) L‘istamina regola la temperatura corporea, il sistema simpatico neuroendocrino e
la liberazione di prolattina, vasopressina, corticotropina
4) L‘istamina regola l‘ apporto di cibo e il peso corporeo. Se si abbassa il livello di
istamina si ha + fame e si stimola l‘ appetito (vedi Ciproeptadina)
Ruolo a livello periferico dell‘istamina:
1) L‘istamina provoca eritema, edema locale dovuti all‘azione vasodilatatrice sui
vasi del microcircolo
2) L‘istamina provoca dilatazione arteriolare, ipotensione sistemica, aumento della
frequenza cardiaca
3) L‘istamina provoca al cuore aumento di frequenza e contrazione
4) L‘istamina causa broncocostrizione(rec H1 bronchiali)
5) Si suppone 1 ruolo dell‘ istamina nello stimolo dell‘ aggregazione piastrinica e nei
processi di crescita e riparazione cellulare
105
6) L‘istamina stimola la secrezione acida gastrica (rec H2 con attivazione dell‘ AC,
aumento della [AMPc], attivazione della pompa acida H+\K+ ATP dipendente
7) L‘istamina causa contrazione della muscolatura liscia intestinale (diarrea, rec H1
intestinali)
RECETTORI PER L‘ ISTAMINA:
H1………………….………… Gq……………………..stimola IP-3\DAG
H2……………………………. Gs……………………..stimola AC
H3……… …………………….Gi\Go…….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2
PROPRIETA‘ BIOFARMACEUTICHE DEI FARMACI
La conoscenza delle proprieta‘ biofarmaceutiche è essenziale nella discussione degli
effetti dei farmaci, perché spesso la diversita‘ di risposta clinica potrebbe derivare da
differenze nella biodisponi-bilita‘ fisiologica. La biofarmaceutica si puo‘ definire la
scienza che studia l‘ influenza dei fattori di formulazione sull‘ attivita‘ terapeutica di
un farmaco o di 1 sua forma farmaceutica. I farmaci vengono spesso somministrati x
via orale, notevolmente + complessa rispetto alle atre vie di somministrazione, in
relazione alle condizioni chimico-fisiche presenti nell‘ area di assorbimento.
Lo stomaco puo‘ essere diviso in 2 parti principali: il corpo (e fondo) dello stomaco
e il piloro, dove si producono rispettiva-mente pepsina + HCl e la secrezione
mucosa. Nell‘ uomo il contenuto dello stomaco ha 1 pH compreso tra 1 e 2,5. L‘
intestino tenue è suddiviso anatomicamente in 3 sezioni: duodeno, digiuno e ileo,
tutte coinvolte nella digestione e nell‘ assorbimento del cibo. A livello del duodeno il
pH oscilla tra 5 e 7 , fino a raggiungere valori tra 7 e 8 nell‘ ileo inferiore. Quando
una forma farmaceutica si trasferisce dallo stomaco al duodeno attraverso il piloro,
trova 1 ambiente diverso non solo rispetto al pH, ma anche alla presenza di succhi
digestivi (secreti nel tenue). L‘ assorbi-mento di una forma farmaceutica nel tratto
gastrointestinale richiede 1 disaggregazione della f.f. e passaggio del farmaco in
forma molecolare, per poter poi attraversare le membrane cellulari (che fungono da
barriera) ed andare nel sangue.
MECCANISMI DI ASSORBIMENTO DEI FARMACI
L‘assorbimento dei farmaci puo‘ avvenire essenzialmente in 4 modalita‘:
1. DIFFUSIONE PASSIVA
Le molecole si muovono spontaneamente da 1 area di alta concentrazione ad 1 di
concentrazione inferiore, con 1 velocita‘ che dipende dal valore del gradiente di
concentrazione (dC) attraverso la membrana:
106
- dC\dt = K*dC = K(Cabs – Cb)
in cui - dC\dt è la velocita‘ di diffusione attraverso la membrana,
K è 1 costante di proporzionalita‘ che comprende l‘ area della membrana , lo spessore
, il coefficiente di partizione tra la membrana lipofila e la fase aquosa da ciascun lato
della membrana e il coefficiente di diffusione del farmaco.
2. TRASPORTO ATTIVO
Un certo numero di farmaci utilizzano tale sistema di trasporto, detto attivo. Esso si
differenzia dal trasporto precedente xchè:
a) si verifica contro gradiente di concentrazione;
b) ha 1 limite di carico;
c) la specificita‘ x certe strutture puo‘ causare fenomeni di competizione (specie x
composti simili strutturalmente) che possono ridurre l‘ assorbimento;
d) usufruisce dell‘ intervento di trasportatori di membrana (carrier) con andamento
a navetta;
3. ASSORBIMENTO CONVETTIVO
E‘ l‘ assorbimento di piccole molecole con raggio molecolare di circa 4 angstroms
attraverso i pori riempiti di H2O delle membrane biologiche .
4. ASSORBIMENTO CON COPPIA IONICA
Un anione organico relativamente grande puo‘ combinarsi con 1 catione
relativamente grande x formare 1 coppia ionica che supera l‘ interfaccia acqua \
solvente organico e si trasferisce nella fase organica( è il caso dei sali ammonici
quaternari usati come spasmolitici x via orale( sono pure dei disinfettanti)).
FATTORI CHIMICO- FISICI ED ASSORBIMENTO DEI FARMACI
A. RIPARTIZIONE IN FUNZIONE DEL PH
L‘ assorbimento di 1 farmaco oltre ad essere condizionato da fattori fisiologici è
anche dipendente dalle proprieta‘ chimico-fisiche. In particolare la costante di
dissociazione , la lipofilia ed il pH del mezzo controllano l‘ entita‘ dell‘
assorbimento. Questi 3 parametri sono tra loro correlati nella cosiddetta ―ipotesi della
ripartizione in funzione del pH‖. Gli aspetti salienti di tale ipotesi si possono cosi‘
riassumere:
a) il tratto gastrointestinale come altre membrane biologiche si comporta come 1
barriera lipofila
b) gli acidi e le basi sono assorbiti di preferenza in forma indissociata (senza cariche
nella molecola)
c) la maggior parte dei farmaci è assorbita x diffusione passiva
d) la velocita‘ di assorbimento e la quantita‘ di farmaco assorbita sono correlate al
coefficiente di ripartizione olio\acqua ; + 1 sostanza è liposolubile, + rapidamente
viene assorbita.
107
e) Gli acidi deboli e i farmaci neutri possono essere assorbiti nello stomaco, ma non
le basi
B. IONIZZAZIONE E PH
La frazione di farmaco in forma non ionizzata presente in soluzione dipende dalla
costante di dissociazione e dal pH del mezzo. La costante di dissociazione degli acidi
e delle basi deboli è spesso espressa dal pKa (log negativo della costante di
dissociazione). L‘equazione di Henderson-Hasselbalch x la ionizzazione di 1 acido
debole HA, puo‘ essere cosi‘ derivata :
HA + H2O A- + H3O+
Da cui si ricava la costante di equilibrio:
Ka = H3O+ * A- \ HA
Dove Ka è la costante di equilibrio. Prendendo dai logaritmi e ricordandosi che : pKa
= - log Ka
la precedente espressione diventa:
-log Ka = - log [H3O] – log [A-] \ [HA]
dove A- è la forma ionizzata dell‘ acido debole ed HA la forma non ionizzata.
Se indichiamo con  la frazione della specie ionizzata (non assorbibile) e con 1 - 
la frazione rimanente non ionizzata (assorbibile) , l‘ equazione si puo‘ riscrivere cosi‘
:
\ 1 -  = - log (pH – pKa)
Da quest‘ ultima è possibile calcolare la frazione o la percentuale delle forme
assorbibile e non assorbibile di 1 acido debole a condizione di conoscere il pH del
mezzo in cui il farmaco si trova!!!
Per una base debole il discorso è identico:
B + H2O BH+ + OHDa cui la costante di diss. Kb:
Kb = [OH-] [BH] \ [B] considerando pKb = - log Kb allora :
- log Kb = - log [OH-] – log [BH+] \ [B]
(eq. X)
I valori di pKa e pKb sono 1 indice della forza degli acidi e delle basi deboli : + basso
è il valore di Ka, + è forte l‘ acido; + basso è il valore di Kb , + forte è la base . pKa
e pKb sono legati dall‘ espressione: pKa + pKb = pKw
Dove pKw è il logaritmo negativo della costante di dissociazione dell‘ H2O.
Per cui possiamo riarrangiare l‘ eq. X in :
PH = pKw - log [BH] \ [B-] .
108
E ancora , se indichiamo con  la frazione della specie ionizzata (non assorbibile) e
con 1 -  la frazione rimanente non ionizzata (assorbibile) , l‘ equazione si puo‘
riscrivere cosi‘ :
\ 1 -  = - log (pKa – pH)
Da quest‘ ultima è possibile calcolare la frazione o la percentuale delle forme
assorbibile e non assorbibile di 1 base debole a condizione di conoscere il pH del
mezzo in cui il farmaco si trova!!!
Per cui i farmaci con carattere di ACIDI DEBOLI si trovano prevalentemente in
forma non ionizzata(assorbibile) a bassi valori di pH e nello stomaco vengono quindi
assorbiti. Al contrario la maggior parte delle BASI DEBOLI è x nulla assorbita nello
stomaco xchè a pH bassi son in forma ionizzata (non assorbibile).
C. SOLUBILITA‘ NEI LIPIDI
Alcuni farmaci somministrati x via orale possono essere assorbiti in maniera
insoddisfacente nel tratto G.I. anche se presenti in forma non ionizzata. iN tali casi è
la ridotta lipofilia dei prodotti che ne ostacola l‘ assorbimento. La lipofilia di 1
farmaco è espressa dal coefficiente di ripartizione. Il movimento delle molecole da 1
fase all‘ altra è chiamata ripartizione che si esprime come : P = Co \ Cw
Dove Co è la concentrazione del farmaco nella fase oleosa e Cw è la concentrazione
del farmaco nella fase acquosa. Piu‘ è grande il valore di P, + grande è la solubilita‘
del farmaco nei lipidi.
TOSSICOLOGIA
REAZIONI AVVERSE DA FARMACI
I farmaci sono sostanze tossiche e assumendone una quantità sufficientemente alta
possono innescare fenomeni di tossicità talora gravi. E‘ ciò che succede negli
avvelenamenti acuti dei bambini o delle persone adulte che x errore assumono x più
volte il farmaco oppure, a ragion dovuta, quando commettono suicidio. Questi sono
fenomeni che si riferiscono al quadro degli avvelenamenti acuti. Quello che invece
vorremmo discutere oggi è un fenomeno diverso, molto più diffuso e di importanza
pratica molto più grande: l‘insorgenza di reazioni avverse (le cosiddette reazioni
collaterali) che si verificano dopo la somministrazione di farmaci a dosi terapeutiche
e che rappresentano un corredo sintomatologico che disturba la terapia (a partire da
reazioni gravi e mortali, fino ad arrivare ad una specie di ―disturbo di sottofondo‖ che
non aiuta il fenomeno farmacologico, ma crea semplicemente un disagio). Una volta
che una molecola di interesse farmacologico è stata individuata nella industria
farmaceutica si mettono in atto delle prove, o negli animali, oppure in sistemi in vitro,
che consentono di monitorare il suo potenziale farmacodinamico e farmacocinetico e
la sua potenziale tossicità; sulla base di queste prove preliminari il 90% delle
molecole sono scartate, perché si rivelano non adatte alla terapia umana di solito per
fenomeni di tossicità, mentre solo il 10% rimanente delle molecole è sottoposto a
109
studi più attenti prima di poter essere immesse nel prontuario farmaceutico e quindi
approvate per il consumo come farmaci x uso umano.
SPERIMENTAZIONE CLINICA DI UNA MOLECOLA PRESUMIBILMENTE
UTILE AI FINI TERAPEUTICI:
La sperimentazione preliminare consiste nella osservazione degli effetti sia
terapeutici che tossici nell‘animale da esperimento. Un tempo si usavano un gran
numero di animali, ma oggi la società guarda questi studi con un certo disagio: ci
sono fattori etici coinvolti anche per gli animali, quindi la sperimentazione animale si
è ridotta al minimo, invece di procedere come una volta (con la cosiddetta dose letale
50: un certo numero di animali era saggiato con dosi crescenti del farmaco, e si
stabiliva la tossicità in modo grossolano dal numero degli animali che moriva;
c‘erano delle tabelle che consentivano di definire una dose tossica, che poi si
paragonava alla dose terapeutica, per stabilire l‘indice terapeutico, ossia la finestra di
sicurezza che si poteva utilizzare nella gestione del farmaco nell‘uomo). Oggigiorno
tutto questo si è ridotto alla osservazione di pochi animali in modo da ridurre la
sofferenza degli animali e anche da trarre da quei pochi animali che sono utilizzati un
massimo dell‘informazione. Ci sono però due aree di sperimentazione animale dove
purtroppo l‘uso di un certo numero di animali è ancora necessario: questi sono dei
test per escludere il potenziale cancerogeno e per escludere proprietà teratogeniche
dei farmaci. Per i test di cancerogenesi si impiegano animali che sono sottoposti al
farmaco in sperimentazione a dosi crescenti per tutta la loro vita (un anno per il topo,
due per il ratto). Per il test della teratogenenesi si somministra il farmaco ad animali
gravidi a diversi stadi gestazione, con lo scopo di dimostrare, o meglio per escludere
che il farmaco sia in grado di produrre malformazioni congenite nel feto. Ci sono due
limiti fondamentali nella sperimentazione animale: il primo è che i dati ottenuti
nell‘animale vanno rapportati all‘uomo e questo salto è talvolta difficile da fare,
perché le specie variano in modo significativo nei loro parametri farmacodinamici e
farmacocinetici e quindi i risultati ottenuti nell‘animale sono di prima
approssimazione. Il secondo limite è che le popolazioni animali su cui si fanno questi
test, per definizione, sono dei ceppi geneticamente omogenei, invece la popolazione
umana è estremamente eterogenea (gli individui sono diversi fra loro con diversità
negli enzimi che hanno importanza per l‘azione dinamica e per il metabolismo dei
farmaci).
Ci sono dei fattori genetici che condizionano delle reazioni avverse idiosincratiche:
per scoprire quest‘ ultime occorre sperimentarle in una popolazione vasta perché rare.
Dunque è necessaria una sperimentazione clinica: un ufficio competente dà il nulla
osta alla sperimentazione clinica, solo dopo aver esaminato il dossier relativo al
farmaco. Comitati etici autorizzano questa sperimentazione. La sperimentazione si
articola in diverse fasi:
PRIMA FASE di solito sono studenti che partecipano alla sperimentazione, invogliati
per il congruo guadagno, facendo da cavie. Si somministra il farmaco con cautela in
un ambiente protetto (così se dovessero insorgere delle reazioni avverse a queste si
110
possa rimediare tempestivamente) Nella fase 1 si utilizzano quindi dei volontari sani
che hanno però aderito alla sperimentazione con il consenso informato. Nella
sperimentazione clinica vanno rispettati due principi: il primo è la dichiarazione di
Helsinki che è volta a salvaguardare l‘interesse del paziente (l‘interesse del paziente è
sovrano, viene prima degli interessi della scienza, cioè delle acquisizioni di
conoscenza e degli interessi della società. Secondo principio fondamentale è che se si
procede alla sperimentazione clinica occorre che i risultati siano interpretati in modo
obbiettivo: per rendere questa sperimentazione clinica obbiettiva bisogna sottrarre tali
risultati alla interpretazione soggettiva dei medici - degli sperimentatori – dei pazienti
stessi. Due pietre miliari nella affermazione del principio della obbiettività della
sperimentazione clinica: a)Johannes Fibiger, 1898 –siero antidifterico ai pazienti
ospedalizzati a giorni alterni (il giorno intermedio serviva da controllo). b)trattamento
con streptomicina della tubercolosi polmonare – Trial del Medical Reserch Council
inglese, 1948: pazienti divisi a caso in due gruppi , assegnazione non palesata ai
medici coinvolti nella terapia.
FASE DUE: si utilizzano i malati, per esempio un farmaco antiipertensivo lo si
saggia su pazienti che hanno bisogno di quella determinata terapia e lo si fa in gruppi
piuttosto piccoli di pazienti, saggiando di nuovo l‘ efficacia, la tollerabilità.
Si passa poi alla FASE TRE, dove più centri cooperano procedendo con il principio
del doppio cieco: nè il paziente, nè lo sperimentatore conoscono il trattamento che
viene somministrato. Di solito si distinguono tre gruppi: il farmaco che viene
saggiato, confronto con il miglior farmaco usato per quella patologia e confronto con
il placebo( eccipiente che sembra identico ai due preparati ma non contiene nessun
principio attivo) e si procede con il doppio cieco. C‘è un codice che si rompe alla fine
della sperimentazione, quando i risultati sono stati ottenuti in modo da consentire la
obbiettività dei dati ottenuti. Sorge 1 problema etico: durante la sperimentazione
clinica di fase tre un paziente che ha una determinata patologia che richiede un
trattamento terapeutico potrebbe ricevere un placebo, questo problema etico si
affronta con il consenso informato: lo sperimentatore spiega al paziente che durante il
trial il paziente potrebbe non ricevere il principio attivo, ma soltanto il placebo; il
paziente deve giungere alla decisione di sottoporsi al trial in modo libero, senza
pressioni. Ciò non basta: c‘ è bisogno che la sperimentazione sia guidata da dei criteri
che siano oltre che obbiettivi, anche eticamente validi, ossia non basta che il paziente
sia disposto ad accettare un eventuale placebo, ci deve essere un comitato che valuti
un bilanciamento corretto fra i vantaggi che ne derivano con i rischi per il paziente.
Un comitato etico vaglia il protocollo di sperimentazione e ha sempre il potere di
intervenire nel trial e sospenderlo o modificarlo, nel caso dovesse insorgere da un
altro gruppo di ricercatori l'informazione che il farmaco che si sta sperimentando è
dannoso o che è decisamente superiore. Il Comitato etico interviene, sospende il trial
e salvaguarda così gli interessi del paziente, nonostante il suo precedente consenso.
Altro problema è quello delle reazioni rare, si calcola che per ogni farmaco che è
autorizzato nell‘impiego terapeutico nella popolazione quando l‘autorizzazione
111
richiesta è concessa non si sono passati più di 1500-2000 pazienti, il farmaco può in
individui predisposti scatenare reazioni avverse ma queste sono così rare che un
campione così ristretto di popolazione saggiata non consente di individuare tale
reazione.
Allora entra in gioco la FASE QUATTRO che interessa il medico direttamente: una
volta che è approvata la commercializzazione del farmaco per utilizzo terapeutico il
medico deve segnalare le reazioni avverse allo scopo di accumulare osservazioni su
una popolazione sufficientemente larga da consentire la scoperta di reazioni rare. Non
c‘è obbligo legale, ma c‘è un obbligo di etica professionale e di etica deontologica. Il
medico deve segnalare tutte le reazioni gravi, e con farmaci di recente introduzione
quali che siano anche quelli che sembrano banali. Si consiglia che la segnalazione sia
fatta alla ASL di appartenenza ed alla casa farmaceutica produttrice del farmaco. In
media. Solo 1500 pazienti sono stati esposti ad un farmaco, prima che il farmaco sia
introdotto in commercio. Con semplici calcoli si può stabilire che se abbiamo una
lesione genetica rara, che è responsabile di una reazione avversa grave a quel
determinato farmaco soltanto in un paziente su 10000 occorre un campione di
pazienti esposti di almeno 30000 perché se ne scopra uno solo con un potere del 95%.
Non è concepibile chiaramente arrivare a una sperimentazione clinica preliminare su
questa scala. Il compito è già del medico quando il farmaco è stato messo in
commercio e la popolazione generale è sottoposta a trattamento con questo farmaco.
Reazioni avverse. 2 tipi:
1° tipo – Reazioni che possono succedere a qualunque persona. Queste sono le
reazion prevedibili o frequenti o di tipo A ; A sta per "Augmented": si basano
fondamentalmente sulla farmacologia del farmaco e nella grande maggioranza dei
casi sono dovute a esagerazione dell‘azione farmacologica.
Quindi se io prendo una sostanza antiipertensiva una reazione aumentata sarà la
comparsa di una ipotensione. Non è un effetto desiderabile, quindi è una reazione
avversa.
2° tipo – In gioco predisposizioni genetiche di tipo idiosincratico sono rare, ma sono
preoccupanti perché una volta innescate sono gravi e minacciano la vita del paziente.
Si fa riferimento in questo caso a reazioni di tipo B dalla parola Bizzarre, Non
prevedibili, strane su base idiosincratica.
Le reazioni di tipo A sono la grande maggioranza che si riscontra nella pratica
clinica: circa l‘80% delle reazioni sono dosi dipendenti, prevedibili, per fortuna a
bassa mortalità e a bassa morbilità. Tipo A:
a) reazioni esagerate, le più comuni la farmacologia del farmaco è più accentuata di
quanto dovrebbe essere, quindi da una azione terapeutica si passa ad una azione
tossica. Non occorre necessariamente rimuovere il farmaco se si riduce la dose nella
grande maggioranza dei casi queste reazioni spiacevoli sono controllate e la terapia
può essere continuata. Reazioni di tipo B : risposte bizzarre idiosincrasiche non dose
dipendenti, una dose piccola può essere in un soggetto predisposto in grado di
scatenare questa risposta preoccupante, generalmente rare tendono ad essere gravi
fino a mortali, la componente genetica domina sia il quadro sia il meccanismo, di
solito si tratta di reazioni immunoallergiche ma vi sono anche reazioni idiosincratiche
112
su base tossica su tessuti od organi, la cute è il tessuto più affetto da reazioni
idiosincratiche da farmaci. E poi c‘è tutta una classe di tossicità associate a difetti
enzimatici. Esempio: crisi di attacco acuto di porfiria che è scatenata da un farmaco
come un antidepressivo - un barbiturico che è perfettamente tollerato dalla
maggioranza delle persone però in alcuni soggetti portatori di un difetto enzimatico
questo farmaco anche in piccola dose è capace di scatenare una reazione grave. Nelle
reazioni di tipo A la farmacologia del farmaco è esasperata, si risolvono riducendo la
dose; nelle reazioni di tipo B la riduzione della dose non basta bisogna sospendere il
farmaco. Questa è la differenza fondamentale della strategia di controllo da parte del
medico.
Esempio di reazione tipo A: medico che somministra sedativi deve tenere conto delle
risposta esagerata che il paziente può avere, particolarmente pericolosa se guida la
automobile o manovra macchinari pericolosi che richiedono attenzione da parte
dell‘operatore.
Reazioni collaterali, reazioni che sono provocate da un farmaco che non si spiegano
strettamente parlando con la sua farmacologia, sono reazioni che coinvolgono un
altro sistema recettoriale, ciò può succedere perché i farmaci non sono assolutamente
specifici ed in alcune condizioni per esempio nell‘età avanzata ci può essere una
aumentata sensibilità del sistema recettoriale accessorio che rende il paziente
suscettibile all‘azione farmacologica di un farmaco che non è assolutamente
specifico. Un esempio nella popolazione generale sono gli antidepressivi i quali
provocano dei sintomi antimuscarinici nelle prime settimane della terapia, secchezza
delle fauci ed altri sintomi di questo genere che sono spiacevoli e possono indurre il
paziente a sospendere la terapia prima che l‘azione antidepressivo del farmaco si sia
rivelata. Altro esempio di reazione collaterale è data dai sintomi simil-parkinsioniani
indotti dall‘uso di neurolettici, sintomi collaterali che non si spiegano con la
farmacologia fondamentale.
Reazioni secondarie invece sono dovute all‘estensione dell‘azione farmacologica ad
un sistema per il quale (farmaco, n.d.r) non è mirato, per esempio se si somministrano
antibiotici si può avere una depressione della flora intestinale, ciò può dare origine a
super infezioni da muffe come Candida o da miceti.
Reazioni avverse più comuni da farmaci si hanno a carico della cute:
sintomi piuttosto banali come insorgenza di prurito - orticaria - manifestazioni
edematose, tipicamente appartengono al quadro di una reazione allergica ai farmaci
con eruzioni cutanee maculo papulari e qui la maggior parte dei farmaci è in grado di
innescare reazioni di questo genere oppure dermatiti da contatto dove gli antibiotici
sono stati incriminati, alcuni farmaci hanno la propietà di agire da fotosensibilizzanti
: interagiscono nelle parti esposte della cute con la luce solare dando origine a
reazioni cutanee che dipendono dalla luce, queste sono fotodermatiti reazioni cutanee
fisse insolite, fisse nel senso che tendono a permanere nella stessa sede. Si sospende
il farmaco migliorano le lesioni ma se viene risomministrato queste ricompaiono
nella stessa posizione, pennicillina e barbiturici sono coinvolti. Per dermatite grave si
intendono le forme bollose od esfoliative e nei casi più gravi necrosi epidermica su
base tossica, sulfamidici coinvolti e il CO-TRIMOSSAZOLO:
113
Associazione sinergica del TRIMETOPRIM con un sulfamidico, il
SULFAMETOSSAZOLO, entrambi agenti batteriostatici che interferiscono con la
sintesi dei folati. Indicati per l‘infezione delle vie urinarie e respiratorie.
Nome commerciale è il SEPTRIM o BACTRIM. Oggigiorno per via della tossicità
della associazione, si preferisce dare solo uno principio attivo: il trimetoprim.
Indicazione specifica dell‘ associazione sono le polmoniti da Pneumocystis Carinii in
pazienti con AIDS (sono richieste dosi elevate). In questa popolazione vi è una
altissima incidenza di reazioni cutanee gravi di tipo esfoliativo talvolta necrotico
epidermico, frequenza elevatissima nel 50% dei pazienti trattati con dosi terapeutiche
elevate di co-trimossazolo per polmonite da p.c., aids potenzia questa reazione
attraverso un meccanismo non chiaro (forse a causa di una disregolazione
immunitaria).
FARMACOVIGILANZA
1. Introduzione
Per tradizione la farmacovigilanza si interessa principalmente degli effetti avversi dei
farmaci. Gli effetti avversi sono di norma raggruppati tutti insieme, in elenchi,
formulari o libri come se essi fossero un gruppo più o meno uniforme di malattie
correlate, come le infezioni virali o le malattie reumatiche. Al contrario, le malattie
iatrogene costituiscono un gruppo estremamente ampio ed eterogeneo di lamentele,
sintomi, disordini e sindromi, tutti accomunati da un solo fatto, e cioè che ad un dato
momento un farmaco ha svolto un ruolo, diretto o indiretto, nella loro genesi. Trenta
anni or sono l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha definito una reazione
avversa da farmaco come "un evento che è nocivo e non intenzionale che insorge a
dosi normalmente usate nell'uomo" . In questa definizione la "dose normale"
distingue le reazioni avverse dagli avvelenamenti, mentre il farmaco che causa la
reazione è scartato. La colite durante una terapia con antibiotico può ben essere una
reazione avversa al farmaco, anche se è causata da una tossina batterica identificata.
Un effetto collaterale è "un effetto farmacologico diverso da quello voluto" e un
evento avverso da farmaco è "un evento nocivo non voluto che occorre durante una
terapia farmacologica" che può o non essere connesso al farmaco . La tabella I riporta
la definizione internazionalmente accettata della suddetta terminologia . In molti
pazienti tuttavia la relazione fra una reazione avversa ed il farmaco resta incerta e in
farmacovigilanza il caso segnalato viene di solito e caratteristicamente definito come
sospetta reazione avversa da farmaco.
In questo lavoro reazione avversa ed effetto avverso vengono usati come sinonimi.
In accordo con la definizione e la tradizione legislativa regolatoria, gli eventi avversi
e gli avvelenamenti sono stati tenuti separati per molti anni. Tuttavia, una "dose
normalmente usata nell'uomo" è una nozione meno chiara di quanto sembra. In molti
pazienti, andati incontro a reazione avversa, la quantità di farmaco assunta, sebbene
al di sotto di quella massima raccomandata, era troppo alta, a causa di una ridotta
escrezione o per altre ragioni. Risposte inaspettate possono avvenire quando un
medicinale non è assunto secondo le istruzioni per l'uso o in base ad una aspettativa
sbagliata (per esempio a causa di una informazione non realistica). Effetti avversi,
114
uso inappropriato ed avvelenamento sono tutti esempi di problemi connessi ai
farmaci, dove l'interazione fra un paziente ed un farmaco ha portato, per una ragione
o per un'altra, ad un risultato svantaggioso per il paziente o per la comunità.
Oltre ad effetti avversi, i farmaci possono determinare una grande varietà di
problemi, che variano dalla efficacia all'avvelenamento, dalla contraffazione all'errore
di somministrazione. Una recente ricerca ha confermato che tali problemi sono una
causa importante di morbilità, ospedalizzazione e addirittura di mortalità . Studi per
determinare ciò possono essere difficili da confrontare o estrapolare a causa delle
differenze nelle definizioni o nel disegno. Sulla base di criteri farmacologici,
patologici ed epidemiologici possono essere individuati un certo numero di categorie
di problemi farmaco-correlati. Queste categorie possono essere elencate in uno
schema integrato di classificazione, come mostrato nella Figura I. In questa tabella i
problemi connessi alla dose sono posti in alto e quelli indipendenti dalla dose in
basso. Gli effetti avversi che possono insorgere durante un uso appropriato di un
farmaco sono posti a destra e quelli da un uso non appropriato a sinistra. La
distinzione fra queste categorie non è sempre così netta, tuttavia, e nella pratica i
problemi farmaco-correlati possono avere aspetti di più di una di queste categorie.
2. Effetti avversi
Una varietà di meccanismi farmacologici, immunologici, metabolici o genetici
possono essere alla base dello sviluppo di effetti avversi dei medicamenti e,
similmente, le loro manifestazioni cliniche sono estremamente diverse e variabili.
Nonostante siano svariate per forma, si possono raggruppare 3 principali gruppi di
reazioni avverse, che spesso sono definite come tipo A, B e C .
2.1. Effetti avversi di tipo A. Azione del farmaco.
Gli effetti di tipo A sono effetti avversi nel vero termine della parola. Essi sono però
anche azioni farmacologiche. La differenza essenziale è che non sono voluti. Esempi
sono rappresentati dalla costipazione durante l'uso della morfina come analgesico o
dalla sedazione prodotta da un ipnotico. Senza dubbio, le reazioni di tipo A sono
quelle più frequenti. Esse sono dose-dipendenti: ciò significa che sono più frequenti e
più gravi quando vengono assunte dosi più elevate (Tabella II). Esiste spesso una
precisa relazione temporale fra esposizione al farmaco ed effetto, in accordo alle
proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche della molecola. A causa della loro
natura farmacologica, gli effetti di tipo A sono facili da studiare in maniera
comparativa (Tabella III). I trial clinici danno informazioni sulla efficacia e
tollerabilità; quest'ultima è largamente influenzata dagli effetti avversi di tipo A.
Inoltre, gli effetti di tipo A possono facilmente essere riprodotti e studiati in una
varietà di tests sperimentali (es. esperimenti animali o studi in vitro).
Nonostante ciò esistono molte ragioni per cui un effetto farmacologico frequente
possa essere non facilmente dimostrabile e possa non essere messo in evidenza in un
trial clinico. Un esempio di ciò è rappresentato dal ritardo con cui fu identificata la
tosse, dopo l'introduzione in commercio degli ACE-inibitori. Un'alta frequenza di
fondo o una aspecificità dell'evento possono oscurare la relazione con il farmaco; il
meccanismo può non essere correlato alla azione terapeutica; l'effetto può comparire
solo dopo una prolungata assunzione del farmaco. Nell'esempio della tosse e degli
115
ACE-inibitori non poté essere dimostrata una chiara relazione dose risposta,
suggerendo l'esistenza di una sottopopolazione sensibile. Come è riportato oltre, una
varietà di effetti di tipo A avvengono principalmente in situazioni speciali o in
pazienti con aumentata suscettibilità, con disturbi metabolici dell'organismo che
alterano la durata del farmaco nell'organismo, con stati fisiologici speciali o con
concomitante uso di altre medicine o farmaci (interazioni) (Tabella IV).
2.1.1. Lesioni organo-selettive
Esistono molti farmaci che sono generalmente ben tollerati, ma che esercitano effetti
tossici selettivi su un particolare organo, tessuto o struttura, alcune volte a causa
dell'accumulo o della produzione di metaboliti intermedi tossici in alcuni tessuti.
Sono esempi di ciò l'ototossicità da aminoglicosidi o la retinopatia da clorochina.
2.1.2. Effetti tardivi.
Esistono molti esempi di effetti di tipo A che richiedono mesi o addirittura anni di
uso del farmaco per svilupparsi (es. la discinesia tardiva da antipsicotici). La loro
individuazione può essere difficile a causa della mancanza di una chiara relazione
temporale.
La carcinogenicità è una speciale forma di effetto tardivo. Per fortuna, molti farmaci
potenzialmente carcinogeni o mutageni sono eliminati durante i test preclinici.
Nonostante ciò, esistono alcuni esempi di farmaci associati ad un aumentato rischio
di sviluppo di malattie maligne, come ad esempio il dietilstilbestrolo (carcinoma
vaginale dopo esposizione materna), i contraccettivi orali (carcinoma epatico), la
fenacetina (carcinoma del tratto urinario), gli immunosoppressori come la
ciclosporina e l'azatioprina (linfoma maligno) ed il colorante di contrasto biossido di
torio (ampiamente usato nel passato ed associato con il carcinoma renale e la
leucemia) .
2.1.3. Gruppi a rischio.
Esistono molti differenti stati fisiologici e patologici che predispongono allo sviluppo
di effetti farmacologici. Gravidanza, allattamento, infanzia, ridotta funzione renale o
emodialisi sono tutte condizioni che possono permettere ai farmaci di causare effetti,
che, in altre circostanze, potrebbero essere rari o assenti. L'effetto teratogeno della
talidomide è un chiaro esempio di ciò. Poiché i pazienti dei trial sono selezionati, è
improbabile che i trial clinici abbiano informazioni riguardo a queste popolazioni
speciali. Possono essere necessari altri metodi di rilevazione, quali quelli, per
esempio, usati per gli effetti aversi di tipo B.
2.1.4. Interazioni.
Poiché molti farmaci possono interagire in molte differenti maniere, le interazioni
farmaco-farmaco, farmaco-cibo o farmaco-alcool esplicano un ruolo importante in
farmacovigilanza. Per il loro meccanismo farmacologico queste interazioni possono
spesso essere classificate come effetti di tipo A. Talvolta i farmaci interagiscono in
maniera fisico-chimica quando esposti fuori dal corpo umano, ad esempio quando
iniettati in vena. Sebbene non si tratti di un vero e proprio effetto farmacologico,
questo fenomeno di incompatibilità farmaceutica è incluso in questa sezione.
2.2. Effetti avversi di tipo B (reazione del paziente).
Il secondo gruppo principale, gli effetti avversi di tipo B, rappresenta un fenomeno
116
che in medicina è ben tollerato dalla maggioranza dei consumatori dei farmaci, ma
che occasionalmente determina una reazione "allergica" (Tabelle V e VI). Spesso, ed
in maniera caratteristica, gli effetti di tipo B sono acuti, inaspettati e gravi. Spesso è
caratteristico un periodo di sensibilizzazione di circa 10 giorni, ma il periodo di
latenza alla sensibilizzazione può essere molto più lungo. Tali reazioni possono
essere molto rare; 1 su 5000 o anche su 10000 pazienti e possono essere molto
importanti sia per quel che riguarda il farmaco che per la salute della popolazione. Gli
effetti avversi di tipo B sono la principale causa del ritiro dei farmaci dal mercato.
Caratteristico è il fatto che non è presente, o è poco presente, una relazione con la
dose: la reazione non è più frequente o più grave in pazienti che usano dosi più
elevate. Pertanto, nella Figura I, gli effetti di tipo B sono inseriti in posizione opposta
a quelli di tipo A.
Gli effetti di tipo B sono forme di ipersensibilità sia di tipo immunologico che non
immunologico ed insorgono in pazienti con una condizione predisponente, spesso
ignota o non riconosciuta. Le reazioni immunologiche possono avere una patologia
complessa ed assumere molte forme, variando da rashes non specifici a reazioni
specifiche come l'epatite colestatica, l'agranulocitosi o le sindromi autoimmuni
(Tabella VII). E' noto che molti farmaci, senza il coinvolgimento di una reazione
antigene-anticorpo, liberano mediatori dell'infiammazione (in particolare l'istamina) e
determinano reazioni pseudoallergiche, come ad esempio l'orticaria indotta dalla
morfina o il broncospasmo mediato dalla aspirina. Il concetto di "intolleranza" di
norma indica dei pazienti con una risposta eccessiva ad una dose normale di farmaco,
per esempio a causa di un metabolismo lento. La risposta è qualitativamente uguale,
ma quantitativamente eccessiva. Nel caso dell'idiosincrasia (termine che indica che la
reazione è determinata dalla costituzione del paziente), d'altra parte, la risposta è
anche qualitativamente differente. Fra i molti esempi ci sono l'anemia emolitica in
pazienti con deficit di glucosio-6-fosfatasi e, probabilmente, l'anemia aplastica da
fenilbutazone. Gli effetti avversi di tipo B sono difficili da studiare sperimentalmente,
spesso il meccanismo non è noto o non completamente chiarito. Sono raramente
disponibili test diagnostici e, in un singolo paziente, spesso resta non provata la
connessione fra farmaco e risposta. Esistono molti esempi di farmaci ritirati dal
commercio a causa di una reazione idiosincrasica, mentre il meccanismo responsabile
della reazione non è mai stato chiarito (un esempio importante è la peritonite
sclerosante da practololo).
Gli effetti avversi di tipo B, nonostante la grande difficoltà, sono spesso identificati
rapidamente. Ciò perché questi effetti insorgono con relazione temporale compatibile
con l'esposizione al farmaco, sono caratteristici ed hanno una bassa incidenza nella
popolazione. Alla luce di quanto detto, si comprende facilmente perché la
segnalazione spontanea, il principale sistema usato dai centri nazionali di
farmacovigilanza, si sia dimostrata particolarmente efficace per individuare gli effetti
avversi di tipo B (Tabella VI) . Altri metodi per studiare gli effetti avversi di tipo B
sono il monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni, gli studi caso-controllo ed il
record/linkage (usando grandi database automatizzati)
117
2.3. Effetti avversi di tipo C (effetti statistici)
Dal giorno in cui è scoppiata la polemica circa l'aumentata mortalità cardiovascolare,
rilevata dal rapporto dell'University Diabetes Group Diabetes Program, all'inizio
degli anni settanta, in pazienti affetti da diabete mellito che utilizzavano
ipoglicemizzanti orali, sono state fatte numerose connessioni fra esposizione ai
farmaci e frequenza delle malattie . Un altro esempio è l'aumentata incidenza totale di
malattie maligne osservate in utilizzatori di clofibrato in un grande studio
multinazionale di prevenzione dell'ischemia miocardica . Tali effetti avversi di tipo C
possono essere definiti come l'aumentata incidenza di una data malattia in pazienti
che usano un particolare farmaco, in confronto con la frequenza (rischio relativo) nei
pazienti non esposti (Tabella VIII). L'associazione è essenzialmente una sproporzione
statistica. E' noto che esiste la possibilità di elementi di confusione. Confrontati con
quelli di tipo B, gli effetti avversi di tipo C hanno una maggiore frequenza di fondo
ed una relazione temporale meno ovvia. Inoltre, come quelli di tipo B, anche gli
effetti avversi di tipo C sono spesso difficili da studiare in modelli sperimentali e,
almeno all'inizio, il meccanismo è spesso sconosciuto. Successivamente il
meccanismo può cominciare ad essere capito, come è accaduto, per esempio, nel caso
dell'aumentato rischio di calcoli biliari o di malattia tromboembolica in donne che
usavano i contraccettivi orali.
In questi pazienti il coinvolgimento del farmaco spesso rimane incerto o dubbio, a
causa della probabilità che sia un fatto coincidente e della mancanza di una relazione
temporale indicativa. Quindi, la segnalazione spontanea è di limitata utilità per
individuare e studiare gli effetti di tipo C (Tabella IX). Il monitoraggio
prescrizioni/evento, d'altra parte, può essere di una certa importanza, purché la
raccolta dell'evento avverso avvenga dopo il periodo di latenza e che il campione
studiato sia sufficientemente grande.
Sebbene gli studi di follow-up (coorte) siano in teoria il metodo di scelta per studiare
un farmaco, la dimensione del campione di popolazione richiesto e la durata dello
studio sollevano spesso problemi scientifici, logistici, etici e finanziari. Inoltre
l'acquisizione di una popolazione di controllo idonea può essere di ostacolo. Sebbene
le esperienze con studi di sorveglianza caso-controllo e casi-controllo, che impiegano
database collegati, siano promettenti, gli studi degli effetti avversi di tipo C restano
una delle maggiori sfide della farmacovigilanza e della farmacoepidemiologia.
3. Inefficacia terapeutica
Il potere di guarigione delle medicine è limitato e spesso si trova che esse hanno
efficacia insufficiente nelle malattie croniche e gravi. Spesso, ma non sempre,
l'inefficacia è dose-correlata. L'inefficacia è ovviamente una risposta non intenzionale
e potenzialmente dannosa, anche se forse non è un effetto avverso nel senso stretto
della parola. Circa la metà delle ospedalizzazioni connesse ai medicamenti sono
dovuti alla loro inefficacia . La valutazione dell'effetto, specie per i farmaci di uso
cronico, è quindi senza dubbio uno dei compiti della farmacovigilanza.
L'inefficacia, specie quando inaspettata, può essere secondaria ad un uso
inappropriato (es. dose sbagliata, durata sbagliata o indicazione sbagliata) (Tabella
X). Inoltre, l'inefficacia inaspettata può essere un importante segnale di allarme in
118
farmacovigilanza, per esempio, riguardante una interazione, un difetto di
formulazione farmaceutica, un prodotto di contraffazione, lo sviluppo di tolleranza o
resistenza (Tabella XI). L'importanza di una attenzione per i prodotti contraffatti può
essere illustrata da un recente rapporto del WHO Database sui Counterfeit
Pharmaceuticals, in cui 751 casi di contraffazioni sono state osservate sia nei paesi
sviluppati che in quelli in via di sviluppo . In rari casi l'inefficacia è provocata dalla
intensità del metabolismo del paziente (es. l'opposto della intolleranza), per esempio
nel caso della resistenza ereditaria alla cumarina (una rara malattia autosomica
dominante).
4. Mancanza di compliance ed uso inappropriato
Come indicato dalla definizione del WHO, qualunque effetto di tipo A, B e C può
accadere durante l'uso medico appropriato di un farmaco. Ciò può essere considerato
come una condizione di sfortuna o come un rischio calcolato. La distinzione fra uso
appropriato ed inappropriato di un farmaco può essere meno ovvia, tuttavia, di quanto
si pensi. E' nostra esperienza, per esempio, che nella storia di un paziente con una
grave reazione avversa, con un po' di attenzione si riesce a trovare un momento in cui
è stata presa una decisione sfortunata, non è stata seguita una indicazione o è stato
sopravvalutato un segnale di allarme.
Quando un farmaco non è assunto in maniera appropriata, è probabile che aumenti,
sia in frequenza che in gravità, il rischio di effetti avversi, in particolare di quelli di
tipo A. L'uso non appropriato del farmaco (in totale o parziale disaccordo con le
istruzioni approvate per l'uso) può avere forme e cause molto diverse, che vanno da
un'attesa non realistica o una brutta abitudine del paziente, all'uso fuori dalle
indicazioni (frequente nei bambini) o all'errore medico . Quando un farmaco è usato
in maniera diversa dalle istruzioni per l'uso, l'effetto avverso può avere, dal punto di
vista legale, una posizione diversa e, pertanto, essere difficile da considerare
nell'ambito delle regole farmacologiche. Le raccomandazioni, da parte delle autorità,
della nefropatia da analgesici, per esempio, è stata ritardata in molti paesi poiché essa
insorge solo dopo un uso inappropriato di analgesici (dosi eccessive per periodi
eccessivi di tempo). Negli anni recenti si è cominciato a capire che la vasta area
grigia di uso sub ottimale dei farmaci è di grande importanza in farmacovigilanza.
Poiché si è trovato che è evitabile circa il 50% delle ospedalizzazioni causate da
problemi connessi ai farmaci , vi è molto da guadagnare da misure preventive in
questo campo. L'uso inappropriato dei medicamenti, tuttavia, è spesso difficile da
studiare (Tabella XII). Molto spesso l'informazione presente nelle segnalazioni
spontanee inviate ai sistemi di segnalazione nazionali già suggerisce che c'è qualcosa
di sbagliato, per esempio, che la dose è alta o che l'indicazione è sbagliata. Spesso è
necessario uno studio ad hoc (es. una indagine o uno studio in ospedale) che
smascheri che la causa del problema è l'uso inappropriato.
5. Dipendenza e abuso; tolleranza e rebound
La dipendenza, nelle sue varie forme, può essere vista come una assenza estrema di
compliance. L'indicazione è spesso (o non più) valida ed esiste una forte tendenza, al
di là del massimo, ad aumentare la dose o a prolungare la durata dell'uso. La
potenzialità di indurre dipendenza è in molti casi un aspetto intrinseco alle
119
caratteristiche del farmaco, che dovrebbe essere incluso nella farmacovigilanza. La
triade dipendenza, sviluppo della tolleranza e sindrome di astinenza è di
particolare interesse dal punto di vista farmacologico. Una sindrome di astinenza o
una reazione rebound possono essere visti come un effetto farmacologico virtuale. Il
farmaco stimola l'organismo ad assumere concentrazioni che, durante il riadattamento
dopo l'interruzione della esposizione, possono a loro volta avere effetti negativi. Da
un punto di vista meccanicistico, c'è una similitudine con il fenomeno della induzione
enzimatica, che avviene dopo che l'assunzione del farmaco viene interrotta.
Come è noto, gli oppioidi ed i farmaci sedativi causano dipendenza. Il fatto che per
molto tempo ci sia stata ignoranza circa le proprietà additive dei derivati
benzodiazepinici, a fronte delle sue conseguenze, illustra l'importanza della
dipendenza come argomento della farmacovigilanza. Un altro esempio: è ancora da
risolvere la questione del se il deterioramento della condizione di un paziente, dopo
aver interrotto l'assunzione di un farmaco antidepressivo, è una ricaduta della
depressione o è una reazione di astinenza . La dipendenza non è limitata ai farmaci
psicotropi, ma può, spesso inaspettatamente, avvenire con una varietà di altri
medicamenti come i decongestionanti nasali, i lassativi o gli analgesici minori. La
nefropatia da analgesici, una conseguenza dell'abuso prolungato di questi ultimi
farmaci, è ancora una delle maggiori preoccupazioni della farmacovigilanza .
E' noto che la dipendenza è difficile da studiare. Fino a che il paziente assume il
farmaco, il medico lo prescrive ed il farmacista lo dispensa tutti sembrano contenti,
fino a quando la dipendenza sfugge al controllo. Nel monitoraggio routinario della
dipendenza da farmaci, la segnalazione spontanea riveste un ruolo importante.
Affinchè sia disponibile un'informazione migliore, è necessario che ci sia una attiva
raccolta dei dati, la qual cosa può essere difficile poiché questi pazienti attuano una
strategia di diniego.
6. Overdose ed avvelenamento
Dalla dipendenza, che come è noto è associata alla tendenza del paziente ad assumere
dosi sempre maggiori, c'è un piccolo scalino da salire per raggiungere l'overdose o
l'avvelenamento. L'avvelenamento può essere relativo od assoluto, può essere
ricreazionale, iatrogeno, intenzionale o accidentale. Può essere acuto o cronico.
L'avvelenamento, che rappresenta un eccessivo effetto farmacologico, è solo una
tappa degli effetti avversi di tipo A dove noi partiamo ed alla fine, come in un
cerchio, noi torniamo.
In molti Stati, c'è un sistema nazionale di controllo degli avvelenamenti, che assicura
contemporaneamente un appropriato trattamento dell'avvelenamento e una
osservazione permanente sul potenziale tossico dei nuovi medicamenti.
L'avvelenamento acuto può essere visto come un esperimento umano non voluto, che
può essere molto interessante dal punto di vista del farmacologo. Esistono molti
farmaci che esercitano un effetto tossico in overdose, effetto che poteva essere
previsto durante l'uso cronico del farmaco. In molti Stati, l'avvelenamento è stato
originariamente considerato come separato dall'uso terapeutico del farmaco e, anche
per ragioni legali, al di fuori degli scopi della regolamentazione dei farmaci. In
accordo alla legge tedesca, per esempio, un medicamento deve essere sicuro "quando
120
usato come raccomandato". Nel mondo intero c'è ora una nuova tendenza verso una
collaborazione più stretta o addirittura una fusione del centro di controllo degli
avvelenamenti e la farmacovigilanza.
7. Effetti avversi "indiretti"
Al di fuori della somministrazione a scopi terapeutici, i medicamenti possono essere
causa di pericolo per la salute in una varietà di altri modi, attraverso i processi di
produzione, distribuzione e distruzione. Un errore di produzione può portare alla
contaminazione dell'ambiente mediante un intermedio tossico o mediante i prodotti di
scarico. Farmaci ampiamente usati che vengono escreti immodificati o sotto forma di
metaboliti attivi possono essere presenti in tracce nelle acque di superficie.
Antibatterici usati per esempio nelle bioindustrie possono portare allo sviluppo di
resistenza batterica. Questi tipi di effetti dannosi indiretti dei farmaci non sono stati
inclusi nella classificazione della Figura I.
8. Implicazioni
I problemi correlati ai medicamenti hanno una varietà di cause differenti, che vanno
dagli effetti avversi e dalle interazioni alla inefficacia, all'uso inappropriato, alla
contraffazione, alla dipendenza e all'avvelenamento. Fra l'uso appropriato e l'uso
sbagliato o eccessivo dei medicamenti esiste una vasta area grigia di uso subottimale,
che può ridurre la sicurezza. La farmacovigilanza si preoccupa di tutti gli aspetti
dell'uso delle medicine che hanno conseguenze riguardo la sicurezza, l'efficacia e
l'uso appropriato.
Non esiste un metodo che può essere utilizzato per studiare tutti gli aspetti di tutti i
medicamenti e probabilmente non ci sarà mai. Per tradizione esistono 2 sistemi
maggiori per affrontare la "questione aperta" della vigilanza: la segnalazione
spontanea (specie per l'identificazione degli effetti di tipo B) ed il controllo
dell'avvelenamento (che si occupa principalmente dell'avvelenamento acuto).
Problemi differenti necessitano spesso di metodi differenti di studio. Come è normale
tali studi hanno bisogno di essere specificatamente programmati per la questione o la
proposta che si vuole affrontare e sono limitati nel loro scopo, grandezza e durata.
Esiste un numero limitato di metodi disponibili per studiare le medicine messe in
commercio, ciascuno ha specifici vantaggi e limitazioni come illustrato dalle Tabelle
II, VI, VIII e XI. Si stanno sviluppando nuovi approcci, che combinano gli aspetti del
monitoraggio e degli studi formali, per esempio, la sorveglianza caso controllo o la
ricerca dei dati o gli studi caso controllo incrociati che usano grandi banche dati
automatizzate.
La classificazione proposta in questo lavoro (Tabella I) copre l'intera scala dei
problemi connessi ai medicamenti, tenendo in conto le loro caratteristiche e
distinzioni di base, ed è applicabile in senso generale. Può servire come una struttura
educazionale per una buona comprensione, da parte dei medici di medicina generale e
degli specialisti (es. clinici, farmacisti, farmacologi ed epidemiologi), dei complessi
problemi connessi al trattamento farmacologico. Inoltre può essere utile per
l'appropriata scelta di un metodo di studio e per il disegno di strategie razionali ed
efficienti per lo studio scientifico dei medicamenti dopo la loro approvazione.
9. Tabelle
121
Tabella I. Definizioni
Effetto Qualsiasi effetto non intenzionale di un medicamento che
collate- insorga a dosi normalmente impiegate nell'uomo e che sia
rale
correlato alle proprietà farmacologiche del medicamento.
Evento Qualsiasi evenienza medica non voluta che può comparire
avver- durante un trattamento con un farmaco, ma che non
so
necessariamente abbia una relazione di causalità con il
trattamento stesso.
ReaUna risposta ad un farmaco che sia nociva e non intenzionale e
zione che avviene a dosi che normalmente sono usate nell'uomo per la
avver- profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia o che insorga a
sa
seguito di modificazioni dello stato fisiologico.
Reazio
Una reazione avversa, la cui natura o gravità non è riportata
ne avnella scheda tecnica o nella autorizzazione rilasciata per la
versa
commercializzazione o che sia inaspettata in base alle
inaspet
caratteristiche del farmaco.
tata
Figura 1. Lo zodiaco dei problemi farmaco-correlati.
Tabella II. Effetti avversi di tipo A (azione del farmaco): effetti
avversi farmacologici
Comuni (>1%)
Dose-dipendenti
Relazione temporale evidente
Riproducibile
Tabella III. Effetti avversi di tipo A (azione del farmaco): metodi di
studio
Trial clinico
Segnalazione spontanea
Esperimenti
Studi ospedalieri
Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni
Studi di follow-up
Tabella IV. Eventi avversi di tipo A, che insorgono in speciali
situazioni o in pazienti con aumentata suscettibilità
Lesioni selettive di organi
Effetti tardivi
Carcinogenicità/mutagenicità
122
Interazioni
Situazioni a rischio
Bambini
Anziani
Insufficienza renale
Emodialisi
Gravidanza
Allattamento
Tabella V. Effetti avversi di tipo B (reazioni del paziente)
Reazioni immunologiche
Intolleranza metabolica
Idiosincrasia
Rara (<1%)
Inaspettata
Causalità incerta
Meccanismo incerto
Assenza di relazione con la dose
Non riproducibile sperimentalmente
Con caratteristiche di gravità
Relazione temporale suggestiva
Bassa frequenza di fondo
Tabella VI. Effetti avversi di tipo B (reazioni del paziente): metodi di
studio
Segnalazione spontanea
Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni
Sorveglianza caso-controllo
Database/record linkage
Tabella VII. Esempi di reazioni avverse a farmaci su base
immunologica
Cute
Orticaria
Rush maculopapulare
Eritema nodoso
Eczema
Eruzione lichenoide
Vasculite
Sindrome di Stevens-Johnson
Necrolisi epidermica tossica
123
Sangue
Trombocitopenia
Agranulocitosi
Anemia emolitica
Anemia aplastica
Fegato
Epatite colestatica
Epatite epatocellulare
Rene
Nefrite interstiziale
Glomerulonefrite
Polmone
Polmonite (eosinofila, alveolare,interstiziale)
Sistemiche
Anafilassi
Vasculiti
Malattia da siero
Lupus eritematoso sistemico
Tabella VIII. Eventi avversi di tipo C (effetti statistici)
Aumentata frequenza di malattia "spontanea"
Elevata frequenza di fondo
Meno tipica per una reazione da farmaco
Senza una congrua relazione temporale
Spesso con lunga latenza
Meccanismo ignoto
Difficile da riprodurre sperimentalmente
Tabella IX. Effetti avversi di tipo C (effetti statistici): metodi di
studio
Studi di follow-up (coorte)
Studi caso-controllo
Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni
Grandi database/collegamenti di record
La segnalazione spontanea è di uso limitato
Tabella X. Inefficacia terapeutica
Difetti farmaceutici e contraffazioni
Uso inappropriato (assenza di compliance)
Interazioni
Resistenza
Tolleranza
124
Tabella XI. Uso inappropriato del farmaco
Dose errata
Durata errata
Via di assunzione errata
Indicazione errata
Aspettativa errata
Uso "non indicato" e assenza di compliance
Insufficienza di informazione e di monitoraggio
Precauzioni non ottemperate
Errore medico di somministrazione
Tabella XII. Uso inappropriato del farmaco: metodi di studio
Segnalazione spontanea
Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni
Questionario
Studi crociati
Studi di follow-up
FARMACI e FEGATO
I farmaci interagiscono con il fegato in vari modi differenti:
 Estrazione e metabolismo del farmaco: il fegato è protagonista nella
modulazione del ruolo dei farmaci; in caso di patologie epatiche si avrà quindi
una minore durata dell‘azione farmacologica.
 Il fegato è anche l‘obiettivo elettivo dell‘azione tossica di molti farmaci.
Considerazioni anatomo-fisiologiche sul fegato:
la massa del fegato è sproporzionata al flusso ematico.
Il flusso ematico è composto da:
 Flusso arterioso: arteria epatica
 Flusso venoso: sistema portale. Il 75% del sangue portale proviene
dall‘intestino, sede nella quale avviene l‘assorbimento di molti farmaci; per
questo motivo il fegato ha un ruolo fondamentale nell‘estrazione e nel
metabolismo di molti farmaci (è il cosiddetto EFFETTO DI PRIMO
PASSAGGIO)
Considerazioni sulla struttura istologica del fegato:
l‘epatocita ha una doppia polarità funzionale: dal lato che poggia sulla lamina basale
l‘epatocita si affaccia sullo spazio di His e quindi sul capillare ematico; l‘altro polo si
affaccia invece sul canalicolo biliare.
Questa disposizione fa sì che i farmaci passino dal circolo sanguigno (dopo essere
stati assorbiti a livello enterico) all‘interno dell‘epatocita passando attraverso la
membrana citoplasmatica del lato basale, per poi essere metabolizzati all‘interno
125
della cellula e quindi secreti in forma coniugata nel lume del canalicolo biliare. In tale
modo il fegato svolge un ruolo importante quale via di perdita dei farmaci.
Il passaggio attraverso la membrana citoplasmatica luminale è favorito dalla presenza
di trasportatori della famiglia ABC (ATP Binding Cassette) tra i quali è importante
la glicoproteina P: tutti utilizzano ATP come fonte di energia.
Metabolismo epatico dei farmaci:
Il metabolismo si attua in due fasi distinte:
 Reazioni di fase 1 (reazioni di funzionalizzazione): viene inserito un gruppo
funzionale sulla molecola del farmaco.
 Reazioni di fase 2 (reazioni di conigazione): viene coniugata una molecola sul
gruppo funzionale inserito nella fase 1.
A seguito del metabolismo epatico solitamente i farmaci sono resi più idrosolubili e
quindi più facilmente pronti ad essere escreti dall‘organismo; il metabolismo in questi
casi, quindi, è atto a scoraggiare l‘azione farmacologica in quanto contribuisce a
diminuire l‘emivita del farmaco stesso.
L‘azione di un farmaco si esplica legandosi ad uno specifico recettore presente sulla
superficie cellulare degli elementi che compongono il tessuto bersaglio.
Il metabolismo epatico può creare metaboliti senza attività farmacologica, e quindi
incapaci di legarsi ai recettori specific i per il farmaco.
Un‘ultima evenienza è che il metabolismo epatico sia ridotto: in tal caso l‘azione
farmacologica risulterà aumentata poiché in circolo sarà presente una concentrazione
maggiore di farmaco attivo.
Quest‘ultima evenienza (metabolismo epatico ridotto) può essere presente
principalmente in corso di due classi di patologie:
 Ipertensione portale
 Malformazioni congenite a livello dei vasi epatici
Entrambi queste situazioni determinano una compromissione della circolazione
portale epatica: il cosiddetto shunt porta-cava.
Tossicità epatica dei farmaci:
Un farmaco dopo essere stato metabolizzato a livello epatico (soprattutto dal sistema
del Citocromo P450) può anche dare metaboliti reattivi e quindi tossici. Questi
metaboliti sono in grado di formare legami stabili con molecole bersaglio
sull‘epatocita determinando così una lesione molecolare primaria . Si può quindi
dire che il fegato catabolizza la propria lesione (processo autolesivo).
Alcuni farmaci possono quindi innescare patologie epatiche.
Categorie di danni epatici da farmaci:
 Lesioni prevedibili: possono comparire in tutti gli individui se il farmaco è
somministrato ad alte dosi.
 Lesioni idiosincratiche: con alla base una predisposizione di tipo genetico.
 Lesioni colestatiche: interferiscono con la normale escrezione di bile; il
sintomo caratteristico sarà quindi un ittero ostruttivo.
126
Farmaco
Latenza
Tipo di danno
Compromissione
Immunologica
Lesione
prevedibile
1. Paraceta
molo
(Tachipirina)
breve
Steatosi epatica
assente
Lesione
Lesione
idiosincrasica Colestatica
1. Alotano
1. Clorpromazi
2. Isoniazi
na
de
2. Contraccettiv
i orali
variabile
Variabile
Epatite
massiva
fulminante
1. Presente
2. Assente
(*)
Colestasi con (1) o
senza (2)
infiammazioni
periportali
1. Presente
2. Assente
(*): raramente accade e non è una reazione dose dipendente: è per questo che si è
pensato ad una reazione di tipo idiosincratico individuale. La patogenesi può essere
ricercata nel metabolismo dell‘Isoniazide che produce normalmente metaboliti
tossici; se l‘individuo ha una predisposizione genetica a metabolizzare in modo
abnorme il farmaco, si avrà un‘alta concentrazione di metaboliti tossici che daranno il
danno epatico (Epatite massiva fulminante).
Esempio di lesione prevedibile:
Paracetamolo (Tachipirina): da una reazione lesiva dose dipendente, questo vuol
dire che non serve una predisposizione genetica per avere lesioni da overdose di
paracetamolo. Per questo motivo in Inghilterra non è infrequente trovare pazienti che
usano alte dosi di paracetamolo a scopo suicidiario; tuttavia utilizzato a tale scopo è
alquanto inefficace perché vi è un lungo intervallo tra l‘assunzione del farmaco e la
morte dell‘individuo.
Meccanismo molecolare della produzione di specie reattive del paracetamolo:
a livello del Cit. P450 si genera un atomo di Ossigeno legato ad un atomo di Ferro;
questo composto sottrae un atomo di H al paracetamolo si viene così a formare un
gruppo idrossilico (OH) sul Cit. P450 più una specie radicalica del paracetamolo;
questa riacquista il radicale OH dal Cit. P450 acquisendo così una funzione
idrossilica (reazione di funzionalizzazione). Questo composto idrossilato viene quindi
deidrogenato a N-acetil-benzoquinoninina; quest‘ultima tende a ridursi per formare
nuovamente paracetamolo: si viene quindi ad instaurare un ciclo futile di
ossido/riduzione a spese dei composti sulfidrilici cellulari (soprattutto il Glutatione =
GSH). (vd lucido con ciclo ossido-riduttivo)
A dosi normali di farmaco, il GSH non viene consumato completamente , mentre una
dose eccessiva è in grado di ridurre le riserve cellulari di GSH in modo significativo
127
(fino all‘80%), rendendo così la cellula non più in grado di fronteggiare lo stress
ossidativo danno cellulare.
Quando il GSH viene consumato è possibile rigenerarlo non riducendo la forma
ossidata GSSG, ma piuttosto stimolandone la neo-sintesi; essendo la Cisteina (Cys) il
precursore del GSH, l‘antidoto ideale contro alte dosi di paracetamolo è la N-acetilCys (in quanto la forma acetilata è meno tossica).
Se si prendono più di 20 compresse si ha un danno epatico grave che può anche
portare ad esiti letali.
L‘antidoto cisteinico va somministrato entro 12-16 h dall‘avvelenamento da
paracetamolo.
Esempio di lesione idiosincratica :
Una donna di 37 anni evidenzia in anamnesi casi sporadici di asma bronchiale
soprattutto nella stagione primaverile (e quindi di sospetta origine allergica); inoltre
riferisce di essere allergica alla penicillina. Le allergie sono fattori che possono far
presupporre probabili reazioni idiosincratiche ai farmaci. Altri fattori di rischio sono
il sesso femminile (è maggiore la frequenza di idiosincrasie nel sesso femminile) e
l‘obesità. Questa donna ha subìto negli ultimi tempi parecchi interventi chirurgici
sotto anestesia generale con Alotano; 5 giorni dopo l‘ultimo intervento chirurgico la
paziente ha accusato malessere generalizzato, dolore sordo in sede epatica e ittero. Le
condizioni di salute si sono inoltre rapidamente aggravate e i test di funzionalità
epatica (transaminasi) erano alterati.
L‘alotano può dare due tipi di reazioni lesive:
 Epatite di tipo I : sono abbastanza frequenti (nel 20% dei casi), il danno
epatico è modesto e accompagnato da un aumento transitorio delle
transaminasi in circolo (soprattutto è aumentata la Glutation-S-Tranferasi
(GST) che è concentrata soprattutto negli epatociti centrolobulari)
 Epatite massiva fulminante (di tipo II) : è una epatite che interessa
massivamente il fegato e spesso è accompagnata da encefalopatia;
Fattori di rischio per l‘epatite massiva fulminante causata da idiosincrasia
all‘alotano:
 Rapporto donna/uomo = 1,6/1
 Esposizione più volte all‘alotano
 Storia familiare di allergia ai farmaci
 Segni allergici in epatite: eosinofilia allergica.
Di tutte le epatiti fulminanti in Inghilterra il 50% è causata da alotano (il 45% è
causato dal paracetamolo). Il Meccanismo patogenetico si fonda su una
predisposizione su base immuno-allergica: sono stati trovati i seguenti elementi:
 Anticorpo (Ab) contro l’alotano: trovato nei pazienti con epatite massiva
fulminante;
 Antigene (Ag): dopo aver somministrato l‘alotano a conigli e dopo aver isolato
gli epatociti del coniglio, si è visto che sulla superficie di tali cellule è presente
un Ag riconosciuto dagli Ab presenti nel siero di pazienti con epatite massiva
fulminante;
128
 Reazione Ag/Ab, evidenziata con:
 Immunofluorescenza indiretta : l‘Ab si lega all‘Ag; si usa quindi la fluorescina
come Ab IIario, ovvero Ab-antiAb
 Induzione dell‘attività citotossica dei linfociti Killer
 ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay)
L‘alotano è in grado di produrre un radicale trifluoracetico (TFA); questo si lega ad
aminoacidi presenti sull‘epatocita formando così un addotto (proteine-TFA) che
viene espresso sulla superficie cellulare (questo succede in tutti gli individui). I
soggetti predisposti invece:
 hanno una concentrazione di addotto talmente alta da far scattare la reazione
di tipo allergico;
 l‘addotto è riconosciuto come non-self; ciò perché si instaura una situazione di
mimetismo molecolare con un componente normale del mitocondrio epatico
(forse la subunità E2 della Piruvato-DH). Si ha quindi una situazione di
tolleranza per il farmaco. I soggetti predisposti sono carenti di questo enzima
 viene quindi riconosciuto come non-self: questa è la base della
predisposizione genetica alla reazione idiosincrasica da alotano.
CITOCROMO P450 E INTERAZIONI TRA FARMACI
1. Introduzione
2. Citocromo P450
3. Polimorfismo genetico
4. Interazioni tra farmaci
5. Conclusioni
6. Esempi di polimorfismo genetico
7. Esempi di interazioni tra farmaci
8. Citocromo P450 2D6 (CYP2D6)
9. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4)
10. Citocromo P450 1A2 (CYP1A2)
11. Citocromo P450 2C9 (CYP2C9)
12. Citocromo P450 2C19 (CYP2C19)
13. Citocromo P450 2E1 (CYP2E1)
1. Introduzione
Assumere un farmaco, per le più diverse esigenze e nelle più varie circostanze, è
un‘azione che milioni di persone compiono quotidianamente. La ricerca scientifica
mette continuamente a disposizione del malato nuovi e "miracolosi" rimedi per i
problemi più disparati, dall‘ultimo e più efficace farmaco per la terapia
dell‘ipertensione fino al più moderno "pillolo" anticoncezionale. Spesso però, il
129
prezzo da pagare per tutto questo è molto alto. I morti da Viagra sono solo l‘ultimo
eclatante esempio di una storia, quella della farmacologia, segnata da episodi spesso
drammatici.
Negli ultimi anni l‘interesse del mondo scientifico verso gli isoenzimi del citocromo
P450 é aumentato notevolmente, mentre si veniva progressivamente chiarendo il loro
ruolo nelle interazioni farmacologiche, nella tossicità dei farmaci e nella formazione
di metaboliti carcinogeni. In particolare, l‘attenzione nei confronti delle interazioni
farmacologiche che coinvolgono gli isoenzimi del CYP450 è stata notevolmente
rafforzata dalle direttive della Food and Drug Administration (FDA), che qualche
anno fa per questa ragione ha sospeso la terfenadina (Seldane®) dal mercato
farmaceutico. Il metabolismo della terfenadina é catalizzato da un isoenzima, il
CYP3A4, che può essere inibito da farmaci di comune impiego quali eritromicina o
ketoconazolo. L‘inibizione del metabolismo della terfenadina determina un aumento
delle concentrazioni plasmatiche del farmaco che può provocare aritmie. Secondo i
dati pubblicati dalla FDA, fino ad oggi la tossicità da terfenadina può essere correlata
a 396 decessi. In particolare sono stati segnalati 39 casi di torsades de pointes, 145
casi di allungamento dell‘intervallo QTc e 207 casi di arresto cardiaco.
Ancora più attuale è l‘annuncio con il quale l‘8 Giugno 1998 la Roche ha stabilito il
ritiro dal mercato farmaceutico del mibefradil (Posicor®), nuovo farmaco calcioantagonista, in seguito alle crescenti evidenze riguardanti l‘ampio spettro di
interazioni (molte delle quali con farmaci comunemente utilizzati per il trattamento
di patologie cardiovascolari), e dopo solo un anno dalla sua introduzione in Europa e
negli USA. E‘ stato chiarito che il mibefradil inibiva l‘attività del CYP3A4, una delle
più rappresentate isoforme del citocromo P450 ( ~ 30%) determinando quindi un
pericoloso aumento delle concentrazioni plasmatiche di tutti quei farmaci che
vengono metabolizzati da questo enzima. Le conseguenze sono state ancora più gravi
con quei composti caratterizzati da un ristretto indice terapeutico, quali ciclosporina e
tacrolimus.
I due esempi riportati, sicuramente rappresentativi di un problema più vasto,
testimoniano e rafforzano l‘importanza e la necessità non solo di effettuare specifici
studi di interazioni farmacocinetiche prima di immettere un nuovo farmaco nel già
"affollato" mercato farmaceutico, ma di rivedere, alla luce di questo nuovo segnale di
allerta, i farmaci già in uso.
2. Citocromo P450
Per cercare di ridurre il rischio di comparsa di effetti indesiderati la cui gravità può
arrivare fino al verificarsi di danni irreversibili (es. l‘embriotossicità da talidomide,
che causò una vera e propria epidemia di nati deformi negli Anni Sessanta, o la
comparsa di discinesia tardiva da antipsicotici) o addirittura all‘esito letale, con costi
sociali ed umani enormi, la ricerca scientifica si è impegnata negli ultimi anni
nell‘individuazione di quei fattori che possono rappresentare un rischio o che
determinano una predisposizione allo sviluppo di tali effetti, onde individuare e
quindi proteggere i soggetti più a rischio.
130
Molti effetti indesiderati trovano la loro causa prima in alterazioni di quei processi
metabolici a cui quasi tutti gli xenobiotici vanno incontro, principalmente a livello
epatico, ed il cui fine ultimo é quello di modificarne le proprietà chimico fisiche,
facilitandone l‘escrezione.
Durante il processo di biotrasformazione epatica, principale meccanismo con il quale
viene regolata la concentrazione del farmaco nell‘organismo e quindi nel sito
d‘azione, il farmaco progenitore viene convertito in uno o più metaboliti
(farmacologicamente attivi o inattivi) dotati di maggiore polarità, quindi più
idrosolubili e facilmente eliminabili con l‘urina o con la bile. Tale processo avviene
attraverso la trasformazione dei gruppi funzionali della molecola (reazioni di fase I
quali ossidazioni, riduzioni ed idrolisi) e la successiva coniugazione con sostanze
endogene per la formazione di composti inattivi (reazioni di fase II quali
glucuronidazione, solfatazione).
Il principale responsabile delle reazioni di fase I di un‘ampia varietà di composti
endogeni ed esogeni, chimicamente e biologicamente non correlati, è il sistema
epatico del citocromo P450, costituito da una serie di isoenzimi localizzati sulle
membrane microsomiali del reticolo endoplasmatico liscio principalmente a livello
epatico e/o in tessuti extraepatici, quali il tratto gastrointestinale, i reni, i polmoni, la
cute ed il sistema nervoso centrale. Tutte le isoforme enzimatiche del citocromo P450
sono proteine contenenti un gruppo eme, inizialmente identificate come pigmenti
rossi (P) che producevano una caratteristica banda di assorbimento spettrofotometrico
a 450 nM.
Gli isoenzimi del citocromo P450 sono stati suddivisi in famiglie e sottofamiglie, in
base alla somiglianza strutturale nella sequenza aminoacidica, ed indicati con il
prefisso CYP seguito da un primo numero indicante la famiglia, una lettera indicante
la sottofamiglia ed un secondo numero indicante il singolo isoenzima 12.
Negli ultimi anni sono stati identificati circa 30 CYPs, 7 dei quali svolgono un ruolo
determinante nel metabolismo dei farmaci (CYP 1A2, 2C8, 2C9, 2C19, 2D6, 3A4,
2E1).
3. Polimorfismo genetico
Esiste una marcata variabilità, sia interindividuale che interetnica nella capacità di
metabolizzare i farmaci. Tale variabilità rende parzialmente conto delle differenti
risposte (il cui range può variare dalla mancanza di effetti clinici alla comparsa di
gravi effetti tossici) alla stessa dose di farmaco quotidianamente osservate nella
pratica clinica. A determinare tale variabilità concorrono fattori di natura diversa:
fisiologici (età, sesso), patologici (es. malattie epatiche o renali), ambientali (es.
interazioni tra farmaci o altri composti chimici), genetici. Proprio l‘individuazione e
la caratterizzazione delle variazioni nella risposta ai farmaci dovute a fattori ereditari
è oggi oggetto di studio di una branca della genetica nota appunto come
farmacogenetica.
La maggior parte delle modificazioni farmacocinetiche di natura genetica attualmente
conosciute riguarda la variabilità interindividuale nell‘attività degli enzimi
responsabili del metabolismo di alcuni farmaci: una riduzione geneticamente
131
determinata nella velocità dei processi metabolici può provocare l‘accumulo di un
farmaco nell‘organismo con un aumentato rischio di effetti collaterali, mentre un
incremento di tale velocità può condurre ad un fallimento terapeutico, causa il
mancato raggiungimento di livelli plasmatici efficaci.
E‘ stato osservato che esiste una certa variabilità interindividuale nel contenuto e
nell‘attività di diversi enzimi del citocromo P450. Tra i molteplici fattori responsabili
di tale fenomeno, il polimorfismo genetico è sicuramente il più importante.
Il termine polimorfismo genetico definisce un carattere monogenico
presente nella popolazione in almeno due diversi fenotipi (e verosimilmente in
almeno due genotipi), di cui il più raro con frequenza di almeno 1-2 %.
Il polimorfismo genetico relativo agli enzimi metabolizzanti i farmaci determina nella
popolazione l‘esistenza di almeno due distinti sottogruppi o fenotipi con differente
capacità metabolica: metabolizzatori lenti (PM) e metabolizzatori rapidi (EM).
Ovviamente, la presenza di varianti enzimatiche ad attività ridotta o nulla o, al
contrario, ad attività molto elevata, ha importanti risvolti clinici e tossicologici. I PM
sono esposti al rischio di raggiungere elevate concentrazioni plasmatiche di farmaco,
e di sviluppare quindi effetti collaterali concentrazione-dipendenti. Al contrario i
soggetti EM (e ancora più alcuni soggetti identificati come metabolizzatori ultra
rapidi, UR) rischiano di non beneficiare degli effetti terapeutici attesi.
La capacità metabolica individuale può essere determinata mediante test di
fenotipizzazione, basati sulla somministrazione di una singola dose orale di un
marker enzimatico, quali ad esempio, debrisochina, sparteina o destrometorfano
(CYP2D6), oppure mediante tipizzazione genetica con tecniche di biologia
molecolare. L‘identificazione delle principali varianti alleliche degli enzimi
polimorfici ci consente infatti di genotipizzare gli individui, e quindi di predire quali
soggetti sono più esposti al rischio di sviluppare effetti indesiderati, con una tecnica
di minima invasività (un unico prelievo di 10 ml di sangue è tutto ciò che viene
richiesto al paziente) e completamente scevra dai rischi connessi con altre tecniche
quali ad esempio la fenotipizzazione (possibili interferenze con altre terapie in atto,
reazione abnorme al probe-drug). Determinare quale sia il genotipo di un individuo
può essere di notevole importanza non solo nel breve, ma anche nel lungo termine, in
quanto il genotipo, come tutti i caratteri genetici, non è soggetto a cambiare nel corso
dell‘esistenza.
4. Interazioni tra farmaci
L‘uso contemporaneo di più farmaci è spesso essenziale per il raggiungimento del
risultato terapeutico desiderato o per il trattamento di patologie concomitanti. La
polifarmacoterapia è una pratica ormai accettata e necessaria in situazioni quali ad
esempio l‘ipertensione, l‘insufficienza cardiaca, la chemioterapia antitumorale, molte
malattie psichiatriche, nelle quali l‘uso di un farmaco risulta efficace solo in una
piccola percentuale di pazienti.
E‘ ormai noto che la contemporanea assunzione di più farmaci può condurre ad
interazioni di diversa natura, tutte comunque risultanti in una alterata azione dei
132
farmaci stessi che può portare sia al fallimento terapeutico che alla comparsa di effetti
collaterali.
In particolare, nel caso di interazioni a livello metabolico, e più precisamente a livello
delle isoforme del citocromo P450, si possono verificare i fenomeni di inibizione e
induzione enzimatica. La prima eventualità si verifica quando due o più farmaci
vengono metabolizzati dallo stesso enzima. Si viene in tal caso a determinare una
competizione di legame per la stesso sito enzimatico con conseguente diminuzione
del grado di metabolismo del farmaco con minore affinità. I meccanismi di inibizione
degli enzimi CYP450 possono essere suddivisi in tre categorie: reversibili, quasiirreversibili ed irreversibili, in dipendenza del tipo di interazione che si instaura tra
enzima e substrato (farmaco o suoi metaboliti). Alcuni farmaci e xenobiotici (es.
fenobarbitale, carbamazepina, fenitoina, etanolo, fumo di sigaretta) sono invece in
grado di indurre, sia a livello epatico che extraepatico, diversi CYPs, tra cui il CYP
1A1, 1A2, 2C9, 2E1, 3A4. A differenza dell‘inibizione, che rappresenta una risposta
quasi immediata, l‘induzione è un processo regolatorio lento, che può ridurre la
concentrazione plasmatica di un farmaco, e di conseguenza comprometterne
l‘efficacia, in maniera tempo dipendente. L‘induzione enzimatica prevede infatti un
aumento della trascrizione genica, e quindi della sintesi della proteina enzimatica,
come risposta adattativa che protegge le cellule da xenobiotici tossici aumentandone
l‘attività detossificante. É in un certo senso difficile predire i tempi richiesti affinché
si verifichi l‘induzione di un enzima. Diversi fattori, inclusi l‘emivita del farmaco ed
il turn-over dell‘enzima, possono infatti concorrere nel suo determinismo.
Le conseguenze più importanti della induzione dei CYPs nella terapia farmacologica
sono: a) una riduzione degli effetti farmacologici in seguito ad un incremento del
metabolismo del farmaco; b) una diminuzione della tossicità, attraverso una
detossificazione più rapida, o un aumento della tossicità, in seguito alla maggiore
produzione di metaboliti reattivi.
La rilevanza clinica attribuibile ad una eventuale interazione farmacologica deve però
essere valutata anche alla luce di alcune importanti caratteristiche sia del farmaco il
cui metabolismo viene inibito, quale ad esempio l‘indice terapeutico, e sia del
farmaco inibitore o induttore, quali ad esempio la potenza e la selettività.
In seguito ai numerosi studi effettuati allo scopo di caratterizzare le diverse isoforme
del CYP450 e di definire l‘esistenza di substrati, inibitori o induttori più o meno
selettivi, è oggi possibile, utilizzando diversi approcci, in vitro ed in vivo, identificare
quali isoforme siano responsabili del metabolismo di un nuovo farmaco e prevedere
la possibilità che esso sia soggetto ad interazioni con altri farmaci, specialmente se
comunemente utilizzato in polifarmacoterapia.
Non dobbiamo ancora dimenticare che anche sostanze presenti negli alimenti
possono influenzare l‘attività degli isoenzimi P450, che anche il fumo di sigaretta può
indurre il metabolismo di substrati del CYP1A2 quali la clozapina, la fluvoxamina,
teofillina o la caffeina, o ancora che pazienti con dipendenza da alcohol sono soggetti
ad un elevato rischio di epatotossicità da acetaminofene a causa della capacità di
indurre gli enzimi (CYP1A2 e CYP2E1) coinvolti nella formazione dei metaboliti
tossici del farmaco.
133
5. Conclusioni
Un elevato numero di farmaci comunemente impiegati nella pratica clinica é
metabolizzato da uno o più isoenzimi del citocromo P450. A causa di ciò, il
metabolismo di tali farmaci può risultare alterato in presenza di particolari condizioni
(ad es. l‘esistenza di un polimorfismo del gene che codifica per un determinato
enzima) o dalla contemporanea assunzione di altre sostanze capaci di agire come
induttori o inibitori degli enzimi in questione. In particolare, le interazioni
farmacologiche dei farmaci caratterizzati da uno stretto indice terapeutico, possono
causare conseguenze molto serie, con la comparsa di gravi effetti collaterali o
addirittura con il decesso del pazienti. Coloro che sono trattati con uno o più farmaci
(in particolare le fasce più a rischio, cioè soggetti in età pediatrica o anziani in
politerapia) dovrebbero essere a conoscenza dei potenziali rischi di interazioni
farmacologiche e della necessità che il medico si aggiorni sulla loro storia clinica e
sulle terapie in atto praticate prima di associarvi nuovi rimedi. In diversi case-reports
é infatti emerso che le interazioni farmacologiche sono spesso provocate da farmaci
prescritti in momenti diversi e da medici diversi, spesso a causa dell‘aggiunta di un
induttore o un inibitore ad un paziente in terapia cronica di mantenimento con un
farmaco ben conosciuto come substrato di un determinato isoenzima. La ricerca
farmaceutica attualmente si sta indirizzando verso l‘individuazione degli enzimi
responsabili del metabolismo di un farmaco prima che questo venga
commercializzato, e ancora meglio nelle prime fasi dello screening del farmaco
stesso. Questo potrebbe permettere l‘individuazione di possibili interazioni tra
farmaci o ancora aiutare a chiarire se fattori genetici possano avere un ruolo più o
meno importante nel suo metabolismo. Grazie alla possibilità di disporre di avanzati
sistemi per la studio del metabolismo in vitro (microsomi epatici umani, enzimi
espressi), e al continuo perfezionamento delle tecniche di biologia molecolare, è
ormai possibile evitare che un farmaco introdotto nel mercato farmaceutico debba
essere dopo breve ritirato a causa degli effetti indesiderati associati al suo
metabolismo, come nel caso eclatante del mibefradil.
6. Esempi di polimorfismo genetico
Esempio n.1
Gli antidepressivi triciclici correlati strutturalmente all‘amitriptilina, come ad
es imipramina e nortriptilina, vengono tutti idrossilati in posizione 2
dall‘enzima CYP2D6 con formazione di metaboliti inattivi. Differenze
geneticamente determinate nella capacità metabolica determinano l‘ampia
variabilità dell‘emivita di questi composti (ad es. da 18 fino a 93 ore per la
nortriptilina negli adulti) e possono in parte spiegare la variabilità nella risposta
clinica e nella comparsa di effetti collaterali tra i diversi pazienti.
Esempio n.2
Il polimorfismo genetico può spiegare la variabilità nella risposta clinica di
soggetti diversi alla stessa dose di codeina. L‘enzima CYP2D6 converte la
134
codeina in morfina. Alcuni di quei pazienti che non riescono ad ottenere un
miglioramento della sintomatologia algica con la codeina sono metabolizzatori
lenti per il CYP2D6, incapaci di trasformare il farmaco nel suo più potente
metabolita.
Esempio n.3
L‘isoforma 2C9 del CYP, di cui si conoscono due varianti alleliche associate
ad una ridotta attività metabolica, é responsabile del metabolismo dell‘Swarfarina. I soggetti portatori di tali varianti alleliche costituiscono un
sottogruppo di pazienti che presentano difficoltà nell‘induzione della terapia
warfarinica, richiedono dosi più basse del farmaco e sono potenzialmente
esposti ad un maggiore rischio di complicazioni emorragiche dei soggetti con
attività metabolica normale.
7. Esempi di interazioni tra farmaci
Esempio n.1
L‘inibizione del metabolismo della carbamazepina da parte dell‘eritromicina é
stata segnalata per la prima volta nei primi anni ‗80. L‘eritromicina agisce
come potente inibitore del CYP3A4, il più importante enzima coinvolto nel
metabolismo della carbamazepina, e può determinare un aumento dei livelli
plasmatici di carbamazepina fino al raggiungimento di concentrazioni tossiche.
Sono stati segnalati numerosi casi di questo tipo di interazione nei bambini,
verificatisi per lo più quando a bambini stabilizzati in terapia con
carbamazepina per un disordine di tipo epilettico veniva somministrata
eritromicina a causa di un‘otite media od una faringite. I sintomi segnalati
quale risultato dell‘interazione di tali farmaci potevano variare dal nistagmo di
media intensità associato ad atassia fino ad un innalzamento della vasopressina
(che poteva causare ritenzione idrica), necrosi renale acuta e blocco
atrioventricolare con arresto cardiaco.
Recentemente é stata descritta l‘inibizione del metabolismo della
carbamazepina da parte della claritromicina, un antibiotico della famiglia dei
macrolidi simile all‘eritromicina, che sembra a sua volta inibire l‘attività del
CYP3A4.
Esempio n.2
La cisapride é diventata un‘alternativa popolare alla metoclopramide nel
trattamento del reflusso gastrointestinale nei bambini 38. Alle dosi terapeutiche,
la cisapride é relativamente priva di effetti collaterali; tuttavia, a concentrazioni
più elevate, può causare gravi alterazioni della conduzione cardiaca. La
cisapride é metabolizzata principalmente dal CYP3A4. Gli inibitori di questa
isoforma, come ad es il fluconazolo, ne inibiscono il metabolismo e
determinano un innalzamento delle concentrazioni seriche fino a livelli tossici.
I soggetti affetti da leucemia sono spesso a rischio di quest‘interazione, quando
ad un paziente a cui é stata prescritta la cisapride per stimolare la motilità
135
intestinale a seguito dell‘uso di oppioidi, viene aggiunto in terapia il
fluconazolo per prevenire o trattare infezioni micotiche.
Nel corso dei primi tre anni dall‘introduzione nel mercato americano del
farmaco, la FDA ha ricevuto 34 segnalazioni di torsade de points e 23 di
prolungamento dell‘intervallo QT c verificatisi in pazienti trattati con cisapride.
Quattro di questi casi riguardavano pazienti in età pediatrica. In oltre la metà
dei casi segnalati, i pazienti assumevano anche un farmaco di cui era nota la
capacità di inibire il metabolismo della cisapride.
Esempio n. 3
Ad una donna di 63 anni in terapia di mantenimento con imipramina (100
mg/die) fu somministrato un altro antidepressivo, la fluvoxamina (100 mg/die),
nel tentativo di potenziare la risposta. Dopo alcuni giorni comparvero tremore,
secchezza delle fauci, costipazione e confusione, tipici effetti indesiderati da
triciclici. L‘interruzione del trattamento con fluvoxamina determinò la
scomparsa di tali effetti.
L‘analisi delle concentrazioni plasmatiche di imipramina durante il trattamento
con fluvoxamina evidenziarono che quest‘ultima provocava un drammatico
aumento delle concentrazioni plasmatiche di imipramina. Questo effetto era
dovuto alla inibizione da parte della fluvoxamina della reazione di
demetilazione della imipramina mediata dal CYP1A2, come dimostrato da
studi in vitro.
Esempio n.4
L‘induzione del metabolismo dell‘acido valproico da parte della fenitoina può
determinare una significativa riduzione nelle concentrazioni plasmatiche
dell‘acido valproico o non determinare alcuna alterazione. Forse più
interessante é il fatto che la fenitoina ha il potenziale di aumentare
significativamente la produzione di 4-ene-valproato, una tappa intermedia del
processo metabolico. Un incremento delle concentrazioni di questo metabolita
sono state messe in relazione con l‘epatotossicità associata all‘uso di acido
valproico. Pertanto questa associazione, in particolare in soggetti sotto i due
anni di età, dovrebbe essere evitata.
Esempio n.5
Il fenobarbitale e la rifampicina, potenti induttori del CYP3A4, possono
interferire con il metabolismo di farmaci quali la warfarina, la ciclosporina o i
contraccettivi orali, la cui eliminazione verrà quindi accelerata. Il primo
esempio di induzione metabolica, riportato nel 1967, concerneva proprio
l‘interazione tra fenobarbitale ed anticoagulanti orali. In pazienti trattati con
bisidrossicumarina, che ricevevano anche barbiturici a scopo ipnotico, si è reso
necessario aumentare considerevolmente la dose di cumarinico allo scopo di
poter avere un buon controllo del tempo di protrombina. Quando i pazienti
cessarono l‘assunzione di barbiturico, e dopo 2-3 settimane scomparve il suo
136
effetto inducente, si osservarono numerosi e gravi episodi emorragici dovuti
alle elevate dosi di bisidrossicumarina il cui metabolismo non era più indotto
dall‘ipnotico.
ISOFORME DEL CITOCROMO P450
8. Citocromo P450 2D6 (CYP2D6)
Il CYP2D6 è uno dei più importanti isoenzimi coinvolti nel metabolismo ossidativo
dei farmaci e sebbene sia quantitativamente uno dei meno rappresentati (< 5 % del
totale), catalizza l‘ossidazione di più di 30 farmaci (antidepressivi triciclici,
neurolettici, antiaritmici, beta-bloccanti, antitussivi). Il CYP2D6 è presente in
concentrazioni minori, oltre che a livello epatico, anche nel cervello. Questo sembra
rivestire particolare importanza per l‘elevata affinità dimostrata verso composti quali
la cocaina ed altri stimolanti centrali. Inoltre la conversione della codeina in morfina
potrebbe rivestire maggiore importanza nel cervello che nel fegato.
Il CYP2D6 è stato ampiamente studiato non solo per l‘importante ruolo svolto nel
metabolismo di numerosi farmaci, ma soprattutto perché la sua attività è soggetta a
polimorfismo genetico, per cui è possibile distinguere nella popolazione almeno due
fenotipi: metabolizzatori lenti (PM) e metabolizzatori rapidi (EM).
La capacità di metabolizzare i farmaci varia non soltanto tra i singoli individui ma
anche tra i differenti gruppi etnici. Ad esempio tra i Caucasici circa il 7% è
rappresentato da PM per la debrisochina (probe drug utlilizzata per caratterizzare il
fenetipo per questo enzima), mentre lo stesso gruppo è rappresentato in percentuale
minore all‘1% negli Orientali.
Il dosaggio di un farmaco metabolizzato dal CYP2D6 (come per gli altri enzimi
polimorfici), dovrà quindi essere adattato alla capacità metabolica del singolo
individuo, soprattutto per gli antidepressivi triciclici (amitriptilina, desipramina,
clomipramina, nortriptilina) o gli antipsicotici (aloperidolo, risperidone, tioridazina),
ampiamente metabolizzati da tale enzima e caratterizzati da uno stretto indice
terapeutico. E‘ inoltre utile riuscire a prevedere eventuali interazioni
farmacocinetiche le quali, soprattutto per un enzima come il CYP2D6 coinvolto nel
metabolismo di numerosi farmaci, rivestono una notevole importanza.
Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni
interazioni è presentato nelle tabelle 1 e 2.
Tabella 1 Substrati ed inibitori del CYP2D6
SUBSTRATI
INIBITORI
Antidepressivi
Antidepressivi
Amitriptilina
Paroxetina
Clomipramina
Fluoxetina
Desipramina
Sertralina
Doxepina
Fluvoxamina
Fluoxetina
Nefazodone
Imipramina
Venlafaxina
137
Nortriptilina
Paroxetina
Venlafaxina
Clomipramina
Amitriptilina
Flufenazina
Antipsicotici
Aloperidolo
Perfenazina
Risperidone
Tioridazina
Antipsicotici
Aloperidolo
Perfenazina
Tioridazina
Beta-bloccanti
Metoprololo
Penbutolo
Propranololo
Timololo
Beta-bloccanti
-
Narcotici
Codeina
Narcotici
Metadone
Altri
Destrometorfano
Altri
Quinidine
Cimetidina
Tabella 2 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP2D6
Conseguenze
Farmaci interferenti
Meccanismo dell‘interazione
cliniche
Vertigini,
La fluoxetina è un potente inibitore del
perdita di
CYP2D6 e provoca quindi un aumento
coscienza,
Fluoxetina-Propranololo
delle concentrazioni plasmatiche di
alterazioni
propranololo.
elettrocardiog
rafiche
Dispnea,
La paroxetina è un potente inibitore del nausea,
ParoxetinaCYP2D6 e provoca quindi un aumento
tachicardia,
destrometorfano
delle concentrazioni plasmatiche di
ipertensione,
destrometorfano
sudorazione e
confusione.
La fluoxetina è un potente inibitore del
CYP2D6. Essa provoca l‘aumento delle
concentrazioni plasmatiche del
Fluoxetina-nefazodone
Ansietà,
metabolita attivo del nefazodone (o
o trazodone
anoressia.
trazodone) che è substrato dello stesso
enzima e che non viene quindi
ulteriormente metabolizzato.
9. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4)
138
Nell‘uomo, la sottofamiglia del CYP3A è composta da almeno 4 geni ed il CYP3A4
sembra essere il più importante espresso sia nel fegato che nell‘intestino. La
variabilità interindividuale nell‘attività catalitica è accentuata, tuttavia finora non è
stata dimostrata l‘esistenza di alcun polimorfismo genetico. I CYP3A rappresentano
circa il 30 % di tutti gli isoenzimi del CYP450 presenti a livello epatico ed essendo
caratterizzati una ampia specificità di substrato, contribuiscono al metabolismo di
circa il 50 % dei farmaci utilizzati. Numerosi composti sono stati identificati come
substrati del CYP3A4, tra cui antidepressivi triciclici (amitriptilina, clomipramina,
imipramina), benzodiazepine (alprazolam, midazolam, triazolam), calcio-antagonisti
(nifedipina, felodipina, diltiazem, verapamil), antibiotici (eritromicina, claritromicina,
dapsone), antistaminici (terfenadina, astemizolo), e molti altri tra cui la ciclosporina,
l‘alfentanil e il lovastatin. Il CYP3A3/4 è anche responsabile del metabolismo di
alcuni ormoni endogeni come ad esempio della 6b-idrossilazione di cortisolo,
testosterone e desametasone. Farmaci quali gli antifungini azolici (ketoconazolo,
itraconazolo, fluconazolo), antibiotici macrolidi (eritromicina claritromicina
troleandromicina) e la cimetidina, sono potenti inibitori di questa isoforma. E‘
interessante ricordare inoltre che anche alcuni flavonoidi naturali presenti nel succo
di pompelmo (narigenina, quercitina) sono in grado di inibire il CYP3A4, e possono
quindi determinare significative interazioni (midazolam, nifedipina, felodipina). Il
CYP3A4 è anche soggetto all‘effetto induttore di farmaci quali alcuni antiepilettici
(carbamazepina, fenitoina), barbiturici, rifampicina e glucocorticoidi (desametasone).
Esempi relativi al fenomeno dell‘induzione del CYP3A4 sono la riduzione
dell‘efficacia dei contraccettivi orali in seguito ad una diminuzione dei livelli di
estradiolo o l‘effetto induttivo della carbamazepina sul suo stesso metabolismo
(autoinduzione) che si evidenzia in poco più di una settimana di terapia.
Riveste un certo interesse il fatto che l‘attività del CYP3A4 sembra essere più elevata
nelle donne che negli uomini come dimostrato con il metilprednisolone. Si deve
infine ricordare che il CYP3A4 è l‘enzima maggiormente rappresentato a livello del
tratto gastrointestinale, dove può essere responsabile del metabolismo di molti
farmaci (terfenadina, astemizolo, triazolam).
Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni
interazioni è presentato nelle tabelle 3 e 4.
Tabella 3 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP3A4
SUBSTRATI
INIBITORI
Antidepressivi (Imipramina,
Antidepressivi (Nefazodone >
amitriptilina, sertralina,
fluvoxamina > fluoxetina >
venlafaxina, nefazodone)
sertralina, paroxetina,
Benzodiazepine (alprazolam,
venlafaxina)
triazolam, midazolam)
Antifungini azolici
Antifungini (ketoconazolo,
(Ketoconazolo, itraconazolo,
astemizolo)
fluconazolo)
Inibitori delle proteasi
(ritanovir, indinavir, nelfinavir,
INDUTTORI
Carbamazepina
Desametasone
Fenobarbitale
Fenitoina
Rifampicina
139
saquinavir)
Altri
Terfenadina
Verapamil
Testosterone
Teofillina
Carbamazepina
Cisapride
Desametasone
Eritromicina
Etinilestradiolo
Gliburide
Ciclosporina
Lovastatina
Altri
Cimetidina
Claritromicina
Diltiazem
Eritromocina
Inibitori delle proteasi
Tabella 4 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP3A4
Conseguenze
Farmaci interferenti
Meccanismo dell‘interazione
cliniche
La fluoxetina, attraverso la formazione Nausea,
Fluoxetina-calcio
del metabolita norfluoxetina, inibisce
vampate,
antagonisti
l‘attività del CYP3A4, enzima che
edema, mal di
metabolizza molti calcio antagonisti.
testa.
La fluoxetina, attraverso la formazione
del metabolita, norfluoxetina, inibisce l‘
Diminuzione
attività del CYP3A4, enzima che
delle capacità
metabolizza l‘alprazolam. L‘interazione
Fluoxetina-alprazolam
cognitive e
non è stata evidenziata con il triazolam,
dell‘attività
il quale viene metabolizzato
psicomotoria.
principalmente a livello
gastrointestinale.
Il ketoconazolo è un potente e selettivo
inibitore del CYP3A4, utilizzato a tale
Astemizoloscopo anche negli studi in vitro, e può Cardiotossicità
ketoconazolo
inibire quasi completamente il
metabolismo dell‘astemizolo.
10. Citocromo P450 1A2 (CYP1A2)
Il CYP1A2 rappresenta circa il 10-15 % degli isoenzimi del CYP450 a livello
epatico. Tra i farmaci da esso metabolizzati ricordiamo gli antidepressivi triciclici, il
paracetamolo, la fenacetina, le metilxantine, quali caffeina (che viene utilizzata quale
marker nei test di fenotipizzazione) e teofillina, ed ancora clozapina, tacrina, ecc.
Sebbene per questo enzima non sia stata evidenziata l‘esistenza di polimorfismo
genetico, la sua attività varia notevolmente da individuo ad individuo. In particolare è
stato dimostrato che l‘attività del CYP1A2 è più elevata nelle donne e nei soggetti di
140
razza nera rispetto agli uomini ed ai soggetti di razza bianca. Il fumo di sigaretta,
alcuni alimenti quali broccoli e cavoletti di Brussel, o ancora i cibi cotti alla brace,
possono indurre l‘attività del CYP1A2. L‘effetto induttore del fumo spiega anche
perché i soggetti fumatori richiedono dosi maggiori di teofillina, substrato di tale
enzima. E‘ stato dimostrato ancora che le concentrazioni plasmatiche di fluvoxamina,
dopo una singola dose orale, sono circa il doppio in soggetti non fumatori rispetto a
quelle riscontrate in soggetti fumatori. L‘enzima può essere inoltre inibito da farmaci
quali la fluvoxamina, furafillina e i chinoloni (ciprofloxacina, norfloxacina,
ofloxacina).
Una importante interazione che coinvolge l‘attività di questo isoenzima riguarda
l‘inibizione del metabolismo della teofillina, farmaco che in Inghilterra risulta essere
prescritto a più di 3.5 milioni di persone ogni anno. La terapia concomitante con
farmaci inibitori del CYP1A2 (fluvoxamina, chinoloni) potrebbe portare a severi
effetti tossici da teofillina, caratterizzata da uno stretto indice terapeutico, e anche alla
morte per concentrazioni plasmatiche molto elevate.
Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni
interazioni è presentato nelle tabelle 5 e 6.
Tabella 5 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP1A2
SUBSTRATI
INIBITORI
INDUTTORI
Amitriptilina
Fluvoxamina
Omeprazolo
Clomipramina
Succo di pompelmo
Fenobarbitale
Clozapina
Chinoloni
Fenitoina
Inipramina
Rifampicina
Propranololo
Fumo di sigaretta
R-warfarina
Cibi cotti alla brace
Teofillina
Broccoli
Tacrina
Cavoletti di Brussel
Tabella 6 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP1A2
Farmaci interferenti
Meccanismo dell‘interazione Conseguenze cliniche
Fluvoxamina-antidepressivi La fluvoxamina è un potente Tremore, secchezza
triciclici
inibitore del CYP1A2 e
delle fauci,
(ammine terziarie)
blocca quindi la reazione di
costipazione e
demetilazione delle ammine confusione (tipici
terziarie (imipramina e
effetti indesiderati da
amitriptilina) ad ammine
triciclici)
secondarie (desipramina e
nortriptilina), le quali
verrebbero successivamente
metabolizzate dal CYP2D6.
Fluvoxamina-teofillina
La fluvoxamina è un potente Tachicardia,
inibitore del CYP1A2 e
palpitazioni, aritmie,
determina quindi l‘inibizione anoressia, vomito,
del metabolismo della
nausea, diarrea,
141
teofillina con conseguente
pericoloso aumento delle sue
concentrazioni plasmatiche
Fluvoxamine-clozapina
La fluvoxamina è un potente
inibitore del CYP1A2 e
determina quindi l‘inibizione
del metabolismo della
clozapina, la quale è
metabolizzata principalmente
dal CYP1A2 ma anche dal
CYP3A4.
disidratazione,
albuminuria, febbre,
insonnia, irritabilità,
delirio, convulsioni.
Sedazione eccessiva,
ipotensione ortostatica,
scialorrea.
11. Citocromo P450 2C9 (CYP2C9)
Il CYP2C9 è l‘isoenzima più rappresentato della sottofamiglia del CYP2C ed in
particolare costituisce circa il 18 % degli isoenzimi del CYP450 a livello epatico.
Esso catalizza l‘idrossilazione dell‘S-enantiomero del farmaco anticoagulante
warfarina, farmacologicamente più potente dell‘enantiomero R, con formazione di
metaboliti inattivi. L‘inibizione di tale isoforma può pertanto portare a conseguenze
clinicamente importanti. Il fluconazolo, il metronidazolo, il miconazolo e
l‘amiodarone sono alcuni esempi di farmaci che possono provocare un marcato
aumento del tempo di protrombina in seguito all‘inibizione del metabolismo della Swarfarina. Il CYP2C9 è coinvolto inoltre nelle reazioni di idrossilazione di numerosi
FANS, quali diclofenac, ibuprofene, acido mefenamico, piroxicam e tenoxicam,
nonché di altri farmaci di una certa importanza, quali ad esempio tolbutamide e
fenitoina. Per il CYP2C9 è stata dimostrata l‘esistenza di polimorfismo genetico.
Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni
interazioni è presentato nelle tabelle 7 e 8.
Tabella 7 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP2C9
SUBSTRATI
INIBITORI
FANS
Fluconazolo
Fenitoina
Ketoconazolo
S-warfarina
Metronidazolo
Torsemide
Itraconazolo
Ritanovir
INDUTTORI
Rifampicina
Tabella 8 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP2C9
Farmaci interferenti
S-warfarin-fluconazolo
Meccanismo dell‘interazione
Il fluconazolo è un inibitore del
CYP2C9 e può quindi inibire il
metabolismo della warfarina.
Conseguenz
e cliniche
Aumento del
tempo di
protrombina
(emorragie)
142
Fenitoina-fluconazolo
S-warfarin-fluvoxamina
Il fluconazolo è un inibitore del
CYP2C9 ed può inibire quindi il
metabolismo della fenitoina
La fluvoxamina tra tutti gli l‘SSRI è
quello che inibisce maggiormente il
CYP2C9 e può quindi avere un effetto
inibitore anche sul metabolismo della
warfarina.
Tossicità da
fenitoina
Aumento del
tempo di
protrombina
(emorragie)
12. Citocromo P450 2C19 (CYP2C19)
L‘enzima polimorfico CYP2C19 costituisce circa il 4 % degli isoenzimi del CYP450
a livello epatico. E‘ stato evidenziato che circa il 3-5 % dei Caucasici e l‘8 %-23 %
degli Orientali è privo di tale isoenzima in seguito ad una mutazione genetica. Il
CYP2C19 catalizza il metabolismo degli antidepressivi imipramina, amitriptilina,
clomipramina, citalopram e moclobemide, così come quello del diazepam, del
desmetildiazepam, dell‘omeprazolo, del proguanil, e della mefenitoina (che viene
utilizzata quale marker nei test di fenotipizzazione insieme all‘omeprazolo). L‘attività
dell‘enzima sembra essere sensibile all‘età. Questo potrebbe spiegare l‘aumento delle
concentrazioni plasmatiche di citalopram, metabolizzato appunto dal CYP2C19, nei
soggetti anziani rispetto ai più giovani. Un esempio invece delle conseguenze del
polimorfismo genetico di tale enzima è quello relativo al farmaco antimalarico
proguanile. Il profarmaco inattivo viene biotrasformato a cicloguanile attivo dal
CYP2C19. Nei soggetti PM per tale enzima, l‘azione antimalarica del farmaco può
essere quindi notevolmente diminuita o assente. Nonostante la presenza di
polimorfismo genetico e gli importanti farmaci che vengono metabolizzati da questa
isoforma del citocromo P450, non sono stati evidenziati importanti esempi sia di
interazioni che di effetti avversi da farmaci in soggetti PM o privi dell‘enzima.
Un elenco dei substrati ed inibitori di questa isoforma e presentato in tabella 9.
Tabella 9 Substrati ed inibitori del CYP2C19
SUBSTRATI
Clomipramina
Diazepam
Imipramina
Omeprazolo
Propranololo
INIBITORI
Fluoxetina
Sertralina
Omeprazolo
Ritanovir
13. Citocromo P450 2E1 (CYP2E1)
Il CYP2E1 costituisce circa il 9 % degli isoenzimi del citocromo P450 a livello
epatico. Esso rappresenta l‘unica isoforma soggetta ad un potente effetto induttore da
parte dell‘etanolo. Il CYP2E1 metabolizza un‘ampia gamma di composti con
strutture differenti, in particolare molecole piccole ed idrofobiche, compresi alcuni
potenziali agenti carcinogeni ed epatotossici, dei quali sembra mediare gli effetti in
seguito all‘attivazione metabolica. L‘espressione di questo enzima è regolata da
143
diversi xenobiotici, molti dei quali sono anche substrati, che sono quindi capaci di
indurre il loro stesso metabolismo (acetone, etanolo, piridina, pirazolo, isoniazide).
Alcune eccezioni a tale comportamento, cioè substrati che non inducono l‘enzima,
sono l‘acetaminofene (paracetamolo), il butadiene, il clorzoxazone ed il tetracloruro
di carbonio. L‘imidazolo al contrario, sembra indurre il CYP2E1 senza essere un
substrato. A tal proposito ricordiamo che l‘effetto induttore di un farmaco che non è
substrato dell‘enzima indotto, può anche essere mediato da un effetto fisiologico
quale ad esempio il digiuno, e ciò sembra essere particolarmente vero per il CYP2E1.
La quantità di grassi nella dieta e la loro composizione, sembra infatti di particolare
importanza nel determinare l‘attività di questa isoforma.
Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori di questa isoforma e presentato in
tabella 10.
Tabella 10 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP2E1
SUBSTRATI
INIBITORI
INDUTTORI
Acetaminofene
Disulfiram
Etanolo
Etanolo
Isoniazide
Isoniazide
Imidazolo
Etanolo
Ketoconazolo
Metanolo
Acetaldeide
Benzene
Dietiletere
Dietiletere
Benzene
Cloroformio
Tetracloruro di carbonio
Acidi grassi (linoleico, linolenico,
arachidonico)
FARMACI E RENE
Il rene elimina i metaboliti dei farmaci ed è bersaglio comune della tossicità di molte
sostanze.
Premesse anatomo-funzionali: il rene è costituito da una corteccia e da una midollare.
La corteccia è molto aerobica(cioè ben vascolarizzata) e la midollare è invece
piuttosto anaerobica ed è perciò la prima a manifestare problemi in caso di ipossia.
Queste sono le funzioni del rene:
 abilità di filtrazione del plasma nel glomerulo;
 i segmenti S1,S2,S3 del tubulo renale prossimale servono per gestire il
metabolismodei farmaci, soprattutto S3 che contiene il citp450 , e per concentrare
sostanze con la diffusione retrograda;
 secrezione attiva da parte di trasportatori.
A livello dei tubuli si può ottenere una concentrazione di farmaci molto alta.
I farmaci ionizzati,raggiunto il lume del nefrone, hanno minor tendenza a subire un
riassorbimento retrogrado. Il pH dell‘urina e il pk(costante di ionizzazione tipica di
ognisostanza-valore di pH al quale la molecola è per metà ionizzata)sono molto
144
importanti. Per favorire la ionizzazione, basta alzare il pH delle urine con la
somministrazione di agenti alcalinizzanti(bicarbonato).Il cloruro di ammonio invece,
acidifica le urine.
Farmaci che si comportano da acidi o basi deboli sono ad esempio i barbiturici, le
cefalosporine, le penicilline.
Questi fattori che facilitano l‘eliminazione dei farmaci, rendono il rene predisposto
alla tossicità.
1) FATTORI TOSSICOCINETICI
- eliminazione renale di farmaci e metaboliti
- apporto ematico
- alta concentrazione nelle cellule tubulari
- alta concentrazione nella midollare
I farmaci sono la causa più frequente di tossicità renale.
Cause di insuff. renale in Europa:
- farmaci e sostanze chimiche:20%
- malattie: 30%
Bicarbonato e cloruro di ammonio hanno una parte alcalina e una acida
rispettivamente che viene eliminata nelle urine. Nel bicarbonato c‘è un potenziale che
predilige la parte alcalina che viene poi eliminata.
Farmaci che sono ben tollerati da soli, sono più tossici se dati in associazione con
altri. E‘ difficile riconoscere le reazioni nefrotossiche perché la patologia di base
spesso causa una patologia nefrotossica. La Ciclosporina A è nefrotossica e quando
compare nefrotossicità è difficile distinguere i danni da farmaci o da rigetto renale.
Bisogna sospendere per alcuni giorni la Ciclosporina A e poi riesaminare la terapia.
Farmaci nefrotossici:
- agenti antimicotici
- analgesici
- antineoplastici
- agenti usati nell‘Artrite Reumatoide
2) FATTORI TOSSICO-DINAMICI
I farmaci danno anche sofferenza epatica (Tachipirina: nefro ed epatotossica)
Nella midollare del rene ci sono gli enzimi che hanno a che fare con la produzione di
prostaglandine (cicloossigenasi). Questi farmaci possono indurre necrosi papillare.
Chi usa molti antidolorifici, ha molti danni renali. Sono usati soprattutto da donne
depresse che sviluppano , a distanza di molti anni, una nefrite interstiziale con lesione
a livello della midollare. Gli orologiai di una volta prendevano questi farmaci per
combattere le cefalee muscolotensive e persone con malattie che danno dolori cronici
prendono questi farmaci per molto tempo. LA FENACIDINA era una sostanza
contenuta in questi farmaci, ora eliminata.
AGENTI ANTIMICROBICI:- Aminoglicosidi, anfotericina, cefalosporine,
penicilline, tetracicline, sulfonamidi.
145
Queste sostanze producono alterazioni della funzione renale che si documentano con
una Proteinuria di solito reversibile. La penicillina G può dare fenomeni di
ipersensibilità e allergia.
Quattro sono i tipi di reazioni allergiche:
- anafilassi
- citotossico: il riconoscimento cellulare avviene a livello delle superfici delle
cellule che sono il bersaglio della reazione.
- da immunocomplessi: originano da una interazione Ag - Anticorpo in circolo e
tendono a depositarsi nel mesangio. Il rene soffre. Le penicilline agiscono con
questo meccanismo. I sulfamidici producono precipitati solidi del farmaco e danno
fisico a livello del tubulo renale.
- da farmaci
TERAPIA DELL’INSUFFICIENZA RENALE
1) Questi pazienti hanno una diminuita eliminazione renale e così accumulano
farmaci durante la terapia (digossina, allopurinolo, morfina, sulfonamidi). La
digossina agisce a concentrazione molto bassa e un piccolo aumento può già
essere tossico.
2) C‘è una competizione a livello delle molecole plasmatiche (albumina) tra farmaci
e componenti endogeni che si accumulano nell‘uremia. I farmaci sono meno legati
all‘albumina. Aumenta la frazione libera del farmaco e si ha l‘effetto tossico
(fenitoina, prednisone). Inoltre questi pazienti hanno anche meno albumina che è
saturata da composti endogeni.
3) Farmaci: poiché il paziente è uremico, aumenta l‘intervallo tra le dosi e queste
diminuiscono a intervalli prestabiliti.
In caso di insufficienza eliminatoria, il farmaco non riesce ad essere eliminato e si
accumula. In condizioni normali la concentrazione plasmatica ha delle oscillazioni.
Occorrono circa 4 emivite per ottenere una concentrazione plasmatica costante. In un
paziente con uremia, l‘emivita è raddoppiata. anche ora però occorre attendere 4
emivite perché la concentrazione plasmatica si stabilizzi. Bisogna attendere un
intervallo più lungo per raggiungere un regime stabile e questo è raggiunto a
concentrazioni tossiche. Bisogna ridurre la frequenza delle somministrazioni. Se
l‘emivita è doppia, la dose somministrata è la stessa, ma gli intervalli sono doppi.
Però dando il farmaco a intervalli più ampi, ci saranno periodi più considerevoli in
cui la concentrazione è alta o bassa. Ciò non è un bene se il paziente ha bisogno di
una copertura totale. Allora si mantiene l‘intervallo tra le dosi come nel paziente
normale, ma si riduce la dose a metà. C‘è meno divergenza tra le oscillazioni del
primo approccio e così questa strategia è preferibile a quella precedente. Poiché
l‘emivita del farmaco è aumentata nell‘uremia e bisogna aspettare 4 emivite per
raggiungere la concentrazione plasmatica costante bisogna attendere più tempo. Si dà
una DOSE D‘URTO. La prima dose normale e poi le altre sono dimezzate. Questo
però non viene fatto per la digossina.
146
FARMACI NELLE DONNE IN ALLATTAMENTO
Indice
1. Farmaci più comunemente prescritti durante l'allattamento
2. Farmaci da evitare durante l'allattamento
3. Suggerimenti per minimizzare il rischio durante l'allattamento
1. FARMACI PIÙ COMUNEMENTE PRESCRITTI DURANTE
L'ALLATTAMENTO
La seguente tabella elenca i farmaci più comunemente prescritti per patologie
materne durante l'allattamento .
Farmaci
Farmaci
Farmaci da utilizzare
Patologia
raccomandati
alternativi
con cautela
Cromoglicato di Fluticasone
Asma
sodio
Beclometason
Nedocromile
e
Farmaci
Contraccettivi
Contraccezione
Metodi di barriera
progestinici estrogenici
Sertralina
Nortriptilina
Depressione
Fluoxetina
Paroxetina
Desipramina
Insulina
Gliburide
Metformina
Diabete
Acarbose
Glipizide
Tiazolindioni
Tolbutamide
Ibuprofene
Naproxene
Dolore
Morfina
Meperidina
Acetaminofene
Etosuccimide
Fenitoina
Epilessia
Sodio
Fenobarbital
Carbamazepina
valproato
Penicilline
Metronidazolo
Cefalosporine
Infezioni
Tetracicline
Trimethoprim/sulf
Chinolonici
ametossazolo
Idroclorotiazide
Nifedipina
Atenololo
Metoprololo
Verapamil
Patologie
Nadololo
Tartarato
Idralazina
cardiovascolari
Sotalolo
Propanololo
Captopril
Diltiazem
Labetololo
Enalapril
Beclometasone
Cetirizina
Fluticasone
Loratidina
Rinite allergica
Cromoglicato di Sedativi
sodio
antistaminici
147
Decongestion
anti
ASMA
Gli steroidi per via inalatoria per il trattamento dell'asma raggiungono livelli molto
bassi nel plasma materno e non sono rischiosi durante l'allattamento. Il fluticasone ha,
tra gli steroidi per via inalatoria, i più bassi livelli serici. Gli steroidi per via orale
come il prednisone ed il prednisolone, penetrano scarsamente nel latte materno e sono
sicuri per un uso a breve termine. Quando i dosaggi giornalieri superano i 20 mg, il
prednisolone può essere preferito al prednisone poiché ha solo un picco nell'attività
mentre il prednisone ha due picchi nell'attività - uno per il pro -farmaco (prednisone)
e l'altro per il farmaco (prednisolone) . L'esposizione del bambino può essere
minimizzata allattandolo 4 ore dopo avere assunto il farmaco .
CONTRACCEZIONE
Gli ormoni presenti nelle combinazioni contenute nelle pillole contraccettive orali
(OCPs) non sono dannosi per i bambini ma, poiché gli estrogeni diminuiscono le
scorte di latte materno, questi prodotti dovrebbero essere evitati quando possibile,
specialmente durante i primi due mesi di allattamento. Sono permessi come
contraccettivi solo i progestinici, benché anche questi possano diminuire la quantità
di latte. Ritardando l'uso degli OCPs, inclusa la mini pillola, fino a 6 settimane dopo
l'inizio dell'allattamento ed usando solo una mini-pillola, è possibile valutare l'effetto
del contraccettivo sulla quantità di latte prodotto. Se il farmaco è ben tollerato, può
essere usato il medrossiprogesterone depot. Quando appropriato, è ideale l'uso di un
dispositivo intrauterino o di un altro metodo contraccettivo di primo controllo.
DEPRESSIONE
Gli antidepressivi triciclici hanno pochi o nessun effetto sul lattante, benché l'AAP
(American Accademy of Pediatrics) ritenga che la maggior parte di essi sia causa di
preoccupazione. L'assunzione di una singola dose giornaliera al momento di andare a
letto limiterà l'esposizione del bambino al farmaco. Gli inibitori selettivi del reuptake
della serotonina (SSRIs) sono di norma i farmaci di prima scelta per la depressione,
fra essi la sertralina è probabilmente la scelta più sicura poiché è stata estesamente
studiata e raggiunge livelli minimi nei lattanti .
L'uso della fluoxetina durante l'allattamento è controverso a causa della lunga emivita
e del possibile accumulo nel latte materno. Ad essa sono state attribuite colica e
confusione nei lattanti di madri che avevano assunto tale farmaco.
Al momento, sembra prudente scegliere un SSRI con più bassi livelli plasmatici nei
neonati, come sertralina o paroxetina .
DIABETE
L'insulina non è escreta nel latte materno ed è considerata sicura per l'uso in
allattamento. In base agli studi di distribuzione dei sulfamidici di prima generazione
nel latte materno, l'AAP considera la tolbutamide compatibile con l'allattamento ,
148
mentre le informazioni sulle altre sulfoniluree è abbastanza carente. Le sulfaniluree di
seconda generazione (gliburide e glipizide) sono molto legate alle proteine
plasmatiche (dal 92 al 99%), il legame è di natura non ionica e, pertanto, dovrebbero
passare difficilmente nel latte materno .
Gli inibitori dell'alfa glicosidasi (es.acarbose) hanno minore biodisponibilità, alto
peso molecolare e solubilità in acqua, per cui è improbabile che siano escreti nel latte
materno in quantità clinicamente significative .
A causa della possibilità di effetti collaterali seri (es. acidosi lattica, ipertensione)
negli adulti, può essere consigliabile evitare l'uso di metformina e tiazolidindioni (es.
rosiglitazone, pioglitazone) finché non sono disponibili maggiori informazioni sul
loro uso in allattamento.
DOLORE
Fra i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), l'ibuprofene è la scelta preferita
poiché ha uno scarso trasferimento nel latte ed è stato ben studiato nei bambini. I
FANS a lunga emivita, come naprossene, sulindac e piroxicam, a seguito di uso
prolungato nella madre si possono accumulare nei neonati .
L'uso per via epidurale di bupivacaina, lidocaina, morfina, fentanyl e sufentanil è
generalmente sicuro in madri che allattano . Morfina, codeina e idrocodone sono
considerati dall'AAP compatibili con l'allattamento. La meperidina, al contrario, non
è raccomandabile, poiché, avendo i suoi metaboliti una lunga emivita, può
accumularsi nel lattante e determinare effetti tossici . Quando possibile, le madri
dovrebbero allattare i loro bambini prima di prendere il farmaco e dovrebbero essere
usati dosaggi da bassi a moderati .
Benché sia disponibile un'informazione limitata riguardo gli agenti anestetici e la loro
compatibilità con l'allattamento, propofol, tiopentale ed enflurano dovrebbe risultare
in quantità irrilevanti nei lattanti . In genere, il bambino sano può essere allattato con
sicurezza subito dopo un intervento chirurgico, condotto con questi farmaci
anestetici, quando la madre è sveglia e vigile .
EPILESSIA
Benché gli anticonvulsivanti siano escreti nel latte materno, la maggior parte delle
madri che richiedono l'uso di questi farmaci possono con sicurezza allattare i loro
bambini . La determinazione dei livelli del farmaco nel siero materno può essere una
utile aggiunta al monitoraggio clinico per il bambino quando si valuta l'esposizione
dei farmaci del bambino.
Fenitoina e carbamazepina sono compatibili con l'allattamento. Benché l'AAP
consideri l'acido valproico ed i suoi derivati compatibili con l'allattamento, alcuni
esperti ne sconsigliano l'uso durante l'allattamento a causa di possibile epatotossicità .
Durante l'allattamento, sono da utilizzare anticonvulsivanti diversi da fenobarbital e
primidone poiché il loro lento tasso di metabolizzazione da parte del bambino può
causare sedazione .
149
INFEZIONI BATTERICHE E FUNGINE
BETA-LATTAMINE. Le penicilline e le cefalosporine, che sono escrete nel latte in
tracce, sono compatibili con l'allattamento . Esiste una possibilità remota che il
bambino sperimenti una reazione allergica all'antibiotico o sviluppi diarrea causata da
cambiamenti nella flora intestinale.
TRIMETOPRIM - SULFAMETOSSAZOLO. E' compatibile con l'allattamento , ma il suo uso
dovrebbe essere evitato in lattanti di età inferiore a due mesi poiché può aumentare la
bilirubinemia .
TETRACICLINE. Sono escrete in piccole quantità nel latte, ma il calcio nel latte
materno limita il suo assorbimento. Benché le tetracicline siano compatibili con
l'allattamento, vengono preferiti altri antibiotici, specialmente per l'uso a lungo
termine . Le tetracicline più nuove (es. doxiciclina o minociclina) dovrebbero essere
evitate a causa del loro più alto assorbimento da parte dei neonati e della tossicità nei
bambini (es. denti macchiati, ridotta crescita delle ossa) .
CHINOLONI. Non sono stati ben studiati nel latte materno e non sono valutati
dall'AAP. Essi dovrebbero essere usati nelle madri che allattano solo quando altre
alternative meglio studiate non possano essere usate e dopo che siano stati valutati i
rischi e i benefici .
METRONIDAZOLO. L'AAP afferma che il suo uso nei neonati non è noto, ma studi più
vecchi hanno indicato che il suo uso in gravidanza è associato a mutagenicità .
Nonostante ciò, la quantità trasferita al bambino attraverso il latte materno è più bassa
del dosaggio terapeutico per i neonati, e non sono stati segnalati effetti avversi da
esposizione attraverso il latte materno . Quando si assumono 2 g, l'AAP raccomanda
di interrompere l'allattamento per 12-24 ore . Preparazioni topiche di metronidazolo
producono concentrazioni molto basse nel siero materno ed il loro uso dovrebbe
risultare poco rischioso per il neonato .
PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI
Beta bloccanti. I beta-bloccanti propanololo, metoprololo e labetalolo sono escreti in
piccole quantità nel latte materno e sono compatibili con l'allattamento perfino in
bambini compromessi . Al contrario, atenololo, nadololo e sotalolo sono escreti in
elevate quantità e possono causare ipertensione, bradicardia e tachipnea.
Diuretici. Basse dosi di diuretici tiazidici (es. 25 mg/die o meno di idroclorotiazide)
sono escreti in piccole quantità nel latte materno, ma non sopprimono la lattazione e,
conseguentemente, sono compatibili con l'allattamento.
Calcio-antagonisti. La nifedipina a rilascio controllato e il verapamil sono escreti nel
latte materno in quantità che sono minori rispetto al dosaggio terapeutico per
bambini. Benché il diltiazem sia considerato compatibile con l'allattamento da parte
dell'AAP, i livelli trovati nel latte materno sono più alti che per altri bloccanti dei
canali del calcio, per cui sono consigliate alternative più sicure .
ACE-inibitori. Captopril ed enalapril sono escreti nel latte materno in piccole
quantità. Questi farmaci sono considerati compatibili con l'allattamento da parte
dell'AAP, benché essi siano stati studiati meno di altre alternative . Poiché i neonati
sono maggiormente sensibili agli effetti degli ACE-inibitori, può essere causa di
150
preoccupazione il loro uso da parte di madri che allattano bambini nel primo mese di
vita .
Vasodilatatori. L'idralazina è escreta in quantità molto minori del dosaggio pediatrico
ed è sicura, specialmente per un uso a breve termine dopo il parto.
RINITE ALLERGICA
La pseudoefedrina e la difenidramina sono escrete in piccole quantità nel latte
materno. In accordo all'AAP, il loro uso è compatibile con l'allattamento sebbene
siano in grado di ridurre la produzione di latte , nonché causare letargia o irritabilità
nei bambini. Per ridurre il rischio nel bambino, la madre può prendere questi farmaci
immediatamente dopo l'allattamento. I nuovi antistaminici non sedativi non sono stati
ben studiati nell'allattamento e non sono stati valutati dall'AAP. Poiché essi hanno
pochi effetti sul sistema nervoso centrale e sono sicuri per l'uso nei bambini, questi
antistaminici sono preferiti per un uso a breve termine nelle donne che allattano. Per
il trattamento a lungo termine, gli steroidi nasali o il cromoglicato sono alternative
più sicure.
2. FARMACI DA EVITARE DURANTE L'ALLATTAMENTO
La sottostante tabella elenca i farmaci da evitare nelle madri che allattano :
Farmaci da non usare in madri che allattano
Farmaci antineoplastici
Bromocriptina
Ciclofosfamide
Ciclosporina
Ergotamina tartarato
Litio
Metotrexato
Radiofarmaci*
*Dopo consultazione con un radiologo nucleare, la madre può avere la
possibilità di tirare il latte in anticipo ed evitare l'allattamento durante il
periodo della radioattività del latte. Nelle strutture di medicina nucleare, i
campioni di latte possono essere testati per la radioattività prima di riprendere
l'allattamento.
3. SUGGERIMENTI PER MINIMIZZARE IL RISCHIO DURANTE
L'ALLATTAMENTO
I seguenti suggerimenti minimizzano il rischio di tossicità da farmaci materni nei
neonati.
Norme generali
 Evitare una terapia con farmaci, quando possibile
 Usare una terapia topica quando possibile
151
 I farmaci che sono sicuri per l'uso direttamente in un bambino in età da
allattamento sono generalmente sicuri per le madri che allattano
 I farmaci che sono sicuri in gravidanza non sono sempre sicuri in madri che
allattano
 Usare riferimenti affidabili per avere informazioni sui farmaci nel latte materno
Scelta dei farmaci
 Scegliere farmaci con la più breve emivita e la più alta capacità di legame con
le proteine
 Scegliere farmaci che sono ben studiati nei neonati
 Scegliere farmaci con il più scarso assorbimento orale
 Scegliere farmaci con la più bassa solubilità nei lipidi
Dosaggio dei farmaci
 Somministrare i farmaci a singole dosi giornaliere appena prima del più lungo
intervallo di sonno del neonato, di solito dopo l'allattamento
 Allattare il neonato prima della dose di farmaco quando sono necessarie più
dosi giornaliere.
FARMACOLOGIA SPECIALE
1. DISINFETTANTI e ANTIBATTERICI
GENERALITA‘ SUI BATTERI
Il carattere morfologico più rilevante della cellula batterica è dato dalle piccole
dimensioni (1 , dal citoplasma privo di organuli e da un nucleo primitivo, privo di
membrana nucleare, costituito da un unico filamento di DNA. La membrana cellulare
è simile a quella degli eucarioti fatta eccezione per la mancanza di colesterolo e dalla
presenza di proteine di superficie non glicosilate.
Un‘altra caratteristica peculiare dei batteri è la presenza di una parete cellulare,
struttura rigida che condiziona la forma del microrganismo. La componente
caratteristica e fondamentale della parete cellulare è il PEPTDOGLICANO (NAcetilglucosamina, Acido Muramico, tetrapeptide). Il Peptidoglicano viene
sintetizzato a partire dall‘N-Acetilglucosamina alla quale vengono aggiunte una
molecola di UTP ed una di piruvato. Con la perdita di lattato si forma l‘acido
muramico al quale vengono aggiunti i peptidi. A questo punto la reazione prosegue
sulla membrana citoplasmatica e all‘acido muramico viene aggiunta una molecola di
N-acetilglucosamina.
Nei batteri GRAM-POSITIVI la parete cellulare è molto spessa (200-800 ngstrom)
ed è costituita da Peptidoglicano frammisto ad Acidi Tecoici altamente antigenici. La
parete cellulare è una struttura altamente polare che impedisce l‘accesso a molecole
idrofobe dannose e lasciano invece passare le molecole idrosolubili (nutrimento). La
152
polarità della membrana permette al cristalvioletto di entrare e colorare il batterio di
blu che risulta così positivo alla colorazione di Gram. Nei batteri GRAM NEGATIVI
la parete è 10-25 volte più sottile e priva di Acidi Tecoici. E‘ a sua volta rivestita da
una membrana esterna costituita dal LIPOPOLISACCARIDE (LPS). L‘LPS è
costituito da tre componenti (dall‘interno all‘esterno) :
1. LIPIDE A (endotossina)
2. CORE
3. ANTIGENE O (spiccata attività antigenica)
L‘antigene O è un polisaccaride altamente polare, ciò impedisce il passaggio di
molecole idrofobe dannose. L‘LPS invece impedisce il passaggio di molecole
idrosolubili che raggiungono il batterio attraverso le porine per diffusione passiva
oppure per trasporto attivo. Tra le due membrane è presente uno spazio
periplasmatico in cui è presente un gel ad azione difensiva.
Molti batteri si rivestono di uno strato cristallino o STRATO S che costituisce un
ulteriore meccanismo di difesa ; è inoltre implicato nei processi di adesività.
Infine come involucro più esterno alcuni batteri presentano una CAPSULA con
attività antifagocitaria. La presenza è influenzata dall‘ambiente esterno. È costituita
da polisaccaridi. Alcune cellule batteriche hanno la capacità di muoversi
nell‘ambiente grazie alla presenza di organi di propulsione detti flagelli. Questi sono
costituiti da un filamento ancorato alla membrana dal gancio tubulare e dal corpo
basale. Quest‘ultimo è costituito da diversi anelli che ancorano il filamento e fungono
da motore. Il flagello costituisce l’antigene H.
Le fimbrie (o pili) non sono invece organi di propulsione bensì organi di ancoraggio.
I batteri del ceppo dei bacilli sono in grado di produrre delle spore. Queste appaiono
al mo come vescicole incolori comprese nel perimetro dello sporangio nei Bacillus ed
eccedente nei Clostridium. La spora è costituita internamente da citoplasma che
risulta rivestito dall‘interno verso l‘esterno da :
 membrana citoplasmatica
 parete cellulare
 rivestimento interno
 rivestimento esterno
 esosporio
Un componente peculiare della spora è l’Acido Dipicolinico che non trova riscontro
nella vita vegetativa. La spora è una forma vivente che necessita pochissimi nutrienti
per la sopravvivenza e non accetta sostanze dall‘esterno dato lo spesso rivestimento.
L‘attività enzimatica è ridotta e sono del tutto assenti le sintesi macromolecolari. La
spora può resistere all‘essiccamento, alle radiazioni ed al calore (~100 C) ed è in
grado di rimanere in letargo metabolico per un periodo di circa 10 anni. La
sporogenesi può essere considerata come espressione della capacità di adattamento
cellulare alla disponibilità saltuaria di alimenti nell‘ambiente, infatti se ci sono
alimenti nell‘ambiente non c‘è sporulazione.
AZIONE PATOGENA DEI BATTERI
153
Un batterio è definito patogeno per l‘uomo quando è in grado di attecchire e
moltiplicarsi in seno all‘organismo umano, danneggiandolo con la produzione di
sostanze tossiche dette tossine. I due meccanismi principali d‘azione patogena sono
pertanto la moltiplicazione in vivo e la produzione di tossine.
La maggior parte delle infezioni si verifica attraverso le mucosa alle quali i batteri si
ancorano grazie alla presenza di adesine (fimbrie). Una volta ancoratosi il batterio
inizia a produrre localmente le tossine aprendosi un varco. A questo punto il batterio
ha tre possibilità :
1. rimanere a livello superficiale ;
2. diffondere nell‘organismo ;
3. passare in circolo .
Una volta penetrato la sopravvivenza dipende dalla capacità antifagocitaria del
batterio e dalla qtà di nutrienti presente. Il batterio si difende dal sistema immunitario
producendo due tipi di sostanze :
1. AGGRESSINE : sono sostanze non tossiche che promuovono la
moltiplicazione batterica inibendo le difese dell‘ospite in diversi modi :
a. inibendo la migrazione macrofagica ;
b. producendo la capsula antifagocitaria ;
c. producendo leucocidine in grado di danneggiare i leucociti ;
d. producendo coagulasi.
Alcuni batteri sono in grado di resistere all‘azione battericida dei macrofagi
producendo catalasi e superossido-dismutasi. Un‘ultima categoria di aggressine è
costituita da enzimi che favoriscono la diffusione nei tessuti (ialuronidasi, cinasi,
collagenasi).
2. TOSSINE : Si suddividono in Esotossine ed Endotossine a seconda che siano
sostanze prodotte dal batterio e secrete o che facciano parte della costituzione
batterica.
A. ESOTOSSINE
Sono sostanze di natura proteica prodotte sia dai Gram+ che dai Gram - . Sono,
tranne poche eccezioni, termolabili, sensibili ai succhi gastrici, e neutralizzate
dall‘anticorpo corrispondente. La maggior parte delle tossine sono dimeri costituiti da
un peptide B, responsabile dell‘ancoraggio alla cellula ospite, ed un peptide A, che
rappresenta la tossina vera e propria. I due peptidi sono legati da ponti disolfurici che
vengono scissi dalle proteasi dell‘ospite. Il peptide B è responsabile della
penetrazione intracellulare del peptide A attivato. I due peptidi inoculati
singolarmente sono del tutto innocui .
Le esotossine sono caratterizzate da specificità d’azione e da un‘elevata tossicità.
Possono essere classificate in base al loro organo bersaglio in :
1) Tossine che agiscono a livello extracellulare : la principale tossina che agisce a
livello epidermico è la tossina epidermolitica prodotta da Staphylococcus Aureus.
154
2) Tossine che agiscono sulle membrane cellulari : sono le tossine citolitiche e le
emolisine che portano alla lisi cellulare attraverso diversi meccanismi :
a. formazione di pori o canali transmembrana
b. azione enzimatica sui fosfolipidi di membrana (Fosfolipasi C, emolisina
termolabile di Pseudomonas Aeruginosa).
3) Leucocidine : Sono tossine prodotte da Staphylococcus Aureus e Pseudomonas
Aeruginosa ed hanno azione citotossica esclusivamente nei confronti dei macrofagi e
dei leucociti polimorfonucleati. Il meccanismo d‘azione consiste in una stimolazione
irreversibile della Fosfolipasi C che provoca una massiva mobilitazione di Ca ++. A
sua volta questo provoca la fosforilazione di una proteina della membrana lisosomiale
che perde la sua struttura e libera gli enzimi nel citosol, con conseguente morte
cellulare.
4)Tossine ADP ribosilanti : il processo della ribosilazione consiste nell‘aggiunta di
un riboso sulla proteina bersaglio attraverso una molecola di NAD. È una
modificazione post-traduttiva.
Le principali tossine ADP-ribosilanti sono le seguenti :
- Tossina difterica e tossina A di Pseudomonas Aeruginosa : la tossina difterica
provoca l‘inibizione della sintesi proteica. È costituita da una catena polipeptidica
di 62.000 dalton con due ponti disulfurici. La tripsina taglia la catena in due
segmenti che vengono in seguito separati da agenti riduttivi. Vengono così a
costituirsi un frammento B che ha il compito di ancorarsi alla membrana e creare
un poro d‘immissione ed un frammento A che rappresenta la tossina vera e propria
ed una volta internalizzata reagisce con l‘EF-2 bloccando la sintesi proteica. La
Tossina A di Pseudomonas ha una struttura simile ed identico meccanismo
d‘azione.
- Enterotossina colerica ed enterotossine correlate : La tossina colerica è il
prototipo di un gruppo di tossine funzionalmente correlate dette enterotossine.
L‘azione si esplica nel tenue dove l‘enterotossina provoca un richiamo di liquidi
con conseguente diarrea secretoria. Tutte le enterotossine risultano positive alla
prova dell’ansa ileale nel coniglio. La tossina colerica è un oligomero costituito
da una subunità A (pm 29000) circondata da 5 o 6 subunità B (pm 10600). La
tossina in toto pesa 80000 dalton e prende il nome di coleragene mentre la
molecola formata dalle sole subunità B prende il nome di anatossina. La subunità
A è costituita da una catena polipeptidica A1 tossica ed una A2 responsabile del
legame con le subunità B. Il frammento A1 è dotato di attività ribosilante ed
esplica quest‘azione sulla proteina G attivatrice dell‘adenilato ciclasi. Viene così a
prodursi una notevole qtà di AMPc che provoca la fuoriuscita di ioni con
conseguente perdita di liquidi.
- Tossina pertossica : È prodotta dal batterio Bordetella Pertussis e risulta costituita
da 5 diverse subunità (S1-S5). La subunità A è quella enzimaticamente attiva e
ribosila la proteina G inibitrice dell‘adenilato ciclasi con conseguente inibizione
della stessa. La tossina in realtà inibisce i recettori  1 delle catecolamine (anche il
recettore della Gi è uno di questi) con conseguente attivazione dei recettori  adrenergici che risultano iperstimolati. Ne consegue una maggior stimolazione
155
-
-
-
-
delle insule pancreatiche ed una maggior sensibilità all‘istamina con conseguente
ipoglicemia e vasodilatazione. La tossina pertossica esplica anche un‘azione
ciliostatica responsabile della sintomatologia clinica caratteristica.
Tossina botulinica e tossina tetanica : Sono tossine neurotrope che interferiscono
con il meccanismo di trasmissione degli impulsi a livello periferico (t. botulinica)
o centrale (t. tetanica). L‘attività della tossina botulinica si estrinseca attraverso il
blocco della trasmissione colinergica presinaptica mediata dall‘Acetilcolina (Ach).
Agisce pertanto su :
 terminazioni pregangliari ;
 terminazioni postgangliari parasimpatiche ;
 terminazioni dei motoneuroni. Viene inibita la liberazione di Ach con
conseguente paralisi flaccida dei muscoli viscerali e striati. La morte interviene
per arresto cardio-respiratorio.La tossina tetanica invece agisce a livello del
SNC bloccando l‘impulso nervoso inibitore del riflesso da stiramento
muscolare per cui ad ogni contrazione muscolare segue la contrazione
simultanea del muscolo antagonista. Ne consegue una paralisi di tipo spastico.
Tossina carbonchiosa e adenilatociclasi batteriche : La tossina carbonchiosa è
una tossina multifattoriale costituita da tre diverse proteine che individualmente
sono prive di potere patogeno. Esse sono :
 fattore edematogeno (EF) : è un‘adenilatociclasi che provoca l‘accumulo
intracellulare di AMPc con conseguente raccolta di liquidi negli spazi
interstiziali.
 fattore letale (LF) : agisce a livello del citosol uccidendo la cellula con
meccanismo sconosciuto.
 componente PA (Protective Antigen) :è responsabile dell‘internalizzazione dei
soprascritti fattori.
I due principali fattori che condizionano la patogenicità del Bacillus Antracis sono
codificati da due plasmidi denominati pX01 (codifica la tossina) e pX02 (codifica
la capsula). Perché il batterio si virulento è necessaria la presenza del pX01,
mentre per avere una stimolazione antigenica è sufficiente la presenza del
plasmide pX02. Queste scoperte furono sfruttate da Pasteur che sintetizzò il
vaccino.
Tossina di Shiga e tossine assimilabili (Shiga like toxins) : Il batterio Shigella
Dissenteriae di tipo I produce una neurotossina denominata tossina di Shiga.
Questa è un oligomero formato da un peptide A (costituito a sua volta da un
frammento A1 attivo ed uno A2) unito a 4-5 peptidi B. Una volta penetrato nella
cellula il peptide A viene scisso ed il frammento A1 rimuove alcune adenine del
rRNA 28S rendendo così impossibile la formazione della subunità 60S. In questo
modo viene impedita la sintesi proteica. E.coli produce delle tossine che utilizzano
lo stesso meccanismo d‘azione e vengono perciò denominate Shiga like toxins I e
II (SLT-1, SLT-2).
Tossine che agiscono come Shiga like toxins : Si tratta di un gruppo di tossine
monomeriche che hanno in comune una serie di proprietà e comprendono :
156
 tossina eritrogenica prodotta da Streptococcus Pyogenes,
 tossina stafilococcica pirogena e t. dello shock tossico prodotte da
Staphylococcus Aureus,
 tossine stafilococciche impropriamente denominate enterotossine, danno
vomito anziché diarrea e no provocano accumulo di liquidi ;
 enterotossina prodotta da Clostridium Perfrigens .
Il meccanismo d‘azione che accomuna tutte queste tossine è la capacità di attivare
i linfociti T in virtù della loro capacità superantigene. Le tossine non legano
specificamente l‘MHC II ma impegnano il recettore in via aspecifica. In questo
modo attivano un gran numero di linfociti Th diversi provocando il rilascio di un
gran numero di interleuchine, INF  e TNF e che sono responsabili della
sintomatologia clinica.
B. ENDOTOSSINE
Il lipopolisaccaride batterico è detto endotossina ed è un componente della
membrana cellulare esterna dei batteri Gram -. Risulta costituito dal lipide A, dal
core e dall‘antigene O. Il lipide A è costituito da una molecola di Glucosamina
esterificata e fosforilata e costituisce l‘esotossina vera e propria. Il core è invece
costituito dall‘acido chetodeossioctonico e da un eptoso. Il core mantiene invariata
la sua struttura in tutti i batteri. L‘antigene O invece è costituito da una lunga
catena polisaccaridica e varia in ogni batterio. Il meccanismo d‘azione
dell‘endotossina consiste in una massiva attivazione dei macrofagi che producono
grandi qtà di mediatori responsabili della sintomatologia. L‘LPS svolge anche
un‘azione facilitante la coagulazione poiché stimola la produzione del fattore
tissutale ; nei casi più gravi si può avere la comparsa di CID. In genere ciò si
verifica solo in seguito a setticemia severa.
CLASSI DI DISINFETTANTI
1. BIGUANIDI ED AMMIDINE
Esplicano la loro azione battericida concentrandosi alla superficie cellulare della
membrana alterandone le proprieta‘ chimico fisiche ed ostacolandone il normale
funzionamento. Cosi determinano la rottura della membrana plasmatica della cellula
batterica. Sono attivi su Gram+, su alcuni eumiceti, meno sui Gram- ; hanno azone
germicida prolungata e buona capacità di permeazione nella cute.
- DIBROMOPROPAMIDINA
- CLOREXIDINA si usa in concentrazioni diverse a seconda dell‘applicazione:
a) sol. acquosa 0,02 % x lavaggi vescicali;
b) sol. acquosa 4% x la disinfezione delle mani del chirurgo;
c) sol. alcoolica a 70° allo 0,5% x la disinfezione prechirurgica della cute e dei ferri
già sterilizzati
E‘ inattivata a pH inferiori a 5.
- PROPAMIDINA
- ESAMIDINA
- ESAMIDINA
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- POLIESAMIDINA
2. FENOLO E DERIVATI
L‘ uso del fenolo in campo umano è stato abbandonato x l‘azione irritante (esso si usa
ora x la disinfezione dei pavimenti, in soluz. al 3-5%); ma si usano i polifenoli, con
azione disinfettante, detergente e deodorante. Questi ultimi sono dei buoni antisettici
locali. I Fenoli distruggono la membrana cellulare batterica alterandone la
permeabilita‘ , riducendo la tensione superficiale tra il mezzo acquoso e la membrana
lipidica , attraverso un bilancio (lipofilia-idrofilia) delle proprieta‘ fisiche del
farmaco. Non sono sporicidi.
- ESACLOROFENE
- POLICRESULENE
- FENOLO
- TIMOLO
- ALCOOL BENZILICO
- TRICLOSANO
- ACIDO USMICO (da un lichene)
- CLOROXILENOLO
- CREOLINA(miscela saponosa di fenoli) disinfettante x ambiente
- CRESOLI(o, m, p metilfenolo)
- RESORCINA
- CLOROXILENOLO
3. ALDEIDI
Agiscono mediante l‘ alchilazione di gruppi chimici presenti in proteine ed acidi
nucleici dei microrganismi(batteri, funghi, virus)
Sono irritanti x le mucose e quindi si usano x imbalsamare e come disinfettanti x
ambienti
- FORMALDEIDE (soluzione di formalina= H2O + formaldeide all‘ 8% ) è
sporicida
- GLUTARALDEIDE per la sua attivazione le soluzioni vanno rese alcaline con
bicarbonato di Na+ (pH tra 7 e 9) solo subito prima del loro uso (tendono a
degradarsi in 15 giorni); è usata x sterilizzare strumenti che non possono essere
sterilizzati col calore. Si usa in soluzioni al 2%
- IMIDAZOLIDINIL-UREA è un cessore di formaldeide e si usa spesso come
conservante x uso alimentare o farmaceutico
- DIAZOLIDINIL-UREA cessore di formaldeide
- BROMO-PROPAN-DIOLO cessore di formaldeide
4. DERIVATI FURANICI
- NITROFURAZONE si trasforma in 1 forma ridotta che danneggia il DNA
batterico
158
5. DERIVATI DELLO IODIO
Attivi verso batteri solo in forma vegetativa (lo iodio non è sporicida). Lo iodio puo‘
essere anche rilasciato dai dei polimeri ―carrier‖ (iodofori) che permettono la
solubilizzazione dello iodio in H2O. Lo iodio svolge 1 azione antisettica topica,
provocando l‘ inattivazione e la denaturazione della componente proteica cellulare,
con azione oxidante e deidrogenante a carico dei gruppi sulfidrilici liberi e
iodurazione a carico dei residui di Tyr .
- IODIO: si usa sottoforma di:
a) soluzione idroalcolica (tintura di iodio) x la disinfezione della cute all‘1-2% di I2;
b) soluzione acquosa (soluzione di Lugol) è meno irritante;
c) soluzione al 2% in glicerina, x applicazione su mucose;
d) soluzione idroalcolica concentrata all‘ 8% (tintura di iodio conc.) x la disinfezione
di oggetti non metallici;
e) Derivati organici dello iodio \ polimeri ―carrier‖ (iodofori):
- DI-IODO-IDROXI-PROPANO
- CADEXOMERO IODICO
- IODIO \ OTTIL-FENOXI-POLIETILEN-GLICOLE
- IODIO \ POVIDONE (PVP- Betadine)
Le soluzioni di iodofori hano 1 attività di durata limitata nel tempo, xchè lo I2 tende a
ridursi: l‘inattivazione è resa evidente dalla diminuzione progressiva della
colorazione ambrata delle soluzioni
6. DERIVATI DEL CLORO
Il cloro è 1 potente agente oxidante grazie alla formazione di acido ipocloroso HClO
indissociato che agisce soprattutto a pH acidi ; se il pH aumenta verso l‘ alcalinita‘ si
formano ioni ipoclorito ClO-, meno attivi. Forse è capace di clorurare alcuni
amminoacidi costituenti proteine. Il cloro è pero‘ inattivato da siero, feci, e materiale
contenente proteine; se associato a formaldeide da vita a 1 composto cancerogeno (il
bis-clorometile)
- CLORAMINA T
- BIOSSIDO DI CLORO
- SODIO IPOCLORITO (soluzione di Daikin Carrel o candeggina )
- TOSICLORAMIDE
- ALAZONE
- TRICLORO-TRIAZIN-TRIONE
- CLORAZODINA(libera 2 moli di acido ipocloroso)
- TRI-CLORO-CARBANILINA (CARBANILIDE)
7. PEROSSIDI
Sono degli acidi deboli usati x la pulizia meccanica delle ferite. La loro azione
battericida è dovuta alla liberazione di ossigeno O2 (e H2O) in presenza di 1 enzima
comune nei tessuti, la catalasi. L‘ effervescenza causata dall‘ ossigeno rimuove il
materiale estraneo dalle ferite e ossida i componenti dei microbi.
159
- PEROSSIDO D‘ IDROGENO(acqua ossigenata 10 vol) ha azione germcida
debole, limitata nel tempo, con scarso potere di penetrazione. Per colluttori e
gargarismi la soluzioneva diluita in H2O
- ACIDO PERACETICO
8. DERIVATI CHINOLINICI
Sono dei tensioattivi con struttura chinolinica ed esplicano la loro azione battericida
concentrandosi sulla superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le
proprieta‘ chimico fisiche (abbassamento della tensione superficiale e squilibri nel
bilancio osmotico) ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la
rottura della membrana plasmatica della cellula batterica.
- DEQUALINIO
- CLORCHINALDOLO
- OXICHINOLINA
- CLIOCHINOLO
9. DERIVATI AMMONICI QUATERNARI
Sono dei tensioattivi ed esplicano la loro azione battericida concentrandosi sulla
superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le proprieta‘ chimico
fisiche (abbassa-mento della tensione superficiale e squilibri nel bilancio osmotico)
ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della
membrana plasmatica della cellula batterica.
Sono battericidi x molti Gram+; spore e miceti sono insensibili alla loro azione.
Hanno effetto rapido, buon potere di penetrazione e tossicita‘ limitata (azione
irritante x gli occhi)
- BENZALCONIO CLORURO tensioattivo cationico usato in soluzione alcolica
all‘ 1 %o x la cute intatta; in soluzione acquosa all‘ 1 %o x la cute abrasa;
- CETRIMONIO
- CETIL-PIRIDINIO CLORURO tensioattivo cationico
- CETRIMIDE
- BENZOXONIO CLORURO tensioattivo cationico
- DIDECIL-DIMETIL-AMMONIO tensioattivo cationico
- BENZETONIO CLORURO tensioattivo cationico
- TOLOCONIO tensioattivo cationico
- DOMIFENE BROMURO
- CETIL-TRIMETIL AMMONIO CLORURO
10. AGENTI SURFACTANTI NON IONICI
Agiscono come i composti ammonici quaternari.
Sono dei tensioattivi ed esplicano la loro azione battericida concentrandosi sulla
superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le proprieta‘ chimico
fisiche (abbassa-mento della tensione superficiale e squilibri nel bilancio osmotico)
ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della
membrana plasmatica della cellula batterica.
160
- NONOXINOLO
- OCTOXINOLO
11. DERIVATI DEL MERCURIO
Il Hg ha 1 grande affinita‘ x lo zolfo , x cui i composti mercuriali reagiscono in
maniera reversibile con i gruppi sulfidrilici presenti nelle proteine e negli enzimi con
1 azione solo batteriostatica
- MERCURIO AMIDOCLORURO
- FENIL-MERCURIO-BORATO
- MERCURICO CLORURO
- MERCUROCROMO(MERBROMINA)
- TIOMERSAL
- MERCURICO IODURO
12. DERIVATI DELL‘ ARGENTO
Lo ione Ag+ precipita facilmente dando 1 precipitato nero di argento metallico in 1
reazione catalizzata dalla luce.
L‘ attivita‘ biologica dei sali d‘ argento deriva dallo ione libero Ag+ e dalla sua
reattivita‘ con numerosi anioni: sulfidrile, carbossile, fosfato, gruppo amminico e
cloruro. Si formeranno dei pricipitati di proteinato di Ag+, che inattivano la proteina
e che hanno azione protettiva nei confronti dei tessuti lesi.
- ARGENTO NITRATO
- ARGENTO METALLICO COLLOIDALE
13. ALCOLI
Si ritiene che gli alcoli producano la loro azione antimicrobica denaturando le
proteine della parete cellulare , provocando la distruzione della parete stessa con
morte del microrganismo. Gli alcoli inoltre inattivano i virus ―sciogliendo‖ il capside:
la distruzione di quest‘ultimo impedisce al virus di attaccarsi alla superficie della
cellula ospite e di infettarla.
- ALCOOL ETILICO alla concentrazione ottimale del 70% in peso è 1 buon agente
battericida x le forme vegetative di molti germi patogeni, ma è inefficace sulle
spore. Non dovrebbe mai essere usato su ferite o abrasioni perché risulta irritante
x azione disidratante e denaturante delle proteine.
- ALCOOL DENATURATO è trattato con 1 processo di denaturazione che lo rende
inadatto come bevanda. Per la presenza del denaturante (alcool metilico, benzolo
greggio, FeCl3, coloranti, ecc.) non deve essere mai usato x disinfettare ferite o
strumenti chirurgici.
- ISOPROPANOLO
- CLORBUTANOLO
- ALCOOL BENZILICO
- FENOSSI-ETANOLO
- GLICOLI (Propilenico, Pentilenico)
161
14. COLORANTI
Si dividono in 2 classi :
A. COLORANTI TRIFENIL METILICI
agiscono formando 1 complesso non ionizzato quasi irreversibile con i componenti
acidi delle cellule come i gruppi carbossilici o i fosfati degli acidi nucleici
- VIOLETTO DI GENZIANA
- FUCSINA (tintura rubra di Castellani)
B. DERIVATI DELLA 3,6 DIAMMINOACRIDINA e 9-AMMINO ACRIDINA
Anch‘ essi agiscono formando 1 complesso con i componenti acidi delle cellule, ma
possono pure intercalarsi nel DNA impedendone la duplicazione
- 3,6 DIAMMINOACRIDINA
- 9-AMMINO ACRIDINA
- ETACRIDINA LATTATO
- AMMINOACRIDINA
- EUFLAVINA
15. ALTRI DISINFETTANTI
- ACIDO BORICO
- ACIDO SORBICO
- ACIDO BENZOICO
- ACIDO UNDECILENICO
- ACIDO PARA IDROSSI BENZOICO (SUOI ESTERI E SALI [PARABENI])
- ACIDO SALICILICO
- COMPOSTI DELL‘ ALLUMINIO
- EOSINA colorante rosso
- EUGENOLO (dai chiodi di garofano ad attività batteriostatica)
- GERANIOLO
- TRI-ETIL-CITRATO inibitore enzimatico che blocca competitivamente le
Esterasi batteriche
- MONOESTERE DELL‘ ACIDO LATTICO inibitore enzimatico che blocca
competitivamente le Esterasi batteriche
- DIETIL-ESTERE TARTARICO inibitore enzimatico che blocca competitivamente le Esterasi batteriche
- ACIDO CITRICO inibitore di crescita batterica (abbassa il pH)
- CITRICIDAL (estratto di pompelmo in soluz. glicerica al 50%)
2 ANTIBIOTICI
TERAPIA ANTIBIOTICA
162
Nella scelta di una adeguata terapia contro qualsiasi tipo di infezione è molto
importante considerare le caratteristiche dei vari antibiotici che si ritiene opportuno
utilizzare nella pratica clinica; l'analisi dei vari farmaci permette la scelta di una
terapia più efficace, mirata ed adeguata alla patologia in causa. Questa scelta
terapeutica deve sempre essere guidata dal buon senso e dal libero pensiero, è
importante cioè non lasciarsi influenzare da abitudini di reparto, da mode del periodo
o da allettanti proposte delle varie case farmaceutiche.
CARATTERISTICHE DI UN ANTIBIOTICO DA CONSIDERARE NELL'USO
CLINICO :
a. Spettro antibatterico
b. Farmacocinetica
c. Efficacia clinica
d. Effetti collaterali e tossici
e. Costo
COSTO
Con l'aumento della vita media e lo svilufppo della medicina sono tenuti in vita più a
lungo individui con una maggiore suscettibilità alle infezioni (nefropatici, diabetici,
neoplastici, sieropositivi); in realtà i farmaci in termini di costo ospedaliero
influiscono solo per il 5%, mentre il 73% delle uscite è imputabile agli stipendi.
SPETTRO ANTIBATTERICO
E' la pretesa di funzionamento ed efficacia di un antibiotico contro determinati
batteri; per valutare la sensibilità del germe occorre definire la concentrazione
minima inibente (CMI o MIC) di un antibiotico verso il microrganismo mediante
opportuni test :
 Metodo di diluizione
 Metodo di diffusione
 Metodo automatizzato
In questo modo si ottiene la MIC 90 di ogni antibiotico, mediante la quale si può dare
un giudizio riguardante la sensibilità o la resistenza del ceppo patogeno nei confronti
di tali farmaci, tenendo sempre conto della concentrazione raggiungibile
nell'organismo umano con particolare attenzione al sito di infezione.
Infatti il giudizio di sensibilità è basato sul fatto di poter raggiungere concentrazioni
utili nell'organismo umano (cioè superiori alla MIC riportata)
 CEPPO SENSIBILE (S) : microrganismi che possono essere inibiti con un
normale dosaggio di antibiotico per quell'infezione e quella specie; nella
pratica clinica i batteri vengono di solito considerati sensibili ad un farmaco se
la concentrazione sierica massima raggiungibile supera la MIC di almeno 4
volte.
 CEPPO A SENSIBILITA' INTERMEDIA (I) : microrganismi inibiti solo con
dosaggi particolarmente elevati o in quelle sedi dove il farmaco raggiunge
concentrazioni elevate.
163
 CEPPO RESISTENTE (R) : stipiti che non vengono inibiti da concentrazioni
antibiotiche ottenibili con dosaggi terapeutici
EFFICACIA CLINICA
E' il riscontro clinico dei risultati ottenuti in vitro, infatti gli studi in vivo possono
evidenziare fenomeni di inattivazione da parte dell'organismo.
L'EFFICACIA CLINICA DIPENDE DA :
 Attività intrinseca del farmaco
 Capacità di raggiungere il distretto di infezione e di permanervi a
concentrazioni e per durata di tempo sufficienti per poter esplicare l'effetto
batteriostatico e battericida
Lo spartiacque quantitativo tra azione BATTERIOSTATICA o BATTERICIDA è
definito dalla diminuzione del numero di particelle presenti in coltura di almeno tre
unità logaritmiche nelle 24h; se non ottengo tale diminuzione il farmaco può essere
batteriostatico o indifferente.
Esistono ospiti suscettibili in cui l'uso di un batteriostatico può non essere indicato,
per esempio una polmonite da pneumococco in un anziano non va curata con un
macrolide (batteriostatico verso lo pneumococco) ma con una blattamina o un
fluorchinolone (battericidi).
L'efficacia clinica di un farmaco può essere TEMPO DIPENDENTE o
CONCENTRAZIONE DIPENDENTE :
 Le PENICILLINE hanno una azione tempo dipendente, per essere efficaci
devono mantenere concentrazioni superiori alla MIC per la maggior parte del
tempo di somministrazione.
 Gli AMINOGLICOSIDI e i FLUOROCHINOLONI hanno invece azione
concentrazione dipendente; per il 40-50% (o anche di più) del tempo fra un
dosaggio e l'altro possono essere a concentrazioni inferiori alla MIC, ma
devono raggiungere alti livelli anche solo per un breve intervallo di tempo;.
FATTORI CHE INFLUENZANO L'ATTIVITA' DI UN ANTIBIOTICO "IN VIVO"
 Diffusibilità nel sito di infezione
 Penetrazione intracellulare (nelle infezioni da germi intracellulari : Clamidiae,
Mycoplasmi, Legionelle…)
 Metabolismo del farmaco (es. il CLORAMFENICOLO viene usato nelle
colecistiti in quanto eliminato attraverso le vie biliari)
 Concentrazioni locali in cationi bivalenti (Ca,Mg); la TETRACICLINA si
pensava somministrabile per os nella cura delle osteomieliti perché si
concentra nell'osso, in realtà si lega al Ca++, precipita venendo inattivata.
 Effetto dell'ambiente : pH acido o ambiente anaerobico (es. gli
AMINOGLICOSIDI funzionano male in ambiente acido, la PIRAZINAMIDE
funziona solo in ambiente acido)
 Stato fisiologico dei batteri (es. le bLATTAMINE funzionano bene contro
batteri in attiva replicazione intervenendo nella costituzione della parete,
164
mentre invece contro batteri a lenta replicazione o quiescenti uso farmaci che
interferiscono con il metabolismo, come la RIFAMPICINA usata nella
profilassi dei portatori di Neisseria Meningitidis).
 Effetti a concentrazioni sub-MIC sulla patogenicità
RESISTENZE AGLI ANTIBIOTICI
L'ANTIBIOGRAMMA è predittivo unicamente per quanto riguarda la resistenza, se
dà indicazione di sensibilità questa non deve essere accettata come tale senza un'
ulteriore conferma pratica.La resistenza ai farmaci può essere NATURALE (il
farmaco non agisce su determinati microrganismi perché manca strutturalmente il
bersaglio) o ACQUISITA.
RESISTENZA CROMOSOMICA :
 Acquisita per mutazione genetica, non indotta da antibiotici
 Stabile (trasmissione verticale)
 Specifica (interessa un solo carattere)
 In clinica è di raro riscontro, solo il 10% delle resistenze osservate, tipica
quella del Mycobatterium Tubercolosis
RESISTENZA NON CROMOSOMICA :
 Dovuta all'acquisizione di nuovi geni per diffusione da cellula a cellula
attraverso il passaggio di elementi genetici mobili come plasmidi, trasposoni e
batteriofagi
 E' indotta da antibiotici; popolazioni batteriche resistenti prosperano in caso di
elevato uso di antimicrobici per vantaggio selettivo rispetto a popolazioni
suscettibili
 E' il tipo di resistenza più frequente in clinica (infezioni nosocomiali).
PRINCIPALI MECCANISMI DI RESISTENZA :
 Distruzione del farmaco (es. produzione di blattamasi nella resistenza a
blattamici)
 Alterazione o sovraproduzione delle strutture bersaglio
 Diminuzione della permeabilità dell'involucro cellulare al farmaco
 Eliminazione attiva del farmaco dall'interno della cellula
LA RESISTENZA BATTERICA AI CHEMIOTERAPICI.
Il fenomeno della resistenza batterica ai chemioterapici è un evento sempre più
frequente e allarmante e rappresenta oggi il maggior pericolo connesso con la
chemioterapia. Quando si parla di resistenza batterica si fa riferimento alla
resistenza acquisita, cioè alla comparsa di ceppi batterici che, pur appartenendo ad
una specie microbica originariamente sensibile a un certo chemioterapico, hanno
perduto la sensibilità verso concentrazioni del farmaco terapeuticamente
raggiungibili in vivo. È opportuno quindi enucleare dal concetto di antibioticoresistenza il fenomeno della cosiddetta resistenza naturale o primaria. Si tratta in
questo caso dell‘insensibilità costituzionale di un microrganismo verso un
determinato antibiotico, dipendente o dal meccanismo d‘azione del farmaco e dal
165
tipo di strutture possedute dal microrganismo (si veda, ad esempio, l‘insensibilità
del Mycoplasma pneumoniae, privo di parete cellulare, ai betalattamici), o dalla
mancata penetrazione dell‘antibiotico nella cellula procariota (è il caso, ad
esempio, dell‘insensibilità di Escherichia coli alla penicillina G, che non supera la
membrana esterna dei Gram-negativi), o ancora dalla mancanza di legame del
farmaco con il sito bersaglio (è il caso, questo, della resistenza naturale di alcuni
microrganismi ai betalattamici). Ovviamente questo tipo di resistenza naturale è
geneticamente determinato, appare immutabile nel tempo e si manifesta in tutti i
ceppi di una stessa specie batterica.
Origine dell‘antibiotico-resistenza.
Fino a pochi anni fa vi erano sostanzialmente due teorie che si contrapponevano
nel tentativo di spiegare l‘origine dell‘antibiotico-resistenza dei microrganismi:
quella dell‘ induzione diretta del fenomeno da parte dell‘antibiotico sul
microrganismo, cioè di un adattamento fenotipico del germe attraverso
l‘attivazione di enzimi prima repressi; e quella delle mutazioni spontanee,
selezionate dall‘antibiotico, che verrebbe così ad esercitare una pressione selettiva
su un fenomeno naturale. Per quanto la prima ipotesi possa trovare conferma in
esperimenti di laboratorio, non vi è alcun dubbio che sia la seconda teoria quella
che può spiegare la maggior parte dei fenomeni di antibiotico-resistenza osservati
in natura. A questo fenomeno della resistenza cromosomica da mutazioni si è
aggiunto, il fenomeno del genetic exchange, del trasporto cioè di materiale
genetico da un microrganismo all‘altro, anche da una specie batterica all‘altra.
Tale trasporto si può attuare con diversi meccanismi: trasformazione,
transduzione, coniugazione, transposizione e può riguardare sia materiale genetico
cromosomico sia limitatamente in genere ai penultimi due meccanismi citati,
materiale genetico extracromosomico. La trasformazione batterica è un processo
di trasferimento genetico che si realizza attraverso l‘assunzione da parte di una
cellula batterica di DNA libero nell‘ambiente, proveniente dalla lisi di un altro
batterio. Questo fenomeno comporta quindi l‘acquisizione di caratteri ereditari
nuovi da parte di una cellula batterica trattata con DNA estratto da una cellula con
diverso genotipo. Per quanto l‘estrazione del DNA dal corpo batterico risulti in
frammenti equivalenti a 1/100 circa del cromosoma batterico (e perciò di regola
solo un gene del donatore possa venire assunto dal ricevente), tuttavia per caratteri
strettamente vicini nella mappa cromosomica è possibile ottenere anche una
doppia trasformazione. La frequenza della trasformazione batterica spontanea è
piuttosto rara in natura e sembrano scarse le implicazioni pratiche di questo
processo di trasferimento genetico nella trasmissione della resistenza batterica. La
transduzione è un meccanismo di trasferimento genetico con il quale un
determinato carattere passa da un microrganismo all‘altro veicolato da un
batteriofago. I fagi sembrano svolgere un ruolo importante non solo nel trasporto
di materiale genetico cromosomico ma anche di materiale extracromosomico; la
transduzione è stata descritta come fenomeno interspecifico nell‘ambito delle
Enterobacteriaceae e si è visto che scambi genetici a livello plasmidico, realizzati
166
probabilmente con il meccanismo della transduzione, possono avvenire
occasionalmente anche tra microrganismi Gram-positivi e Gram-negativi. La
frequenza della transduzione in natura è piuttosto bassa: tale fenomeno si verifica
con una frequenza di 10-6.La coniugazione consiste nel passaggio di un frammento
di DNA da una cellula batterica ad un‘altra e quindi nella modificazione del
genotipo batterico realizzata con il contatto fisico tra due organismi diversi; il
passaggio di materiale genetico da una cellula all‘altra può riguardare materiale
cromosomico o extracromosomico. La coniugazione è abbastanza frequente in
natura, con una frequenza di 10-2. Essa si realizza solo tra cellule parentali con
genotipo diverso, dove la cellula donatrice è una cellula maschio e la cellula
ricevente è una cellula femmina. Perché una cellula batterica possa comportarsi da
donatrice, cioè da cellula maschile, deve possedere un particolare elemento
chiamato fattore F o del sesso. Tali cellule sono chiamate F +, mentre le cellule
riceventi, prive del fattore del sesso, sono chiamate F -. Il fattore F è costituito da
una molecola circolare di DNA e può essere extra-cromosomico, comportandosi
come un parassita; esso è uno di quei fattori a struttura similcromosomica,
contenenti l‘informazione genetica sufficiente per la propria replicazione,
trasmessi da una cellula all‘altra e dotati di elevata capacità di riproduzione e per
questo chiamati anche plasmidi. Il fattore F può avere nella cellula batterica
donatrice anche una localizzazione cromosomica, cioè essere integrato nel
cromosomo batterico, ed è allora chiamato episoma: in questo caso durante la
coniugazione si realizza, insieme al trasferimento del fattore del sesso, anche
quello di buona parte del materiale cromosomico batterico, con elevata frequenza
di ricombinazione genetica. Le cellule in cui il fattore F è cromosomico sono
chiamate Hfr (high frequency of recombination) per la frequenza di
ricombinazione. La trasmissione del fattore F, isolato o legato ad una parte del
cromosoma batterico nei ceppi di Hfr, si realizza con il passaggio di questo fattore
da una cellula F + ad una cellula F - attraverso una particolare struttura posseduta
solo dalle cellule F + e chiamata pilo F. Si tratta di una appendice filamentosa,
costituita da due catene proteiche parallele (ogni cellula F + possiede uno o due pili
F). Il pilo F funziona da ponte tra due cellule coniuganti; il fattore F, dopo aver
dotato la cellula ospite del pilo F, necessario per produrre un contatto con la
cellula ricevente, inizia il proprio trasferimento con la rottura della sua struttura
circolare e la sua trasformazione in una forma lineare. Lo stesso processo di
trasformazione dalla forma circolare a quella lineare avviene nelle cellule Hfr a
carico del cromosoma. La coniugazione rappresenta il meccanismo con il quale
più frequentemente oggi si realizzano scambi genetici riguardanti la resistenza.
La transposizione.
Recentemente è stato identificato un nuovo sistema di trasporto e diffusione dei
geni che codificano la resistenza da un replicone all‘altro, cioè tra singole unità
che sono in grado di replicarsi: questo è il sistema dei trasposoni, unità genetiche
molto semplici che trasportano resistenze multiple. I trasposoni, che sono
determinanti di resistenza localizzati in frammenti di DNA, delimitati alle
167
estremità da particolari se-quenze di inserzione che permettono l‘inserimento del
segmento di DNA in corrispondenza di omologhe sequenze localizzate in
repliconi indipendenti, possono migrare o saltare da un plasmide all‘altro o da un
plasmide ad un cromosoma. Di recente sono stati anche identificati trasposoni
coniugativi, specie in batteri Gram-positivi, che si trasmettono per coniugazione
ma senza il plasmide come vettore. Le multiresistenze contagiose sono la causa di
vere e proprie epidemie di antibiotico-resistenza trasmessa da un microrganismo
all‘altro, e da una specie batterica ad altra specie vicina, mediante il trasporto di
materiale genetico extracromosomico, i cosiddetti fattori R o fattori di resistenza;
è questo il pericolo più importante nel campo dell‘antibiotico-resistenza. I fattori F
sono costituiti da una molecola circolare di DNA e nel batterio possono essere sia
a localizzazione extracromosomica, e quindi liberi nel citoplasma, sia incorporati
nel cromosoma: per tale ragione sono chiamati rispettivamente, plasmidi o
episomi. Il fattore R, analogo al fattore F, ha in comune con questo la capacità di
replicarsi rapidamente e di trasmettere quindi il proprio materiale ad altre cellule
batteriche; ha inoltre la proprietà di conferire alla cellula batterica una resistenza a
numerosi chemioterapici (tetracicline, cloramfenicolo, aminoglicosidi, ecc.) e di
trasmetterla quindi alle cellule "contagiate". Esso è trasferito spesso dalla cellula
ricevente mediante un pilo simile al pilo F; tuttavia i fattori F sono trasferiti
normalmente con una velocità molto superiore a quella con qui vengono trasferiti i
fattori R. Nell‘ambito del fattore R, possiamo distinguere una parte nota come
RTF (Resistance Transfer Factor), fattore trasmis-sibile o sessuale di resistenza, in
grado di trasferirsi anche da solo da una cellula all‘altra ed una parte definita Rdeterminant, o fattore determinante la multiresistenza specifica, che non è in grado
di autotrasmettersi finché non si unisce ad un RTF. Pertanto, mentre RTF può
trasferirsi da una cellula batterica all‘altra senza però dare resistenza, l'Rdeterminant isolato non è in grado di trasmettere ad altre cellule la multiresistenza
specifica che può determinare. Normalmente, in natura, il fattore sessuale RFT è
represso. È il caso però di ricordare che la concomitante presenza di un fattore F
permette il passaggio del'R-determinant anche in assenza di RFT. L'R-determinant
è costituito da una serie di geni ciascuno dei quali è in grado di conferire
resistenza ad un chemioterapico: sono stati individuati geni che codificano la
resistenza a penicilline e cefalosporine, aminoglicosidi, cloramfenicolo,
tetracicline, sulfamidici, trimetoprim e acido fusidico. Quando il fattore R è
completo e possiede sia RTF che R-determinant, viene chiamato plasmide
coniugativo. Lo studio della biologia dei fattori R ha permesso di chiarire che tali
fattori possono scomparire. La perdita dei fattori R può essere spontanea
(soppressione spontanea): tale processo si realizza con diversa frequenza nei vari
microrganismi; esiste poi la possibilità di provocare artificialmente la perdita dei
fattori R, e ciò si ottiene con l‘acridina ed i suoi derivati: tale effetto degli
acridinici può essere esaltato mediante il pretrattamento con raggi ultravioletti. Vi
sono anche altre sostanze in grado di eliminare il fattore R o i plasmidi
stafilococcici (chinoloni, flavomicina, rifampicina, ecc.) oppure di inibire il
168
trasferimento da una cellula batterica all‘altra (mitomicina C, distamicina,
lincosamidi, ecc.).
Caratteristiche dell‘antibiotico-resistenza.
Esistono due tipi di resistenza batterica agli antibiotici, nettamente distinti tra loro:
la resistenza da mutazioni cromosomiche e la resistenza legata a fattori
extracromosomici.
Caratteristiche della resistenza batterica di tipo cromosomico.
Questo tipo di resistenza si realizza spontaneamente con una frequenza
estremamente bassa (essendo legata all‘insorgenza di mutazioni naturali o
spontanee che si verificano nell‘ordine di 10-7-10-10 e che portano a modificazioni
del DNA del cromosoma batterico) e riguarda sempre un solo antibiotico con
possibilità però di resistenze crociate con altri antibiotici della stessa famiglia. La
resistenza di tipo cromosomico costituisce il 10-15 % di tutte le resistenze
acquisite e raramente è responsabile di infezioni diffuse. La trasmissione di questa
resistenza avviene di regola in occasione del processo di divisione cellulare e tra
microrganismi della stessa specie.
Il livello iniziale di resistenza appare spesso discretamente basso e quindi
facilmente superabile con un aumento di dosaggio del farmaco antibatterico, dove
è possibile. Questa resistenza viene definita di tipo penicillinico, è legata a più
mutazioni ed è caratteristica delle betalattamine, tetracicline, cloramfenicolo,
macrolidi e degli aminoglicosidi, fatta eccezione per la streptomicina, che presenta
invece una resistenza mutazionale con livelli iniziali di resistenza decisamente
elevati, in dipendenza di un‘unica mutazione in grado di determinare la comparsa
di ceppi totalmente resistenti. I microrganismi resistenti presentano spesso carenze
metaboliche che ne riducono la patogenicità ed a volte la sopravvivenza. Si è visto
che una politerapia ben condotta è in grado di impedire o ritardare la comparsa di
ceppi resistenti; la resistenza cromosomica ha scarsa importanza nelle infezioni
batteriche, salvo forse nel caso di infezioni da pneumococchi penicillino-resistenti.
Caratteristiche della resistenza batterica di tipo extracromosomico.
La frequenza con cui insorgono e si tra-sferiscono le resistenze
extracromosomiche è estremamente elevata; questo tipo di resistenza non si
trasmette solo tra microrganismi della stessa specie ma anche tra batteri di specie
diverse (soprattutto Gram-negativi), ed il trasferimento della resistenza non
riguarda un solo antibiotico, come nel caso delle mutazioni, ma più antibiotici
simultaneamente (resistenze multiple). Esistono infatti fattori R che trasmettono la
resistenza batterica a più chemioterapici. Il livello di queste resistenze è
decisamente elevato sin all‘inizio, per cui non è superabile con un aumento di
dosaggio del farmaco, ed i microrganismi resistenti non presentano in genere
carenze metaboliche, per cui la loro patogenicità resta invariata. Va ricordato
infine che la polichemioterapia non serve a prevenire questo tipo di resistenze e
169
che, essendo tali fenomeni legati spesso ad attività enzimatiche, la resistenza è
direttamente proporzionale alla crescita della popolazione batterica.
Resistenza crociata (Cross-resistance).
Microrganismi resistenti a un certo farmaco possono anche essere resistenti ad
altri farmaci che condividono lo stesso meccanismo d‘azione. Simile relazione
esiste principalmente tra agenti che sono chimicamente affini (es. differenti
aminoglicosidi) o che hanno un meccanismo d‘azione o di legame simile (es.
macrolidi, lincomicina). In certe classi di farmaci, la parte attiva del farmaco è
così simile alla maggior parte dei congeneri (es. tetracicline) che un‘ampia
resistenza crociata è attesa.
Meccanismi fisiopatologici dell‘antibiotico-resistenza.
Esistono sette meccanismi fisiopatologici di resistenza agli antibiotici.
1. Inattivazione extracellulare dell‘antibiotico: questo meccanismo è stato il
primo ad essere identificato grazie alla messa in evidenza di un enzima in
grado di distruggere irreversibilmente con meccanismo idrolitico il legame
amidico e quindi aprire l‘anello betalattamico della penicillina G, formando
penicilloati stabili e facendo perdere all‘antibiotico la sua attività antibatterica. Questo enzima fu chiamato penicillinasi. Successivamente furono
identificati altri enzimi in grado di esplicare la medesima attività, sempre a
livello dell‘anello betalattamico, nei confronti sia delle penicilline che delle
cefalosporine, enzimi che perciò vennero chiamati betalattamasi. Vi sono
betalattamasi che vengono escrete all‘esterno della cellula batterica, sono da
questa sintetizzate perlopiù solo in presenza dell‘antibiotico induttore ed
estrinsecano la loro attività attraverso un processo di inattivazione
extracellulare dell‘antibiotico: questi enzimi sono chiamati
esobetalattamasi. Vi sono poi altri enzimi dotati anch‘essi di attività
betalattamasica ma che manifestano l‘azione inattivante l‘antibiotico
all‘interno della cellula procariota: essi sono noti come endobetalattamasi.
Le esobetalattamasi sono l‘esempio più tipico di inattivatori extracellulari di
un antibiotico; sono prodotte da microrganismi Gram-positivi; sono
codificate da geni a localiz-zazione plasmatica, ma anche cromosomica, ed
esplicano la loro azione in genere nei confronti delle penicilline.
2. Inattivazione o trasformazione intracellulare dell‘antibiotico: si realizza
anch‘essa con un meccanismo enzimatico, in questo caso però l‘enzima
resta localizzato all‘interno della cellula batterica ed agisce dopo la
penetrazione dell‘antibiotico nella cellula stessa. Questo meccanismo è
ammesso per la resistenza ad aminoglicosidi, betalattamine, cloramfenicolo,
tiamfenicolo, macrolidi e sinergistine. Per quanto riguarda gli
aminoglicosidi, si conoscono una ventina di enzimi suddivisi in tre classi
prodotti da batteri resistenti che sono in grado di inattivare questi
170
antibiotici, oppure di modificarli in modo che il loro trasporto al sito
bersaglio risulti molto più problematico: acetiltransferasi (AAC),
fosforiltransferasi (APH) e adenililtransferasi (AAD). Si ritiene che questi
enzimi inattivanti risiedano nello spazio periplasmico della parete cellulare
dei Gram-negativi. Essi sono in genere enzimi costitutivi, hanno perlopiù
origine plasmidica e si evidenziano sia nei cocchi Gram-positivi, sia
soprattutto nei bacilli Gram-negativi. Gli enzimi che inattivano gli
aminoglicosidi possono essere codificati anche su trasposoni. Gli enzimi
fosfo-rilanti utilizzano ATP come donatore di fosforo e sono gli unici in
grado di determinare nei batteri elevati livelli di resistenza agli
aminoglicosidi; anche gli enzimi adenililanti utilizzano ATP come donatore
del gruppo adenilico, mentre gli enzimi acetilanti traggono il gruppo
acetilico dall‘acetil-coenzima A. La resistenza alle betalattamine, legata
all‘inattivazione intracellulare di questi farmaci, è dovuta alla produzione
nelle cellule resistenti di endo-betalattamasi: questi enzimi, prodotti da
microrganismi Gram-negativi, sono il più delle volte enzimi costitutivi
(quelli di origine plasmidica), ma a volte anche enzimi inducibili (quelli di
origine cromosomica), esplicano la loro azione nei confronti delle
penicilline e cefalosporine. Le endobetalattamasi sono spesso confinate
nello spazio periplasmatico della parete cellulare dei Gram-negativi,
venendo così a creare una barriera idrolitica a protezione delle PBP
(penicilin binding protein). Il cloramfenicolo ed il tiamfenicolo vengono
invece inattivati da specifiche acetiltransferasi costitutive negli enterobatteri
o inducibili nei cocchi Gram-positivi. Questi enzimi acetilano uno o
entrambi i gruppi idrossilici e metabolizzano i farmaci utilizzando l‘acetilcoenzima A come donatore del gruppo acetilico. I macrolidi vengono
inattivati ad opera di esterasi che idrolizzano l‘anello lattonico. Questi
enzimi vengono prodotti special-mente da Gram-positivi ma anche da
Gram-negativi. Anche le sinergistine vengono inattivate mediante
l‘intervento di acetiltransferasi prodotte da cocchi Gram-positivi.
3. Diminuita penetrazione dell‘antibiotico nella cellula batterica: si realizza
mediante alterazioni del sistema di trasporto dei farmaci dall‘esterno
all‘interno della cellula batterica, o attraverso alterazioni nella
composizione polisaccaridica della parete cellulare batterica,ma soprattutto
per modificazioni della membrana esterna. I chemioterapici verso i quali si
può realizzare questo meccanismo di resistenza sono gli aminoglicosidi, le
tetracicline, alcune penicilline e cefalosporine, il cloramfenicolo, i
macrolidi ecc.
4. Modificazione delle strutture-bersaglio o diminuita affinità per l‘antibiotico
di strutture inizialmente recettive: questi meccanismi di resistenza, che si
realizzano con modificazioni del sito d‘azione del far-maco, cioè del
bersaglio dell‘antibiotico, sono spesso la conseguenza di un‘alterazione
mutazionale cromosomica. Alcuni esempi di questo tipo di resistenza sono
171
rappresentati da modificazioni - a livello della subunità 30 S dei ribosomi dei siti dove si legano gli aminoglicosidi, oppure - a livello della sub-unità
50 S - dei siti dove si legano i macrolidi. Altri esempi sono rappresentati
dalle modificazioni della subunità beta della RNA-polimerasi nella
resistenza alle rifamicine, da quelle della subunità A della DNA-girasi nella
resistenza ai chinoloni e da quelle della diidrofolatoreduttasi in caso di
resistenza al trimetropim.
5. Aumentata produzione di enzimi inibiti dall‘antibiotico: esempi di questo
meccanismo sono l‘aumentata sintesi di D-L-alanina-racemasi e di
dipeptidosintetasi negli streptococchi resistenti alla cicloserina e di diidrofolatoreduttasi in quelli resistenti al trimetoprim. Tuttavia la condizione
più importante ed interessante, nell‘ambito di questo gruppo, è la resistenza
ai betalattamici per iperproduzione di PBP, specie ad affinità diminuita.
6. Superamento del blocco metabolico con diretta assunzione del prodotto
inibito: questo meccanismo fisiopatologico di resistenza è molto frequente
nei confronti dei sulfamidici. In caso di resistenza a questi chemioterapici i
microrganismi sono infatti in grado di utilizzare direttamente l‘acido folico
preformato, vanificando l‘azione dei sulfamidici, che normalmente
impediscono la sintesi di acido folico da parte della cellula procariota.
7. Iperproduzione di enzimi inattivanti che si legano all‘antibiotico formando
una barriera non idrolitica: si tratta di un meccanismo identificato di
recente. Il fenomeno, denominato "trapping" o "effetto spugna", sarebbe
legato all‘iperproduzione di betalattamasi indotta dalle più recenti
cefalosporine, dall‘imipenem e dai monobattamici, che non costituiscono
peraltro un substrato per le betalattamasi stesse. Questi enzimi, pur non
essendo in grado di inattivare gli anzidetti antibiotici, possono legarsi
irreversibilmente ad essi formando complessi macromolecolari che
precipitano nello spazio periplasmico, intasando ed impedendo a nuove
molecole di antibiotico di raggiungere il bersaglio. Si formerebbe così una
barriera betalattamasica non idrolitica in grado di proteggere le PBP dalle
betalattamine non legate alle betattamasi.
Limitazioni alla resistenza dei farmaci.
L‘emergenza della resistenza ai farmaci nelle infezioni può essere minimizzata nei
seguenti modi:
 Mantenendo sufficientemente elevati i livelli del farmaco nei tessuti, per
inibire sia la popolazione originale che quella mutante.

Somministrando simultaneamente due farmaci che non danno resistenza
crociata, ciascuno dei quali ritarda l‘emergenza di mutanti resistenti
172
all‘altro farmaco (es. rifampicina e isoniazide nel trattamento della
tubercolosi).
 Evitando l‘esposizione di microrganismi a un farmaco particolarmente
utile limitando il suo uso, specialmente negli ospedali.
I BIOFILM BATTERICI
I batteri patogeni raramente agiscono in forma isolata, il più delle volte aderiscono a
superfici e si organizzano in associazioni batteriche , inglobate in una matrice
esopolisaccaridica , dando vita alla produzione di biofilm.
Sotto forma di biofilm , i batteri sono in grado di colonizzare non solo le mucose ,
causando infezioni quali l'endocardite , l'otite media acuta , la sinusite , le
riacutizzazioni infettive delle broncopneumopatie croniche ostruttive , ma anche
numerosi dispositivi medici , quali i cateteri vascolari ed uretrali , le valvole
cardiache , le cannule tracheali , le artroprotesi, i cateteri per la dialisi peritoneale
continua ed i pacemaker.
Infatti i farmaci difficilmente riescono a penetrare in queste strutture complesse e
ramificate.Gli antibiotici nella maggioranza dei casi agisce limitatamente sui
microrganismi circolanti o costituenti gli strati più superficiali dei biofilm.
In considerazione della rilevante importanza dei biofilm in numerose e diffuse
patologie infettive , diversi studi clinici hanno cercato di valutare l'efficacia dei
farmaci sulla sintesi della sostanza amorfa e sulla vitalità dei microrganismi contenuti
nei biofilm. I biofilm sono quindi una struttura complessa e organizzata, consistente
in microcolonie circondate da una matrice esopolisaccaridica ( slime ) nella quale
sono scavati minuscoli canali d'acqua che si anastomizzano fra loro, formando una
sorta di sistema circolatorio primitivo. I biofilm possono organizzarsi sulla superficie
di differenti mucose o sulla superficie di dispositivi medici impiantati o inseriti nel
corpo. Molecole-segnale prodotte dai microrganismi stessi, condizionano la
formazione, lo sviluppo dei biofilm e l'interazione tra i microrganismi. A causa della
presenza dell'involucro polisaccaridico, che agisce come un sistema di protezione che
si oppone alla penetrazione dei farmaci, i microrganismi presenti nel biofilm
mostrano un'aumentata resistenza alle difese immunitarie dell'ospite e alla terapia
antibiotica rispetto alle forme planctoniche. Conseguentemente, i biofilm rivestono
un'importanza rilevante per la salute, dato il loro ruolo in molte infezioni croniche e
la loro importanza in un numero elevato di infezioni da impianti biomedici; queste
infezioni, a carattere recidivante, sembrano intrattabili con antibiotico-terapia.
Una sostanza mucolitica, l'Acetilcisteina ( NAC , Fluimucil ) ha dimostrato una
buona attività nell'inibire l'adesione batterica e nel dissolvere la matrice del biofilm.
Recenti risultati sperimentali hanno confermato l'efficacia dell'Acetilcisteina nella
disgregazione e nella riduzione del numero di forme vitali di batteri presenti nei
biofilm, rispettivamente di Staphylococcus aureus ed Escherichia coli. In questi studi
è stata messa in evidenza l'efficacia di due noti antibiotici, Tiamfenicolo e
Fosfomicina Trometamolo, utilizzati rispettivamente nelle infezioni respiratorie e
nelle infezioni urinarie non complicate. Particolarmente interessante la nuova
173
osservazione circa l'attività in associazione all'Acetilcisteina ed i singoli antibiotici ,
che è risultata sinergica, aprendo nuove importanti prospettive terapeutiche in
patologie infettive croniche delle vie respiratorie e delle vie urinarie determinate da
microrganismi formanti biofilms che, come è noto, è quasi impossibile eradicare con
le comuni terapie antibiotiche.
L'Acetilcisteina è una molecola antiossidante , che trova indicazione nel trattamento
delle malattie respiratorie croniche , come antidoto nell'avvelenamento acuto da
Paracetamolo, e nella prevenzione del danno renale da mezzi di contrasto.
Uno studio ha dimostrato che la capacità di disgregazione dell'Acetilcisteina sui
biofilm in fase iniziale di formazione , prodotti dallo Staphylococcus aureus , è
compresa tra il 30% ed il 60%, mentre sui biofilm consolidati la capacità è del 5865%.
Seppur in misura minore rispetto all'Acetilcisteina , anche un antibiotico , il
Tiamfenicolo ha dimostrato di ridurre la quantità di sostanza mucopolisaccaridica
presente nei biofilm.
L'associazione Tiamfenicolo + Acetilcisteina ( Fluimucil Antibiotico ) ha prodotto
una disgregazione dei biofilm iniziali tra il 64% ed il 78,5% , e di quelli consolidati
tra il 63,1% ed il 69,7%.
E' stato dimostrato che anche l'Acido Salicilico è in grado di esercitare un effetto
disgregante sui biofilm ed un'azione inibitoria sulla loro formazione.
174
SCHEDE TECNICHE DI ALCUNE CLASSI
DI ANTIBIOTICI:
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Classificazione dei batteri patogeni e scelta dell‘ antibiotico adatto:
A- COCCHI GRAM +
- Staphylococcus aureus epidermidis
(Provoca varie infezioni)
..………………………………penicillina penicillinasi resistente
………………………………………vancomicina, teicoplanina
- Steptococcus pyogenes
(Provoca varie infezioni)
………………………………………..ampicillina, amoxicillina
- Steptococcus viridans
(Provoca endocardite)
……………………………………………………..penicillina G
- Steptococcus bovis
(Provoca endocardite)
……………………………………………………. penicillina G
- Steptococcus pneumoniae (pneumococco)
191
(Provoca polmonite )
…………………………… penicillina penicillinasi resistente
……………………………………………………..vancomicina
- Peptosteptococcus(streptococco anaerobico)
(Provoca polmonite)
…………………………………………………. penicillina G
- Enterococcus spp (e. faecium , e. faecalis)
(Provoca varie infezioni)
……………………………………………………….ampicillina
B- COCCHI GRAM –
- Moraxella catarrhalis
(Provoca otite, sinusite)
……………………………………………………...cotrimoxazolo
- Neisseria gonorrea
(Provoca infezioni genitali)
………………………………………cefotriaxone, ciprofloxacina
- Neisseria meningitidis
(Provoca meningite)
………………………………… penicillina G, cefotriaxone, CAF
C- BACILLI GRAM +
- Bacillus antracis
(Provoca l‘ antrace)
……………………… penicillina G, eritromicina, ciprofloxacina
- Clostridium botulinum
(Provoca botulismo)
………………………………………solo l‘ antitossina polivalente
- Clostridium difficile
(Provoca infezioni intestinali)
………………...……………………..metronidazolo, vancomicina
- Clostridium perfringens
(Provoca gangrena gassosa)
……………………………………… penicillina G, metronidazolo
- Clostridium tetani
(Provoca il tetano)
…………………………………………. penicillina G, tetraciclina
- Corynebacterium diphteriae
(Provoca difterite)
………….…………………………….. penicillina G, eritromicina
- Corynebacterium gruppo JK
(Provoca endocardite)
………………………………………. Vancomicina, eritromicina
- Listeria monocytogenes
192
(Provoca setticemia, meningite)
…………………………ampicillina+gentamicina, cotrimoxazolo
D- ENTEROBACILLI GRAM –
- Bacteroides
(Provoca varie infezioni)
……………………………………..metronidazolo, clindamicina
- Campylobacter fetus
(Provoca infezioni intestinali e sistemiche)
……………………………………………imipenem, meropenem
- Campylobacter jejuni
(Provoca gastroenteriti)
……………………………………………eritroicina, azitromicina
- Enterobacter
(Provoca infezioni delle vie urinarie)
……………………………………………. imipenem, meropenem
- Escherichia coli
(Provoca infezioni delle vie urinarie)
…………………cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, tobramicina
- Helicobacter pylori
(Provoca ulcera peptica)
……………..tetraciclina+metronidazolo+bismuto sottosalicilato
……………………………………….amoxicillina+claritromcina
- Klebsiella pneumoniae
(Provoca polmonite)
………………….. cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, imipenem
- Proteus mirabilis
(Provoca infezioni delle vie urinarie)
………………………..ampicillina, 1 cefalosporina, tobramicina
- Proteus spp
(Provoca infezioni delle vie urinarie)
………………….. cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, imipenem
- Salmonella typhi
(Provoca tifo)
…………………………..fluorochinolonico, CAF, cotrimoxazolo
- Salmonella altre specie
(Provoca gastroenteriti)
……………… cefotaxima, cefotriaxone , fluorochinolonico, CAF
- Serratia
(Provoca varie infezioni)
………………..imipenem, meropenem, cefotaxima, cefotriaxone
- Shigella
(Provoca gastroenterite acuta)
………………….. fluorochinolonico, azitromicina, cotrimoxazolo
193
- Yersinia enterocolitica
(Provoca infezioni intestinali)
……………………………….. cotrimoxazolo, fluorochinolonico
E- BACILLI GRAM – NON ENTERICI
- Acinetobacter
(Provoca uretrite)
………………imipenem, amikacina, tobramicina, ciprofloxacina
- Bartonella henselae
(Provoca angiomatosi)……………………………eritromicina, azitromicina
(Provoca malattia del graffio di gatto)………….ciprofloxacina, azitromicina
- Bordetella pertussis
(Provoca pertosse)
………………………………………..eritromicina, cotrimoxazolo
- Brucella
(Provoca brucellosi)
……………………………………………tetraciclina+rifampicina
- Calymmatobacterium granulomatis
(Provoca granuloma inguinale)
……………………………………….. cotrimoxazolo, dossiciclina
- Francisella tularensis
(Provoca tularemia)
……………………………………….streptomicina, gentamicina
- Fusobacterium
(Provoca polmoniti)
……………………………………..penicillina G, metronidazolo
- Gardnerella vaginalis
(Provoca infezioni vaginali)
……………………………………. Metronidazolo, clindamicina
- Haemofilus ducreyi
(Provoca ulcera venerea)
…………………………………………azitromicina, ceftriaxone
- Haemofilus influenzae
(Provoca varie infezioni)
…………………………………………..cefuroxima, ceftriaxone
- Legionella pneumofila
(Provoca polmonite)
……………………………………..… azitromicina, eritromicina
- Leptotrichia buccalis
(Provoca angina di Plaut-Vincent)
………………………………………… penicillina G, tetraciclina
- Pasteurella multocida
(Provoca setticemia)
………………………………………… penicillina G, tetraciclina
194
- Pseudomonas aeruginosa
(Infezioni vie urinarie……………….ciprofloxacina, carbenicillina
(Altre infezioni………………………….…ticarcillina, ceftazidima
- Pseudomonas mallei
(Provoca morva)
………………………………………….streptomicina+tetraciclina
- Pseudomonas pseudomallei
(Provoca melioidosi)
………………………………………… ….ceftazidima, imipenem
- Spirillum minus
(Provoca febbre da morso di ratto)
………………………………….…….. penicillina G, tetraciclina
- Streptobacillus moniliformis
(Provoca febbre da morso di ratto)
………………………………………… penicillina G, tetraciclina
- Vibrio cholerae
(Provoca colera)
…………..………………………. Tetraciclina, fluorochinolonico
- Yersinia pestis
(Provoca peste bubbonica)
………………………………….streptomicina+ tetraciclina, CAF
F- BACILLI GRAM + ACIDO RESISTENTI (MICOBATTERI)
- Mycobacterium tubercolosis, bovis, africanum
(Provoca tubercolosi)
……………………………………………isoniazide, rifampicina
- Mycobacterium kansasii
(Provoca infezioni tipo tubercolosi)
…………………………………………… isoniazide, rifampicina
- Mycobacterium avium complex
(Provoca infezioni tipo tubercolosi)
..……………………………………claritromicina+ciprofloxacina
- Mycobacterium fortuitum complex
(Provoca infezioni tipo tubercolosi)
……………………………………….…amikacina+claritromicina
- Mycobacterium marinum
(Provoca infezioni tipo tubercolosi)
………………………………………...minociclina, cotrimoxazolo
- Mycobacterium leprae
(Provoca lebbra)
…………………………………dapsone+rifampicina+clofazimina
G- ACTINOMICETI
- Actinomyces israelii
195
(Provoca actinomicosi)
…………………………………………. penicillina G, tetraciclina
- Nocardia
(Provoca nocardiosi)
………...…………………………….cotrimoxazolo, sulfisoxazolo
H- CLAMIDIE
- Chlamydia psittaci
(Provoca psitaccosi)
………………………………………………….. tetraciclina, CAF
- Chlamydia trachomatis
(Provoca tracoma)
…………………………………………azitromicina, tetraciclina
- Chlamydia pneumoniae
(Provoca polmonite)
…………………………………………..eritromicina, tetraciclina
I- MICOPLASMI
- Mycoplasma pneumoniae
(Provoca polmonite)
………………………………………… eritromicina, tetraciclina
- Ureaplasma urealyticum
(Provoca infezioni delle vie urinarie)
………………………………………… eritromicina, tetraciclina
J- SPIEROCHETE
- Borrelia burgdorferi
(Provoca malattia di Lyme)
……………………………..doxicillina, amoxicillina, ceftriaxone
- Borrelia recurrentis
(Provoca febbre ricorrente)
……………………………………….. penicillina G, tetraciclina
- Leptospira
(Provoca leptospirosi)
……………………………………….. penicillina G, tetraciclina
- Treponema pallidum
(Provoca sifilide)
……………………………………….. penicillina G, tetraciclina
- Treponema pertenue
(Provoca framboesia)
……………………………………….. penicillina G, tetraciclina
K- RICKETTSIE
- Rickettsia prowazeki
Provoca tifo esantematico
196
-
Rickettsia typhi
Rickettsia rickettsii
Rickettsia conorii, sibirica, australis
Rickettsia akari
Rickettsia burnetii
Provoca tifo murino
Provoca febbre maculata
Provoca tifo africano
Provoca rickettsial pox
Provoca febbre Q
Contro tutte le Rickettsie …………………………doxiciclina, CAF, fluorochinolone
CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTIBIOTICI PER MECCANISMO D‘ AZIONE :
1) ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DELLA PARETE
BATTERICA
A) BETA LATTAMICI (Penicilline, Cefalosporine, Carbapenemi, Monobattami,
Inibitori beta-lattamasi)
B) GLICOPEPTIDICI
C) FOSFOMICINA
D) CICLOSERINA
2) ANTIBIOTICI INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA
A) INIBITORI SUBUNITA‘ 50 S (Macrolidi, Amfenicoli, Lincosammidi,
Fusidani, Streptogramine, Oxazolidinoni)
B) INIBITORI SUBUNITA‘ 30 S (Aminoglicosidi, Tetracicline)
C) INIBITORI DELL‘ ISOLEUCINA t-RNA (Acido pseudomonico)
3) ANTIBIOTICI ATTIVI SULLA SINTESI DEGLI ACIDI NUCLEICI
A) INIBITORI DELLA DNA-GIRASI (Chinoloni \ Fluorochinoloni, Cumarine,
Ciclotialidina)
B) INIBITORI DELLA DIIDROPTEROATO SINTETASI (Sulfamidici)
C) INIBITORI DELLA DIIDROFOLATO REDUTTASI (Trimetoprim e
analoghi)
D) INIBITORI DLLA TRASCRIZIONE DEL DNA (Ansamicine \ Rifamicine)
4) ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A LIVELLO MACROMOLECOLARE
A) ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A PROTEINE E ACIDI NUCLEICI
(Nitrofurani, Nitroimidazoli)
B) ANTIBIOTICI CHE PROVOCANO MODIFICAZIONI DELLA
PERMEABILITA‘ CELLULARE (Antibiotici Polipeptidici, Altri)
1. ANTIBIOTICI CHE AGISCONO SULLA SINTESI DELLA PARETE
BATTERICA (PEPTIDOGLICANO)
A. ANTIBIOTICI BETA-LATTAMICI
197
Sono capaci di bloccare le transpeptidasi batteriche (PBP) enzimi coinvolti nella
sintesi della parete batterica, deputati all‘ assemblamento dei polimeri lineari di
peptidoglicano.
La resistenza è data dalle beta lattamasi che aprono l‘ anello beta lattamico, da
mutazioni della PBP, da perdita o diminuita espres-sione delle porine o variazioni dei
componenti polisaccaridici del-la parete.
Si dividono in 5 classi:
a. PENICILLINE
STORIA DELLE PENICILLINE
Nel periodo che va dalla sua scoperta (1928) fino ai primi anni dopo la seconda
guerra mondiale si condussero moltissime ricerche sulla Penicillina G. Questo grande
interesse per la penicillina G fu determinato dal fatto che ci si rese sempre più conto
dell'importanza che poteva assumere in medicina e dal fatto che bisognasse trovare
nuove cure per le infezioni dei soldati in guerra. La sua scoperta, più che mai fortuita,
si può inserire bene, però, in quel filone di studi che, già a partire dalla fine del XIX
secolo, aveva interessato gli scienziati: la cura di malattie per mezzo di prodotti
chimici. Tali prodotti devono essere capaci di distruggere i batteri nocivi, che si sono
introdotti nell'organismo, senza danneggiare i tessuti colpiti da essi. Tra questi
possono venire inclusi gli antibiotici, ossia delle sostanze prodotte da muffe o funghi,
che sono in grado di impedire lo sviluppo di numerosi germi patogeni. Già nel 1887
lo stesso Pasteur aveva notato che lo sviluppo di batteri che provocavano l'antrace,
una malattia mortale che poteva colpire sia i bovini che gli ovini e trasmettersi anche
all'uomo, veniva impedito da altri batteri. Egli pensò che questo fatto potesse essere
sfruttato nella cura delle malattie. Si deve a Ernst Chayn e Howard Walter Florey la
scoperta del metodo di purificazione della penicillina dal brodo di coltura e la
scoperta del suo grande potere antibiotico e, quindi, della possibilità di poterla usare
come farmaco sull'uomo.
Caratteristiche e proprietà chimico-fisiche
Vanno sotto il nome di Penicilline tutti quegli antibiotici considerabili come Nacilderivati dell'acido 6-ammino-penicillico, 6-APA. Esistono, quindi, vari tipi di
penicilline che possiedono tutti proprietà biologiche e chimiche simili ma
differiscono per la composizione della catena laterale. Si parla, infatti, di penicillina
G, ad esempio, nel caso in cui ci sia un gruppo benzile oppure di penicillina N nel
caso si abbia come catena laterale il resto dell'acido D--amminoadipico. Se presenti
sotto forma di acido tutti i tipi di penicillina sono solubili in alcoli, chetoni, eteri e
esteri; sono, invece, poco solubili negli idrocarburi aromatici e sono insolubili in
quelli alifatici. In tale forma sono, inoltre, moderatamente solubili in acqua dove
perdono facilmente la loro attività biologica. Le penicilline, infatti, si presentano
generalmente come dei composti relativamente instabili dal punto di vista chimico.
Per azione blanda di reagenti alcalini o per effetto dell'enzima penicillinasi, si
trasformano nell'acido penicilloico per dare poi luogo, per decarbossilazione,
all'acido penilloico. In soluzioni acide diluite subiscono delle reazioni intramolecolari
198
e si trasformano in acidi penillici. Attualmente sono disponibili numerosi tipi di
penicillina utili dal punto di vista terapeutico. Essi, in base alla loro origine, possono
essere distinti in penicilline biosintetiche e penicilline semisintetiche. Le prime si
ottengono per fermentazione aerobica di appropriati ceppi di Penicillum
chrysogenum in presenza degli acidi precursori della catena laterale. L'antibiotico
ottenuto si estrae dalla coltura con solventi come l'acetato di amile o di butile a pH
acido e si riporta in soluzione acquosa tamponata e poi di nuovo come acido libero
nel solvente organico. Il prodotto ottenuto, in forma di sale di sodio, di potassio o di
una base organica, come la procaina, prima di essere utilizzato a scopo farmaceutico,
è sterilizzato e liofilizzato. Si parla, invece, di penicillina semisintetica nel caso in
cui, per produrla, si parta dall'acido 6-amminopenicillanico, ottenuto per scissione
enzimatica o chimica della benzilpenicillina. L'acido è poi acetilato per ottenere la
penicillina desiderata.
Le penicilline agiscono come antibiotici inibendo la sintesi della parete cellulare delle
cellule batteriche in fase di crescita. Infatti, essi interagiscono con l'enzima
transpeptidasi, responsabile della reticolazione del peptidoglicano, un costituente
della parete cellulare. Le cellule, prive così di parete, non sono più protette rispetto
alla differenza di pressione osmotica fra il loro interno e il mezzo esterno e, quindi, si
rompono. L'antibiotico non presenta, invece, nessun effetto sulle cellule quiescenti.
La storia della penicillina costituisce un passaggio fondamentale nella comprensione
del cambiamento di approccio che scienziati e studiosi hanno tenuto nell'affrontare il
problema delle malattie infettive e del loro controllo. La scoperta che la causa di
molte malattie infettive era da attribuirsi a diversi microrganismi aveva spostato
l'attenzione di molti scienziati sull'immunità acquisita e sulla prevenzione come
mezzo migliore di protezione da queste. L'interesse si incentrò, quindi, sul controllo
di tali malattie attraverso lo sviluppo e l'utilizzo di vaccini e antisieri. Il primo a dare
un approccio molto diverso alla ricerca sulle malattie infettive fu Paul Ehrlich (18541915). Egli propose che si potesse usare la chemioterapia (termine coniato dallo
stesso scienziato) per combattere queste malattie, ossia che si potessero curare con
l'utilizzo di un farmaco preciso, tossico per il microrganismo patogeno. La necessità
di incrementare gli studi in campo immunologico e batteriologico fu resa sempre più
forte dallo scoppio del primo conflitto mondiale e, quindi, dalla necessità di curare le
infezioni diffuse tra i soldati in guerra. Tra gli scienziati che parteciparono
attivamente a queste ricerche vi fu anche Alexander Fleming (1881-1955).Egli,
infatti, negli anni antecedenti il conflitto mondiale, aveva lavorato nei laboratori
batteriologici del St.Mary a Londra e quando lo staff si trasferì in Francia e istituì
laboratori in ospedali da campo, per curare le infezioni dei soldati ,anche lui prese
parte all'iniziativa. In tali circostanze venne a contatto con infezioni così gravi che lo
spinsero a cercare dei composti chimici, seguendo la strada degli studi di Ehrlich, che
permettessero di curarle. Ritornato dalla guerra, continuò i suoi studi alla ricerca di
un antisettico. Nel 1921 scoprì il lisozima, un enzima presente in molti liquidi
corporei che presenta forti effetti antibatterici ma che non funziona in modo efficace
contro le infezioni più gravi: La scoperta, che avvalorava però l'idea che le infezioni
199
potessero essere curate attraverso sostanze endogene prodotte dal corpo e, quindi,
attraverso una risposta immunitaria del corpo stesso, aumentò il suo interesse verso
gli agenti antimicrobici. Fu durante tali studi che, casualmente, scoprì nel 1928 una
sostanza che presentava effetti antibatterici e che arrivò più tardi a chiamare
penicillina. Egli, infatti, mentre era intento a pulire nel suo laboratorio, fu incuriosito
da una piastra di petri con Stafilococchi che era stata inquinata da una muffa. Le
colonie di questa muffa, che egli stabilì essere di Penicillium notatum, avevano
causato una zona di inibizione della crescita degli Stafilococchi che stavano nelle
vicinanze delle stesse. Fleming ipotizzò che la muffa avesse prodotto una sostanza
letale per gli Stafilococchi, che era, appunto, la penicillina. Egli presentò il suo lavoro
su questa scoperta nel 1929, pubblicando anche un articolo sul British Journal of
Experimental Pathology ma le sue ricerche riscossero scarso successo. Tuttavia egli
continuò a lavorare su questo particolare tipo di muffa per alcuni anni ma non
sviluppò mai quello che poteva essere l'uso clinico della penicillina anche perché non
era un chimico ma un batteriologo e, quindi, non fu in grado di arrivare alla sua
purificazione. Il suo contributo alla scienza con la scoperta, seppur frutto del caso, di
quello che sarebbe diventato un antibiotico di enorme utilità e i suoi studi successivi a
riguardo trovarono riconoscimento nel 1945 quando fu insignito del premio Nobel
insieme con Ernst Chain e Howard Florey. A trasformare, infatti, quella che per
Fleming era rimasta una semplice curiosità batteriologica in uno strumento clinico di
importanza immensa e ad aprire la strada per la produzione industriale della
penicillina furono due ricercatori che lavoravano all'Università di Oxford. Qui gli
studi sulla penicillina ripresero casualmente nei laboratori di patologia pochi anni
dopo la sua scoperta. I due ricercatori erano l'australiano Howard Florey (1898-1968)
e il tedesco Ernst Chain (1906-1979) che si interessarono di portare avanti, a partire
da metà degli anni trenta, delle ricerche sull'importanza dei meccanismi di difesa
dell'organismo contro particolari tipi di infiammazioni batteriche. Nel corso di questi
studi si puntò di nuovo l'attenzione sul lisozima e si arrivò a purificarlo e a
determinarne la natura del substrato. Proseguendo su questa strada Florey iniziò una
ricerca sistematica sulle proprietà biologiche e chimiche di alcune sostanze
antibatteriche, prodotte dai batteri e dalle muffe. Scoprì che alcune sostanze naturali
funzionavano come efficaci antidoti contro i batteri, portando avanti il concetto di
antibiosi, già sviluppato da altri ricercatori come Pasteur. Egli insieme ai suoi
collaboratori scelse così di lavorare su questi prodotti nelle ricerche che doveva
iniziare nel 1938. Durante tali ricerche, Chain, uno dei suoi collaboratori, ritrovò su
vecchi articoli la sorprendente scoperta di Fleming e convinse Florey a permettergli
di fare ulteriori studi sulla penicillina. I lavori dei laboratori di Oxford si
concentrarono, quindi, su questo antibiotico e divennero famosi. Infatti i ricercatori
riuscirono, per la prima volta, a produrre e a estrarre abbastanza sostanza, anche se
ancora grezza ma già abbastanza concentrata, dal brodo di coltura della muffa.
Questo permise di fare degli esperimenti di tipo farmacologico e tossicologico su topi
e animali da laboratorio, nei quali era stata iniettata una dose letale di batteri. Si
scoprì così il grande potere antibatterico della penicillina. Più tardi si arrivò a definire
che la penicillina aveva una "tossicità differenziale" ossia, che, se somministrata in
200
concentrazioni non dannose per l'organismo, era in grado di distruggere i batteri che
infettavano quest'ultimo senza che esso subisse dei danni. Si apriva così la strada agli
studi per l'applicazione di tale sostanza nell'ambito clinico e, quindi sull'uomo. Ma
l'utilizzo di tale antibiotico sull'organismo umano richiedeva di avere a disposizione
notevoli quantitativi di sostanza attiva che fosse anche sufficientemente pura. Per
questo, dopo la scoperta dell'enorme potere chemioterapico della penicillina, in molti
laboratori della Gran Bretagna e degli Stati Uniti si intensificarono le ricerche.
L'impulso a incrementare le ricerche su questo farmaco venne anche dallo scoppio di
un altro conflitto mondiale. Infatti, nel 1942, vista l'immediata utilità che la
penicillina poteva avere per la cura delle infezioni in guerra, due gruppi di ricercatori,
uno, quello di Oxford, in cui vi erano, appunto, H.Florey, R. Robimson, W Baker e
E.Chain, e uno all'Imperial College di Londra, rappresentato da I. Heilbron e A. H.
Cook, ripresero le ricerche sui metodi di purificazione dell'antibiotico. A tali ricerche
si interessarono anche industrie chimiche e case farmaceutiche. Tali lavori permisero,
nel giro di un anno, di arrivare alla prima formula di struttura che fu proposta nel
1943, di scoprire che, sebbene sia presente una porzione centrale comune, tuttavia
sono numerose le varianti di penicillina dovute alla presenza di catene laterali
attaccate al nucleo comune e di precisare la struttura con la diffrazione ai raggi X.
Chain e Florey, infatti, provarono che la penicillina era un composto chimico con una
ben determinata struttura, la quale fu poi dimostrata attraverso le analisi
cristallografiche di Dorothy Hodgkin (1910-1994). Ella, dopo quattro anni di duro
lavoro riuscì, a determinare la struttura precisa della molecola di penicillina nel 1946.
Questa grande scoperta aprì la strada alle successive ricerche sulla sintesi delle
penicilline. Vanno ricordati, di questa originale ricercatrice, anche la risoluzione della
struttura della vitamina B 12 e la determinazione, nel 1969, della struttura
dell'insulina.
Furono poi Florey e Chain i primi ad ottenere la penicillina in forma pura. I loro
lavori sull'antibiotico vennero pubblicati per la prima volta nel 1940 e poi in un libro
Antibiotics nel 1949. Il metodo adottato per ottenere il composto chimico puro
consistette nel coltivare la muffa in uno speciale liquido nutritivo ed estrarre la
penicillina, sotto forma di acido, con dei solventi organici anziché con acqua, dove
essa, come già accennato, sembrava perdere i suoi poteri antibatterici. Quindi la
penicillina si purificò attraverso un processo di ripartizione tra solventi organici
diversi, all'inizio associata a diverse forme di cromatografia, scoperte alcuni anni
prima da A.J. Martin e Synge. La purificazione fu, quindi, dal punto di vista chimico
un processo decisamente delicato dato che la sostanza perdeva la sua attività in
soluzioni estremamente acide o alcaline ed era facilmente alterabile dai metalli
pesanti .Infatti, le cause dell'insuccesso di precedenti tentativi di pur ificazione da
parte di altri scienziati erano proprio state la forte instabilità delle sue molecole in
molti solventi e soprattutto la facilità della sostanza a perdere la sua attività
antibatterica.
Da un articolo, dello stesso Chain, uscito sul Ann. Rev. Biochem al termine del
conflitto mondiale, che raccoglie tutte le scoperte sulla chimica della penicillina fino
201
a quel tempo, risulta, infatti, che i metodi di purificazione conosciuti e utilizzati per
ottenere la penicillina come composto puro erano:
 Distribuzione tra acqua e solventi organici. Questo processo sarà la base dei
metodi di purificazione usati per al produzione commerciale della penicillina.
Si basa sul fatto che, essendo la penicillina un acido, è più solubile se presente
in tale forma in solventi organici mentre se si trova come sale è più solubile in
acqua ed è così possibile estrarre l'antibiotico da una soluzione acquosa
acidificata in una soluzione di solventi organici. I solventi più usati per
l'estrazione della penicillina dalla soluzione acquosa sono l'amilacetato, il
butilacetato e il cloroformio. Quest'ultimo che non può essere usato però per
l'estrazione della p-idrossibenzilpenicillina perché essa ha un coefficiente di
ripartizione tra il cloroformio e l'acqua troppo piccolo. La penicillina può
anche essere estratta da una soluzione acquosa neutra con l'n-butanolo e, in tale
caso, la sua solubilità in acqua viene diminuita saturando la soluzione con
solfato di ammonio.
 Cromatografia su colonna di allumina.
 Cromatografia di ripartizione su gel di silice
 Precipitazione della penicillina come sale attraverso l'aggiunta di basi
organiche e ammoniaca ad una soluzione del suo acido in solventi organici.
Il fatto di essere riusciti a purificare la penicillina rappresentò un grande passo avanti
per i suoi utilizzi terapeutici, reso ancora più importante dal momento che la guerra in
corso richiedeva grandi quantitativi di antibiotici per curare molteplici infezioni. Il
suo uso iniziale sui pazienti fu accompagnato da numerosi effetti secondari tanto da
suscitare dei dubbi sui suoi utilizzi come antibiotico. In realtà si scoprì che tali effetti
non erano altro che la conseguenza di alcune impurità, ancora presenti nella sostanza,
che scomparivano con una sufficiente purificazione.
Molti risultati dei lavori compiuti negli anni trenta e quaranta in Gran Bretagna e
negli Stati Uniti, furono pubblicati solo al termine della guerra, a causa delle
restrizioni date dai governi dei due Paesi. Gli scienziati inglesi, infatti, avevano
formato un comitato, consistente di rappresentanti di diversi gruppi di ricerca, e
datarono progressivamente gli scritti sulle varie scoperte circa la penicillina, definiti
come serie "PEN". Questi invece di essere normalmente pubblicati furono spediti alla
segreteria del comitato stesso. Verso la fine del 1943 il Medical Research Council
prese il controllo dei lavori sull'antibiotico e diede origine al Comitato per la sintesi
della penicillina che rimpiazzò quello precedente. Gli scienziati americani
comunicavano, invece, i loro risultati al Committee on Medical Research of the
Office of Scientific Research and Developement. A mano a mano che le ricerche
procedevano diventava però sempre più evidente che sarebbe stata necessaria una
collaborazione tra Stati Uniti e Gran Bretagna dato che una conclusione favorevole
delle ricerche avrebbe avuto esiti positivi anche sul piano bellico. Iniziò, quindi, un
periodo di intensa collaborazione tra i comitati di ricerca dei due paesi che durò dal
1943 al 1945.
Florey, visto la difficoltà finanziaria della Gran Bretagna per continuare a
sovvenzionare gli studi e cercare di aumentare la produzione di penicillina, fu
202
mandato nei laboratori del Dipartimento dell'Agricoltura a Peoria nell'Illinois, presso
il Centro di Ricerca Regionale del Nord, per continuare le sue ricerche. In questo
periodo i laboratori americani avevano già cominciato ad investigare la produzione di
penicillina in colture in superficie e a Peonia la produzione industriale dell'antibiotico
divenne un progetto governativo di alta priorità. Le industrie furono fornite di ceppi e
sistemi di fermentazione e come terreno di coltura si utilizzò sempre di più un
insieme di amido idrolizzato, lattosio e acqua di macerazione del mais; Kluyver e
Perquin dimostrarono che era possibile coltivare muffe in colture sommerse e i
laboratori di Peonia adottarono questo metodo per la crescita del Penicillium. In
questi laboratori si riuscì a isolare anche un nuovo ceppo di Penicillium (Penicillium
chrysogenum) che si rivelò più adatto in seguito per la produzione industriale
riguardo alla quale si cercarono di ottimizzare i metodi di produzione in modo da
incrementare i quantitativi prodotti. In stretta collaborazione università e laboratori
privati risolsero i maggiori problemi legati alla fermentazione a al disegno dei
fermentatori. La collaborazione tra Stati Uniti e Gran Bretagna incrementò anche le
loro potenzialità mediche e portò verso ricerche ancora attuali su nuovi tipi di
antibiotici. Nel periodo postbellico le industrie del campo (Merck, Lederle,
Hoffmann-La Roche, Glaxo) ebbero notevoli vantaggi dagli sforzi e dalle ricerche
fatte durante il secondo conflitto mondiale. Un caso particolare fu rappresentato dalla
Koninklinke Nederlandsche Gisten Spriritusfabriek (industria olandese) che prima
della guerra produceva solo alcool, lieviti, vitamine e che durante il conflitto vide la
sua attività di ricerca ridotta al minimo anche perché molti dei suoi ricercatori si
dedicarono alla pianificazione di attività postbelliche. Nel 1943 questi scienziati
vennero a conoscenza che una "medicina" di nome penicillina era stata scoperta;
dopo aver capito che essa aveva a che fare con la muffa Penicillium cominciarono
subito ad interessarsi e a cercare le pubblicazioni di Fleming. Avendo accesso ai
ceppi della muffa, che erano stati depositati da Fleming in precedenza al Central
Bureau Voor Schimmelcultures a Baarn in Olanda, cominciarono immediatamente
ricerche segrete sulla penicillina, senza avere alcun beneficio dalle ricerche che
stavano circolando all'estero e riuscirono presto a isolare l'antibiotico in forma pura.
La quantità ottenuta fu sufficiente a curare molti pazienti con successo. Nell'inverno
del 1944 acquistarono una fiala di penicillina dagli alleati, con il contenuto della
quale i ricercatori olandesi provarono che avevano effettivamente isolato la
penicillina e non un altro antibiotico. Negli anni successivi al secondo conflitto
mondiale ulteriori sforzi furono fatti per quanto riguardava la produzione di nuovi tipi
di penicillina operando sul tipo di ceppo batterico, studiando il ruolo degli enzimi che
intervengono nel processo di sintesi dell'antibiotico e intervenendo sul processo
biosintetico vero e proprio.
Tox: Reaz. allergiche, anemia emolitica, nefriti ,convulsioni ( x dosi alte in pazienti
con insufficienza renale) , disturbi gatrointestinali
(uccidono la flora gastrointestinale) con nausea, vomito,diarrea, colite
pseudomembranosa, sovraccarico di sodio e ipokaliemia x le penicill. sali sodici (
Carbenicillina ,ticarcillina)
203
Le reaz allergiche posson essere di 3 tipi:
a) Immediate: 30‘ eritema, rossore cute, orticarie, angioedema
b) Precoci: 1-72 ore dopo : eritema, prurito, orticaria, rinite, edema della glottide,
broncospasmo, ipotensione
c) Tardive: dopo 72 ore : eritema morbilliforme, anemia emolitica, trombopenia ,
nefrite interstiziale
CLASSIFICAZIONE CHIMICA DELLE PENICILLINE
0. PENICILLINA G
1.
-
PENICILLINE RITARDO
PENICILLINA G -PROCAINA
BENZATINA BENZIL- PENICILLINA
CLEMIZOLO BENZIL- PENICILLINA
2. BENZIL- e FENOXIALCHIL- PENICILLINE (Acido stabili e quindi
somministrabili x via orale , emivita 30\40 min) con spettro d‘azione simile
a quello della Penicillina G nei confronti dei gram+, ma + limitato:
streptococchi, pneumococchi, stafilococchi, clostridi
- CLOMETOCILLINA
- AZIDOCILLINA 1,5 gr pro die\ 3 somm. giornaliere
- FENOXI-METIL-PENICILLINA (PENICILLINA Va) dal P. Notatum
- FENETICILLINA 3 gr pro die
- PROPICILLINA 2-4 milioni UO pro die
3. AMINO- PENICILLINE (Acido stabili e quindi somministrabili x via orale,
a largo spettro rispetto alla Penicillina G, ma sensibili all‘ azione delle betalattamasi : Enterococco, Listeria monocytogenes; H.influenzae, Proteus
mirabilis, E.coli, Salmonella spp., Shigella spp.)
- AMPICILLINA emivita 40 min x os
- AMOXICILLINA emivita 1,2 h
- PIV-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco)
- BAC-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco)
- TAL-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco)
- EPICILLINA emivita 1 h
- CICLACILLINA emivita 0,5 h
4. PENICILLINE A SPETTRO MOLTO LARGO (PENICILLINE ANTIPSEUDOMONAS) hanno uno spettro + ampio e particolarmente orientato
sui gram negativi in particolare su Pseudomonas aeruginosa, Proteus indolo
+ e -, Enterobacter spp, Bacteroides fragilis
204
a. CARBOSSI-PENICILLINE
Hanno uno spettro orientato + sui gram negativi
- CARBENICILLINA emivita 1 h ben assorbito x i.m.
- CARINDACILLINA (attivo x os) è un profarmaco della carbenicillina
(estere indanilico)
- CARFECILLINA (attivo x os) è un profarmaco della carbenicillina
(estere fenilico)
- TICARCILLINA emivita 1,2 h ben assorbito x i.m
- METOSSI-TICARCILLINA o TEMOCILLINA ben assorbito x i.m
attivo anche su Neisseria spp., Moraxella spp., Klebsiella pneumoniae,
Providecia spp
b. SULFOSSI-PENICILLINE
- SULBENICILLINA emivita 1,5 h ben assorbito x i.m.
c. UREIDO-PENICILLINE
- AZLOCILLINA emivita 1,3 h attiva solo x i.m.
- MEZLOCILLINA emivita 1 h ben assorbito x i.m.
- PIPERACILLINA (1g x 2 volte al dì) emivita 1,4 h ben assorbito x
i.m.
- FORMIDACILLINA
- APALCILLINA (emivita 1,3 h) x i.m.
5. PENICILLINE PENICILLINASI RESISTENTI
a. ISOSSAZOLIL-PENICILLINE (attive x os) hanno uno spettro limitato ai
gram + e in particolare sono attive sui stafilocochi produttori di beta-lattamasi
- OXACILLINA emivita 0,5 h
- CLOXACILLINA emivita 0,6 h 1-2 g/die
- FLUCLOXACILLINA 1 g (6-8 h) emivita 0,7 h
b. AROIL-PENICILLINE hanno uno spettro limitato ai gram + e in
particolare sono attive sui stafilocochi produttori di beta-lattamasi
- METICILLINA ben assorbito x i.m. e x e.v. emivita 0,8 h
- NAFCILLINA
c. ALTRI
- SULBENICILLINA è un profarmaco in cui sono uniti da un legame
stearico nella stessa molecola Ampicillina+ Penicillina semisintetica+
sulbactam (inibitore delle beta lattamasi) x os
205
6. AMMIDINO PENICILLINE attive nei riguardi dei batteri gram negativi,
anche ampicillino-resistenti, specie E.coli, Salmonella spp., Shigella spp.,
Klebsiella spp., Yersinia spp., Enterobacter spp., Citrobacter spp.
- MECILLINAM emivita 0,9 h ottimo assorbimento x i.m.
- PIV-MECILLINAM (profarmaco)
- BAC-MECILLINAM (profarmaco)
b. CEFALOSPORINE
Danno tromboflebiti x e.v. , diarrea x os , reaz. allergiche, anemia emolitica,
nefrotoxicita‘ (cala dalla Ia alla IV gen.)
Si differenziano in parenterali e orali ognuna in 4 generazioni. Dalla I° alla IV°
generazione aumenta l‘ attivita‘ antibatterica dai gram+ ai gram + e - , mentre
diminuisce la nefrotoxicita‘.
1. CEFALOSPORINE PARENTERALI
Ia GENERAZIONE
Attivi su cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) ed
alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli)
- CEFALOTINA emivita 0,5h
- CEFALORIDINA emivita 1h
- CEFAPIRINA emivita 0,7 h
- CEFAZOLINA emivita 2h
- CEFACETRILE emivita 0,9h
- CEFTEZOLO emivita 1h
IIa GENERAZIONE
Spettro ampio, comprendente cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori
di beta lattamasi) e molti cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli,
K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -)
- CEFAMANDOLO emivita 1h
- CEFONICID emivita 4,5h
- CEFUROSSIMA emivita 1,5h
- CEFAZEDONE emivita 1h
- CEFOSSITINA emivita 0,8h
- CEFOTETAN 3,5h
- CEFMETAZOLO emivita 1,5h
IIIa GENERAZIONE
Spettro molto ampio, comprendente cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi
produttori di beta lattamasi) e cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp.,
E.Coli, K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -,
206
Providencia spp, serratia marcescens). Discreta attività su alcuni ceppi di
Pseudomonas aeruginosa; scarsamente attivi su Bacteroides fragilis
- CEFOTAXIMA emivita 1h
- CEFTIZOXIMA emivita 1,5h
- CEFMENOXIMA emivita 1,4h
- CEFTRIAXONE emivita 8h
- CEFTAZIDIMA emivita 1,8h
- CEFOPERAZONE emivita 2h
- CEFOTIAM emivita 1,1h
- CEFSULODIN emivita 1,7h
- MOXALACTAM emivita 2.3h
- LATAMOXEF (ha 1 nucleo Oxacefemico ) emivita 2.5h
IVa GENERAZIONE
Spettro molto ampio, comprendente cocchi gram+ (inclusi stafilococchi produttori di
beta lattamasi) e cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli,
K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -, Providencia
spp, Serratia marcescens e soprattutto su Pseudomonas aeruginosa, stutzeri,
fluorescens). Moderata attività anche nei riguardi di batteri anaerobi sia Gram+ che
Gram- CEFEPIMA emivita 2h
- CEFPIROME emivita 2h
2. CEFALOSPORINE ORALI
Ia GENERAZIONE
Spettro d‘azione discretamente ampio cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi
produttori di beta lattamasi) ed alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria
spp., E.Coli)
- CEFALOGLICINA emivita 2h
- CEFALESSINA emivita 0,7 h
- CEFRADINA emivita 0,7h
- CEFADROXIL emivita 1,4h
IIa GENERAZIONE
Spettro d‘azione discretamente ampio cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi
produttori di beta lattamasi) ed alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria
spp., E.Coli, Klebsiella pneumoniae, soprattutto H.influenzae e M. catarrhalis,
Proteus indolo + e -)
- CEFACLOR emivita 0,7 h
- CEFATRIZINA emivita 1,5 h
- CEFROXADINA emivita 1,5 h
- CEFUROXIMA AXETIL emivita 1,1 h
207
IIIa GENERAZIONE
Spettro d‘azione ampio comprendente cocchi e bacilli gram+ (esclusi stafilococchi
produttori di beta lattamasi) e soprattutto gram- ( P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli,
Klebsiella pneumoniae, soprattutto H. influenzae e M. catarrhalis, Proteus indolo + e
-)
- CEFIXIMA emivita 2,3h
- CEFPODOXIMA PROXETIL emivita 3h
- CEFETAMET PIVOXIL emivita 2,3h
- CEFOTIAM HEXETIL emivita 2h
- CEFPROZIL emivita 1,5 h
- CEFTIBUTEN emivita 1,9 h
- LORACARBEF emivita 1,2h
c. CARBAPENEMI
Il primo carbapeneme è stata la TIENAMICINA che era pero‘ instabile in vivo e non
attiva. Per renderla attiva si è bloccato il suo gruppo –NH2 terminale con 1 gruppo
iminico e si è ottenuto l‘ IMIPENEM che era comunque inattivato dall‘ enzima
DIPEPTIDASI RENALE I UMANA (DRIU) . Allora l‘ IMIPENEM si è associato ad
1 inibitore dell‘ enzima DRIU : la CILASTATINA cosi‘ il farmaco è attivo (associazione 1\1).
- IMIPENEM + CILASTATINA
Poi si è sintetizzato il MEROPENEM che non va associato alla cilastatina, perche‘
non viene inattivato dall‘ enzima DRIU
L‘imipenem e il meropenem sono antibiotici ad uso parenterale estremamente attivi
con uno spettro esteso praticamente a tutti i germi gram + e gram –, sia aerobi che
anaerobi. Enterococchi, B. fragilis, e P. aeruginosa sono suscettibili. Tuttavia, la
maggior parte degli stafilococchi meticillino-resistenti è resistente anche
all‘imipenem e al meropenem. L‘imipenem ha una formulazione che associa il
cilastatin sodico, sostanza messa a punto per inibire il metabolismo renale
dell‘imipenem e per assicurare livelli antibatterici adeguati. L‘imipenem-cilastatina si
somministra EV a dosaggi di 0,5-1 g q 6 h in adulti e di 40-60 mg/kg/die q 6 h nei
bambini. Il meropenem negli adulti si somministra alla dose di 1 g EV q 8 h e nei
bambini alla dose di 20 mg/kg/die somministrata q 8 h (dose massima 2 g q 8 h). Gli
effetti collaterali che si possono avere con l‘imipenem sono un‘ipotensione transitoria
durante la somministrazione e convulsioni. Le convulsioni sono meno comuni con il
meropenem rispetto all‘imipenem.
- MEROPENEM
- SANFETRINEM
d. MONOBATTAMI
Si dividono in :
a. NATURALI
- NOCARDICINA A
208
- FORMACIDINA C
b. DERIVATI SINTETICI
- AZTREONAM
L‘aztreonam è un antibiotico ad uso parenterale con eccellente attività nei
confronti dei bacilli aerobi gram –, compreso lo P. aeruginosa; l‘attività contro
lo P. aeruginosa è equivalente a quella di imipenem, meropenem, ceftazidine,
piperacillina e azlocillina. I germi gram + e gli anaerobi sono invece resistenti
all‘aztreonam. Il dosaggio negli adulti è di 1-2 g q 6-12 h IM o EV (nei
bambini, 90-120 mg/kg/die in dosi frazionate ogni 6-8 ore). I prodotti
metabolici dell‘aztreonam sono diversi da quelli di altri antibiotici b-lattamici,
perciò è poco probabile che l‘aztreonam dimostri sensibilità crociata.
- CARUMONAM
e. INIBITORI DELLE BETA LATTAMASI
Proteggono i beta lattamici dall‘ azione delle beta lattamasi (penicillinasi), che
idrolizzano il legame betalattamico\PBP (transpeptidasi) L‘acido clavulanico, il
sulbactam e il tazobactam hanno una scarsa attività antibiotica, ma inibiscono le betalattamasi prodotte da molti batteri. In associazione all‘ampicillina, all‘amoxicillina,
alla ticarcillina o alla piperacillina, questi farmaci divengono efficaci contro germi
altrimenti resistenti; p. es., amoxicillina e acido clavulanico sono efficaci nei
confronti degli stafilococchi produttori di b-lattamasi e dell‘Haemophilus influenzae
- ACIDO CLAVULANICO + amoxicillina(1:2)
//
//
//
+ ticarcillina(1:15)
- SULBACTAM + ampicillina(1:2)
- TAZOBACTAM + piperacillina
B. ANTIBIOTICI GLICOPEPTIDICI
Inibiscono la sintesi del peptidoglicano andandosi a legare irreversibilmente al
nucleotide di Park I (NPI) con 5 ponti a H. Si è verificata resistenza da parte di alcuni
batteri che hanno sostituito nel NPI una alanina con una molecola di acido lattico ,
impedendo il 5° legame a H, con un blocco non + irreversibile dell‘ NPI.
Tox a livello dell‘orecchio(ipoacusia e Sordita‘),nefrotox.(revers),
Liberano istamina nella sede di somm ,se l‘e.v. e‘veloce sindrome dell‘uomo rosso
(tachicardia,prurito,vampate)
- VANCOMICINA
- TEICOPLANINA
- RAMOPLANINA
C. FOSFOMICINA :
Inibisce in modo irreversibile la fosfoenol-piruvasi (enzima che interviene nella
sintesi del peptidoglicano batterico)(-parete batterica) la resistenza è data da
alterazioni del sistema di trasporto x la D-Ala
209
Tox: disturbi g.i., nefrotox.
D. CICLOSERINA
Inibisce la sintesi della parete batterica inibendo 2 enzimi della sintesi che
racemizzano 2 L-ALA in D-ALA e le legano insieme x dare il nucleotide di Park II.
Sono :
- RACEMASI
- SINTETASI
la resistenza è data da alterazioni del sistema di trasporto di glicerofosfato o glucosio
6 fosfato
Tox: neurotox(sonnolenza, psicosi, stato confusionale)
2. INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA
A. INIBITORI DELLA SUBUNITA‘ 50 S
a. MACROLIDI
Si vanno a legare alla sub 50 s e precisamente all‘ rRNA 23s(nella zona dal
nucleotide adenina 2058 al nucleotide 2062) e bloccano la traslocazione dei peptidilt-RNA provocandone il distacco. I batteri hanno creato resistenza andando a metilare
l‘ adenina 2058, bloccandola e rendendo cosi‘ impossibile il legame macrolidesubunita‘50s. La resistenza è data anche da sistemi di trasporto di efflusso e da
variazioni nella subunita‘ 50 s.
Tox: Nausea, vomito, reaz allergiche , il sale estolato ( che ha il maximo
assorbimento) provoca epatite colestatica (nausea, vomito, crampi addominali(mima
la Motilina, ormone della peristalsi intestinale), ittero, febbre), provocano ittero
colestatico x trattamenti lunghi
I macrolidi sono responsabili di un certo numero di interazioni farmacologiche che
possono in alcuni casi portare a reazioni anche gravi. Tali interazioni sono dovute
principalmente all'inibizione del sistema enzimatico citocrocromo P450 (CYP),
costituito da circa 100 differenti isoenzimi. Di recente è stato messo in evidenza il
probabile ruolo svolto dalla glicoproteina P, sia a livello renale che intestinale, nei
meccanismi di interferenza farmacologica . Numerosi farmaci che sono substrato del
CYP450 sono anche substrato della glicoproteina P, riuscendo quindi ad indurne o ad
inibirne l'attività , come nel caso dei macrolidi. Ciò potrebbe giustificare il fatto che,
per esempio, l'azitromicina, la cui attività a livello del CYP450 non sembra essere
rilevante, possa tuttavia indurre aumento delle concentrazioni seriche di digossina,
probabilmente per inibizione della secrezione tubulare mediata dalla glicoproteina P.
Infine, alterazioni della flora batterica intestinale rappresentano un ulteriore
meccanismo mediante cui i macrolidi possono interferire con la cinetica di altri
farmaci. Per esempio, l'eliminazione dell'Eubacterium lentum dal tratto intestinale
può determinare una riduzione del metabolismo presistemico della digossina e della
210
digitossina, con conseguente aumento della biodisponibilità e delle concentrazioni
seriche .
- ERITROMICINA è agonista x i recettori x la motilina, x cui stimola la motilita‘
intestinale; è prodotta da un ceppo di Streptomyces erythreus. Ben assorbito per via
orale, diffonde bene nei tessuti ma non passa attraverso la membrana ematoencefalica. Viene metabolizzato ed escreto a livello epatico. Gli effetti collaterali
sono rari, prevalentemente disturbi gastro-intestinali (per questo se ne consiglia
l'assunzione preferibilmente a stomaco pieno). È attivo soprattutto sui microrganismi
gram-positivi (in particolare su vari ceppi di stafilococchi resistenti alle penicilline) e
su alcuni gram-negativi (tra i quali l'Helicobacter pylori). Potenzia l'effetto dei
dicumarolici e della teofillina, i cui dosaggi andranno pertanto rivalutati in caso di
somministrazione contemporanea. Consentito il suo uso in gravidanza (sempre sotto
controllo medico!). L'eritromicina viene metabolizzata a livello epatico
principalmente dalle isoforme CYP3A e CYP1A, inizialmente determinando
induzione di tali enzimi, alla quale rapidamente segue tuttavia una significativa
inibizione, che porta alla formazione di complessi inattivi enzima metabolita .
Interazioni dell'Eritromicina
FARMACO INTERAZIONE EFFETTI CLINICI
SUGGERIMENTI
Aumento del 60%
Non è necessario
Alprazolam
dell‘AUC
modificare il dosaggio
dell‘alprazolam
dell'alprazolam
Aumento della
Cmax e
dell'AUCinfinito
Monitorare il paziente per
Atorvastatina dell‘atorvastatina
eventuale comparsa di
rispettivamente
miopatia e rabdomiolisi
del 37.7% e del
32.5%
Aumento
Monitorare il paziente ed
dell‘AUC e della
eventualmente aggiustare
Bromocriptina
Nausea e vomito
Cmax della
il dosaggio della
bromocriptina
bromocriptina
Sonnolenza,
Aumento della
vertigini, parestesie
Cmax e dell'AUC
dolorose alle
Riduzione del 50% del
Buspirone
del buspirone
estremità che si
dosaggio del buspirone
rispettivamente di
risolvono in genere
5 e 6 volte
entro 2 ore
Inibizione della Disfunzioni
Riduzione del dosaggio
conversione della vestibolari,
della carbamazepina del
Carbamazepina carbamazepina
sonnolenza,
25% entro 24h dall‘inizio
nel metabolita
confusione, nausea, della terapia combinata e
10,11-epossido e vomito, alterazioni monitoraggio delle sue
211
Cerivastatina
Cisapride
Ciclosporina
Clozapina
Digossina
Disopiramide
conseguente
aumento della sua
concentrazione
ematica
Aumento della
Cmax e dell'AUC
della cerivastatina
rispettivamente
del 13% e del
21%.
Aumento dei
livelli plasmatici
di cisapride per
inibizione della
sua
metabolizzazione
Aumento
dell'assorbimento
gastrointestinale,
dell'AUC e della
Cmax , con
riduzione del T max
e della clearance
della ciclosporina
della conduzione
cardiaca
concentrazioni ematiche
Monitorare il paziente per
eventuale comparsa di
miopatia e rabdomiolisi
Allungamento
Si consiglia , ove
dell‘intervallo QT e
possibile, l‘impiego di un
rischio di torsione di
diverso antibiotico
punta
Sonnolenza,
disorientamento,
Aumento dei
difficoltà di
livelli plasmatici pronunzia,
di clozapina
nistagmo,
incontinenza
vescicale e rettale,
Aumento
significativo della
concentrazione
ematica di
digossina
Nausea, vomito,
secondario
aritmie cardiache
all'azione
dell'eritromicina
sull'Eubacterium
lentum
Aumento della
Prolungamento
concentrazione
dell‘intervallo QT,
Considerare una riduzione
del dosaggio di
Ciclosporina fino al 50%
Cautela
Controllo dei livelli
ematici di digossina
212
ematica di
fibrillazione
disopiramide
ventricolare
Raddoppio della
Cmax e della AUC Ipotensione,
Felodipina
della felodipina tachicardia, edema e
per inibizione del vampate di calore
suo metabolismo
Aumento della
Cmax e dell'AUC
Fexofenadina
della
fexofenadina
Riduzione della
Metilprednisol
clearance del
one
metilprednisolone
Aumento
dell'AUC
superiore a 4
volte con
Midazolam
riduzione della
clearance del
midazolam del
54%
Aumento della
Cmax e dell'AUC24
della simvastatina
rispettivamente di
Simvastatina 3.4 e di 3.9 volte
ed aumento della
Cmax della
simvastatina acida
di 5 volte
Aumento
significativo della Segni di
Tacrolimus
concentrazione
insufficienza renale
ematica del
cronica
tacrolimus
Aumento del 2025% dei livelli
plasmatici di
Fibrillazione
Teofillina
teofillina per
ventricolare
inibizione del suo
metabolismo e
riduzione della
Non è necessario
aggiustare il dosaggio
della fexofenadina
Ridurre del 50% il
dosaggio del midazolam
Ridurre del 50-80 % il
dosaggio della
simvastatina
Controllo della
concentrazione ematica del
tacrolimus, di azotemia,
creatininemia e
funzionalità renale
E' consigliabile evitare la
co-somministrazione per
trattamenti di più giorni
213
Terfenadina
Triazolam
Vinblastina
Warfarina
clearance
Aumento della
concentrazione
plasmatica di
terfenadina per
inibizione del suo
metabolismo
Aumento
dell'AUC per
inibizione del
metabolismo e
riduzione della
clearance del
triazolam
Allungamento
dell‘intervallo QT e Evitare la comaggiore rischio di somministrazione
torsioni di punta
Alterazioni
psicomotorie ed
amnesia
Ridurre del 50% il
dosaggio del triazolam
Grave neutropenia,
mialgia e
costipazione
Potenziamento dello
Riduzione della effetto
clearance del
anticoagulante e
Tenere sotto controllo i
warfarin ed
comparsa di
parametri della
aumento della sua ecchimosi, ematuria
coagulazione
concentrazione
e prolungamento del
plasmatica
tempo di
protrombina
- CLARITROMICINA Anche la claritromicina, così come l'eritromicina viene
principalmente metabolizzata dall'isoenzima CYP3A, per cui è prevedibile che la
claritromicina possa interagire con i farmaci che sono substrato dello stesso sistema
enzimatico.
Interazioni della Claritromicina
EFFETTI
FARMACO
INTERAZIONE
SUGGERIMENTI
CLINICI
Aumento della
AUC della
Se non è possibile evitare la cocarbamazepina e
Sonnolenza,
somministrazione è consigliabile
Carbamazepina riduzione della
vertigini, atassia ridurre il dosaggio della
AUC e Cmax della
carbamazepina
carbamazepina
10,11-epossido
Aumento
Particolare prudenza andrebbe
Ciclosporina
dell‘AUC, del
osservata nei pazienti sottoposti a
214
Cimetidina
Cisapride
Didanosina
Digossina
Tmax e della Cmax
della ciclosporina
Riduzione della
Cmax sia della
claritromicina che
del suo metabolita
14-OHclaritromicina
Aumento del T max
della 14-OHclaritromicina
Aumento (3 volte)
dell‘AUC e della
Cmax della
cisapride
Non risulta alcuna
interazione
significativa
Aumento dei
livelli serici di
digossina dovuto
all‘aumentata
biodisponibilità
secondaria
all'effetto della
claritromicina
sull'Eubacterium
lentum
Inibizione della
secrezione
tubulare di
digossina mediata
dalla glicoproteina
P
Fluoxetina
Accumulo di
fluoxetina
Indinavir
Aumento
dell‘AUC di
entrambi i farmaci
co-somministrazione
Prolungamento
La co-somministrazione è
dell'intervallo
controindicata
QT
Nessun rischio
Debolezza,
astenia, nausea
e vomito
Alterazioni
dello stato
mentale,
possibile
comparsa di
delirio e psicosi
Non è necessario apportare alcuna
modifica al dosaggio di entrambi i
farmaci
215
Loratadina
Midazolam
Pimozide
Rifabutina
Ritonavir
Saquinavir
Aumento
significativo della
Cmax e dell'AUC24
della loratadina e
del suo metabolita
attivo. L'intervallo
QT si mantiene
nel range di
normalità
Riduzione dello
Aumento
stato di
dell‘AUC e della
vigilanza del
Cmax del
paziente ed
midazolam
ipersonnia
Aumento della
Cmax, dell'emivita
Non sono state
e dell'AUC della
segnalate
pimozide, e
reazioni avverse
prolungamento
dell'intervallo QT
Aumento della
concentrazione
Reazioni
ematica della
avverse
rifabutina e del
gastrointestinali
suo metabolita
Aumento
dell‘AUC, della
Cmax e della Cmin
della
claritromicina
Aumento
dell‘emivita media
della
claritromicina da 5
a 14 ore
Aumento medio
dell‘AUC e del
Cmax del ritonavir
Aumento
dell‘emivita media
del ritonavir da 3.5
a 3.9 ore
Aumento
L‘apparente mancanza di
cardiotossicità fa pensare ad
un'interazione clinicamente non
significativa
La co-somministrazione è
sconsigliabile specie in quei
pazienti più sensibili all'azione
delle benzodiazepine e negli
anziani
Evitare, se possibile, la cosomministrazione per l‘aumentato rischio di aritmie
Evitare la co-somministrazione;
ove ciò non sia possibile
monitorare attentamente il
paziente
Non sono necessari aggiustamenti
nel dosaggio di entrambi i
farmaci.
216
Teofillina
Terfenadina
Verapamil
Warfarin
Zidovudina
Cibo
dell‘AUC e della
Cmax della
claritromicina e
riduzione
dell‘AUC e della
Cmax del
metabolita attivo
14-OHclaritromicina
Aumento
dell‘AUC e della
Cmax del
saquinavir
Aumento
dell'AUC, della
Cmax e della Cmin
della teofillina
Aumento
dell'intervallo QT
statisticamente ma
non clinicamente
significativo
Aumentata
biodisponibilità e Severa
ridotta
ipotensione e
eliminazione del bradicardia
verapamil
Aumento della
ipoprotrombinemi
a
Riduzione del
12% dell‘AUC
della zidovudina,
in quanto la
claritromicina
potrebbe ridurne
l'assorbimento
La zidovudina non
interferisce con la
cinetica della
claritromicina
La contemporanea
assunzione di cibo
Attento monitoraggio del paziente
per segni e sintomi di tossicità da
teofillina
La co-somministrazione potrebbe
risultare fatale in soggetti con
preesistenti disturbi cardiaci o
disordini elettrolitici
Cautela
Cautela
La somministrazione di
claritromicina può essere
217
aumenta
lievemente la
biodisponibilità
(entro il 24%)
della
claritromicina
effettuata indipendentemente
dall‘assunzione o meno di cibo
- ROXITROMICINA A differenza della eritromicina, la roxitromicina non inibisce in
misura rilevante il citocromo P450 .Ciò, pertanto, fa sì che la roxitromicina con
scarsa probabilità sia responsabile di interazioni a livello metabolico con altri
farmaci.
Interazioni della Roxitromicina
EFFETTI
FARMACO
INTERAZIONE
SUGGERIMENTI
CLINICI
I livelli di ciclosporina
Non è necessario modificare
risultano aumentati di Nulla di
Ciclosporina
il dosaggio della
poco e la creatininemia rilevante
ciclosporina
rimane nella norma
Maggiore
biodisponibilità della Nausea ,
Benchè tale interazione sia
digossina , dovuta
vomito ed stata evidenziata solo in
probabilmente
alterazioni pochi pazienti è opportuno
Digossina
all'azione della
del
un attento controllo delle
roxitromicina
tracciato
concentrazioni ematiche di
sull'Eubacterium
ECG
digossina
lentum intestinale
Riduzione della
clearance della
teofillina di circa il 16
%.
Attento controllo delle
Teofillina
Lievi variazioni della
concentrazioni ematiche di
Cmax e dell‘AUC con
teofillina
modesto aumento della
concentrazione
ematica
Il cibo non modifica la
Si può somministrare prima
Cibo
biodisponibilità della
o dopo i pasti
roxitromicina
indifferentemente
- MIDECAMICINA
- SPIRAMICINA
- JOSAMICINA
- MIOCAMICINA
218
- KITASAMICINA (LEUCOMICINA)
- ROKITAMICINA
- FLURITROMICINA (non in commercio in italia)
- AZITROMICINA 40 H (gram + e -) L' Azitromicina è l'unico esponente di rilievo
delle azalidi, sottoclasse dei macrolidi. Le modifiche strutturali (15 atomi di
carbonio) le conferiscono un profilo farmacocinetico diverso dagli altri macrolidi.
Poiché l'azitromicina non sembra legarsi al citocromo P450, essa è responsabile di un
minor numero di interazioni con altri farmaci .
Interazioni dell'Azitromicina
EFFETTI
FARMACO
INTERAZIONE
SUGGERIMENTI
CLINICI
Riduzione del 24% della C max
E' consigliabile
Alluminio/Magnesio della azitromicina; nessuna
distanziare
idrossido
modifica significativa dell‘
l'assunzione dei
AUC48
farmaci di 1- 2 ore
E‘ stato riportato un singolo
caso di una paziente
trapiantata in trattamento con
ciclosporina i cui livelli
ematici in seguito ad
assunzione di azitromicina
Ciclosporina
sono risultati pari a
149ng/ml. Sospesa
l'azitromicina le
concentrazioni di
ciclosporina sono scese a
valori di 28ng/ml solo dopo
un mese
Aumento della Cmax e
dell‘AUC della didanosina
Considerata
rispettivamente del 44% e del
l'esiguità dei dati,
14%. Nello stesso studio
non si ritiene necesDidanosina
(solo 6 pz.) analogo risultato
sario modificare il
si è ottenuto nel gruppo
dosag-gio della
trattato con placebo +
didanosina
didanosina
Aumento delle
concentrazioni seriche della
Nausea,
digitossina, dovuto
Attento
vomito e
Digitossina
probabilmente all'effetto
monitoraggio del
bradicardi
dell‘azitromicina
paziente
a
sull'Eubacterium lentum.
Inibizione della secrezione
219
tubulare mediata dalla
glicoproteina P
Non è stata dimostrata alcuna Rischio di
Utilizzare con
Rifabutina
interazione di tipo
neutropeni
cautela
farmacocinetico
a
Tenere sotto
Aumento della
Warfarin
controllo i parametri
ipoprotrombinemia
della coagulazione
- OLEANDROMICINA
- TELITROMICINA (è 1 Ketolide, con caratteristiche simili ai macrolidi)
L'antibiotico Ketolide Telitromicina, è efficace nel trattamento della polmonite
acquisita nella comunità, causata da Streptococcus pneumoniae. E' stato anche
dimostrato che la Telitromicina(Ketek) è attivo anche nel trattamento della
batteriemia da pneumococco.Un totale di 432 pazienti del Nord America, del Sud
America e del Sud Africa con documentati casi di polmonite acquisita in comunità,
hanno ricevuto 800 mg di Telitromicina, una volta al giorno per 7 giorni. La
Telitromicina è risultata utile nel 100% dei 57 pazienti in cui la polmonite è stata
identificata prima dello studio causata dallo Streptococcus pneumoniae. Si utilizza
nel trattamento di soggetti con età superiore di 18 anni della polmonite acquisita nella
comunità, lieve-moderata, nell'esacerbazione acuta della bronchite cronica, nella
sinusite acuta e nella tonsillite / faringite causate da streptococchi beta gruppo A,
come alternativa agli antibiotici beta-lattamici. I più comuni effetti indesiderati del
Ketek sono: diarrea, nausea, vertigini e vomito.
b. AMFENICOLI ( CLORAMFENICOLO \ TIAMFENICOLO )
Si fissa a livello della subunita‘ 50s bloccando l‘azione dell‘ enzima peptidil
transferasi, legandosi sia al sitoA che al sito P del ribosoma . La resistenza è data da
acilazione da parte di 1 enzima non inducibile e da alterazione della subunita‘ 50s. E‘
attivo su gram+ e -, è il farmaco da scegliere contro tifo e paratifo, colera, meningite
(attraversa la BEE e la barriera placentare)
Tox: a livello del sangue (2 tipi):
- meno grave : anemia ipocromica dopo 10 gg
- piu‘ grave : anemia aplastica ( o aplasia midollare) irreversibile
l‘ effetto è dose dipendente : si ha anemia-leucopenia-trombocitopenia con
mielosoppressione a causa di 1 diminuzione della captazione di ioni Fe++ nei
normoblasti e diminuzione dell‘ incorporazione di ioni Fe++ nell‘eme.
Provoca la sindrome del bambino grigio dopo 2-9 gg di terapia, specie in bambini
che hanno difetti di glucuronazione. Provoca anche eruzioni cutanee, angioedema.
Non si superano le 2 settimane di trattamento.
Chimica: Il caf ha 2 atomi di C chirali ; l‘ isomero ad attivita‘ maxima è il D(-)treo
(1R;2R)
- cloramfenicolo palmitato (non solubile in H2O- in uso x evitare il sapore amaro)
220
- cloramfenicolo emisuccinato sodico (solubile in H2O)
- tiamfenicolo (migliore assorbimento)
Forma farmaceutica del cloramfenicolo: Fiale 1 g / Cps 250 mg Nome commerciale
Chemicetina OS/EV Note farmacologiche e/o farmacocinetiche
· metabolizzazione epatica 90% · può essere impiegato in pazienti con insufficienza
renale non grave Indicazioni · Meningiti purulente da cocchi e bacilli Gram(N.meningitidis, E.coli, pneumoniae, H.influenzae); ascessi cerebrali, salmonellosi,
infezioni disseminate, anaerobi ed infezioni miste, pertosse grave; .Anemia aplastica
mortale, esantemi,neuriti ottiche. Posologia/die 2-3 g/die in 4 somm. T1/2 (emivita)
2,5 h Dose giornaliera 2-3 g
c. LINCOSAMMIDI
Agiscono come i macrolidi ed hanno gli stessi mecc di resistenza
Tox: Diarrea,Colite pseudomembranosa ( provocata dalla tossina liberata dal
microrganismo clostridium difficile e curata con Vancomicina). La colite puo‘ essere
aggravata dall‘ uso di alcuni farmaci quali oppioidi o altri che aumentano la peristalsi
intestinale.
- LINCOMICINA (PARENTERALE)
- CLINDAMICINA (X OS, x e.v. puo‘ provocare tromboflebite)
d. FUSIDANI - Acido Fusidico
Inibisce 1 traslocasi specifica a livello ribosomiale della sub. 50 s, è solo
batteriostatico e il suo spettro d‘ azione si limita ai soli gram-positivi e qualche gram
negativo. Emivita di 5,5 h
Tox: diarrea, vomito, nefrotox.
e. STREPTOGRAMINE (o SINERGISTINE)
- QUINUPRISTIN + DALFOPRISTIN - (SYNERCID) Antibiotici
streptograminici in combinazione a dose fissa (30:70). Agendo sinergicamente sul
ribosoma batterico, interrompono la sintesi proteica con effetto battericida.
L'associazione è attiva contro i cocchi Gram-positivi, in particolare contro
l'Enterococcus faecium vancomicino-resistente, lo Staphylococcus aureus, lo
Streptococcus pneumoniae e lo Streptococcus pyogenes, meticillino- e penicillinoresistenti. Il suo impiego dovrebbe essere rigorosamente riservato alle infezioni
gravi da E. faecium con resistenza documentata sia nei confronti della
vancomicina (es. Vancocina A.P.) che della teicoplanina (Targocid) (due terzi dei
ceppi di E.faecium resistenti alla vancomicina sono sensibili alla teicoplanina). Gli
enterococchi sono patogeni opportunisti responsabili di batteriemie, meningiti e
altre infezioni invasive nei pazienti immunocompromessi. Lo schema terapeutico
sinora utilizzato (aminoglicoside + beta-lattamico o vancomicina) risulta sempre
meno efficace per lo sviluppo crescente di ceppi batterici multiresistenti. L'
E.faecium è la specie che presenta il maggior grado di resistenza antibiotica. La
comparsa di resistenza, preoccupante in particolare quella nei confronti della
vancomicina, si abbina alla capacità di trasferire la resistenza non solo agli altri
221
enterococchi, ma anche agli stafilococchi. Per scongiurare il rischio di un
allargamento delle resistenze, l'associazione quinupristin+dalfopristin andrebbe
utilizzata nelle infezioni da streptococchi e stafilococchi meticillino-resistenti,
solo nel caso in cui nessun altro antibiotico si sia dimostrato attivo.La dose
raccomandata è di 7,5mg/kg da infondere ogni 8 ore (ogni 12 nelle infezioni
complicate della pelle e dei tessuti molli) tramite una linea venosa centrale; la
somministrazione per via endovenosa periferica comporta una elevata incidenza
(75% dei pazienti) di effetti indesiderati nella sede di infusione (infiammazione,
dolore, edema e tromboflebite). L'associazione interagisce con numerosi altri
farmaci (es. ciclosporina, disopiramide, chinidina).
- PRISTINAMICINA Dallo streptomices pristinae spiralis ; blocca la sintesi
proteica legandosi alla sub 50 s. E‘ attiva verso gram+ e gram-. Provoca nausea,
vomito, diarrea rush cutanei. È assorbita discretamente x via orale con emivita di 6
h. Si usa x infezioni stafilococciche e gonococciche
- VIRGINIAMICINA (STAFILOMICINA) Dallo streptomices virginiae blocca la
sintesi proteica legandosi alla sub 50 s. E‘ attiva verso gram+ e pochi gram-.
Provoca nausea, vomito, diarrea rush cutanei. È assorbita discretamente x via
orale
f. OXAZOLIDINONI
- LINEZOLID è un nuovo potente antibiotico, appartenente alla classe degli
oxazolidinoni. Questi composti hanno un peculiare meccanismo d‘azione, mai
sfruttato prima, e bloccano infatti una tappa precoce della sintesi proteica batterica
legandosi alle 2 subunità ribosomali. In particolare essi inibiscono il legame del
tRNA fMET al ribosoma 70S che avviene mediante interazione codon-anti-codon
sia sulla subunità 30S che con la regione della peptidiltransferasi, localizzata sulla
subumità 50S Il farmaco trova indicazione nel trattamento delle infezioni causate
da Enterococcus Faecium resistente alla Vancomicina, da Staphylococcus Aureus
resistente alla Meticillina e da Streptococcus Pneumoniae. Poiché la potenza di un
farmaco può variare in base alla realtà epidemiologica lo-cale, l‘attività di
linezolid é stata valutata nei confronti di ceppi di enteroccocchi e stafilococchi
isolati da differenti materiali patologici provenienti da soggetti rico-verati in
reparti ad alto rischio e raccolti da 29 laboratori italiani di microbiologia clinica
durante il 1999. Tali ceppi erano principalmente rappresentati da patogeni multiresistenti ed epidemiologicamente non correlati. L‘attività antibatterica di
linezolid è stata paragonata a penicillina, imi-penem,amoxicillina / acido
clavulanico, vancomicina, teicoplanina, gentamicina, eritromicina, clindamicina,
ciprofloxacina, cloramfenicolo, rifampicina, oxacillina e cotrimossazolo.
Complessivamente, linezolid mostra valori di MIC90 (2-4 mg/l) paragonabili a
quelli di vancomicina, in MRSA (4 mg/l), in MRSE (2 mg/l) e instafilococchi
meticillino-sensibili (2-4mg/l). In particolare, solo i glicopeptidi e il linezolid si
sono dimostrati attivi sui ceppi generalmente multiresistenti di stafilococchi
refrattari alla meticillina. Enterococcus faecalis risultava sensibile a linezolid
222
(MIC90 2-4 mg/l), ai glicopeptidi e ai beta-lattamici; resistente a cloramfenicolo e
a rifampicina e in più del 50% dei casi con alti livelli di resistenza a streptomicina
e a gentamicina. Enterococcus faecium era sensibile soltanto ai glicopeptidi
(MIC90 2 mg/l) e linezolid (MIC90 2 mg/l) mentre più del 50% dei ceppi erano
resistenti ai beta-lattamici, al cloramfenicolo e mostravano alti livelli di resistenza
alla streptomicina.Linezolid infine era l‘ unico antibiotico attivo verso alcuni
ceppi di Enterococcus con fenotipo Van A. Gli Autori concludono che Linezolid
mostra buona attività in vitro nei confronti di stafilococchi ed enterococchi multiresistenti.
- BENZOXAZOLONE
- OXAZOLIDINONE
B. INIBITORI DELLA SUBUNITA‘ 30 S
a. AMMINOGLICOSIDI
Si fissano alla sub 30s causando 1 errata lettura dell‘ mRNA- sono battericidi ad alte
concentrazioni. La resistenza è data da acetilazione dei gruppi –NH2 da parte dell‘
Acetil-CoA , da fosforilazione da parte dell‘ ATP dei gruppi –OH (specie in pos. 6).
L‘ assorbimento x os è scarso , la neomicina è l‘ unica che si da x os, gli altri si danno
x via ev.
Toxicita‘:
- Toxicita‘ otovestibolare irreversibile all‘ 8° paio di nervi cranici ( dopo diverse
somm. o se presi ad alte dosi gli amminoglicosi-di entrano nella perlinfa e non
riescono piu‘ad uscire con accumulo e danni )( l‘effetto vestibolare si avverte
prima). L‘accumulo causa ipoacusia, mal di testa intenso, nausea, vomito,
vertigini
- Toxicita‘ renale reversibile x accumulo a livello tubulare (le cellule tubulari si
rigenerano) con lesioni precoci (1-6 gg di trattam. con accumulo di fosfolipidi x
inib della fosfolipasi) e lesioni tardive ( dopo 6 gg con aumento di ritensione di N2
e nefrotoxicita‘). Fattori che incrementano la nefrotoxicita‘ sono eta‘, dose. La +
nefrotoxica è la neomicina( non somministrabi-le x via sistemica, ma intramuscolo
), la meno nefrotoxica è la streptomicina
- Blocco neuromuscolare (inibiscono la liberazione e il rilascio di Ach): infatti
potenziano gli effetti dei curarici (aumenta la loro emivita da 2 h a 4h). Il Ca++
annulla l‘ effetto degli amminoglicosidi a livello delle giunzioni neuromuscolari.
-
STREPTOMICINA
TOBRAMICINA
GENTAMICINA
SPECTINOMICINA
KANAMICINA
NEOMICINA
MICRONOMICINA (x uso oftalmico)
AMIKACINA emivita 2,5 h dalla Kanamicina A
223
-
NETILMICINA
SISOMICINA
DIBEKACINA
LIVIDOMICINA
FRAMICETINA
KASUGAMICINA unica tra gli amminoglucosidi con discreto assorbimento x via
orale
BEKANAMICINA
AMINOSIDINA o PAROMOMICINA
ISEPAMICINA
RIBOSTAMICINA
b. TETRACICLINE
Si fissano a livello della subunita‘ 30s impedendo l‘ ancoraggio al sito A(accettore)
del compesso ammino acil-t RNA. La resistenza è data da 1 ridotta efficienza di
trasporto e da 1 ridotta affinita‘ al bersaglio molecolare. Sono batteristatici , poi
battericidi
Tox: Alterazione flora batterica intestinale con disturbi g. i. ( bruciore, sofferenza
epigastrica, nausea, vomito, colite pseudomembranosa pseudoemorragica),
colorazione irreversibile dei denti (legame al Ca++), tox vestibolare, aumento
azotemia e uricemia con insuff. renale , epatotox. , foto-sensibilizzazione e reazioni
di ipersensibilita‘(orticaria, eruzioni cutanee, angioedema e schok anafilattico). Le
tetracicl. scadute si trasformano in epitetracicline e danno, se somministrate,
sindrome di Faunconi con nausea-vomito-glicosuria. Se somministrate x via e.v.
provocano tromboflebiti. Se somm. per lunghi periodi le tetracicline provocano
alterazioni ematiche con leucocitosi. Le tetracicline non si bambini di eta‘ inferiore
agli 8 anni, xche si puo‘ avere aumento della pressione intracranica e difetti di
crescita delle ossa. Non si somministrano in gravidanza.
a. TETRACICLINE NATURALI (x os)
- CLORTETRACICLINA 5h (t 1\2)
- OSSITETRACICLINA 9h (meno epatotoxica)
- TETRACICLINA
8h (meno epatotoxica)
- DEMECLOCICLINA 12h ( + fototoxica, provoca aumento della
glicemia, è percio‘ usata x trattare le sindromi croniche da alterata secrezione
di ADH)
b. TETRACICLINE SEMISINTETICHE( x os, con emivita + lunga)
- METACICLINA 14 h
- DOXICICLINA ( Nome commerciale Bassado) Note farmacologiche e/o
farmacocinetiche: Emivita prolungata (12-24)· Biodisponibilità 90%·
Eccellente penetrazione tessutale· Può essere impiegato in pazienti con
224
insufficienza renale perché viene eliminato per via extrarenale Spettro
d‘azione molto ampio e profilo- Indicazioni: · Infezioni da microrganismi
sensibili inclusi M pneumoniae e C. trachomatis ·Indicata nella brucellosi,
rickettsiosi,colera e polmoniti interstiziale ·Non utilizzare in gravidanza ed in
bambini sotto gli 8 anni Posologia/die 100 mg ogni 12-24 h. T1/2 (emivita)
20h Dose giornaliera 100 mg - 200 mg)
- MINOCICLINA 21 h
- MECLOCICLINA
c. TETRACICLINE SEMISINTETICHE( x ev o x os)
- MEPICICLINA
- LIMECICLINA
8h
- GUAMECICLINA
- ROLITETRACICLINA ( solo x ev)
6h
C. INIBITORI DELLA ISOLEUCINA t RNA
a. ACIDO PSEUDOMONICO
3. ANTIBIOTICI ATTIVI SULLA SINTESI DEGLI ACIDI NUCLEICI
A. INIBITORI DELLA DNA GIRASI BATTERICA (TOPOISOMERASI II)
a. CHINOLONICI E FLUOROCHINOLONICI
Le 2 classi si differenziano xche‘ l‘ introduzione di 1 atomo di F (capace di formare 1
legame a idrogeno con l‘ enzima bersaglio) in posizione R6 al nucleo chinolonico e
un nucleo piperazinico in posizione R7 spostano l‘ attivita‘ anche verso GRAM+,
con 1 + ampio spettro d‘ azione ed 1 elevata potenza battericida(elevata
biodisponibilita‘ e lunga emivita).
Tali molecole sono capaci di inibire la subunita‘ A della DNA-GIRASI batterica.
Toxicita‘: Disturbi metabolici asintomatici (aumento delle transaminasi),disturbi del
SNC con cefalea, vertigini, agitazione, depressione, convulsioni (effetti legati ad 1
azione antagonista verso il GABA), fotosensibilita‘, controindicati negli sportivi x
legame alle cartilagini e ai tendini(predisposizione alla rottura) e in gravidanza
(interferiscono nella formazione della cartilagine di accrescimento)
Abbiamo suddiviso i chinoloni in 3 generazioni:
A. Ia GENERAZIONE (antisettici urinari a spettro selettivo x i
Gram(-) discretamente assorbiti x via orale, con distribuzione tissutale
scadente, x l‘ 80% metabolizzati. Eliminati prevalentemente x via renale
225
- ACIDO NALIDISSICO
- ACIDO OXOLINICO
- ACIDO PIROMIDICO
-
B. IIa GENERAZIONE(antisettici urinari ad ampio spettro)
ACIDO PIPEMIDICO
ACROSOXACINA
CINOXACINA
FLUMECHINA
ROSOXACINA
C. IIIa GENERAZIONE: in 3 gruppi:
a. Ad azione sistemica ed ampio spettro
- ENOXACINA
- NORFLOXACINA
b. Ad azione sistemica ed amplissimo spettro
- CIPROFLOXACINA
- OFLOXACINA
- LEVOFLOXACINA
c. Long-acting ad azione sistemica ed ampio spettro
- FLEROXACINA
- LOMEFLOXACINA
- PEFLOXACINA
- RUFLOXACINA
- SPARFLOXACINA
- MOXIFLOXACINA
Dal punto di vista invece chimico abbiamo:
CLASSIFICAZIONE CHIMICA DEI CHINOLONI
N.B. I farmaci segnati con l‘asterisco (*) sono solo antisettici urinari con spettro d‘
azione limitato solo ad alcuni Enterobatteri.
A. GRUPPO I°- DERIVATI BICICLICI
I°a. 1, 8 NAFTIRIDINE
a. NON FLORURATI
- ACIDO NALIDISSICO*
b. FLORURATI
226
- ENOXACINA
- TOSUFLOXACINA
I°b. PIRIDO 2, 3 DIPIRIMIDINE
- ACIDO PIPEMIDICO*
- ACIDO PIROMIDICO*
I°c. CHINOLINE
a. NON FLORURATI
- ROSOXACINA
- ACROXACINA
- PIROXACINA
b. FLORURATI
b.a. 7-PIPERAZINICI
- NORFLOXACINA
- CIPROFLOXACINA
- PEFLOXACINA
- FLEROXACINA
- LOMEFLOXACINA
- TEMAFLOXACINA
- AMIFLOXACINA
- DIFLOXACINA
- SPARFLOXACINA
b.b. 7-PIRROLIDINICI
- MERAFLOXACINA
- CLINAFLOXACINA
b.c. ALTRI
- PIRFLOXACINA
- BINFLOXACINA
- BALAFLOXACINA
B. GRUPPO II°- DERIVATI TRICICLICI
a. NON FLORURATI
- ACIDO OXOLINICO*
- MILOXACINA*
- CINOXACINA*
b. FLORURATI
227
- FLUMECHINA*
- OFLOXACINA
- LEVOFLOXACINA
- RUFLOXACINA
- ABUFLOXACINA
- MOXIFLOXACINA
- VERBAFLOXACINA
- PULFLOXACINA
- GREPAFLOXACINA
- ROSOXACINA
- CLINAFLXACINA
- SITAFLOXACINA
- GATIFLOXACINA
----------------------------------------b. CUMARINE(novobiocina)
Si legano alla subunita‘ B della DNA GIRASI, bloccandola
----------------------------------------c. CICLOTIALIDINA
Si lega anch‘essa alla subunita‘ B della DNA GIRASI, bloccandola
B. INIBITORI REVERSIBILI DELLA DIIDROPTEROATO SINTETETASI
BATTERICA ( analoghi del PABA)
a. SULFAMIDICI
Sono analoghi del PABA(acido para ammino benzoico) e sono antagonisti
competitivi (reversibili) dell‘ enzima di sintesi dell‘ acido diidropteroico
(diidropteroato-sintetasi) x la via di sintesi dell‘ acido tetraidro-folico(necessario x la
sintesi delle purine) nei batteri, i quali a differenza di noi umani non possono
usufruire x la sintesi delle purine di acido folico direttamente , ma lo devono
biosintetizzare dall‘ amminopterina tramite la diidropteroato-sintetasi. La resistenza è
data da 1 aumento di sintesi del PABA o di acido folico da parte dei batteri
Tox: Reazioni allergiche, eruzioni cutanee(tipo morbillo), reaz. di Steeven-Jonson,
reaz. da disenzimopatie (anemia emolitica con carenza della glucosio 6 fosfodeidrogenasi, specie a uomini di colore), cristalluria (precipitano in urine) con
occlusione dei tubuli renali, chernittero nel neonato( competono con la bilirubina),
accumulo nel feto in gravidanza
Si possono classificare in 4 classi principali:
a. A BREVE EMIVITA x os
- SULFATIAZOLO 4H
- SULFAFURAZOLO 5H
- SULFACETAMIDE 7H
228
-
SULFADIMIDINA 7H
SULFISOMIDINA 7,5H
SULFACLOROPIRIDAZINA 8H
SULFAPIRIDINA 9H
SULFANILAMIDE 9H
b. A MEDIA EMIVITA
- SULFAMETOSSAZOLO 11H
- SULFADIAZINA 17H
- SULFAMOXOLO
-
c. A LUNGA EMIVITA
SULFAMETOSSIPIRIDAZINA 37H
SULFADIMETOSSINA 40H
SULFALENE 65H
SULFADOSSINA 150H
SULFAMAZONE
SULFAFENAZOLO
SULFAMERAZINA
SULFAPERINA
d. SULFAMIDICI INTESTINALI
(ANTI-COLITE PSEUDOMEMBRANOSA o morbo di Crohn)
Il morbo di Crohn o ileite segmentaria è 1 malattia dovuta all‘ infiammazione dell‘
intestino ilèo, del colon e dello stomaco, caratterizzata dalla formazione di granulomi
e fistole interne).
Tali sulfamidici rilasciando 5-ASA o un suo analogo, che sono inibitori reversibili
della cox (ciclossigenasi), sono capaci di lenire il fenomeno infiammatorio e di
permettere in alcuni casi la guarigione.
- SULFAGUANIDINA
- SUCCINIL-SULFATIAZOLO
- FTALIL-SULFATIAZOLO
- FTALIL-SULFACETAMIDE
- ACIDO SULFALOSSICO
- SULFASALAZINA(PROFARMACO DELLA MESALAZINA o 5-ASA e della
SUFAPIRIDINA)
- OLSALAZINA
- BALSALAZIDE
C. INIBITORI DELLA DIIDROFOLATO REDUTTASI BATTERICA
Inibiscono l‘ enzima diidrofolato reduttasi specifica del batterio, senza intaccare la
nostra
a. TRIMETOPRIM
b. BRODIMOPRIM
229
c.
d.
e.
f.
PIRIMETAMINA(antimalaria)
PROGUANIL(profarmaco del CICLOGUANIL-antimalarici)
PIRITREXIN(antiprotozoario)
TRIMETOPRIM +SULFAMETOSSAZOLO= COTRIMOSSAZOLO (antisettico
urinario\ antibatterico x infezioni dell‘ app. digerente, delle vie respiratorie
(polmonite))
E‘ un associazione di 2 farmaci che agiscono entrambi inibendo la stessa via
metabolica di sintesi del tetraidrofolato nei batteri:
- trimetoprim: inibitore della
diidrofolato reduttasi batterica +
- sulfametoxazolo: inibitore della diidropteroato sintetasi batterica
Tox :reaz. allergiche, nefrotox. ,ematologiche
D. INIBITORI DELLA TRASCRIZIONE DEL DNA
a. ANSAMICINE-RIFAMICINE
Le RIFAMICINE sono delle ansamicine naftaleniche con ansa con Ossigeno(O)
Inibiscono la sintesi dell‘ RNA batterico inibendo l‘ attivita‘ della RNA-polimerasi
DNA-dipendente. La resistenza è data da variazioni della subunita‘ beta della RNA
polimerasi da parte dei batteri
Tox: Induttori enzimatici, danno 1 colorazione rosso-arancio di tutti i liquidi (urine),
febbre, nausea, diarrea, vomito, rash cutaneo, epatotoxicita‘(specie in soggetti a
rischio: anziani, alcolisti) perche‘ l‘enzima bersaglio è la trascrittasi batterica molto
simile alla nostra umana
- RIFAMICINA B
- RIFAMICINA SV
- RIFAMIDE
- RIFAMPICINA
- RIFAPENTINA
- RIFAXIMINA
- RIFABUTINA
4. ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A LIVELLO MACROMOLECOLARE
A. ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI ALLE PROTEINE E AGLI ACIDI
NUCLEICI CON LA PRODUZIONE DI RADICALI IDROSSIDO E
FORMAZIONE DI ADDOTTI AL DNA
a. NITROFURANI
Hanno attività antimicrobica selettiva; la selettivitàè determinata dalla differenza del
corredo enzimatico tra cellule di mammiferi e batteri in quanto solo questi ultimi
sono dotati di enzimi in grado di ridurre il nitrofurano in composti intermedi
altamente reattivi che danneggiano il DNA.
- NITROFURANTOINA (usato x le infezioni urinarie)
230
- NIFURTIMOX
- NIFURATEL (usato x le infezioni urinarie)
- NIFUROXAZIDE (Antimicrobico x le diarree acute di tipo infettivo)
b. NITROIMIDAZOLI
Accettano elettroni dalle proteine trasportatrici sottraendoli alle normali vie
metaboliche di produzione dell‘ energia. Le forme ridotte reattive reagiscono e
portano alla morte cellulare
- METRONIDAZOLO
- TINIDAZOLO
- ORNIDAZOLO
B. ANTIBIOTICI CHE PROVOCANO MODIFICAZIONI DELLA
PERMEABILITA‘ CELLULARE
a. ANTIBIOTICI POLIPEPTIDICI
- POLIMIXINE Agiscono alterando la struttura e la funzionalita‘ della parete
batterica legandosi ad essa ,disponendosi tra gli strati lipidici Tox: neurotox.,
febbre, rash cutaneo
- TIROCIDINAè prodotta dal bacillus brevis; altera la funzionalità della membrana
cellulare esterna. È attiva verso gram + e pochi gram -. È notevolmente
emolizzante x via orale, per cui si usa x uso topico soprattutto x soluzioni vaginali
o nasali.
- TIROTRICINA è una miscela di antibiotici polipeptidici formati da
TIROCIDINA A e C e da GRAMICIDINA S; svolge un‘azione battericida
interferendo sia con la permeabilità della cellula batterica e sia con i meccanismi
energetici intracellulari.
- VIOMICINA è usato x trattare i micobatteri come 2a scelta. È di origine naturale
dallo streptomices puniceus. Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale. Crea
neuriti dell‘ 8° paio e nefrotossicità e ha uno scarso assorbimento x via orale
- ANTIBIOTICI POLIPEPTIDICI CICLICI – BACITRACINA (contro le infezioni
intestinali \ Bimixin) Agisce sulla divisione cellulare e inibisce anche la sintesi
della parete cellulare batterica impedendo l‘ incorporazione di un fosfolipide nella
struttura uridin-difosfo-acetilmuramil-pentapeptidica.
Tox: nefrotox, diarrea
b. ALTRI
- CLOFOCTOLO (Octofene)
Causa 1 diminuzione della quota intracellulare di ATP cosi il gradiente protonico e il
potenziale d‘ azione della membrana collassano con modificazioni della permeabilita‘
cellulare del batterio
231
SCHEMI
TERAPEUTICI
DELLE PIU‘
IMPORTANTI
INFEZIONI:
232
233
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249
PROFILASSI ANTIBIOTICA IN CHIRURGIA PER GLI INTERVENTI
PULITI E PULITI CONTAMINATI
La profilassi antibiotica non deve mirare ad una mitica―sterilizzazione‖ del paziente,
che è stata sempre irrealizzabile,ma deve avere invece obiettivi precisi e ben
delimitati (ricordando che sia una profilassi non efficace sia una profilassi inutile
possono essere dannose!).
Si possono distinguere due tipi di profilassi antibiotica:
A) la prevenzione di infezioni dovute ad una sola specie batterica (es. meningite
meningococcica, malattia reumatica, endocardite batterica ecc. )
B) la prevenzione di infezioni potenzialmente legate a microrganismi diversissimi:
(es. infezioni chirurgiche ed infezioni nei reparti di rianimazione).
PROFILASSI INFEZIONI CHIRURGICHE
La somministrazione di farmaci antibatterici, al fine di prevenire le infezioni che
conseguono ad un intervento chirurgico, rappresenta un esempio di profilassi
efficace, intendendo, con questo termine, non la soppressione delle infezioni post –
chirurgiche ma una significativa diminuzione della loro frequenza ottenuta mediante
la riduzione più
rilevante possibile della carica batterica presente nel campo operatorio.
Errori del passato:
• uso di un antibiotico scelto sulla base più di consuetudini che di cognizioni
scientifiche;
SCHEMI DI PROFILASSI
• somministrazione dello stesso dopo l‘intervento chirurgico ed a posologie variabili
(arbitrarie) comunque non codificate.
• prosecuzione di tale trattamento farmacologico per periodi di tempo troppo
prolungati (talora anche settimane).
Il chirurgo applicava non una profilassi ma una indiscriminata terapia empirica con le
seguenti conseguenze negative:
250
1) effettuare una terapia laddove non vi era un‘infezione da curare o curare per tempi
troppo brevi una infezione che invece esisteva;
2) insorgenza di effetti collaterali anche gravi per l‘uso protratto di antibiotici (colite
da Clostridium difficile, nefro ed ototossicità)
3) facile insorgenza di ceppi batterici resistenti ( che possono poi rappresentare un
gravissimo problema sia per lo stesso malato che per la situazione epidemiologica
ospedaliera).
RAZIONALE DELLA PROFILASSI ANTIBIOTICA IN CHIRURGIA
Parte dal presupposto che la più alta percentuale di rischio di infezione è localizzata
in un periodo di tempo molto limitato,compreso tra l‘inizio dell‘intervento e 3-4 ore
dopo il suo termine.
Classificazione degli interventi chirurgici in rapporto al rischio crescente di
contaminazione batterica e di infezione:
Puliti
• Senza difetti di tecnica chirurgica
• Senza accesso alle vie respiratorie, gastroenteriche, orofaringee ed urogenitali
• Non traumatici
• Senza infiammazione in atto
• Senza drenaggi
Puliti contaminati
• Con accesso alle vie respiratorie, gastroenteriche orofaringee ed urogenitali, ma
senza significativa contaminazione
• Appendicectomia
• Con accesso alle vie biliari ma in assenza di infezione biliare
• Con difetto lieve di tecnica chirurgica
• Con drenaggi meccanici
Contaminati
• Ferite traumatiche recenti
• Con ampia fuoriuscita di contenuto del tratto gastroenterico
• Con accesso alle vie urinarie o biliari, in presenza, rispettivamente di infezione
urinaria o biliare
• Con difetto grave di tecnica chirurgica
• Con incisione chirurgica in regione sede di flogosi acuta non purulenta
Sporchi o infetti
251
• Ferita traumatica con ritenzione di tessuto devitalizzato, corpi estranei,
contaminazione fecale o trattamento ritardato
• Con perforazione di viscere
• Con presenza di raccolta purulenta in sede di intervento
Antibiotico profilassi in chirurgia : principi generali
1) Effettuare la profilassi solo negli interventi per cui ne è stata dimostrata la effettiva
utilità: chirurgia pulito contaminata, ed in quelli per cui un‘eventuale infezione postoperatoria è, per definizione,particolarmente impegnativa (chirurgia pulita con
impiantodi protesi e materiale estraneo in genere e pochi altri)
2) Impiegare antibiotici attivi nei confronti dei principali patogeni causa di infezione
post – operatoria in quel particolare intervento, di minore tossicità possibile e, a parità
di efficacia, di costo inferiore.
3) Somministrare l‘antibiotico solo immediatamente prima dell‘intervento
(all‘induzione dell‘anestesia o della preanestesia), per via endovenosa, a bolo o in
piccola fleboclisi, da infondere in 10 –15‘ per eventuali eccezioni.
4) Assicurare tassi sierici e tessutali (= nel campo operatorio ) adeguati, cioè superiori
alla MIC (concentrazione minima inibente) dei batteri verso cui si intende effettuare
la profilassi, dall‘inizio al termine dell‘intervento, eventualmente somministrando
una dose intraoperatoria nei casi in cui, al termine di un periodo pari al doppio
dell‘emivita dell‘ antibiotico, l‘intervento è ancora in corso.
5) Nella maggior parte degli interventi la dose pre – operatoria cioè quella
somministrata all‘induzione dell‘anestesia e, se nel caso, la dose intra – operatoria,
sono sufficienti, non essendo in grado, le eventuali dosi post -operatorie di conferire
una maggiore protezione.
PRINCIPALI AGENTI EZIOLOGICI DI INFEZIONE POST OPERATORIA
(da tenere presenti nella scelta dell’antibiotico)
• Chirurgia pulita (protesica e non): Staphylococcus aureus, Stafilicochi coagulasi
negativi, Enterobacteriacee (soprattutto nel by- pass aorto coronarico e nella chirurgia
vascolare protesica con interessamento della regione inguinale e degli arti inferiori.
• Chirurgia della testa e del collo: anaerobi del cavo orale, Gram negativi aerobi
(Enterobacteriacee ed altri)
• Chirurgia gastroduodenale: Enterobacteriacee, Bacteroides spp.
• Chirurgia biliare: Enterobacteriacee, Enterococcus spp.
• Chirurgia urologica: Enterobacteriacee
• Chirurgia retto colica, appendicectomia: Enterobacteriacee, Bacteroides fragilis.
• Chirurgia ostetrico ginecologica: Enterobacteriacee, Bacteroides spp. (anche
Bacteroides fragilis), Enterococcus spp.
252
Solo per gli interventi di chirurgia pulita e pulito contaminata si può parlare di
profilassi antibiotica, mentre per gli interventi di chirurgia contaminata e
sporca, ovviamente la somministrazione di antibiotico costituisce un intervento
terapeutico e non profilattico.
TEMPI DI SOMMINISTRAZIONE DELL’EVENTUALE DOSE
INTRAOPERATORIA DELL’ANTIBIOTICO
Durante l‘intervento si somministrerà ( per via e.v.) una ulteriore dose profilattica
dell ‗ antibiotico nei casi in cui l‘intervento sia ancora in corso dopo che dalla
somministrazione della dose preoperatoria (= all‘induzione della anestesia) siano
trascorsi:
• 2,5 ore se l‘antibiotico usato è Ceftriaxone, Piperacillina/ tazobactam, Amoxicillina
/clavulanato
• 3,5 ore se l‘antibiotico usato è cefazolina, Gentamicina, Clindamicina.
• 6 ore se l‘antibiotico usato è il cefotetan
• 8 ore se l‘antibiotico usato è la Vancomicina
N.B. per la Teicoplanina, data la particolare lunghezza dell‘emivita (oltre le 70 ore)
non esiste, in pratica, l‘eventualità di dover somministrare una dose intra – operatoria.
L‘antibiotico profilassi è ancora oggetto di discussione:
Argomenti a sfavore di una antibiotico profilassi
• Bassa incidenza globale delle infezioni post-operatorie (percentuali inferiori al 3%
che si innalza di alcuni punti negli interventi che prevedono l‘impianto di protesi o di
altri materiali sintetici).
• Infezioni dovute a contaminazioni esogene per evitare le quali sarebbe
fondamentale l‘osservanza di semplici norme di asepsi siano esse pre, intra o post
operatorie.
• Svantaggi legati all‘uso di antibiotici quali tossicità, sviluppo di resistenze
batteriche e aumento dei costi.
Recentemente è stato proposto di estendere la profilassi antibiotica in chirurgia pulita
ai seguenti casi:
1) Interventi in cui è previsto l‘impianto di materiale protesico
2) Pazienti ad alto rischio: interventi puliti non protesici ma che riguardano soggetti
con due o più dei seguenti fattori di rischio (prolungata durata delle procedure
chirurgiche, età avanzata, diabete, obesità, terapia cortisonica, chemioterapia,
radioterapia, lunga degenza pre - operatoria).
3) In chirurgia ortopedica nelle revisioni di anca e ginocchio e nelle riduzioni di
fratture aperte e trocanteriche
4) In chirurgia vascolare negli interventi ricostruttivi addominali e degli arti inferiori
ed in quelli di resezione aortica.
5) In cardiochirurgia in quegli interventi che prevedono sternotomia e/o by-pass
cardiopolmonare (rischio di mediastiniti da circolazione extra-corporea prolungata,
durata prolungata e complessità dell‘intervento).
253
6) In chirurgia mammaria ed ernioraffia dove è stato dimostrato statisticamente che la
profilassi antimicrobica riduce significativamente l‘incidenza di infezioni postoperatorie.
TRATTAMENTO DELLA SEPSI: NUOVI FARMACI
La sepsi è una condizione clinica che può comportare l'alterazione funzionale degli
organi e può condurre anche a morte.
Xigris è la PROTEINA C ATTIVATA, GENETICAMENTE INGEGNERIZZATA.
L'FDA ha approvato il farmaco Xigris (Drotrecogin alfa attivato) di Eli Lilly per il
trattamento della sepsi nella forma grave.La proteina C attivata è presente
fisiologicamente nell'organismo umano dove svolge un importante ruolo nel processo
coagulativo. Negli Usa ogni anno ci sono 750.000 casi di sepsi, con una mortalità di
circa il 30%. La percentuale di mortalità è stata del 25% tra i pazienti trattati con
Xigris rispetto al 31% dei pazienti trattati con placebo ( p = 0,005). L'emorragia è
stato il principale effetto indesiderato della terapia con Xigris. L'incidenza di grave
emorragia con Xigris è stata del 3,5% contro il 2% con il placebo.
Un precedente studio di fase II ha mostrato che una singola dose di Lenercept,
PROTEINA DI FUSIONE TRA L'IMMUNOGLOBULINA G1 ED IL TNF(Fattore
di necrosi tumorale), ha ridotto la mortalità nei pazienti con forma grave di sepsi o
shock settico precoce.
In uno studio di fase III, 1.342 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Lenercept
per via endovenosa (0.125 mg/kg) (n= 662) o placebo (n= 680).
I pazienti sono stati monitorati per 28 gironi.
L'end-point primario era rappresentato dalla mortalità a 28 giorni.
L'età media dei pazienti era di 60,5 anni (17-96), il 39% dei pazienti era femmina, il
73% di questi pazienti presentava una grave forma di sepsi, mentre il 27% era affetto
da sepsi con shock settico precoce,
In questo studio ci sono stati 369 morti, 177 con Lenercept (mortalità 27%) e 192 con
placebo (mortalità 28%).
Pertanto il trattamento con Lenercept non ha mostrato alcun effetto sulla mortalità
oltre a nessun effetto sull'incidenza o risoluzione della disfunzione d'organo .
3
FARMACI ANTIVIRALI
I VIRUS sono agenti infettanti di piccole dimensioni e semplice composizione, che si
possono moltiplicare solo in cellule viventi di animali piante o batteri.Sono
microscopici, vanno dai 20 nm ai 400 nm di diametro (il batterio più piccolo misura
400 nm).Consistono di un acido nucleico, che può essere RNA o DNA a singolo o a
doppio filamento, circondato da un capside proteico.Alcuni virus contengono anche
proteine e lipidi.Il capside virale può avere diverse forme e diversa composizione in
proteine e, oltre ad avere funzione di protezione, contiene proteine che servono al
virus per entrare nella cellula ospite.I virus possono essere classificati in base alle
254
dimensioni, al tipo di capside, alla presenza di proteine, ma la divisione fondamentale
viene fatta tra virus a RNA e virus a DNA.
Al di fuori di cellule viventi, un virus è una particella ―dormiente‖, ma nella cellula
ospite esso diventa un‘entità attiva capace di sovvertire il macchinario metabolico
della cellula, per la produzione di nuove cellule virali. Il ciclo di duplicazione dei
virus comincia con l‘entrata dell‘acido nucleico della particella in una cellula ospite.I
virus batterici si legano saldamente alla superficie del batterio e penetrano il rigido
muro della cellula, trasmettendo l‘acido nucleico virale nella cellula ospite.I virus
animali entrano nella cellula ospite attraverso un processo chiamato endocitosi.I virus
delle piante, di contro, entrano attraverso abrasioni dovute al vento e attraverso
punture fatte da insetti. Una volta nella cellula ospite, vengono sintetizzate nuove
proteine virali e il nuovo acido nucleico. Questi componenti sono poi assemblati in
un virione.In alcuni virus batterici, la formazione del virione è accompagnata dalla
lisi della cellula ospite. Questo tipo di infezione è chiamato ciclo litico.I batteriofagi,
a volte, svolgono un diverso tipo di infezione, chiamato ciclo lisogenico; questi fagi
vengono chiamati fagi temperati.In un‘infezione lisogenica, il genoma virale si
integra nel cromosoma della cellula ospite, sottoforma di profago e si replica insieme
al cromosoma della cellula ospite.In alcuni casi la progenie del genoma non viene
prodotta e la cellula ospite resta intatta.In altri casi il profago può uscire dal genoma
della cellula ospite. Il genoma virale, ora, è capace di replicarsi, con la conseguente
lisi della cellula ospite e la formazione di un nuovo virione.I retrovirus sono particelle
infettanti con un genoma ad RNA protetto da un capside proteico, a sua volta
circondato da una membrana lipidica.Questa membrana lipidica contiene catene
polipeptidiche, contenenti proteine che legano i recettori della membrana cellula
ospite iniziando, così, il processo di infezione.Oltre all‘RNA, i retrovirus contengono
particolari enzimi, le trascrittasi inverse, che sintetizzano frammenti di DNA da
stampi di RNA.Quando un retrovirus infetta una cellula, inietta il suo RNA nel
citoplasma della cellula insieme alla trascrittasi inversa.Il cDNA prodotto contiene le
istruzioni genetiche virali e permette il proseguimento dell‘infezione.
Il virus che causa l‘AIDS è un retrovirus. È chiamato HIV (human immunodeficiency
virus), virus dell‘immunodeficienza umana.
Origine
Esistono tre teorie per spiegare in che modo i virus sono diventati entità
genetiche indipendenti:
1. teoria regressiva: i virus sono forme degenerate di parassiti intracellulari;
2. teoria progressiva: i virus a DNA derivano dal genoma di cellule normali
che ha acquisito la capacità di replicarsi autonomamente. Quelli a RNA
derivano invece da retrotransposoni o RNA messaggeri. Questi acidi
nucleici hanno acquisito un involucro proteico;
255
3. teoria coevolutiva: i virus si sono coevoluti con la vita.
Classificazione
Una corretta ed esaustiva classificazione consente di inquadrare eventuali
nuovi virus e pertanto di predirne nei dettagli la replicazione, la patogenesi e la
trasmissione. Tali informazioni permettono di adottare le corrette norme
precauzionali al fine di evitare contagi tra gli operatori sanitari e l‘instaurarsi di
epidemie. La classificazione gerarchica dei virus prevede:
 Ordine
 Famiglia (indicata dal suffisso viridae)
 Sottofamiglia
 Genere ( indicato dal suffisso virus)
 Specie *

Ceppo/Tipo
*La definizione di specie é la più importante ma anche la più complessa, in
quanto molto spesso vengono accomunati nella stessa specie virus con
proprietà differenti.
Basi della classificazione tassonomica
Vengono prese in considerazione le seguenti caratteristiche:
 morfologiche (misura, forma, presenza o assenza di pericapside),
 fisico-chimiche (peso, densità, pH, stabilità termica e ionica)
 genomiche (RNA, DNA, mappa di restrizione e sequenze)
 macromolecolari (funzioni e composizione delle proteine)
 proprietà antigeniche
 proprietà biologiche (tropismo d‘ospite, di specie, d‘organo e di tessuto).
La produzione dell‘RNA messaggero è la fase fondamentale dell‘espressione
dell‘informazione genetica virale e per sottolineare questo fatto alcuni autori
hanno proposto di chiamarlo RNA a filamento (polarità) positivo (+). Di
conseguenza i filamenti genomici complementari all‘mRNA vengono
considerati negativi (-). Per quanto riguarda il DNA, il filamento 5‘-3‘ è
considerato filamento positivo (+).
GENERALITA‘:
I virus si distinguono in due grandi categorie: Virus a DNA e Virus a RNA.
256
La caratteristica del materiale genetico può influire sul target del farmaco; infatti
sono determinanti i meccanismi di replicazione virale su cui i farmaci possono agire.
I farmaci che agiscono sui DNA-virus agiscono prevalentemente inibendo
direttamente la DNA-polimerasi o indirettamente in quanto agiscono come
terminatori della catena di DNA neo-sintetizzata.I farmaci anti- RNA-virus, invece,
possono agire anche ad altri livelli; infatti questi virus dapprima aderiscono alla
superficie cellulare grazie a particolari proteine chiamate emoagglutinine ; a seguito
di ciò si ha un processo di endocitosi. Sulla superficie dell‘endosoma ci sono proteine
dette M2 che essendo canali ionici permeabili ai protoni determinano una riduzione
del pH endosomico tale da permettere l‘usicita del virus dall‘endosoma; a questo
punto il materiale genomico virale è in grado di andare a livello nucleare dove
determina la produzione di proteine e materiale genetico neosintetizzato. Da questo
materiale genetico virale si avrà la sintesi di proteine strutturali e proteine nonstrutturali. I virus è anche in grado di essere liberato all‘esterno della cellula grazie a
proteine quali le neuroaminidasi e le stesse emoagglutinine.
I farmaci antivirali agiscono praticamente a tutti questi livelli:
 Farmaci che inibiscono le proteine M2, determinando così una chiusura del
canale e una inibizione della liberazione del virus dall‘endosoma.
(Amantadina, Rimantadina). Questi farmaci sono spesso usati contri i virus
influenzali di tipo A e sono efficaci per prevenire la diffusione del virus ad
altre cellule.
 Farmaci che inibiscono la neuroaminidasi, impedendo così l‘uscita del virione
verso l‘esterno della cellula.
 Farmaci che agiscono inbendo la trascrittasi inversa, l‘enzima che permette la
replicazione dei retrovirus che si integrano nel genoma cellulare.
I farmaci antivirali sono tutti simila a nucleotidi, con la sola eccezione del Foscarnet
che ha una struttura più simile ai farmaci difosfonati che inibiscono gli osteoclasti.
Alcuni farmaci quali il Valacyclovir e il Famcyclovir sono in realtà pro-farmaci:
il Valacyclovir è il profarmaco dell‘ Acyclovir e il Famcyclovir è il precursore del
Pancyclovir.Molti farmaci anti-Herpes hanno una buona disponibilità per via os e
scarsa per via parenterale (ad esclusione del Varacyclovir che ha solo disponibilità
orale). Alcuni anti-retrovirus:
 Zidovudine (AZT) (nome commerciale: Retrovir)
 Stavudine (d4T) (nome commerciale: Zerit)
 Zalcitabine (ddC) (nome commerciale : Hivid)
Questi farmaci hanno una buona disponibilità per via os, il che è importante perché
spesso la terapia delle patologie causate da retrovirus è una terapia di tipo cronico, ed
è quindi fondamentale che i farmaci siano di facile somministrazione.
Alcuni farmaci anti-retrovirus di nuova generazione sono gli inibitori delle proteasi
che come i precedenti hanno una buona disponibilità per via orale.
Un farmaco quale l‘interferone  invece, non è disponibile per via os ed è quindi
somministrato per via parenterale (soprattutto per via sottocutanea).
257
Gli Herpes Virus sono di tipo 1 (che da prevalentemente infezioni alle mucose della
cute) e di tipo 2 (con localizzazione prevalentemente a livello genitale) , anche se in
realtà della famiglia Herpes fanno parte anche altri virus minori quali il CMV.Uno
dei farmaci più utilizzati nella cura delle infezioni da Herpes Virus è l‘ Acyclovir che
ha un triplo Meccanismo d‘azione:
1. Inibizione diretta della DNA-polimerasi;
2. È un analogo aciclico della guanidina; questo fa sì che esso si leghi alla catena di
DNA-virale in duplicazione funzionando da teminatore della catena;
3. La catena virale precocemente terminata va ad inibire ulteriormente la DNApolimerasi.
Una caratteristica fondamentale dell‘ Acyclovir è che per essere attivato deve essere
fosforilato dapprima da una Timidina Chinasi virale (e ciò determina una alta
specificità d‘azione del farmaco) e poi da kinasi cellulari; queste reazioni portano alla
formazione di un composto trifosfato in grado di essere incorporato nella catena del
DNA virale neo-sintetizzata.L‘Acyclovir può determinare fenomeni di resistenza che
hanno alla base mutazioni puntiformi:
 della Timidina Kinasi: ciò fa perdere la funzione di tale enzima. (è la
mutazione più frequente);
 della DNA-polimerasi.
L‘Acyclovir è usato sia localmente che per via sistemica (in base alla gravità della
patologia) ed ha dosaggi di 1-2 g/die in più somminstrazioni giornaliere.
E‘ importante che la terapia sia tempestiva.L‘effetto antivirale dell‘ Acyclovir si ha
anche nei confronti del CMV anche se con minore efficacia.Nei soggetti
immunocompromessi è preferibile la somministrazione per via venosa poiché in tal
modo si può aumentare la concentrazione plasmatica del farmaco e quindi la sua
efficacia.L‘Acyclovir inoltre ha un‘azione nefrotossica dose correlata; è quindi
importante non superare mai la concentrazione plasmatica di 25 g/ml.
Gancyclovir:
Caratteristiche terapeutiche :
 blocca la sintesi del DNA-virale terminando la catena che si sta sintetizzando;
 è usato prevalentemente contro il CMV (in particolare per le retiniti da CMV,
ma anche per le complicanze polmonari da CMV);
 è anche usato per la profilassi nei pazienti trapiantati, in quanto il CMV è un
virus opportunista che si sviluppa facilmente in caso di
immunocompromissione
Caratteristiche comuni ai farmaci anti-virali:
 Sia Acyclovir che Gancyclovir hanno scarsa disponibilità per via os, mentre i
loro profarmaci sono facilmente somministrabili per via orale.
 L‘Acyclovir diminuisce i suoi effetti dopo i pasti, mentre il Gancyclovir ha
reazioni opposte; per questi motivi questi farmaci vanno somministrati lontano
dai pasti.
258
 L‘emivita di questi farmaci è spesso breve, e ciò giustifica la necessità di più
somministrazioni/die;
 inoltre l‘emivita plasmatica è spesso differente dall‘emivita cellulare (che è poi
quella che conta dal punto di vista terapeutico).
 Per ciò che riguarda la cinetica di eliminazione cellulare, è rapida quella dell‘
Acyclovir mentre è lenta quella del Gancyclovir (questo giustifica la maggior
efficacia di quest‘ultimo quale farmaco anti-CMV).
 Il legame proteico è basso ad eccezione del Sorivudine.
 Il metabolismo epatico è scarso e ciò spiega il perché della grande
eliminazione del farmaco per via renale (ciò comporta rischi di nefrotossicità
ed inoltre bisogna stare attenti a dosare il farmaco in funzione della clearence
di ciascun individuo)
 Spesso possono essere tossici anche a livello meningeo, cerebrale e retinico, in
quanto sono in grado di passare la barriera ematoencefalica con una relativa
facilità; questo significa che in generale per la sommistrazione parenterale
bisogna preferire i farmaci e non i pro-farmaci, perché questi sono
maggiormente in grado di superare la barriera ematoencefalica.
Il Foscarnet oltre ad inibire la DNA-polimerasi ha anche una azione inibitrice sulla
trascrittasi inversa.
------------------------------CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI:
1. FARMACI ANTI-HERPES
A. DESOSSI RIBONUCLEOTIDI
Sono antimetaboliti della timina; 1 volta fosforilati si vanno a sostituire alla timina
nella sintesi del DNA
- IDOXURIDINA: x le infezioni oftalmiche da virus dell‘ Herpes simplex. Tox
locale, dermatiti, dolore, prurito, infiamazione, edema; tox elevata x via sistemica
- TRIFLURIDINA: x le infezioni oftalmiche da virus dell‘ Herpes simplex ; è
molto toxica x via sistemica
- CLORODESOSSIURIDINA
- FLOSSURIDINA
- BROMODESOSSIURIDINA
B. ARABINOSIDI
Vengono trifosforilati all‘ interno delle cellule dalla timidina chinasi e vanno ad
inibire la DNA polimerasi del virus
- VIDARABINA: uso topico x infezioni oftalmiche da Herpes simplex tox turbe g.i.,
manifestazioni neurologiche (confusione, svenimenti), mielosoppressione
259
- SORIVUDINA
- CITARABINA
C. ACICLONUCLEOSIDI
Vengono trifosforilati all‘ interno delle cellule dalla timidina chinasi e vanno ad
inibire la DNA polimerasi del virus
- ACICLOVIR- uso topico: infezioni cutanee ed oftalmiche da Herpes simplex; uso
orale: x trattamento e profilassi di infezioni da virus Varicella-zoster e Herpes
simplex della pelle e delle mucose; uso parenterale: x infezioni gravi da virus
Varicella-zoster e Herpes simplex
- VALACICLOVIR (1g) (profarmaco dell‘Aciclovir) - x il trattamento dell‘infezione
erpetica (Herpes Zoster e Simplex)
- FAMCICLOVIR (profarmaco del PENCICLOVIR) x il trattamento dell‘infezione
erpetica tox: nausea diarrea,mal di testa, x e.v. puo‘ dare insuff. renale e neurotox
- GANCICLOVIR x il trattamento di infezioni severe da citomegalovirus
tox: mielosoppressione(neutropenia) , rara tox al SNC, nell‘ animale è carcinogenico
- CIDOFOVIR
tox: nefrotox (si previene con probenecid)
D. FOSFONATI
Inibiscono la DNA POLIMERASI legandosi :
- ad 1 sito allosterico x il foscarnet
- al sito catalitico x il fosfonoacetato disodico
- FOSCARNET: x il trattamento di infezioni severe da citomegalovirus in pazienti
immunocompromessi. Tox: Insufficienza renale, ipo o iper- calcemia, tox al SNC
(mal di testa, allucinazioni e svenimenti)
- FOSFONOACETATO DISODICO
E. ALTRI ANTIVIRALI
- METISOPRINOLO (INOSINA PRANOBEX): inibisce la replicazione del virus
interferendo con la lettura dell‘ mRNA virale a livello dei ribosomi della cellula
infettata; aumenta la risposta anticorpale (ha azione immunomodulante con
aumento della proliferazione di linfociti T attivati); si usa x le infezioni
herpetiche;
- IMIQUIMOD è 1 modificatore della risposta immunitaria con 1 attività antivirale
non diretta. È usato x via topica x il trattamento dei condilomi acuminati genitali e
perianali nei pazienti adulti;
- LISOZIMA è 1 enzima dell‘ organismo; come antivirale agisce durante la fase
esocellulare del virus attivando i fattori difensivi (attivazione del sistema
immunitario) e\o attraverso una interazione con i recettori cellulari di superficie
(inibizione dell‘ attività sinciziogena);
- NEURAMIDE è un enzima proteolitico che inibisce la replicazione virale; si usa x
l‘ Herpes simplex, zoster, cheratiti erpetiche;
260
BOX di Approfondimento:
Infezioni da virus varicella-zoster
La varicella è una malattia virale molto contagiosa, che colpisce prevalentemente i
bambini d‘età compresa tra i 5 ed i 9 anni. L‘agente casuale è il virus varicella-zoster
, che viene trasmesso per via respiratoria.L‘infezione colpisce generalmente verso la
fine dell‘inverno e l‘inizio della primavera. Il periodo di incubazione è in media di
14-16 giorni.I soggetti colpiti sono contagiosi da 2 giorni prima della comparsa
dell‘esantema vescicoloso , durante il formarsi delle vescicole ( 4-5 giorni ) e fino
alla formazione della crosta.La varicella si manifesta con la comparsa di un esantema
eritematoso-vescicoloso, che provoca prurito , e che insorge a partire dal tronco e dal
viso per poi estendersi a tutto il corpo.La malattia si accompagna a febbre per 3-5
giorni.Generalmente la varicella è una malattia benigna. Tuttavia in alcuni casi
possono insorgere complicanze.Un‘infezione batterica secondaria delle vescicole ,
dovuta spesso al grattamento , può causare la formazione di cicatrici deturpanti . Le
infezioni batteriche sono in genere causate da Streptococcus pyogenes o da
Staphylococcus aureus. Complicanze gravi della varicella sono : encefalite ,
polmonite varicellosa.La polmonite varicellosa si presenta più frequentemente negli
adulti anzichè nei bambini.Altre manifestazioni della varicella sono: sindrome da
varicella congenita , varicella perinatale.La sindrome da varicella congenita è rara ;
colpisce i nati da madri infettate dal virus della varicella-zoster durante la gravidanza.
I bambini possono nascere con ipoplasia degli arti , e presentare lesioni cutanee
cicatriziali e microcefalia.La varicella perinatale si presenta nei neonati , la cui madre
è stata infettata dal virus della varicella-zoster 5 giorni prima del parto , o nei due
giorni successivi. La mortalità della varicella perinatale è elevata , raggiungendo
anche il 30%.La varicella si manifesta in modo grave nei bambini che assumono
corticosteroidi sistemici per l‘asma, o sono affetti da malattie ematologiche come la
leucemia.In circa il 10-20% dei casi , la varicella è seguita dopo diversi anni
dall‘herpes zoster.Il virus della varicella , infatti , permane nei gangli delle radici
nervose dorsali , ed in età adulta può riattivarsi. I più colpiti sono le persone anziane ,
soprattutto di 60 anni o più , ed i soggetti immunocompromessi.
L‘herpes zoster si manifesta con un‘eruzione di tipo vescicoloso , che interessa i
dermatomeri , molto dolorosa.La durata della malattia è in media di circa 7-10
giorni.Circa il 50% delle persone colpite da herpes zoster presenta dolore ( nevralgia
posterpetica ) anche mesi dopo la risoluzione delle lesioni cutanee.
Lo zoster può provocare lesioni neurologiche irreversibili ( paralisi dei nervi cranici ,
emiplagia controlaterale ).Se viene ad essere coinvolta la branca oftalmica del nervo
trigemino , si manifesta lo zoster oftalmico.La varicella può essere prevenuta
mediante la vaccinazione.Prima dell‘introduzione del vaccino , negli Usa venivano
registrati , ogni anno , circa 4 milioni di casi di persone infettate , con 10.000
ospedalizzazioni e circa 100 morti.Il vaccino contro la varicella , realizzato a partire
dal ceppo denominato Oka del virus varicella-zoster , è un vaccino vivo attenuato.In
Italia il vaccino Oka/Merck ( Varivax ) è l‘unico ad avere l‘indicazione ― prevenzione
primaria della varicella in soggetti di età superiore ad un anno‖.
261
Virus varicella-zoster , presentazioni atipiche e complicanze inusuali
Il virus varicella-zoster è quindi l'agente eziologico della varicella ( infezione
primaria ) e dell'herpes zoster ( riattivazione dell'infezione latente ).
Di norma la varicella è una malattia benigna dell'infanzia , tuttavia può avere esiti
letali nelle persone immunocompetenti o immunodepresse.
Una complicanza , la cui frequenza è in costante aumento , è la comparsa di gravi
infezioni batteriche dei tessuti molli , causate dagli Streptococchi A.
L'herpes zoster può risultare associato a diverse complicanze neurologiche , tra cui la
sindrome dell'emiparesi controlaterale ritardata.
Le complicanze neurologiche dell'herpes zoster , compresa l'encefalite cronica ,
hanno una maggiore incidenza nei pazienti affetti da AIDS.
La retinite da virus varicella-zoster è una complicanza che può condurre a perdita
della vista, e si presenta nei soggetti immunocompromessi o immunocompetenti.
L'incidenza della varicella in Italia
I Ricercatori dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano hanno
calcolato l'incidenza della varicella in Italia su un campione di 33.343 bambini , d'età
compresa tra 0 e 14 anni , in osservazione presso 35 pediatri tra il 1° ottobre 1997 ed
il 30 settembre 1998.
Il numero dei bambini suscettibili alla varicella è stato calcolato attraverso la lifetable.
Sono stati identificati 1.749 casi tra i 21.783 bambini suscettibili , con un'incidenza
dell'8% ( CI: 7,7-8,4 ).
La percentuale standardizzata per l'età rispetto alla popolazione italiana d'età
compresa tra 0 e 14 anni è risultata 6,8% ( CI : 6,5-7,2 ).
L'incidenza è stata superiore del 16% nei bambini di 3-4 anni d'età e superiore del 4%
per i bambini d'età compresa tra 1 e 10 anni.
Il confronto tra il metodo adottato dai Ricercatori del CNR ed il metodo usuale ha
mostrato che la metodica usuale sottostima l'incidenza annuale ( 5,2% contro 8%) ,
sposta il picco d'incidenza ai primi anni di vita, e sottostima l'incidenza cumulativa (
a 14 anni ; 49% contro 67% ).
2. ANTI-AIDS (ANTI-HIV)
L‘ AIDS è sostenuto (causato) dall‘ virus HIV che è un retrovirus (cioè un virus che
retrotrascrive il suo patrimonio genetico all‘ interno della cellula ospite).Appartiene
ad una famiglia di retrovirus alla quale fanno parte anche altri virus ,noti che causano
delle patologie umane, come il HTLV1 (leucemia a cellule T) e HTLV 2 (leucemia a
cellule capellute) , ed altri che sono stati caratterizzati ma sul piano della patologia
umana non contano ancora moltissimo fino a che non si trovi una malattia ad essere
associata a loro.L‘ infezione da HIV è causata allora da questo virus che entra nella
cellula legandosi a un recettore (gd4) e a dei corecettori per le chimochine (altri
fattori solubili che partecipano alla fisiopatologia della cellula).Quindi approfitta di
262
strutture già esistenti della cellula per penetrare ,si internalizza ,si libera dal mantello
e retrotrascrive il loro patrimonio genetico da RNA a DNA in coppie
complementari.E questo DNA può integrarsi nei nostri cromosomi (purtroppo in
qualsiasi posizione perché se il suo genoma si integrasse sempre nella stessa
posizione sarebbe bastato prendere un retrovirus murino o qualcosa d‘ altro e
integrarlo prima di lui,come un vaccino,per inattivarlo).Questo virus però anche se ha
delle regioni preferenziali ,si posiziona un po‘ ovunque e una volta che la cellula
mette in moto i suoi meccanismi replicativi ,attraverso la sintesi di DNA messaggero
si arriva alla produzione di nuove particelle virali.Poi con la fase di completamento si
ha la formazione del rivestimento proteico (del nucleocapside),tappa importante
perchè è oggetto all‘ azione di farmaci .Ci sono dei farmaci che possono agire in tre
momenti particolari e quindi :
1. D‘ ingresso
2. Di retrotrascrizione
3. Di perfezionamento della struttura del virus
L’ AIDS si può contrarre attraverso:
1.Trasfusioni (in Italia e nei paesi occidentali ormai è raro)
2.Rapporto sessuale
3.Tossicodipendenza per via venosa soprattutto in Italia,Spagna,sud di Francia
4.Trasmissione madre figlio (25% dei casi ma con l‘ uso di farmaci si può ridurre a
meno di 5%.In Africa può arrivare vicino al 50% a causa dell‘ allattamento materno).
La saliva in linea teorica può essere perché contiene piccole quantità di virus e inoltre
perché vi possono essere delle lesioni nelle gengive del ricevente.Però la percentuale
è molto bassa e in letteratura manca un caso sicuramente dimostrato di persona che
abbia incontrato l‘ infezione in questo modo.
L‘ epidemiologia è una disciplina che non ci spiega il perché,ci dice che cosa è
successo,in che misura e ci dà una stima del rischio.In realtà la modalità di
trasmissione che ci rende il maggior numero di infezioni al mondo è il rapporto
eterossessuale .Questo perché prendendo il pianeta per intero, il grosso problema dei
paesi in via di sviluppo (Africa,sud-est Asia) dove l‘ infezione sta aumentando, è
legato soprattutto al rapporto eterosessuale (e anche alle trasfusioni di sangue).Invece
nei paesi occidentali affiorano il rapporto omosessuale e la tossicodipendenza per via
venosa.Nel rapporto etero e omossessuale il rischio è aumentato dalla preesistenza di
altre infezioni a trasmissione sessuale , per esempio la presenza di lesioni
infiammatorio-flogistiche più o meno croniche a livello dei genitali.
DECORSO DELL’ INFEZIONE DALL’ HIV
Può esserci una fase iniziale la cosidetta sindrome da sieroconversione in cui l‘
infetto manista una qualchealterazione che può essere:
1. un attacco febbrile di qualche giorno.Si chiama sindrome mononucleosica
perché assomiglia alla mononucleosi.
2. Meningite ascettica con quadro clinico tipo meningite ma non si trovano poi
nel liquido cefalorachidiano alterazioni suggestive di un‘ infezione in atto.
263
Allora un certo numero di pazienti sviluppa questa manifestazione acuta e poi inizia
un periodo clinicamente silente,cioè la persona si sente sostanzialmente bene e per
molti anni svolge una vita normale sia in termini di lavoro che in termini di
potenziale trasmettitore dell‘ infezione.Il barsaglio principale del virus HIV è
rappresentato da questi linfociti a fenotipo CD4+ cosidetti Helper, che hanno una
serie di funzioni importantissime e cioè di coordinamento-organizzazione e
mantenimento della risposta immunitaria,in particollare dell‘ immunità cellulare ma
hanno anche un‘ azione cooperante sull‘ immunità umorale.
Quindi il virus entra attraverso il recettore CD4 e colpisce in maggior misura queste
cellule e nel tempo si assiste a un calo numerico di questa sottopopolazione,per cui si
parte da livelli fisiologici oscillanti fra 600-1000 in una persona normale e si
arrivanel tempo a valori prossimi all‘ esaurimento.Infatti non esiste alcuna malattia
(salvo il diabete) in cui c‘è un marcatore cosi preciso e cosi informativo sullo stato di
salute del soggetto.In funzione alla misurazione del numero di questi linfociti CD4
noi possiamo stabilire il rischio che quel soggetto ha inanzittutto di morire nei
prossimi 6 mesi ma anche di andar incontro a quelle manifestazioni che chiamiamo
infezioni opportunistiche che tipicamente stanno a rapresentare il quadro clinico dell‘
AIDS e che ci rendono conto della sua perdita di controllo immunitario.Più
diminuisce il numero di CD4 più aumenta il numero di manifestazioni di infezioni
opportunistiche che il soggetto va incontro.
PATOLOGIE OPPORTUNISTICHE
Dal 1993 al 1996 ,gli ultimi anni in cui nei paesi occidentali non esisteva ancora una
terapia valida,l‘ unica cosa che potevamo fare per gli infetti da HIV era di farli
sopravvivere il più a lungo possibile ,prevenendo le infezioni ,curandole
tempestivamente usando anche strumenti particolari del ricovero medico come l‘‘
alimentazione parenterale o le trasfusioni quando si sviluppava anemia ecc.Infatti
loro sopravvivevano più a lungo rispetto alle aspettative inbase alla loro immunità e
diventavano ricettacoli di infezioni estremamente strane, per esempio la polmonite da
rodococcus equi (coccobacillo che dà polmonite nel cavallo),la criptosporidiosi
(diarrea tipica di alcune specie bovine).
Nell‘ infezione da HIV si ha una progressiva discesa dei CD4 in numero assoluto per
microlitro o milimetro cubo di sangue, la cui conoscenza ci permette di stimare più o
meno quello che sta accandendo o sta per accadere in quel soggetto.Il numero dei
CD4 è un segnale istruttivo,per esempio se ho 260-270 CD4 posso escludere tutto
una serie di ipotesi estreme caratteristiche appunto dell‘ ultimo stadio.Da qualche
anno disponiamo anche di un altro indicatore dell‘ infezione da HIV che è una sorta
di quantizzazione delle coppie virali circolanti .Questo ci dà una misura dell‘ attività
replicativa del virus, mentre la conta dei CD4 ci dà una indicazione circa lo stato dell‘
immunità del soggetto.Quindi posso avere 600 CD4 ma con 2000000 di coppie virali
per ml e questo mi indica che quel soggetto avrà un‘ abbassamento della sua
immunità nei prossimi mesi perché la sua infezione è in attiva replicazione.Oggi l‘
uso di farmaci permette addirittura l‘ azzeramento della carica virale o comunque l‘
abbassamento a un valore al di sotto della capacità dell‘individuazione dei sistemi
che usiamo,per cui se io ho un soggetto che ha alcune centinaia di migliaia di coppie
264
virali per ml e lo metto in terapia e dopo vado a misurare il valore delle coppie virali
e lo trovo al di sotto della soglia di rilavazione posso essere contento perché è segno
che la mia terapia sta funzionando.In tempi un po piu lunghi ci sara anche una risalita
dei CD4 perché come indicatori sono un po‘ piu lenti a muoversi.Le infezioni
opportunistiche maggiori (quadri piu gravi) sono le patologie opportunistiche (perché
ci sono anche un certo numero di neoplasie) che sono tipicamente insorgenti in
malatti con AIDS.Le manifestazioni piu frequenti e piu gravi sono tipiche delle fasi
tardive,cioè questo processo di discesa immunitaria che è misurabile attraverso la
conta dei linfociti CD4 per microlitro identifica una fase terminale, all‘ interno della
quale si accumulano tutte le possibilità di sviluppo di infezioni opportunistiche.Vi
sono alcune infezioni che si presentano già al di sotto dei 50 linfociti CD4 e questo ci
identifica un certo numero di classificazione dei pazienti.Per esempio se c‘è un
paziente con candidiasi esofagea posso pensare che non necessariamente abbia un‘
immunità quasi a 0.Ma se faccio diagnosi di retinite da CMV so che tale individuo ha
un numero di CD4 al di sotto di 50 ed è in una fase molto avanzata.Questo tipo di
classificazione è molto utile quando si curano questi pazienti, perché quando in
ambulatorio arriva un paziente con HIV con uno stato febbrile io prendo la sua
cartella e vado a verificare gli ultimi esami,i farmaci che sta prendendo,i valori di
viremia e di CD4 e in poco tempo posso avere un‘ idea di quelle che sono le
possibilità circa la dignosi della malattia febbrile.I linfociti. Cio‘ non è sempre vero!
La polmonite da pneumocistis carini per esempio si manifesta in soggetti che hanno
CD4 al di sotto di 60,però c‘è un 20% di persone che sviluppano questa malattia con
valori un po‘ piu alti.
MANIFASTAZIONI PRECOCI
- Linfoadenopatia :ingrossamento dei linfonodi di solito laterocervicali (piu di
uno).Si deve fare una diagnosi differenziale con la mononucleosi o sindrome
mononucleosica,una faringite febbrile,un ascesso al dente. L‘ adenopatia come
reperto clinico non deve far pensare all‘ HIV subito.Sara l‘ anamnesi clinica che ci
darà le indicazioni.Nell‘ infezione dall‘ HIV vi può essere questo problema in forma
subacuta clinica che dura alcuni mesi oppure in forma acuta nel quadro della
cosiddetta sindrome da sieroconversione.
- Dermatite seborroica :pelle che si arrossa, si desquama soprattutto vicino alle ali
del naso.(Si può trovare anche per stress,mancanza di sonno,pelle grassa,sindrome
neurologica complessa)
- Mollusco contagioso :lesioni rilevate con ombelicature(anche in soggetti senza
HIV).
- Candida (fungo patogeno):a livello urinario e nel cavo orale.In soggetti anziani che
hanno fatto uso di ATB e hanno favorito la crescita del fungo a discapito dei batteri
usando degli antibatterici.Negli immunodepressi comunque la candida è molto
estesa.Può localizzarsi nel cavo orofaringeo e nell‘esofago.Se si trova anche
nell‘esofago la vecchia classificazione dei Center for desease di Atlanta del 1993 ci
autorizza a formulare la diagnosi dell‘ AIDS.
- Esofagite: importante nei bambini (provoca seri problemi alimentari).Clinicamente
si manifesta con bruciore retrosternale.
265
- Polmoniti da pneumocistis carini :per come si comporta sembra un protozoo, ma
dal punto di vista dell‘ analisi del DNA sembrerebbe un fungo.Il soggetto è in
insufficienza respiratoria , cala la perfusione e la ventilazione ,gli spazi sono zaffati di
materiale infiammatorio proteico , cisti di pneumocistis carini ,leucociti ecc. , per
questo gli scambi sono scarsi. La radiografia autorizza l‘ inizio della terapia con
farmaci (cotrimossazolo- BACTRIM), impiego di antiinfiamatori cortisonici, farmaci
che riducono l‘ infiammazione e che diminuiscono la permeabilità capillare a quel
livello e quindi il passaggio di sostanze che ingombrano gli alveoli. Il paziente avrà
comunque febbre ed insufficienza respiratoria.
- Neurotoxoplasmosi : massa occupante spazio nel cervello.A seconda della sede
abbiamo manifestazioni neurologiche varie come epilessia , emiplegia ecc. E‘
comunque un‘ infezione curabile.
- Criptococcus neoformal : è un fungo.Infezione opportunistica in senso stretto negli
immunodepressi.Lesione disseminata che può dare in AIDS invasione del
SNC.Pazienti con un po di febbre 36,7 , con mal di testa , liquor pieno di funghi che
in pochi giorni lo possono portare in decesso se non si instaurasse una terapia
antifunghina.
- Infezione da virus CMV (citomegalovirus) : virus della famiglia degli Herpes.L‘
infezione è a carico del fundus oculare , importante in AIDS e trapianto d‘ organo.
- Retinite :infezione che può portare alla cecità (numero di CD4 al di sotto di
50).Bisogna trattarla con farmaci.
- Ulcera duodenale : più spesso ulcera esofagea e colite da CMV.
- HSV-1 e HSV-2 :lesioni a grappolo a livello labiale e genitale
- Varicella Zoster : (fuoco di Sant‘ Antonio) è un virus che rimane silente nei gangli
nervosi e in un momento di immunodepressione ( transitoria o definitiva) si ha la sua
riattivazione e distribuzione delle vescicole nell‘ area dermatomerica che corrisponde
al ganglio nervoso (ridistribuzione topografica)
- Infezioni gastrointestinali :soprattutto nei paesi poveri da :Criptosporidiosi o
microsporidiosi.
- Gay Baner simdrom :sindrome dell‘ intestino dell‘ omosessuale che preesisteva l‘
AIDS:Giardiasi , Entamebiasi ecc.Nel proseguire del tempo , l‘ HIV determina dei
danni di per se ,senza l‘ ausilio di agenti opportunistici ,tipo atrofia cerebrale cioè
cervello che perde via via la sua consistenza,aumentano gli spazi ventricolari ,i solchi
e si assiste ad un impoverimento strutturale e funzionale.Oppure atrofia intestinale
nel tempo e quindi un intestino che assorbe di meno.
- . TBC : tubercolosi
- Neoplasie : linfoma primario cerebrale (che nasce all‘ interno dell‘ cervello) ,
linfoma , sarcoma di Kaposi( nasce da gettoni vascolari endoteliali per cui è tanto
vascolarizzato. Può essere multiorgano e cioè visibile non solo sulla cute ma anche
internamente a livello viscerale,respiratorio).
Con la ricrescita dell‘ immunità grazie alla terapia farmacologica talvolta tumori del
genere scompaiono automaticamente. Dal 1996 con l‘ inizio della terapia
farmacologica con Inibitori delle proteasi si è assistito a un calo della mortalità
importante.
266
Farmaci:
TERAPIA DELLE INFEZIONI DA HIV-1 (AIDS):
I target terapeutici possono essere molti perché ci sono molte fasi dopo che il virus è
entrato nella cellula.
Livelli di azione dei farmaci anti-HIV:
 Inibizione della trascrittasi inversa : essendo un enzima non presente nelle
cellule umane si pensava potesse essere un target specifico; si è invece visto
che in realtà che gli inibitori della trascrittasi inversa sono anche in grado di
inibire la DNA-polimerasi cellulare. Tali farmaci hanno struttura nucleosidica
e sono Ziduvudina, Zalcitabina, Stavudina …
 Inibitori della trascrittasi inversa con struttura non-nucleosidica;
 Inibitori delle proteasi : bloccano la maturazione proteica impedendo così al
virione di riassemblarsi;
 Farmaci in grado di agire agire a livello della penetrazione e del coating del
virus sulla superficie cellulare; questa terapia è detta CD4-Based Therapy, in
quanto si utilizzano analoghi dei recettori CD4 in grado di legarsi alle gp120,
responsabili della penetrazione del virus nella cellula;
 Farmaci in grado di agire a livello delle proteine regolatorie prodotte dal virus
integrato nel genoma cellulare.
I farmaci inibitori del legame tra HIV e recettore CD4 possono essere:
 Recettori CD4 solubili
 Anticorpi monoclonali anti-gp120
 Anticorpi anti-idiotipo
I farmaci inibitori della perdita dell‘involucro proteico del virus HIV:
 Ipericina (un derivato dell‘iperico)
 Anticorpi anti-gp41, proteina ritenuta indispensabile per la fusione del virus
alla cellula e per la perdita dell‘involucro proteico
I farmaci inibitori della trascrittasi inversa:
 Farmaci con struttura nucleosidica:
 Zidovudina (AZT)
 Didanosina (ddI)
 Zalcitabina (ddC)
 ddA
 Lamivudina
 Stavudina
 Fluorotimidina
 Azidouridina
 Farmaci con struttura non-nucleosidica (spesso con struttura simile alle BZ)
 Foscarnet
267
FARMACI INIBITORI DELLE TRANSCRITTASI INVERSE
1. INIBITORI NUCLEOSIDICI
ZIDOVUDINA (AZT)
L‘AZT è stato inizialmente usato quale farmaco anti-tumorale, ma poi è stato
eliminato dalla terapia perché creava troppi effetti collaterali. Venne quindi rimesso
in commercio dopo la comparsa dell‘AIDS e fu inizialmente utilizzato a dosaggi
elevati (1-2 g/die), ma poi si è capito che si potevano ridurre gli effetti collaterali
senza diminuire l‘efficacia del farmaco anche a dosaggi di 500-600
mg/die).Inizialmente era utilizzato solo per i casi di AIDS conclamato e solo più tardi
si iniziò ad usarlo anche per i solo siero positivi; il criterio per determinare i soggetti
più idonei alla terapia con AZT era fino a qualche anno fa la concentrazione dei
linfociti CD4+ < 500/mm3 , ora invece si utilizza una concentrazione di CD4+ <
200/mm3 oltre alla conta dell‘ RNA-virale.
- meccanismo d‘azione dell‘ AZT:Prima di agire viene fosforilato alla forma 5trifosfato; Quindi inibisce direttamente la trascrittasi inversa e inibisce anche la
DNA-polimerasi indirettamente agendo da terminatore della catena nascente
- meccanismo di resistenza :le mutazioni puntiformi modificano la sua affinità sul
recettore
- caratteristiche farmacologiche : viene assorbita rapidamente dal tratto
gastrointestinale. La concentrazione nel CSF (liquor cefalorachidiano) è del 50%
di quella plasmatica.Ha un‘emivita di 1 ora e deve quindi essere somministrata
almeno 2 volte al giorno.
- Effetti collaterali: L‘AZT ha una tossicità dose-dipendente. Mielotossicità: la
maggiore tossicità è l‘anemia, la granulocitopenia che aumenta con la diminuzione
del valore dei CD4, con il rischio di infezioni. Cefalea grave
Per la valutazione dell‘efficacia in passato venivano presi degli end-points (numero
CD4+, livelli ematici di 2 microglobulina, ecc) oggi non più usati perché non molto
chiari. Oggi viene usata la PCR per il genoma virale, che è un indice molto più
valido. I pazienti che devono essere trattati con l‘ AZT sono:
 I pazienti con AIDS o ARC, cioè soggetti con immunodeficienze
 Pazienti asintomatici con indici prognostici sfavorevoli
Attualmente i protocolli richiedono che debbano essere trattati pazienti con CD4<300
in siero, anche se non siano presenti sintomi di malattia; 300<CD4<500 se nel siero
ci sono segni di replicazione virale e con CD4>500 sempre se le copie di RNA virale
sono >30.000; infatti se CD4 è <500 ma le copie di RNA virale sono <10.000 non si
tratta perché il numero è di scarsa importanza.
L‘efficacia si misura con:
 diminuzione delle infezioni
 l‘aumento del peso corporeo
 ridotto deterioramento dell‘indice Kornofsky
 diminuzione p24
 aumento CD4
 miglioramento neurologico e trombocitopenico
268
TOSSICITA‘
 depressione del midollo con conseguenti neutropenia ed anemia
 nausea
 sintomatologia gastrointestinale
 mialgie
 insonnia
 cefalee
Il Paracetamolo ne potenzia l‘attività tossica ematica.
Quando contro l‘HIV c‘era solo AZT vennero fatti degli studi, come CONCORDE,
per verificarne la reale efficacia; essi stabilirono un concetto fondamentale:
la terapia con zidovudine iniziata presto non dava miglioramenti riguardo la durata
della vita dei pazienti; veniva quindi somministrata solo alla presenza dei sintomi
della malattia. Viene inoltre utilizzato pe ridurre il rischio di trasmissione madrefiglio durante il parto. Si danno 500 mg/die tra la 14° e la 34° settimana di gravidanza
più infusione i.v. 1 mg/Kg/h dall‘inizio del travaglio, inoltre viene somministrato al
neonato uno sciroppo per 6 settimane.La resistenza insorge dopo almeno 6 mesi e
non necessariamente è crociata. Il costo del trattamento è notevole; 15 gg costano £
300.000, e solo per questo farmaco.
DIDANOSINA (ddI)
Ha una ridotta mielotossicità, ma una notevole tossicità pancreatica e polineuriti.
Somministrabile ogni 12 h
Acidolabile (somministrata con alcali)
ZALCITABINA (ddC)
Tossicità simile al ddI
2. INIBITORI NON NUCLEOSIDICI
NEVIRAPINA
È 1 buon inibitore, ma da rapida insorgenza di resistenze, anche crociate, ovvero per
più sostanze contemporaneamente.A volte successive resistenze possono rendere un
ceppo virale sensibile all‘azione d i determinati farmaci antivirali verso i quali prima
il ceppo non era sensibile; così anche può accadere che interrompendo per qualche
mese la somministrazione di un determinato farmaco un ceppo ormai insensibile ad
esso possa tornare ad essere sensibile. Dopo la transcriptasi inversa il DNA virale
viene condotto nel nucleo e si inserisce. C‘è una certa latenza che è determinata da
geni virali (tat). Possiamo quindi cercare di inibire la proteina tat, codificata dal gene
omonimo, che porta alla formazione dei virioni.Ci sono dei farmaci allo studio che
funzionano anche su ceppi con resistenza alla ZDV, hanno però una tossicità cutanea.
3. INIBITORI DELL’ HIV PROTEASI
Hanno dimostrato di far aumentare la vita dei pazienti malati.
Inibiscono la proteasi che spezza le poliproteine codificate da gag e pol, proteine
strutturali e funzionali del virus.
In commercio si trovano 3 inibitori delle proteasi:
269
NOME
NOME COMMERCIALE
EFFETTI
COLLATERALI
INDINAVIR
CRIXIVAN
RITONAVIR
NORVIR
SAQUINAVIR
INVIRASI
Iperbilirubinemia,
nefrolitiasi
Nausea, diarrea, nefropatia
periferica e centrale
Disturbi gastrointestinali
Sono metabolizzati dai citocromi e quindi interagiscono con altri farmaci:
 Analgesici
 Neurolettici
 Sedativi ipnotici
 Antistaminici
 Antidepressivi
 Farmaci antiinfettivi
Hanno quindi interazione col METADONE.
BISOGNA FARE QUINDI MOLTA ATTENZIONE ALLE INTERAZIONI.
Attualmente le indicazioni per i malati di HIV prevedono l‘utilizzo di un mix di
almeno 3 farmaci comprendenti 2 antiproteasi ed 1 anti trascriptasi inversa.
CLASSIFICAZIONE:
 INIB NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
Funzionano sia come inibitori della timidilato chinasi cellulare dopo essere stati
mono fosforilati , sia come inibitori del sito catalitico della trasrittasi inversa dell‘
HIV ( dopo essere stati trifosforilati)
- ZIDOVUDINA o AZT
Per trattare infezioni da HIV con CD4 minore di 500\ml x la prevenzione della
trasmissione dalla madre al feto
tox: mielosoppressione, disturbi g.i., mal di testa e insonnia, trombocitopenia, epatite
acuta
- DIDANOSINA (IIa scelta)
anche x il trattamento dell‘ epatite di tipo B
tox: pancreatite dose-dipendenti, neuropatie periferiche, diarrea, epatotox, ematotox
- LAMIVUDINA anche x il trattamento dell‘ epatite di tipo B
- ZALCITABINA (IIa scelta)
- STAVUDINA (IIa scelta)
- ADEFOVIR DIPIVOXIL Adefovir Dipivoxil (Hepsera) si usa anche per il
trattamento dell'epatite B cronica negli adulti con evidenza di replicazione virale
attiva ed elevati valori di ALT(alanin amino-transferasi)o AST(aspartato
aminotransferasi)o malattia istologicamente attiva. Il virus dell'epatite B può
causare un'infezione che perdura per tutta la vita , cirrosi epatica, epatocarcinoma,
270
insufficienza epatica ed anche morte. L'Adefovir Dipivoxil rallenta la
progressione dell'epatite B cronica , interferendo con la replicazione virale.
L'approvazione di Hepsera è avvenuta grazie ai risultati di due studi clinici. Alla
48^ settimana, il 53% dei pazienti che aveva ricevuto Adefovir Dipivoxil in uno
studio, ed il 64% dei pazienti nell'altro studio hanno mostrato un significativo
miglioramento dello stato infiammatorio epatico causato dal virus dell'epatite B
rispetto al 25% e al 35% dei pazienti che invece hanno ricevuto il placebo. Un
miglioramento statisticamente significativo della fibrosi epatica è stato osservato
nei pazienti che hanno ricevuto l'Adefovir Dipivoxil. Inoltre il farmaco ha
dimostrato di essere efficace nei pazienti che non rispondevano al trattamento con
Lamivudina. L'Adefovir Dipivoxil è nefrotossico , soprattutto nei pazienti a
rischio di disfunzione renale o con malattia renale sottostante. Inoltre , in più del
25% dei pazienti che hanno partecipato agli studi clinici , dopo sospensione del
farmaco si è assistito ad un'esacerbazione(acuta)dell'epatite B. Pertanto i pazienti
trattati con Adefovir Dipivoxil dovrebbero essere sottoposti a ripetuti controlli per
la valutazione della funzionalità epatica.
- ABACAVIR: come la didanosina
 INIB NON NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
Agiscono legandosi sd 1 sito allosterico della trasrittasi inversa
A. NEVIRAPINA
B. DELAVIRDINA
C. EFAVIRENZ
 INIBITORI DELLE PROTEASI ASPARTICHE
Le proteasi sono enzimi che tagliano le sequenze amminoacidiche appena sintetizzate
in frammenti + piccoli ( proteine attive) x ultimare la sintesi proteica . Inibendo tali
proteasi aspartiche dell‘ HIV la sintesi proteica non si puo‘ completare e l‘HIV non
puo‘ riprodursi nell‘ ospite
- INDINAVIR
tox:iperbilirubinemia, nefrotox, trombocitopenia, nausea, diarrea,
irritabilita‘,induttore e inibitore metabolico
- RITONAVIR
- SAQUINAVIR- NELFINAVIR
tox:disturbi g.i,aumento del gusto,ipertrigliceridemia nefrotox,induzione metabolica
 NUOVI FARMACI ANTI-HIV
Sono suddivisi in 6 classi perincipali:
- Nuovi analoghi nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa (NRTI)
Coviracil (Emtricitabina, FTC, Triangle Pharmaceuticals)
dAPD (Triangle Pharmaceuticals)
d-d4FC (Emory University)
271
MB-PFA e EB-PFA (analoghi del Foscarnet)
Lodenoside (F-ddA; U.S. Bioscience)
dOTC (BCH-10652; BioChem Pharma)
Tenofovir (Gilead Sciences)
- Nuovi inibitori di proteasi
Atazanavir (Bristoll-Myers Squibb)
Tipranavir (Boehringer Ingelheim)
Mozenavir (DMP-450) (Triangle Pharmaceuticals)
TMC126 (Tibotec)
AG-1776 (Agouron)
DMP-681 e DMP-684
- Inibitori della fusione e dell'integrasi
T20 e T1249 (Trimeris e Roche)
- Nuovi farmaci non nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa(NNRTI)
TMC 120 e TMC 125
TMC114 e 126
Capravirina (AG-1549) (Agouron Pharmaceuticals)
Coactinon (Emivirina, EMV; Triangle Pharmaceuticals)
DPC-083 (DuPont Pharmaceuticals)
TMC125 (Tibotec-Virco)
PNU-142721 (Pharmacia & Upjohn)
GW420867X (GlaxoWellcome)
- Nuove formulazioni di farmaci esistenti
- Vaccini
A causa della complessità di molti schemi di trattamento, delle scarse qualità di
farmacocinetica di alcuni agenti, dei profili di tossicità elevati nel breve e nel lungo
termine di tutti gli attuali farmaci, e non ultimo della insufficiente aderenza dei
pazienti ai vari regimi terapeutici, un fallimento terapeutico- definito come ripresa
virologica e/o clinica della malattia, avviene in più del 50% dei pazienti osservati in
varie casistiche. La probabilità di successo è ancora minore nei trattamenti di seconda
linea. Il fallimento è legato spesso anche alla presenza di resistenze crociate
all‘interno di una stessa classe di farmaci e alla difficoltà di costruire un nuovo
schema terapeutico efficace con farmaci tollerabili.
Gli obbiettivi dello sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali includono
l‘individuazione di molecole con un migliore livello di tollerabilità e
sicurezza,migliori proprietà farmacocinetiche, che non abbiano cross-resistenza
all‘interno della stessa classe, infine farmaci che abbiano meccanismi di azione
interamente nuovi. Attualmente numerose sono le molecole in fase di studio di cui
272
alcune potrebbero essere già disponibili sul mercato dal prossimo anno. Alcune
sembrano offrire vantaggi veramente unici rispetto ai farmaci esistenti sia per la
terapia di prima linea sia per le successive.
Nella rassegna che segue sono elencati alcuni dei nuovi farmaci con le loro
caratteristiche e le evidenze scientifiche già pubblicate riguardanti il loro impiego.
C‘è da sperare che con queste nuove molecole possano venire vantaggi significativi
sia per i pazienti che iniziano una terapia sia per i fallimenti terapeutici.
- Nuovi analoghi nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa (NRTI):
Coviracil (Emtricitabina, FTC, Triangle Pharmaceuticals):
E' un nuovo NRTI con analogie con la lamivudina e come questo, attivo sia contro
HIV 1 che contro HBV. Ha una potente attività antiretrovirale in vivo, e il profilo
farmacocinetico consente la monosomministrazione, che ne facilita l'utilizzo in
regime HAART. Uno studio di confronto con la lamivudina, in associazione con
stavudina e un NNRTI, su 468 soggetti naive, ha mostrato tossicità come anche
attività comparabili alla lamivudina stessa. In uno studio pilota in associazione con
didanosina ed efavirenz ha dato risultati notevoli in termini di efficacia. Per questo
farmaco manca ancora un profilo di tossicità nel lungo termine. Inoltre, la mutazione
M184V, comunemente osservata nei pazienti con fallimento di un regime contenente
lamivudina, conferisce cross-resistenza e quindi sembra poco promettente per il
trattamento di pazienti experienced.
Farmaco strutturalmente simile alla Lamivudina, ma con una attività in vitro contro
l'HIV di circa 4-10 volte maggiore. Ha una buona biodisponibilità dopo
somministrazione orale ed ha una lunga emivita, per cui può essere somministrato in
monodose. I primi studi hanno dimostrato una buona tollerabilità; gli effetti
collaterali più comunemente osservati sono stati cefalea e disturbi gastrointestinali
(nausea, vomito e diarrea). Come per la Lamivudina, la resistenza è provocata dalla
mutazione M184V, per cui non è attivo verso ceppi già resistenti al 3TC. In uno
studio francese (lo Studio "Montana") presentato al 40° ICAAC (settembre 2000), un
regime terapeutico interamente monodose con Videx, Sustiva e Coviracil ha ottenuto
un successo virologico nel 93% dei pazienti dopo 24 settimane Il farmaco ha
dimostrato attività anche nei confronti dell'HBV.
dAPD (Triangle Pharmaceuticals):
Questa molecola viene rapidamente assorbita e quindi metabolizzata in vivo a
formare D-dioxolan-guanina (DXG), un analogo della guanina dotato di una potente
Attività contro l'HIV. Studi di tossicologia negli animali da esperimento non hanno
evidenziato particolari tossicità. Il farmaco richiede una o due somministrazioni al
giorno, avendo una emivita di circa 7 ore. Di particolare interesse è il fatto che in
vitro ceppi virali con mutazioni multiple, ottenuti da pazienti che avevano fallito
regimi terapeutici con altri RTI (in particolare AZT e 3TC), rimanevano sensibili al
DXG, indicando quindi uno spettro di resistenze diverso rispetto a quello degli altri
farmaci; inoltre, la presenza delle mutazioni M184V e K103N (spesso osservate in
273
pazienti trattati con RTI e con NNRTI), sembrerebbe addirittura incrementare la
potenza antivirale del dAPD. Resistenza al farmaco sarebbe invece indotta dalle
mutazioni 65R e 74V (che inducono resistenza anche al ddI) e 151M (che induce
resistenza a tutta la classe). Il farmaco sembra avere una buona attività anche nei
confronti del virus dell'epatite B. Sono attualmente in corso studi di fase II.
d-d4FC (Emory University):
Fasi di studio preliminari. Farmaco simile alla Lamivudina, ma con minore attività
antiretrovirale verso il virus wild type, sembra avere attività verso ceppi resistenti ad
AZT/3TC.
MB-PFA e EB-PFA (analoghi del Foscarnet):
Farmaci derivati dal Foscarnet, antivirale attualmente impiegato nella terapia
dell'infezione da Citomegalovirus. Studi preliminari mostrano una attività anti-HIV
anche verso ceppi con mutazioni ad altri analoghi nucleosidici e non nucleosidici,
quali 184V, 74V, 151M, e 103N. Sembra inoltre esserci un effetto sinergico con
l'AZT.
Lodenoside (F-ddA; U.S. Bioscience):
E' un analogo della adenosina (simile al ddI), caratterizzato da una lunga emivita
intracellulare che ne consente la monosomministrazione, e dal fatto di essere
sensibile verso molti ceppi resistenti alla Didanosina ed altri RTI.Tuttavia,
nell'ottobre '99 la ditta che sviluppa il farmaco ha annunciato che tutti i test clinici
sono stati sospesi, in seguito alla morte di un paziente ed al riscontro di "possibili
segni di danni al fegato ed ai reni" in vari altri pazienti. La compagnia ha affermato
che non è stato stabilito nessun chiaro legame fra la morte riportata e l'F-ddA, ma che
ulteriori indagini sono in corso.
dOTC (BCH-10652; BioChem Pharma):
E' un derivato della tiacitidina, strutturalmente simile alla Lamivudina, sensibile in
circa il 50% dei casi di ceppi resistenti al 3TC e all'AZT. Ha una biodisponibilità
dell'80% dopo somministrazione orale, e l'assorbimento non è influenzato dal cibo;
l'emivita è di 14 ore; possiede una buona penetrazione nel liquor.
Al 39° ICAAC (settembre '99) è stato presentato uno studio di fase II, nel quale il
dOTC è stato utilizzato in monoterapia a dosaggi differenti, una o due volte al giorno.
E' risultato ben tollerato, con cefalea, sonnolenza e febbricola di lieve entità; in un
caso si è osservato un marcato incremento delle CPK, poi normalizzatosi
spontaneamente. Il suo sviluppo è attualmente sospeso in attesa di più approfonditi
accertamenti sulla sua sicurezza.
Tenofovir (Gilead Sciences)
Tenofovir (in sigla PMPA) è un analogo nucleotidico aciclico inibitore della
transcriptasi inversa con attività dimostrata in vitro contro HIV 1 e HIV2. Contiene
un gruppo fosfato che consente una efficiente fosforilazione nella sua forma attiva
274
(tenofovir di fosfato) da parte della kinasi delle cellule T linfocitarie (a riposo ed
attivate) dei macrofagi e dei monociti. Dato che la molecola non ha biodisponibilità
per os, si è sviluppato un profarmaco (tenofovir DF=disoproxil fumarato) che, una
volta assorbito, viene rapidamente convertito a tenofovir. Viene somministrato alla
dose di una compressa al giorno (300mg). Il farmaco è stato valutato in pazienti naive
ed experienced e in varie combinazioni con tutti gli antiretrovirali attualmente
disponibili in commercio. I primi studi hanno identificato in 300 mg in unica
somministrazione la dose ottimale. A tale dosaggio il farmaco ha dimostrato attività
statisticamente significativa e durevole in due studi controllati vs placebo (studio 902
e 907), attività misurata come decremento nel tempo dei livelli plasmatici di HIVRNA di 10 log, e, nello studio 907, come maggiore proporzione di pazienti che hanno
raggiunto livelli di HIV-RNA sotto i limiti quantificabili rispetto al placebo. Il
farmaco ha un profilo di resistenza favorevole, essendo attivo sia su ceppi virali wild type sia su molti ceppi farmaco-resistenti. In particolare, studi sperimentali hanno
evidenziato attività su ceppi che esprimono resistenza alla zidovudina
(D67N+K70R+T215Y) resistenza alla lamivudina (M184V) alla didanosina (L74V)
zalcitabina (T69D) ed a multipli agenti nucleosidici (Q151M). Una attivita' ridotta è
stata invece riscontrata con la mutazione K65R RT e T69S, ma si tratta di mutazioni
di raro riscontro in vivo. Studi clinici hanno dimostrato che tenofovir è dotato di
attività nei confronti di ceppi di HIV resistenti e non resistenti ad analoghi
nucleosidici, e resistenti a inibitori di proteasi, hanno evidenziato inoltre una bassa
incidenza di resistenze genotipiche (3%) o fenotipiche al tenofovir dopo 48 settimane
di trattamento. Di conseguenza, il tenofovir appare efficace in pazienti in
progressione di malattia sia immunologica che virologica anche se estesamente
pretrattati. Non sembra vi siano differenze dell'efficacia legate a sesso, razza, età,
valori di HIV-RNA e valori di CD4 al baseline . La somministrazione con il cibo
aumenta la biodisponibilità del farmaco. Da sottolineare i vantaggi della
monosomministrazione - resa possibile da una lunga emivita, alternativa a gran parte
delle terapie antiretrovirali attuali che presentano un numero elevato di compresse o
di restrizioni per l'assunzione. Non si sono rilevate interazioni clinicamente
significative con altri farmaci. Il trattamento è generalmente ben tollerato, tant'è che il
numero di eventi avversi, di alterazioni di laboratorio e di abbandoni della terapia
negli studi sono stati sovrapponibili a quelli del placebo, solo con una incidenza
lievemente maggiore di sintomatologia gastroenterica di modesta o media entità. Gli
studi in vitro per valutare il legame del tenofovir con la DNA polimerasi gamma, il
rapporto tra DNA mitocondriale e cellulare e la produzione di acido lattico hanno
dimostrato un potenziale basso in rapporto al possibile sviluppo di tossicità
mitocondriale. Vi è grande necessità, per il trattamento dell'HIV nel lungo periodo, di
avere nuovi farmaci che possano essere assunti con facilità e siano in grado di
mantenere nel tempo la loro attività selezionando resistenze il meno possibile,
mantenendo una durevole soppressione virale e preservando future opzioni
terapeutiche. Il tenofovir viene proposto con questi scopi, per il trattamento sia di
pazienti naive che experienced. Il farmaco è attualmente disponibile con modalità di
expanded-access.
275
- Nuovi inibitori di proteasi
Finora sono entrati in commercio sei inibitori di proteasi, inoltre quelli esistenti sono
sempre più frequentemente somministrati in associazione con ritonavir a bassa dose
per aumentare la loro potenza e semplificarne il dosaggio, strategia riflessa dalla
formula di associazione, di recente commercializzazione, di lopinavir-ritonavir. Le
elevate concentrazioni plasmatiche raggiunte con i regimi potenziati da ritonavir in
alcuni casi sono in grado di avere la meglio su bassi livelli di resistenza virale, dando
la possibilità di prolungare nel tempo l'efficacia degli agenti attualmente disponibili
in pazienti con un fallimento terapeutico in fase iniziale. Peraltro la resistenza
crociata ai P.I., ivi inclusi i regimi potenziati da ritonavir, e la resistenza di alto grado
sono un problema emergente, inoltre l'intera classe di farmaci è messa alle strette da
quesiti concernenti la tollerabiltà, i costi, la tossicità a lungo termine in particolare
metabolica. Lo sviluppo di nuovi I.P. con attività nei confronti dei ceppi resistenti e
con più accettabili profili di tossicità resta una importante priorità. La BoehringerIngelheim sta sviluppando il tipranavir, il primo I.P. non peptidomimetico. Questo
agente è molto attivo in vitro contro i ceppi virali resistenti agli attuali I.P.
Lo sviluppo di questo farmaco è stato ritardato da difficoltà nel trovare una
formulazione che offra buona biodisponibilità unita a un numero accettabile di
compresse. Sono in corso studi su pazienti IP experienced per vedere se la molecola
mantiene sul piano clinico quanto promette in vitro. Atazanavir (BMS-232632) è il
nuovo inibitore della BMS. La sua farmacocinetica permette la monodose giornaliera
senza necessità di associarlo a Ritonavir. Il farmaco è attivo in vitro verso ceppi virali
resistenti agli attualki I.P. , anche se tale dato deve essere ancora confermato in vivo.
Uno studio in fase II con un discreto numero di pazienti (322) ha dimostrato per il
farmaco una efficacia superiore al Nelfinavir nel trattamento dei soggetti naive in
associazione con stavudina e didanosina (non con un grosso divario tra i 2 farmaci).
Va segnalato che, al dosaggio consigliato (400 mg die in monosomministrazione
giornaliera) vi è stato un aumento della bilirubina indiretta superiore a due volte e
mezzo i valori normali nel 28% dei casi, quindi un subittero clinicamente manifesto.
Particolarmente interessante è il fatto che la molecola non sembra indurre le anomalie
dell'assetto lipidico associate agli altri I.P.
Atazanavir (Bristoll-Myers Squibb)
Descrizione : Si tratta di un azapeptide, molecola diversa rispetto agli IP attualmente
esistenti. Per tale motivo il profilo di resistenze in vitro appare essere differente, e
quindi il farmaco risulta attivo anche verso ceppi resistenti agli altri IP. E' molto
potente, con un grado di attività simile a quello del Lopinavir/r, e negli studi di fase I
è apparso ben tollerato; negli animali non sono stati osservati effetti genotossici o
teratogeni. Posologia e farmacocinetica: Le compresse sono da 200 mg. L'emivita è
di 36-48 ore e la biodisponibilità è del 57-80% dopo pasto leggero. Può essere quindi
somministrato in monodose quotidiana. Effetti collaterali : Anche gli studi di fase II
hanno confermato l'ottima tollerabilità dell'Atazanavir: l'effetto avverso principale è
stato il riscontro di iperbilirubinemia indiretta, osservato nei primi due mesi di
276
terapia. Tale effetto, simile a quello osservato in corso di terapia con Indinavir, è
secondario ad una interferenza con il meccanismo di coniugazione epatica, ma tende
a scomparire dopo un primo periodo di adattamento. Studi clinici : E' stato disegnato
uno studio di fase II (AI 424-007), per stabilire la dose ottimale (200 - 400 - 500
mg/die) e per confrontarne l'efficacia verso il Nelfinavir; entrambi i farmaci sono stati
somministrati in associazione con Stavudina e Didanosina. Alla 8^ CROI (Chicagi,
01/01) sono stati presentati i risultati alla 48a settimana sui 322 pazienti arruolati,
dove si evidenzia rispetto al NFV un pari effetto riguardo le percentuali di
negativizzazione della carica virale e l'incremento dei CD4+. Inoltre non sono stati
osservati incrementi significativi dei valori di trigliceridi e colesterolo, ed è risultata
minore l'incidenza di diarrea (17% contro 51%). Uno studio analogo (AI 424-008) è
stato presentato alla 8th European Conference onClinical Aspects and Treatment of
HIV Infection (Atene, 10/01), condotto su 467pazienti naive: a 2 gruppi di pazienti
sono stati somministrati 400 e 600 mg di Atazanavir una sola volta al giorno, e ad un
terzo gruppo 1250 mg di Nelfinavir due volte al giorno, tutti associati a d4T e 3TC. I
risultati dopo 48 settimane anche in questo caso hanno confermato una pari efficacia
della terapia con Atazanavir (HIV-RNA < 400 copie rispettivamente nel 64, 67 e
53% dei pazienti),ma soprattutto una significativa riduzione delle alterazioni dei
valori di colesterolo e trigliceridi: incremento del colesterolo nel 5, 6 e 25% dei
pazienti; incremento dei trigliceridi nel 7, 8 e 50% dei pazienti. Nel 52% dei pazienti
trattati con Atazanavir si è osservata iperbilirubinemia asintomatica di grado 3Resistenze : Il farmaco sembra avere un profilo di resistenze del tutto unico: la
resistenza sarebbe infatti associata alla mutazione 88S, che non è comune agli altri IP.
Risulta attivo nell'89% dei ceppi resistenti da 1 a 3 degli IP attuali, e nel 60% dei
ceppi resistenti a tutti gli IP attuali.
Tipranavir (Boehringer Ingelheim)
Descrizione : Questo farmaco, inizialmente sviluppato dalla Pharmacia & Upjohn,
nel gennaio 2000 è stato acquistato dalla Boehringer Ingelheim, che pertanto ne
curerà le successive fasi di sviluppo. E' il primo di una nuova classe di inibitori delle
Proteasi non- peptidici (tutti gli attuali IP sono peptidici).
Posologia e farmacocinetica :Il Tipranavir nei primi studi clinici è apparso ben
tollerato; il principale effetto collaterale è stato rappresentato da disturbi
gastrointestinali, principalmente da diarrea. Ciò era dovuto essenzialmente alle scarse
caratteristiche farmacocinetiche della prima formulazione del farmaco, per cui era
necessario un elevato numero di compresse: cp. da 150 mg da assumere alla dose di
1.500 mg 3 volte al giorno (30 compresse in tutto!).Grazie ad ulteriori sviluppi è stato
possibile ottenere una nuova formulazione del Tipranavir, con compresse denominate
SEDDS (Self Emulsifying Drug Delivery System), da 250-300 mg. In questo modo la
somministrazione viene ridotta a due sole volte al giorno, con varie dosi in fase di
sperimentazione.
E' in corso di studio anche l'associazione con dosi booster di 100 mg di Ritonavir, al
fine di migliorare ulteriormente le caratteristiche farmacocinetiche del farmaco;
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sembra infatti che questa combinazione sia in grado di aumentare di 7-40 volte le
concentrazioni del Tipranavir.
Effetti collaterali: Nei primi studi il farmaco è risultato ben tollerato, con comparsa di
effetti collaterali gastrointestinali di lieve entità: diarrea (46%), nausea (27%) e
vomito (17%). Interazioni: Il Tipranavir è un induttore del citocromo p450: riduce
pertanto la concentrazione di tutti gli IP, con l'eccezione del Ritonavir. Riduce inoltre
del 35% la Nevirapina e del 50% l'Efavirenz. Questi effetti però non vengono
osservati quandoviene associato anche il Ritonavir.
Studi clinici : Alla recente 1st IAS Conference (Buenos Aires, Luglio 2001) è stato
presentato uno studio di fase II, nel quale il Tipranavir/ ritonavir è stato
somministrato in associazione ad Efavirenz e ad un nuovo RTI a pazienti naive per
gli NNRTI e che avevano fallito regimi con due o più inibitori della proteasi. I
risultati a 24 settimane hanno confermato la buona efficacia di questa combinazione,
con il 77,8% dei pazienti che avevano HIV-RNA < 400 ed il 61,1% < 50 copie.
L'incremento dei CD4 mediamente era > 100.
Resistenze : Il Tipranavir, verosimilmente per la sua diversa struttura molecolare,
sembra essere attivo anche contro ceppi di HIV altamente resistenti agli IP
attualmente presenti in commercio. In uno studio recentemente pubblicato sulla
rivista AIDS (AIDS 2000; 14:1943-48), 90/105 (90%) isolati virali altamente
resistenti a Indinavir, Ritonavir, Nelfinavir o Saquinavir, rimanevano completamente
sensibili al Tipranavir. Inoltre, la presenza delle mutazioni 48 e 90, associate a
resistenza al Saquinavir, aumentano di 2,5 volte la sensibilità al Tipranavir (NB:
questi studi sono stati effettuati in vitro).
Mozenavir (DMP-450) (Triangle Pharmaceuticals):
Nuovo inibitore della proteasi attualmente in fase di studio I/II. Si tratta di un
inibitore della proteasi non peptidico che appartiene ad una nuova classe chimica,
denominata "ureasi ciclica", caratterizzata da un minor costo di produzione rispetto
agli IP attuali. E' stato recentemente completato uno studio di fase I/II condotto su
pazienti naive con tre diverse dosi di Mozenavir (750x3, 1250x2, 1250x3)
confrontate con Indinavir mg 800x3, sempre in associazione con Stavudina e
Lamivudina. Dopo 48 settimane i risultati virologici sono risultati paragonabili in
tutti i gruppi, e non si sono manifestati effetti collaterali gravi. E' stato osservato un
aumento di casi di reazioni allergiche in funzione dell'aumento di dose del
Mozenavir, suggerendo quindi un effetto dose-dipendente.
TMC126 (Tibotec):
Alla recente 8th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections sono stati
presentati i risultati i dati preclinici del TMC126, un inibitore della proteasi di nuova
generazione, attivo sia verso il virus wild-type che verso ceppi caratterizzati da
elevata resistenza agli IP attuali. Il TMC126 è considerato il "prototipo" di una nuova
famiglia di inibitori della proteasi; la resistenza a questa molecola sembrerebbe infatti
insorgere più lentamente, e con caratteristiche genotipiche diverse rispetto a quelle
degli IP attuali.
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AG-1776 (Agouron):
Inibitore delle Proteasi definito di "seconda generazione", che ha mostrato in vitro di
conservare efficacia su ceppi virali resistenti agli altri IP. Questi dati preliminari
devono tuttavia essere confermati da successive sperimentazioni in vivo, anche se
sembrano comunque essere molto promettenti.Ha una azione sinergica con Indinavir,
Ritonavir e Nelfinavir. Sono in corso studi di fase I/II.
DMP-681 e DMP-684:
Inibitori della proteasi di seconda generazione. Hanno mostrato di conservare
l'attività antivirale in ceppi virali con la mutazione D30N, e di avere una riduzione di
attività di solo 3-5 volte verso ceppi con più di 3 mutazioni.Sono in corso studi di
fase I.
- Inibitori della fusione e dell'integrasi
L'ingresso di HIV nelle cellule comporta numerosi passaggi in cui si assiste alla
cooperazione di vari fattori:
T20 e T1249 (Trimeris e Roche)
si legano alla gp41 di HIV, sono i primi agenti retrovirali inibitori della fusione che
raggiungono uno sviluppo clinico. Per tali agenti è del tutto improbabile vi sia
resistenza crociata con le altre classi di antiretrovirali esistenti,e aventi come target
uno o al massimo due enzimi di HIV; inoltre ci si aspetta che farmaci aventi un
meccanismo di azione totalmente differente agli attuali abbiano anche una tossi cità
diversa e possibilmente minore. Possono inoltre dare qualche speranza di
individuazione di nuovi regimi terapeutici efficaci in pazienti experienced in
fallimento terapeutico.
T 20 è un polipeptide di 36 amminoacidi che inibisce a dosi bassissime la
replicazione di HIV in vitro. In vivo, la somministrazione è per via sottocutanea (due
somministrazioni al giorno) .E' stata dimostrata l'efficacia (in termini di riduzione di
carica virale) in monoterapia, e in associazione con abacavir, amprenavir, ritonavir a
bassa dose ed efavirenz in pazienti PI-experienced ed è in corso uno studio sui
bambini. L'evento avverso più frequente è l'irritazione in sede locale ,che raramente
richiede la sospension del farmaco per la formazione di noduli o ascessi. Sono in
corso studi in fase III con una nuova formulazione che riduca il numero di
somministrazioni. T1249 è anch'esso un polipeptide con azione sui ceppi virali T20resistenti, anch'esso con somministrazione sottocutanea in monodose giornaliera, ma
ne deve ancora essere ottimizzato il dosaggio.
In conclusione, è certo che T20 sia efficace nei pazienti experienced, e può
rappresentare una importante nuova opzione nelle terapie di salvataggio. Come per
tutti i farmaci antiretrovirali, se usato in monoterapia compaiono molto presto delle
resistenze, va usato quindi in un regime di associazione. E' interessante notare inoltre
che per questa classe di farmaci, quantomeno in vitro, si è evidenziata un marcato
sinergismo.
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L'HIV integrasi rappresenta un target molto interessante per lo sviluppo di nuovi
farmaci antiretrovirali: infatti interviene a ben tre livelli del ciclo vitale del virus. I
dichetoacidi sono delle molecole studiate dai ricercatori della Merck che in vitro
presentano una attività in tutti e tre gli steps dell'enzima ma in vivo solo di blocco del
processo di integrazione.
Nuovi farmaci antiretrovirali con attività nei confronti di ceppi di HIV farmacoresistenti
- Nuovi farmaci antiretrovirali non nucleosidici inibitori della transcriptasi
inversa(NNRTI)
La farmacoresistenza è la causa più frequente di fallimento terapeutico, inoltre ci
sono evidenze che dimostrano una maggiore trasmissibilità per i virus resistenti. Le
resistenze sono provocate da mutazioni nel genoma di HIV che codificano
cambiamenti strutturali degli enzimi target che possono compromettere il legame o
l'efficacia del farmaco inibitore. Si è pensato perciò di cercare nuovi farmaci che
interagissero con gli enzimi mutanti in modo da potere essere attivi nei confronti dei
ceppi di HIV resistenti.
TMC 120 e TMC 125
nuovi NNRTI, hanno attività sia in vitro che in studi clinici (fase 2) contro ceppi con
le classiche mutazioni che conferiscono resistenza agli NNRTI. Studi in vitro
sembrano dimostrare inoltre un ritardo nello sviluppo delle resistenze stesse,
coinvolgendo diverse mutazioni., in confronto alla prima classe di NNRTI. Questi
farmaci si sono dimostrati attivi anche in pazienti naive.
TMC114 e 126
due inibitori di proteasi, vengono proposti come farmaci "anti-resistenze"capaci di
prevenire o ritardare lo sviluppo di resistenze agli inibitori di proteasi.Altri inibitori
della proteasi e analoghi nucleosidici sono in fase iniziale di studio con questa
strategia.
Capravirina (AG-1549) (Agouron Pharmaceuticals):
Studi in vitro hanno evidenziato una elevata efficacia antivirale di questo farmaco nei
confronti di ceppi virali contenenti singole mutazioni (quali K103N, V106A, Y188C,
L100I e P236L) in grado di conferire resistenza agli NNRTI attualmente disponibili.
La mutazione Y181C, oppure più mutazioni associate (K103N e L100I, oppure
V106A e F227L), hanno invece mostrato di ridurre la sensibilità all'AG-1549.
La biodisponibilità dopo somministrazione orale è aumentata dalla assunzione con il
cibo, e l'emivita è di circa 1,5-2 ore dopo una dose di 700 mg due volte al giorno. La
Capravirina viene metabolizzata dal citocromo P450, e la sua concentrazione
aumenta di circa 2 volte quando è associata a Nelfinavir o Indinavir, senza che
comunque vi sia un significativo effetto farmacologico.Nel Settembre 2000 è iniziato
uno studio multicentrico di fase II/III che potrà aruolare circa 630 pazienti.
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NB: Nel Gennaio 2001 la FDA ha bloccato l'utilizzo della Capravirina in qualsiasi
trial clinico, in seguito al riscontro di casi di vasculite con esito fatale negli animali.
Per tale motivo sono temporaneamente bloccate tutte le sperimentazioni in corso
sull'uomo.
Coactinon (Emivirina, EMV; Triangle Pharmaceuticals):
L'EMV è un analogo nucleosidico che agisce come un NNRTI, bloccando in modo
non competitivo il sito catalitico della transcriptasi inversa. L'emivita di 8-10 ore ne
consente una somministrazione due volte al giorno. Gli studi preliminari di
farmacocinetica hanno dimostrato una buona biodisponibilità dopo somministrazione
orale ed un'ottima penetrazione nel sistema nervoso centrale.
E' stato presentato all'ICAAC '99 uno studio di fase II, nel quale l'Emivirina. Ha
dimostrato una buona efficacia antivirale in associazione con ddI e d4T in pazienti
con limitate esperienze terapeutiche precedenti. E' stato somministrato alle dose di
500 o 750 mg 2 volte al giorno; non sono stati osservati effetti collaterali gravi,
mentre sono stati segnalati nausea, cefalea e diarrea, solitamente di lieve entità e di
durata transitoria (tali effetti potrebbero anche essere imputati al ddI). Nel 23% dei
pazienti si è manifestato un rash, ma nella maggior parte dei casi i pazienti hanno
potuto ugualmente proseguire la terapia.
In circa il 62% dei casi trattati in uno studio preliminare è emersa la mutazione
K103N, che conferisce cross-resistenza agli altri farmaci di questa classe. Altre
mutazioni che conferiscono resistenza all'Emivirina sono la 108I, 181Y, 190A e
138K. In uno studio di fase II su pazienti naive, dopo 48 settimane di triplice terapia
con 2 RTI
DPC-083 (DuPont Pharmaceuticals)
Un altro farmaco studiato per questo tipo di strategia è il DPC 083 (DuPont), un
NNRTI con attività sovrapponibile ad efavirenz ma attivo anche su ceppi con
mutazione K103N (che conferisce cross resistenza contro tutta la attuale classe di
NNRTI), L100I e altre varie mutazioni. Quindi è un farmaco NNRTI per i fallimenti
con resistenza agli NNRTI.
Il farmaco è attualmente in fase II e si pensa possa entrare in fase III allo scadere dei
2001. E' due o tre volte più potente di efavirenz ed ha una emivita lunghissima (90
ore). Si tratta di un Quinazolinone, un NNRTI di "seconda generazione" derivato
dall'Efavirenz. Ha una buona niodisponibilità dopo somministrazione orale, ed una
farmacocinetica che ne permette la monosomministrazione quotidiana. Studi
preliminari in vitro hanno mostrato efficacia nei confronti di ceppi virali resistenti
agli altri NNRTI. In particolare ceppi con la mutazione K103N erano 3-8 volte più
sensibili rispetto all'Efavirenz.
Rimane però resistenza in caso di presenza contemporanea delle mutazioni 103N e
100I. Studi in vivo saranno comunque necessari per confermare queste prime
valutazioni; sono infatti in corso studi di fase I/II, anche per valutare i problemi
correlati agli effetti collaterali ed alle interazioni con altri farmaci.
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TMC125 (Tibotec-Virco):
Nuovo NNRTI di seconda generazione, che da studi preliminari di fase II risulta
essere attivo sia verso il virus wild-type, sia verso ceppi che presentano le mutazioni
L100I, K103N, Y181C, Y188L o G190A/S, che provocano resistenza agli NNRTI
attuali.
Alla recente 41th ICAAC (Dicembre 2001) sono stati presentati i risultati di uno
studio di fase IIa, randomizzato (farmaco vs placebo), condotto per 7 giorni su 19
pazienti naive. Alla fine dello studio il 67% dei pazienti che assumevano il TMC125
avevano una carica virale < 400 copie, contro nessuno del gruppo che assumeva
placebo. Non sono stati segnalati eventi avversi di rilievo; è stata osservata
sonnolenza in 4 su 12 pazienti che assumevano TMC125. Saranno ora pianificati
ulteriori studi di fase II e III per verificare l'efficacia e la tollerabilità di questa nuova
molecola.
PNU-142721 (Pharmacia & Upjohn):
E' in fase precoce di studio (fase I) un nuovo NNRTI, il quale sembra avere un profilo
di resistenza diverso rispetto ai farmaci attualmente presenti in questa classe. Ha una
lunga emivita per cui può essere somministrato in monodose; dovrebbe attraversare la
barriera ematoencefalica.
GW420867X (GlaxoWellcome):
Lo sviluppo di questo farmaco è stato interrotto dalla GlaxoWellcome nel febbraio
2000 a causa della presenza di importanti problemi correlati alle interazioni con altri
farmaci, dato che questo NNRTI si è rivelato un fortissimo induttore del citocromo
P450.
- Nuove formulazioni di farmaci esistenti
Un approccio per rendere più facilmente disponibili i farmaci antiretrovirali è
l‘individuazione di formulazioni di farmaci già esistenti che offrano particolari
vantaggi: esempi in questo senso sono dati da formule di associazione
(zidovudina/lamivudina, zidovudina/lamivudina/abacavir, didanosina gastroprotetta.)
Tra le nuove formulazioni in corso di studio abbiamo: questa nuova formulazione,
denominata GW 908,frutto delle ricerche volte a migliorare soprattutto l'assorbimento
gastroenterico di APV, ha superato la fase I e II.Sono in corso studi volti a valutare
l'opportunità dell'enhancement con RTV, la monosomministrazione, comparazioni
versus NFV in pazienti naive e vs. lopinavir in pazienti pretrattati oltre a una
valutazione prospettica dei parametri metabolici e della lipodistrofia.
- Vaccini
Ci limitiamo però ad alcune brevi considerazioni, tratte in gran parte dall'intervento
del rappresentante del WHO al congresso europeo di terapia HIV di Atene , che ci
sono sembrate un significativo complemento al nostro lavoro.Premesso che solo un
vaccino preventivo sicuro ed efficace offre la migliore speranza a lungo termine di
controllare la pandemia HIV/AIDS, il suo sviluppo ha incontrato una serie di
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imprevedibili difficoltà, comprendendo la variabiità genetica e antigenica di HIV, la
mancanza di informazione sulle caratteristiche immunologiche della protezione, il
dubbio valore predittivo dei modelli animali. La prima fase I di un vaccino per l'HIV
si è conclusa nel 1987. Da allora, più di trenta candidati vaccini sono stati testati in
più di 60 trials di fase I/II, coinvolgendo circa 10.000 volontari sani. La prima
generazione di vaccini è basata su antigeni dell'envelope, con lo scopo di indurre
anticorpi neutralizzanti. I vaccini di nuova concezione si sono invece sviluppati con
l'obiettivo di indurre immunità cellulo-mediata nei confronti di proteine strutturali o
regolatrici. La maggior parte dei trials sono stati condotti in Europa e Stati Uniti, ma
diversi sono stati portati avanti anche nei paesi in via di sviluppo. La prima fase III di
un trial, mirata a stabilire l'efficacia dei vaccini HIV di prima generazione (gp 120), è
iniziata nel 1998 negli Stati Uniti e nel 1999 in Thailandia. I risultati di questo trial
saranno disponibili nei prossimi due anni. Al fine di accelerare i tempi di sviluppo di
un vaccino anti-HIV, deve esserci un lavoro parallelo tra paesi industrializzati e paesi
in via di sviluppo, e ciò richiede una intensa collaborazione e cooperazione
internazionale. Devono esserci linee guida chiare sulle premesse etiche di questi
studi. Sembra inoltre importante cominciare a pianificare come usare i futuri vaccini,
per assicurarsi che essi possano realmente contribuire agli sforzi per prevenire
l'infezione da HIV.
Uno studio clinico sull'uomo ha preso avvio per valutare l'efficacia di un nuovo
vaccino contro i 3 principali sottotipi dell'HIV. Il vaccino è stato sviluppato presso il
Dale ad Betty Bumpers Vaccine Research Center ( VRC ) , che fa parte del National
Institute of Allergy and Infections Diseases ( NIAID ). Il vaccino contiene il
materiale genetico dei principali sottotipi ( A, B, C ) del virus dell' immunodeficienza acquisita ( HIV ) , che sono causa di circa il 90% delle infezioni da HIV
nel mondo. Il vaccino a DNA realizzato, incorpora parte dei 4 geni dell'HIV.
Tre componenti sono versioni modificate dei geni gag , pol , nef del sottotipo B (
predominante in Europa ed in Nord America ). Il quarto componente deriva invece
dal gene env . I Ricercatori hanno combinato il gene env modificato dei sottotipi A e
C ( predominanti in Africa ) con quello del sottotipo B. Il gene env , che codifica per
una proteina posta sul rivestimento esterno del virus, viene riconosciuto ed attaccato
dalle cellule umane. La realizzazione di un vaccino anti-HIV efficace risulta
complessa a causa della presenza di diversi sottotipi del virus HIV e dalla grave
mutabilità del virus in grado di eludere le difese immunitarie dell'organismo.
Lo studio clinico con questo nuovo vaccino verrà condotto presso i National
Institutes of Health a Bethesda ( USA ). Sono stati arruolati 50 volontari sani , HIVnegativi. I volontari verranno assegnati in modo random a ricevere il vaccino o un
placebo ( soluzione salina ). Lo studio clinico avrà la durata di 1 anno.
I Ricercatori valuteranno la sicurezza del vaccino e la sua capacità di indurre una
risposta immunitaria
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Due zuccheri ―bloccherebbero‖ il virus dell‘ AIDS
Due zuccheri complessi ottenuti per sintesi chimica sono l‘ultima arma messa a punto
contro il virus HIV, responsabile dell‘epidemia mondiale di AIDS. La scoperta,
pubblicata nel numero di gennaio della prestigiosa rivista ―AIDS‖, è frutto della
collaborazione tra ricercatori dell‘Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di
Milano guidati da Elisa Vicenzi e Guido Poli, e la Glycores S.r.l. di Milano, società
di ricerca specializzata nel campo della biochimica dei polisaccaridi. Le nuove
molecole di zucchero, dette KOS e KNOS, sono state ottenute per sintesi chimica sul
modello del polisaccaride K5, zucchero di origine batterica molto simile all‘eparina
ma privo delle sue proprietà anti-coagulanti e che di per sé non possiede attività
antivirale. Le nuove molecole, arricchite con gruppi solfato (ovvero contenenti
molecole di zolfo che conferiscono una carica elettrica negativa), hanno manifestato
in vitro potenti effetti anti-HIV a largo spettro. I ricercatori hanno osservato che KOS
e KNOS, dopo aver ―attratto‖ il virus, lo accerchiano e gli impediscono, disattivando
le sue proprietà aggressive, di aggredire la cellula. KOS e KNOS, per le loro
caratteristiche, sono ideali per lo sviluppo dei cosiddetti microbicidi di nuova
generazione, sostanze capaci di bloccare lo sviluppo del virus e di prevenire
l‘infezione nelle fasi iniziali. Potrebbero in un futuro non troppo lontano diventare un
gel o una schiuma applicabile a scopo preventivo e avere un impatto importante
sull‘epidemia di AIDS, soprattutto in molti paesi in via di sviluppo dove la
trasmissione eterosessuale rappresenta oggi la principale via di propagazione del
virus. Elisa Vicenzi, ricercatrice dell‘Istituto Scientifico San Raffaele e primo autore
dello studio, sottolinea la novità della scoperta: "La specificità di queste molecole
rispetto ad altre è che la loro natura zuccherina e non proteica le rende scarsamente
capaci d'indurre anticorpi che potrebbero neutralizzarne l'effetto. Inoltre, per quanto
abbiamo sperimentato finora, queste molecole non inducono alcuna reazione
infiammatoria. Fatto importante perché l‘infiammazione favorirebbe la propagazione
del virus, come è avvenuto recentemente con lo spermicida Nonossinolo-9, unico
microbicida che, testato in fase clinica, ha fallito clamorosamente." ―Questa famiglia
di molecole zuccherine non è sconosciuta nell'ambiente medico scientifico‖ continua la ricercatrice del San Raffaele - ―in quanto molecole "cugine" dei derivati
K5 anti-HIV avevano già dimostrato proprietà anti-tumorali e anti-angiogenetiche‖.
―Ad oggi purtroppo non esistono microbicidi efficaci - continua Elisa Vicenzi - ―e
quindi è stato calcolato che un prodotto efficace anche solo al 60%, seppure utilizzato
da una minoranza della popolazione, nei paesi in via di sviluppo potrebbe prevenire
fino a 2,5 milioni di nuove infezioni in tre anni.‖ L‘importanza di sviluppare
microbicidi efficaci contro l‘HIV è anche testimoniata dagli investimenti sia di
prestigiose fondazioni private, quali la fondazione ―Bill and Melinda Gates‖, sia della
stessa Comunità Europea. Proprio sulle prospettive future Guido Poli, autore senior
dello studio e responsa-bile dell‘Unità di Immunopatogenesi dell‘AIDS dell‘Istituto
Scientifico Universitario San Raffaele, precisa: "L'obiettivo del programma che verrà
presentato alla CEE si propone esattamente di sviluppare molecole, fra cui i derivati
del K5, dalla fase strettamente sperimentale, dove ci troviamo oggi, fino agli studi
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clinici controllati di fase 1, che si propongono di dimostrarne la non tossicità e di
raccogliere i primi dati di potenziale efficacia nell'arco di 5 anni.
TERAPIE ALTERNATIVE DELL‘ AIDS
Esistono varie piante medicinali che potenziano notevolmente il sistema immunitario,
con aumento dei linfociti T, dei macrofagi e riduzione della carica virale, con relativa
quiescenza dei sintomi e delle lesioni. Fra queste segnaliamo il germanio composto ,
l'olio di garofano composto, l'aloe vera, il ginseng coreano, ecc. Tali composti
vegetali, opportunamente dosati ed associati, stanno dando a tutt'oggi risultati più che
incoraggianti. Negli USA una ricerca effettuata su oltre 7000 specie di piante ha
riscontrato in alcune famiglie di Ibridi interspecifici la presenza di alcaloidi e
carotenoidi con evidente azione stimolante sul sistema immunitario. Da sperimentazioni effettuate su scimmie di laboratorio alle quali era stato inoculato il virus HIV, e
trattate con le sostanze di cui sopra, si è constatato un notevole incremento della
linfocitopoiesi, mentre cavie escluse dal trattamento sono risultate particolarmente
debilitate da una grave forma di linfocitopenia. Tali risultati fanno ben sperare su un
prossimo utilizzo di sostanze vegetali nella lotta contro l'AIDS.
 ANTINFLUENZALI
L'influenza è una malattia respiratoria acuta associata alla infezione da virus
influenzali. È una malattia stagionale che, nell'emisfero occidentale si verifica
durante il periodo invernale. I sintomi includono mal di testa, febbre, tosse, mialgia,
gola infiammata. Lo spettro di condizioni patologiche è piuttosto ampio e va da
sintomi lievi fino alle gravi complicazioni che possono sopraggiungere dopo la
malattia.Le prime descrizioni di epidemie caratterizzate da sintomi simil-influenzali
risalgono al V sec. A.C., in Grecia, e sono continuate durante tutta l'era cristiana,
evidenziando come l'influenza sia presente da millenni nella popolazione umana.
Indagini di sieroarcheologia su sieri di persone nate nella seconda metà dell'Ottocento
hanno evidenziato che virus antigenicamente simili a quelli attualmente circolanti
erano già presenti nell'uomo nel secolo passato.Il primo isolamento di virus
influenzale nell'uomo risale al 1933 in Inghilterra (ma in precedenza erano stati
isolati virus influenzali sia da polli che da suini). Da allora, sono stati identificati tre
tipi di virus influenzale, costituenti il genere Orthomixovirus: i tipi A e B,
responsabili della sintomatologia influenzale classica, e il tipo C, di scarsa rilevanza
clinica (generalmente asintomatico).
I virus di tipo A circolano sia nell'uomo che in altre specie animali e sono in sottotipi
ulteriormente suddivisi, distinti in base alle differenze tra le proteine di superficie
emagglutinina (HA) e neuramminidasi (NA), verso le quali si indirizza la risposta
immunitaria dei soggetti infettati o vaccinati. Ad oggi sono stati identificati 15
sottotipi di emagglutinina e 9 di neuramminidasi.
I virus di tipo B sono presenti solo nell'uomo e non esistono sottotipi distinti
nell'ambito delle loro proteine di superficie HA e NA.
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Alla base della epidemiologia dell'influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus
influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che
permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella
popolazione con esperienza pregressa di infezione .
I cambiamenti possono avvenire secondo due meccanismi distinti:
1. Deriva antigenica (antigenic drift).Si tratta di una graduale modifica della
sequenza degli aminoacidi che compongono le proteine in grado di stimolare
una risposta immune. Questo fenomeno riguarda sia i virus A che i B (ma negli
A avviene in modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie
stagionali. Infatti le nuove varianti diventano sufficientemente irriconoscibili
agli anticorpi nella maggior parte delle popolazione, così da rendere un ampio
numero di individui suscettibile al nuovo ceppo.
2. Spostamento antigenico (antigenic shift). È un fenomeno che riguarda solo
i virus influenzali di tipo A e consiste nella comparsa nell'uomo di un nuovo
ceppo virale con una proteina di superficie (HA e/o NA) appartenente a un
sottotipo diverso da quelli comunemente circolanti nell'uomo. Gli shift
antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o
suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all'uomo (l'esempio
più recente è quello verificatosi ad HongKong nel 1997). Quindi la fonte dei
nuovi sottotipi sono sempre virus animali. Poiché la popolazione non ha mai
incontrato prima questi antigeni, in determinate circostanze questi cambiamenti
di maggiore entità possono provocare una infezione improvvisa e invasiva in
tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende il nome di "pandemia".
Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono
avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1)), 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2) e
nel 1968 (HongKong, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno
20 milioni di morti.
È comunque importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di
superficie radicalmente nuove non è di per sé sufficiente per dire che si è verificata
una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a
uomo in modo efficace. I virus di sottotipo H5N1 isolati da vari individui ad Hong
Kong nel 1997 non possedevano, fortunatamente, questa caratteristica.
I virus di tipo C, come già detto, danno una infezione generalmente asintomatica o
simile al raffreddore comune.
Farmaci utilizzati:
A. DERIVATI DELL‘ ADAMANTANO
Interagiscono con 1 particolare proteina del virus influenzale (specie quello di tipo A)
detta M2 che normalmente funziona come 1 canale ionico di ioni H+ con la funzione
di far perdere il capside di rivestimento al virus per il ciclo replicativo . Bloccando
tale proteina non si ha la replicazione del virus. Funzionano anche da anti-Parkinson,
perche‘ aumentano il tono dopaminergico
- AMANTADINA
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- RIMANTADINA
Tox: Aumento del tono dopaminergico(scatena schizofrenia), piedi freddi, disturbi
g.i, nervosismo, difficolta‘ di concentrazione, nefrotox
B. INIBITORI DELLE NEURAMMINIDASI VIRALI
Inibiscono le neuramminidasi virali che (sono proteine di superficie del virus
influenzale che serve per penetrare nella cellula) normalmente hanno il compito di
distruggere i recettori x l‘ Agglutinina sulle cellule infette. Con tali sostanze
diminuisce, ma non si blocca la liberazione del virus dalle cellule infette.
- ZANAMIVIR (RELENZA nome commerciale) inibitore della neuroaminidasi.
Relenza lega le neuroaminidasi impedendo così il passaggio del virione da una
cellula all‘altra e quindi la diffusione influenzale. Questo presidio si può utilizzare
anche a infezione avvenuta e rallenta i tempi della malattia. In commercio si trova
in forma di aerosol.
- OSELTAMIVIR
C. ALTRI ANTINFLUENZALI
- PICOVIR ( Pleconaril ) è un farmaco antinfluenzale , che si assume per os. Agisce
modificando l'integrità del capside del Picornavirus. Il Picovir trova indicazione
nella malattia da raffreddamento negli adulti. Negli studi clinici di fase III, i
pazienti che hanno assunto il Picovir hanno sperimentato una precoce e
significativa riduzione nella gravità dei sintomi ed un accorciamento della durata
della malattia. Il Picovir è stato studiato in circa 3.000 pazienti in studi clinici
della durata di 5-7 giorni. La tollerabilità è stata buona. Gli effetti indesiderati più
frequenti, che si sono presentati anche in alcuni pazienti nel gruppo placebo, sono
stati: cefalea, diarrea, e nausea. Negli Usa Picovir è sviluppato da Aventis
Pharmaceuticals e ViroPharma.
La cura migliore resta comunque il vaccino.
 ALTRI ANTIVIRALI
A. RIBAVIRINA:
Si usa x aereosol x infezioni da virus del tratto respiratorio e virus dell‘ influenza A e
B; x via parenterale o orale per il trattamento della febbre emorragica di tipo virale
Ha 1 doppio meccanismo d‘ azione :
a. inibisce le DNA polimerasi dopo essere stato trifosforilato
b. interferisce con la biosintesi delle purine, mimando il nucleo imidazolico
TOX in gravidanza teratogenicita‘,anemia , soppressione midollare, x aereosol da
iritazione bronchiale o congiuntivale
B. INTERFERONI :
Sono sostanze prodotte dall‘uomo in seguito a stimoli infettivi. Ce ne sono differenti:
I  sono prodotti dai T e dalle NK, e  da tutte le cellule.In clinica si usa
soprattutto , somministrato per via parenterale sottocutanea, non per os. Si
somministra in unità internazionali, 3-4.000.000 alla settimana.Ha un‘applicazione
287
terapeutica sostanzialmente per le epatiti virali (risposta positiva nel 30% dei casi),
nella fase acuta, perché non ha senso usarli nella fase cronica. La Terapia è lunga, 6
mesi, e per valutare l‘efficacia si parametrano le transaminasi, indici di danno
epatico.Quando è somministrato da sindromi simil influenzali, con febbre, dolori
ossei, mialgie; ecco perché è utile una terapia parallela con paracetamolo. L‘
interferone inibisce la trascrizione, la traduzione da RNA a proteine e il processo di
maturazione del virione. Gli interferoni sono sono glicoproteine prodotte nelle cellule
di vertebrati a seguito di induzione (contro virus o agenti microbici, sostanze naturali
o sintetiche). Tutti gli interferoni, dopo il legame con 1 recettore specifico di
membrana, promuovono la sintesi di proteine o di enzimi responsabili delle loro
diverse attivita‘ biologiche. Come antivirali sono capaci di bloccare la penetrazione
del virus in 1 cellula. Tox: sonnolenza, cefalee, nausea, vomito, aumento delle
transaminasi, neutropenia, anemia, febbre. Per via sistemica provocano
mielosoppressione come anemia, granulocitopenia, trombocitopenia, neurotoxicita‘ e
cardiotoxicita‘, alopecia, epatotoxicita‘
 GENERALITA‘ E TRATTAMENTO DELL‘ EPATITI VIRALI:
EPATITI VIRALI
Le epatiti virali sono un argomento sempre di attualità vista la frequenza di questo
gruppo di malattie. Sono dovuti ad un insieme di virus che non sono solo quelli
classici conosciuti, cioè HAV, HBV, HCV, HDV, HEV, ma anche HFV -di cui
peraltro è ancora dubbia l'esistenza- ed HGV che è stato segnalato in associazione
sicuramente con l'epatite B e C -non sappiamo se questo sia solamente un virus
helper o semplicemente un virus molto frequente che si trasmette insieme ai virus B e
C, ma probabilmente non ha importanza patogenetica-.
Le cinque epatiti virali classiche sono l'epatite A, B, C, D, E.
Tuttavia questo processo necro-infiammatorio del fegato può essere provocato anche
da altri virus che non vengono in genere catalogati quando si parla di epatite virale
propriamente detta, ma che in realtà provocano un'epatite in tutto e per tutto.
I più importanti sono:
 l'EBV (Epstein-Barr)  provoca mononucleosi infettiva; può dare un'epatite
virale, nel senso che a volte le manifestazioni dell'infezione non sono quelle
tipiche della mononucleosi infettiva -cioè linfoadenopatia, faringodinia,
tonsillite e febbre-, ma può manifestarsi solamente interessamento epatico, il
paziente può anche essere itterico ed arrivare all'osservazione del medico per
questo motivo. Facendo l'esame del sangue si trovano transaminasi alte, ma
tutti i marker dell'epatite virale sono negativi; mentre facendo gli Ab per EBV
essi possono risultare positivi. E' la classica epatite da mononucleosi
infettiva.In altri casi la classica mononucleosi infettiva con il suo corredo
sintomatolo-gico tipico si può manifestare con un'epatite e questa è la
condizione più frequente; tuttavia non può essere esclusa un'epatite virale con
interessamento esclusivamente epatico da mononucleosi infettiva.
288
 CMV  anche questo virus dà una sindrome simil-mononucleosica con
interessamento epatico in genere più modesto. E' difficile vedere casi di epatite
sintomatologicamente importante da CMV.
 HSV (herpes simplex)  in genere di tipo 1
 VZV (varicella zoster)
 Rosolia
 Morbillo
 Adenovirus
 Enterovirus
 Coxackievirus
 HIV
 Virus della febbre gialla  poco importante alle nostre latitudini.
Le epatiti virali si possono grossolanamente dividere in due grossi gruppi:
1. Epatiti a trasmissione oro-fecale: HAV ed HEV la trasmissione avviene
attraverso l'ingestione di frutti di mare, verdure poco-mal-non lavate,
tramezzini al bar, ecc… Tutte le malattie a trasmissione oro-fecale si
trasmettono allo stesso modo, quindi soprattutto nei viaggi nei paesi in via di
sviluppo.
2. Epatiti a trasmissione parenterale: HBV, HCV. L'epatite D è causata da un
virus difettivo che si trasmette insieme ad HBV: è necessario che il soggetto
sia già portatore di HBV o che si verifichi una condizione di trasmissione
simultanea.
Nell'ambito della trasmissione parenterale ci può essere la via di trasmissione
 parenterale apparente: trasfusioni, siringhe dei tossici, emoderivati
 parenterale inapparente: sessuale, contatti con strumenti infetti (dentista),
intrafamigliare (molto importante)
Il virus dell'epatite B negli ultimi dieci anni ha perso importanza epidemiologica
dopo la scoperta del virus dell'epatite C e dopo l'introduzione della vaccinazione di
massa; i casi di epatite acuta da virus B sono nettamente diminuiti rispetto a 10-15
anni fa quando si vedevano praticamente solo epatiti virali da virus B.
L'epatite virale acuta da virus C è difficile da osservare perché, al contrario
dell'epatite B, si manifesta in forma sintomatica soltanto nel 5-10% dei casi contro
una frequenza nettamente più elevata dell'epatite B, in cui il pz. giunge
all'osservazione del medico perché itterico e per le urine ipercromiche. Nel caso
dell'epatite C il paziente non diviene itterico e non sa di avere la malattia giungendo
alla diagnosi solo tardivamente quando ormai la patologia è cronicizzata: in
occasione di esami di routine in cui si rilevano le transaminasi mosse, ad un esame
più approfondito con indagine per i marker virali si scopre l'infezione da HCV.
Virus dell'epatite B
E' molto importante conoscere la forma del virus per poter poi fare una diagnosi
sierologica.
E' virus rivestito con involucro lipoproteico (COAT) che identifica l'HBsAg che si
ricerca nel sangue quando si chiedono i marcatori per l'epatite B. HBsAg + identifica
289
il pz che ha contratto l'infezione. Il malato può essere asintomatico o avere epatite
acuta o cronica. L'HBsAg è un Ag estremamente potente perché viaggia nel sangue
non solo come coat del virus, ma anche sotto forma di particelle estranee al virus,
eccesso di Ag di superficie: il virus forma in eccesso l'Ag di superficie ed una parte di
questo viaggia autonomamente nel sangue senza il materiale genetico, ciò spiega
perché la positività per questo Ag è molto importante infatti segnala
inequivocabilmente la presenza del virus nel sangue.
All'interno c'è un capside che contiene due Ag molto importanti: l'HBcAg che
identifica il core, il nucleocapside del virus e l'HBeAg che si forma a livello del
reticolo endoplasmatico liscio ed è importante per scoprire se il pz. ha un'epatite
acuta, per vedere come evolve la malattia, dal punto di vista strutturale è il prodotto
di degradazione dell'HBcAg. All'interno del capside c'è il DNA del virus. Il DNA si
può cercare nel sangue con un metodo di ibridizzazione (HBV-DNA) che è un indice
molto utile nelle fasi croniche informando sulla replicazione o meno del virus (se +
vuol dire che il virus circola nel sangue e si sta replicando).
Ag (delta): è virus difettivo molto semplice  unica catena di RNA con un Ag di
superficie che è l' Ag , ma viaggia circondato dall'HBsAg, dal coat del virus B,
perché non è capace di replicarsi ed espletare le funzioni vitali se non in presenza del
virus B. Quindi se si trovasse un pz. che ha già avuto un'infezione da HBV e che ha
negativizzato il virus B, ma si trovano ancora Ab ciò non ha significato perché il
paziente avendo ormai eliminato l'HBsAg -cioè il virus B- non può rimanere
portatore di virus  .
Sintomatologia
Qualunque sia l'eziologia dell'epatite virale, essa si manifesta sempre allo stesso
modo per cui dai disturbi che il pz. accusa non è possibile desumere l'agente
etiologico. Epatite A, B, C in forma acuta si manifestano con gli stessi sintomi.
Il malato con epatite virale si manifesta con almeno un paio di grossi sintomi.
Quando il pz. arriva dal medico è generalmente itterico -in genere da solo non se ne
accorge, ma gli viene riferito- e riferisce di orinare urine ipercromiche.
Possono essere presenti frequentemente la nausea e il vomito;
artralgia e mialgia sono disturbi frequenti dell'epatite virale come anche di tutte le
malattie virali acute. La febbre è quasi sempre assente, è rarissima.
Il malessere, l'astenia e i dolori diffusi, l'inappetenza, la maldigestione sono
sintomi comunissimi dell'epatite virale ed il malato si presenta al medico quasi
sempre per questi disturbi. Esistono diverse forme cliniche con cui l'epatite virale può
manifestarsi:
1. epatite autolimitantesi  è la più comune; la malattia decorre in modo
sintomatico per circa 2-4 settimane a seconda dei casi, il malato rimane itterico
per questo periodo e la bilirubina gradatamente diminuisce, il malato si sente
sempre meglio, scompaiono i disturbi e la malattia si autolimita.
2. epatite colestatica  è tipica e si vede comunemente, simila un ittero
ostruttivo. Il problema si poneva quando non esisteva ancora l'ecografia e
quando non c'erano ancora a disposizione i markers virali: molti malati
venivano sottoposti a laparoscopia esplorativa perché sembrava si trattasse di
290
ittero ostruttivo, infatti questa forma colestatica dà bilirubina molto elevata
(anche 50-60 mg/100ml) e quasi tutta diretta. Con l'ausilio dei marcatori virali,
dell'ecografia e della TAC è facile distinguere un'epatite virale colestatica da
un ittero ostruttivo. Questa forma decorre con ittero notevole che può essere
presente anche per alcuni mesi: è malattia lunga che può durare anche per 3-4
mesi, prurito che può essere importante, anoressia e diarrea in un piccolo n° di
pazienti per un aumento di sali ed acidi biliari.
Questa forma è più frequente nell'epatite A, la prognosi è favorevole come
nella forma autolimitantesi, ma il decorso è più lungo.
3. epatite fulminante  è la forma più grave ed è malattia di fatto mortale;
attualmente con il trapianto si possono salvare alcuni pz. mentre prima portava
a morte quasi il 100% dei pazienti.
E' anche detta a necrosi massiva perché è una forma estremamente grave che
si manifesta, oltre che con i classici disturbi dell'epatite acuta, anche con
alterazione dello stato mentale, letargia fino al coma, disturbi della personalità,
importante edema cerebrale, coagulopatia -quasi sempre causa della morte- ed
insufficienza multiorganica, quando il paziente non muore prima per
coagulopatia (RDS, ARS, sindrome epatorenale, sepsi con sanguinamento
gastrointestinale, sviluppo acuto di ascite per l'insuffiecienza epatica acuta con
anasarca). La mortalità è del 60%, ma è un dato estremamente ottimistico
rilevato considerando anche le epatiti con necrosi submassiva, quando il fegato
non è completamente coinvolto dal processo necrotico. Si ha riduzione
progressiva delle dimensioni del fegato infatti si "spappola completamente" (da
questo il nome di epatite a necrosi massiva), il fegato viene interessato da
questo processo epatitico acuto in modo massivo, da un giorno all'altro non è
più palpabile, mentre magari il giorno precedente era due dita oltre l'arcata
costale. Anche ecograficamente il fegato si riduce ad un ammasso di pochi cm
di parenchima, quando il giorno prima appariva più grosso del normale.E' un
dramma perché il malato da un giorno all'altro cambia le sue condizioni: inizia
ad avere disturbi mentali, disordini psicomotori, va in coma e muore quasi
sempre per coagulopatia.
Se non si procede con un trapianto non c'è nulla da fare.L'epatite fulminante è
complicazione quasi esclusiva dell'epatite B: 1-2% casi annui di epatite B si
può complicare con epatite fulminante.Inizialmente si pensava che anche
l'epatite C si potesse compliacare con epatite fulminante, in realtà questa
ipotesi è stata smentita dalle ultime ricerche.La frequenza è elevata nelle donne
in gravidanza con epatite E; questo dato è stato confermato anche
recentemente, soprattutto da autori del subcontinente indiano ove l'epatite E è
molto comune, ma anche da autori americani, tuttavia non se ne riesce a
spiegare il motivo.Per l'epatite A è stata segnalata un'evoluzione in epatite
fulminante da autori americani, ma mai segnalata in Italia ed in Europa: è
complicanza rarissima.
4. Recidive  non devono essere confuse con l'evoluzione in cronicità della
malattia. Per recidive si intendono in genere forme acute che pare procedano
291
verso la guarigione e poi hanno di nuovo un andamento in acuzie della
malattia, le transaminasi tornano ad essere alte, c'è ripresa della malattia.
Diagnosi
Si fa innanzitutto guardando ed interrogando il malato che arriva con ittero, magari
giovane e tossicodipendente o che riferisce di aver fatto una trasfusione pochi mesi
fà, ciò fa già pensare ad un'epatite acuta. Il sospetto diagnostico clinico deve poi venir
confermato da una serie di esami: ormai si hanno a disposizione molti marcatori ed
esami che non risulta difficile diagnosticare una epatite virale.
Prima cosa da fare è richiedere dei comuni esami di laboratorio che già possono
indirizzare verso un'epatite virale: transaminasi e parametri coagulativi sono gli esami
più importanti. Le transaminasi da sole permettono quasi di fare diagnosi certa di
epatite virale acuta da virus classici; i parametri coagulativi permettono di sospettare
un'evoluzione verso la forma più o meno fulminante che deve essere esclusa subito
quando il pz. giunge all'osservazione del medico.
 TRANSAMINASI  sono gli enzimi di necrosi della cellula epatica,
aumentano in varia misura nell'epatite virale perché il processo necrotico
provocato dal virus è un processo così acuto che fa spappolare la cellula che
riversa il suo contenuto dentro il sangue in particolare l'AST e l'ALT.
Particolarità è che nelle epatiti virali da virus A B C D ed E queste
transaminasi aumentano in maniera molto consistente: si può arrivare a 30005000 unità quando il normale dosaggio varia dalle 30 alle 50 unità -a seconda
del laboratorio-; solo epatite virale ed intossicazione da Amanita Phalloides
determinano un aumento così marcato. Quando un malato giunge itterico e le
transaminasi sono così elevate, al 99% si tratta di epatite virale, a meno che
non dica di aver mangiato funghi la sera prima. Le altre epatiti non si
manifestano con un aumento così marcato delle transaminasi, sarà
praticamente impossibile che un'epatite da EBV o CMV abbia le transaminasi
>600-700 U, stesso vale per epatiti da farmaci o autoimmuni.Talvolta
l'aumento delle transaminasi è l'unico parametro misurabile, infatti se per
esempio il nostro malcapiatato arriva in PS di notte, e si ha magari a
disposizione solo un tecnico di laboratorio capace di dosare solo le
transaminasi, si deve fare diagnosi presuntiva di epatite virale, infatti non è
bene ricoverare un malato con ittero ostruttivo in un reparto di malattie
infettive 
 PARAMETRI EMOCOAGULATIVI  sono gli undici che indicano la
possibilità di evoluzione in epatite fulminante, infatti il tempo di protrombina
(PT o normotest) indica la riserva del fegato. Un PT estremamente basso
depone per l'evoluzione in necrosi massiva. Badate bene che l'evoluzione in
necrosi massiva dal punto di vista sintomatologico può non andare di pari
passo con i parametri emocoagulativi nel senso che si può trovare un PT molto
basso (per es. 6%) che depone verso una evoluzione fatale della malattia,
mentre il pz. sta ancora bene, chiacchiera ed è lucido ed orientato. In simile
situazione si devono attivare immediatamente le misure per trasferire il pz. in
un centro ove possa essere trapiantato; se queste non vengono attuate ci
292
possono essere problemi legali perché l'epatite fulminante evolve in maniera
improvvisa. 
  GT e FOSFATASI ALCALINA  sono sicuramente aumentate anche se
con valori più modesti che nelle forme colestatiche.
 PSEUDOCOLINESTERASI
 ACIDI BILIARI
 AMMONIEMIA  è un parametro che si potrebbe pensare di fondamentale
importanza nell'evoluzione in necrosi massiva, perché i disturbi cerebrali che
portano fino al coma si manifestano nell'insufficienza epatica acuta per un
aumento dell'ammoniemia, in realtà il valore numerico non dice molto, quasi
sempre nell'epatite fulminante l'ammoniemia è aumentata, ma è solo un
parametro che conferma quello che si può supporre dagli altri esami.
 SIDEREMIA, FERRITINA, TRANSFERRINA  sono quasi sempre
aumentate perché le cellule epatiche sono particolarmente ricche di ferro, di
ferritina, sono un serbatoio del ferro e nell'epatite virale acuta aumentano
perché le cellule sono distrutte.
 ALBUMINA  può diminuire. 
  GLOBULINE  possono aumentare.
 EMOCROMO  generalmente indifferente, se non in altre condizioni come
l'epatite fulminante.
Diagnosi di conferma dell'epatite virale
E' una diagnosi sierologica che si esegue valutando i marcatori ematici.
Per distinguere se si tratta di epatite A o E si richiedono gli Ab IgM per l'epatite A e
per l'epatite E e si valuta se sono positivi e quali dei due. La presenza di IgG indica
solamente che il pz. ha avuto un contatto con il virus in passato. In Italia questo è
molto frequente per quanto riguarda l'epatite A, soprattutto nelle regioni del Sud il
70-80% della popolazione ha Ab per l'epatite A. Le IgM sono patognomoniche e
marcatori esclusivi della forma acuta: se le IgM anti HAV sono positive il malato ha
sicuramente l'epatite A; stesso discorso vale per l'epatite E che alle nostre latitudini è
abbastanza poco frequente, infatti la prevalenza negli Ab anti HEV nel bacino del
Mediterraneo non supera il 2% contro il 70-80% di Ab anti HAV.Per le altre epatiti e
soprattutto per l'epatite B la diagnosi è più complicata. Per fare diagnosi di epatite B
si ha bisogno di particolari marcatori.
 HBsAg+ => il paziente è affetto dal virus, ma il pz. potrebbe essere portatore
asintomatico o aver avuto una pregressa infezione dalla quale è completamente
guarito pur rimanendo portatore del virus o avere in quel momento l'epatite
acuta o cronica. Indica la presenza del virus nel sangue.
 HBV-DNA+ => identifica la replicazione del virus in quel momento.
 Anti HBsAg+ => è l'Ab complementare all'HBsAg, è un Ab neutralizzante
protettivo la cui produzione viene stimolata anche dalla vaccinazione per
l'epatite B. Quindi la presenza dell'anti-s esclude la presenza dell'Ag perché
quando l'HBsAg avrà stimolato la produzione dell'Ab lui scompare perché
293
viene neutralizzato dall'anti-s e l'anti-s ha significato di protezione, guarigione
e vaccinazione.
 Anti HBcAg => si può trovare nel sangue come IgM o come IgG; l'IgG ha
significato di reminescenza dell'infezione da HBV; quando si trova nel sangue
questo anticorpo vuol dire che il paziente sicuramente ha avuto contatto con il
virus dell'epatite B da cui può essere guarito o meno, ma questo non si può
capirlo da questo tipo di Ab. E' fondamentale per capire se c'è stato contatto
con il virus che può essere stato eliminato o essere ancora presente. Questo Ab
rimane positivo per tutta la vita. A volte in infezioni in soggetti anziani che
hanno avuto un'epatite 30-40 anni prima non è più presente nessuno di tutti gli
altri marcatori, ma rimane presente solo l'anti-HBcAg IgG, perché è Ab
stimolato da un Ag estremamente potente come quello del core. Anche quando
il pz è guarito dalla malattia ed ha l'anti-s positivo, questo anti-s può pian
piano, nel corso di molti anni, diminuire nel sangue fino a non essere più
presente o rilevabile con i comuni metodi, mentre è ancora sempre rilevabile
l'HBcAg. I livelli di anti HBcAg sono sempre maggiori di quelli di anti
HBsAg.
 HBe ed anti HBe => HBeAg è un prodotto di degradazione dell'HBcAg, della
prodeina del core ed è Ag importante perché il suo rilevamento indica che la
malattia è ancora in fase acuta, che il virus è replicante ed abbastanza infettivo,
ma è una condizione di positività breve perché anche nelle forme che
guariscono l'HBeAg resta positivo per un paio di mesi non di più ed in quelle
che non guariscono resta positivo per qualche settimana. Ci sono forme di
epatite cronica che rimangono positive per HBeAg, ma sono eccezionali, quasi
sempre si trova l'Ab. Quindi questo anticorpo anti-e rivolto verso l'Age non è
né neutralizzante né protettivo perché si forma in quasi tutte le epatiti croniche
e nelle epatiti acute guarite. Le forme di epatiti croniche HBeAg+ sono ormai
rare, anche perché nel bacino del Mediterraneo c'è un mutante difettivo del
virus dell'epatite B caratterizzato da un difetto genetico che comporta
l'impossibilità di formare l'HBeAg, ma solo l'anti-e  sono malati che non
formano l'HBeAg, ma nel sangue si rileva la presenza dell'anti-e.
 Epatite B: HBsAG+.
 Anti HBc IgM +.
 Indifferentemente HBeAg+/- perché quando il pz giunge all'osservazione può
essere già anti-e+.
 HBV-DNA+, ma è esame che non ha molta importanza farlo nell'epatite acuta,
perché è costoso e sarebbe superfluo; serve soprattutto per vedere nelle fasi
croniche se il malato ha una malattia attivamente replicante oppure se è
portatore asintomatico che in quel momento non replica; è esame che si fa
fondamentalmente nelle epatiti croniche.
Il malato può essere sovrainfettato o coinfettato dal virus dell'epatite D, quindi
davanti a pz. con epatite B si devono fare i marcatori dell'epatite delta. La malattia è
lievemente diversa, non tanto nel caso di coinfezione da HBV+HDV, quanto
294
piuttosto nella sovrainfezione da epatite D in un soggetto già portatore di epatite B;
allora quasi sempre la malattia cronicizza ed è più grave tendendo verso la cirrosi
sicuramente in modo più frquente che nella sola epatite B. Inoltre è malattia che
risponde poco al trattamento: l'epatite B risponde bene al trattamento con IFN o con
lamivudina -farmaci attualmente in uso per il trattamento delle epatiti croniche-,
mentre l'epatite D risponde malissimo sia all'IFN che alla lamivudina per cui è
malattia sicuramente più grave. Per diagnosticare una sovrainfezione da epatite D si
chiedono l'AgD che può essere positivo in una breve fase di acuzie, le IgM e le IgG
contro l'AgD. Le IgM sono presenti nella fase acutissima, ma è importante anche solo
il riscontro di IgG perché nell'ambito dell'epatite B, quand'anche ci sia anche solo la
positivita per le IgG, vuole dire che c'è stata sovrainfezione da virus D.
Passiamo ora alla diagnosi di epatite C che è la prima causa di epatopatia cronica, di
cirrosi epatica, carcinoma ed altre complicanze data la frequenza. Spesso si fa
diagnosi di epatite C quando essa è ormai cronica perché solo il 5-10% si manifesta
in modo sintomatico con ittero. Quasi sempre il riscontro è casuale in occasione di
esami di routine ove si rilevano transaminasi aumentate. Successivamente si fanno i
marcatori specifici e si scopre la presenza di epatite C.
Il test più importante è quello che viene fatto di routine, comunemente quando il
malato presenta alterazioni delle transaminasi, cioè l'antiHCV che è un test RIA o
ELISA la cui positività è solo di tipo IgG (si ha anche un IgM per l'epatite C, ma non
è paragonabile alle IgM dell'epatite B o A, è IgM che si trova più frequentemente
nelle epatiti croniche che non nelle epatiti acute, quindi non è un marcatore di acuzie,
non è l'equivalente delle IgM per il core o per il virus dell'epatite A che permettono di
fare la diagnosi di epatite acuta; probabilmente è un marcatore di lesione che si
esprime nelle fasi floride della malattia cronica e può tornare positivo, ma non ha
importanza per la diagnosi di epatite acuta).
La diagnosi di epatite acuta C si fa valutando la sieroconversione dell'anti-HCV
perché quando arriva il malato può essere ancora anti-HCV negativo, mentre
successivamente durante il ricovero, perché itterico, dopo 15-20 giorni si ripete il test
che rileva una positività per l'anti-HCV.
Un altro modo per valutare l'acuzie della malattia è vedere come si comporta un altro
esame e cioè l'immunoblot o RIBA. Si ha la possibilità anche per l'epatite C di
mettere in evidenza gli Ab rivolti contro vari epitopi del virus dell'epatite C. A
seconda del comportamento di quest'attività anticorpale possiamo capire se si tratta di
epatite acuta dalla presenza di vari Ag (C22, C23, NS 3, NS4  Ag non strutturali). Se
in un malato l'immunoblot è positivo solo per il C22 e dopo alcuni giorni (15) si
positivizza anche il C33 e poi l'NS 4 si può pensare che si tratti di un'epatite acuta
dimostrata dalla positivizzazione in tempi diversi dell'immunoblot.
L'HCV-RNA dimostra che il virus circola e si moltiplica (stesso significato dell'HBVDNA), non è importante nella fase acuta della malattia, ma è fondamentale per la
valutazione della riacutizzazione o della diagnosi di epatite cronica C.
Questi marcatori (HBV-DNA e HCV-RNA) sono importanti per valutare l'andamento
della malattia in corso di trattamento con interferone: si valuta in tempi basali se il
virus si replica (= la malattia è in fase di acuzie) quando il malato viene messo in
295
trattamento, in trial con IFN e lamivudina per l'epatite B o ribavirina per l'epatite C, si
vede come si comportano l'HBV-DNA e l'HCV-RNA, come diminuiscono nel
sangue, se il paziente risponde. Ci sono pazienti che non rispondono alla terapia e
continuano ad avere livelli più o meno alti di questi virus che circolano, quindi
l'HBV-DNA e l'HCV-RNA continuano ad essere positivi allo stesso modo senza
grosse variazioni perché non rispondono alla terapia. Purtroppo nella metà dei casi i
pazienti non rispondono assolutamente alla terapia.
Epatite G: si valuta l'anti-HGV che però può essere positivo anche nel caso di altre
epatiti cosiddette parenterali, in corso di epatite B e soprattutto di epatite C è stata
trovata la positività per questi Ab, tuttavia non si sa quale possa essere il loro
significato.
Diagnostica strumentale
E' poco importante rispetto alla diagnostica sierologica.
A tutti i malati si fa l'ecotomografia epatica, che generalmente mostra un fegato un
po' ingrandito, un po' iperriflettente, privo di grosse disomogeneità, aspetti che invece
si possono vedere nell'evoluzione in cirrosi della malattia.
Gli altri esami sono per valutare la cronicizzazione della malattia e l'involuzione
verso la cirrosi o l'epatocarcinoma.
Il trattamento delle epatiti virali si effettua con:
- Per l‘ Epatite B cronica : Lamivudina, Interferone Alfa
- Per l‘ Epatite C cronica : Ribavirina, Interferone Alfa 2b
INTERFERONI
Sono sostanze prodotte dall‘uomo in seguito a stimoli infettivi. Ce ne sono differenti:
I  sono prodotti dai T e dalle NK, e  da tutte le cellule.
In clinica si usa soprattutto , somministrato per via parenterale sottocutanea, non per
os. Si somministra in unità internazionali, 3-4.000.000 alla settimana.
Ha un‘applicazione terapeutica sostanzialmente per le epatiti virali (risposta positiva
nel 30% dei casi), nella fase acuta, perché non ha senso usarli nella fase cronica. La
Terapia è lunga, 6 mesi, e per valutare l‘efficacia si parametrano le transaminasi,
indici di danno epatico.Quando è somministrato da sindromi simil influenzali, con
febbre, dolori ossei, mialgie; ecco perché è utile una terapia parallela con
paracetamolo. L‘ interferone inibisce la trascrizione, la traduzione da RNA a
proteine e il processo di maturazione del virione.
EFFICACIA DELLA VACCINAZIONE CONTRO L'EPATITE A
Vaqta è un vaccino antiepatite A che contiene un ceppo virale inattivato derivato
attraverso passaggi seriali specifici da un ceppo attenuato validato. Il virus viene
coltivato, raccolto, altamente purificato, inattivato ed infine adsorbito su idrossido di
alluminio.
Studi clinici hanno mostrato tassi di sieroconversione del 97% in bambini ed
adolescenti e del 95% negli adulti ottenuti entro le 4 settimane successive alla
somministrazione della prima dose raccomandata. In un sottogruppo di questi
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soggetti di età pari o superiore a 60 anni si e` ottenuta una sieroconversione nell'88%
(n=64) dei vaccinati dopo 4 settimane dalla prima dose.
E` stata dimostrata, dopo la somministrazione della prima dose di Vaqta, una
correlazione tra sieroconversione e protezione clinica. L'efficacia protettiva è stata
dimostrata, dopo una singola dose di Vaqta, su 1037 bambini ed adolescenti di età
compresa tra 2 e 16 anni facenti parte di una comunita` degli Stati Uniti nella quale si
sono avute epidemie di epatite A ricorrenti ( Studio di efficacia di Monroe ). La
sieroconversione venne raggiunta in più del 99% dei vaccinati entro 4 settimane dalla
vaccinazione. L'efficacia protettiva pre-esposizione di una singola dose di Vaqta
risultò del 100% a partire da due settimane dopo la vaccinazione.
Una dose di richiamo fu somministrata alla maggior parte dei vaccinati 6, 12 o 18
mesi dopo la prima dose. L'efficacia del vaccino antiepatite A , Vaqta , in questa
comunità, è stata dimostrata dal fatto che 6 anni dopo la fine del trial non è stato
osservato alcun caso di epatite A nei soggetti vaccinati. La persistenza della memoria
immunologica fu dimostrata con una risposta anticorpale anamnestica ad una dose di
richiamo somministrata da 6 a 18 mesi dopo la prima dose a bambini adolescenti e 6
mesi dopo la prima dose a soggetti adulti. Nei vaccinati dello studio di efficacia di
Monroe, seguiti per un periodo fino a 6 anni, non si e` manifestato nessun caso di
epatite A
Il vaccino contro l'epatite A ( Vaqta ) e` indicato per la profilassi attiva preesposizione delle malattie causate dal virus dell'epatite A. La vaccinazione e` indicata
nei bambini sani a partire dal 2° anno di vita, negli adolescenti, negli adulti a rischio
di contagio e diffusione dell'infezione o in pazienti nei quali l'eventuale infezione
possa costituire un fattore di rischio per la vita.
Per una risposta anticorpale ottimale, l'immunizzazione primaria andrà eseguita
almeno 2 e preferibilmente 4 settimane prima dell'eventuale esposizione al contagio.
Il vaccino contro l'epatite A non previene le epatiti infettive causate da agenti
patogeni diversi dal virus dell'epatite A.
Vaqta e` una preparazione da iniettare per via intramuscolare nella regione deltoidea.
Il vaccino non deve essere somministrato per via sottocutanea o intradermica poichè
la risposta a questo tipo di somministrazione può risultare meno efficace.
La serie delle vaccinazioni consiste in una prima dose ed una seconda dose di
richiamo somministrate secondo il seguente schema:
- Prima dose
Bambini / Adolescenti I soggetti di età compresa tra i 2 ed i 17 anni devono ricevere
una singola dose di vaccino da 0,5 ml ( 25 U ) alla data prestabilita.
Adulti I soggetti di età pari a 18 anni o superiore, devono ricevere una singola dose di
vaccino da 1,0 ml ( 50 U ) alla data prestabilita.
- Seconda dose di richiamo
Bambini / Adolescenti I soggetti di età compresa tra i 2 ed i 17 anni devono ricevere
una dose di richiamo da 0,5 ml ( 25 U ) a 6/18 mesi di distanza dalla prima.
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Adulti : I soggetti di età compresa pari o superiore a 18 anni devono ricevere una
dose di richiamo da 1,0 ml ( 50 U ) dopo 6 mesi dalla prima.
La persistenza a lungo termine degli anticorpi serici antiepatite A non è nota.
In caso di dubbio deve essere determinato il titolo serico degli anticorpi antiepatite
A.Non sono attualmente disponibili dati sulla persistenza a lungo termine degli
anticorpi indotti dalla vaccinazione con Vaqta. Si è estrapolato che gli anticorpi
antiepatite A persistono per diversi anni (almeno 10).Inoltre nei vaccinati che hanno
sieroconvertito persiste la memoria immunitaria anche se i titoli anticorpali sono
diminuiti fino al di sotto dei valori rilevabili. Questi soggetti rispondono in generale
anamnesticamente alla somministrazione di una dose di richiamo.
VACCINO CONTRO L'EPATITE B : MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE E POSOLOGIA
Per gli adulti e gli adolescenti (di eta` uguale o superiore a 16 anni) un ciclo di
vaccinazione contro l'epatite B è costituito da almeno tre dosi di Recombivax HP (
10 microgrammi in 1 ml , singola dose ), cosi` come segue: prima iniezione: alla data
scelta ; seconda iniezione: almeno un mese dopo la prima dose ; terza iniezione:
almeno un mese dopo la seconda dose.
Questa schedula si adatta ai diversi schemi previsti dalle raccomandazioni nazionali
di vaccinazione.
Le schedule di vaccinazione più comunemente utilizzate in Europa sono le seguenti:
- 0, 1, 6 mesi : due iniezioni con un intervallo di un mese; una terza iniezione sei
mesi dopo la prima iniezione.
- 0, 1, 2, 12 mesi : tre iniezioni con un intervallo di un mese; una quarta dose
dovrebbe essere somministrata al dodicesimo mese.
La schedula accelerata ( 0,1,2,12 mesi ) può indurre precocemente, livelli di anticorpi
protettivi in una proporzione / percentuale leggermente superiore di vaccinati.
La durata dell'effetto protettivo di Recombivax HB nei vaccinati sani non è noto e
pertanto la necessità di dosi di richiamo non è ancora stata definita. Ciononostante
alcuni programmi nazionali di vaccinazione correntemente raccomandano iniezioni
periodiche di richiamo.
Nei soggetti vaccinati immunodepressi ( ad esempio pazienti dializzati ) una dose di
richiamo può essere somministrata qualora i titoli anticorpali di anti-HBs risultino
inferiori a 10 UI/l.
Il vaccino contro l'epatite B ( Recombivax HB ) è indicato per l'immunizzazione
attiva contro l'infezione da virus dell'Epatite B causata da tutti i sottotipi conosciuti in
soggetti di tutte le età considerati a rischio di esposizione all'epatite.
Gruppi identificati considerati ad alto rischio di infezione sono :
1) Operatori Sanitari . Chirurghi del cavo orale, dentisti, medici e chirurghi,
infermieri, igienisti del cavo orale, personale paramedico che lavora a stretto contatto
con i pazienti, personale dei reparti di emodialisi, di ematologia ed oncologia,
personale che maneggia campioni di sangue ed altri campioni biologici, personale
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che lavora in strutture di emergenza e pronto soccorso personale di servizio delle
ambulanze , personale che opera in banche del sangue e frazionamento del plasma,
personale addetto alle pulizie negli ospedali che maneggia rifiuti, callisti, impres ari di
pompe funebri ed imbalsamatori.
2) Pazienti che ricevono frequentemente emoderivati. Pazienti in emodialisi ed in
unità oncologiche, pazienti affetti da talassemia, anemia falciforme , cirrosi epatica,
emofilia, e pazienti sottoposti frequentemente a trasfusioni di sangue o alla
somministrazione di fattori concentrati della coagulazione, pazienti sottoposti a
trapianti d'organo.
3) Personale addetto alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti urbani e specifici.
4) Personale e residenti di istituti. Persone con frequenti e/o stretticontatti con gruppi
ad alto rischio, detenuti e personale di penitenziari, residenti e personale di istituti per
handicappati mentali.
5) Soggetti ad alto rischio per le loro abitudini sessuali. Persone con diversi partners
sessuali, pazienti affetti da malattie sessualmente trasmissibili (STD), persone in
trattamento per malattie sessualmente trasmissibili, prostitute ed omosessuali.
6) Tossicodipendenti.
7) Viaggiatori diretti verso aree ad alta endemia di HBV.
8) Persone provenienti da aree ad alta endemia di HBV.Adottati, immigrati e
rifugiati.
9) Altri: Personale di polizia, vigili del fuoco, personale delle forze armate e qualsiasi
altra persona che per tipo di lavoro svolto o stile di vita può essere esposta alla
infezione da HBV.
10) Conviventi di soggetti appartenenti ad uno dei gruppi sopra riportati e conviventi
con soggetti affetti da infezione acuta o cronica da HBV.
4 ANTIMICOTICI (o ANTIFUNGINI)
Per Micòsi sono designante tutte le affezioni che colpiscono l'uomo, gli animali e le
piante, provocate da funghi. Le micosi, di notevole importanza in patologia umana,
si instaurano soprattutto in soggetti in cattive condizioni generali e sono
particolarmente favorite dal clima caldo-umido tropicale, però non sono rare le forme
professionali, ad es., negli addetti alla lavorazione del grano, all'allevamento degli
animali domestici, ecc.Le micosi possono consistere in reazioni di tipo essudativo o
in infiammazioni di tipo iperplasico (granulomi), manifestantesi superficialmente o in
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profondità. Le forme superficiali causate da saprofiti o da parassiti (piedra,
tricomicosi, epidermomicosi, tricofizie, moniliosi) vengono curate con l'applicazione
di lozioni e pomate antimicotiche sulla zona precedentemente depilata. Le micosi
profonde possono essere localizzate o generalizzate come le blastomicosi, la
sporotricosi, tutte trattabili con antibiotici e chemioterapici, ma con esiti alterni. In
ogni caso la terapia delle micosi deve essere preceduta dall'identificazione del fungo
mediante esame microscopico e coltura su terreni speciali.
Bisogna distinguere tra infezioni sistemiche e superficiali.
MALATTIE SISTEMICHE DA FUNGHI
(Micosi sistemiche)
- Principi diagnostici generali
Molti dei funghi responsabili sono opportunisti e risultano patogeni soltanto se
infettano un soggetto defedato Le infezioni da funghi opportunisti sono
particolarmente frequenti in pazienti sottoposti a terapie con corticosteroidi, con
immunosoppressivi o con antimetaboliti: tali infezioni tendono anche a presentarsi in
pazienti con AIDS, insufficienza renale, diabete mellito, bronchiettasie, enfisema,
TBC, linfomi, leucemie e ustioni. Tipiche infezioni opportunistiche sono: candidiasi,
aspergillosi, mucormicosi (ficomicosi), nocardiosi e criptococcosi. Nei pazienti
immunocompetenti le micosi disseminate con polmonite e setticemia sono rare. In
tali pazienti le lesioni polmonari si possono sviluppare lentamente. Le micosi
sistemiche che colpiscono soggetti gravemente immunocompromessi hanno spesso
una presentazione acuta o subacuta, con polmonite rapidamente progressiva,
fungemia o manifestazioni di disseminazione extrapolmonare.
Le malattie fungine che si presentano come infezioni primarie possono avere una
distribuzione geografica particolare. Per esempio negli USA la coccidioidomicosi è
praticamente confinata nel Sud-Ovest; l‘istoplasmosi si verifica soprattutto negli stati
orientali e centro-occidentali; la blastomicosi è limitata al Nord America e all‘Africa;
mentre la paracoccidioidomicosi, a volte denominata blastomicosi del Sud America, è
confinata a tale continente. I viaggiatori, tuttavia, possono manifestare la malattia
qualche tempo dopo essere divenuti infetti e dopo il ritorno a casa da viaggi nelle aree
endemiche.
Nei soggetti immunocompetenti le micosi sistemiche hanno tipicamente un decorso
cronico. Possono trascorrere mesi o addirittura anni prima che venga consultato un
medico o che venga effettuata la diagnosi. I sintomi, raramente intensi, in tali micosi
croniche, possono essere febbre, brivido, sudori notturni, anoressia, perdita di peso,
malessere generale e depressione.
Quando un fungo si diffonde a partire da un focolaio primario nel polmone, le
manifestazioni possono essere caratteristiche. Per esempio la criptococcosi si
manifesta abitualmente come meningite cronica, l‘istoplasmosi progressiva
disseminata come un interessamento generalizzato del sistema reticoloendoteliale
(fegato, milza, midollo) e la blastomicosi come lesione cutanea singola o multipla.
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Test immunosierologici sono disponibili per molte micosi sistemiche, ma pochi
permettono di giungere a una diagnosi definitiva. Tra i test più utili vi sono quelli che
misurano i prodotti antigenici specifici dei microrganismi, in particolare quello per il
Cryptococcus neoformans e, più recentemente, per l‘Histoplasma capsulatum. Alcuni
test, quali la fissazione del complemento per anticorpi anti-coccidio, sono specifici e
non richiedono una conferma con l‘incremento del titolo: essi possono pertanto
fornire la conferma diagnostica così come un‘indicazione sul rischio relativo di
disseminazione extrapolmonare. Nella meningite cronica la positività della fissazione
del complemento per gli anticorpi anti-coccidio nel LCR rappresenta spesso l‘unica
indicazione diagnostica sulla necessità di effettuare una terapia antimicotica
aggressiva. La maggior parte dei test di determinazione degli anticorpi antifungini è
tuttavia di limitata utilità. Molti possiedono una bassa sensibilità e/o specificità e,
poiché la determinazione di titoli anticorpali elevati o di un loro incremento richiede
molto tempo, non sono utili nell‘indirizzare la terapia iniziale.
Le diagnosi vengono abitualmente confermate mediante l‘isolamento del fungo
responsabile dall‘espettorato, dalle urine, dal sangue, dal midollo osseo o da
campioni provenienti dal tessuto infetto. Il significato clinico di un esame colturale
positivo dall‘espettorato può essere difficile da interpretare per i microrganismi
commensali (p. es., Candida albicans) o per quelli che sono diffusi nell‘ambiente (p.
es., Aspergillus sp). Pertanto il ruolo eziologico può essere stabilito con certezza solo
dalla conferma di un‘invasione tissutale.
Al contrario delle malattie virali e batteriche, le infezioni fungine possono spesso
essere diagnosticate mediante esame istopatologico, con un alto grado di attendibilità
sulla base delle caratteristiche morfologiche peculiari dell‘invasione micotica
piuttosto che sulla base dell‘identificazione di anticorpi specifici. Tuttavia,
l‘identificazione definitiva può essere difficile, soprattutto quando sono visibili pochi
microrganismi; pertanto la diagnosi istopatologica quando possibile deve essere
confermata dall‘esame colturale. La valutazione dell‘attività dell‘infezione si basa
sulle colture ottenute da molti siti differenti, sulla presenza di febbre, sulla conta dei
leucociti, sui dati clinici, sui parametri di laboratorio correlati a uno specifico
coinvolgimento d‘organo (p. es., test di funzionalità epatica) e, in alcune micosi, sui
test immunosierologici.
- Principi generali di terapia
I farmaci per la terapia antimicotica sistemica comprendono l‘amfotericina B,
differenti derivati azolici e la flucitosina. In aggiunta alla chemioterapia antimicotica
e alla terapia medica generica, per eliminare alcune infezioni localizzate può essere
necessaria la chirurgia. I farmaci di scelta per le specifiche infezioni micotiche
sistemiche sono riportati nella Tab. 158-1.
Amfotericina B: nonostante la sua elevata tossicità, l‘amfotericina B rimane la terapia
standard per la maggior parte delle micosi sistemiche potenzialmente letali. Per le
micosi croniche la terapia viene generalmente iniziata con 0,3 mg EV, con un
graduale incremento giornaliero 0,1 mg/kg finquando non sia raggiunta la dose
massima desiderata (abitualmente da 0,4 a 1,0 mg/kg in unica somministrazione, ma
301
di solito senza superare i 50 mg/die). Se i pazienti tollerano gli effetti tossici acuti
delle infusioni più concentrate, la dose EV quotidiana può essere gradualmente
modificata in una schedula più conveniente a giorni alterni utilizzando il doppio della
dose massima giornaliera. Trattamenti prolungati possono anche essere modificati in
modo da diminuirne la frequenza e utilizzando schedule di somministrazione più
convenienti (p. es., 3 volte a settimana). Per le micosi acute potenzialmente letali,
l‘amfotericina B, se tollerata, viene iniziata utilizzando la dose massima richiesta
(0,6-1,0 mg/kg/die). Per alcune micosi opportunistiche rapidamente progressive (p.
es., aspergillosi invasiva) a volte sono state utilizzate dosi picco fino a 1,5 mg/kg/die,
generalmente suddivise in due o tre infusioni EV separate.
La formulazione standard di amfotericina B colloidale deossicolato, deve sempre
essere somministrata in soluzione glucosata al 5%, in quanto i sali (compresa la
soluzione fisiologica e il KCl) possono far precipitare il farmaco. Viene generalmente
somministrata in 2-3 ore, anche se infusioni più rapide comprese tra 20 e 60 minuti
nella maggior parte dei pazienti risultano sicure. Le reazioni sono solitamente lievi,
ma alcuni pazienti possono presentare brivido, febbre, nausea, vomito, anoressia,
cefalea e a volte ipotensione. Viene spesso utilizzata una premedicazione con
acetaminofene o aspirina. La minoranza dei pazienti che sviluppa febbre elevata,
nausea, vomito o ipotensione possono ottenere un vantaggio dalla somministrazione
EV di 25-50 mg di idrocortisone; questo può quindi essere aggiunto alle successive
infusioni EV per prevenire o ridurre le reazioni. In molti casi di trattamento
prolungato l‘idrocortisone può essere ridotto e quindi sospeso. Tremori e brividi
intensi possono essere alleviati o prevenuti dalla meperidina, 50-75 mg EV. Può
anche verificarsi una tromboflebite chimica.
La somministrazione intratecale di amfotericina B viene talora utilizzata nel
trattamento della meningite cronica, in genere attraverso iniezione diretta
intracisternale o mediante un serbatoio sottocutaneo del tipo Ommaya connesso a un
catetere intraventricolare. Possono verificarsi cefalea, nausea e vomito, ma questi
possono essere ridotti aggiungendo desametasone ad ogni somministrazione
intratecale. Talvolta vengono utilizzate somministrazioni intratecali lombari a causa
della penetrazione irregolare nelle aree cerebrali coinvolte e degli effetti infiammatori
locali potenzialmente gravi che possono portare ad aracnoidite adesiva. Al momento
dell‘infusione in una siringa contenente l‘amfotericina B diluita in soluzione
glucosata al 5% alla concentrazione di 0,2 mg/ml vengono prelevati 10 ml o più di
LCR. Dosi di 0,05-0,5 mg vengono quindi iniettate lentamente, in 2 min o più. Molto
spesso, se tollerate, le dosi vengono gradualmente incrementate al massimo fino a
uno schema di 0,5 mg 3 volte a settimana.
Il principale rischio di tossicità della terapia con amfotericina B è la compromissione
della funzione renale. Prima e durante il trattamento devono essere attentamente
monitorizzate la creatinina sierica e l‘azotemia. L‘amfotericina B è l‘unico tra i
farmaci antimicrobici nefrotossici a non essere eliminato in maniera significativa
attraverso il rene. Con il peggioramento della funzionalità renale l‘amfotericina B
non si accumula in dosi crescenti; pertanto, in presenza di anomalie moderate della
funzione renale, la dose non deve essere ridotta. Tuttavia, nei pazienti che iniziano la
302
terapia con una normale funzionalità renale, la dose di amfotericina B deve essere
ridotta quando la creatinina sierica aumenta oltre 3,0-3,5 mg/dl (265-309 mol/l) o
l‘azotemia oltre 50 mg/dl (18 mmol Urea/l). La nefrotossicità acuta può essere ridotta
mediante un‘idratazione endovena con soluzione fisiologica prima dell‘infusione
dell‘amfotericina B. Le alterazioni lievi o moderate della funzionalità renale indotte
dall‘amfotericina B in genere si risolvono gradualmente dopo il termine del
trattamento. Un danno permanente si verifica principalmente in quei pazienti che
vengono sottoposti a terapie prolungate nel tempo (per es., il 75% di quelli che
ricevono una dose totale di amfotericina B > 4 g sviluppa un deficit irreversibile della
funzionalità renale). In ogni paziente nel quale la funzionalità renale risulti
gravemente compromessa prima o durante la terapia con amfotericina B, la decisione
definitiva sul dosaggio dell‘amfotericina B EV deve tener conto, rispetto al rischio di
insufficienza renale, della gravità della micosi sistemica e della potenziale efficacia di
farmaci antimicotici alternativi. Accanto alla tossicità renale l‘amfotericina B
determina spesso una soppressione della funzione del midollo osseo che si manifesta
principalmente come anemia. L‘epatotossicità o altri effetti collaterali sono poco
frequenti.
Recentemente sono stati valutati numerosi veicoli lipidici allo scopo di ridurre le
manifestazioni tossiche dell‘amfotericina B pur mantenendone l‘efficacia terapeutica.
Anche se tali preparazioni differiscono nella composizione, nella tossicità acuta e
nell‘eliminazione sierica, esse concentrano la deposizione di amfotericina B nel
fegato, nella milza e nei polmoni e determinano una minor tossicità rispetto alla
tradizionale amfotericina B deossicolato. Con le preparazioni lipidiche possono
quindi essere somministrate con sicurezza più alte dosi di farmaco. In Europa sono
disponibili tre preparazioni ma solo una è stata autorizzata negli USA. Quest‘ultima,
complesso lipidico di amfotericina B, ha un utilizzo limitato solo all‘aspergillosi
invasiva che non risponda all‘amfotericina B colloidale o non possa essere trattata in
maniera sicura con adeguate dosi della preparazione standard per un‘alterazione della
funzionalità renale. In pazienti con differenti tipi di micosi sono in corso studi clinici
per definire la sicurezza relativa e l‘efficacia di queste preparazioni di complessi
lipidici così come della dispersione colloidale dell‘amfotericina B, della preparazione
liposomiale di amfotericina B e della nistatina incapsulata in liposomi (altro
antimicotico polienico correlato all‘amfotericina B). Alcuni medici hanno addirittura
utilizzato misture di amfotericina B con Intralipid, ma queste sembrano meno
efficaci. Le preparazioni non sono state standardizzate, pertanto possono variare e la
nefrotossicità non è stata sensibilmente o consistentemente ridotta.
Azoli antifungini: questi farmaci non sono nefrotossici e possono essere
somministrati per via orale. Essi rendono possibile la terapia delle micosi croniche in
un regime ambulatoriale più semplice. Il primo di questi farmaci orali, il
ketoconazolo, è stato superato dai più recenti, più efficaci e meno tossici derivati
triazolici quali il fluconazolo e l‘itraconazolo.
Il fluconazolo è idrosolubile e dopo somministrazione orale viene assorbito quasi
completamente. Viene principalmente eliminato immodificato nelle urine e possiede
un‘emivita > 24 h, elemento che ne permette l‘uso in unica somministrazione
303
quotidiana. È dotato di un‘elevata penetrazione nel LCR ( 70% dei livelli sierici) ed è
diventato utile soprattutto nel trattamento della meningite criptococcica e da
coccidioide (v. oltre). Esso inoltre offre un‘efficace alternativa meno tossica rispetto
all‘amfotericina B nel trattamento della candidemia nei pazienti non neutropenici.
Anche se originariamente è stato approvato per il trattamento delle micosi sistemiche
al dosaggio di 200-400 mg al giorno, per alcuni pazienti gravemente malati da alcuni
tipi di micosi possono essere necessarie dosi più elevate, quali 800 mg/die (v. oltre) e
in alcuni trial limitati sono state utilizzate persino dosi quotidiane 1000 mg senza
un‘apparente eccessiva tossicità.
La Candida cruzii è tipicamente fluconazolo-resistente, mentre la Candida
(Torulopsis) glabrata è generalmente meno sensibile rispetto alla C. albicans.
Recentemente stanno aumentando in maniera progressiva altri tipi di Candida sp
fluconazolo-resistenti, anche in relazione al ripetuto e diffuso utilizzo del farmaco per
il trattamento e la prevenzione della candidosi e di altre micosi. Finora la maggior
parte degli isolati resistenti di Candida sembra comunque sensibile all‘itraconazolo
anche se alcuni non lo sono. Di particolare interesse sono le segnalazioni di Candida
fluconazolo-resistente in pazienti senza AIDS e mai sottoposti in precendenza a
terapia con azoli. Per evitare l‘utilizzo indiscriminato del fluconazolo è fortemente
raccomandata una limitazione, almeno finquando non si dimostrino inefficaci altre
terapie per le candidosi mucocutanee.
Malessere GI e rash cutaneo sono i più comuni effetti collaterali. Una tossicità più
grave è rara, ma l‘uso del fluconazolo è stato associato a necrosi epatica, alla
sindrome di Stevens-Johnson, ad anafilassi, ad alopecia e ad anomalie congenite
successive all‘uso del farmaco oltre il primo trimestre di gravidanza. Le interazioni
con altri farmaci si verificano meno frequentemente con il fluconazolo che con il
ketoconazolo o l‘itraconazolo. Tuttavia il fluconazolo talora determina un incremento
dei livelli sierici di ciclosporina, rifabutina, fenitoina, anticoagulanti orali tipo
warfarin, farmaci alla sulfonilurea quali la tolbutamide o zidovudina. La rifampicina
può ridurre i livelli ematici di fluconazolo.
L‘itraconazolo è diventato il trattamento standard della sporotricosi linfocutanea così
come dell‘istoplasmosi lieve o moderatamente grave, della blastomicosi e della
paracoccidioidomicosi. Inoltre si è dimostrato efficace in casi lievi di aspergillosi
invasiva, in alcuni casi di coccidioidomicosi e in alcuni tipi di cromomicosi. Per
l‘elevata solubilità nei lipidi e legame proteico, i livelli ematici di itraconazolo
tendono a essere bassi ma i livelli tissutali sono generalmente elevati. I livelli del
farmaco nelle urine o nel LCR sono trascurabili. L‘itraconazolo, nonostante non sia il
farmaco di scelta, è stato utilizzato con successo per risolvere alcuni tipi di meningite
micotica.
L‘itraconazolo, come il ketoconazolo, per l‘assorbimento richiede un pH acido,
pertanto i livelli ematici dopo somministrazione orale possono variare. Le bevande
acide (p. es., coca-cola, succhi di frutta acidi) o il cibo possono migliorarne
l‘assorbimento. Tuttavia l‘assorbimento può essere ridotto quando l‘itraconazolo
viene assunto con qualunque prescrizione o farmaco utilizzato per ridurre l‘acidità
gastrica. Numerose sostanze possono ridurre le concentrazioni sieriche dell‘
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itraconazolo, tra queste la rifampicina, la rifabutina, la didanosina, la fenitoina e la
carbamazepina. Inoltre l‘itraconazolo inibisce la degradazione metabolica di altri
farmaci determinandone un incremento dei livelli ematici con conseguenze
potenzialmente gravi. Aritmie cardiache gravi e talora fatali si possono verificare se
l‘itraconazolo viene utilizzato con la cisapride o con alcuni antiistaminici quali la
terfenadina, l‘astemizolo e forse la loratadina. Rabdomiolisi è stata associata con
l‘incremento dei livelli ematici di ciclosporina o di farmaci ipocolesterolemizzanti
quali lovastatina o la simvastatina indotto dall‘itraconazolo. Si può anche verificare
un incremento dei livelli ematici di digossina, di tacrolimus, di anticoagulanti orali o
di ipoglicemizzanti orali quando tali sostanze vengano utilizzate con l‘itraconazolo.
Con dosi superiori a 400 mg/die i principali effetti collaterali sono di tipo GI ma
alcuni uomini hanno riportato impotenza mentre dosi più elevate possono
determinare ipokaliemia, ipertensione ed edema. Altri effetti collaterali descritti
comprendono rash allergico, epatite e allucinazioni.
Flucitosina: la flucitosina, analogo di un acido nucleico, è idrosolubile e ben assorbita
dopo somministrazione orale. Sono comuni resistenze al farmaco sia preesistenti sia
emergenti, tanto che viene quasi sempre utilizzata insieme a un altro farmaco
antifungino, generalmente l‘amfotericina B. La flucitosina in combinazione con
l‘amfotericina B viene principalmente utilizzata per il trattamento della criptococcosi
ma si è anche dimostrata utile in alcuni casi di candidosi disseminata, di altre
infezioni micotiche e di gravi aspergillosi invasive. Occasionalmente la flucitosina da
sola ha migliorato (ma probabilmente non completamente curato) alcuni casi di
cromomicosi. La flucitosina in recenti trial è stata anche utilizzata in combinazione
con antimicotici azolici. Quest‘ultima combinazione ha fornito promettenti risultati
preliminari nella criptococcosi e in alcuni casi di altre micosi ma rimane comunque
sperimentale.
La dose abituale (150 mg/kg/die PO in 4 dosi frazionate) fornisce elevati livelli di
farmaco nel siero, nelle urine e nel LCR. Poiché la flucitosina viene principalmente
eliminata dal rene, le concentrazioni ematiche, non appena si sviluppa nefrotossicità
in corso di uso contemporaneo di amfotericina B, soprattutto quando quest‘ultima
viene utilizzata a dosi > 0,4 mg/kg/die, tendono a raggiungere livelli di tossicità. Si
può anche verificare un‘alterazione epatica reversibile. Le concentrazioni sieriche di
flucitosina devono essere monitorizzate e il dosaggio corretto per mantenere
concentrazioni sieriche entro un range di circa 40-60 g/ml per ridurre il rischio di
piastrinopenia e leucopenia. Le concentrazioni della flucitosina diventano spesso
elevate durante le fasi precoci della nefrotossicità da amfotericina B, quando la
creatinina clearance aumenta in maniera significativa senza un importante incremento
dei livelli sierici di creatinina. Pertanto, soprattutto se non possono essere misurati in
tempi rapidi i livelli ematici tempestivi, è prudente iniziare la terapia con la dosa più
bassa (100 mg/kg/die) e quindi modificare le dosi verso il basso utilizzando il
nomogramma accluso nella confezione in accordo con ogni ulteriore riduzione della
funzionalità renale.
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Ci sono 3 principali gruppi di farmaci antifungini (alcuni hanno una elevata tossicità
e comparsa di resistenze per terapie protratte):
1. Farmaci polienici
2. Farmaci antimetabolici
3. Imidazolici e Triazoli
FARMACI POLIENICI
AMFOTERICINA B (nome commerciale FUNGIZONE)
E‘ un farmaco polienico con grande tossicità renale. Gli imidazolici e i triazoli,
prodotti di nuova sintesi (15 anni) hanno ridotto notevolmente questo problema.
Nonostante i loro effetti collaterali vengono usati nelle principali micosi: aspergillosi,
criptococcosi, coccidiomicosi, ecc)
Meccanismo d’azione
Quasi tutti questi farmaci interagiscono con uno sterolo, in particolare con l‘
ergosterolo, di membrana dei funghi, causando buchi nella parete.I funghi più
sensibili sono i coccidioidei, candida, criptococcus, blastomiceti.La resistenza è
dovuta alla sostituzione dell‘ergosterolo con altri steroli.La tossicità è dovuta alla loro
poca solubilità in acqua.Viene somministrato per e.v.
Per diminuire la tossicità può essere legato a dei lipidi.
L‘ AMBISONE è l‘amfotericina B legata a liposomi ed è meno tossica
dell‘amfotericina B semplice, però costa 10 volte di più.
Effetti collaterali
 Sintomi similinfluenzali, con febbre, brividi, dolori ossei dovuti alla
liberazione di citochine (IL-1) da parte delle cellule infette.I sintomi possono
essere alleviate con paracetamolo o cortisonici.
 Tossicità renale; aumento dell‘azotemia, acidosi renale con liberazione di
elettroliti.Il danno renale è dose dipendente.
 Tossicità midollare in alcuni soggetti, con conseguente neutropenia e anemia.
FARMACI ANTIMETABOLITI
FLUCITOSINA (nome commerciale ANCOTIL)
E‘ la 5-fluordesossiuridina, che viene deaminata dalla citosinadeaminasi, un enzima
fungino, e diventa 5-fluoruracile. Vengono aggiunti dei gruppi fosforici e si ottiene la
5-trifluoruracile che può interagire con l‘RNA.La resistenza al farmaco è dovuta da
una diminuzione della permeabilità della membrana allo stesso.Lo spettro d‘azione è
più limitato: candida e criptococchi.L‘assorbimento intestinale è buono; si diffonde
rapidamente nel corpo. Ha un‘emivita di 3-6 ore ed è eliminato per via renale
(valutare quindi la funzionalità renale del soggetto); non si lega alle proteine.Il range
terapeutico varia da 50 a 100g/ml e passa bene la barriera ematoencefalica.Viene
usato nelle infezioni del sistema urinario (Candida) in associazione o meno con
l‘Amfotericina B
Effetti collaterali:
 Tossicità renale assente o molto ridotta
306
 Tossicità intestinale con nausea, diarrea, vomito; ciò accade perché
nell‘intestino ci sono batteri che la convertono in 5-fluorouracile.
 Depressione midollare
IMIDAZOLI E TRIAZOLI
E‘ il terzo gruppo di antifungini.Inibiscono la sintesi dell‘ergosterolo, per interazione
con un enzima microsomiale dipendente dal CIT P450.Spettro d‘azione intermedio:
candida, criptococchi, blastomices, histoplasma capsulato, aspergillo (in alcuni
casi).E‘ difficile misurare la sensibilità dei funghi ai farmaci, come invece avviene
per i batteri; i farmaci vengono usati secondo la gravità dell‘infezione e secondo
pubblicazioni esistenti.
KETOCONAZOLO (nome commerciale NIZORAL)
 Somministrato per os e richiede un ambiente acido per essere assorbito
(antiacidi ne rallentano l‘assorbimento).
 La dose varia da 200 ad 800 mg.
 L‘emivita è dose dipendente: per 800 mg è di 7-8 ore.
 La concentrazione nel liquor è l‘1% di quella plasmatica
 Concentrazione nelle urine è scarsa
 Interagisce con i CIT P450 3A4 e quindi interagisce con il metabolismo di
alcune sostanze, come ciclosporina, warfarin, terfenadina.
 Aumento degli enzimi epatici (transaminasi)
Indicazioni:
 Candidosi, paracoccidiosi, coccidiosi ed istoplasmosi
 Meccanismo d‘azione lento; in casi gravi si da amfotericina B
Effetti collaterali:
 Nausea, vomito, anoressia
 Anomalie endocrinologiche di ormoni steroidei
 Nel 10% dei soggetti si ha un aumento degli enzimi epatici
ITRACONAZOLO (nome commerciale SPORANOX)
 Somministrato per os e richiede per l‘assorbimento un ambiente acido
 Emivita 30 ore
 Passaggio nel liquor è bassissimo
 Presenza di metabolita attivo (idrossitraconazolo)
 Interazione con CIT P450 3A4 che causa i problemi visti per il ketonazolo
Indicazioni:
 Non passa la barriera ematoencefalica
 Nei pazienti malati di AIDS viene usato per uso profilattico, vista la lunga
emivita
 Nelle criptococcosi è preferibile utilizzare l‘amfotericina B
(Il trattamento dei pazientii con AIDS comprende anche il trattamento delle infezioni
a cui essi vanno incontro, quindi associazioni di antifungini e antibiotici, anche p er
307
prevenzione secondaria, in quanto una volta contratta l‘infezione è più facile che
restino dei focolai).
Effetti collaterali:
 nausea, vomito, anoressia
 nel 9% dei casi si ha un aumento di trigliceridi
 nel 6% dei casi vi è ipopotassemia
FLUCONAZOLO (nome commerciale DIFLUCAM)
 Somministrato per os
 Eliminazione renale per il 90%, per cui bisogna correggere la dose e gli
intervalli di somministrazione
 Emivita di 25-30 ore
 Passa la barriera ematoencefalica
 Fa aumentare la concentrazione plasmatica di zidovudine, warfain, fenitoina,
ciclosporina
Indicazioni:
 candidosi esofagee e vaginali
 criptococcosi per prevenire recidive
Effetti collaterali:
 sovrapponibili agli altri della stessa famiglia
ANTIFUNGINI PER USO TOPICO
Hanno scarsa biodisponibilità orale, per cui vengono usati topicamente.Le
somministrazioni possono essere anche prolungate, per alcuni mesi.
Tra questi vi sono: clotrimazolo, miconazolo, ecc
Ricapitolando:
 per le infezioni sistemiche e meningee si usa l‘Amfotericina B
 per le infezioni al SNC e meningee il Cluconazolo, perché l‘amfotericina B
passa poco la barriera ematoencefalica
 itraconazolo e ketoconazolo si stanno usando solo ora e si devono ancora
affermare
CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI:
A. ANTIBIOTICI POLIENICI
Tendono a scavare dei pori nella parete dei funghi combinandosi con i fosfolipidi di
membrana, facendo perdere nutrienti e ioni alle cellule fungine, che vanno in lisi .
Con tale meccanismo agiscono pure sulle nostre cellule e danno toxicita‘.
- AMFOTERICINA B:
Si usa x aspergillosi invasive, blastomicosi, e tutte le micosi profonde e cutanee
Tox dell‘infusione: febbre, azotemia, brividi, vomito, spasmi muscolari, cefalea,
ipotensione. Tox ritardata: nefrotox e disfunzone renale ( perdita di k+ e Mg++ x cui
si somministra 1 litro di soluzione fisiologica x e.v.), disturbi cardiaci (non puo‘
essere assunta da pazienti affetti da problemi cardiaci), acidosi, convulsioni
308
- NISTATINA A:
Si usa x le candidiasi orofaringee e vulvovaginali
Tox nausea, vomito, diarrea
- MEPARTRICINA è 1 derivato sintetico di 1 antibiotico a struttura polienica che
altera la permeabilita‘ della membrana citoplasmatica sia dei funghi che del
trichomonas combinandosi con gli steroidi di membrana. E‘ usato pure nel
trattamento dell‘ iperplasia prostatica benigna, xchè si combina reversibilmente con
gli steroidi presenti nell‘ intestino e soggetti a circolo entero-epatico, con riduzione
della deplezione di colesterolo e di androgeni negli acidi ghiandolari della
prostata(effetto favorevole)
- PIRAMICINA o NATAMICINA
B. ANTIMETABOLITI
- FLUCITOSINA:Tale molecola è scambiata x l‘ uracile dagli enzimi che devono
trasformarla in prodotti utili x la cellula , per cui viene deamminata e trasformata
in fluoruracile che interferisce con la sintesi del DNA del fungo. Si usa x le
criptococcosi Tox si trasforma in 5 –FLUORURACILE (antineoplastico)con
anemia, leucopenia,trombocitopenia , disturbi a carico del fegato
C. AZOLI ANTIMICOTICI
Sono degli inibitori della sintesi dell‘ ergosterolo ( 1 componente essenziale della
membrana cellulare dei miceti), inibendo l‘ enzima 14-alfa demetilasi fungina.
Interagiscono con il citocromo P450 e inibiscono la demetilazione del lanosterolo
provocando 1 diminuzione di ergosterolo e 1 accumulo aberrante e tossico di steroli
nella membrana fungina
 PER VIA SISTEMICA
- KETOCONAZOLO
Si usa x le blastomicosi,coccidioidomicosi, candidiasi e tricofitosi
tox: Inibisce la steroido-genesi (femminilizzazione negli uomini, infertilita‘,
alterazioni del ciclo mestruale)
- ITRACONAZOLO Si usa x le blastomicosi, coccidioidomicosi e tricofitosi
- FLUCONAZOLO: Si usa x aspergillosi invasive, blastomicosi, e tutte le micosi
profonde e cutaneeTox:minore tox, interagisce con gli enzimi microsomiali epatici
- VORICONAZOLO ( Vfend) il Voriconazolo si usa nel trattamento delle infezioni
fungine potenzialmente fatali. Il farmaco trova particolare impiego nel trattamento
dei pazienti immunocompromessi con infezioni progressive da aspergillosi
invasiva, da Candida invasiva resistente al Fluconazolo, e da Scedosporum spp e
Fusarium spp. Il nuovo antifungino, studiato su più di 2.000 pazienti, ha un ampio
spettro d'azione. L'efficacia clinica del Voriconazolo a 12 settimane è superiore a
quella dell'Amfotericina B (53% versus 32%, rispettivamente) aumentando la
probabilità di sopravvivenza (71% versus 58%, rispettivamente). I principali
effetti indesiderati del Voriconazolo sono: disturbi visivi, alterazioni della
funzione epatica, e rash cutanei
309
 PER USO TOPICO
- CLOTRIMAZOLO- Si usa x tutte le candidiasi e tricofitosi
- MICONAZOLO- Si usa x le mucormicosi, le candidiasi vulvovaginali e
tricofitosi
- ECONAZOLO- Si usa x le candidiasi cutanee e tricofitosi
- ISOCONAZOLO Si usa x le candidiasi e tricofitosi
- BUTOCONAZOLO- - Si usa x le candidiasi vulvovaginali
- TERCONAZOLO Si usa x le candidiasi vulvovaginali
- TIOCONAZOLO Si usa x le candidiasi vulvovaginali
tox: Raramente irritanti
D. MORFOLINE
- AMOROLFINE è 1 nuovo antimicotico in sviluppo che blocca come gli azoli la
sintesi di ergosterolo inibendo 2 enzimi della sua sintesi: la -14 Reduttasi e la 8 a -7 Isomerasi
E. GRISEOFULVINA
Inibisce la mitosi dei funghi x distruzione del fuso mitotico, arrestando la metafase
della divisione cellulare. Si usa x le onicomicosi
tox: nausea, vomito, diarrea, mal di testa, neuriti, confusione mentale, affaticamento,
fotosensibilizzazione, induttore enzimatico, non si usa in gravidanza
F. TERBINAFINA-NAFTIFINA( ALLILAMINE)
Inibiscono l‘ enzima squalene-epossidasi nella sintesi degli steroli della parete dei
funghi Si usano x le tricofitosi
G. TOLNAFTATO- TOLCICLATO
Provocano alterazioni citologiche delle ife miceliali a livello mitocondriale ,
provocando lesioni irreversibili che culminano con la lisi cellulare
H. CICLOPIROX OLAMINA o OCTOPIROX o PIROCTONE OLAMINA
(derivato dell‘Alchil-idrossi-piridone)
Provoca deplezione intracellulare di alcuni substrati e ioni essenziali , attraverso l‘
inibizione del loro assorbimento dal mezzo Si usa x le tricofitosi (x combattere la
forfora) e x le dermatiti seborroiche
I. ALOPROGINA
Rende inefficiente e disorganizza le membrane fungine
Si usa x le tricofitosi
J. CASPOFUNGINA
310
E‘ un nuovo farmaco antifungino, indicato nei pazienti che non rispondono alla
terapia standard dopo l'infezione di aspergillosi invasiva. La Caspofungina è il primo
farmaco di una nuova classe terapeutica, le echinocandine.L'aspergillosi invasiva
indica un gruppo di infezioni fungine prodotte dal fungo Aspergillus. Si ammalano di
aspergillosi soprattutto i soggetti con deficit immunitari. In queste persone l'infezione
fungina può risultare anche fatale.In uno studio di piccole dimensioni la
Caspofungina , somministrata per via endovenosa a persone colpite da aspergillosi
invasiva non responder ad altri trattamenti o intolleranti, è risultata efficace nel 36%
dei pazienti non responder e nel 70% dei pazienti intolleranti.
5
ANTIMICOBATTERI
1. ANTITUBERCOLARI
La TUBERCOLOSI rappresenta a tutt‘oggi un problema sanitario di interesse
mondiale. E‘ la 7° causa al mondo di morte ed è la prima causa di morte nei soggetti
affetti da HIV ( specialmente in Asia e in Africa ). 1/3 della popolazione mondiale è
affetta da tubercolosi ( il Mycobacterium Tubercolosis è un batterio intracellulare a
crescita lenta ).L‘incidenza ( nuovi casi / 100.000 abitanti ) è prevalentemente
concentrata in: Asia, Africa, Sud America ( vedi lucido con cartina OMS ).Nel
mondo occidentale i dati sono meno preoccupanti, nell‘ambito dell‘Europa c‘è una
sorta di fascia centrale ( GB, Italia ) dove la TBC è ufficialmente meno presente
rispetto all‘Europa dell‘est, di Spagna e Portogallo.Bisogna però tenere presente che
in alcuni paesi, in particolare in Italia, c‘è un problema di sottostima della malattia
tubercolare, perché i dati ufficiali che derivano dalla notifica obbligatoria della
malattia tubercolare, non sono attendibili per cui l‘incidenza in Italia non è di
10/100.000 come notificato, ma è sicuramente più alta.In Europa, specialmente in
Romania, Ex Unione Sovietica, Spagna, Portogallo, si sta verificando un aumento dei
casi che merita una particolare sorveglianza epidemica perché la malattia non rispetta
i confini.Verso la fine degli anni 70 si è verificata una netta diminuzione della
malattia tubercolare grazie agli interventi terapeutici, al miglioramento delle
condizioni igienico sanitarie, che avevano permesso di controllare la malattia ( tant‘è
vero che in USA verso la fine degli anni 70 si prevedeva una eradicazione della
tubercolosi entro il 2000; tuttavia dalla metà degli anni 80 ( 85 – 86 ) c‘è stata una
ripresa della malattia tubercolare in USA, verificatasi con un certo ritardo ( primi
anni 90 ) anche in Europa pur con le diversità quantitative viste (anche se non
raggiungono i livelli di 40, 50 anni fa ). Il fenomeno va quindi osservato dal punto di
vista epidemiologico.
STORIA NATURALE DELLA MALATTIA TUBERCOLARE
311
Il paziente contagioso, per definizione, è affetto da TBC polmonare ( che rappresenta
dal punto di vista clinico oltre il 90% della manifestazione di questa malattia ) ed
elimina quantità più o meno abbondanti di bacilli con la tosse o le secrezioni.In
questo modo è in grado di contagiare le persone che vivono a stretto contatto con lui.
Perché avvenga il contagio occorre un alto livello di micobatteri e/o un‘ esposizione
prolungata, è per questo che corrono rischi più seri i conviventi, chi vive a stretto
contatto con il malato o chi vive in unità chiuse ( cas-erme ). In generale i contatti
fugaci e transitori non sono sufficienti.
In seguito all‘esposizione ci sono due possibilità:
a. Non ci si infetta perché il sistema immunitario riesce a " Bloccare " l‘agente
invasivo
b. Ci si infetta. Il 90% di persone che subiscono l‘infezione del micobatterio
svilupperà mai nell‘arco della sua vita la malattia tubercolare, cioè si rimane
all‘infezione con la comparsa di una situazione immunologia specifica, ma non
si verifica il passaggio da infezione a malattia. Solo il 10% di chi si infetta
svilupperà una malattia che si potrà manifestare nella metà dei casi ( 5% )
abbastanza precocemente ( entro 2 aa dall‘infezione ) o, nelle forme più tardive
( il rimanente 5% ) nell‘arco dell‘intera vita.
La malattia tubercolare ha un incubazione " curiosa " che può andare da pochi
mesi all‘arco dell‘intera vita. Ci sono infatti persone anziane che per ragioni di
una minore efficienza del sistema immunitario sviluppano la malattia anche a
distanza di 30/40 anni dall‘infezione.
Ciò è dovuto al fatto che il micobatterio ha la capacità di sopravvivere
all‘interno dell‘organismo in una situazione di quiescenza metabolica e di
potersi " risvegliare " anche a distanza di anni ( non ne è noto il motivo ).
Si parte quindi dal paziente che elimina i bacilli mediante le secrezioni respiratorie, i
bacilli rimangono in sospensione nell‘ambiente e possono quindi essere
successivamente inalati ( sono contenuti in micro goccioline di saliva che possono
rimanere in sospensione nell‘ambiente anche per parecchie ore, la quantità di bacilli
necessaria è stimata non abbondante ).
Dopo essere stati inalati i bacilli riescono ad arrivare sino alle terminazioni distali
dell‘appartao respiratorio dove incontrano le cellule fagocitarie residenti nelle
strutture alveolari ( macrofagi ) che fagocitano gli intrusi; nella maggior parte dei
casi, il processo si ferma qui perchè in queste persone l‘immunità innata
rappresentata dai macrofagi è sufficiente a distruggere i bacilli.
In alcuni casi i bacilli riescono a sopravvivere e iniziano a moltiplicarsi.
Non è noto cosa regoli questa capacità, sicuramente influiscono fattori genetici ( ci
sono razze più esposte alla possibilità di non riuscire a distruggere i bacilli ) e fattori
di virulenza dei singoli bacilli.
CURIOSITA’: sono in corso studi di immunogenetica per capire meglio la
suscettibilità di alcuni individui all’infezione, in particolare pare influisca un deficit
di recettori per l’IFNg , presente allo stato eterozigote.
312
Dall‘alveolo i macrofagi che contengono i bacilli che riescono a replicarsi
attivamente arrivano ai LN loco-regionali ( perché sfuggono alla fusione del
fagosoma con il lisosoma e quindi alla formazione del fagolisosoma ) dove ci può
essere la diffusione ematogena dei micobatteri non controllata da una RI specifica (
fin‘ora hanno solo incontrato R aspecifica ) verso delle sedi extra polmonari ( SNC,
apparato urogenitale, ossa, reni ).Oppure compare una reazione immunitaria specifica
rappresentata dai linfociti T che controllano l‘infezione.Questa immunità compare in
genere 2/3 settimane dopo, ed è quella che viene messa in evidenza dalla positività al
test di Mantoux ( iniezione intradermica di un estratto di Ag tubercolare che mette in
evidenzia la presenza di RI cellulo mediata ).La risposta cellulare si focalizza sia a
livello del sito di penetrazione originale del micobatterio,sia a livello del LN, dove
compare la lesione di Gohn ( che,insieme alla stria linfangitica e alla linfadenite, fa
parte del complesso primario ) una sorta di " cicatrice " immunologia completamente
asintomatica che permette un controllo sui micobatteri. ( a lungo andare ci può essere
deposizione di sali di Ca presso la cicatrice per cui, nella maggior parte dei casi,
quando viene fatta una lastra al torace per altri motivi, grazie alla calcificazione, si
possono mettere in evidenza i residui di un complesso primario che può risalire a
parecchi anni prima).
NOTA: il complesso di Gohn è sviluppato da tutti gli infetti, ma radiologicamente è
evidente in una piccola parte di soggetti; questo perché l’entità della reazione
flogistica è variabile e solo dove c’è una cospicua reazione si forma una cicatrice di
dimensioni tali da essere visibile radiologicamente in seguito alla deposizione di
Ca++..
Il punto di arrivo è il granuloma tubercolare che rappresenta l‘espressione
istopatologica della risposta immunitaria cellulare e del tentativo ( che può essere più
o meno efficace ) del sistema immunitario di circoscrivere la presenza del
micobatterio. Si forma una barriera costituita da cellule epitelioidi ( macrofagi ),
cellule giganti multinucleate di Langhans + un vallo di fibroblasti fra i quali sono
interposti linfociti T.Nell‘ambito del granuloma è presente una zona centrale di
necrosi caseosa che è l‘espressione funzionale della fisiologia dei micobatteri in
quanto questi sono aerofili, per cui in quest‘ambito manca una saturazione di
ossigeno sufficiente a mantenere il loro metabolismo, quindi degenerano.
In questo modo il sistema immunitario limita e tiene sotto controllo la presenza dei
micobatteri. Cio è quello che si verifica più o meno in qualunque stadio
dell‘infezione o anche della malattia tubercolare.Nella maggior parte dei casi però i
micobatteri riescono a sopravvivere in uno stato di latenza o quiescenza metabolica
all‘interno del granuloma anche per molti anni; si stabilisce quindi un equilibrio in
cui il sistema immunitario " sorveglia " i micobatteri che si trovano in questo stato di
quiescenza. ( i micobatteri possono essere presso una piccola zona di parenchima
polmonare, a livello dei linfonodi o presso le sedi extrapolmonari ).
Nei soggetti nei quali si sviluppa la malattia ( più precocemente o più tardivamente )
viene rotto quest‘equilibrio che si è raggiunto nel granuloma; ciò accade per ragioni
intercorrenti che inducono immunodeficienza ( da HIV, di tipo iatrogeno, età
avanzata, vita stressante, condizioni che da un punto di vista igienico sanitario
313
possono interferire con la funzionalità del sistema immunitario ) e permettono ai
micobatteri di fuggire dalla "prigione " che gli è stata costruita attorno.
In questo caso abbiamo la colliquazione della zona centrale di necrosi che consente la
fuga dei micobatteri i quali, superato il vallo difensivo, tendono a diffondersi nel
parenchima circostante e riprendono " a pieno ritmo " la loro attività metabolica. A
seguito della diffusione nel parenchima circostante si formano le classiche lesioni
tubercolari ( caverne ), ciò accade perché in questo momento è il micobatterio ad
avere il " sopravvento ", sfugge al controllo del sistema immunitario che tenta di
circoscriverlo, durante questo tentativo a causa della massiva liberazione di E litici si
verifica una lisi del parenchima di entità tale da determinare la formazione delle
caverne, accompagnata da una compromissione sistemica e da un danno funzionale
dell‘apparato respiratorio .Le pareti della caverna sono costituite da un vallo di
cellule immunitarie e all‘interno sono contenuti bacilli che, nel momento in cui la
caverna viene drenata in una diramazione dell‘albero respiratorio, vengono liberati
nelle vie aeree; possono quindi essere eliminati dal paziente mediante la tosse e le
secrezioni respiratorie, per cui vengono reintrodotti nell‘ambiente rendendo possibile
il contagio di altri soggetti.
- CAUSE DELLA RIPRESA NELL‘ULTIMO DECENNIO
Le cause sono dovute ad un aumento della frazione di popolazione che possiamo
definire immunodepressa o non completamente immunocompetente.
I fattori causali principali sono quindi:
a. Diffusione dell‘infezione da HIV ( aumenta il rischio di sviluppo della malattia
tubercolare perché il sistema immunitario non è efficace nel circoscriverla )
b. Fenomeni di immigrazione da paesi ad alta endemia tubercolare ( che può
spiegare dal punto di vista quantitativo una quota dei casi del mondo
occidentale )
c. Categorie " a rischio " che vivono in condizioni estreme ( Homeless, persone
che vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie )
d. Smantellamento delle strutture di sorveglianza della malattia tubercolare (
sanatori )
e. Nei paesi industrializzati la porzione di soggetti affetti aumenta anche perché
grazie allo sviluppo della medicina, consistente nel miglioramento della terapia
e l‘utilizzo di immunosopressori, teniamo in vita più a lungo persone la cui
immunocompetenza non è comparabile a quella di soggetti normali (
neoplastici, trapiantati, dializzati )
- SINTOMI
La tubercolosi si manifesta con sintomi vaghi e aspecifici:
FEBBRE, TOSSE, DIMAGRIMENTO. Procede lentamente per cui il deterioramento
delle condizioni generali del soggetto è lento.
- LOCALIZZAZIONE
314
La malattia tubercolare, per definizione, è una malattia in primis polmonare; può però
colpire anche altri organi, le forme extrapolmonari sono meno del 15% e colpiscono
il sistema linfatico, la pleura ( in genere la pleurite tubercolare si manifesta in seguito
ad una infezione recente ) , ossa, apparato muscoloscheletrico.
Una forma particolare di tubercolosi è la forma miliare che rappresenta una forma
disseminata in seguito ad infezione recente, quando l‘organismo non ha ancora
montato una risposta immunitaria specifica, che permette una disseminazione del
micobatterio a tutto l‘ambito polmonare o, più spesso, a tutto l‘organismo.
- DIAGNOSI
I fondamenti essenziali sono:
a. ESAME MICROSCOPICO Si esegue la colorazione di Ziehl-Neelsen che sfrutta
le caratteristiche di alcool-acido resistenza della parete per mettere in evidenza i
batteri nell‘escreato/espettorato/nel BAL; si può eseguire su qualunque tipo di
materiale ma è preferibile eseguirlo su materiale respiratorio.Ha dei limiti perché
per vedere i micobatteri al microscopio abbiamo bisogno di una quota minima ( si
calcola che sono visibili nel 55% dei casi, le rimanenti forme sono quelle nelle
quali l‘esame microscopico è negativo ).Ciò serve per discriminare la contagiosità;
si definisce contagioso e si mette in isolamento ospedaliero il paziente con esame
microscopico diretto positivo, e lo si tiene fino a quando non si assiste alla sua
negativizzazione in corso di terapia(può avvenire dopo 2/3/4 settimane di terapia).
b. ESAME COLTURALE Segue l‘esame microscopico e serve a mettere in evidenza
su diversi tipi di terreni ( liquidi/solidi ) i micobatteri; permette quindi di "
recuperare " la quota dei casi in cui i micobatteri non sono presenti all‘esame
diretto ma crescono nell‘esame colturale.Spesso la diagnosi, se il microscopico è
negativo, si fa sulla positività di quest‘esame.Consente inoltre di eseguire
l‘antibiogramma.Il micobatterio ha crescita lenta ( tempo di replicazione di 20
ore). La patogenesi della malattia è quindi lenta e, di conseguenza, anche la
diagnostica è lenta. Spesso occorrono alcune settimane ( almeno 2 o 3 ) per
mettere in evidenza il micobatterio all‘esame colturale ( anche con i metodi più
moderni ) per cui spesso, anche se c‘è un forte sospetto clinico, si deve cominciare
la terapia nonostante la diagnosi non sia certa, in attesa di dati che derivano
dall‘esame colturale.
TERAPIA
Generalmente le grandi malattie batteriche vengono curate con un antibiotico ( sono
rari i casi in cui si utilizzano più farmaci ).La TBC si cura invece con l‘associazione
di più farmaci e questo è l‘unico modo per curarla ( anche se dal punto di vista
metabolico abiamo un " bonaccione " in quanto il micobatterio cresce lentamente e
non ha caratteristiche di particolare virulenza rispetto ad altri agenti patogeni.Farmaci
di prima scelta: ISONIAZIDE
RIFAMPICINA
PIRAZINAMIDE
ETAMBUTOLO
315
Esistono schemi di terapia che prevedono l‘utilizzazione di più farmaci per parecchi
mesi ( vedi lucido ). Oggi si utilizzano 3 o 4 farmaci per i primi due mesi, segue la
fase di consolidamento per i 4 mesi successivi ( 6 mesi in totale ) con almeno due tipi
di questi farmaci.
Si usano ISONIAZIDE e RIFAMPICINA e, per i primi due mesi, si aggiunge
ETAMBUTOLO.
Il fatto che la TBC richieda diversi farmaci ha due razionali:
 Tasso di resistenza spontaneo di tipo cromosomico, insito nella popolazione di
micobatteri, anche quelli che sono mai stati esposti a farmaci. Una piccola
quota ( 10-5/10-6/10-7 ) è cioè resistente a qualunque farmaco che noi
utilizziamo, per un meccanismo di resistenza naturale, per cui utilizzando un
singolo farmaco si ha il fenomeno " fall and rise ":
Somministrando un farmaco contro una popolazione di bacilli mai esposti ( tra
i quali ci sono forme resistenti si seleziona nel tempo la quota resistente per cui
dopo un po‘ di mesi il paziente avrà fallimento o recidiva della malattia
sostenuta da questo ceppo. Usando più farmaci in contemporanea, da un punto
di vista statistico, la possibilità di avere bacilli resistenti cala, infatti la
probabilità totale è data dal prodotto della probabilità di resistenza ai singoli
farmaci, ad esempio: se la resistenza all‘isoniazide è 10-6 è alla rifampicina e
10-8, la popolazione naturalmente resistente in grado di dare recidiva, con
micobatteri resistenti ad entrambi i farmaci, sarà di 10-14.
Questo è un valore estremamente basso ( perché superiore alla quantità di
microrganismi presenti nei polmoni o nella caverna )
 I bacilli si trovano in vari distretti: nei macrofagi ( che hanno alcune
caratteristiche metaboliche ), liberi nelle caverne ( con altre caratteristiche
metaboliche ) e nelle zone di necrosi caseosa ); per cui entra in gioco un
discorso di tipo farmacocinetico, cioè i diversi farmaci servono a raggiungere i
bacilli in tutti i distretti ( per esempio: tirosinamide arriva bene a livello
intracellulare e la rifampicina è attiva nelle zone di necrosi caseosa )
TBC E INFEZIONE DA HIV
L‘infezione da HIV è uno dei fattori che aumentano il rischio perché altera la
capacità del sistema immunitario e la probabilità di sviluppare la malattia passa dal
10 al 30%.In molti paesi dove c‘è la diffusione dell‘HIV, la TBC ha una incidenza
elevata ( specialmente nei paesi dell‘Africa ).La TBC rappresenta la prima causa di
morte nei pazienti affetti da HIV.Nei soggetti con l‘infezione da HIV la TBC può
avere caratteristiche diverse a seconda del livello di competenza immunitaria. Nei
pazienti con un numero di CD4 abbastanza ben conservato ( maggiore di 200/300 ) le
caratteristiche cliniche si sovrappongono a quelle del soggetto immunocompetente.
Nel paziente immunodepresso, la mancanza di componenti immunitarie in grado di
mettere in atto una reattività granulomatosa, sono presenti caratteristiche
istopatologiche, cliniche e radiologiche attutite ( il paziente non riesce a bloccare il
micobatterio, in quanto non ha reattività sufficiente ) quindi la potologia si presenta
in modo anomalo, con quadri aspecifici che non hanno nulla della tubercolosi classica
316
( TBC a lastra negativa e quadri istopatologici nei quali non si riconoscono le
caratteristiche del granuloma ). Ciò causa problemi di diagnosi.
FARMACI
Si differenziano in Farmaci di 1a scelta e Farmaci di 2a scelta:
 1a SCELTA
A. ISONIAZIDE
Mecc d‘ ingresso: l‘ INI dovrebbe avere dei problemi di passaggio perche‘ ai PH alti
del sangue la molecola è in forma tautomerica. Pero‘ l‘ INI tende a formare 1 chelato
con alcuni ioni metallici in particolare col rame Cu++ che forma 1 chelato con 2
molecole di INI , riuscendo cosi‘ ad entrare nella parete lipofila del micobatterio. Una
volta entrata il chelato si dissocia e l‘ INI è attiva
Mecc d‘ azione: l‘ INI blocca la sintesi degli acidi micolici(ac. Grassi) necessari x il
neo micobatterio, bloccando l‘ enzima ENOILACIL REDUTTASI, legandosi al suo
coenzima NAD+
Tox: reaz. di ipersensibilizzazione (febbre, rash cutanei, ittero), nevriti periferiche
(xcio‘ si associa alla piridossina-vit B6), reazioni ematologiche(agranulocitosi,
anemia), dolori artritici, Epatotoxicita‘(necrosi del fegato dovuta a 1 metabolita
epatotoxico: l‘acetilidrazina)
B. RIFAMPICINA
E‘ 1 antibiotico inibitore della sintesi dell‘ RNA batterico, inibendo l‘ attivita‘ della
RNA-polimerasi DNA-dipendente
tox: potente induttore degli enzimi microsomiali epatici (p450), colorazione rossoarancio dei liquidi, febbre, nausea, vomito, rash cutanei, epatite( specie in anziani e
alcolizzati), controindicato in gravidanza
C. ETAMBUTOLO
Agisce sulla sintesi della parete del Micobatt, inpedendo l‘ incorporazione degli Ac
micolici con i polimeri glicidici
tox: disturbi della capacita‘visiva o neurite ottica dose dipendente (si perde la
capacita‘ di distinguere il rosso dal verde), febbre, rash cutanei, disturbi g.i.,dolori
articolari , iperuricemia
D. PIRAZANAMMIDE(e il suo profarmaco la MORFAZINAMMIDE) agisce liberando l‘ acido pirazinoico che ha attivita‘ battericida
tox: epatotox, febbre, ittero, nausea, vomito, dolori articolari, iperuricemia (gotta)
E. STREPTOMICINA
E‘ un ant amminoglicosidico inibitore della subunita‘ 30s
tox: ototoxicita‘( vertigini, perdita dell‘udito), nefrotoxicita‘, febbre, rash cutanei,
neurotoxicita‘
317
 2a SCELTA
A. ETIONAMIDE
Inibisce la sintesi degli acidi micolici inportanti x la parete del micobatterio
tox: irritazione gastrica, neurotoxicita‘(ridotta con piridossina-vit B6), epatotoxicita‘
B. ACIDO para AMMINO SALICILICO
E‘ un inibitore reversibile della diidropteroato sintetasi del micobatterio t. con
antagonismo competitivo x il PABA
tox: irritazioni g.i., anoressia, nausea, diarrea, ulcera peptica, lesioni renali o
epatiche, gozzo( alterazione della tiroide), acidosi metabolica, febbre, dolori
articolari, eruzioni cutanee, adenopatia e granulocitopenia
C.
D.
E.
F.
G.
H.
I.
J.
KANAMICINA
tox: come streptomicina
AMIKACINA : //
//
//
//
CAPREOMICINA
CICLOSERINA
] vedi ANTIBIOTICI
CIPROFLOXACINA chinolone
OFLOXACINA chinolone
RIFABUTINA ansamicina
TIOCARLIDE è un derivato tiosemicarbazonico che sembra inibire la sintesi
degli acidi micolici. È ben assorbito x via orale. Provoca nausea, vomito,
anoressia, neutropenia, rush cutanei
K. VIOMICINA è usato x trattare i micobatteri come 2a scelta. È di origine naturale
dallo streptomices puniceus. Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale.
Crea neuriti dell‘ 8° paio e nefrotossicità e ha uno scarso assorbimento x via
orale
2.ANTILEBBRA
A. SOLFONI
Sono inibitori reversibili della diidropteroato sintetasi del micobatterio lepris con
antagonismo competitivo x il PABA
- DAPSONE- ACEDAPSONE
tox: emolisi(alte dosi),disturbi g.i., metaemoglobulinemia, febbre, prurito, rash
cutanei, eritema nodoso leproso(dovuto alla lebbra)
B. RIFAMPICINA:
Tox:vedi antitubercolari
C. CLOFAZIMINA
Si lega al DNA del batterio e ne inibisce le funzioni di stampo con attivita‘
lentamente battericida
tox: decolorazione della cute (dal rosso scuro al nero), intolleranza g.i.
318
6
ANTISETTICI URINARI
E UROLOGICI
TRATTAZIONE DELLE INFEZIONI DELL’ APPARATO URINARIO
Definizione di INFEZIONE URINARIA: condizione in cui alcuni batteri (che in
genere appartengono a classi ben precise) sono presenti e si moltiplicano nelle urine.
Il semplice ritrovamento di specie microbiche nelle urine non è un criterio clinico di
infezione. Ad es. se prendo un barattolo da urocoltura e lo lascio lì per un‘intera
notte, i batteri si moltiplicano nel barattolo perché ci sono condizioni che facilitano
ciò, ma questo non è indice di infezione. Dobbiamo invece avere la prova della
moltiplicazione di batteri all‘interno dell‘organismo.
Nell‘apparato urinario distinguiamo un orifizio di partenza, il meato uretrale, e un
punto di arrivo, il rene.
Possiamo distinguere infezioni delle alte e delle basse vie urinarie.
INFEZIONI DELLE BASSE VIE URINARIE--> sono le più frequenti in assoluto, e
comprendono:
 uretrite:infiammazione uretra distale, può essere aspecifica oppure legata a un
germe particolare, come il Gonococco.
 sindrome ureterale acuta
 cistite: la più frequente, soprattutto nelle donne
 prostatite ed epididimite
INFEZIONI DELLE ALTE VIE URINARIE-> colpiscono il rene:
 pielonefrite acuta
 pielonefrite cronica: non obbligatoriamente segue a infezione acuta, ma se ne
può fare diagnosi "ab initio"(seguono a infezioni acute clinicamente silenti e
che sono perciò passate inosservate)
Possiamo anche usare un altro criterio di classificazione:
1)INFEZIONI NON COMPLICATE:cistite in donna non gravida, in assenza di
alterazioni neurologiche o anatomiche del tratto delle vie urinarie-->comprende circa
l‘80% degli episodi
2)INFEZIONI COMPLICATE:
 tutte quelle che colpiscono bambini, maschi adulti (ad eccezione dell‘uretrite),
donne gravide
 situazioni in cui aumenta il volume residuo(= quantità di urina che rimane
stazionaria in vescica dopo la minzione spontanea), presenza di ostruzione (per
malformazioni anatomiche, disturbi funzionali, o altre situazioni cliniche come
la calcolosi), o catetere, o corpi estranei, diabete.
CLASSIFICAZIONE DELLE INFEZIONI DEL TRATTO URINARIO
1)Non complicate--> sono la > parte, sopr. nelle donne:
 apparato urinario normale
319
 funzione renale normale
2)Complicate:
 anormalità tratto urinario ( calcoli, reflusso vescico-ureterale, nefropatia da
reflusso, nefropatia da analgesici, ostruzione, paraplegia, catetere, vescica
atonica)
 compromissione delle difese dell‘ospite (neutropenia, terapia
immunosoppressiva, diabete)
 compromissione della funzione renale
 microrganismi virulenti
 tutti i maschi
FISIOPATOLOGIA
L‘infezione può avvenire per via:
 ascendente--> la più comune, i microrganismi partono dall‘orifizio dell‘uretra e
risalgono verso il rene
 ematogena--> per sepsi o batteriemia importante legata a focolai a distanza che
riforniscono il torrente circolatorio di cariche ripetute di germi, che possono
arrivare alle strutture anatomiche del nefrone, pabulum molto gradito, e dare
ascessi renali (poco frequenti, ma molto importanti dal punto di vista clinico
per la loro gravità)
 linfatica--> (difficile da dimostrare, forse non rilevante, molti non vi credono)
a partenza da tratto genitourinario o più facilmente da tratto gastrointestinale
Determinanti dell’infezione:
1)fattori genetici--> predisposizione legata alla condizione delle mucose (integrità,
presenza di recettori per il microrganismo) e al rapporto tra l‘ospite e il
microrganismo (es. stipiti dotati di fattori d‘adesione)
2)entità dell‘inoculo--> se arrivano pochi germi, si riesce a contenere l‘assalto con i
poteri di difesa delle mucose oppure con il lavaggio meccanico da parte dell‘urina;
quando si supera una soglia critica, si ha infezione indipendentemente da fattori
genetici e immunologici
3)virulenza del germe--> alcuni germi non danno mai infezioni delle vie urinarie; E.
coli è in assoluto il più rappresentato nelle colture da soggetti infetti (circa 80% casi),
ma solo alcuni ceppi di E. coli dotati di particolare virulenza sono patogeni
4)meccanismi di difesa:
 svuotamento vescica: se non avviene frequentemente, l‘urina staziona più a
lungo e i germi hanno più tempo a disposizione per replicarsi e possono
sfruttare maggiormente sostanze presenti in vescica utili per la loro vita
 apporto idrico: se è scarso, si ha ritenzione idrica relativa, si urina meno e si
aggrava il meccanismo precedente
 minzioni frequenti
 efficienza valvola vescico-ureterale: l‘uretere entra in vescica con una
particolare angolazione e ha uno sfintere (più funzionale che anatomico) che
impedisce il reflusso. Questa capacità dello sfintere si ottiene con la
maturazione dell‘organismo, generalmente nell‘arco di alcuni mesi. Molte
320
bambine lattanti hanno atonia di questo sfintere, per cui molto facilmente
germi da vescica possono risalire in uretere determinando pielonefriti anche
importanti
 lunghezza dell‘uretra: quella maschile è più lunga, ciò costituisce un fattore
protettivo
 flora vaginale: se non è ben bilanciata e si ha preponderanza di alcune specie
microbiche, si ha squilibrio e più facilmente colonizzazione da germi virulenti
 gravidanza: problemi legati a situazione meccanica (peso dell‘utero gravido su
vescica, con compressione e alterazione dei normali rapporti idraulici--> si
creano facilmente condizioni di ristagno) e ormonale. L‘infezione in
gravidanza è particolarmente importante, per i suoi riflessi sulla salute della
madre e sulla gravidanza stessa
5)anomalie urinarie:
 ostruzione: i calcoli sono frequentemente legati a infezioni delle vie urinarie,
perché spesso nelle loro concrezioni trattengono detriti cellulari o composti
chimici favorevoli per il metabolismo microbico
 riflesso vescico-ureterale
 incompleto svuotamento vescicale
 corpi estranei: non dimenticarli, perché sono abb. frequenti e perché spesso il
paziente non ne segnala la presenza per vergogna
6)diabete mellito--> influenza i meccanismi difensivi dell‘organismo, altera le
funzioni immunologiche, può essere presente glicosuria (glucoso che viene utilizzato
dai batteri). Nel diabetico le infezioni delle vie urinarie sono le più frequenti dopo
quelle cutanee.
EPIDEMIOLOGIA
Importanti fattori sono età e sesso.
 bambini <1 anno: le infezioni delle vie urinarie sono relativamente frequenti,
per immaturità funzionale e alterazioni anatomiche: prevalenza 1%, uguale per
maschi e femmine
 bambini fino a 5 anni:femmine 4-5%, maschi 1%, per anomalie funzionali o
congenite
 età sessualmente attiva (18-40 anni): femmine 20%, maschi 0,5-1%. Si ha una
notevole differenza fra i due sessi, perché per motivi anatomici il rapporto
sessuale è uno dei fattori chiave nel determinismo dell‘infezione nella donna
 40-60 anni: femmine 40%, maschi 20% (ipertrofia prostatica predispone
all‘ostruzione)
 >60 anni: femmine = maschi (cateterismo, ospedalizzazione, diabete)
SINTOMATOLOGIA
Infezioni asintomatiche:
 1-2% bimbe (mangiano meno, piangono frequentemente senza motivo ma non
sanno localizzare il sintomo)
 3-5% donne adulte
 0,5% maschi adulti
321
2-18% donne gravide
Infezioni sintomatiche:
1)febbre--> talvolta raggiunge brutalmente 38-40°
2)dolore lombare--> simile a coltellata nella schiena
3)brivido squassante
4)disuria--> difficoltà a urinare
5)minzione imperiosa--> bisogno impellente di mingere
6)pollachiuria
7)dolore sovrapubico
8) febbricola
1)+2)+3) sono i sintomi tipici
Nei maschi: idem+:
9)minzione in due tempi--> si inizia a urinare, improvvisamente si ha blocco del
getto, che poi riprende fino alla fine della minzione
10)diminuzione della potenza del mitto--> il paziente si lamenta di "urinarsi sulle
scarpe"; si ha soprattutto in anziani, in cui si hanno anche problemi prostatici
11) dolore perineale
DIAGNOSI: (clinica+ conferma con tecniche di laboratorio)
1) sospetto clinico--> anamnesi + EO mi possono dare 70% diagnosi
2) ispezione urina--> se torbida, sospetto infezione delle vie urinarie. Soprattutto per
gli uomini è meglio usare due bicchieri, per raccogliere urine a inizio e fine minzione:
in entrambi possono essere torbide, opache, con corpuscoli che viaggiano.
3)dipstick--> valuto pH e altri parametri, sopr. esterasi (indicatore del metabolismo
dei batteri), osservo viraggio del colore della cartina.
Tutto ciò può essere fatto in ambulatorio, semplicemente visitando il paziente.
4)urocoltura: da eseguire sempre in caso di:
 infezione alte vie: per la gravità (febbre alta, dolore lombare) è importante
cercare di capire la specie microbica responsabile, per orientare la terapia
antibiotica, che deve essere energica
 infezioni complicate
 infezioni ricorrenti (eccetto quelle legate all‘attività sessuale)
 gravidanza: per la gravità, perché il trattamento dev‘essere guidato
dall‘antibiogramma, per scegliere antibiotici non lesivi sul prodotto del
concepimento
 prima e dopo manovre urologiche
 dopo rimozione di catetere a dimora
E‘ importante usare una tecnica adeguata--> detersione meato uretrale esterno, con
garze imbevute prima di sapone e poi di soluzione antisettica; per evitare
contaminazione del mitto è necessario aprire lievemente grandi labbra, prepuzio
retratto nei maschi.
Interpretazione del risultato:
 un tempo: >106 CFU/ml
322
 poi: >104 CFU/ml
 oggi: donne con piuria (urina torbida) e sintomi >10² un solo ceppo; uomini
>10³
5)esame urine : piuria: >10 elementi microbici/mm³
6)emocoltura--> in caso di ascesso renale, pielonefrite acuta, in cui c‘è sepsi
consensuale; è positiva in 30% pazienti con pielonefrite acuta
7)studi urologici--> indicati in infezioni ripetute, complicate, sospetto anormalità
urologica,sospetto ostruzione:
 ecografia: vede ostruzione, si fa dopo 72 ore dal momento in cui il paziente
non migliora
 TC: vede ascesso, si fa dopo 72 ore
 urografia per via perfusionale: nei casi più complicati
TERAPIA
1)infezioni non complicate: penicilline o chinolonici per os per 3 giorni
2)infezioni complicate si tratta per 7-14 gg., 12 settimane in prostatite cronica o
pielonefrite cronica (la loro sterilizzazione richiede anche mesi di terapia)
FARMACI:
1. ANTISETTICI URINARI
A. METENAMINA
Libera in ambiente acido aldeide formica ( con attivita‘ battericida) e ioni ammonio.
E‘ pero‘1 agente alchilante
tox: Irritante, disturbi g.i., albuminuria, ematuria, eruzioni cutanee
B. DERIVATI NITROFURANICI
Interferisce con gli enzimi e il DNA batterico
- NITROFURANTOINA:( si acidificano le urine x potenziarne l‘azione –la
molecola è ionizzata a ph alcalino e non agisce pechè non passa le membrane) Interferisce con gli enzimi e il DNA batterico tox: colorazione bruna delle urine,
disturbi g.i. ( nausea, vomito), neurite periferica, tox polmonare con pleurite e
polmoniti acute, anemia emolitica ( in pazienti con deficit della glucosio 6 fosfato
deidrogenasi). E‘ mutageno e oncogeno
- NIFURTOINOLO
C. ACIDO NALIDISSICO E CHINOLONICI
- ACIDO OSSOLINICO
- ACIDO PIPEMIDICO
- ACIDO PIROMIDICO
- CINOXACINA
Sono inibitori della DNA girasi batterica , interagendo col sito A
323
tox disturbi al SNC(sonnolenza), nefrotoxicita‘(cristalluria), tox a livello delle
cartilagine ossea. Agiscono solo contro GRAM - .
D. COTRIMOSSAZOLO (SULFAMETOSSAZOLO + TRIMETOPRIM)
(BACTRIM)
E‘ un associazione di 2 farmaci che agiscono entrambi inibendo la stessa via
metabolica di sintesi del tetraidrofolato nei batteri:
- trimetoprim: inibitore della diidrofolato reduttasi batterica + sulfametoxazolo:
inibitore della diidro-pteroato sintetasi batterica
tox: rash cutanei, nausea, vomito, stomatite, anemia megaloblastica, leucopenia,
trombocitopenia, febbre
E. FOSFOMICINA antibiotico che blocca la sintesi della parete batterica
2. FARMACI USATI NELLE DISFUNZIONI ERETTILI
- ALPROSTADIL è 1 prostaglandina ad azione vasodilatante e antiaggregante
piastrinica
- PAPAVERINA(iniezione intracavernosa) Inibisce le AMPc-fosfodiesterasi
cellulari della muscolatura liscia, inibisce la mobilizzazione di Ca++, aumenta l‘
attivita‘ purinergica)
- YOHIMBINA alfa 2 antagonista adrenergici
- SILDENAFIL inibitore delle PDE V( fosfodiesterasi 5 della via dell‘ NO-sintasi
(vedi tratt.angina p.)) aumentando i livelli citoplasmatici di GMPc , con la
conseguente attivazione di 1 protein chinasi G (PKG) che a sua volta attiva i
fosfolambani associati alla pompa Ca++-ATPasi del reticolo sarcoplasmatico , che
aumentano l‘ estrusione (fuoriuscita) di Ca++ dal citosol , con 1 brusca caduta
della [Ca++] intracell e quindi rilassamento delle cellule muscolari lisce delle
vene e delle arterie.
- VARDENAFIL inibitore delle PDE V( fosfodiesterasi 5) Il Vardenafil è un
potente e selettivo inibitore della fosfodiesterasi-5 (PDE-5). Ad oggi sono stati
compiuti 8 studi clinici di fase III , che hanno coinvolto circa 4.000 pazienti. In
uno studio pilota di fase II, il Vardenafil ha prodotto miglioramenti statisticamente
significativi nella funzione erettile verso placebo con un'efficacia superiore
all'85%. Si ritiene che la disfunzione erettile interessi più della metà degli uomini
di età superiore ai 40 anni. Nel mondo sarebbero 140 milioni le persone che ne
soffrono, ma solo 20 milioni ricevono ad oggi un trattamento medico. Ventun
pazienti con disfunzione erettile sono stati randomizzati a ricevere il Vardenafil,
20 mg e 40 mg. Le concentrazioni plasmatiche del Vardenafil sono aumentate in
modo significativo rapidamente, con un tmax di 40 minuti ed un t ½ di 4,4-4,8
ore. La biodisponibilità relativa è stata leggermente più alta con il dosaggio di 40
mg, rispetto ai 20 mg. Entrambi i trattamenti con i due dosaggi di Vardenafil sono
324
risultati ben tollerati sebbene ci sia stato un leggero aumento degli effetti
indesiderati (cefalea, rossore al volto, e congestione nasale) con la formulazione di
40 mg. Pertanto gli Autori hanno concluso affermando che il Vardenafil è in grado
di produrre sotto stimolazione sessuale visiva una maggiore erezione e di più
lunga durata rispetto al placebo nei pazienti con disfunzione erettile.
- TADALAFIL è la nuova molecola messa a punto dalla Ely Lilli per far
concorrenza alle celebri ―losanghe blu‖ della Pfizer (Sildenafil), dal momento che
promette di agire per molte ore dall'assunzione (36), evitando così a chi ne fa uso
di doversi fermare giusto un attimo prima del rapporto per prendere la pillola! La
Food and Drug Administration l'ha accettata dopo i risultati ottenuti su circa 350
volontari in 36 ospedali europei e statunitensi. I partecipanti al trial, infatti, hanno
assunto ogni giorno 20 milligrammi di Tadalafil o di placebo per due mesi. I dati
registrati lasciano pochi dubbi: mentre sei su dieci di coloro che hanno preso il
farmaco sono stati in grado di avere rapporti a 24 e 36 ore di distanza, solo tre su
dieci tra chi ha preso un placebo ce l'hanno fatta. In più la molecola a quelle dosi
non raggiunge concentrazioni tossiche nell'organismo e può quindi essere presa
quotidianamente; gli effetti collaterali più comuni sono cefalea, indigestione,
vampate di calore.
3. FARMACI USATI NELL‘ IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA
La prostata è 1 organo muscolo-connettivale ghiandolare contiguo all‘ apparato
genitale maschile , in cui sono contenute una trentina di ghiandole i cui dotti
escretori sboccano nel primo tratto dell‘ uretra. L‘ ipertrofia protatica benigna è una
patologia in cui la prostata si presenta aumentata di volume per la presenza di un
adenoma di dimensioni variabili. Il soggetto lamenta vari sintomi: di dover urinare
spesso (pollachiurìa); ritardo nell‘ emissione dell‘ urina; il getto urinario è deviato;
Tutti questi sintomi sono dovuti alla compressione esercitata dall‘ adenoma sull‘
uretra, con difficoltà a svuotare completamente la vescica (ciò può favorire infezioni
urinarie, con bruciore durante la minzione, cioè Stranguria). Si può curare in vari
modi:
A. ANTAGONISTI ALFA 1 ADRENERGICI rilassano la muscolatura liscia della
prostata, facilitando l‘ estrusione dell‘ urina e migliorando la sintomatologia
ostruttiva. Gli effetti indesiderati sono : sonnolenza, vertigini, ipotensione
posturale, astenia, depressione, cefalea, xerostomia, disturbi dell‘erezione,
tachicardia e palpitazioni. Siccome sono degli ipotensivi alla prima dose
potrebbero provocare 1 collasso dovuto all‘ effetto ipotensivo: si consiglia di
avvertire ai pazienti di sdraiarsi appena compaiono sintomi come vertigini,
astenia o sudorazione.
- ALFUZOSINA
- TAMSULOSINA
- DOXAZOSINA
325
- INDORAMINA
- PRAZOSINA
- TERAZOSINA
B. INIBITORI DEL TESTOSTERONE-5-ALFA-REDUTTASI enzima responsabile
della trasformazione intracellulare del testosterone in diidrotestosterone, che
ipertrofizza la prostata tramite stimolazione proliferativa sulle parti
immediatamente sottocorticali della ghiandola prostatica. Esistono ben 2 isoforme
dell‘ enzima 5 alfa reduttasi: Quella di tipo 1 è presente nella cute non genitale,
quella di tipo 2 nel tratto urogenitale mashile e nei follicoli piliferi. La finasteride
posiede maggiore affinità di oltre 100 volte x la reduttasi di tipo 2 rispetto a
quella di tipo 1.
- FINASTERIDE è 1 steroide sintetico; possiede maggiore affinità di oltre 100
volte x la reduttasi di tipo 2 rispetto a quella di tipo 1, x cui è usato per l‘
iperplasia prostatica benigna alla dose di 5 mg; si usa anche (alla dose di 1 mg)
per trattare l‘ alopecia androgenica negli uomini di età compresa tra i 18 e i 41
anni. L‘ effetto collaterale maggiore è di provocare disfunzione erettile con
diminuzione della libido.
- SERENOA REPENS (REPENTINA) oltre a inibire la 5-alfa reduttasi, ha anche 1
azione antiedemigena ed è 1 antagonista competitivo sui recettori prostatici x il
diidrotestosterone
- DUTASTERIDE ( Avodart ) approvata x il trattamento dell'ipertrofia prostatica.
La Dutasteride si differenzia dalla Finasteride ( Proscar ) per essere il primo
inibitore della 5-alfa reduttasi in grado di inibire entrambi gli enzimi ( isoenzima
di tipo 1 e di tipo 2 ) che convertono il testosterone in diidrotestosterone ( DHT ) a
livello prostatico e di altri tessuti. La Dutasteride riduce i livelli di DHT del 90%.
Studi clinici, che hanno coinvolto più di 4.300 pazienti per 2 anni, hanno mostrato
che il farmaco è in grado di ridurre il rischio di incapacità ad urinare del 57% e la
necessità a sottoporsi ad operazione chirurgica del 48%. Gli effetti indesiderati
sono risultati lievi-moderati. Nel 4,7% degli uomini che hanno fatto uso della
Dutasteride si è osservata impotenza e nel 3% calo della libido. Si sono , inoltre ,
presentati : disturbi di eiaculazione e ginecomastia.
C. ALTRI
- MEPARTRICINA è 1 derivato sintetico di 1 antibiotico a struttura polienica che
altera la permeabilita‘ della membrana citoplasmatica sia dei funghi che del
trichomonas combinandosi con gli steroidi di membrana. E‘ usato pure nel
trattamento dell‘ iperplasia prostatica benigna, xchè si combina reversibilmente
con gli steroidi presenti nell‘ intestino e soggetti a circolo entero-epatico, con
riduzione della deplezione di colesterolo e di androgeni negli acidi ghiandolari
della prostata (effetto favorevole)
326
- PYGEUM AFRICANUM
-
-
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-
4. ANTISPASTICI URINARI (PER L‘INCONTINENZA URINARIA)
FLAVOXATO esplica un‘ azione anticolinergica sui recettori muscarinici del
tratto urinario; inibisce le fosfodiesterasi ed è anche 1 Ca++-antagonista (rilassa la
muscolatura liscia della vescica). Si associa spesso ad un antinfiammatorio (come
il propilfenazone) per trattare algie pelviche, dismenorrea, ipertonia. Da solo il
flavoxato si usa x la pollachiuria, incontinenza urinaria, disuria, spasmi vescicali
dovuti a cateterismo. Dona una leggera sonnolenza, disturbi della vista,
tachicardia.
OXIBUTININA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici
dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; Si usa x la pollachiuria e
l‘incontinenza urinaria, disuria, spasmi vescicali dovuti a cateterismo e x l‘enuresi
notturna negli adulti anziani
TOLTERADINA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici
dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; Si usa x la pollachiuria e
l‘incontinenza urinaria negli adulti anziani
PROPIVERINA Inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici
dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario;
PROPANTELINA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici
periferici dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; si usa x l‘enuresi
notturna negli adulti anziani
TROSPIO (Uraplex ) usato x il trattamento dell'instabilità del muscolo detrusore o
iperriflessia del muscolo detrusore, con i sintomi di frequenza urinaria, minzione
impellente e incontinenza da minzione impellente. Proprietà farmacologiche: Il
trospio cloruro è un derivato ammonico quaternario che blocca in modo non
selettivo i recettori muscarinici. Dopo somministrazione orale, i livelli plasmatici
massimi vengono raggiunti dopo 4-6 ore. Il trospio viene eliminato con le urine
come farmaco immodificato; solo una piccola parte (10%) è presente nell'urina
sotto forma di spiroalcool, un metabolita formato dall'idrolisi dell'estere. L'emivita
di eliminazione è compresa tra le 10 e le 20 ore. Nei pazienti con insufficienza
renale grave (clearance della creatinina 8-32 ml/min) l'emivita aumenta di due
volte. Efficacia clinica: L'instabilità del detrusore è la causa dell'incontinenza
urinaria in un terzo delle donne e in circa la metà degli uomini che ne sono affetti.
Questa condizione è caratterizzata da contrazioni involontarie della vescica che si
traducono in un bisogno urgente e incoercibile di urinare e, spesso, in
incontinenza. Quando il problema è grave, la minzione può avvenire in modo
precipitoso alla prima sensazione di pienezza vescicale. Si parla di "iperriflessia
del detrusore" quando l'instabilità vescicale si associa con una malattia
neurologica (accidenti cerebrovascolari, lesioni del midollo, sclerosi a placche,
ecc.). I trattamenti dell'instabilità del detrusore si basano sulla riabilitazione
vescicale e la fisioterapia, sulla terapia farmacologica (ossibutinina e tolterodina)
e, da ultimo, sull'intervento chirurgico. Gli studi controllati, randomizzati, condotti
327
-
sul trospio cloruro e pubblicati integralmente, come principale criterio di
valutazione di efficacia hanno adottato i parametri urodinamici (es. capacità
vescicale massimale, pressione uretrale, compliance vescicale, volume residuo
post-minzionale) e non le percentuali di guarigione o il miglioramento dei sintomi
(es. numero di minzioni imperiose). In due studi in doppio cieco (su un totale di
517 pazienti), il trospio (20 mg x 2/die per 3 settimane) ha migliorato in termini
significativi il quadro urodinamico complessivo rispetto al placebo. In un altro
studio di breve durata (2 settimane) realizzato su 95 pazienti con iperriflessia del
detrusore, trospio (20 mg x 2/die) e ossibutinina (5 mg x 3/die) hanno prodotto lo
stesso miglioramento dei parametri urodinamici. Due studi condotti su pazienti
con incontinenza da urgenza minzionale risultano pubblicati solo sotto forma di
abstract. Nel primo, della durata di 52 settimane, il trospio cloruro (20mg x2/die)
si è dimostrato simile alla ossibutinina (5 mg x2/die) nel ridurre la frequenza delle
minzioni, ma meglio tollerato 6. Nel secondo studio, della durata di 3 settimane, il
trospio è risultato pari alla tolterodina (2 mg x2/die) nel diminuire la frequenza
delle minzioni, ma superiore nel migliorare gli episodi di incontinenza. Effetti
indesiderati: I principali effetti indesiderati del trospio cloruro sono, ovviamente,
di tipo anticolinergico; la xerostomia è stato il disturbo più frequentemente
riportato negli studi clinici con una incidenza variabile dal 6% al 41%. Nello
studio di confronto con l'ossibutinina condotto sul breve periodo, un minor
numero di pazienti trattati con trospio ha lamentato secchezza della bocca grave
(4% vs. 23%) o ha sospeso il trattamento a causa degli effetti indesiderati (6% vs.
16%)5. Nel secondo studio comparativo con l'ossibutinina, della durata di un anno,
ad eccezione della secchezza della bocca risultata più bassa (25% vs. 44%),
l'incidenza degli altri effetti indesiderati di tipo anticolinergico è stata simile:
stitichezza (6% vs 3%), dispepsia (5% vs. 4%), disturbi dell'accomodazione (3%
vs. 3%). Dosaggio: La dose raccomandata dalla ditta produttrice è di 20 mg 2
volte al giorno. La compressa deve essere assunta a stomaco vuoto, prima dei pasti
con un bicchiere d'acqua. L'assunzione contemporanea con gli alimenti, specie se
ad elevato contenuto lipidico, riduce del 15-20% la biodisponibilità del trospio.
AMITRIPTALINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle
amine biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini
IMIPRAMINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle amine
biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini
NORTRIPTILINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle amine
biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini
DESMOPRESSINA analogo della Vasopressina usato x l‘enuresi notturna nei
bambini
5. SOLVENTI DEI CALCOLI URINARI
- KALNACITRATO elevando il pH dell‘ urina a valori adeguati (6,4 \ 7)e
mantenendolo x un tempo abbastanza protratto riesce ad ottenere la dissoluzione
dei calcoli di acido urico presenti e a prevenirne la formazione
328
- TERPENI
6. FARMACI CHE MODIFICANO IL pH DELLE URINE
Con questi farmaci è possibile ottenere una variazione di pH in un range compreso
fra 5 e 8.5.
A. Agenti che aumentano il pH urinario
Sono il citrato di sodio o di potassio: vengono metabolizzati ed i cationi vengono
eliminati come bicarbonati che alcalinizzano le urine. Questo effetto può aumentare
l‘azione di certi antibiotici, come la streptomicina; inoltre l‘alcalinizzazione stessa
delle urine determina un certo potere antibatterico diminuendo l‘irritazione e
l‘infiammazione delle vie urinarie. L‘alcalinizzazione dell‘urina previene la
cristallizzazione di certi farmaci, come i sulfamidici, e previene la formazione di
calcoli di acido urico e di cistina. I farmaci composti da acidi deboli (aspirina,
salicilati ed alcuni barbiturici) vengono maggiormente escreti.
B. Agenti che diminuiscono il pH urinario.
Questo effetto si può ottenere con il cloruro di ammonio: viene utilizzato anche
nell‘acidosi metabolica in cui è controindicato il cloruro di sodio se il paziente è
edematoso. È controindicato nell‘insufficienza epatica dove può dare origine
all‘encefalopatia.
7
ANTITUMORALI
STORIA NATURALE DEI TUMORI
Ci sono molte definizioni di tumore; sostanzialmente la maggior parte delle
definizioni sottolinea il fatto che il cancro è la proliferazione di un ammasso cellulare
neoformato che non sottostà più alle regole dei tessuti che lo ospitano mentre in
maniera progressiva e disordinata li invade e li infiltra. Altre definizioni pongono
l‘accento sul fatto che le cellule tumorali hanno perduto in parte o totalmente ed in
maniera irreversibile le capacità funzionali che svolgevano correttamente quando
erano cellule sane, mentre ne hanno acquistate di nuove come ad esempio la capacità
di riprodursi ed attecchire anche in tessuti lontani da quello nativo, oppure ancora la
capacità di produrre proteine e sostanze totalmente nuove o diverse da quelle che
avrebbero dovuto fabbricare. Ma in tutti i casi il cancro è sempre riconducibile ad
un’alterazione non riparabile ed irreversibile del genoma cellulare. Questa è
probabilmente l‘autentica definizione di cancro, una definizione capace di
sintetizzare anche il meccanismo etiopatogenetico. Se il danno genetico è lieve la
cellula può essere in grado di ripararlo grazie ad una endonucleasi che escinde il
frammento di DNA danneggiato e alla DNA-polimerasi che riscrive il nuovo
329
frammento corretto copiandolo dal corrispondente indenne dell‘altra elica del DNA;
ma se la cellula mutata si riprodurrà prima di essere riuscita a riparare il danno, essa
replicherà anche il suo DNA sbagliato, trasferendo a tutta la sua discendenza l‘errore
genetico. In questo modo da una singola cellula mutata sarà derivato prima un
clone tumorale e successivamente un tessuto tumorale. Le cause che possono
indurre un danno al patrimonio genetico di una cellula, cioè che possono indurre
un‘alterazione segmentaria del DNA di una cellula, possono essere esterne o interne
alla cellula stessa. Tra le cause intrinseche vanno annoverati tutti i deficit dei sistemi
enzimatici cellulari deputati appunto alla riparazione del DNA. Tra le cause
estrinseche, che sono anche le più frequenti, interessanti e pericolose, vanno invece
annoverate le cause ambientali (agenti chimici e agenti fisici) e le cause virali (virus
oncogeni).
Ma in conclusione, qualunque sia stata la causa mutazionale, se la cellula non ha
potuto autoripararsi e se è sopravvissuta alla mutazione stessa, l‘errore genetico verrà
riprodotto nella discendenza.
Tra le cause extracellulare affascinante è il ruolo di certi virus capaci di inserirsi
totalmente o in parte nel DNA della cellula. I virus sono per definizione incapaci di
replicarsi autonomamente come i batteri e gli altri organismi, per cui si servono della
cellula che parassitano per riprodursi. Ma i virus così detti oncogeni hanno una
marcia in più, cioè posseggono dei geni virali detti v-onc o geni trasformanti, cioè
geni capaci di indurre mutazione. Anche nelle cellule sane per la verità sono stati
scoperti geni simili agli oncogeni virali, che sono stati chiamati c-onc o geni protooncogeni. Come si difendono normalmente le cellule sane? Le cellule hanno altri
geni che esplicano attività repressiva sulla comparsa di alterazioni neoplasti-che:
sono i geni anti-oncogeni o geni repressori del cancro. Da tutto ciò si evince che la
partita della mutazione oncogenetica si combatte su un piano di contrap-posizione e
bilanciamento tra forze onco-inducenti e forze onco-repressive.
Abbiamo detto che una cellula oncologicamente mutata diventa un clone cellulare
capace di replicarsi successivamente e progressivamente per costituire giorno dopo
giorno un tessuto tumorale, cioè un cancro. Un tumore solido diventa clinicamente
evidenziabile quando le cellule che lo costituiscono hanno raggiunto il numero di
almeno un miliardo. I tumori con una popolazione cellulare inferiore al miliardo
sono infatti generalmente asintomatici. Pertanto la comparsa della sintomatologia
clinica ha luogo molto tempo dopo la vera nascita del tumore. E‘ dunque chiaro
come la comparsa della sintomatologia clinica di un tumore non coincide con la
nascita di questo bensì praticamente con la fase terminale della malattia neoplastica
che è stata preceduta da un più o meno lungo periodo di tempo detto periodo di
latenza. Durante tutto il periodo di latenza, che in molti tumori dell‘uomo può durare
anni, il tumore già esiste in quanto aggregazione di cellule neoplastiche in
riproduzione ma non è stato ancora clinicamente individuato. Vorrei che ci
soffermassimo a riflettere bene su questo concetto: quando clinicamente scopriamo il
cancro, probabilmente questo era nato molto ma molto tempo prima ed è rimasto
naturalmente silente per tutto il periodo di latenza.
330
Se allora è vero che il cancro si può vincere solo grazie ad una diagnosi precoce, si
comprende facilmente come ancora più incisiva ed efficace sarebbe la nostra terapia
se riuscissimo ad intervenire non solo in fase di diagnosi clinica precoce ma
addirittura in fase di periodo di latenza. Da qui la necessità di identificare specifici
marcatori neoplastici che ci consentano di individuare il tumore in fase preclinica. In
questo senso si muovono da tempo molte ricerche scientifiche che hanno permesso di
mettere a punto efficaci metodiche di screening come il dosaggio del PSA per i
tumori della prostata, del CA19-9 per alcuni tipi di tumori pancreatici, del DNA
circolante per molti tumori polmonari, ecc. ecc.
Ma come facciamo a studiare la storia naturale dei tumori? Ci soccorre in questo la
cancerogenesi sperimentale, cioè la riproduzione nel modello animale delle fasi di
sviluppo di un cancro.
Il modello animale innanzitutto ci dimostra che la storia naturale del tumore muove
attraverso 3 fasi cronologicamente successive che sono l‘iniziazione, la promozione
e la progressione.
Nel modello di cancerogenesi sperimentale sull‘animale il cancerogeno chimico
destinato a provocare l‘iniziazione del tumore viene somministrato a piccole dosi
subliminali che agiscono con effetti di sommazione nel tempo.
La promozione del tumore si ottiene quando ad una dose non ancora ottimale di
cancerogeno adoperato per l‘iniziazione si va ad aggiungere un‘altra sostanza (di per
sé incapace da sola di indurre tumore) detta co-cancerogeno. Per capire meglio tale
concetto riportiamo un esempio esplicativo: un contadino con la pelle del viso
bruciata dai raggi solari di una vita di duro lavoro nei campi ha subito un processo di
iniziazione cancerosa da parte del sole sulla sua pelle. Infatti la sua pelle, arida,
rugosa e screpolata, presenta tutta una serie di fenomeni pre-cancerosi che vanno
dalla cheratosi attinica, all‘acantosi senile, alla fotocheratite ossidativa, alla
metaplasia squamosa. Un giorno il contadino si ferisce alla fronte con una spina di
rosa; la ferita sembra talora voler guarire coprendosi anche di crosta sottile ma poi si
riulcera e torna a sanguinare in continuazione. Dopo mesi e mesi di questo balletto
viene visitato dal suo medico che fa diagnosi di epitelioma spinocellulare, cioè
―cancro della pelle‖. La ferita accidentale in questo caso è stata l‘agente promotore di
un cancro la cui iniziazione è da attribuire alla prolungata esposizione al sole.
Un altro esempio di iniziazione che citiamo è quello offerto dallo Xeroderma
pigmentosum, una peculiare malattia ereditaria in cui le cellule della cute hanno
guasti quali-quantitativi agli enzimi riparatori del DNA. Orbene in questo caso
l‘azione dei raggi u.v. provoca la mutazione (che non è riparabile a causa del deficit
enzimatico) e conseguentemente l‘insorgenza di un gran numero di epiteliomi baso e
spinocellulari nelle zone cutanee esposte alla luce solare.
Altri esempi di iniziazione sono offerti dal carcinoma epatocellulare e dal carcinoma
del collo dell‘utero. In questi due casi l‘iniziazione neoplastica coincide con
l‘inserzione nel genoma della cellula rispettivamente del fegato e della cervice uterina
di una codificazione genetica errata quale quella del DNA del virus dell‘epatite C o
rispettivamente di un papilloma-virus umano.
331
E la progressione? La progressione del tumore consiste nel superamento della fase
iniziale in cui questo non era capace ancora di espandersi e di metastatizzare a
distanza e coincide con l‘acquisizione da parte delle cellule tumorali della capacità di
stimolare l‘angiogenesi (cioè la produzione di vasi arteriosi nuovi) mediante la
sintesi di TAF (Tumor Angiogenetic Factor) e di diffondere ed attaccarsi a tessuti
lontani mediante la sintesi di molecole ICAM-1 (Intracellular Adhesion Molecules1) capaci di provocare citoadesione.
Come una città che per espandersi correttamente ha bisogno di pianificare
l‘incremento di reti fognarie, reti idriche, strade di collegamento logistico e
quant‘altro, così si comporta anche il tumore; per poter crescere senza ostacoli egli ha
bisogno di assicurarsi nuovi vasi che portino sangue ossigenato e nutrimento alle
grandi masse cellulari in accrescimento; perciò le sue stesse cellule producono TAF,
cioè fattori di stimolo della neovascolarizzazione, sempre presente in un tumore in
crescita. In questa direzione si muovono alcune moderne ricerche di cura del cancro:
riuscire a bloccare la sintesi di TAF per affamare il tumore ed impedirne la crescita
per mancanza di nutrimento. Analogamente ma con effetto meccanico funzionano
tutte quelle terapie che prevedono l‘embolizzazione occlusiva dell‘arteria afferente
selettiva di un tumore.
Uno dei tumori che meglio si prestano allo studio della progressione tumorale è il
melanoma cutaneo, che è l'esempio più classico di progressione neoplastica in
oncologia umana. Durante la prima fase il melanoma è in situ, cioè ha uno sviluppo
circoscritto e orizzontale, con cellule che non hanno ancora capacità invasiva di
penetrazione; nella fase successiva il melanoma si verticalizza mediante la selezione
di cloni cellulari altamente aggressivi, cioè capaci di replicare la malattia a distanza.
Questa capacità invasiva del melanoma si realizza allorché le sue cellule sono in
grado di fabbricare il TAF (cioè il Tumor Angiogenetic Factor che provvede alla
genesi del sistema vascolare della neoformazione stimolando la proliferazione degli
endoteliociti dei vasi limitrofi del connettivo che costituiranno il sistema vascolare
della neoplasia stessa) e le ICAM –1 (Intracellular Adhesion Molecules-1, sostanze
che conferiscono alle cellule tumorali la capacità di aderire a citotipi diversi e di
accrescersi in sedi tissutali lontane). Tale capacità di sintetizzare il TAF e le ICAM –
1, vale a dire i fattori responsabili della penetrazione invasiva e dell‘attecchimento
metastatico a distanza, il melanoma l’acquisisce quando supera lo spessore di 0,75
mm. Ciò spiega l‘importanza prognostica che noi diamo allo spessore del melanoma
calcolato secondo l‘indice di Breslow, al pari se non di più dell‘importanza che
diamo ai livelli istologici di invasione, calcolati secondo Clark.
Le cellule tumorali per crescere hanno bisogno di nutrimento (vasi sanguigni). Fattori
Angiogenetici fanno sì che attorno e dentro il tumore si sviluppino nuovi vasi che
permettono lo sviluppo del tumore che può invadere gli stessi vasi e distribuirsi a
distanza (mts). Su ciò si basa la terapia basata sullo studio di fattori antiangiogenetici.
La chemioterapia non uccide mai tutte le cellule tumorali. Alcune sopravvivono e si
replicano e quindi occorrerà somministrare il secondo ciclo di chemiotrerapia. La
citotossicità dei chemiotrerapici è studiata come legame con l'area sotto la curva
332
(funzione sia del picco che dell'eliminazione del farmaco). La letalità delle cellule
tumorali aumenta con l' aumentare del dosaggio del farmaco. Questo è vero per gli
agenti alchilanti e per la radioterapia (farmaci non ciclo dipendenti). Invece per agenti
ciclo specifici questo però non si verifica (antimetaboliti) perché questi farmaci,
influenzando direttamente la crescita tumorale, fanno sì che la massa tumorale non
avrà + cellule in duplicazione e gli antimetaboliti non avranno + effetto.
SVILUPPO DI RESISTENZA:
È molto + evidente per gli antibiotici, ma avviene anche per gli antivirali e x gli
Antitumorali. Aumentando il volume del tumore e aumentando la probabilità di
sviluppo di resistenze, diminuisce la curabilità del tumore. Gli Antitumorali, per
essere attivi, devono penetrare nelle cellule. La cellula può sviluppare una minore
capacità di captare l‘ antitumorale (minor uptake delle cellule). I farmaci entrano
nelle cellule se non sono carichi, se sono liposolubili e se vi sono pompe o proteine
che trasportano il farmaco nelle cellule. Le cause di resistenza sono:
a. Modificazioni del pH e dei carrier possono dare resistenza.
b. Sviluppo di pompe che portano fuori il farmaco dalle cellule.
c. Modificazioni delle proteine che portano il farmaco nella cellula e i processi
enzimatici che trasformano il farmaco nella forma attiva.
d. Alterazioni delle Topoisomerasi2 o miglioramento di alcuni sistemi di riparazione
del DNA delle cellule.
EFFETTI DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI SULL‘ ORGANISMO UMANO E
SULLA MUTAZIONE CELLULARE
E' ormai noto che gli elettrodomestici, la TV, la radio, i cellulari, i computers, i fax, le
prese di corrente e quant'altro di simile presso le abitazioni ed i luoghi di lavoro
producano campi elettromagnetici di varia intensità, così come è scientificamente
provato che, oltre una determinata soglia ed un determinato tempo di esposizione a
tali onde, l'organismo umano subisce influenze tali che possono modificarne
l'equilibrio cellulare e biologico. Non è raro che le principali cause di spossatezza,
astenia, cefalea, disagi psicologici come ansia, panico o depressione, se non
addirittura alcune forme tumorali, possano avere origine dall'eccessivo assorbimento
di onde elettromagnetiche. Sono pochi i professori, medici, biologi, operatori sanitari
e ricercatori che valutano questo aspetto con l'attenzione che merita, considerato così
importante per la salute pubblica da essere oggetto di un comunicato dell'O.M.S.
(Organizzazione Mondiale Sanità) volto a sensibilizzare gli organi competenti a tale
problematica. Una recente sperimentazione di un'industria tedesca produttrice sensori
per la rilevazione di onde elettromagnetiche effettuata su cavie di laboratorio affette
da tumori del sangue e tumori cerebrali, ha evidenziato una migliore risposta
terapeutica nel momento in cui le cavie sono state allontanate dai campi
elettromagnetici ai quali era state precedentemente esposte. Esistono in Italia,
purtroppo in numero estremamente esiguo, alcuni centri diagnostici e di ricerca che,
dotati di apparecchiature idonee alle rilevazioni di cui sopra, analizzano, fra le
333
molteplici cause di numerose patologie, anche cancerogene, l'eventuale possibilità di
eccessiva esposizione ai campi elettromagnetici.
PRINCIPI DI TERAPIA DEI TUMORI
Sommario:
Introduzione
CHIRURGIA
RADIOTERAPIA
CHEMIOTERAPIA
TERAPIA ADIUVANTE E MULTIMODALE
ALTRE MODALITÀ
Terapia endocrina
Modificatori della risposta biologica
Ipertermia e crioterapia
TERAPIA DEGLI EFFETTI COLLATERALI
Nausea e vomito
Citopenia
Altri comuni effetti collaterali
TUMORI NON GUARIBILI
Un trattamento efficace di un tumore richiede l‘eliminazione di tutte le cellule
neoplastiche, sia se la malattia è limitata alla sede primitiva, con estensione
locoregionale, sia se vi sono metastasi in altre regioni del corpo. Le principali
modalità di trattamento sono la chirurgia e la radioterapia (per la malattia locale e
locoregionale) e la chemioterapia (per le forme con diffusione sistemica). Altre
importanti metodiche comprendono la terapia endocrina (per alcuni tipi di neoplasia,
p. es., prostata, mammella, endometrio, fegato), l‘immunoterapia (modificatori della
risposta biologica per incrementare l‘attività citocida endogena del sistema immune e
vaccini tumorali) e termoterapia (crioterapia e ipertermia). La terapia multimodale
associa i vantaggi derivanti da ciascuna metodica.
La definizione clinica dei termini oncologici aiuta a comprendere gli obiettivi e i
progressi della terapia. Per una possibile guarigione, deve essere ottenuta una
remissione o risposta completa, che richiede la scomparsa della malattia clinicamente
evidente. Questo tipo di pazienti potrebbe sembrare guarito ma può ancora avere
cellule neoplastiche vitali che, nel tempo, possono essere causa di recidiva. Una
risposta parziale è una riduzione > 50% del volume della massa o delle masse
tumorali. Una risposta parziale può portare a una palliazione e a un prolungamento
334
della sopravvivenza significativi, ma la ricrescita del tumore è inevitabile. Un
paziente può anche non avere alcuna risposta.
L‘intervallo tra la scomparsa della neoplasia e la recidiva è definito intervallo libero
da malattia o sopravvivenza libera da malattia. Analogamente, la durata della risposta
si misura dalla comparsa della risposta parziale al momento della progressione. La
sopravvivenza è il tempo che va dalla diagnosi al decesso.
CHIRURGIA
La chirurgia rappresenta la più antica forma efficace di terapia del cancro. La
chirurgia con intento curativo richiede che il tumore sia localizzato o abbia una
diffusione locoregionale limitata, in modo da permettere una resezione in blocco. Ciò
si applica in particolare al tumore della vescica, mammella, cervice, colon,
endometrio, laringe e testa-collo, rene, polmone, ovaio e testicolo. Nelle situazioni in
cui non può essere effettuata una resezione in blocco, trattamenti multimodali con
radioterapia, chemioterapia o chemioradioterapia possono ridurre le dimensioni del
tumore, rendendo possibile una resezione chirurgica curativa.
In dettaglio gli aspetti del trattamento chirurgico sono trattati nei capitoli sui tumori
dei singoli organi.
RADIOTERAPIA
La radioterapia viene somministrata secondo varie metodiche. La più comune è
l‘irradiazione esterna con acceleratore lineare, che rilascia elevate percentuali di
fotoni (radiazioni). La radioterapia con fascio di neutroni è utilizzata per alcuni
tumori che hanno un ristretto margine tissutale. La radioterapia con fascio di elettroni
ha una penetrazione nei tessuti piuttosto ridotta ed è maggiormente utilizzata per la
cute o per le neoplasie superficiali. La terapia con protoni, anche se scarsamente
disponibile, può consentire di raggiungere piccoli tumori anche profondi con fasci
strettamente collimati. La brachiterapia comporta il posizionamento di una sorgente
radioattiva nello stesso letto tumorale (p. es., nella prostata o nell‘encefalo) attraverso
degli aghi, cedendo quindi una dose molto alta in un piccolo campo. Gli isotopi
radioattivi per via sistemica possono essere utilizzati per gli organi che possiedono i
recettori per il loro "uptake" (tumore della tiroide) o a scopo palliativo in caso di
diffusione ossea generalizzata (p. es., stronzio radioattivo per le metastasi di tumore
prostatico). La radioterapia a scopo curativo generalmente richiede una malattia
locale o locoregionale che possa essere circoscritta all‘interno del campo di
radiazione.
Il danno cellulare indotto dalle radiazioni è casuale e aspecifico, con effetti complessi
sul DNA. L‘efficacia della terapia dipende dal danno cellulare che va oltre la normale
capacità di riparazione. In genere, i meccanismi di riparazione del tessuto normale
sono più efficaci di quelli del tumore, consentendo una diversa citotossicità.
La radioterapia è curativa in molte neoplasie. La radioterapia associata alla chirurgia
(per testa e collo, laringe o cancro dell‘utero) o con chemioterapia e chirurgia (per
sarcomi o tumori della mammella, dell‘esofago, del polmone o del retto) migliora le
percentuali di guarigione rispetto alle tradizionali modalità di terapia usate
335
singolarmente. La fototerapia, il più recente approccio multimodale, utilizza un
derivato della porfirina (una protoporfirina) per legarsi e quindi illuminare la
neoplasia, allo scopo di ottenere una captazione selettiva della radiazione luminosa.
La radioterapia è in grado di fornire un importante effetto palliativo sul tumore, anche
quando la guarigione non è possibile. La radioterapia nei tumori cerebrali prolunga lo
stato di benessere del paziente; nelle neoplasie che comprimono il midollo, può
eliminare il deficit neurologico; nelle sindromi della vena cava, può eliminare il
rischio di morte improvvisa; e nelle metastasi sintomatiche o associate a dolore, di
solito controlla la sintomatologia.
CHEMIOTERAPIA
Il chemioterapico ideale dovrebbe colpire e distruggere solo le cellule tumorali senza
effetti collaterali o tossicità sulle cellule normali. Purtroppo, tale farmaco non esiste;
vi è un basso indice terapeutico tra l‘effetto citotossico sulle cellule tumorali e quello
sulle cellule normali. Ciononostante, la chemioterapia, anche con farmaci usati
singolarmente, ha portato alla guarigione di alcuni tipi di tumore (cioè,
coriocarcinoma, leucemia a cellule capellute, leucemia linfatica cronica). Più
comunemente, regimi terapeutici con più farmaci con meccanismo, siti d‘azione
intracellulare e tossicità differenti (per ridurre la possibile tossicità cumulativa)
forniscono percentuali di guarigione significative (p. es., nella leucemia acuta, nel
tumore della vescica e del testicolo, nel morbo di Hodgkin, nel linfoma maligno, nel
tumore polmonare a piccole cellule e nei tumori del rinofaringe).
L‘inefficacia dei farmaci chemioterapici in vivo quando l‘efficacia è stata
documentata in vitro ha indotto un gran numero di studi sulla resistenza ai farmaci.
Uno dei meccanismi identificati, la simultanea resistenza a più farmaci, è dovuto a
vari geni che limitano la concentrazione del farmaco e il suo effetto sulle cellule
tumorali del paziente. I tentativi di superamento di questa resistenza non hanno avuto
successo.
TERAPIA ADIUVANTE E MULTIMODALE
Il limitato successo del trattamento con chirurgia o radioterapia da sole ha portato a
scoprire che la chirurgia associata alle radiazioni può aumentare l‘intervallo libero da
malattia e la percentuale di guarigione in alcuni tumori (p. es., ginecologici,
polmonari, del laringe e della testa e del collo). Essendo queste modalità rivolte al
controllo locoregionale, la chemioterapia viene associata a scopo adiuvante per
eliminare le cellule tumorali che si siano diffuse oltre la regione interessata. La
chemioterapia adiuvante può aumentare la sopravvivenza libera da malattia e la
percentuale di guarigione in circa il 30% dei casi di tumore della mammella nelle
donne e negli uomini, di tumore del colon (Dukes B2 e C), tumore avanzato della
vescica e dell‘ovaio. Questo successo ha portato all‘uso della chemioterapia o della
radioterapia prima della chirurgia, definita terapia di induzione (o neoadiuvante).
Questo approccio ha migliorato la sopravvivenza nel tumore infiammatorio e
336
avanzato della mammella, del polmone (p. es., stadio IIIA e B), del rinofaringe e
della vescica.
ALTRE MODALITÀ
Terapia endocrina
La terapia endocrina additiva o ablativa può influenzare il decorso di alcune
neoplasie. La terapia endocrina non è curativa; è solo palliativa. L‘orchiectomia ha un
importante valore palliativo nel carcinoma prostatico metastatico, con un
prolungamento abituale della sopravvivenza da 3 a 5 anni. La sua efficacia è basata
sulla presenza di una popolazione cellulare testosterone- dipendente nel tumore
prostatico. Altre neoplasie con recettori ormonali nelle loro cellule (p. es., mammella,
endometrio, ovaio) possono spesso avere un miglioramento palliativo con terapia
ormonale ablativa. Questo successo ha indotto l‘uso di ormoni nel trattamento
farmacologico per questo tipo di tumori. Gli estrogeni costituiscono un efficace
trattamento palliativo per il tumore della prostata ma aumentano il rischio di
cardiopatia. Queste osservazioni hanno portato all‘uso di inibitori della secrezione di
gonadotropine. Il leuprolide, un analogo sintetico dell‘ormone che induce il rilascio
delle gonadotropine, inibisce la secrezione delle gonadotropine e la conseguente
produzione di androgeni dalle gonadi e ha un‘efficacia analoga all‘orchiectomia
come trattamento palliativo del tumore prostatico. Un blocco androgenico ancora più
completo può essere ottenuto aggiungendo un antiandrogeno orale (flutamide o
bicalutamide), che riduce il legame dell‘ormone androgeno ai suoi recettori; questa
associazione sembra dare una sopravvivenza libera da malattia maggiore di 6-12 mesi
rispetto al solo leuprolide o all‘orchiectomia.
Analogamente, la privazione degli estrogeni (con l‘ovariectomia) ha un effetto
palliativo nel tumore della mammella in fase avanzata. Il tamoxifene, un farmaco
ormonale orale, può legarsi ai recettori degli estrogeni delle cellule di tumore
mammario ed è altrettanto efficace dell‘ovariectomia come trattamento palliativo. Il
tamoxifene è una terapia particolarmente efficace per il tumore mammario
metastatico nelle donne in post-menopausa. Come terapia adiuvante del tumore della
mammella, prolunga la durata della sopravvivenza libera da malattia, migliora del 2030% la percentuale di guarigione delle pazienti con recettori positivi e riduce il
rischio di neoplasia mammaria nel seno controlaterale di circa il 60%.
Modificatori della risposta biologica
Gli interferoni, le interleuchine e il tumor necrosis factor (TNF) sono proteine
biologiche che intervengono nelle risposte immunologiche (protettive). Sono
sintetizzate dalle cellule del sistema immune in presenza di infezione virale come
risposta immune protettiva. In concentrazioni farmacologiche, hanno un effetto
palliativo in alcune neoplasie.
Gli interferoni si sono dimostrati attivi in alcuni tumori. Nella leucemia a cellule
capellute si sono avute percentuali di risposte complete del 60-80%. Nella leucemia
mieloide cronica, fino al 20% dei pazienti possono ottenere una risposta completa
(con negativizzazione del cromosoma Philadelphia). L‘interferone può aumentare la
337
sopravvivenza libera da malattia (12-24 mesi) dopo un trattamento chemioterapico
efficace nel mieloma e in alcune forme di linfoma. La sopravvivenza è in parte
prolungata nei pazienti con melanoma e carcinoma renale a cellule chiare. Un effetto
estetico palliativo si ha nel sarcoma di Kaposi. Le maggiori tossicità dell‘interferone
comprendono astenia, nausea, leucopenia, febbre con brividi e mialgia.
Le interleuchine, in primo luogo la linfochina interleuchina-2 prodotta da cellule T
attivate, sono state utilizzate con modesti effetti palliativi nel carcinoma renale. Varie
altre interleuchine sono in corso di studio, come il TNF.
Ipertermia e crioterapia
Il riscaldamento del letto tumorale (a 41°C [105,8°F]) per aumentare la necrosi
cellulare con l‘uso di farmaci o radiazioni è stato sperimentato con scarsi risultati. La
criochirurgia (con una sonda all‘interno della massa tumorale) produce un modesto
effetto palliativo nel tumore del fegato e nel tumore mammario inoperabile.
TERAPIA DEGLI EFFETTI COLLATERALI
Nausea e vomito
Gli antiemetici prevengono o controllano la nausea e il vomito, che comunemente
insorgono con la radioterapia dell‘addome e con molti farmaci chemioterapici, specie
se in combinazione. Talvolta la nausea e il vomito sono funzionali o dovuti allo
stesso tumore. Pertanto, la causa sottostante deve sempre essere riconosciuta e
trattata.
La stimolazione del centro del vomito nel midollo allungato avviene nella zona
"grilletto" chemiorecettoriale (CTZ), nella corteccia cerebrale o nell‘apparato
vestibolare oppure deriva dalla trasmissione diretta di stimoli provenienti da aree
periferiche (p. es., mucosa gastrica). Gli antiemetici sembrano agire in queste aree,
ma il loro meccanismo non è stato ancora ben capito. Di solito la terapia
farmacologica è più efficace nella profilassi che non nel trattamento di nausea e
vomito.
Gli antagonisti del recettore della serotonina sono i farmaci più efficaci attualmente
disponibili per il trattamento della nausea e del vomito associati a radioterapia o
chemioterapia e a molti processi patologici. In pratica non si ha nessuna tossicità con
il granisetron e l‘ondansetron, anche se, raramente, con l‘ondansetron sono insorte
cefalea e ipotensione ortostatica. Questi farmaci costituiscono la terapia antiemetica
di prima linea; il loro maggiore svantaggio è il costo.
Gli antidopaminergici comprendono molte delle fenotiazine (p. es., proclorperazina,
flufenazina), che sembrano agire con una depressione selettiva del CTZ e, in minor
grado, sul centro del vomito. Questi farmaci di seconda scelta sono utili nel
trattamento di nausea e vomito leggeri o moderati. Dato che la maggior parte delle
fenotiazine (eccetto la tioridazina e la mesoridazina) sembra avere la stessa efficacia,
se somministrate in dosi sufficienti, la scelta del farmaco può dipendere dalla
valutazione degli effetti collaterali.
La metoclopramide stimola la motilità del tratto superiore dell‘apparato GI, aumenta
il tono e l‘ampiezza della contrazione gastrica e aumenta la peristalsi duodenale e
338
digiunale. Il risultato è un‘accelerazione dello svuotamento gastrico e del transito
intestinale.
La metoclopramide funziona come antiemetico attraverso gli effetti gastrocinetici e
inoltre sembra avere qualche effetto centrale antagonista dopaminergico. Gli effetti
collaterali più importanti sono i sintomi extrapiramidali, in parte dose- dipendenti. Il
benadryl è in grado di proteggere da questi. Altri effetti collaterali comprendono
sonnolenza e astenia. Il farmaco è controindicato nei casi in cui la stimolazione della
motilità GI può essere pericolosa (ostruzioni meccaniche o perforazioni), nel
feocromocitoma e nei pazienti epilettici o in coloro che assumono farmaci
ugualmente in grado di provocare sintomi extrapiramidali. Il suo uso come
antiemetico è stato ampiamente rimpiazzato dagli antagonisti dei recettori della
serotonina.
Il dronabinolo (-9-tetraidrocannabinolo (THC), è un farmaco approvato per il
trattamento di nausea e vomito provocati dalla chemioterapia antiblastica, nei pazienti
che non rispondono al trattamento antiemetico convenzionale. Il THC è il
componente psicoattivo principale della marijuana. Il meccanismo dell‘azione
antiemetica è sconosciuto, ma si ritiene che i cannabinoidi si leghino ai recettori per
gli oppioidi del cervello anteriore e possano indirettamente inibire il centro del
vomito. Questo farmaco è stato abbandonato poiché per os ha una biodisponibilità
variabile, non è efficace contro la nausea e il vomito dei regimi chemioterapici
contenenti cisplatino e ha importanti effetti collaterali (p. es., sonnolenza, ipotensione
ortostatica, secchezza delle fauci, alterazioni dell‘umore, alterazioni della cognizione
spazio-temporale).
Citopenia
Durante la radioterapia o la chemioterapia possono svilupparsi anemia, leucopenia e
trombocitopenia. La comparsa di sintomi clinici e una ridotta efficacia della
radioterapia si hanno con valori di ematocrito < 30%. Anche se le trasfusioni con
sacche di globuli rossi sono raramente necessarie, l‘eritropoietina ricombinante è
utilizzata nel controllo dell‘astenia nel paziente affetto da neoplasia per supplire al
fabbisogno di globuli rossi. In genere, la posologia di 100-150 U/kg SC tre volte/ sett.
(un comodo dosaggio per l‘adulto è 10000 U) è molto efficace e ha ridotto o
eliminato il fabbisogno di emotrasfusioni. Una piastrinopenia importante (piastrine <
10000/ml), specie se è presente sanguinamento, può essere trattata con trasfusioni di
piastrine concentrate. La trombopoietina ricombinante è disponibile e probabilmente
ridurrà notevolmente la necessità di tali trasfusione.
La neutropenia (conta dei neutrofili < 1000/l) è la citopenia clinicamente più
importante poiché possono insorgere febbre neutropenica e aumentato rischio di
infezioni. La febbre > 38°C (100,4°F) in un paziente granulocitopenico deve essere
considerata una emergenza. La valutazione del paziente neutropenico deve
comprendere colture immediate di sangue, escreato, urine e feci. L‘esame clinico
deve andare alla ricerca di possibili raccolte ascessuali (p. es., retina, orecchio, retto).
Poiché l‘assenza dei neutrofili ha come conseguenza che i segni abituali di
riconoscimento di un ascesso possono non essere evidenti, il dolore localizzato e le
339
alterazioni della normale consistenza tissutale possono essere i segni di un ascesso
incipiente.
Un paziente stabile può essere trattato con un regime domiciliare intensivo presso
molti centri, ma in assenza di un programma di trattamento definito, è necessario il
ricovero ospedaliero. Un trattamento con antibiotici ad ampio spettro deve essere
iniziato subito dopo aver ottenuto i risultati degli esami colturali di sangue, escreato,
urine e di ogni lesione cutanea sospetta. Se sono presenti infiltrati polmonari diffusi,
il medico deve includere nella diagnosi differenziale la polmonite da Pneumocystis
carinii e istituire una terapia empirica, specie nei pazienti con leucemia o linfoma. In
presenza di un quadro infiltrativo polmonare, gli antibiotici devono includere
trimetoprim-sulfametossazolo, un aminoglicoside e una cefalosporina. Nei pazienti
con catetere venoso permanente, le infezioni da gram + sono comuni e dovrebbe
essere aggiunta la vancomicina. Se la febbre persiste oltre le 24 h, deve essere
aggiunta una penicillina semisintetica (p. es., ticarcillina). Se la febbre continua per
72-120 h, deve essere presa in considerazione un‘eziologia micotica e deve essere
aggiunta al programma terapeutico l‘amfotericina B.
Un importante elemento addizionale nella terapia durante la sepsi o la febbre
neutropenica è la terapia con citochine come il fattore stimolante le colonie
granulocitarie (GCSF o in alternativa il fattore stimolante le colonie di macrofagi
[GM-CSF]). Il G-CSF (5 g/kg/die SC o in infusione endovena) è il farmaco di
scelta e deve essere prescritto alla comparsa della febbre o della sepsi.
Altri comuni effetti collaterali
Le enteriti post-attiniche possono essere migliorate con antidiarroici. Le mucositi da
radioterapia possono precludere significativamente l‘alimentazione orale e portare a
malnutrizione e a perdita di peso. Misure semplici (p. es., l‘uso di analgesici e di
lidocaina topica prima dei pasti, una dieta blanda senza alimenti o succhi a base di
agrumi, evitando temperature troppo alte o troppo basse) consentono al paziente di
alimentarsi e mantenere il peso. Se tali semplici misure falliscono, deve essere presa
in considerazione un‘alimentazione enterale con un tubo di plastica flessibile
(Dobhoff) fino a quando l‘intestino tenue torni funzionalmente normale. In caso di
mucosite e diarrea o di alterata funzione intestinale, si può istituire un‘alimentazione
parenterale. Il dolore può costituire un problema ma può essere trattato con farmaci,
radioterapia locale o chirurgia. Analogamente, la depressione deve essere
riconosciuta. Una discussione franca sui timori del paziente spesso può rimuovere
l‘ansia; un crescente armamentario di farmaci è attualmente disponibile per il
trattamento della depressione .
TUMORI NON GUARIBILI
Una comune concezione errata è che alcuni tumori non siano suscettibili di
trattamento. Anche se la neoplasia può essere inguaribile, il paziente può essere
curato. Curare significa qualcosa di più dell‘uso di chirurgia, radioterapia o
chemioterapia e vuol dire prendersi cura saggiamente del paziente. Per i pazienti le
cui neoplasie non sono responsive a queste modalità di trattamento, l‘uso di
340
un‘inefficace chemioterapia tanto per "fare qualcosa" contro il tumore non è una
buona pratica medica. Una terapia adeguata per questo tipo di pazienti (e per tutti i
pazienti affetti da cancro) comprende un supporto nutrizionale, un efficace controllo
del dolore, un trattamento palliativo importante e un supporto sociale e psichiatrico.
Soprattutto, il paziente deve sapere che l‘équipe terapeutica non lo abbandonerà
poiché non esiste una terapia specifica o questa non è stata efficace.
CHEMIOTERAPIA e FARMACI ANTITUMORALI
Le raccomandazioni dell‘American Society of Clinical Oncology riguardano le
indicazioni, la selezione dei pazienti e dei farmaci, la durata del trattamento e il suo
inizio, la terapia di seconda linea e il ruolo dei trial clinici.
Tabella
Ruolo della chemioterapia
Linea Guida
Evidenza
Grado di
raccomandazione
La chemioterapia in associazione con la
I (per
A
radioterapia toracica è il trattamento appropriato sopravvivenza), C
per i pazienti in stadio IIIa e IIIb
V (per qualità di
vita)
La chemioterapia è il trattamento appropriato
I (per
A
per i pazienti in stadio IV
sopravvivenza), C
V (per qualità di
vita)
La chemioterapia per i pazienti con CPNPC
I
B
dovrebbe contenere cisplatino
La durata del trattamento chemioterapico non
III,IV
D
dovrebbe superare gli 8 cicli
La chemioterapia dovrebbe essere iniziata subito IV
C
dopo la diagnosi
Non vi è alcuna evidenza sia a favore che
III
C
contraria alla chemioterapia di seconda-linea
Il trattamento iniziale con farmaci sperimentali è IV
D
appropriato nei pazienti metastatici, a patto che
quei soggetti, che eventualmente non
rispondano dopo due cicli, siano posti ad un
regime tradizionale
Né il tipo istologico, né i fattori prognostici
III
B
biologici (es., mutazioni RAS o del gene per la
P53) dovrebbero essere usati nella scelta del tipo
di chemioterapia
341
PRINCIPI GENERALI
La chemioterapia è una modalità di trattamento dei tumori basata sull‘impiego di
farmaci citotossici. Questi farmaci vengono riuniti in gruppi in base all‘origine, alla
struttura chimica, o al meccanismo d‘azione. Ciascun farmaco possiede caratteristiche peculiari. Fra queste, è necessario tenere conto almeno di:
 spettro d‘azione,
 via di somministrazione (endovenosa, orale, arteriosa, endocavitaria, etc.),
 dose utilizzabile,
 possibili sinergismi d‘azione.
Gli attuali farmaci antitumorali trovano tutti quanti un limite nella mancanza di
selettività d‘azione (da cui deriva il basso indice terapeutico) e nella conseguente
necessità di una attenta valutazione degli effetti iatrogeni. Prima del loro uso è perciò
necessario avere una serie di precauzioni. In particolare, è importante valutare la
riserva midollare, la funzionalità renale, e la capacità di sostenere sovraccarichi idrici
prima del trattamento. La chemioterapia del CPNPC riveste oggi un ruolo importante
ed alquanto modificato durante l'ultimo decennio. Fino a pochi anni or sono, i pochi
farmaci attivi (cioè capaci di dare una risposta obiettiva in monochemioterapia in
almeno il 15-20% dei casi) erano:
 Cisplatino,
 Mitomicina C,
 Ifosfamide,
 Gli alcaloidi della Vinca Rosea.
Tali farmaci ottenevano, in combinazione fra loro, una percentuale di risposte
obiettive del 30-40%, con episodiche risposte complete. La recente introduzione di
una nuova categoria di farmaci (cosiddetti di 3° generazione, per distinguerli dai
precedenti, ma anche da quelli di 1° generazione, usati negli anni ‘70 e rappresentati
da Ciclofosfamide, Metotrexato, Adriamicina, e Nitrosuree) sta modificando le
prospettive terapeutiche. Appartengono a questa classe:
 Vinorelbina,
 Taxolo e Paclitaxel
 Gemcitabina.
Mentre in passato la chemioterapia era considerata per il solo trattamento della fase
avanzata (in alternativa a una terapia puramente sintomatica), oggi essa ha assunto un
ruolo determinante in quasi tutte le situazioni cliniche. Una famosa meta-analisi, che
però faceva seguito ad altre 3 meta-analisi parziali e a diverse revisioni "narrative"
della letteratura di identico segno, fu condotta dal NSCLC Cooperative Group sui dati
originali di oltre 9.000 pazienti arruolati in 52 studi clinici randomizzati e controllati.
Tale meta-analisi dimostrò che:
1. l'associazione di chirurgia più chemioterapia rispetto alla sola chirurgia
conferiva un vantaggio assoluto di sopravvivenza a cinque anni del 5%;
2. la combinazione di radioterapia e chemioterapia conferiva un vantaggio di
sopravvivenza a due anni del 4% rispetto alla sola radioterapia;
342
3. la chemioterapia rispetto alla sola terapia di supporto presentava un vantaggio
di sopravvivenza del 10% a un anno;
4. il beneficio della chemioterapia era evidente quando questa si basava su
farmaci di seconda generazione, mentre era assente o vi era addirittura un
effetto sfavorevole nel caso di chemioterapia non contenente cis-platino.
Oggi chemioterapia del CPNPC è sinonimo di polichemioterapia (di solito 2 o 3
farmaci combinati in schemi ciclici di somministrazione). La monochemioterapia
(cioè l‘utilizzo di un solo farmaco antineoplastico) è pressoché abbandonata perché è
ormai chiaro che l‘efficacia terapeutica è minore. Essa viene ancora utilizzata in
ambito sperimentale per saggiare l‘efficacia dei nuovi farmaci (in pazienti, di solito,
pretrattati), o nei pazienti in cui si teme la tossicità (ad es. pazienti anziani, a basso
performance status). Benché i molti regimi di combinazione siano stati ripetutamente
testati in studi di fase II e successivamente in trial comparativi di fase III nessuno di
essi si è dimostrato superiore agli altri. In pratica, come già detto ripetutamente, vi è
accordo generale sul fatto che un programma di chemioterapia efficace debba
contenere cisplatino (anche se non manca qualche parere contrario, fra cui il nostro),
ma non vi è un'indicazione preferenziale all‘interno di questo principio generale.
Attività antitumorale
L‘attività antitumorale, primo requisito perché un farmaco venga inserito
nell‘armamentario terapeutico e quindi confrontato con altri, viene misurata in studi
clinici di fase II, calcolando la percentuale di risposte obiettive ottenute a seguito
della sua somministrazione. La risposta obiettiva è definita convenzionalmente come
riassunto in tabella :
Definizione di Risposta Obiettiva
Remissione completa (RC)
Scomparsa, confermata da due consecutive osservazioni distanziate da almeno 4
settimane, di tutte le lesioni note
Remissione parziale (RP)
Lesioni misurabili: riduzione di almeno il 50% del prodotto (o della somma dei
prodotti) dei due diametri trasversi maggiori della lesione nota (o delle lesioni
note), confermata da due consecutive osservazioni distanziate da almeno 4
settimane.
Lesioni valutabili ma non misurabili: riduzione stimata di almeno il 50% del
volume delle lesioni valutabili, confermata da due consecutive osservazioni
distanziate da almeno 4 settimane.
Malattia Stabile (MS)
Lesioni misurabili e/o valutabili che presentano una riduzione inferiore al 50%
e/o aumento inferiore al 25% del prodotto dei diametri trasversi o del volume
valutabile
Progressione (P)
343
Incremento maggiore del 25% del prodotto dei diametri trasversi delle lesioni
misurabili e/o del volume delle lesioni valutabili e/o comparsa di nuove lesioni
Bisogna ricordare che nel determinismo della risposta obiettiva, l‘attività
antitumorale dei farmaci è solo una delle cause. Altrettanto importanti sono le
caratteristiche della popolazione studiata, in quanto i pazienti con miglior
performance status, malattia meno avanzata, e con carcinoma non squamoso
rispondono di più. Inoltre, vi è una grossa variabilità nel giudicare la risposta
obiettiva da parte degli stessi sperimentatori. Ciò spiega l‘enorme differenza delle
risposte osservate dopo l'uso di identici regimi chemioterapici. Le percentuali di
risposta obiettiva che saranno successivamente riportate sono, pertanto, da
considerasi puramente orientative, nonostante siano state riportate su ampie casistiche
e da gruppi di lavoro di grande reputazione.
Monochemioterapia
L‘attività dei diversi farmaci citotossici, usati in monochemioterapia, è riportata nella
tabella:
Percentuali di risposta obiettiva (RC + RP) in studi con
più di 100 pazienti
Farmaco
% RO
Ciclofosfamide
8
Metotrexato
10
Etoposide
11
Doxorubicina
13
Vindesina
17
Mitomicina C
20
Cisplatino
20
Gemcitabina
21
Navelbina
22
Taxolo
24
Ifosfamide
26
Camptotecina (CPT11)
28
Polichemioterapia
Come già detto esistono moltissime combinazioni di farmaci citotossici. Alcune
hanno avuto più fortuna e sono state riprese da più autori, così che è possibile
esprimere un giudizio "ponderato" di attività. Nella sottostante Tabella sono riportate
le percentuali di risposta obiettiva di alcuni schemi di chemioterapia basati su
Cisplatino, e, per confronto, di regimi basati su farmaci di prima generazione.
344
Percentuali di risposta obiettiva (RC+RP) con regimi di
farmaci di 1° e 2° generazione
Combinazioni di 1° generazione
%RO
COMB (ciclofosfamide, vincristina, metil- 5
CCNU, bleomicina)
CC (ciclofosfamide + CCNU)
9
MACC (metotrexate, adriamicina,
12
ciclofosfamide, CCNU)
CAMP (ciclofosfamide, adriamicina,
17
metotrexate, procarbazina)
BACON (bleomicina, adriamicina,
21
CCNU, vincristina, mostarda azotata)
Combinazioni di 2° generazione
MV (mitomicina, alcaloidi della vinca)
20
CAP (ciclofosfamide, adriamicina,
28
cisplatino)
PE (cisplatino, etoposide)
30
PV (cisplatino, alcaloidi della vinca)
32
MIP (mitomicina, ifosfamide, cisplatino)
MVP (mitomicina, alcaloidi della vinca,
cisplatino)
50
51
Effetti collaterali e tossicità
Il tipo di tossicità che può seguire una chemioterapia deriva ovviamente dai farmaci
che vengono utilizzati. Va ricordato, comunque, che l‘associazione di più farmaci
(polichemioterapia) determina quasi sempre un incremento globale del grado di
tossicità e dello spettro dei fenomeni tossici.
I più importanti effetti collaterali conseguenti a chemioterapia sono:
1. Mielotossicità (leucopenia, anemia e piastrinopenia)
La mielotossicità aumenta in maniera considerevole nei trattamenti integrati di
chemio-radioterapia ed ovviamente in quelli con intensificazione della dose.
Alcuni farmaci hanno una maggiore tossicità per una linea midollare (ad es. il
cisplatino per la serie rossa). A seguito della mielotossicità possono verificarsi
conseguenze anche gravi come sepsi, emorragie e coagulazione disseminata
intravasale. Oggi esiste l‘eritropoietina ricombinante e i fattori di crescita
eritropoietici (G-CSF e GM-CSF) che consentono di combattere e prevenire
efficacemente l‘anemia (eritropoietina), e la neutro-leucopenia (fattori di
crescita midollari).
2. Tossicità gastro-enterica (nausea e vomito)
3. Alopecia
4. Tossicità particolari
345
Oltre alle precedenti, il cisplatino può causare tossicità renale (di solito efficacemente
combattuta con i numerosi schemi di pre-idratazione), tossicità neurologica
(acustica), e ipomagnesemia. L‘ifosfamide può causare una grave cistite emorragica
se somministrata senza farmaci uro-protettori (Mesna). Le antracicline (adriamicina,
epirubicina) possono causare una cardiopatia grave (scompenso cardiaco congestizio
refrattario). Tale effetto è dose-dipendente ed è raro a dosi inferiori di adriamicina ai
450 mg/m2 e 900 mg/m2 di epirubicina (dosi totali). Gli alcaloidi della vinca
(vincristina, vinblastina, vindesina etc..) possono essere responsabili di tossicità
neurologica periferica (fino alla paralisi muscolare) ed intestinale (fino all‘ileo
paralitico). La bleomicina può causare l‘insorgenza di fibrosi polmonare quando
venga superata la dose limite totale di 200 mg.
CLASSI DI FARMACI:
1. ALCHILANTI
Il meccanismo è comune a tutti :
Tali farmaci possono reagire chimicamente con i gruppi sulfidrilici, aminici,
carbossilici e fosfato di altri nucleofili cellulari. Prima di reagire tali composti
subiscono una ciclizzazione intramolecolare a formare uno ione etilenimonio, che ,
con la formazione di 1 carbocatione + , alchila un costituente cellulare (cioè gli
trasferisce un gruppo alchilico). Il principale sito x l‘ alchilazione del DNA è la
posizione N7 della guanina.
A. MOSTARDE AZOTATE ( dall‘ IPRITE reattivo bellico alchilante detto ―GAS
MOSTARDA‖ per l‘ odore di mostarda che emanava….!!!)
- MECLORETAMINA (o CLORMETINA) : è poco usata x i gravi effetti
collaterali
Tox: Irritante, teratogena, provoca oligospermia e disturbi mestruali
- MELFALAN: usato nel trattamento del mieloma, nei tumori solidi, nei linfomi(x
e.v. e x os ogni 3-4 settimane)
Tox: al sangue, raramente alopecia,nausea, vomito
- CLORAMBUCILE: usato nel trattamento della leucemia linfocitica cronica, nei
linfomi non Hodgkin, nel cancro ovarico (x os)
Tox: Disturbi endocrini, epatotoxico, toxicità polmonare, sindrome di Steven-Johnson
- URAMUSTINA analogo strutturale dell‘ uracile, simile agli altri come tossicità
B. PROFARMACI DI MOSTARDE AZOTATE
A tali farmaci va associato il MESNA (2-Mercapto-Etan-Solfonato-Sodico),
perche‘ essi liberano nella loro metabolizzazione l‘ ACROLEINA tossica x la
vescica: il MESNA blocca l‘ acroleina e ne facilita l‘ eliminazione
- CICLOFOSFAMIDE: usato nel trattamento delle leucemie linfocitiche croniche,
linfomi e tumori solidi (x os, x e.v.) Tox: Alopecia, produce 1 composto irritante
346
-
x la vescica (l‘ Acroleina, xcio‘ si usa il MESNA (x os) per chelarla), puo‘
provocare leucemie e sterilita‘, è 1 immunosoppressore, vomito, nausea, vertigini ,
pigmentazione cutanea, cistite emorragica
IFOSFAMIDE: come x la ciclofosfamide, Tox: come x la ciclofamide + toxicita‘
al SNC(sonno)
TROFOSFAMIDE
SUFOSFAMIDE
MITOBRONITOLO talvolta usato nel trattamento della leucemia mieloide
cronica
347
348
C.ETILENAMMINE
- TEM (Trietanolammina)
- TIOTEPA usato nel trattamento dei versamenti neoplastici o nel cancro della
vescica. Per il cancro della mammella richiede somministrazione parenterale
- HMM (Esametilmelamina) Tox: Mielosoppressione evidente
349
C. ALCHILSULFONATI (ALCHILANTI MESILICI)
- BUSULFAN : x la leucemia mieloide cronica (x os) ; Tox:
trombocitopenia(riduzione di piastrine), nausea, vomito, diarrea, dist. Endocrini,
impotenza, sterilita‘, iperuricemia(eff. Gottoso)
- TREOSULFAN x il cancro ovarico (x os o x e.v.)
Tox : da pigmentazione cutanea, fibrosi polmonare
350
D. NITROSOUREE
- STREPTOZOCINA : tox: epatotox, ematotox, nefrotox, nausea, vomito
- CARMUSTINA(BCNU) : somministrata x e.v. è indicata per il trattamento di
mieloma, linfomi e tumori cerebrali. Tox: non è vescicante, irritante, depressione
midollare, nausea, vomito, tox al SNC, nefrotox, epatotox
- LOMUSTINA(CCNU) : è liposolubile ; si usa x il linfoma di Hodgkin e x tumori
solidi. Tox come carmustina + tox al polmone
- SEMUSTINA(metil-CCNU)
- EXTRA-MUSTINA è 1 combinazione tra 1 estrogeno e la clormetina usato x il
cancro alla prostata (x os)
351
E. TRIAZENICI
352
- DACARBAZINA : E‘ usata nel trattamento del melanoma metastatico e in
terapie di associazione nei sarcomi dei tessuti molli. E‘ un componente dello
schema combinato impiegato nel Linfoma di Hodgkin (ABVD: Doxorubicina,
Bleomicina, Vinblastina, Dacarbazina). Si somm. x via e.v. Tox: nausea, vomito,
modesta mielosoppressione, Alopecia, neurotox, epatotox, reaz dermatologiche,
sindrome simil-influenzale (brividi di freddo, febbre, mialgia)
- TEMOZOLOMIDE analogo della dacarbazina, si usa x i gliomi maligni
2. ANTIMETABOLITI (Analoghi strutturali)
A. ANALOGHI DELL‘ AC. FOLICO
Sono inibitori della diidrofolato reduttasi umana (enzima che trasforma l‘ acido folico
in tetraidofolato che funge da trasportatore di unita' mono carboniose x la sintesi di
purine e pirimidine). La mancanza di questo cofattore fa bloccare la sintesi di DNA,
353
RNA e proteine. Gli effetti di questi inibitori possono essere antagonizzati o diminuiti
dalla somministrazione di acido folinico( leucovorin) (terapia di salvataggio)
- METOTREXATO è impiegato nella terapia di mantenimento della leucemia
infoblastica acuta infantile, coriocarcinoma, per linfomi non Hodgkin e altri
tumori solidi; è utilizzato anche nella terapia dell‘ Artrite reumatoide e della
Psoriasi
Tox: precipita nei tubuli renali(si alcalizzano le urine ), tox al midollo osseo
(immunodepressione e emorragie), alopecia, polmonite, è nefrotoxico e teratogeno
B. ANALOGHI DELLE PIRIMIDINE
Dopo essere stati trifosforilati (sintesi letale), bloccano la DNA polimerasi e la RNA
polimerasi
354
- 5- FLUORURACILE si somministra x e.v. . Si usa x tumori solidi, x il cancro del
colon retto. Agisce in 3 modi differenti:
a. inibisce la timidilato sintasi
b. blocca la sintesi dell mRNA
c. inibisce la DNA polimerasi
Tox: mielodepressione, mucosite, sindrome cerebellare
- FLUOXURIDINA: disturbi sull‘app. digerente (diarrea fulminante), dermatiti,
-
-
mielosoppressione, tox. Cardiaca
CITARABINA : x la remissione della leucemia mielocitica acutaleucopenia,
trombocitopenia, anemia, disturbi g.i. , neurotox , epatotox
GEMCITABINA x e.v. x il trattamento palliativo dei pazienti affetti da tumore
polmonare non a piccole cellule avanzato o metastatico e nel cancro pancreatico, x
il cancro vescicale avanzato
TEGAFUR
CARMOFUR
5-AZACITIDINA
RALTITREXED inibisce la Timidilato sintetasi; è usato x il trattameto palliativo
del cancro colon-retto (è ben tollerato anche se genera mielodepressione marcata
ed effetti collaterali gastroenterici.
C. ANALOGHI DELLE PURINE
Dopo essere stati trifosforilati (sintesi letale), bloccano la DNA polimerasi e la RNA
polimerasi
- MERCAPTOPURINA nelle leucemie acute, x la malattia infiamatoria intestinale
tox: Iperuricemia , depress. Midollare , disturbi app.digerente, ittero
- AZATIOPRINA è 1 analogo della mecaptopurina usato come immunosoppressore
- TIOGUANINA x la remissione della leucemia mieloide acuta Tox: Iperuricemia ,
depress. Midollare , disturbi app.digerente, ittero
355
- FLUDARABINA usata x la leucemia linfocitica cronica a cellule B. si somm. x
e.v. -Tox: mielosopp, nausea, vomito, disturbi neurologici(convulsioni,nevriti
ottiche)
- PENTOSTATINA tox : mielosoppressione, disturbi g.i. , disfunzioni epatiche, tox
renale, tox neurologica
- CLADRIBINA x la leucemia a cellule cappellute, leucemia linfocitica conica tox:
trombocitopenia, disturbi g.i., febbre alta
- VIDARABINA
3 PRODOTTI NATURALI
A. ALCALOIDI DELLA VINCA ROSEA (Pervinca del Madagascar)
Sono degli inibitori della mitosi cellulare legandosi in forma di-merica alla tubulina .
il complesso farmaco- tubulina si posiziona sulle estremita‘ in accresimento con la
depolimerizzazione dei microtubuli e l‘ arresto mitotico in metafase. Trovano
impiego nel trattamento di leucemie acute, linfomi, alcuni tumori solidi(tumore della
mammella e del polmone). Si somministrano x via endovenosa; è controindicata la
via intratecale x la grave neurotossicità
- VINBLASTINA
356
tox : leucopenia, cardiotoxicita‘(ischemia), minore secrezione di ADH, alopecia,
dermatite, dist.g.i.(nausea,vomito)
- VINCRISTINA
- VINDESINA
- VINORELBINA è semisintetico, è stato recentemente ntrodotto x il trattamento
del carcinoma mamario avanzato (dopo il fallimento delle Antracicline) e x il
tumore polonare non a piccole cellule avanzato
Tox: neurotoxicita‘(si verifica si manifesta come neuropatia periferica e
autonomica), si perdono i riflessi tendinei profondi, costipazione g.i. , coliche,
alopecia reversibile, debolezza motoria, mielodepressione
B. DERIVATI DEL TAXOLO (TAXANI)
Bloccano la mitosi , aumentando in dismisura la polimerizzazione della tubulina
tox: mielotox, mialgie, neuropatie
- DOCETAXEL x il carcinoma della mammella refrattario e x il tumore polmonare
non a piccole cellule. Gli effetti collaterali sono simili a quelli del Paclitaxel
- PACLITAXEL si somm. x via e.v. lenta. Si asocia al cisplatino x il trattamento
del cancro ovarico avanzato. Si usa pure x il carcinoma della mammella, x il
tumore polmonare non a piccole cellule. È sempre raccomandata la
premedicazione con 1 corticosteroide, un antistaminico e 1 anti-H2 x prevenire
gravi reazioni di ipersensibilità che possono verificarsi. Tox: mielotox, mialgie,
neuropatie, aritmie, alopecia e dolori muscolari; raramente nausea, vomito
357
C. EPIPODOFILLOTOSSINE
Inibiscono la TOPOISOMERASI II con rottura dei filamenti del DNA ad opera di 1
complesso terziario tra farmaco,enzima e DNA
Tox: diarrea, nausea, vomito, depressione del midollo, alopecia
- ETOPOSIDE x os , x via e.v. lenta; si usa x il tumore polmonare a piccole cellule,
nei linfomi, nei tumori testicolari
- TENIPOSIDE
D. CAMPTOTECINE
Sono composti naturali che interferiscono con l‘ attivita‘ della TOPOISOMERASI I,
con 1 danno al DNA
Tox: diarrea, nausea, vomito, alopecia, depressione del midollo, anoressia
358
- TOPOTECAN è somm. x via e.v. nel cancro ovarico metastatico dopo fallimento
della terapia di prima linea
- IRINOTECAN è somm. x infusione e.v. nel trattamento del cancro da colon-retto
metastatico in combinazione con floruracile e acido folinico(come x l‘ oxalinplatino)
4. ANTIBIOTICI ANTITUMORALI
A. ACTINOMICINA D (Dactinomicina)
Si lega saldamente ai 2 filamenti del DNA x intercalazione tra le coppie di basi
adiacenti guanina-citosina. Si usa x il trattamento delle neoplasie pediatriche, x via
e.v.
Tox: nausea, vomito, anoressia, proctite, stomatite, glossite, diarrea,
emosoppressione, eritemi e desquamazione della pelle , non è cardiotossica
B. ANTRACICLINE
Tre sono i meccanismi d‘ azione delle A:
(1) intercalazione del DNA con blocco della sintesi di DNA eRNA
(2) legame alle membrane che ne altera la fluidita‘e il trasporto di ioni
(3) produzione di 1 radicale libero semichinonico e dell‘ O2 con 1 processo di
riduzione
Tox: tox cardiaca (aritmie con tachicardia sopraventricolare, insuff. Cardiaca poco
rispondente ai digitalici(si riduce con Vitamina E)), mielosoppressione, stomatiti,
alopecia, dist.g.i. Urina di colore rosso (sono dei cromofori coloranti)
- DAUNORUBICINA (DAUNOMICINA) è usato nelle leucemie acute, nei linfomi
e in diversi tumori solidi(sarcoma di Kaposi nei pazienti con AIDS). Si somm. x
infusione rapida ogni 21 giorni.
- DOXORUBICINA (ADRIAMICINA) è usato nelle leucemie acute, nei linfomi e
in diversi tumori solidi(sarcoma di Kaposi nei pazienti con AIDS). Si somm. x
infusione rapida ogni 21 giorni. È escreto x via biliare per cui l‘ incremento dei
livelli di bilirubina è 1 indicazione x ridurre i dosaggi
- EPIRUBICINA x il tumore della mammella. La dose max cumulativa è di 1 g\mq
x evitare la cardiotoxicità
359
- ACLARUBICINA analogo della doxorubicina x la leucemia acuta non linfocitica
in pazienti con ricaduta
- IDARUBICINA anche x via orale, x il tumore mammario avanzato
- VALRUBICINA analogo della doxorubicina
C. BLEOMICINE :
Frammentano il DNA in filamenti singoli o doppi grazie alla oxidazione di 1
complesso DNA- bleomicina-Fe(II) con alterazioni dei cromosomi
Tox: polmonare ( tosse seccae fibrosi polmonare progressiva), tox cutanea
(iperpigmentazione), cefalea, nausea, vomito, ipertermia, ipertensione, collasso
- BLEOMICINA somministrata x via e.v. o i.m. x il trattamento di linfomi e di
alcuni tumori solidi (carcinomi squamocellulari)
D. ALTRI
- MITOMICINA C:
Si pensa sia 1 agente alchilante bioriducente che va incontro ad attivazione
metabolica attraverso una riduzione metabolica , generando una sostanza
alchilante che si lega al DNA. Si somm. x via e.v. x i tumori del tratto gastroenterico superiore, della mammella, della vescica
Tox: mielosoppressione, sindrome uremico-emolitica (emolisi, Disturbi neurologici, neutropenia)
- MITOXANTRONE
Si lega al DNA con rottura dei filamenti ed inibizione della biosintesi di DNA e
RNA. È un analogo della Doxorubicina impiegato nel carcinoma della mammella.
È soministrato x via e.v., ma provoca mielodepressione e cardiotossicità
5. ENZIMI
- LEVO-ASPARAGINASI
E‘ un enzima prodotto dall‘ Erwinia chrysanthemi. Si utilizza quasi
esclusivamente x la leucemia linfoblastica acuta x via i.m. o sottocutanea. Agisce
indirettamente idrolizzando l‘ asparagina sierica in acido aspartico e NH3 . Il
360
risultato è 1 inibizione della sintesi proteica nelle cellule neoplastiche che
richiedono 1 apporto di asparagina dal mezzo esterno in quanto posseggono bassi
o insufficienti livelli di asparagino- sintetasi, cosicche‘ la loro proliferazione viene
bloccata. Tox: reazioni allergiche, insuff di insulina, difetti di coagulazione,
vomito, nausea, depressione nervosa, epatotossicità
6. COMPOSTI VARI
A. COMPLESSI DEL PLATINO
Formano dei legami crociati tra i filamenti complementari di DNA, inibendo la
sintesi di DNA
- CISPLATINO si somm. x e.v. Si usa nei tumori solidi inclusi il cancro ovarico e il
teratoma testicolare. Tox: ototoxico(sordità x i toni acuti e tinnito), attacca l‘ Al
+3 (non si usano aghi di Al ), nausea e vomito curata con antagonisti 5HT3 (es.
Ondasetron o THC), nefrotossicità (obbligatoria l‘ idratazine prima della somm. e
si controlla la funzionalità renale), provoca neuropatie periferiche , neurite ottica,
papilledema, ipomagnesiemia.
- CARBOPLATINO si somm. x e.v. Si usa nel tumore polmonare a piccole cellule
e in altri tumori maligni. Rispetto al cisplatino è meglio tollerato. Tox:
mielosoppressione, nefrotox, nausea
- OXALINPLATINO si somm. x e.v. x trattare il cancro del colon retto metastatio
in combinazione con il Fluoruracile e l‘acido folinico(terapia di salvataggio). La
neurotossicità è dose limitante; provoca disturbi gastrici, ototossicità e
mielodepressione
B. ALTRI ANTITUMORALI
- PROCARBAZINA
Inibisce la sintesi di DNA , RNA e proteine con rottura dei cromosomi alchilando
il DNA. È usata nel linfoma di Hodgkin, nel protocollo MOPP( Mecloretamina,
Vincristina, procarbazina e predisolone). Tox: mielosoppress, dist.g.i, neurotox,
infertilita‘, nausea, vomito. L‘ ingestione di alcool causa 1 reazione disulfiram
simile. E‘ 1 modesto inibitore delle MAO(va controllata la dieta!!)
- IDROXICARBAMIDE (IDROSSIUREA)
Provoca inibizione nella sintesi del DNA inibendo l‘ enzima ribonucleotide
reduttasi, si somm. x via orale x la leucemia mieloide cronica, nella policitemia
Tox: mielosopp, dist.g.i , dermatiti(reazioni cutanee)
- PENTOSTATINA attiva x il trattamento della leucemia a cellule cappellute . si
somminista x via e.v. a settimane alterne. Provoca mielosoppressione,
immunosoppressione
- AMSACRINA
E‘ 1 intercalatore tra le coppie di basi di DNA, distorcendo la doppia elica con
rottura dei filamenti. Si somm. x via e.v. , si usa nella leucemia mieloide acuta.
Provoca mielosoppressione e mucosite, aritmie mortali da ipopotassiemia.
361
- ALTRETAMINA
Come l‘ amsacrina è 1 intercalatore tra le coppie di basi di DNA, distorcendo la
doppia elica con rottura dei filamenti. Si usa x il cancro ovarico avanzato ed è
somministrabile x os. Provoca nausea, vomito, neurotossicità periferica e centrale,
nefrotossicità ed epatotoxicità, rash cutanei e prurito.
362
- TRETINOINA (Etretinato o Isotretinoina) è l‘isomero trans dell‘Acido Retinoico
(forma acida della vitamina A); si usa x la leucemia promielocitica acuta,
promuovendo 1 differenziazione terminale che fa perdere al promielocita la
capacità di proliferare (nella leucemia promielocitica acuta si riscontrano
modificazioni del recettore  per l‘ acido retinoico); si usa anche x trattare l‘ acne,
la psoriasi e i danni da esposizione ai raggi solari. Provoca sindrome da acido
retinoico(con febbre, dispnea, versamento pleurico, ipotensione, edemi),
pancreatite, vertigini, confusione, ansia. L'Isotretinoina ( Roaccutan ) è un
farmaco indicato nelle forme gravi di acne nodulo-cistica, resistente a precedenti
terapie, in particolare acne cistica e conglobata. Il farmaco è teratogeno se
impiegato in gravidanza.Sono stati segnalati nel corso della terapia con
Isotretinoina casi di depressione, psicosi e, raramente, idee suicidarie , tentativi di
suicidio, suicidio.In alcuni soggetti che hanno presentato uno stato depressivo la
sospensione della terapia ha interrotto il quadro psichiatrico, che è riapparso con la
riassunzione del farmaco. Non è stato stabilito l'esatto meccanismo di azione
all'origine di questi fenomeni, e non sempre la sospensione della terapia è stata
sufficiente a garantire una completa risoluzione della sintomatologia psichiatrica.
- IMATINIB – (Glivec) Indicazioni approvate: Trattamento di pazienti adulti con
leucemia mieloide cronica con cromosoma Philadelphia (bcr-abl) positivo in fase
cronica dopo il fallimento della terapia con interferone alfa, o in fase accelerata o
in crisi blastica. La leucemia mieloide cronica (LMC) è un disordine maligno delle
cellule staminali emopoietiche, caratterizzato clinicamente da una abnorme
produzione di granulociti, marcata iperplasia mieloide del midollo e
splenomegalia. La LMC ha una incidenza annua di 1-2 casi ogni 100.000; in Italia
si ammalano 800-1.000 persone all'anno. L'età mediana di presentazione è 53
anni. Nel 40% dei casi, i pazienti sono inizialmente asintomatici e la diagnosi può
essere casuale, in seguito ad un emocromo che rivela una conta anomala dei
globuli bianchi (>25.000/ml) e una trombocitosi. In altri pazienti, è
l'approfondimento in presenza di sintomi non specifici come stanchezza,
anoressia, perdita di peso, che porta alla diagnosi. Nel 95% dei pazienti con LMC,
le cellule del midollo osseo sono portatrici di un cromosoma più corto, chiamato
cromosoma Philadelphia, risultante da uno scambio di materiale genetico tra il
cromosoma 9 e il 22. Questa traslocazione crea un gene di fusione, denominato
bcr-abl, codificante una proteina anomala, la tirosina chinasi (un enzima), che
tramite fosforilazione delle proteine effettrici favorisce la proliferazione
incontrollata delle cellule emopoietiche. Nella prima fase della malattia (fase
cronica, con eccessiva produzione di granulociti da parte del midollo), il
trattamento di riferimento è rappresentato dall'interferone alfa (Intron A, Roferon)
che induce una risposta ematologica completa (normalizzazione dei valori nel
sangue periferico) nel 75% dei casi e una risposta citogenetica (riduzione o
scomparsa delle cellule con cromosoma Philadelphia nel midollo) nel 35%,
prolungando la sopravvivenza dei pazienti. L'aggiunta di citarabina (Aracytin)
aumenta il tasso di risposta, ma anche la tossicità. Nella fase avanzata (fase
accelerata o in fase blastica), le cellule blastiche immature rappresentano più del
363
50% delle cellule midollari e la malattia diventa estremamente aggressiva e non
responsiva alla terapia (che è la stessa della fase acuta); la prognosi è infausta. Col
trattamento tradizionale, la sopravvivenza mediana è di circa 5 anni, ma il range è
molto ampio. In alcuni pazienti con forma aggressiva, l'aspettativa di vita è in
termini di mesi, mentre in altri con LMC indolente, responsiva ai farmaci, la
sopravvivenza è di 10 o più anni. Nei pazienti più giovani (<40 anni), il trapianto
allogenico di midollo tra fratelli HLA-identici rappresenta il trattamento
risolutivo: è in grado di guarire il 60-70% dei pazienti con LMC in fase cronica, il
15-25% dei pazienti in fase accelerata e una percentuale inferiore al 15% di quelli
in fase blastica. L'imatinib inibisce in modo specifico la proteina oncogena bcrabl, competendo con l'ATP (adenosintrifosfato), il ligando fisiologico della brcabl, per lo stesso sito all'interno della proteina e impedendo alla tirosina chinasi di
trasmettere alle cellule del midollo i segnali che causano iperproduzione di globuli
bianchi. In uno studio di fase 1 su pazienti con LMC in fase cronica non
responsivi o intolleranti all'interferone alfa, si è ottenuta una risposta ematologica
completa (dimezzamento del numero di globuli bianchi) in 53 dei 54 pazienti
trattati con almeno 300 mg al giorno di imatinib; nel 54% si è ottenuta una
risposta citogenetica, che nel 13% dei pazienti è risultata completa. In un altro
studio simile di fase 1, 58 pazienti sono stati trattati con dosi crescenti da 300 a
1.000 mg al giorno; una risposta ematologica completa è stata raggiunta in 8
pazienti, 4 tra i 38 pazienti con LMC in fase blastica e 4 tra i 20 pazienti con CML
in trasformazione linfoblastica o acuta positivi al cromosoma Philadelphia. Nella
maggior parte dei casi, le risposte sono state di breve durata; i pazienti con forma
linfoide sono tutti recidivati nell'arco di 4 mesi. I tre studi di fase 2 sinora
realizzati hanno arruolato più di 1.000 pazienti. In 532 pazienti con LMC in fase
cronica nei quali l'interferone aveva fallito, l'imatinib (400 mg al giorno) ha
indotto una risposta ematologica completa nel 95% e una risposta citogenetica
completa nel 41% dei pazienti. Su 235 pazienti con LMC in fase accelerata,
(imatinib 400 mg/die nel 33% dei pazienti, 600 mg/die nel 67%) si è ottenuta una
risposta ematologica completa nel 34% e una risposta citogenetica completa nel
17% dei pazienti. Su 260 pazienti con LMC in fase blastica, (600 mg/die di
imatinib nell'86%) solo il 7% ha presentato una risposta ematologica e
citogenetica completa. Il tempo mediano per ottenere una risposta ematologica è
stato di 4 settimane; nella maggioranza dei pazienti in fase cronica e accelerata, le
risposte sono durate più di 6 mesi. A tutt'oggi non è, però, possibile stabilire la
durata della risposta e gli effetti a lungo termine dell'imatinib, in considerazione
della dimostrata capacità di resistenza dalle cellule neoplastiche del midollo. Il 2%
dei pazienti in fase cronica o accelerata e il 5% di quelli in fase blastica hanno
sospeso il trattamento a causa di effetti indesiderati gravi. Gli effetti indesiderati
hanno avuto una incidenza maggiore nella LMC avanzata, ma non è chiaro se
questo derivi dalla fase della malattia o dalle dosi più elevate di imatinib
utilizzate. I disturbi più frequenti sono stati nausea (58-71%) e vomito (30-55%),
edemi (56-71%), crampi muscolari (26-50%), diarrea (37-53%), rash cutanei (3443%), cefalea (26-30%). La nausea è meno frequente quando l'imatinib viene
364
assunto con i pasti e un bicchiere di acqua. Gli edemi sono particolarmente
fastidiosi; nel 3% dei pazienti con MLC in fase accelerata e nel 6% di quelli in
fase blastica si sono osservati versamenti pleurici, ascite o edema polmonare con
un decesso. Neutropenia (34-63%) e piastrinopenia (17-60%) possono richiedere
l'interruzione del trattamento. L'imatinib viene metabolizzato a livello epatico dal
citocromo P450; l'assunzione contemporanea di farmaci induttori enzimatici come
la fenitoina e la carbamazepina ne riducono i livelli plasmatici e l'efficacia.
L'imatinib si è dimostrato efficace anche nel trattamento del sarcoma stromale
gastrointestinale chemioresistente, un tumore raro che presenta una tiroxina
chinasi (c-kit) simile al bcr-abl. L'imatinib è stato utilizzato ed è in corso di studio
in altri tipi di tumori maligni (es. polmonari, prostatici, cerebrali). In questi tipi di
tumori solidi la tiroxina chinasi mutata o sovraespressa sembra però essere meno
importante nel processo di proliferazione cellulare di quanto non sia nella LMC.
- ELLIPTICINA è un altro inibitore delle topoisomerasi I
7. ORMONI (Vedi anche terapia ormonale)
A. ANDROGENI
Stimolano i rec x gli androgeni.
- TESTOSTERONE- Stimola i rec x gli androgeni
Tox: ritensione di liquido, mascolinizzazione, ittero colestatico
B. ANTIANDROGENI
Bloccano i rec x gli androgeni
- FLUTAMIDE : nessuna tox (epatotox)
- ESTRAMUSTINA: è 1 agente alchilante il recettore x gli androgeni
irreversibilmente
- NILUTAMIDE
- BICALUTAMIDE
365
C. ESTROGENI
Stimolano il rec x gli estrogeni
- DIETILSTILBESTROLO : raramente nausea e vomito, ritenzione di
liquidi,femminilizzazione, metrorragie
- POLIESTRADIOLO
- FOSFESTROLO
- ETINILESTRADIOLO
D. ANTIESTROGENI
Bloccano reversibilmente il rec x gli etrogeni
- TAMOXIFENE tox : Tumore all‘utero (dopo 4 anni di terapia), dermatiti,disturbi
simili a quelli della menopausa, riduzione della vista (cataratta), ematotoxico
- TOREMIFENE
- FULVESTRANT Il Faslodex ( Fulvestrant ) è un nuovo farmaco antitumorale per
il trattamento del carcinoma metastatizzato con recettori ormonali positivi nelle
donne in postmeopausa con progressione della malattia dopo terapia
antiestrogenica. L'FDA ha dato la propria approvazione sulla base di due studi
clinici di fase III , che hanno confrontato il Fulvestrant (250 mg una volta al mese)
con l'inibitore dell'aromatasi, Anastrozolo (1 mg/die per os ; Arimidex ).
Tutte le donne che hanno preso parte agli studi clinici erano in postmenopausa ed
erano state precedentemente trattate con terapia ormonale (nella maggior parte dei
casi con Tamoxifene). In questi studi è emerso che il Fulvestrant è efficace
almeno quanto Arimidex. I vantaggi offerti dal Faslodex sull'Arimidex sono: a) la
maggior durata della risposta ; b) migliore compliance (una sola somministrazione
al mese). I due farmaci hanno presentato effetti indesiderati comparabili: vampate
di calore, nausea, astenia, e cefalea. Reazioni al sito di iniezione (lievi e
transitorie) si sono presentate nell'1% dei pazienti trattati con Faslodex.
Il Fulvestrant è un antagonista del recettore dell'estrogeno. Differisce dagli
inibitori dell'aromatasi, che riducono la quantità di estrogeno e dal Tamoxifene
366
che blocca il recettore dell'estrogeno, perché degrada i recettori degli estrogeni
nelle cellule tumorali mammarie.
E. PROGESTINICI
Stimolano il rec x il progesterone
- IDROXI-PROGESTERONE
- MEDROXI- PROGESTERONE-
F. INIB. DELLA STEROIDOGENESI
- AMINOGLUTETIMMIDE
Inibisce la sintesi degli steroidi bloccando 2 enzimi: l‘ AROMATASI e la
DESMOLASI
tox: neurotoxicita‘, disturbi della visione
- MITOTANO
Riduce la sintesi degli ormoni prodotti dal surrene
367
-
FORMESTANO
ANASTROZOLO inibitore non steroideo dell‘ aromatasi
LETROZOLO inibitore non steroideo dell‘ aromatasi
EXEMESTANE inibitore non steroideo dell‘ aromatasi
G. ANALOGHI DEL GnRH
Sono degli agonisti dell‘ ormone che determina il rilascio di gonadotropine con 1
riduzione nella sintesi di androgeni da parte del testicolo
Tox: ginecomastia, edema, nausea, vomito, trombosi
- GOSERELINA
- LEUPRORELINA
- BUSERELINA
H. ANALOGHI DELLA SOMATOSTATINA
- OCTREOTIDE
tox: nausea e vomito
I. CORTICOSTERODI
- PREDNISONE
tox: ritensione di liquidi, ipertensione , diabete, faccia a luna piena, aumento
sensibilita‘ alle infezioni
L. INIB della 5 alfa REDUTTASI
FINASTERIDE : x l ipertrofia prostatica benigna
DUTASTERIDE ( Avodart ) nel trattamento dell'ipertrofia prostatica. La Dutasteride
si differenzia dalla Finasteride ( Proscar ) per essere il primo inibitore della 5-alfa
reduttasi in grado di inibire entrambi gli enzimi ( isoenzima di tipo 1 e di tipo 2 ) che
convertono il testosterone in diidrotestosterone ( DHT ) a livello prostatico e di altri
tessuti. La Dutasteride riduce i livelli di DHT del 90%. Studi clinici, che hanno
coinvolto più di 4.300 pazienti per 2 anni, hanno mostrato che il farmaco è in grado
di ridurre il rischio di incapacità ad urinare del 57% e la necessità a sottoporsi ad
operazione chirurgica del 48%. Gli effetti indesiderati sono risultati lievi-moderati.
Nel 4,7% degli uomini che hanno fatto uso della Dutasteride si è osservata impotenza
e nel 3% calo della libido. Si sono , inoltre , presentati : disturbi di eiaculazione e
ginecomastia.
368
8. TERAPIA ―ALTERNATIVA‖ (!?!?!?) DEI TUMORI
I principi attivi estratti da piante medicinali sono innumerevoli.Sino ad oggi sono
state studiate circa 3.000 piante,sulle oltre 25.000 specie esistenti, il che dimostra
quanto ci sia ancora da attingeredal più grande laboratorio chimico del nostro pianeta:
la NATURA.
LE CURE ALTERNATIVE NON SI PONGONO IN ALTERNATIVA AI
PROTOCOLLI TRADIZIONALI, ma possono rappresentare un complemento ed
un'integrazione in un contesto di collaborazione fra tutto ciò che è ricerca, sia essa
chimica o naturopatica. Statisticamente è provato che la chemioterapia è
indubbiamente efficace in alcuni tipi di tumori, in particolare in quelli del sangue.Fra
questi i linfomi di Hodgkins (80% circa di guarigioni), i linfomi non-Hodgkins (5060%), le leucemie acute ed in misura minore quelle croniche, i tumori dei testicoli
(più del 90% di guarigione). Per tutti gli altri tipi di tumore che colpiscono un organo,
la chemioterapia, purtroppo, ha un'efficacia inferiore. Il concetto di base su cui
ruoterà probabilmente il futuro della terapia tumorale è orientato verso quelle
sostanze con proprietà angiostatiche che inibiscono la neovascolarizzazione del
tumore con conseguente impossibilità di accrescimento, e verso quelle sostanze che
favoriscono la modulazione del sistema immunitario.Il Prof. Folkman, negli USA, sta
riscuotendo notevole interesse nel mondo scientifico con l'angiostatina, anche se al
momento non è stata ancora sperimentata sull'uomo.La somatostatina detiene
proprietà analoghe ed inoltre ha un'azione inibente sull'ipofisi e, per tale motivo, sullo
sviluppo del tessuto neoplastico (da "Colloqui", Prof. Di Bella). Le vitamine A, C, D,
E ed il calcio, con somatostatina, melatonina, bromocriptina e ciclofosfamide,
rappresentano il protocollo di base della Terapia Di Bella. Molte sono le sostanze
derivate da piante medicinali che hanno un'azione modulatrice del sistema
immunitario con effetti antitumorali:
 l'aloe, balzato alla cronaca per l'utilizzo di Padre Romano, un francescano del
Convento di Betlemme;
 l'olio di garofano, oltre ad un composto a base di lievito, alghe marine, minerali
e piante, messi a punto da un altro francescano, il Dr. Padre Emilio Ratti,
iridologo, biologo, farmacista e med ico chirurgo;
 l'uncaria, studiata in Brasile dal Dr. Biotti, botanico, dove viene usata
empiricamente come antitumorale;
 la clorella, un'alga marina studiata dal Dr. Dadamo, biologo ed erborista;
 la Vitis vinifera, studiata dal Dr. Piterà, docente in omeopatia;
 il Larus nobilis ed il Buxus sempervirens consigliati da diversi naturopati per
alcuni tipi di tumore;
 il Celastrus scadens e l'Actinidia chinensis, ancora in fase sperimentale;
 la corteccia di betulla bianca, studiata dal Dr. Meschi, iridologo e ricercatore in
fitoterapia, sulla quale è apparso alcuni mesi fa un articolo su "Tempo Medico"
369
dove sembra che il mondo scientifico confermi che l'acido betulinico dia l'input
di apoptosi alla cellula del melanoma.
Altre ricerche su piante medicinali sono volte a contrastare le epatiti B e C anche in
fase cirrotica, cardiopatie ed ipertensione arteriosa, nonché patologie virali fra cui
l'HIV.Vi sono, inoltre, anche sostanze naturali ed oligoelementi usati in naturopatia,
come il silicio, il magnesio chelato, il germanio, il selenio, e la cartilagine di squalo,
quest'ultima, fra l'altro, utilizzata anche dal Prof. Di Bella e da Padre Emilio Ratti.
Nel 1995 presso l'Istituto di Patologia Generale dell' Università di Milano è stato
eseguito uno studio su un composto a base di aloe, germanio ed altre sostanze
naturali, messo a punto sempre dal Dr. Meschi. Il preparato (denominato germanio
composto) è stato somministrato ad una serie di topi nei quali erano state inoculate
250.000 cellule del tumore Yoshida AH 130 (tumore polmonare particolarmente
aggressivo). Dopo 7 giorni si è potuto constatare che i ratti ai quali era stato
somministrato il preparato avevano sviluppato altre 250.000 cellule cancerogene per
un totale di 500.000 cellule, mentre i ratti ai quali non era stato somministrato il
preparato avevano sviluppato, nello stesso periodo, oltre 3.700.000 cellule
neoplastiche, con una massa tumorale 15 volte superiore rispetto agli altri.
Un'efficace integrazione alle terapie naturali si sta rivelando la tecnica di
psicodinamica elaborata dal Dr. Masuelli, medico chirurgo, specialista in
neuropsichiatria.Tale tecnica, che spazia dall'ipnosi al riequilibrio di tutto il sistema
energetico, si basa sulla stimolazione del naturale processo di difesa dell'organis mo,
che attiva ogni risorsa psicoimmunologica per contrastare quei tumori a rapido
accrescimento cellulare, particolarmente favoriti da scompensi immunoenergetici.
IRIDOLOGIA
La microsemeiotica oftalmica, meglio conosciuta come "iridologia", è considerata un
metodo di indagine per individuare un'eventuale diatesi tumorale.Tale tecnica nasce
ai primi del '900 per l'intuizione del Dr. Von Peczely, medico chirurgo, specialista
oculista e docente universitario di anatomia e fisiologia.Con l'ausilio di un
iridoscopio, che varia da 10 a 50 ingrandimenti, viene esaminato attentamente
l'apparato oftalmico, alla ricerca di segni codificati e spesso patognomonici che
possono sottintendere lesioni organiche.
Tali segni hanno origine da una dilatazione o costrizione dei vasi ciliari per effetto
della dinamica fisiologica di riflesso.E' importante sottolineare che l'indagine
iridologica non è una tecnica diagnostica propriamente intesa, ma un test sullo stato
energetico degli organi interni, per cui è ragionevole ipotizzare che un grave
scompenso energetico possa sottintendere una patologia, ma questa potrà essere
diagnosticata solo con esami obiettivi ed indagini cliniche appropriate.Il test
iridologico consente inoltre di individuare eventuali metastasi omeopatiche, ossia
sintomatologie di un organo dovute a squilibri energetici di altri organi
apparentemente sani, sui quali è necessario intervenire per risolvere il disagio
sintomatico.Nel 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, sull'ondata degli scambi
scientifici con l'ex Unione Sovietica, si è appreso, con un certo stupore, che la Russia
è il paese in cui la ricerca iridologica è più avanzata, in quanto da oltre 40 anni la
microsemeiotica oftalmica viene sistematicamente praticata negli ospedali.
370
Innumerevoli sono i segni scoperti dai russi, fra i quali la predisposizione all'infarto
miocardico ed il cronorischio, rilevato in contemporanea anche da un altro ricercatore
italiano, il Dr. Lorito, medico chirurgo, specialista otorinolaringoiatra. In Italia la
scuola più avanzata fa capo al Dr. Padre Emilio Ratti, attualmente chirurgo in Africa.
Uno dei collaboratori prosecutore delle sue ricerche è il Dr. Meschi. Attualmente la
tecnica iridologica rappresenta un valido strumento integrativo per pilotare le
successive indagini cliniche verso una diagnosi precoce e mirata.
AZIONE ANTITUMORALE DEI POLISACCARIDI VEGETALI
L'aloe ed il vischio sono state oggetto di un approfondito studio relativo ai
polisaccaridi in esse contenuti.Da tale ricerca è emerso il possibile utilizzo delle
sostanze di cui sopra nelle terapie antitumorali con due prospettive di impiego:
 la stimolazione delle cellule immunocompetenti
 l'inibizione dell'angiogenesi
Questo secondo aspetto delle proprietà angiostatiche dei polisaccaridi di aloe e
vischio è in piena sintonia con la sperimentazione che sta effettuando negli USA il
prof. Folkman sull'utilizzo dell'angiostatina nella lotta contro i tumori.Se poi i
polisaccaridi, per pura coincidenza, fossero controparte di un determinante di
membrana cellulare carcinogena, si potrebbe avere la remissione del tumore per
agglutinazione.Sull'uso di aloe e vischio è necessario dosare con cautela quest'ultimo
per la tossicità sul sistema nervoso centrale e le proprietà ipotensive dei suoi principi
attivi.
CARDO MARIANO E TUMORI
In Germania è stato sperimentato a cura del Prof. Steinegger, che ne ha pubblicato i
risultati su "Pharmakognosie und Phitopharmazie", il cardo mariano come
complemento nelle terapie antitumorali. I principi attivi più efficaci sono risultati la
Silimarina, la Silicristina, la Silibina e la Silidionina. I risultati più incoraggianti si
sono evidenziati nei confronti delle cellule del carcinoma mammario, prostatico e del
melanoma. Il cardo mariano è tuttora oggetto di ulteriori sperimentazioni. Sino ad
oggi i derivati di sintesi di tale pianta vengono usati con successo solo nelle
epatopatie, compresa la cirrosi, ma è presumibile che in un prossimo futuro l'utilizzo
dei principi attivi del cardo mariano venga esteso anche ad altre patologie.
CHEMIO e RADIO: CONTENIMENTO DEGLI EFFETTI COLLATERALI
Nella Repubblica Popolare Cinese sono state sperimentate alcune radici di piante che
opportunamente associate hanno ridotto di oltre il 50% gli effetti collaterali provocati
dalla chemioterapia e dalla terapia radiante. Con radice di Astragali, Codonopsis,
Ganodermae, Panacis e rizoma di Pinelliae e Dioscoreae si sono ridotte l'astenia e la
caduta di capelli durante cicli di chemio, mentre la radice di Polygoni, Peonia,
Liquirizia, Schisandra, Cartamo ha contenuto gli effetti collaterali della radioterapia.
8
IMMUNOFARMACOLOGIA
Il sistema immunitario è finalizzato a proteggere l‘ ospite dall‘ invasione di
microrganismi patogeni e ad eliminare le malattie. Inoltre esso è in grado di
371
riconoscere i suoi costituenti come ―self‖ e protegge sestesso dal ―non self‖(patogeni)
contribuendo alla sopravvivenza, al controllo omeostatico dello sviluppo ed al
mantenimento dell‘ integrità di organi e tessuti.
La protezione dalle infezioni e dalle malattie è fornita da 2 principali componenti: il
sistema immunitario innato e il sistema immunitario adattabile.
(a) il sistema immunitario innato
E‘ la prima linea di difesa contro 1 sfida antigenica ed include componenti fisiche(ad
es. pelle), biochimiche (ad es. complemento, lisozima) e cellulari(macrofagi,
neutrofili). Se tali meccanismi hanno successo, il patogeno viene eliminato e la
malattia ha 1 durata limitata.
(b) il sistema immunitario adattabile.
Nel momento in cui la risposta imunitaria innata risulta inadeguata a fronteggiare
l‘infezione, viene mobilitato il sistema immunitario adattabile. Esso è mediato da (1)
sostanze presenti nel siero (immunità umorale) oppure da (2) cellule (immunità
cellulare) e permette l‘ innesco di 1 catena di meccanismi x ottenere 1 reazione che
rapidamente si amplifica.
GLI ELEMENTI DEL SISTEMA IMMUNITARIO
1. L‘ ANTIGENE
- E‘ qualsiasi sostanza estranea all‘organismo ospite capace di provocare una
risposta immunitaria nell‘ ospite, generando in esso anticorpi specifici. E‘ formato
da 2 parti: l‘APTENE + il CARRIER . L‘aptene è 1 sostanza di per sé incapace di
indurre la produzione di anticorpi, ma che ne diventa capace se legata a 1 proteina
detta Carrier.
2. I GRANULOCITI (o leucociti polimorfonucleati, PMN)
- Sono cellule che prendono origine nel midollo osseo e pattugliano continuamente
l‘organismo attraverso il circolo sanguigno, difendendoci dal patogeno.
- Si possono suddividere in base alla colorazione che danno i loro granuli in 3
classi: EOSINOFILI (si colorano con coloranti acidi), BASOFILI (si colorano con
coloranti basici), NEUTROFILI (si colorano con coloranti sia basici che acidi).
- La loro azione è guidata da diversi segnali prodotti a livello tessutale (fattori
chemiotattici) come proteine secrete da altri leucociti, sostanze prodotte dal
metabolismo batterico, componenti attivati dalla cascata del complemento, che,
legandosi a dei recettori sulla membrana cellulare dei granulociti, li attivano e li
fanno diventare + aderenti alle superfici (emissione di pseudopodi). Così tali
granulociti attivati fuoriescono dai tessuti e vanno nella zona d‘ infezione in cui il
segnale è stato rilasciato (tale modalita‘ di migrazione è detta ―chemiotassi‖). Una
volta giunti nella zona d‘infezione i granulociti possono fagocitare i
microrganismi invasori e ucciderli, svuotando all‘esterno il contenuto dei loro
granuli.
- Caratteristiche dei granulociti:
372
a) NEUTOFILI Le sostanze contenute nei granuli dei neutrofili e liberate sono il
Lisozima (enzima che taglia 1 legame tra gli zuccheri che costituiscono la
membrana cellulare dei batteri detta peptidoglicano) e la Lactoferritina (proteina
che ha 1 azione antibatterica legandosi al Ferro e sottraendolo al metabolismo
batterico)
b) EOSINOFILI Le sostanze contenute nei granuli degli eosinofili e liberate sono
enzimi che esercitano 1 intensa attività antibatterica e sono efficaci nella difesa
dai parassiti pluricellulari (vermi)
c) BASOFILI Tali granulociti sono molto simili alle mast-cellule (mastociti). Le
sostanze contenute nei granuli dei basofili e liberate sono istamina (con azione
favorente l‘ infiammazione e inibente il processo batterico), radicali di ossigeno a
effetto antibatterico e fattori chemiotattici.
3. MONOCITI-MACROFAGI
- Sono cellule di origine midollare con funzioni importantissime nell‘ ambito
dell‘immunità, secernendo diversi tipi di molecole, captando e reagendo a molti
stimoli grazie all‘interazione e alla cooperazione con altre cellule deputate alla
difesa dell‘ organismo.
- I macrofagi sono dei grandi mangiatori; essi posseggono la capacità di ingerire 1
grande quantità di sostanze tramite meccanismo di fagocitosi(endocitosi) o
pinocitosi(x liquidi).
- Sulla membrana dei macrofagi ci sono dei recettori (quelli x la porzione Fc delle
Immunoglobuline o x i Fattori del Complemento ) che servono a dirigere funzioni
come Fagocitosi e Citotossicità cellulare anticorpo-dipendente(meccanismo di
uccisione di agenti patogeni tramite immunoglobuline[dette anticorpi]).
- I macrofagi sono capaci di secernere 1 grande varietà di sostanze come Enzimi
lisosomiali, il Lisozima e in particolare l‘ Interleuchina-1, che è 1 insieme di 2
glicoproteine (alfa e beta) che facilitano l‘attivazione dei linfociti T, promuovono
la moltiplicazione dei fibroblasti e sono degli endopirogeni(cioè sono sostanze che
determinano la febbre agendo sul sistema di regolazione termostatica
dell‘organismo.
- I macrofagi possono riconoscere con estrema precisione la struttura da fagocitare:
infatti la struttura estranea (antigene patogeno) viene ricoperta in superficie o da 1
dei Fattori attivati della cascata del Complemento (come il C3b) oppure da
anticorpi (immunoglobuline). Tale processo è detto opsonizzazione. Mediante l‘
opsonizzazione, quindi, il macrofago dispone di 1 + preciso meccanismo di
riconoscimento dell‘antigene.
4. COMPLESSO MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILITA‘ (MHC)
- Le strutture o proteine di membrana, che sono così importanti nel determinare l‘
atteggiamento di 1 linfocito nei confronti della cellula con cui è venuto a contatto,
sono il frutto di un particolare gruppo di geni che viene indicato col nome di
Complesso Maggiore di Istocompatibilità.
- Esso è 1 insieme di geni presente in tutti i vertebrati e che nell‘ uomo è localizzato
sul cromosoma 6.
373
- I prodotti di questi geni sono di 3 tipi diversi :
- a)prodotti di I classe (glicoproteine presenti sulla membrana di tutte le cellule) ;
- b)prodotti di II classe (glicoproteine costituite da 2 catene, alfa e beta, entrambe
proteine integrali di membrana) ;
- c)prodotti di III classe (non sono proteine di membrana, ma vengono secrete all‘
esterno) ;
5. LINFOCITI
- Sono cellule molto differenti x forma e compiti rispetto sia ai granulociti che ai
macrofagi. Ogni linfocito possiede sulla membrana 1 recettore specifico x 1 solo
antigene : ciò significa che è in grado di riconoscere e legarsi a 1 solo dei
tantissimi antigeni che potrebbero penetrare nell‘organismo.
- I linfociti circolano nel torrente ematico , ma stazionano anche in particolari
organi detti linfatici(midollo, milza, linfonodi, placche di Peyer, tonsille).
- Il linfocito 1 volta riconosciuto l‘ antigene va incontro a 1 serie di divisioni
mitotiche; così il clone cellulare che da esso origina diventa + numeroso : tale
espansione cellulare determina l‘ aumento del numero di linfociti capaci di reagire
verso quel determinato antigene.
- Alcuni linfociti detti ―memoria‖, dopo aver riconosciuto l‘antigene (generando 1
risposta immunitaria primaria), vivono x lungo tempo conservando 1 memoria del
riconoscimento antigenico. Infatti i linfociti ―memoria‖, che hanno già
riconosciuto l‘ antigene, venendo nuovamente a contatto con lo stesso antigene
danno origine a 1 risposta immunitaria detta secondaria molto + rapida e intensa.
- Dal punto di vista funzionale i linfociti sono distinti in 2 principali tipi: linfociti T
e linfociti B.
- LINFOCITI T: devono il loro nome al fatto che 1 volta prodotti nel midollo osseo
migrano nel Timo, organo retrosternale dove avviene la loro maturazione. In tale
organo i linfociti non ancora maturi, detti pre-T, vengono in contatto molto intimo
con le cellule epiteliali, le quali presentano, ai recettori x l‘ antigene dei linfociti,
le molecole del complesso MHC di classe I e II espresse sulla loro membrana
cellulare. Infatti il riconoscimento dell‘ antigene da parte dei linfociti T avviene
tramite 1 recettore di membrana chiamato Ti (è 1 proteina di membrana a 2
subunità), che possiede sequenze amminoacidiche variabili da linfocito a linfocito
x riconoscere antigeni diversi. Sui linfociti T, il recettore Ti è associato anche a 1
altra caratteristica struttura proteica di membrana detta CD3, che ha il compito di
segnalare al nucleo l‘ avvenuto legame tra il recettore e l‘ antigene. Il complesso
Ti-CD3 ha la funzione di riconoscere esclusivamente molecole MHC di classe I o
II modificate. A seconda della classe di molecole MHC, i linfociti T maturi
possono essere divisi in 2 tipi fondamentali:
a) LINFOCITI T HELPER: quelli che esprimono sulla loro superficie di
membrana, oltre al complesso Ti-CD3, anche 1 particolare antigene chiamato
CD4, e che sono detti HELPER (aiutanti) che vanno alla ricerca di molecole
MHC di classe II alterate o di frammenti antigenici ad esse associati;
374
b) LINFOCITI T SUPPRESSOR: quelli che esprimono sulla loro superficie di
membrana, oltre al complesso Ti-CD3, anche particolare antigene chiamato CD8
e che sono detti SUPPRESSOR o CITOTOSSICI o SOPPRESSORI e che vanno
alla ricerca di molecole MHC di classe I alterate o di frammenti antigenici ad
esse associati;
Vediamo la sequenza di azione:
1) I linfociti T helper x riconoscere l‘ antigene devono venire in contatto con i
macrofagi, che gli presentano l‘antigene.
2) Cosi i linfociti T helper, dopo aver riconosciuto l‘ antigene, si attivano e vanno
incontro a divisione cellulare, producendo altri linfociti T helper figli.
3) Quest‘ ultimi, nel caso di 1 nuovo contatto con la struttura alterata riconosciuta
inizialmente, secernono l‘ INTERLEUCHINA-2, la quale a sua volta ha azione ha
azione sui linfociti T suppressor, che abbiano riconosciuto lo stesso antigene
presentatogli dai macrofagi, in associazione ai prodotti MHC di classe I.
4) I linfociti T suppressor, dopo aver riconosciuto l‘antigene, esprimono sulla loro
membrana i recettori x l‘ INTERLEUCHINA-2 , in modo da poterla captare se
secreta dai linfociti T helper.
5) Il legame interleuchina-2 e recettore induce l‘attivazione dei linfociti T
suppressor, che vanno incontro a divisione cellulare, producendo altri linfociti T
suppressor figli capaci di uccidere specificamente e con precisione tutte le cellule
che presentano quel particolare antigene associato ai prodotti MHC di classe I.
6) L‘uccisione avviene in seguito allo stabilirsi di 1 contatto tra il recettore T8 del
linfocito T suppressor con gli antigeni MHC di classe I della cellula bersaglio e al
conseguente rilascio da parte del linfocito T suppressor di granuli contenenti
Perforine, proteine che danneggiano la membrana della cellula bersaglio e ne
provocano la morte.
- LINFOCITI B: anch‘ essi prendono origine nel midollo osseo, e sono detti così
xchè negli uccelli la loro maturazione è influenzata da 1 organo linfatico situato in
prossimità della cloaca, detto Borsa di Fabrizio. Essi si localizzano nei linfonodi,
dove costituiscono ammassi cellulari ,detti follicoli primari e solo 1 piccola %
rimane in circolo.
- I linfociti B producono e secernono 1 straordinario tipo di gliciproteine: gli
ANTICORPI , detti pure IMMUNOGLOBU-LINE , che rappresentano il 20% di
tutte la proteine presenti nel siero plasmatico. Però non tutti gli anticorpi prodotti
vanno a far parte delle proteine presenti nel plasma; alcuni rimangono anco-rati
alla membrana plasmatica dei linfociti B, dove funzionano da recettori x l‘
antigene (compaino sulla membrana del linfocito prima le IgM e poi le IgD e poi
tutte le altre). In generale gli anticorpi hanno 1 caratteristica forma a Y che
consente ad ogni molecola di svolgere 1 duplice funzione : 1) legare l‘antigene
mediante i siti specifici situti all‘ estremità di ogni braccio della Y, e
successivamente utilizzare la coda della Y (detto frammento cristallizzabile o Fc
delle immunoglobuline) per legarsi a specifici recettori presenti sullamembrana di
alcuni tipi di leucociti e guidare alcune attivi-tà biologiche come la Fagocitosi e la
Citotossicità. La struttura fondamentale di 1 molecola di immunoglobulina
375
1)
2)
3)
1)
2)
3)
4)
a)
(anticorpo) è costituita da 4 catene polipeptidiche a 2 a 2 identiche: 2 catene L
(Light = leggero) di circa 200 amminoacidi e 2 catene H (Heavy = pesante) di
circa 400 amminoacidi. Nei mammiferi sono stati individuati 5 classi di
immunoglobu-line: IgA, IgD, IgE, IgG e IgM; ognuna di esse possiede 1 specifica
classe di catene H, che sono rispettivamente . Le IgG hanno 1 ruolo
importante nei processi di difesa dalle infezioni: tramite la loro regione Fc si
legano ai Macrofagi e ai Granulociti, permettendo loro di individuare
efficacemente il bersaglio da fagocitare; tramite sempre la loro regione Fc si
legano anche al 1° componente del complemento, attivando la cascata del
complemento che culmina con l‘uccisione del microrganismo. Le IgM si
producono nelle risposte primarie agli organismi infettivi e costituiscono il
recettore x l‘antigene dei linfociti B xchè dotate di 1 unica specificità di
riconoscimento; attivano anch‘esse la cascata del complemento. Le IgA sono gli
anticorpi + rappresentati nelle secrezioni (saliva, latte, lacrime, secrezioni
respiratorie) e sono 1 vero e proprio sistema difensivo x le mucose. Le IgD sono
presenti in grandi quantità sulla membrana di molti Linfociti B circolanti. Le IgE
pur trovandosi in piccole quantità nel siero plasmatico sono presenti sulla
superficie dei basofili e delle Mast-cellule (secernono istamina) agendo come
recettori x gli antigeni. L‘ avvenuto legame stimola la degranulazione di queste
cellule che, liberando istamina e altri mediatori provocano le manifestazioni
cliniche tipiche delle reazioni allergiche (asma, orticaria, febbre da fieno).

Oltre alle immunoglobuline di membrana i linfociti B possiedono altri
caratteristici recettori sulla loro membrana:
i linfociti B hanno dei recettori x gli antigeni di differenziazione, che riconosciuti
da specifici anticorpi monoclonali, permettono di caratterizzare e seguire il
percorso maturativo dei linfociti B.
I linfociti B con il sito combinatorio delle Ig di membrana possono, come i
granulociti e i macrofagi , fagocitare strutture estranee rivestite da anticorpi.
(ADCC = citotoxcità anticorpo dipendente)
Con il recettore C3b i linfociti B possono interagire con le strutture sulle quali si è
attivata la cascata del complemento.
Processo di attivazione dei linfociti B:
un linfocito B maturo viene a contatto con l‘ antigene che si lega specificamente
alle IgM o alle IgD di membrana del linfocito B
il linfocito B diviene così suscettibile di 1 serie di segnali (interleuchine) rilasciati
da 1 linfocito T helper, che abbia riconosciuto lo stesso antigene presentatogli da
1 macrofago o da 1 linfocito B stesso
Tali segnali sono delle interleuchine e cioè l‘ INTERFERON GAMMA, l‘
INTERLEUCHINA-2 e il Fattore di differenziazione dei linfociti B (BCDF), che
si legano con i loro recettori specifici sulla membrana dei linfociti B e inducono il
linfocito B a dividersi attivamente e a generare 1 clone di cellule figlie.
Da tali cellule figlie prenderanno origine 2 tipi di cellule:
le Plasmacellule: sono cellule a vita breve capaci di produrre e secernere 1 grande
quantità di anticorpi e destinate a morire (risposta primaria);
376
b) i linfociti B memoria: sono cellule a vita molto lunga con il compito di mantenere
il ―ricordo‖ dell‘ antigene che è stato riconosciuto x la prima volta dalla cellula
capostipite del clone. In seguito ad 1 nuovo contatto con tale antigene i linfociti B
memoria daranno vita ad 1 + rapida e intesa risposta anticorpale (risposta
secondaria).
6. CELLULE NATURAL KILLER
- Sono linfociti presenti nel sangue periferico e nella milza, capaci , senza essere
guidati da prodotti del complesso maggiore di istocompatibilità(MHC), di
uccidere spontaneamente 1 ampia varietà di cellule tumorali, cellule infettate da
virus e alcune cellule normali poco differenziate, come i fibroblasti fetali,i timociti
immaturi e le cellule staminali del midollo osseo.
- Tale classe di linfociti è costituita da 1 popolazione abbastanza eterogenea di
cellule: tra esse, quelle maggiormente responsabili dell‘attività citotossica dei
Natural Killer sono le LGL (Large Granular Lymphocytes = linfociti di grandi
dimensioni) che presentano sulla membrana alcune strutture recettoriali (detti
recettori NK) simili a quelle dei linfociti T, dei granulociti e dei monocitimacrofagi. In seguito al legame del linfocito Natural Killer con la cellula
bersaglio, mediato da 1 recettore NK (che riconosce 1 particolare struttura sulla
superficie della cellula bersaglio), si ha l‘ attivazione di meccanismi litici con il
rilascio, da parte dei Natural Killer, dei granuli citoplasmatici (contenenti
Perforine, simili a quelle rilasciate dai linfociti T suppressor) nella zona in cui è
avvenuto il legame con la cellula bersaglio.
- I linfociti Natural Killer esercitano anche importanti effetti di regolazione della
risposta immunitaria secernendo alcune linfochine ( Interleuchina-1,
Interleuchina-2 e Interferoni) con le quali possono regolare l‘attività di linfociti e
macrofagi e possono difendere l‘organismo dalle infezioni virali. Le linfochine
come l‘interferon e l‘interleuchina-2 a loro volta provocano 1 rapido aumento dei
linfociti Natural Killer.
7. IL COMPLEMENTO
- Il complemento è 1 complesso formato da 1 serie di proteine del siero plasmatico,
che integra l‘azione degli anticorpi nell‘uccidere le cellule e in particolare i batteri.
- Il complemento è formato da 1 decina di proteine solubili, dette C1, C2, C3, C4,
C5, C6, C7, C8, C9, Fattore B, Fattore D, proteine regolatorie circolanti nel
sangue. Esso è caratterizzato dal fatto che la trasformazione dei suoi component i
in enzimi attivi avvie ne con 1 sequenza ben preciso, mediante 1 meccanismo a
cascata , in cui ogni componente scisso e trasformato nella sua forma attiva, usa la
succesiva molecola del complesso come substrato, convertendolo nela sua forma
attiva. Quando questa serie di reazioni avviene sulla superficie di 1 cellula, si ha 1
serie di reazioni di attivazione che coinvolgono i componenti C1, C2, C3, C4,
Fattore B e Fattore D e successiva formazione di 1 complesso litico, formato da
C5, C6, C7, C8 e C9, che costituisce 1 canale che attraversa la membrana, con
assunzione per osmosi di H2O nella cellula e la sua conseguente lisi. La reazione
377
centrale dell‘intera sequenza è quella relativa alla scissione di C3 che può essere
attivato in 2 differenti modi con la Via Classica o la Via Alternativa del
Complemento.
8. LE INTERLEUCHINE
- Sono proteine di piccole dimensioni secrete dai linfociti durante la risposta
immunitaria. Tramite la secrezione di tali molecole 1 linfocito può guidare
l‘attività di 1 altro Linfocito, di 1 Monocito-Macrofago o dei Granulociti. Le
Interleuchine costituiscono 1 dei principali meccanismi di comunicazione fra le
cellule del sistema immunitario promuovendo e coordinando l‘attività delle altre
cellule.
- Tali molecole sono dette Interleuchine per sottolineare la loro capacità di mettere
in movimento (dal greco Kinèo) l‘intera-zione tra (inter-) i leucociti (leu-). Esse si
possono suddividere in Linfo-chine, se secrete dai linfociti, e Mono-chine, se
secrete dai Monociti-Macrofagi, anche se attualmente si tende a considerarle
genericamente come Cito-chine: fattori di crescita e di differenziazione che
regolano l‘attivazione cellulare, non solo limitatamente al sistema immunitario.
- L‘ INTERLEUCHINA-1 viene secreta dai Macrofagi in seguito ad 1 intensa
attivazione o in seguito alla fagocitosi di batteri penetrati attraverso 1 ferita. Essa
raggiunge l‘ipotalamo anteriore e provoca la modificazione della regolazione
termica dell‘organismo, determinando l‘insorgenza della febbre. Essa può ancora
stimolare i macrofagi o altri linfociti a secernere vari fattori che stimolano la
formazione dicolonie, con l‘aumento della produzione dei vari tipi di cellule
leucocitarie, specie dei granulociti neutrofili (si ha il fenomeno della Neutrofilia,
cioè l‘aumento in circolo del numero dei granulociti neutrofili a seguito di 1
infezione).
- L‘ INTERLEUCHINA-2 è 1 tipica linfochina ad azione locale ed il principale
fattore di crescita dei linfociti T.
- In alcuni casi si può avere 1 secrezione paracrina: le interleuchi-ne secrete da 1
linfocito si diffondono nelle vicinanze del linfocito x attivare delle cellule vicine.
Un esempio è l‘ INTERFERONE-GAMMA, che appartiene a 1 gruppo di
molecole dette INTERFERONI, capaci di impedire la diffusione delle infezioni
virali. Esistono 3 tipi di Interferoni: l‘ interferone-e l‘ interferone-, prodotti
dai da leucociti e fibroblasti; e l‘ interferone- prodotto dai linfociti T attivati. Gli
interferoni prodotti da cellule attivate o infettate da virus si legano a recettori di
cellule contigue, inducendole a produrre proteine antivirali. L‘ INTERFERONEGAMMA, oltre a svolgere questa attivitàantivirale , agisce come 1 vera e propria
linfochina, regolando molte funzioni immunitarie: inducendo l‘attivazione dei
macrofagi; determinando l‘aumento dell‘ espressione di membrana delle molecole
MHC; aumentando l‘ attività litica delle cellule Natural Killer.
- Oggi si producono tramite tecnologia del DNA ricombinante parecchie linfochine,
con lo scopo di utilizzare farmacologi-camente queste molecole dall‘elevato
potenziale terapeutico. Infatti 1 anomala secrezione di linfochne è direttamente
coinvolta in numerose patologie definite autoimmuni, capaci di determinare danni
378
tessutali anche mortali, che insorgono quando il sistema imunitario reagisce contro
i tessuti propri (il ―SELF‖) dell‘organismo. In tal caso potrebbe essere molto utile
la sintesi di molecole a funzione antagonista dei recettori delle linfochine, capaci
di legarsi ai recettori specifici e quindi di bloccare il segnale di attivazione, che
causa queste patologie. Un esempio di cio‘ ci è fornito dal BASILIXIMAB (vedi
in: altre sostanze ad azione immunosoppressiva).

IMMUNOPATOLOGIA
In alcuni casi i fenomeni immunitari non si risolvono in processi di difesa
dell‘organismo, poiché quando si manifestano in forma esagerata o inappropriata,
possono essere anche dannosi. Le manifestazioni patologiche dell‘ immunità possono
essere suddivise in fenomeni di :
1) Ipersensibilità;
2) Malattie Immunoproliferative;
3) Malattie Autoimmuni;
4) Immunodeficienze;
Vediamole una per una:
1. IPERSENSIBILITA‘
L‘ipersensibilità si riferisce a 1 risposta immunitaria che si manifesta in maniera
anomala, cioè in forme imponenti o inappropriate. I fenomeni di ipersensibilità
possono essere suddivisi in 5 tipi:
a) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO I (IMMEDIATA)
- E‘ responsabile dei fenomeni allergici , quali asma, febbre da fieno e orticaria. Si
manifesta pochi minuti dopo l‘esposizione a 1 antigene e dipende da 1
meccanismo di attivazione delle Mast cellule, che induce la loro degranulazione e
il conseguente rilascio dei mediatori, che innescano 1 processo infiammatorio:
1) l‘antigene che in questo caso è detto ALLERGENE viene riconosciuto dalle
IgE; 2) le IgE si legano alle Mast cellule tramite il loro frammento cristallizzabile
(Fc) allo specifico recettore presente sulla membrana delle cellule; 3) il legame tra
il frammento cristallizzabile (Fc) delle IgE e il recettore specifico delle Mast
cellule determina l‘apertura di canali del Ca+2, ingresso di ioni Ca+2 all‘ interno
della cellula, migrazione dei granuli verso la membrana cellulare, la fusione delle
loro membrane con quella citoplasmatica e il rilascio di granuli di Istamina. Essa
provoca aumento della permeabilità dei vasi e richiamo dei leucociti circolanti
nella sede della reazione allergica.
- Nel caso di individui già sensibilizzati per 1 determinato allergene, in cui le IgE
sono presenti in circolo in q.tà elevate, esse possono dare luogo a reazioni dette
ANAFILATTICHE, dove assistiamo a contrazione della muscolatura liscia,
aumento della permeabilità dei vasi, caduta della pressione sanguigna,
379
broncospasmo e collasso (stato di shock), provocati da 1 massivo rilascio di
istamina e serotonina.
b) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO II (MEDIATA DA ANTICORPI)
E‘ determinato da anticorpi (immunoglobuline) diretti contro strutture della superficie
cellulare detti antigeni di membrana. Tali anticorpi rendono le cellule suscettibili di
essere lisate o da cellule Killer con il meccanismo della citotossicità mediata da
anticorpi (ADCC) o dal complemento. Questo tipo di ipersensibilità si osserva nei
processi che portano alla distruzione degli eritrociti in seguito a reazioni trasfusionali
tra donatori non compatibili o nel caso della malattia emolitica del neonato.
c) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO III (MEDIATA DA IMMUNOCOMPLESSI)
E‘ dovuto alla deposizione di Immunocomplessi, costituiti da complessi AntigeneAnticorpo, che si depositano sui tessuti e sulle pareti dei vasi. Questi complessi
attivano il complemento e attraggono i leucociti (PMN) nel sito di deposizione,
determinando danno locale. Gli anticorpi responsabili delle manifestazioni
patologiche sono le IgG presenti in circolo in maggiore concentrazione. La patologia
sorge in seguito ad 1 eccessiva deposizione di immunocomplessi in particolari organi:
ciò che è importante è il rapporto tra la q.tà di Anticorpi e quella di Antigene. Se c‘è
1 eccesso di anticorpi, i complessi essendo + pesanti, precipitano + facilmente nella
zona in cui è presente l‘antigene specifico; se invece c‘è 1 eccesso di Antigene, i
complessi possono localizzarsi in tutto l‘organismo essendo + solubili. Al primo caso
appartiene la Reazione di Arthus, manifestazione patologica cutanea dovuta alla
formazione di precipitati specifici in seguito a 1 iniezione intradermica dell‘antigene.
Al secondo caso appartiene la Malattia da Siero, che si manifesta in individui trattati
a scopo profilattico con siero imune, con generazione di anticorpi contro gli antigeni
del siero immune eformazione di complessi danosi x reni e vasi sanguigni.
d) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO IV (RITARDATA)
Si verificano oltre 12 ore dopo il contatto con l‘ antigene e dipendono dai linfociti T e
non dagli anticorpi. Dopo il contatto con l‘antigene , i linfociti T helper sensibilizzati
secernono linfochine , che a loro volta attivano i macrofagi, che determinano 1
quadro infiammatorio e 1 danno ai tessuti. Le principali forme di ipersensibilità
ritardata sono:
- Ipersensibilità da Contatto: è l‘insorgenza di dermatiti allergiche, dopo che la cute
o le mucose sono state a contatto con allergeni. Se 1 individuo sensibilizzato viene
riesposto alla stessa sostanza, circa 1 giorno dopo avrà 1 zona di irritazione
cutanea con formazione di papule e vescicole.
- Resistenza alle Infezioni Virali
- Reazione Immunitaria ai Trapianti
e) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO V (STIMOLATORIA)
Sono reazioni in cui gli anticorpi, invecedi distruggere le cellule bersaglio, ne
stimolano la produzione, come nel caso della stimolazione della tiroide, mediata da
380
anticorpi chesi legano al recettore TSH, mimando l‘azione di stimolo esercitata
normalmente dall‘ ormone ipofisario.
2. MALATTIE IMMUNOPROLIFERATIVE
Sono patologie in cui si ha 1 disordinato viluppo delle cellule linfocitarie.
- Gammapatie Monoclonali: incontollata produzione di 1 solo tipo di
Immunoglobuline
- Mieloma Multiplo: proliferazione maligna delle plasmacellule
- Macroglobulinemia: produzione anomala di anticorpi IgM
- Malattia delle Catene Pesanti: produzione anomala di catene pesanti delle Ig
3. MALATTIE AUTOIMMUNI
Il sistema immunitario è governato dal principio della discriminazione tra self e non
self ( proprio ed estraneo). Esistono dei complicati sistemi di controllo che prevedono
l‘ instaurarsi di 1 non reattività nei confronti di antigeni propri detti autoantigeni
(tolleranza). Se tali meccanismi si inceppano, si possono verificare reazioni contro i
tessuti propri dell‘organismo, con l‘insorgere di malattie dette autoimmuni,
caratterizzate da 1 imponente produzione di autoanticorpi , che, come gli ant igeni
estranei, evocano anch‘essi la generazione di autoanticorpi e di linfociti autoreattivi.
Le mallattie + ricorrenti sono:
- Tiroidite di Hashimoto: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-tiroide
- Diabete autoimmune: dovuta alla produzione di autoanticorpi contro le cellule
pancreatiche
- Morbo di Addison: dovuta alla produzione di autoanticorpi contro le cellule della
corticale del surrene
- Lupus eritematoso sistemico: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-DNA
- Artrite reumatoide: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-DNA
4. IMMUNODEFICIENZE
Sono dovute ad 1 aumento delle infezioni nel paziente:
- Malattia di Bruton: dovuta a 1 deficienza di Linfociti B
- Sindrome di De George: dovuta all‘ assenza o alla rara maturazione di linfociti T
normali
- Sindrome di Louis-Bar: si verifica 1blocco totale della maturazione di linfociti T
- AIDS: caratterizzata da 1 serie di infezioni da parte di microrganismi, dovuta al
virus dell‘ HIV che distrugge e infetta i linfociti T helper.
Possiamo stimolare o inibire il nostro sistema immunitario attraverso varie sostanze
(farmaci):
A. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSTIMOLANTE
1. CITOCHINE
381
- FILGASTIM produce 1 notevole aumento del numero di neutrofili periferici che
presentano 1 funzionalità normale o aumentata
- MOLGAMOSTIM ( Leucomax, Mielogen )stimola la proliferazione e la
differenziazione dei precursori emopoietici che portano alla maturazione dei
granulociti, macrofagi(monociti), linfociti T. Il Molgramostim è indicato nei
pazienti con tumori maligni sottoposti a chemioterapia citotossica, per la riduzione
del rischio di infezioni susseguenti a neutropenia. Il rischio di infezioni
conseguenti a neutropenia, e quindi i benefici del trattamento con Molgramostim
dipendono dalla potenza della chemioterapia citotossica somministrata. Il
Molgramostim è indicato nei pazienti sottoposti a terapia mieloablativa in
preparazione al trapianto di midollo osseo autologo (BMT) per la riduzione della
durata della neutropenia, in particolare nei pazienti considerati ad alto rischio di
neutropenia grave e prolungata ed in pazienti che presentano evidenze di rigetto di
trapianto. Non ci sono sufficienti dati clinici per raccomandare l'uso del
Molgramostim dopo trapianto allogenico di midollo osseo (BMT) o dopo
trapianto di emocitoblasti da sangue periferico (PBSC). Il Molgramostim è
controindicato nei pazienti con ipersensibilità nota al Molgramostim o a uno
qualsiasi dei componenti delle formulazioni. Nell'uso concomitante di radioterapia
ad ampio raggio in quanto tali pazienti trattati con GM-CSF hanno mostrato un
aumento nell'incidenza di eventi avversi polmonari inclusi rari casi di morte.
- LENOGASTIM stimola i precursori cellulari dei neutrofili, il cui numero
aumenta nel sangue periferico entro le 24 h in relazione alla dose. L‘ emivita x
e.v. è di 3-4 h
- TIMOPENTINA influenza la maturazione dei precursori dei linfociti T e dei
linfociti T immaturi attraverso 1 segnale mediato dall‘ AMPciclico. La
regolazione delle risposte immunitarie mediate dai linfociti T maturi avviene
tramite 1 segnale mediato dal GMPciclico. Emivita plasmatica di 30 sec
- TIMALFASINA ALFA-1 è un polipeptide sintetico costituito da 28 amminoacidi,
identico x struttura molecolare alla Timosina alfa1 naturale. Si tratta di 1 ormone
timico pleiotropico capace di agire come immunomodulatore.
- ADESLEUCHINA è 1 regolatore della risposta immunitaria a meccanismo non
noto. Si sa x certo che è capace di ridurre la crescita e la diffusione di alcuni
tumori nel topo
2. INTERFERONI
Gli interferoni sono proteine prodotte nelle cellule di vertebrati a seguito di induzione
Gli induttori classici sono i virus , ma lo possono essere anche altri agenti microbici,
sostanze naturali di diversa natura e composti sintetici. Tutti gli interferoni, dopo il
legame con 1 recettore specifico di membrana, promuovono la sintesi di proteine o di
enzimi responsabili delle loro diverse attività biologiche
- INTERFERONE ALFA non agisce direttamente sui virus, ma prepara le cellule
non ancora infettate a respingere l‘ attacco virale. Esso dopo essersi legato a 1
specifico recettore situato sulla superficie cellulare rende la membrana cellulare
+resistente alla penetrazione del virus e mediante l‘ induzione della sintesi di
382
-
alcuni enzimi specifici blocca la replicazione dell‘ RNA virale e la sintesi di
nuove proteine virali. Gli interferoni alfa possono avere effetti sulle funzioni del
SNC
INTERFERONE BETA si lega a 1 specifico recettore situato sulla superficie
cellulare e promuove la sintesi di proteine o enzimi responsabili dell‘ attività
antivirale, antiproliferativa, immunomodulante
INTERFERONE GAMMA
INTERFERONE ALFA NATURALE
INTERFERONE ALFA-2a
INTERFERONE ALFA-2b
INTERFERONE ALFA-n1
INTERFERONE BETA-1a
INTERFERONE BETA-1b
INTERFERONE GAMMA
3. ALTRE SOSTANZE IMMUNOSTIMOLANTI
- VACCINO BCG
- PIDOTIMOD induce la maturazione e l‘ assunzione di 1 piena
immunocompetenza da parte del linfocita T deficitario, a cui in condizioni
fisiologiche è affidato il ruolo di coordinatore dell‘ immunità specifica. Esso
inoltre stimola i macrofagi, che sono deputati essenzialmente a captare l‘ antigene
e a presentarlo sulla loro membrana, in associazione agli antigeni di
istocompatibilità
- BACTOLISATO stimola le difese naturali dell‘ organismo ed aumenta la
resistenza alle infezioni delle vie respiratorie
- LISATO BATTERICO POLIVALENTE l‘ antigene provocando la stimolazione
del tessuto linfoide intestinale induce 1 aumento delle immunità specifiche su tutta
la mucosa
- LEVAMISOLO sintetizzato come anti-elmintico, si è scoperto che esso può
aumentare l‘ ipersensibilità ritardata e l‘ immunita‘ mediata da cellule T. E‘ stato
usato nel morbo di Hodghin, nell‘ artrite reumatoide e nella terapia del cancro
colon-rettale(con il 5-fluoruracile).
B. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA
1. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA SELETTIVA
- CICLOSPORINA è 1 polipeptide ciclico costituito da 11 amminoacidi che
inibisce, sia la produzione, che il rilascio delle linfochine, e blocca i linfociti
quiescenti nella fase Go o all‘inizio della fase G1 del ciclo cellulare. Essa agisce
sui linfociti in modo specifico e reversibile. La ciclosporina è lipofila, penetra la
membrana cellulare e si lega al suo recettore citoplasmatico (detto
CICLOFILLINA) e tale complesso si lega alla CALCINEURINA (CaN)
383
inibendone l‘attivita‘ fosfatasica. Non venendo rimossi i gruppi fosfato, proteine
come l‘NFTA (fattore nucleare delle cellule T attivate) oppure l‘OAP (proteina
attivante l‘ottamero) non riescono a traslocare nel nucleo e non si legano al DNA
e non inducono l‘espressione di geni come l‘ IL-2 o il suo recettore, il GM-CSF,
TNF-, IFN- e altre citochine. Si somm. x e.v. in 1 miscela di etanolo e olio di
ricino oppure x os (25-100 mg). Si usa x la terapia del rigetto da trapianto di rene,
cuore, fegato, midollo osseo, polmone, pancreas, in ass. con corticosteroidi.
Tossicita: renale con ipertensione, epatica, neurotossicità, tossicità gastro-enterica,
aumento del rischio di infezioni. Si usa anche x : Uveite endogena, Psoriasi,
dermatite atopica, artrite reumatoide, malattia di Crohn.
- MUROMONAB-CD3 (ANTICORPO MONOCLONALE DI ORIGINE
MURINA detto pure OKT3). Esso si lega al CD3 dei linfociti T, determinando
dopo 1 prima attivazione, 1 blocco delle cellule T, xchè il legame dell‘ antigene al
TCR (recettore x le cellule T) è inefficace. Le cellule T CD3+ vengono
cosi‘ridotte nel giro di pochi minuti dalla somministrazione dell‘ OKT3. Si usa x
il rigetto acuto dopo trapianto di rene, cuore, fegato. Aumenta la probabilità di
contrarre infezione da Citomegalovirus, si può avere la sindrome da liberazione di
citochine con edema polmonare.
- TACROLIMUS ha 1 struttura molecolare lipofila tale da passare la membrana
citoplasmatica, poi si lega alla proteina citoplasmatica FK506 binding protein (
proteina legante l‘ FK506). Il complesso tacrolimus-FK506 binding protein si lega
stabilmente alla CALCINEURINA e inibisce la sua attivita‘ fosfatasica. Si somm.
x via orale (150-200 g/ kg), x e.v. (25-50 g/ kg). Tossicità: nefrotossico,
neurotossico (cefalea, tremori), provoca ipertensione e tossicità g.i.
- MICOFENOLATO MOFETIL è l‘ estere 2- morfolin etilico dell‘acido
micofenolico. E‘ 1 inibitore non competitivo e reversibile della inosina
monofosfato deidrogenasi, enzima importante x la sintesi de novo delle purine e in
particolare del nucleotide guanosinico. Esso l‘inibisce senza essere incorporato nel
DNA. Poiche‘ la sintesi de novo delle purine è indispensabile x la proliferazione
dei linfociti T e B l‘ MPA esercita 1 maggiore effetto citostatico sui linfociti
rispetto alle altre cellule. Si somm. x os 1g x 2 volte al dì.
- INFLIXIMAB si usa x curare il morbo di Crohn( o ileite segmentaria, malattia
infiammatoria dell‘ intestino ilèo, del colon e dello stomaco, caratterizzata dalla
formazione di granulomi e fistole interne) e l‘ artrite reumatoide; è 1anticorpo
chimerico che si lega con alta affinita‘ sia alla forma solubile che a quella
transmembrana TNF-alfa, ma non alla linfotossina alfa(TNF-beta); forma
rapidamente complessi stabili con il TNF-alfa umano, processo che porta alla
perdita dell‘ attivita‘ biologica del TNF-alfa.
384
- CORTICOSTEROIDI inibiscono la proliferazione delle cellule T e quindi l‘
immunita‘ T cellulo mediata, e poi inibiscono la trascrizione dei geni codificanti le
citochine quali IL-1, IL-2, IL-6, IFN-, TNF-. Si legano ad 1 recettore
intracellulare, il complesso migra nel nucleo e si lega al DNA dove inibisce la
trascrizione dei geni delle citochine. Aumenta il rischio di infezioni, ulcere,
iperglicemia, osteoporosi e cataratta. Si somm. x os il Prednisone (5-25 mg) e x
via e.v. il Prednisolone (125mg\5ml)
2. ALTRE SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA
- AZATIOPRINA viene trasformata in 6-mercaptopurina con inibizione dela sintesi
de novo delle purine. Agisce come falso nucleotide interferendo con la via
alternativa della sintesi delle purine. Inibisce quindi la moltiplicazione cellulare.
Si somm. x os e si elimina con le urine. Oltre alla terapia del rigetto si usa nel
trattamento dell‘ artrite reumatoide e della glomerulonefrite acuta.
- BASILIXIMAB è 1 anticorpo monoclonale chimerico murino umano diretto
contro la catena alfa del recettore dell‘ interleu-china-2 (antigene CD25) , che
viene espresso sulla superficie dei linfociti T in risposta ad 1 stimolo antigenico.
Si lega in modo specifico all‘ antigene CD25 sui linfociti T attivati, impedendone
il legame con l‘ interleuchina-2 , bloccando la proliferazione dei linfociti T.
- CICLOFOSFAMIDE ha attività metabolica, citotossica ed antitumorale; alchila il
DNA, soprattutto nelle cellule in rapida proliferazione, interferendo con la sintesi
dei linfociti T e B. sopprime soprattutto la risposta umorale. Ad alte dosi si usa nel
trapianto di midollo osseo, a basse dosi si usa nel LES-Lupus eritematoso
sistemico e nell‘ Artrite reumatoide.
- LEFLUNOMIDE è usato nell‘ artrite reumatoide attiva (modifica il decorso della
malattia); è dotata di azione antiproliferativa; è 1 profarmaco da cui si genera 1
metabolita attivo capace di inibire l‘ enzima deidrogenasi umano e mostra 1
attività antiproliferativa, con 1 emivita di 1-4 settimane. La Leflunomide ( Arava )
è un immunosoprressore / immunomodulatore, impiegato nel trattamento
dell'artrite reumatoide solo negli adulti. Tra gli effetti indesiderati sono riportati:
disfunzione epatica, disordini ematologici,gravi reazioni dermatologiche e
disfunzione respiratoria. Tra i meno gravi effetti indesiderati: altre reazioni
dermatologiche, diarrea/dolori addominali, nausea/vomito, perdita di peso,
alopecia, ed angioedema o edema facciale.
- ANTICORPI L‘ uso di anticorpi è cominciata con la preparazione di antisieri,
facendo inoculazione ripetute di linfociti umani in 1 animale di grossa taglia.
Dopo raccolta del siero dell‘ animale si usava direttamwente l‘antisiero o la
frazione immunoglobulinica come immunosoppressore. Oggi si usano gli Ibridomi
che derivano dalla fusione di 1 linfocita B di topo immunizzato con i linfociti
385
umani e 1 plasmocitoma al fine di ottenere 1 cellula ibrida immortalizzata
elaborante Anticorpi anti-linfocita umano. Quest‘ultimi provocano 1 diminuzione
del numero di cellule linfoidi, provocando la loro soppressione.
- ETANERCEPT è una proteina di fusione tra il recettore umano p75 del fattore di
necrosi tumorale, TNFR2/p75, e la frazione Fc dell'immunoglobulina IgG1.
Quaranta pazienti con spondilite anchilosante infiammatoria, attiva, sono stati
assegnati in modo random a ricevere iniezioni sottocutanee, 2 volte la settimana,
di Etanercept (25 mg) o placebo, per 4 mesi.
L'end-point primario composito comprendeva i miglioramenti nell'irrigidimento
mattutino, nel dolore spinale e nel gonfiore alle giunture.
I pazienti potevano continuare ad assumere i farmaci antinfiammatori non
steroidei (FANS), i corticosteroidi per os (</= A 4 mesi, l'80% dei pazienti nel
gruppo trattato con Etanercept ha presentato una risposta al trattamento rispetto al
30% dei pazienti nel gruppo placebo (p = 0.004).
La risposta all'Etanercept è stata rapida e non si è ridotta nel tempo. Il farmaco è
risultato ben tollerato.
- GLOBULINA ANTI-TIMOCITI. Sono delle Ig purificate dal siero di cavallo,
coniglio, pecora, capra, immunizzati con linfociti timici umani. La globulina si
lega alla superficie dei linfociti T, si ha così attivazione del complemento e lisi
della cellula T, con inibizione dell‘ immunità cellulare. Si somm. x e.v. (10-30
mg\kg) e si usa x il rigetto di trapianto allogenico (cuore e rene) e x la sua
profilassi. Tossicità: malattia da siero con eritema e prurito.
- GLOBULINA IMMUNE RHO (D). Si usa x la perevenzione della Malattia
Emolitica del Neonato (MEN). La MEN si può instaurare nel caso di madre RH
negativo (RH-) in attesa di figlio RH positivo (RH+). Alla nascita il fattore RH
(antigene D) presente sugli eritrociti del neonato possono immunizzare la madre
madre RH negativo (RH-), per cui nella madre si creano degli anticorpi antifattore RH (anticorpi anti-antigene D). Tali anticorpi possono creare dei danni nel
caso di una nuova gravidanza nella quale il feto stavolta è RH positivo(RH+). Per
cui noi, con la somministrazione (fatta entro 72 ore dalla nascita del bambino RH
positivo (RH+)) della GLOBULINA IMMUNE RHO, formata da anticorpi
specifici anti-fattore RH, aboliamo l‘ immunizzazione della madre verso il fattore
RH (antigene D) e la risposta anticorpale materna può essere soppressa. La
GLOBULINA IMMUNE RHO si somm. x via intramuscolo a madri RH-.
- ADALIMUMAB ( D2E7) è un anticorpo monoclonale interamente umanizzato
che agisce bloccando l'attività del TNF-alfa ( Tumor Necrosis Factor ). Il TNFalfa svolge un ruolo centrale nella risposta infiammatoria in molte malattie
autoimmuni. Adalimumab è il frutto di una collaborazione tra BASF Pharma (
succes-sivamente acquistata da Abbott Laboratories ) e la Cambridge Antibody
Technolo-gy ( CAF ). I risultati degli studi clinici di fase III hanno mostrato che
386
Adalimumab riduce in modo statisticamente significativo i segni ed i sintomi
dell'artrite reuma-toide. Il farmaco ha dimostrato di agire sia in monoterapia che
associato al Meto-trexato o ai farmaci antireumatici modificanti la malattia (
DMARD , disease mo-difying anti-rheumatic drugs ). Lo studio STAR ( Safety
Trial of Adalimumab in Rheumatoid Arthritis ) , che ha coinvolto 636 pazienti , ha
dimostrato che dopo 24 settimane di terapia , non c'erano differenze significative
nell'incidenza di eventi avversi tra placebo e l'Adalimumab , quando aggiunto alla
terapia antireumatica standard. Dopo somministrazione dell'anticorpo
monoclonale si sono osservati reazioni al sito di iniezione , rash e dorsalgia. Per
valutare la sicurezza del farmaco nel lungo periodo è stato compiuto lo studio
ARMADA ( Anti-TNF Research Study Program of the Monoclonal Antibody
D2E7 in Patients with Rheumatoid Arthritis ) con un follow-up di 1 anno , ed altri
due studi clinici con follow-up di 2,5 anni.
9
ANTIPROTOZOARI
1. ANTIAMEBICI
A. CLOROCHINA
E‘ usata x l‘ amebiasi, la profilassi della malaria, x l‘ artrite reumatoide e LES
Ritarda lo sviluppo del parassita entro gli eritrociti, diminuisce il numero dei
mezozoiti che si riproducono x schizogenia; impedisce l‘ emolisi, ponendo fine all‘
attacco malarico. Il meccanismo d‘ azione è quello di legarsi al DNA,complessandolo
e bloccandone la sintesi. Il farmaco si concentra all‘ interno dei vacuoli ed aumenta il
pH di questi organelli, interferendo con la capacità del parassita di metabolizzare ed
utilizzare l‘ emoglobina eritrocitaria. Agisce in particolare sulle localizzazioni
epatiche del protozoo, in quanto presenta 1 buon assorbimento intestinale e si
accumula nel fegato. Presenta numerose altre azioni sfruttate in terapia umana (
artrite reumatoide, LES-lupus eritematoso sistemico, amebiasi extraintestinale). La
Clorochina deve essere assunta una settimana prima di arrivare nel Paese a rischio di
malaria ed una volta alla settimana per ogni settimana di permanenza nell'area. Inoltre
il farmaco deve essere assunto per altre 4 settimane dopo aver lasciato l'area a rischio.
Il dosaggio settimanale di Clorochina è di 300 mg (due compresse da 150 mg). La
Clorochina deve essere assunta a stomaco pieno per minimizzare la nausea. La
Clorochina può peggiorare i sintomi della psoriasi. L'impiego della Clorochina nella
prevenzione della malaria si è ridotto per il diffondersi di ceppi resistenti al farmaco,
ma il suo uso è raccomandato nelle aree in cui è diffuso il Plasmodium vivax
(Algeria, Marocco, Siria, Turchia ).
Tox: retinopatia (annebbiamento vista), disturbi g. i., nausea, vomito, vertigini,
cefalea, prurito,anoressia, malessere, orticaria, ototoxicita‘(riduzione dell‘udito),
miopatia, convulsioni, reazioni cutanee, alopecia, imbianchimento dei capelli,
ipotensione
387
B. EMETINA e DEIDROEMETINA
Bloccano irreversibilmente la sintesi proteica nelle cellule eucariotiche inibendo lo
sorrimento del ribosoma lungo il filamento di RNA messaggero
tox: toxici al cuore( tachicardie, aritmie, scompenso card.), al SNC(convulsioni), al
sistema neuromuscolare (rigidita‘, tremori), disturbi g.i.(nausea,vomito)
C. DILOXANIDE FUROATO:
Per amebiasi acute e coniche. Il mecc. d‘ azione è sconosciuto.
tox secchezza fauci, flatulenza, disturbi g.i.( nausea, crampi addominali), eritema
cutaneo, non si usa in gravidanza e x i bamb. al di sotto dei 2 anni
D. IODOCHINOLO: Il mecc. d‘ azione è sconosciuto
tox neurotox, atrofia ottica(perdita vista) detta neuropatia mielo-ottica subacuta, dist
g.i.(diarrea, nausea, vomito), cefalea, eritema cutaneo, prurito
E. METRONIDAZOLO E NITROIMIDAZOLI (TINIDAZOLO, ORNIDAZOLO,
SECONDIZOLO)
Si usano x la dissenteria amebica, x il trichomonas vaginale, giardiasi
Accettano elettroni dalle proteine trasportatrici, sottraedoli alle normali vie
metaboliche di produzione dell‘ energia. Sono proprio le forme ridotte, chimicamente
reattive, ad indurre la formazione di specie chimicamente reattive che portano a
morte le cellule.
tox: nausea, vomito, crampi addominali, epigastralgia, disturbi del SNC(vertigini),
sapore metallico sgradevole
F. PAROMOMICINA SOLFATO (AMMINOSIDINA)
Si estrae dallo streptomices crestomiceticus e rimosus. E‘ 1 amminoglucoside.
Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale 30 s, deviando la traduzione del
messaggio genetico, causando un‘ errata lettura dell‘ mRNA; ha un ampio spettro d‘
azione
Tox: disturbi g.i.(diarrea), vertigini, cefalea, rush cutanei
G. OSSITETRACICLINA e DOXICICLINA usate anche x la profilasi antimalarica,
inibiscono la sintesi proteica nel parassita
H. ERITROMICINA inibisce la sintesi proteica nel parassita
2. ANTI LESMANIOSI
A. STIBOGLUCONATO SODICO
È un composto antimoniale organico pentavalente usato x la lesmaniosi viscerale
tox: dolore nel sito di iniezione, aritmie cardiache, disturbi g.i., febbre, eritema
cutaneo, anemia emolitica, danno epatico e renale
388
B. PENTAMIDINA
Si pensa interferisca con la sintesi di DNA, RNA, proteine e fosfolipidi nel protozoo
tox: dolore nel sito di iniezione, eritema cutaneo, sapore metallico, sintomi g.i. ,
iperpotassiemia e ipocalcemia, anemia megaloblastica, iperglicemia, tox renale
C. AMFOTERICINA B
Si associa ad 1 antimoniale x la lesmaniosi viscerale; è 1 antibiotico antimicotico
capace di formare nella membrana del protozoo canali ionici, con rottura della
membrana
D. MEGLUMINA
3. ANTITRIPANOSOMIASI
Si differenzia in 2 forme con sintomi e terapie differenti:
A. T. AFRICANA(MALATTIA DEL SONNO)
1. SURAMINA SODICA
È 1 inibitore specifico di molti enzimi nel protozoo(è usato anche come
antielmintico). Tox: nausea, vomito, orticaria, febbre, nefrotox, neuriti
periferiche, anemia, ittero, morte
2. TRIPASAMIDE
3. MELARSEN-MELARSOPROLO:
tox:irritante, toxico al SNC(encefalopatie), ipersensibilizzazione, anemia ,
disturbi g.i.
4. EFLORNITINA
B. T. AMERICANA
1. NIFURTIMOX
tox: neuriti periferiche, ipersensibilita‘
2. BENZINIDAZOLO
4. ANTITOXOPLASMOSI
A. PIRIMETAMINA
tox: disturbi g.i., eritema cutaneo, prurito, carenza di ac. Folico con anemia e
trombocitopenia( terapia di salvataggio con leucovorin), sintomi neurologici( cefalea,
insonnia, convulsioni)
389
B. SPIRAMICINA
C. ATOVAQUONE
tox: febbre, eritema cutaneo, tosse, nausea, (vomito, diarrea, cefalea e insonnia
5. ANTIMALARIA
Malaria o Malattia del ritorno. È l‘ 8a causa di decesso per singola malattia; la 2a
causa di decesso per malattia infettiva da singolo agente eziologicoGli investimenti
nella ricerca sono un millesimo di quelli per l‘ AIDS ( 30a causa di decesso). L‘
ultimo caso (autoctono) in Italia risale al 1956; successivamente gli altri casi sono
tutti da considerarsi di importazione, ad es. dall‘ India, oppure per trasporto delle
zanzare con gli aerei. Attualmente in Italia ci sono meno di 1000 casi ( tutti importati
).La malaria nei paesi poveri invece costituisce un enorme problema di mortalità e di
morbosità a causa della scarsità delle risorse allocate. Negli ultimi 20 anni il
fenomeno è in crescita a causa del riscaldamento del pianeta.Quattro sono i Plasmodi
patogeni per l‘ uomo:
a. Plasmodium Falciparum ( responsabile del 98% delle morti per malaria )
della malaria terzana maligna
b. Plasmodium Ovale della malaria terzana benigna
c. Plasmodium Vivax della malaria terzana benigna
d. Plasmodium Malariae della malaria quartana
Il parassita viene trasmesso come sporozoita dalla zanzara Anopheles che morde l‘
uomo solo durante il periodo riproduttivo.Quando la massa parassitaria raggiunge una
certa soglia compaiono i segni ed i sintomi ( soprattutto la febbre che ha una
periodicità dovuta al ciclo riproduttivo ).Nel caso di infezione da P. Vivax o P. Ovale
alcuni sporozoiti si trasformano in ipnozoiti ( forme quiescenti ) nel fegato che
possono riattivarsi dopo alcuni mesi; ciò spiega perchè la malaria esiste anche nei
climi freddi come in Siberia dove il P. Vivax Ibernans genera solo ipnozoiti che
causano la malaria dopo 10 mesi; così dopo questo periodo, cioè quasi ad un anno di
distanza quindi durante la stagione calda, un‘ altra zanzara potrà mordere il paziente e
continuare così il ciclo.La maggior parte delle zanzare è del genere Culex ( e quindi
non possono trasmettere la malaria ); la zanzara Anopheles, soprattutto se del tipo
Gambia, è l‘ unica che può trasmettere la malaria. Forse è la produzione di CO 2 da
parte della cute ad attirare le zanzare ( di certo non è il diabete ). Solo le femmine
delle Anopheles possono trasmettere la malaria ( i maschi si distinguono perchè
hanno antenne piumose ). Queste zanzare hanno bisogno di piccole pozze d‘ acqua
stagnante per sopravvivere ( quindi non vanno bene nè i laghi nè i fiumi ); serve
anche un clima adeguato ( possibilmente caldo come quello tropicale ). In condizioni
390
ottimali di temperatura e di umidità bastano 9 gg. per la maturazione dello sporozoita:
se il clima è meno favorevole ci vuole più tempo.
Malariometria ( N.d.T.: non siamo sicuri su questa parte )
n = n° di vettori/popolazione
m = n° di volte che il paziente viene punto per notte ( la zanzara morde solo di notte )
p = possibilità di sopravvivenza di un vettore e tempo di maturazione dello sporozoita
c = capacità infettiva
(m * n2 * pn) / (- log p) = c
In alcune zone ( come west Africa ) è talmente intensa la capacità infettiva che, anche
se uccidessimo il 90% dei vettori, cambierebbe poco. In Italia, invece, la capacità
vettoriale è molto minore; quindi in questo caso è conveniente abbassare il n° dei
vettori ( cioè uccidere le zanzare ) al contrario del West Africa.
Esistono quindi zone :
- ipo-endemiche ( < 10% )
- meso-endemiche ( > 10% ma < 50% )
- iper o olo-endemiche ( > 50% )
Un tempo per valutare il n° dei casi ( e quindi stabilire se una zona fosse ipo o meso o
iper-endemica ) si considerava l‘ indice splenico: si calcolava quanti bambini tra i 3
ed i 9 anni avessero splenomegalia; attualmente lo stesso calcolo viene effettuato in
maniera più rigorosa con l‘ osservazione al microscopio di uno striscio di sangue. Un
bambino nei primi 6 mesi è parzialmente protetto dall‘ infezione grazie alle Ig
materne ed all‘ Hb fetale ( la quale non è l‘ optimum per il plasmodio). Dopo i 6
mesi; nelle aree endemiche, avvengono cicli di infezione/malattia per varie volte.
Dopo 7-8 anni il paziente si abitua ai parassiti: sono quindi bambini che pur essendo
infettati dai parassiti stanno bene ( hanno sviluppato quindi una sorta di tolleranza ).
Gli adulti hanno molte meno infezioni e non hanno quasi mai sintomi; alla fine c‘ è
quasi una immunità ( definita immunità concomitante ); non si sa come mai ciò
avvenga. Tutto ciò vale però solo se il paziente nasce e rimane per lungo tempo in un‘
area endemica: se invece il paziente dopo un tot di anni si sposta in un‘ area non
endemica ( come accade in alcuni extracomunitari immigrati in Italia ) e poi ritorna,
dopo qualche tempo, nell‘ area endemica, questi sviluppa la malaria nuovamente (
come se avesse perso quella sua parziale immunità ). Oggi, in Italia, la maggior parte
dei casi di malaria sono a carico di immigrati.
Quadro clinico: FEBBRE più segni accessori.
La febbre ha una periodicità di 48 ore ( con l‘ eccezione della malaria causata dal P.
Malariae che ha invece una periodicità di 72 ore con sintomi sfumati ).
Malaria non complicata: febbre, malessere generale, cefalea, brividi ( 20% vomito,
5% diarrea ). Dopo i brividi compare una profusa sudorazione.
Alterazioni accessorie:
a. Ipoglicemia a causa dell‘ aumentato consumo di glc., della riduzione della
gluconeogenesi e della glicogenolisi epatica, dello stato ipermetabolico e del
chinino che determina iperinsulinismo.
391
b. Anemia: correlata a durata e gravità dell‘ infezione ( si lisano sia i g.r.
parassitati sia quelli non parassitati ); in più c‘ è una ridotta eritropoiesi a
livello del midollo osseo. Si manifesta dopo il 5° o 6° attacco in maniera molto
lenta. A volte si vedono bambini con 3,5 g/dl di Hb
c. Splenomegalia: dopo più attacchi o dopo un attacco duraturo
Malaria complicata:
a. Insufficienza renale: tipica dell‘ adulto
b. Malaria cerebrale
Entrambe queste complicazioni ( che avvengono solo in caso di infezione da P.
Falciparum ) possono avvenire se i g.r. esprimono recettori ( di sintesi protozoaria )
per le venule post-capillari dei circoli profondi. A livello cerebrale si verifica un
coma non risvegliabile che ha una letalità del 5-40% e che costituisce la causa più
frequente di morte per malaria; ma se il paziente guarisce non sviluppa reliquati (
come accade in caso di ictus ) e ciò spinge a credere quindi che la malaria cerebrale
non abbia solo una genesi di tipo vascolare ( forse c‘ è un ruolo anche del TNF e dell‘
NO ). Problema della malaria in gravidanza: in questo caso si sviluppano forme più
gravi sia per la madre sia per il feto alta mortalità e nascite sottopeso. Queste
complicanze però si verificano soprattutto alla prima gravidanza ( per motivi ancora
inspiegabili ).
A. ALCALOIDI DELLA CHINA
1. CHININA
Si lega alle membrane e al DNA del plasmodio
tox: effetti g. i, cinconismo (cefalea, nausea, disturbi visivi), emolisi,
leucopenia, ipoglicemia, febbre, eruzioni cutanee, febbre ittero-emoglobinurica,
mutagenicita‘, teratogenicita‘,tromboflebite
2. CHINIDINA
Si lega alle membrane e al DNA del plasmodio
tox: cardiotoxicita‘, insufficienza epatica e renale, da tromboflebiti
B. AMMINOALCOLI
1. MEFLOCHINA La Meflochina ( Lariam ) è un farmaco antimalarico che
agisce come uno schizonticida. Il suo meccanismo d'azione non è noto. Il
farmaco possiede un'emivita di 0,36 - 2 ore, ma l'emivita terminale è molto
lunga: da 15 a 33 giorni. Il dosaggio degli adulti è di 250 mg (una compressa)
una volta la settimana. Il farmaco deve essere assunto una settimana prima
dell'arrivo nell'area a rischio di infezione malarica, ed una volta la settimana,
sempre nello stesso giorno, per ogni settimana di permanenza. L'assunzione
deve continuare per altre 4 settimane dopo aver lasciato l'area a rischio,
assumendo il farmaco una volta alla settimana,. La Meflochina deve essere
392
assunta a stomaco pieno, ad esempio dopo pranzo. Non si dovrebbe assumere
la Meflochina se una persona ha già manifestato una reazione allergica al
farmaco, oppure presenta epilessia o altri disordini convulsivi, una storia di
grave malattia mentale o altri disturbi psichiatrici, o presenta battiti cardiaci
irregolari. Negli ultimi anni sono comparsi report di gravi effetti indesiderati
provocati dalla Meflochina, come: attacchi di panico, convulsioni epilettiche,
cefalea, allucinazioni visive ed uditive, che possono perdurare per mesi dopo
la sospensione del farmaco. Questi effetti sono così debilitanti da creare
problemi nelle attività lavorative e nei rapporti sociali. Una meta-analisi della
Cochrane Library 2002 ha evidenziato ben 516 case report di effetti
indesiderati con la Meflochina, con 4 casi mortali. Il 63% di questi effetti
indesiderati ha colpito turisti e business-man.Tox: disturbi g.i., cefalea,
vertigini, sincope ed extrasistoli, leucocitosi, trombocitopenia, sintomi
neuropsichiatrici, prurito, eritrodermia, alopecia, mialgia
2. ALOFANTRINA
tox: dolore addominale , diarrea, tosse, eritema cutaneo, prurito, cardiotoxicita‘(
tachicardia), emolisi, controindicato in gravidanza( embriotox)
C. 4-AMMINOCHINOLINICI
1. AMODIACHINA: vedi clorochina
2. CLOROCHINA: vedi antiamebici
3. CHINACRINA:
Si lega al DNA e inibisce dei flavoenzimi del plasmodio
tox pelle gialla, reaz psicotiche
D. 8- AMMINOCHINOLINICI
1. PRIMACHINA
Il meccanismo d‘ azione è dovuto alla formazione di 1 metabolita ChinolinChinonico ossidante; Tox: nausea, dolore epigastrico, cefalea, leucopenia,
agranulocitosi, prurito e aritmie, emolisi
E. DERIVATI ACRIDINICI
1. MEPACRINA
È usata anche x giardiniasi e LES tox: nausea, dolore epigastrico, vertgini,
cefalea, colorazione gialla di cute e urine, colorazione blu\ nera del palato e delle
unghie e depositi corneali con disturbi del visus
F. ANTIFOLICI TRIAZINE
393
1. PIRIMETAMMINA: è un inibitore della diidrofolato reduttasi del plasmodio
(vedi antitoxoplasma)
2. TRIMETOPRIMA: è un inibitore della diidrofolato reduttasi del plasmodio
(vedi pirimetammina)
G. ANTIFOLICI BIGUANIDI
1. PROGUANIL - CICLOGUANIL
Sono degli inibitori della diidrofolato reduttasi del plasmodio (inibiscono la sintesi di
acido folico nel plasmodio) Il Malarone è il nome commerciale, dell'associazione tra
Atovaquone ed il Proguanil, e rappresenta un'efficace alternativa per la profilassi
della malaria per coloro che non possono assumere Meflochina o Dossiciclina. Una
compressa di Malarone (Atovaquone 250 mg + Proguanil 100 mg) deve essere
assunta, una volta al giorno, 1-2 giorni prima di partire per il Paese a rischio e per
ogni giorno di permanenza. L'assunzione deve essere continuata per altri 7 giorni
dopo aver lasciato l'area malarica. Il farmaco deve essere assunto con il cibo o il latte.
Durante l'assunzione del Malarone possono comparire: dolori addominali, nausea,
vomito e cefalea. Il Malarone non dovrebbe essere assunto da soggetti con grave
danno renale. Non devono assumere il farmaco le donne in gravidanza o le donne che
allattano ed i bambini che pesano meno di 11 kg. Il Malarone ha mostrato di
possedere una buona efficacia profilattica nella malaria da Plasmodium falciparum ed
in presenza di ceppi Clorochina - resistenti. tox: ulcere orali, alopecia, disturbi g.i.
H. DERIVATI DELL‘ ARTEMISIA
1. ARTEMISININA- ARTEMETER
Si crede inibiscono la fosfofruttochinasi
tox: dolore addominale, diarrea, depressione del midollo osseo, tox x il SNC
I. ALTRI ANTIMALARICI
- DOXICICLINA è usata per la prevenzione della malaria. La Dossiciclina è un
antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline. L' impiego della Dossiciclina
nella prevenzione della malaria è riservato alle aree in cui è dimostrata la
resistenza alla Clorochina, o nei pazienti che non tollerano la Meflochina o dove è
controindicata. La Dossiciclina ( una compressa da 100 mg ) deve essere assunta 1
o 2 giorni prima dell'arrivo nel luogo a rischio di malaria e per ogni giorno di
permanenza nell'area. Il farmaco deve essere assunto, sempre giornalmente, per 4
settimane dopo aver lasciato l'area a rischio malaria. La Dossiciclina può favorire
le scottature all'esposizione solare. Per evitare l'effetto fotosensibilizzante è
394
necessario evitare di esporsi al sole nelle ore più calde e far uso di filtri solari. La
Dossiciclina deve essere assunta a stomaco pieno per ridurre l'irritazione gastrica
ed è opportuno evitare di coricarsi per almeno 1 ora in modo da prevenire il
reflusso del farmaco e conseguente ulcerazione esofagea. Le donne che assumono
la Dossiciclina possono incorrere in infezioni vaginali da lieviti. La Dossiciclina
non deve essere somministrata nei bambini al di sotto di 8 anni d'età, a causa
dell'effetto colorante, permanente, dei denti. Le donne in gravidanza non devono
assumere la Dossiciclina.
Tox: disturbi g.i., vaginiti da candida, fotosensibilizzazione
- ATOVAQUONE (vedi antitoxoplasmosi e l‘ associazione con il cicloguanil:
Melarsone)
6. ANTITRICOMONAS E GIARDIASI
A. METRONIDAZOLO
10
ANTIELMINTICI
1. ANTI-TREMATODI (VERMI PIATTI)
La schistosomiasi è di gran lunga la più importante infezione da trematodi. Circa 500
milioni di persone sono a rischio di infezione, che si diffonde contestualmente alla
costruzione di nuove dighe in aree endemiche. Comunque sono numerosi i trematodi,
oltre agli schistosomi, che parassitano l‘uomo e infettano con facilità chi viaggia nelle
aree endemiche. Poiché i vermi adulti di questi altri trematodi sono ermafroditi (al
contrario degli schistosomi), le infezioni sono generalmente di lunga durata. Nelle
chiocciole e in altri molluschi si svolgono solo gli stadi precoci dello sviluppo
larvale; gli stadi larvali contagiosi avvengono nel pesce, nei crostacei o in vegetali
acquatici che, per causare infezione, devono essere ingeriti.
Le Infezioni da trematodi (da vermi piatti) sono: Schistosomiasi; Paragonimiasi;
Clonorchiasi; Fascioliasi; Opistorchiasi; Fasciolopsiasi.
A. DERIVATI CHINOLINICI
- PRAZIQUANTEL farmaco di scelta per il trattamento di tutte le forme di
schistosomiasi. Rapidamente assorbito dopo somministrazione orale, penetra nel
liquido cefalorachidiano. Effetti indesiderati più comuni: astenia, vertigini,
malessere, anoressia, fastidi gastrointestinali; si pensa provochi l‘ apertura di
canali per il Ca+2 nel parassita, con contrazione della sua muscolatura liscia,
seguita da paralisi; Tox: cefalea, vertigini, sonnolenza, astenia, nausea, vomito,
prurito, orticaria, artralgie , mialgie, febbricola
395
- OXAMNICHINA si usa come anti-schisto-somiasi; si lega al DNA del parassita;
Tox: vertigini , cefalea, sonnolenza, nausea, vomito, diarrea, prurito, orticaria,
colore rosso delle urine, alterazioni enzimatiche epatiche, rare convulsioni
B. ORGANO-FOSFORICI
- METRIFONATO inibisce l‘ acetilcolinesterasi nel parassita; Tox: sintomi
colinergici lievi, nausea, vomito, diarrea, broncospasmo, cefalea, sudorazione,
debolezza, vertigini
C. ALTRI
- BITIONOLO è 1 anti-fascicoliasi; disaccoppia la fosforilazione ossidativa nel
parassita; Tox: diarrea, crampi addominali, nausea, vomito, cefalea, vertigini,
prurito, orticaria, eruzioni cutanee
- NIRIDAZOLO si usa come anti-schisto-somiasi; lega dei metaboliti al DNA del
parassita
- STIBOFENE
- RAFOXANIDE è 1 anti-fascicoliasi; disaccoppia la fosforilazione ossidativa nel
parassita;
2. ANTI-NEMATODI (VERMI AD ANELLO)
I nematodi sono vermi cilindrici non segmentati che variano da 1 mm a circa 1 m di
lunghezza. I nematodi hanno una cavità del corpo, che li distingue dai vermi a nastro
e dai trematodi. A seconda delle specie, differenti stadi nel ciclo vitale nei nematodi
sono infettivi per gli uomini. Le Infezioni da nematodi (vermi ad anello) sono :
Ascariasi; Trichiuriasi; Anchilostomiasi ;Strongiloidiasi; Toxocariasi; Trichinosi;
Dracunculosi; Infezioni da filarie
A. DERIVATI - BENZIMIDAZOLICI
- MEBENDAZOLO Inibisce la sintesi dei microtubuli nei nematodi, danneggiando
in tal modo irreversibilmente la captazione di glucosio da parte dei parassiti.
Farmaco di scelta nel trattamento delle infezioni da tricocefalo (Trichuris
Trichiura), da ossiuro (Enterobius Vermicularis) e da strongiloide (Necator
Americanus e Ancylostoma Duodenale). Praticamente insolubile nelle soluzione
acquose, solo una minima quantità della dose orale viene assorbita
dall‘organismo. Relativamente privo di effetti tossici, ma controindicato in
gravidanza perché embriotossico e teratogeno in animali da esperimento. Tox:
nausea, vomito, diarrea, cefalea, vertigini, prurito, eruzioni cutanee, dolori
muscolari, febbre, tosse, glomerulonefrite
- ALBENDAZOLO Blocca la captazione del glucosio da parte dei parassiti
sensibili allo stato adulto e larvale; Tox: diarrea, cefalea, nausea, stanchezza,
insonnia, prurito , rash cutanei, depressione midollare
396
- TIABENDAZOLO agisce sui parassiti interferendo con i processi di aggregazione dei microtubuli attraverso l‘ inibizione della fumarato-riduttasi. È efficace
contro la larva strongiloide migrante cutanea (o eruzione strisciante), e la
trichinosi (provocata da Trichinella Spiralis), nonché contro le infezioni prodotte
da Stongyloides Stercoralis. Uso più limitato del mebendazolo a causa della sua
potenziale tossicità. Rapidamente assorbito dopo somministrazione orale. Effetti
indesiderati più comuni: vertigini, anoressia, nausea e vomito. Tox: vertigini,
nausea, vomito, diarrea, prurito, cefalea, sonnolenza, ipotensione, bradicardia,
iperglicemia, epatotox, edema periferico
B. PIPERAZINA E DERIVATI
- PIPERAZINA determina la paralisi della muscolatura del parassita, bloccando gli
effetti dell‘ Ach a livello delle giunzioni neuromuscolare del parassita Tox:
nausea, vomito, diarrea, neurotox(sonnolenza, vertigini), orticaria, prurito,
broncospasmo
- DIETIL-CARBAMAZINA determina la paralisi della muscolatura del parassita,
bloccando gli effetti dell‘ Ach a livello delle giunzioni neuromuscolare del
parassita. Farmaco di scelta nel trattamento della filariasi (causata da Wuchereria
Bancrofti o da Brugia Malayi). Causa la paralisi dei microrganismi. Le loro
membrane di superficie vengono sottoposte ad alterazioni che li rendono più
suscettibili ai meccanismi di difesa dell‘ospite. Farmaco rapidamente assorbito
dall‘intestino, parzialmente metabolizzato e quindi escreto con le urine. Effetti
collaterali del trattamento sono lievi, in genere reazioni cutanee. Tox cefalea,
malessere, leucocitosi, prurito, perdita della vista
C. DERIVATI DELLA TETRA-IDRO-PIRIMIDINA
- PIRANTEL PAMOATO efficace nel trattamento delle infezioni causate da
nematelminti (Ascaris Lumbricoides), ossiuri e strongiloidi. Blocca la
depolarizzazione neuromuscolare, provocando un‘attivazione persistente dei
recettori nicotinici, con conseguente paralisi del verme che viene quindi eliminato
dall‘intestino dell‘ospite. Viene scarsamente assorbito per via orale e agisce nel
tratto gastrointestinale. Effetti indesiderati lievi: nausea, vomito e diarrea; Tox:
nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, vertigini, sonnolenza, cefalea,
eruzioni cutanee, febbre, debolezza
- OXANTEL : vedi pirantel
D. DERIVATI DELL‘IMIDAZOTIAZOLO
- LEVAMISOLO (è anche un immunostimolante)
3. ANTI-CESTODI (VERMI A NASTRO)
397
I cestodi adulti sono vermi caratteristicamente lunghi, piatti e segmentati, che
mancano del tratto digestivo e assorbono le sostanze nutritive direttamente nel
piccolo intestino. Un verme adulto nastriforme è formato da tre parti riconoscibili: lo
scolice (testa), organo con funzioni di ancoraggio; il collo, regione non segmentata
con alta capacità rigenerativa, se con il trattamento non si ottiene l‘eliminazione del
collo e dello scolice, il verme intero può rigenerarsi; il resto del verme è formato da
numerose proglottidi (segmenti). I segmenti più vicini al collo sono indifferenziati.
Appena le proglottidi progrediscono caudalmente, si formano gli organi sessuali (i
vermi nastriformi sono ermafroditi); i segmenti distali sono gravidi e contengono le
uova nell‘utero. I Cestodi (vermi a nastro) provocano : Infezione da verme a nastro
del pesce; Infezione da verme a nastro dei bovini; Infestazioni da vermi a nastro
suini; Malattia idatidea; Malattia alveolare idatidea .
A. DERIVATI DELL‘ AC. SALICILICO
- NICLOSAMIDE: è 1 tenicida; inibisce la fosforilazione ossidativa o stimola
l‘ATPasi; insieme alla morte del parassita si ha il distacco dello scolice dalla
parete intestinale ed inizia la digestione dei segmenti; farmaco di scelta per la
maggior parte delle infezioni da cestodi (tenie). Il farmaco è letale per lo scolice e
per i segmenti del cestode, ma non per le uova. Prima della sua somministrazione
orale, si somministra un lassativo per eliminare dall‘intestino tutti i segmenti
morti, in modo da impedire la loro digestione e la liberazione di uova, che
porterebbe alla cistercicosi. Tox nausea, vomito, diarrea, cefalea, eruzioni cutanee,
vertigini
B. ALTRI DERIVATI DELL‘ AC. SALICILICO
- DICLOROFENE
- DESASPIDINA
4. ALTRI ANTIELMINTICI
- CHINACRINA Tox: pelle gialla, reazioni psicotiche
- EMETINA: vedi antiamebici
- IVERMECTINA paralizza i nematodi e gli artropodi facilitando la trasmissione
GABA-mediata dei segnali nei nervi periferici. Tox: febbre, cefalea, vertigini,
sonnolenza, eruzioni cutanee, prurito, diarrea, mialgia, ipotensione, tachicardia
- SURAMINA inibisce nel parassita molti enzimi Tox: nausea, vomito, orticaria,
febbre, nefrotox, anemia, ittero, dermatiti, morti
- TETRA-CLORO-ETILENE Tox: lievi effetti collaterali
TABELLA DEI FARMACI ANTIELMINTICI:
398
ANTIELMINTICI
farmaco
Albendazolo
Dietilcarbamazina
Mebendazolo
Niclosamide
Piperazina
pirantel pamoato
pirvinio pamoato
Praziquantel
Tiabendazolo
indicazione principale
ampio spettro
filarosi
oncocercosi
ampio spettro
tenia
botriocefalo
ascaridiosi
ossiuriasi
ascaridiosi
ossiuriasi
ossiuriasi
infestazioni da trematodi
ampio spettro
tossicità
—
modesta
assai modesta
assai modesta
modesta
assai modesta
assai modesta
assai modesta
assai modesta
TABELLA: Tipo, indicazione e tossicità dei principali antielmintici, farmaci
utilizzati nelle elmintiasi o infestazioni da vermi. Si somministrano tutti per via orale,
a volte associati a purganti.
11
IPNOTICI-SEDATIVI-ANSIOLITICI
Il sonno viene probabilmente causato dai nuclei del Rafe (tra il Ponte e il Midollo
Allungato) che inviano impulsi inibitori alla corteccia cerebrale, al Sistema Limbico e
al Talamo. Il sonno è 1 fase di riposo durante la quale nel cervello si altrerano diversi
stadi di attività, che possono essere tra loro differenziati con l‘ EEG (elettroencefalogramma). Gli stadi del sonno si verificano 4-5 volte nel corso della notte e i
singoli cicli (di circa 90 minuti) sono interrotti dalle fasi REM (Rapid Eye Movement) in cui ci si sveglia + facilmente. Le Fasi REM (che durano da 5 a 30 minuti)
sono le meno riposanti: esse si riconoscono x un EEG simile a quello della fase di
veglia, in quanto il cervello è molto attivo: infatti nelle fasi REM si verificano rapidi
movimenti oculari, occasionali movimenti muscolari e si sogna tanto intensamente
che al risveglio si ricordano i sogni. La Fase REM si raggiunge solo dopo uno stadio
precedente di NREM (No Rapid Eye Movement)in cui non ci sono movimenti rapidi
degli occhi e, nonostante sia possibile sognare, ci sono meno possibilità di ricordare i
sogni. La fase NREM è la fase + riposante x il cervello ed è quella + necessaria dopo
lunghi periodi di privazione del sonno. Con la frequente interruzione del sonno
399
notturno diminuisce anche la porzione REM del sonno: questa diminuzione della fase
REM provoca durante il giorno aumentata eccitabilità ed irrequiatezza. Il deficit della
fase REM viene recuperato nelle notti successive, indisturbate con allungamento
delle fasi REM.
Tutti gli Ipnotici (Sonniferi) accorciano le fasi REM del sonno: se assunti x più giorni
di seguito, il rapporto delle fasi del sonno si normalizza.
Gli Ipnotici (Sonniferi) creano però dipendenza: infatti dopo l‘ interruzione dell‘
assunzione del sonnifero si instaura una controregolazione eccessiva, x cui le fasi
REM aumentano (si normalizzano nel corso di diversi giorni): così il sonno, avendo
lunghe porzioni REM (associate a vividi sogni) viene percepito come poco riposante.
Tale fenomeno si verifica quando si tenta di interrompere un consumo regolare di
ipnotici, perché si ha l‘ impressione che x un sonno riposante sia effettivamente
necessario l‘ ipnotico. Perciò l‘assunzione di 1 ipnotico non dovrebbe mai protrarsi x
più di 4 settimane.
Inoltre i Barbiturici e le Benzodiazepine ( e i similari) possono attivare il ―Circuito
della Gratificazione‖ (vedi cap 37) del SNC, il che incoraggia il loro consumo: queste
sostanze bloccano 1 imput inibitorio al Nucleo Accùmbens, aumentando il rilascio di
Dopamina e l‘ effetto su di esso (è 1 attivazione indiretta).
Generalmente a seconda della CONCENTRAZIONE EMATICA tali farmaci
agiscono:
– A basse dosi come ANSIOLITICI
– A medie dosi come SEDATIVI o IPNOTICI
– Ad alte dosi come ANESTETICI (le BZP vanno in tal caso somministate x via
e.v. )
1. BARBITURICI:
Si legano a 1 sito allosterico del canale del Cl- ( aperto dal GABA), con
l‘ingresso di ioni Cl- nella cellula e iperpolarizzazione. Sono degli induttori
metabolici degli enzimi microsomiali epatici. Sono epatotoxici. Le interazioni
sono molteplici:
a. Altri deprimenti centrali come etanolo, antistaminici, inibitori delle MAO con
aumento dell‘azione deprimente
b. Aumentano il metabolismo delle vitamine D e K, degli ormoni steroidei
endogeni (con turbe ormonali e disturbi endocrini), dei contraccettivi orali
c. Aumentano la sintesi delle porfirine,cioè di emo- e mio- globina e dei
citocromi (percio‘ sono induttori enzimatici).
La dose letale corrisponde alla dose 10 volte superiore alla dose ipnotica o anche a
dosi inferiori se associati ad alcool o ad altri farmaci deprimenti, con morte x arresto
cardiocircolatorio.
400
Tutti i Barbiturici presentano una spiccata attività deprimente sul SNC, ed in dosi
elevate provocano morte per depressione respiratoria e cardiovascolare. I Barbiturici
attualmente utilizzati in terapia sono solo il Fenobarbital (Gardenale) per la sua
azione anticonvulsivante, ed il Tiopental, utilizzato come anestetico generale. I
Barbiturici potenziano l‘azione del GABA, ma si legano a siti diversi rispetto a quelli
utilizzati dalle Benzodiazepine. Questi farmaci inducono molto facilmente tolleranza
e dipendenza. Sono inoltre forti induttori del citocromo epatico P-450 e degli enzimi
responsabili della coniugazione: questo determina un forte aumento della
degradazione metabolica di molti altri farmaci, causando interazioni pericolose.
La dipendenza da barbiturici si sviluppa raramente se la dose è inferiore ai 500
mg\die, anche se una brusca interruzione del trattamento prolungato a dosi inferiori
può determinare anoressia, insonnia, tremori, ansia. Una dose giornaliera di 500-800
mg\die provoca dipendenza fisica e l‘ interruzione dell‘ assunzione determina
usualmente gravi sintomi di delirio e convulsioni del tipo ―grande male‖ con morte
per sindrome d‘ astinenza (ciò rende la sindrome di astinenza da barbiturici +
pericolosa di quella da oppiacei.
- AMOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g M-L
- PENTOBARBITAL dose ipnotica 0,2 g B-M
- FENOBARBITAL (a lunga emivita , usato come antiepilettico) dose ipnotica 0,1 g
- BUTOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g L
- BARBITAL (Veronal) dose ipnotica 0,3 g L
- APROBARBITAL L-M
- SECOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g B o UB
- TALBUTAL dose ipnotica 0,1 g B
- ESETAL dose ipnotica 0,1-0,3 g B
- VINILBITAL
- VINBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g B
- CICLOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g M
- EPTABARBITAL dose ipnotica 0,1-0,4 g B-M
- REPOSAL
- METITURAL dose ipnotica 0,3 g
- METARBITAL dose ipnotica 0,1 g
- MEFOBARBITAL dose ipnotica 0,03 g
- METOESITAL
- ESOBARBITAL dose ipnotica 0,5 g
- TIOPENTAL ( usato come anestetico ―ultrabreve‖) dose ipnotica 0,075-0,15 g
- ETALLOBARBITAL
- ALLOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g M
- PROXIBARBITAL
- BUTALLIONAL dose ipnotica 0,2 g B-M
- PROPALLIONAL dose ipnotica 0,1-0,3 g B
UB = emivita ultra-breve; B = emivita breve; M = emivita media; L = emivita lunga;
401
2. DIOSSO-PIPERIDINE
Sono dei modulatori allosterici del canale del Cl-, aperto dal GABA, provocando
1 apertura + frequente del canale, con entrata nella cellula di ioni Cloruro, e 1
iperpolarizzazione della cellula neuronale, con 1 minore eccitabilita‘ nel SNC.
- GLUTETIMMIDE provoca tossicodipendenza etolleranza come
le benzodiazepine; provoca depressione bulbare e respiratoria
ha azioni anti-muscariniche (xerostomia, cioè mancanza di saliva, e atonia
muscolare, contrastabili con 1 agonista colinergico)
- TALIDOMIDE è teratogena ( non somministrabile durate la gravidanza in
quanto provoca focomelia nel nascituro)
- TAGLUTIMIDE
3. 1,4 BENZODIAZEPINE(BZP)
Si legano al canale del Cl- , modulando positivamente gli effetti del GABA,
provocando 1 maggiore iperpolarizzazione della cellula neuronale e quindi 1
minore eccitabilita‘. Si legano ad 1 sito specifico del canale del cloruro (costituito
da 5 subunita‘ proteiche: ) aperto dal GABA: precisamente in 1 spazio
compreso tra le 2 subunita‘ alfa e gamma. Non tutti i neuroni posseggono canali
del GABA in cui ci sono le 2 subunita‘ alfa e gamma vicine (in modo da
permettere il legame e l‘ attivita‘ alle BZP) come nei centri bulbari; x cui le BZP
non provocano depressione bulbare e respiratoria, e quest‘ ultima caratteristica li
fa preferire in terapia ai barbiturici, i quali non sono selettivi e possono provocare
morte x depressione del centro del respiro nel bulbo. I barbiturici hanno infatti un
basso indice terapeutico rispetto alle BZP, con 1 ristretta zona di manegevolezza.
L‘ uso dei barbiturici è ormai decaduto a causa di cio‘. La toxicita‘ si manifesta
con affaticabilita‘, incoordinazione motoria, confusione, disorganizzazione. Nell‘
anziano si ha amnesia retrograda, diarrea, incontinenza. Non possono essere
soministrate in gravidanza (se somministrate nel primo trimestre provocano nel
bambino schisi del palato, cioè il bambino non chiude bene il palato e ha il labbro
leporino).
Effetti farmacologici delle Benzodiazepine.
I loro principali effetti sono localizzati a livello del SNC e sono:
a. Riduzione dell‘ansia e dell‘aggressività. Escludendo solo l‘Alprazolam, le
benzodiazepine non hanno effetti antidepressivi, ma la riduzione dell‘ansia può
essere di beneficio nei pazienti depressi. In alcuni individui possono però
paradossalmente provocare aumento dell‘aggressività: questo fenomeno
avviene soprattutto con i farmaci a breve durata d‘azione, ed è imputabile ad
una sindrome d‘astinenza piuttosto marcata con i farmaci che hanno una durata
d‘azione che si affievolisce lentamente.
b. Sedazione ed induzione del sonno. Diminuiscono il tempo necessario a
prendere sonno, ed aumentano la durata totale del sonno, anche se questo
effetto si manifesta soprattutto nei pazienti che dormono meno di 6 ore.
Entrambi questi effetti diminuiscono se il paziente prende regolarmente i
402
farmaci per una o due settimane. Tutti i farmaci ipnotici diminuiscono la fase
REM, ma le benzodiazepine la influenza meno degli altri farmaci: questo è un
vantaggio, rispetto agli altri sedativi. Le benzodiazepine riducono
significativamente lo stadio SW, senza causare alterazioni della secrezione
dell‘ormone della crescita. I loro effetti sedativi sono strettamente correlati agli
effetti ansiolitici, non si riesce quindi a sviluppare un agente ansiolitico privo
di effetti sedativi.
c. Riduzione del tono e del coordinamento muscolare. Questi farmaci riducono il
tono muscolare tramite un effetto centrale indipendente dal loro effetto
sedativo. L‘effetto miorilassante è clinicamente utile in quanto il paziente
ansioso presenta solitamente un aumento del tono muscolare che può causare
diversi disturbi, come la cefalea.
d. Effetto anticonvulsivante. Le benzodiazepine sono in grado di prevenire le
convulsioni provocate da agenti che agiscono sui recettori gabaergici. Il
clonazepam sembra l‘agente con maggiore attività anticonvulsivante: questo
farmaco è spesso usato per il trattamento delle convulsioni associate alle
assenze e nelle convulsioni miocloniche nei bambini. Il diazepam
somministrato ev è il farmaco di scelta per bloccare le convulsioni nello stato
epilettico.
Farmacocinetica
Dopo somministrazione orale si osserva un buon assorbimento, ed il picco plasmatico
si ha dopo un‘ora. Questi farmaci si legano saldamente alle proteine plasmatiche, ma
hanno una elevata liposolubilità che ne causa l‘accumulo a livello del grasso
corporeo. Il diazepam nel trattamento dello stato epilettico va somministrato ev. Le
benzodiazepine vengono tutte eliminate metabolicamente ed escrete con le urine sotto
forma di coniugati glucuronati. Il metabolismo del diazepam determina la formazione
di un metabolita attivo, il nordiazepam, che ha una emivita di 60 ore: questo spiega la
tendenza di molti di questi farmaci a causare postumi prolungati quando vengono
somministrati regolarmente.
Uso clinico delle Benzodiazepine:
 Come ipnotici nel trattamento dell‘insonnia;
 Come ansiolitici;
 Sedazione pre-operatoria;
 Astinenza acuta da alcol;
 Come anticonvulsivanti;
 Come rilascianti muscolari nello spasmo cronico e nella spasticità.
Effetti collaterali.
1. Tossicità acuta. La somministrazione acuta di elevate dosi di benzodiazepine è
meno pericolosa di quella di altri sedativi. L‘effetto è quello di un sonno
prolungato dal quale il paziente può essere risvegliato. Possono causare grave
depressione respiratoria se ingeriti con altre sostanze come l‘etanolo. Il
flumazenil, antagonista delle benzodiazepine, viene utilizzato per bloccare gli
effetti del sovradosaggio.
403
2. Effetti collaterali dell‘uso terapeutico. Sono sonnolenza, confusione, amnesia e
ridotto coordinamento motorio.
TOLLERANZA E DIPENDENZA. La tolleranza indotta dalle benzodiazepine è
scarsa. Inducono scarsa tolleranza farmacocinetica (necessità di dosi maggiori per
ottenere gli stessi benefici) in quanto non sono forti induttori degli enzimi
microsomali epatici. Viene indotto un certo grado di tolleranza tissutale. La
sospensione del trattamento dopo settimane o mesi causa aumento dell‘ansia e la
comparsa di tremore e vertigini. La crisi di astinenza si instaura più lentamente di
quella indotta da barbiturici, probabilmente a causa della lunga emivita
plasmatica della maggior parte delle benzodiazepine. La sindrome d‘astinenza
insorge più bruscamente con i farmaci a breve durata d‘azione.
A. AGONISTI DEI REC DELLE BZP
a. PRONORDIAZEPAM SIMILI LONG-ACTING (emivita lunga)
Danno origine a metaboliti con 1 attività farmacologica simile a quella
della sostanza madre; quindi l‘ emivita di eliminazione di tali BZP è
superiore alle 40 h (essendo la somma dell‘ emivite della sostanza
madre e dei relativi metaboliti). Sono dei miorilasanti e degli
anticonvulsivanti.
- CLORDIAZEPOSSIDO commercializzato nel 1960
- DIAZEPAM emivita 30 h
- CLORDESMETILDIAZEPAM emivita 80-100 h
- FLURAZEPAM emivita 40-100 h
- CLOBAZAM emivita 50 h e +
- BROMAZEPAM emivita 12 h
- QUAZEPAM ha 2 metaboliti con differente emivita:
a) 2-osso-quazepam : 25-40 h
b) N-desalchil-fluraepam : 40-100 h
b. OXAZEPAM SIMILI
Hanno un‘emivita breve inferiore alle 24 h
- OXAZEPAM emvita 5-15 h
- LORAZEPAM emivita 10-16 h
c. NITROBENZODIAZEPINE
Hanno un‘emivita intermedia tra le 20 e le 40 h
- NITRAZEPAM emivita 25-30 h
- FLUNITRAZEPAM emivita 15-30 h
- CLONAZEPAM emivita di 24-48 h
d. TIENO BENZODIAZEPINE
Hanno un‘emivita breve di 5-15 h
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- CLOTIAZEPAM
e. TRIAZOLO BENZODIAZEPINE
Hanno un‘emivita brevissima di 2-16 h
- ALPRAZOLAM usato per gli attacchi di panici, crisi d‘ ansia
- TRIAZOLAM emivita di 2,5 h
B. ANTAGONISTI DEI REC DELLE BZP ( bloccano o spiazzano le BZP dal
sito di legame)
- FLUMAZENIL (usato x revertire o prevenire l‘ effetto sedativo, ipnotico,
anestetico generale indotto da BZP o gli effetti sedativo o depressorio centrale
prodotti da 1 overdose; si somministra infatti x il risveglio dall‘ anestesia) ha 1
distribuzione rapida e immediata nei tessuti (1-2 minuti)
C. AGONISTI PARZIALI DEI REC DELLE BZP
Hanno comunque una struttura Benzodiazepinica, ma presentano una moderata
attivita‘ intrinseca sul recettore rispetto agli Agonisti(producono una parziale
apertura del canale del cloruro aperto dal GABA) ; infatti sono usati come
ansiolitici x trattare disturbi d‘ ansia. Producono meno sedazione, meno
rilasciamento muscolare, minore atassia, minore dipendenza e tolleranza rispetto
agli agonisti completi
- IMIDAZENIL
- BRETAZENIL
4. IMIDAZOPIRIDINE (AGONISTI PARZIALI)
Si differenziano dalle BZP perché hanno una struttura chimica differente. Sono
comunque modulatori positivi del GABA, ma sono agonisti parziali rispetto alle
BZP, con effetto di iperpolarizzazione della cellula neuronale minore (ansiolitico)
La loro azione è simile e comparabile a quella dell‘ Imidazenil e del Bretazenil.
- ZOLPIDEM emivita di 1,5-2,4 h
- ALPIDEM
5. CICLOPIRROLONI
Potenziano la trasmissione GABAergica, legandosi a sito recettoriale simile, ma
differente da quello delle BZP; il loro vantaggio è che non iducono né tolleranza,
né dipendenza psichica e fisica
- ZOPICLONE
- ZALEPLON
6. AZASPIRODECANEDIONI
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Sono agonisti parziali 5HT1A pre- e post- sinaptici, sono ansiolitici. Non è chiaro il
meccanismo d‘azione, ma si pensa che possano mimare l‘iperattività dei neuroni
serotoninergici. Questi composti impiegano comunque diversi giorni o settimane per
determinare i loro effetti. Ad alte dosi provocano 1 aumento dei livelli di prolattina e
possono antagonizzare gli effetti dei neurolettici (effetti di agonismo parziale D2).
Presentano effetti collaterali completamente diversi da quelli delle benzodiazepine, e
particolarmente: nausea, vertigini e capogiri, cefalea ed irrequietezza. Non causano
sedazione, sindrome d‘astinenza o incoordinazione motoria.
- BUSPIRONE Il Buspirone presenta una elevata attività ansiolitica, ed ha una
elevata affinità per i recettori 5 HT 1A, che si trovano in elevate concentrazioni in
varie aree cerebrali, e ricevono proiezioni dai neuroni 5 HT del rafe, nel midollo
allungato.
- GEPIRONE
- TANDSPIRONE
7. BETA-CARBOLINE
Si legano al sito delle BZP modulando positivamente l‘ azione del GABA. Sono
agonisti parziali
- ABECARNIL
8. CARBAMATI
Sono miorilassanti centrali usati come ansiolitici ( forse si suppone siano agonisti
dei recettori del GABA, a e b). Hanno effetti simili alle BZP. Diminuiscono l‘
attivita‘ locomotoria; ad alte dosi si ha depressione respiratoria grave e
scompenso cardiaco, con formazione di depositi gastrici; provoca dipendenza
psichica e fisica ( sindrome di astinenza all‘ interruzione). Superano la barriera
placentare.
- MEPROBAMATO
- MEBUTAMATO
- EMILCAMATO
9. SEDATIVI NATURALI
- VALERIANA: ha azione sedativa. la droga ci è data dalle radici e dal rizoma della
Valeriana officinalis. L‘olio Essenziale contiene Sesquiterpeni: Isovalerato di
Bornile, Acido Valeronico, irinoidi. Si ritiene che tali principi attivi inibiscano il
catabolismo del GABA, agendo sull‘ enzima GABA Transaminasi, inibiscano
pure la ricaptazione di GABA, mentre aumentino la sintesi di GABA.
- CAMOMILLA ROMANA: la droga ci è data dai capolini di Anthemis nobilis,
contenente polifenoli come i derivati del‘ Acido Cinnamico e dall‘ olio essenziale
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costituito dagli Esteri dell‘ Acido Angelico e Tiglico. Tali sostanze hanno azione
sedativa sul SNC essendo composti Benzodiazepino-simili
PASSIFLORA: ha azione sedativa. La droga ci è data dalle parti aeree della
Passiflora incarnata, contenenti Flavonoidi quali Viteina, Iso-Viteina, Orientina
con effetti sedativi. Di solito si associa alla Camomilla e alla valeriana. Interagisce
con gli inibitori delle MAO, potenziandone gli effetti.
BIANCOSPINO: la droga è data dalle foglie e dalle sommità fiorite di Crateagus
Laevigata. Contiene Triterpeni come l‘ Acido Ursolico. Oltre ad avere 1 azione
sedativa sul SNC è utile pure nell‘ insufficienza coronarica e nelle coronaropatie
(l‘ acido ursolico è 1 coronarodilatatore con azione inotropa +)
ASPERULA: ha azione sedativa
SALICE BIANCO: ha azione sedativa
10. ALTRI
Hanno avuto una storia significativa per quello che riguarda l‘intossicazione. Alcuni
sono ritornati in auge non come sedativi ipnotici, ma come sostanze che unite ad altre
possono consentire viaggi un po‘ particolari e possono essere utilizzati in alternativa
o in mancanza dell‘eroina. Sono misture costituite da paraldeide + benzodiazepine
con azione ipnotica + acido acetilsalicilico + caffeina contenuta nella coca cola.
Questo era uno sballo più frequente negli anni ‘80. Più recentemente si usa
cloralidrato + eccitanti del SNC (Ecstasy) + acido acetilsalicilico + caffeina
- ALCOOL ETILICO o ETANOLO si lega a 1 sito allosterico del canale del
cloruro aperto dal GABA. I suoi principali effetti si sviluppano a carico del SNC,
dove provoca eventi simili a quelli causati dagli anestetici locali. Gli effetti a
carico del SNC sono dovuti quindi ad un aumento della inibizione mediata dal
GABA, simile a quella delle benzodiazepine anche se minore , ma si prospetta
anche una inibizione dell‘ingresso del calcio attraverso i canali voltaggio
dipendenti (quindi una inibizione del rilascio di trasmettitori in risposta alla
depolarizzazione della terminazione nervosa) ed una inibizione della funzione dei
canali del glutammato (inibisce i recettori NMDA: questo può spiegare l‘azione
depressiva dell‘etanolo e il suo danno provocato alla memoria). Gli effetti
dell‘intossicazione acuta comprendono eloquio incomprensibile, incoordinazione
motoria, aumentata fiducia in se stessi ed euforia. L‘effetto sul comportamento
varia comunque da soggetto a soggetto: nella maggior parte dei casi si a euforia,
ma si possono anche verificare casi di depressione e di aggressività. Le prestazioni
intellettuali e motorie sono ridotte. Si sviluppa grande tolleranza tissutale nei
bevitori cronici: per produrre un certo effetto sono necessarie dosi maggiori. Il
coma si sviluppa con concentrazioni di etanolo > 300 mg/ml, e la morte per
depressione respiratoria è probabile a 400-500 mg/ml. La somministrazione
cronica causa sindromi neurologiche irreversibili. La maggior parte degli alcolisti
cronici presenta una riduzione della massa cerebrale, evidenziabile con
l‘ingrossamento dei ventricoli laterali. Si può osservare anche degenerazione di
altre aree cerebrali, ed alcune di queste possono essere dovute, oltre che all‘azione
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-
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-
dell‘etanolo stesso, alla carenza do tiamina. Una delle conseguenze caratteristiche
dell‘alcolismo è rappresentata dall‘ epatopatia : si manifesta inizialmente con una
steatosi epatica (per aumento del rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo, come
risultato dell‘aumento di stress che provoca aumento dell‘attività simpatica e per
inibizione dell‘ossidazione degli acidi grassi). La steatosi può evolvere in epatite
ed in fibrosi del tessuto epatico: questo determina l‘ipertensione portale e varici
esofagee. Al danno epatico contribuisce anche la malnutrizione cui va incontro
l‘alcolista, il quale può introdurre una quantità sufficiente di Kcal, ma non ha un
apporto adeguato di vitamine, proteine e carboidrati. Inoltre la carenza di tiamina
può provocare un danno neurologico cronico. Sembra che le bevande alcoliche,
tramite un aumento delle HDL, siano in grado di ridurre la formazione di ateromi.
L‘uso di alcol da parte della madre in gravidanza può causare diversi deficit nel
neonato (l‘8% dei casi lievi di ritardo mentale sono imputabili all‘uso di alcol da
parte della madre durante la gravidanza). A concentrazioni nel sangue superiori a
460mg / 100ml provoca coma e morte. L‘ etanolo è metabolizzato nel fegato (in
cui crea elevata tossicità): trasformato in aldeide acetica (acetaldeide) ad opera
dell‘ enzima epatico ALCOOL DEIDROGENASI e successivamente l‘ aldeide
acetica (acetaldeide) è trasformata in Acido acetico tramite l‘enzima mitocondriale
ALDEIDE DEIDROGENASI. L‘ etanolo a basse dosi non supera la BBE, ma ad
alte dosi ci riesce x accumulo. I Farmaci (antidoti) x trattare l‘ alcolismo cronico e
ridurre l‘ assunzione di etanolo sono:
a) DISULFIRAM (n.c. Antabuse) che blocca l‘ enzima ALDEIDE
DEIDROGENASI. Il disulfiram, se somministrato prima dell‘ assunzione di
etanolo, provoca 1 aumento della concentrazione ematica di acetaldeide ,
riducendone la velocita‘ di degradazione e provocando così vampate, tachicardia,
iperventilazione e nausea. Il farmaco induce 1 risposta di evitamento condizionato
, x cui il paziente si astiene dall‘ alcool x prevenire gli effetti spiacevoli dell‘
accumulo di acetaldeide indotto dal disulfiram. L‘alcolismo cronico provoca
induzione enzimatica. INTERAZIONI: paracetamolo(aumento epatotox),
Anticoagulanti orali
b) METADOXINA che diminuisce l‘ alcolemia e la durata di esposizione dei
tessuti all‘ asione lesiva dell‘ alcool facilitando il metabolismo ed aumentando l‘
eliminazione urinaria dell‘ alcool e dell‘ acetaldeide (metabolita tossico dell‘
alcool). Essa esplica 1 azione protettiva sulla cellula, facilita l‘ ossidazione del
NADH in eccesso, mantiene elevati i livelli di glutatione, si oppone alla caduta dei
livelli ematici e cerebrali di ATP, stimolandone la sintesi de novo. Agisce anche
sui neurotrasmettitori, aumentando il rilascio di GABA e Acetilcolina.
c) ACAMPROSATO CALCICO (alle dosi di 666mg x 23 volte al di)
d) OXIBATO di SODIO
e) CLOMETIAZOLO
- CLORALIO IDRATO è 1 derivato dell‘ acetaldeide , trasformato in
tricloroetanolo, irritante x la cute e le mucose , ha 1 sapore spiacevole e provoca
sofferenza epigastrica e nausea, soprattutto quando non è diluito. Provoca
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stordimento; l‘ intossicazione acuta provoca ittero, dovuto al cloroformio; l‘
intossicazione cronica provoca danno epatico e renale.
IDROXIZINA( ANTI H1 con effetto sedativo centrale)
DIFENIDRAMINA ( ANTI H1 con effetto sedativo centrale)
NIAPRAZINA attiva le strutture serotoninergiche deputate al sonno lento , mentre
risparmia quelle noradrenergiche che intervengono nelle fasi del sonno paradosso
MELATONINA (= metil-acetil-serotonina): La melatonina è in grado di
sincronizzare i cicli fisiologici del corpo e pure il sonno. E‘ prodotta dal
metabolismo della 5-HT, metilata ed acetilata. La Melatonina viene prodotta dalla
ghiandola Pineale: le informazioni sul ciclo giorno\notte arrivano alla pineale
attraverso complessi circuiti. Si pensa che l‘induzione del sonno sia dovuta ai
livelli di melatonina, che è però facilmente idrolizzata e inattivata. La Melatonina
agisce su 2 recettori accoppiati a proteine G: essa diminuisce la latenza del sonno
e ne prolunga la durata. Oggi si ricercano sostanze melatonino-simili o si
sintetizzano sostanze che posseggano il farmacoforo della melatonina, che però
siano meno idrolizzabili e che abbino 1 lipofilia tale da permettere subito il
passaggio della BEE. La melatonina può essere utile in due forme di terapia:
a. Light therapy : la luce inibisce la sintesi della melatonina da parte
dell‘enzima N-acetil-metil-transferasi (che acetila e metila la
serotonina), determinando quindi un accumulo di serotonina che è
benefico per la terapia anti-depressiva;
b. Somministrazione di melatonina : essa infatti a dosi
farmaceutiche è in grado di inibire (con un meccanismo di feedback negativo) la propria sintesi a livello epifisario; in tal modo si
determina un accumulo di serotonina come nella Light therapy
PARALDEIDE ipnotico ad azione rapida. Supera la barriera placentare; x os irrita
la gola e lo stomaco (gastriti sanguinanti – melena, epatite ed acidosi, convulsioni)
KBr ( bromuro di potassio) + usato come antiepilettico
BETA-BLOCCANTI: possono avere 1 effetto ansiolitico (ansia psichica e non
somatica dovuta alla liberazione di adrenalina) fondato sulla soppressione dei
segni caratteristiche della liberazione di adrenalina su base psichica (tachicardia,
tremore), che accentuano la ―paura‖ o la ―febbre della ribalta‖. L‘attenzione non
viene compromessa dai beta-bloccanti e x questo essi vengono impiegati anche da
oratori e da musicisti prima di manifestazioni importanti.
FUTURI SEDATIVI:
Si è spostato lo studio sui modulatori fisiologici, cioè sui neurosteroidi: gli steroidi
(come il 5alfa, pregnan 3alfa-ol 20 one), si legano ad 1 sito allosterico, modulando
positivamente l‘apertura del canale del Cl-, aperto dal GABA. Si è alla ricerca di
sostanze in grado di aumentare la produzione di neurosteroidi : si stanno studiando
sostanze che aumentino la permeabilita‘ del colesterolo alla membrana mitocondriale,
modulando l‘ attivita‘ della proteina trasporta-trice, x avere 1 maggiore quantita‘ di
pregnolone solfato, che modula i canali del Cl- con effetti sedativi.
409
12
ANTIEPILETTICI
Il termine Epilessia deriva dal verbo Greco che significa ―cogliere di
sorpresa‖; infatti è 1 sindrome caratterizzata da episodi critico- convulsivi che si
presentano improvvisamente e hanno tendenza a ripetersi. Tali crisi dipendono da 1
scarica eccessiva, improvvisa e rapida dei neuroni cerebrali detta ―paroxysmal
depolarizing shift (PDS)‖, dovuta a modificazioni transitorie di membrana.
Etiopatogenesi:
Mentre la fisiopatologia dell'epilessia è ben caratterizzata, l'etiopatogenesi non è
ancora ben chiarita; si sa che in rari casi essa possa anche avere una base di tipo
genetico-ereditario. Tuttavia è possibile classificare le epilessie dal punto
etiopatogenetico in questo modo:
 Dovute ad esiti cicatriziali in distretti neuronali più atti a scaricare in maniera
anomala: sono quindi epilessie conseguenti a lesioni o a infarti cerebrali
 Dovute a processi espansivi: in particolare possono essere causate da patologie
neoplastiche del SNC oppure a metastasi cerebrali (i tumori primari sono
spesso: K mammella, K ovaio e K vescica). Tali neoplasie spesso sono silenti
per lungo tempo e poi si manifestano o con un deficit sensitivo/motorio acuto,
oppure con manifestazioni di tipo convulsivo tipiche dell'epilessia (ciò succede
in età adulta in soggetti che mai sono stati affetti da epilessia)
 Idiopatiche: sono la maggior parte. Pur individuando il focus epilettogeno, non
se ne conosce la causa.
Nel passato si pensava che l'epilessia fosse sempre causata da esiti cicatriziali di
lesioni traumatiche (classico esempio era l'uso del forcipe nei parti distociti; si è però
anche poi visto che seppur con un vertiginoso aumento dell'uso dei parti cesarei,
l'incidenza di patologie epilettiche non è assolutamente diminuita; ciò prova che
l'unica causa dell'epilessia non è solo la lesione traumatica).
Ora, anche grazie ai dati neurochimici e neurofisiologici, si è compreso che nella
patogenesi dell'epilessia hanno sicuramente un qualche ruolo anche i sistemi
neurotrasmettitoriali e in particolare i canali ionici per il Cl-, Na+, K+ e Ca++).
Ricapitolando le cause dell‘ epilessia quindi possono essere varie:
- cicatrici, cisti e atrofie localizzate conseguenti a ipossia da danni subiti nel periodo
fetale o durante il parto;
- malformazione artero-venosa dell‘arterie cerebrali;
- tumore cerebrale;
- compressione della testa fetale con ischemia a livello dell‘ Ippocampo durante il
parto eutocico;
- trauma cranico con compromissione dell‘ Ippocampo;
- Cause Genetiche ereditarie.
Gli antichi Greci consideravano l‘ epilessia 1 segno di possessione degli Dei, altre
culture hanno considerato le crisi epilettiche come segni di stregoneria maligna. Le
epilessie sono patologie con una discreta incidenza e con una impostazione
410
terapeutica decisa direttamente dal medico specialista, che in questo caso è il
neurologo.Spesso la diagnosi di epilessia è tardiva, anche perché spesso i pazienti con
forme non gravi tendono ad occultare la sintomatologia al medico curante.
La terapia farmacologica è a lungo termine (spesso cronica) e quindi può comportare
problemi di interazioni con altri farmaci oppure reazioni tossiche.
L'epilessia in genere insorge in maniera acuta, improvvisa e imprevista, determinando
quindi grosse paure soprattutto nei familiari dei pazienti.
Lo scopo che deve inseguire il neurologo è cercare di capire se la crisi epilettic a è
isolata (dovuta a scariche anomale e temporanee di alcuni gruppi neuronali) oppure
se la crisi può essere il preludio di una vera forma di epilessia.
La diagnosi di epilessia si svolge soprattutto interpretando i tracciati elettroencefalografici (EEG) e rapportandoli con le nozioni di elettrofisiologia.
Nel caso in cui la crisi si sia dimostrata essere isolata, normalmente non si attua
nessuna terapia; nel caso contrario in cui le crisi epilettiche si ripetano nel tempo,
invece, si deve predisporre una terapia farmacologica. Grazie all' EEG è anche
possibile identificare il tipo preciso di epilessia che colpisce il paziente.
Approccio terapeutico:
a. Inizialmente si tenta una monoterapia (si utilizza un solo farmaco)
b. Nel caso in cui il farmaco si riveli inefficace o compaiano fastidiosi effetti
collaterali, si tenta una monoterapia con un altro farmaco
c. Se anche il secondo farmaco si rivela inefficace, si tenta una terapia di
combinazione con due farmaci con azione sinergica
d. Se anche la terapia di combinazione utilizzata è inefficace, allora si cambia uno
dei due farmaci con un altro farmaco (si provano quindi più combinazioni di
farmaci)
e. Se anche questo tipo di terapia non da buoni risultati, allora si passa ad
utilizzare una politerapia (utilizzo di più di 2 farmaci combinati)
f. Nel caso in cui anche la politerapia sia inefficace, allora si tenterà l'utilizzo di
farmaci sperimentali oppure la terapia chirurgica
Nella terapia di combinazione ci si propone di usare sempre due farmaci con azione
sinergica, in modo da ottenere un unico effetto comune: l'abbassamento della soglia
di eccitabilità neuronale che è alla base delle crisi epilettiche.
Nel caso in cui la monoterapia o la terapia di combinazione diano un controllo
adeguato della sintomatologia, in genere si mantiene il trattamento per un tempo
prolungato e si pongono dei termini a tale terapia: normalmente la durata della terapia
è fissato in 5 anni senza alcuna crisi epilettica; dopo tale periodo la terapia viene
gradualmente sospesa.
Nella terapia dello spasmo generalizzato infantile o Sindrome di West possono essere
utilizzati tali farmaci anticonvulsivanti (o antiepilettici) associati all‘ ACTH o a dei
suoi analoghi.
Cenni di storia della farmacologia dell'epilessia:
1. I primi farmaci utilizzati sono stati gli agonisti del GABA
411
2. Si è scoperto il ruolo degli a.a. eccitatori (specialmente gli NMDA) nella
regolazione dei canali per il Na+ e per il K+; quindi si è iniziato a pensare di
utilizzare degli antagonisti degli a.a. eccitatori
3. Si è poi visto che la serotonina (5HT) è in grado di attivare alcuni nuclei
neuronali quali il nucleo del Rafe, e si è quindi pensato di utilizzare degli
antagonisti della 5HT (oppure degli agonisti della 5HT nel caso in cui la 5HT
abbia una azione di tipo inibitorio sull'eccitazione neuronale in altri distretti)
Le crisi epilettiche si possono dividere in 2 gruppi essenziali:
A. Crisi Generalizzate
Ci sono ben 6 tipi di crisi generalizzate:
- Assenze (Piccolo Male): sono brevi perdite della coscienza; durano da pochi a 20
secondi e possono verificarsi + volte in 1 giorno accompagnati da piccoli
movimenti involontari
- Crisi Miocloniche: sono improvvise scosse muscolari che interessano tutto il
corpo, senza perdita di coscienza
- Crisi Atoniche: comportano 1 breve perdita del controllo muscolare e provocano
la caduta a terra del soggetto con pericolo di escoriazioni. Durano alcuni secondi.
- Crisi Toniche: comportano 1 improvviso irrigidimento degli arti o di tutto il corpo
e provocano la caduta a terra del soggetto. Durano 5-10 secondi
- Crisi Cloniche: i muscoli si contraggono ripetutamente e ritmicamente con scosse
e contrazioni; durano dai 30 sec ai 2 minuti e più.
- Crisi Tonico-cloniche (Grande Male): comportano 1 contrazione improvvisa e
generalizzata di tutti i muscoli con caduta a terra del soggetto; la contrazione dei
muscoli del petto fa espellere violentemente l‘ aria con 1 urlo involontario e il
respiro si blocca provocando cianosi del volto; successivamente i muscoli si
contraggono ripetutamente e il soggeto può rimanere in tale stato da 1 a 3 minuti.
Confusione, prostazione, irritabilità, dolori muscolari, mal di testa sono i sintomi +
comuni dopo 1 crisi.
B. Crisi Parziali (focali)
Scaturiscono da 1 parte del cervello con alterazioni dello stato di coscienza, dei
movimenti e della sensibilità; si dividono in:
- Crisi Parziali Semplici: interessano 1 ristretta area cerebrale e il soggetto rimane
cosciente e può decrivere ciò che gli sta accadendo: si verificano allucinazioni
sensoriali e visive con iperattività cerebrale. A seconda dell‘area del cervello
interessata si hanno varie percezioni sensoriali differenti.
- Crisi Parziali Complesse: alterano lo stato di coscienza, xchè il disordine
nell‘attività elettrica si è propagato sufficientemente in tutto il cervello; così il
paziente appare in 1 stato di ―trance‖ o di confusione. La crisi dura pochi minuti.
Farmaci:
412
I principali meccanismi d‘ azione dei farmaci antiepilettici riguardano:
1) I Canali ionici voltaggio-dipendenti. I canali del Na+ volt-dip entrano in 1 stato
inattivo successivamente ad ogni potenziale d‘azione. Il prolungamento di questo
stato inattivo – con concomitante prolungamento del periodo refrattario e
soppressione della scarica rapida in neuroni isolati – si pensa sia il principale
meccanismo d‘ azione di Fenitoina, Carbamazepina e Lamotrigina (e similari
nella classe) e ciò può contribuire agli effetti di Fenobarbital, Valproato e
Topiramato.
2) I Canali ionici del Ca+2. E‘ stato trovato pure che 1 bassa corrente di soglia del
Ca+2 (canali di tipo T) influenza le risposte oscillatorie nei neuroni talamici. La
riduzione di tale corrente mediante Etosuccimide o Dimetadione si pensa possa
spiegare l‘ effetto di questi composti nelle assenze.
3) Potenziamento dell‘azione inibitoria del GABA. Può essere prodotto in vari
modi:
- coinvolgendo sia l‘ azione diretta sul complesso recettoriale GABA-canale del
Cloro (come BZP, Barbiturici, Topiramato)
- oppure agendo bloccandone la degradazione: sul Re-uptake (Tiagabina) o sul
metabolismo (Vigabatrim)
4) Riduzione della neurotrasmissione eccitatoria Glutamma-ergica. Il blocco dei
recettori AMPA è il meccanismo principale della Fenciclidina e probabilmente
contribuisce agli effetti del Fenobarbital e del Topiramato; il blocco dei recettori
NMDA agli effetti della REMACEMIDE, farmaco in fase di studio.
1. BARBITURICI (vedi cap 11 - IPNOTICI-SEDATIVI)
Modulatori allosterici del canale del Cl- aperto dal GABA: si usano per crisi
generalizzate tonicocloniche e crisi parziali. Danno dipendenza e assuefazione.
- FENOBARBITAL usato dal 1912 È efficace sulla durata e sull‘intensità delle
crisi, ma meno sulla soglia della crisi e, come la fenitoina, è inefficace nelle crisi
d‘assenza. La sua eliminazione renale aumenta con l‘alcalinizzazione delle urine.
È un induttore degli enzimi epatici, quindi abbassa le concentrazioni di warfarin,
contraccettivi orali, TCA e steroidi. Alle dosi necessarie per avere azione contro le
crisi si ha sedazione. Può causare anemia megaloblastica ed osteomalacia.
L‘intossicazione può determinare coma ed arresto respiratorio come gli altri
barbiturici.
- MEFOBARBITAL
2. PROFARMACI BARBITURICI (DESOXI-BARBITURICI)
Hanno lo stesso meccanismo d‘azione dei Barbiturici, ma con 1 emivita + elevata:
anch‘essi si usano per crisi generalizzate tonicocloniche e crisi parziali.
- PRIMIDONE
- BARBEXACLONE
3. DERIVATI IDANTOINICI
413
Bloccano i canali del Na+ della cellula neuronale, prevenendo e attenuando le
depolarizzazioni continue dei fenomeni convulsivo-mioclonici: si usano per crisi
generalizzate tonicocloniche e crisi parziali.
- FENITOINA sintetizzata nel 1908, fu introdotta nel 1938, fu il primo antiepiettico
non sedativo È un composto idantoinico, strutturalmente simile ai barbiturici.È
molto utile sia nelle crisi parziali sia in quelle generalizzate, ma può peggiorare le
assenze.Presenta un buon assorbimento dopo somministrazione orale, e l‘80-90%
del farmaco che si trova nel sangue è legato all‘albumina.Poiché i salicilati, il
fenilbutazone ed il valproato inibiscono competitivamente questo legame,
provocano un aumento della fenitoina libera e della sua clearance epatica.Da
questo dipende in parte l‘imprevedibilità farmacocinetica della fenitoina.E‘
metabolizzata dal fegato ed escreta come glucuronato.È un potente induttore
enzimatico ed aumenta il metabolismo di molti farmaci, come gli anticoagulanti
orali.Se associata al fenobarbital si ha prima un aumento e poi una diminuzione
dell‘azione della fenitoina.Anche l‘etanolo presenta un‘azione simile.Questo
farmaco risente dell‘effetto di saturazione, e questo determina che l‘emivita
plasmatico aumenti all‘aumentare della dose, e che la concentrazione plasmatica
media allo stato stazionario, raggiunta quando il paziente è trattato con una dose
giornaliera costante, vari in maniera non proporzionale alla dose.L‘intervallo
terapeutico è molto limitato: fra le 40 e le 100 mmol/L.Concentrazioni
plasmatiche superiori alle mmol/L determinano la comparsa di effetti collaterali:
vertigine, atassia, cefalea e nistagmo.A concentrazioni superiori alle 150 mmol/L
si hanno effetti più gravi, come marcata confusione e deterioramento
intellettuale.Questi effetti si manifestano in modo acuto e sono reversibili.Può
apparire anche iperplasia gengivale.Si può avere anche una anemia megaloblastica
dovuta ad un disturbo del metabolismo dell‘acido folico.Epatite anche grave e
ingrossamento dei linfonodi sono rari.L‘uso della fenitoina può essere
responsabile di malformazioni fetali, soprattutto palatoschisi, in figli di madri
epilettiche.
- MEFENITOINA è metabolizzata a 5,5-etil-fenil-idantoina (Nirvanol) che è
responsabile dell‘attività antiepilettica.
- FENACEMIDE è 1 analogo a catena lineare, ma tossica
- ETOTOINA
4. OXAZOLIN- DIONICI (introdotti prima del 1960)
Blocco dei canali del Ca++ e del Na+: sono usati per le assenze
- TRIMETADIONE
- DIMETADIONE (meabolita attivo del Trimetadione)
- PARAMETADIONE
- ETADIONE
5. SUCCINIMMIDICI E GLUTAIMMIDICI(introdotti nel 1960)
Blocco dei canali del Ca++ e del Na+: sono usati per le assenze; Meccanismi
secondari \ dose dipendenti: inibiscono pure la pompa Na+\K+ ATPasi, riducono la
414
velocità del metabolismo cerebrale, inibiscono pure parzialmente la GABA
Transaminasi.
- ETOSUCCIMIDE
- FENSUCCIMIDE
- MESUCCIMIDE
6. DERIVATI DELL‘ IMINOSTILBENE (o della CARBOSSAMIDE)
Bloccano i canali del Na+ voltaggio dipendenti: si usano per crisi generalizzate
tonicocloniche e crisi parziali.
- CARBAMAZEPINA Sia clinicamente che farmacologicamente ha una azione
simile a quella della fenitoina (è il gruppo carbammico in pos.5 che gli conferisce
l‘ attività antiepilettica). È particolarmente efficace nel trattamento delle crisi
complesse parziali. Viene utilizzata anche x trattare disturbi bipolari del tono dell‘
umore, la nevralgia del trigemino, le nevralgie del glosso faringeo. Può provocare
sonnolenza, atassia e vertigini; questi effetti possono essere minimizzati dalla
somministrazione di dosi a lento rilascio, che evitano il raggiungimento del picco
plasmatico dopo la somministrazione di ogni singola dose. Essendo un forte
induttore accelera il metabolismo di molti farmaci, come il warfarin, i
contraccettivi orali e i corticosteroidi. È preferibile non utilizzarla in associazione
con altri farmaci antiepilettici.
- OXA-CARBAMAZEPINA
7. BENZODIAZEPINE (a lunga durata d‘ azione)
Potenziano l‘ attivita‘ del GABA sulle sinapsi: si usano x le crisi parziali , assenze e
convulsioni miocloniche.
- DIAZEPAM
- LORAZEPAM
- NITRAZEPAM
- CLONAZEPAM
- CLOBAZAM (t 1\2 18 h)
- CLORAZEPATO DI K+
8. INIBITORI DELLA GABA-TRANSAMINASI( GABA T)
Inibiscono l‘enzima che è deputato alla degradazione del GABA, che potrà
iperpolarizzare la cellula neuronale (con l‘ ingresso dall‘esterno di ioni Cl-) per 1
tempo maggiore. Si usano x le crisi parziali e generalizzate secondarie.
- VIGABATRIM (o gamma-VINIL-GABA) blocca irreversibilmente l‘enzima
- ACIDO VALPROICO o ACIDO N-DIPROPIL-ACETICO (introdotto nel 1969)
blocca reversibilmente l‘enzima; blocca anche i canali del Na+ e del Ca+2 : è
usato x le crisi generalizzate tonicocloniche, crisi parziali e assenze È molto
indicato nelle epilessie infantile, grazie alla sua bassa tossicità ed alla mancanza d i
attività sedativa. Causa un aumento significativo del contenuto di GABA nel
cervello, ed una diminuzione dell‘aspartato; il turnover del GABA risulta
diminuito. Il farmaco è relativamente privo di effetto collaterale: causa
415
assottigliamento ed arricciamento dei capelli nel 10% dei pazienti.
L‘epatotossicità è l‘effetto collaterale più grave, benché rara. Provoca una
aumento dell‘incidenza della spina bifida.
- VALPROATO MAGNESIACO (come l‘ acido valproico)
- VALPROMIDE
- PROGABIDE
9. INIBITORI DEL RE-UPTAKE DEL GABA
- TIAGABINA usato x le crisi parziali complesse
10. ANTAGONISTI DEL GLUTAMMATO
- FENCICLIDINA blocca i recettori NMDA del glutammato
- REMACEMIDE blocca i recettori NMDA del glutammato
11. VARI
- FELBAMATO emivita di 20 h, è 1 ansiolitico. Pare interagisca,
antagonizzandolo, col sito della Glicina a livello del complesso recettoriale
NMDA e col recettore AMPA\Kainato, poco probabile è l‘interazione col
recettore GABAa
- BROMURO DI POTASSIO primo farmaco antiepilettico introdotto da Locock
nel 1857 in dosi di 3-6 g\die
- TOPIRAMATO (riduce la frequenza alla quale si hanno i potenziali d‘azione
grazie al blocco dei canali voltaggio sensibili del Na+; inoltre antagonizza
debolmente l‘ attivita‘ eccitatoria del glutammato nel sottotipo Kainato\AMPA dei
recettori del glutammato; è anche 1 agonista gabaergico ) usato x le crisi parziali.
E‘ pure utilizzato per la prevenzione dell‘ emicrania cronica in quanto si è
dimostrato efficace nel ridurre la frequenza e la durata degli episodi di emicrania.
- LAMOTRIGINA (emivita di 14-50 h) blocca i canali del Na+ e inibisce il rilascio
di neurotrasmettitori eccitatori (glutammato) e di GABA
- BUSSAMINA è 1 derivato del GABA che mima le azioni di quest‘ultimo nel
SNC (agonista pieno) usato x l‘ epilessia idiopatica e sintomatica e per le forme
convulse dei bambini
- GABAPENTINA (aumenta le [ ] cerebrali di GABA) usato x le crisi parziali
- LEVETIRACETAM – (Keppra) Indicazioni approvate: Terapia aggiuntiva nel
trattamento delle crisi parziali con o senza generalizzazione secondaria in pazienti
con epilessiaProprietà farmacologiche: Levetiracetam è un derivato pirrolidinico,
analogo al piracetam, dalla struttura chimica non correlata a quella degli altri
antiepilettici. Il suo meccanismo d'azione non è noto (probabilmente blocca i
canali del Na+) , ma diversamente dagli altri anticonvulsivanti è indipendente dal
sistema di eccitazione/inibizione neuronale; il levetiracetam manifesta un effetto
protettivo in alcuni modelli di epilessia complessa dell'animale nei quali altri
anticonvulsivanti risultano solo parzialmente efficaci.Dopo somministrazione
orale, il farmaco viene assorbito in modo rapido e pressoché completo (>95%). I
livelli plasmatici massimi vengono raggiunti dopo circa 1 ora, mentre con due
416
somministrazioni al giorno le concentrazioni di steady-state si ottengono nell'arco
di 2 giorni. L'assunzione dopo i pasti non altera la biodisponibilità del farmaco,
ma ne riduce i livelli massimi e allunga i tempi di picco plasmatico. L'emivita,
compresa tra le 6 e le 8 ore, risulta più lunga negli anziani e inferiore nei ragazzi
con meno di 16 anni. Scarsamente legato alle proteine plasmatiche (<10%), il
levetiracetam viene eliminato con le urine in gran parte immodificato (66%) o
sotto forma di un metabolita inattivo derivato dalla idrolisi enzimatica del gruppo
acetamidico della molecola.Nei pazienti con insufficienza renale si rende
necessario un aggiustamento posologico.Efficacia clinica: Il levetiracetam è stato
oggetto di 3 studi multicentrici (uno statunitense, due europei), controllati,
randomizzati, in doppio-cieco condotti su un totale di 904 pazienti con una storia
di epilessia parziale refrattaria (da un minimo di 1 ad un massimo di 2 anni), in
trattamento con uno o più farmaci antiepilettici tradizionali. Il criterio principale
di valutazione di efficacia adottato è stata la riduzione mediana delle crisi
settimanali, mentre come misura di esito secondaria la percentuale di responders
(la percentuale di pazienti con una diminuzione minima del 50% degli attacchi
convulsivi). La durata degli studi è stata di 18 settimane (1° studio) e 16 settimane
(gli altri due), 4 delle quali dedicate alla individualizzazione della posologia e 12 o
14 di trattamento a dose fissa.Nel primo studio, 294 pazienti sono stati
randomizzati a levetiracetam 1.000mg/die, a levetiracetam 3.000mg/die o a
placebo. Tra i pazienti trattati con levetiracetam si è osservata un riduzione del
26% (1.000mg/die) e del 30% (3.000mg/die) nella frequenza delle crisi rispetto al
placebo. La percentuale di responders è stata rispettivamente del 37% e del 39,8%
contro il 7,4% con placebo. Undici pazienti trattati con levetiracetam sono risultati
completamente liberi da crisi contro nessuno assegnato al placebo.Il secondo
studio ha confrontato levetiracetam alla dose di 1.000mg/die (n=106) e
2.000mg/die (n=105) con placebo (n=111). La diminuzione del numero di attacchi
convulsivi rispetto al placebo è stata del 17,1% (1.000mg/die) e del 21,4%
(2.000mg/die), mentre la percentuale di responders è risultata rispettivamente del
20,8% e del 35,2% contro il 6,3% osservato con placebo. Nell'ultimo studio, in cui
3.000mg/die di levetiracetam (n=180) sono stati confrontati con placebo (n=104),
nei pazienti trattati col farmaco si è osservata una riduzione del 23% del numero
delle crisi rispetto al placebo, mentre la percentuale di responders è stata del
39,4% contro il 14,4% con placebo. Effetti indesiderati: Negli studi clinici, la
percentuale di pazienti costretti a sospendere il trattamento per la comparsa di
reazioni avverse è stata del 15% nel gruppo trattato con levetiracetam e dell'11,6%
nel gruppo trattato con placebo. Gli effetti indesiderati più frequentemente
riportati sono stati sonnolenza (14,8%), astenia (14,7%), giramenti di testa (8,8%),
atassia e incoordinazione motoria (3,4%), sintomi psichiatrici tipo depressione,
agitazione, ansia, ostilità, labilità emotiva, apatia, depersonalizzazione. Nel corso
degli studi si sono verificate modeste riduzioni nei valori di emoglobina,
ematocrito e della conta leucocitaria ed eritrocitaria che non hanno comportato
l'interruzione del trattamento. Avvertenze: Non si conosce l'innocuità del farmaco
in corso di gravidanza. In studi su animali (ratti femmine), il trattamento con
417
-
-
levetiracetam si è associato con una aumentata incidenza di anormalità
scheletriche minori e ritardato accrescimento fetale a dosi di 350mg/kg/die
(equivalenti alla dose massima raccomandata nell'uomo di 3g/die).Non esistono
informazioni sull'uso del farmaco negli adolescenti di età inferiore ai 16 anni.
Interazioni: Grazie soprattutto all'assenza di metabolizzazione epatica, oltre al
basso legame proteico, il levetiracetam non interagisce con altri antiepilettici come
fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale, acido valproico, lamotrigina, gabapentina
e primidone. Il levetiracetam non influenza neppure la farmacocinetica dei
contraccettivi orali (etinilestradiolo+levonorgestrel), della digossina e del warfarin
(tempi di protrombina immutati). Dosaggio e modalità di somministrazione: La
dose iniziale raccomandata dalla ditta produttrice è di 500 mg due volte al giorno.
Sulla base della risposta clinica e della tollerabilità, la dose può essere aumentata
di 1.000 mg al giorno ogni 2-4 settimane, sino ad un massimo di 1.500 mg 2 volte
al giorno. Il farmaco può essere assunto indipendentemente dai pasti. In caso di
insufficienza renale è necessario modificare il dosaggio: nei pazienti con clearance
della creatinina di 50-80ml/min il range posologico è di 500-1.000mg ogni 12 ore,
in quelli con clearance della creatinina di 30-50ml/min è di 250-750mg ogni 12
ore, in quelli con clearance della creatinina <30ml/min di 250-500mg ogni 12 ore.
ZONISAMIDE derivato sulfamidico efficace nelle forme di epilessia parziale e in
quelle generalizzate tonico-cloniche
ACETAZOLAMIDE diuretico inibitore dell‘ Anidrasi Carbonica. E‘ 1
coadiuvante x la terapia dello stato epilettico del piccolo male: il suo meccanismo
d‘ azione come anticonvulsivante si pensa sia dovuto, o all‘accumulo della CO2
nel cervello (dona 1 stato di ipossia), oppure alla diminuzione degli ioni
bicarbonato nelle sinapsi GABA-ergiche ( gli ioni bicarbonato hanno 1 azione
depolarizzante-eccitante fuoriuscendo dai neuroni attraverso il complesso
recettoriale del GABA).
SULTIAME come l‘acetazolamide è 1 diuretico inibitore dell‘ Anidrasi
Carbonica. E‘ 1 coadiuvante x la terapia dello stato epilettico del piccolo male.
CLOMETIAZOLO x via e.v. lenta: x trattare le convulsioni
LIDOCAINA blocca i canali del Na+: x trattare le convulsioni
PARALDEIDE x via e.v. lenta: x trattare le convulsioni
13
ANESTETICI GENERALI
Gli anestetici generali determinano la massima depressione dell‘ eccitabilità
neuronale e vengono utilizzati per indurre narcosi. Questi farmaci vengono utilizzati
dall‘anestesista . L‘anestesia chirurgica è in pratica un coma che viene suddiviso in
fasi tenendo conto delle funzioni che si perdono. Si deve raggiungere il terzo stadio;
nel quarto stadio la differenza tra la dose per la narcosi e la dose letale è minima. Nei
pazienti intubati il margine per la maneggevelozza dei farmaci è molto ristretto.
Viene somministrata una dose pre-anestetica per indurre il sonno e diminuire l‘ansia
per permettere di espletare le pratiche necessarie per attuare l‘anestesia generale.
418
I curarici agiscono sui recettori nicotinici postgiunzionali della placca
neuromuscolare determinandone il blocco.
I principali anestetici generali possono essere inalatori (gassosi come il protossido
d‘azoto o volatili come l‘alotano)o somministrati per via endovenosa (per l‘induzione
e il mantenimento dell‘anestesia).
Anestetici somministrati per via endovenosa:
barbiturici: ad azione breve o ultrabreve, es. tiopentale
benzodiazepine: es. diazepam che agisce meno rapidamente e può essere utilizzato
per produrre sedazione prima dell‘anestesia
ketamina: per interventi di breve durata su organi viscerali in associazione con una
benzodiazepina, determina anestesia dissociativa senza perdita di coscienza.
oppioidi: fentanil, alfentanil, sulfentanil
droperidolo: neurolettico
etomidato: simile al tiopentale
propanidide e altesin non vengono più utilizzati in quanto determinano ipotensione e
brococostrizione
Anestesia
STADI DELL‘ ANESTESIA:
Stadio I. ANALGESIA: il soggetto è cosciente, ma assopito. Le risposte agli stimoli
dolorifici sono ridotte. In questo stadio il grado di anestesia è marcato con l‘etere ed
il protossido d‘azoto, ma non lo è con l‘alotano.
Stadio II. ECCITAZIONE: il soggetto perde conoscenza, non risponde più agli
stimoli non dolorifici, ma risponde agli stimoli dolorifici per via riflessa. Il riflesso
del vomito dopo stimolazione faringea e della tosse, sono presenti e spesso esagerati.
La ventilazione può essere irregolare, causando interferenze nell‘assorbimento del
farmaco. Questo stato è pericoloso, e con le moderne tecniche di anestesia viene
eliminato.
Stadio III. ANESTESIA CHIRURGICA: cessano i movimenti spontanei e la
respirazione diventa regolare. Se l‘anestesia è leggera alcuni riflessi sono ancora
presenti, ed i muscoli mostrano un tono apprezzabile. Quando l‘anestesia si fa
profonda il tono muscolare sparisce; la respirazione diventa via via più piatta, ed i
muscoli intercostali perdono la capacità di contrarsi, prima del diaframma.
Stadio IV. PARALISI MIDOLLARE: la respirazione ed il controllo vasomotorio si
interrompono, e la morte sopraggiunge in pochi minuti.
Gli anestetici inalatori.
L‘anestesia ha ricapitolando varie fasi in progressione:
- perdita della coscienza
- perdita della risposta alla stimolazione dolorosa
- perdita del riflesso motorio
- La morte può sopraggiungere per perdita del riflesso cardiovascolare. La
depressione cardiovascolare può determinare lesione del miocardio e della
419
muscolatura vascolare.Gli anestetici inibiscono la conduzione del potenziale
d‘azione e la trasmissione sinaptica. L‘inibizione sulla trasmissione sinaptica è
dovuta a
- riduzione della liberazione del trasmettitore
- riduzione della risposta postsinaptica.
La perdita di coscienza è determinata dall‘inibizione della sostanza reticolare.
TEORIE SULL‘ANESTESIA
Azione narcotica
La potenza anestetica è strettamente correlata alla liposolubilità (per attraversare la
barriera ematoencefalica) e non alla struttura chimica.Le due principali teorie
sull‘anestesia ipotizzano un‘interazione con il doppio strato lipidico della membrana
o con siti di legame idrofobici localizzati sulle proteine.
Le teorie che coinvolgono il doppio strato lipidico della membrana prevedono due
possibili meccanismi:
- espansione del volume (il farmaco tende ad aumentare il volume dei foglietti
lipidici delle membrane)
- blocco della fluidità delle membrane e loro scompaginamento.
La capacità di risposta dei neuroni è fortemente inibita; si ha:
- ritardo del potenziale d‘azione
- innalzamento della soglia di eccitabilità
Gli anestetici generali quindi si ripartiscono nella fase lipidica della membrana
disorganizzandola e scompaginando le strutture proteiche immerse in essa (proteine
Canali). Alcuni studi provano il legame di tali farmaci col recettore canale aperto dal
gaba, provocando 1 lunga iperpolarizzazione del neurone
A. IDROCARBURI ALOGENATI
- CLOROFORMIO e‘ epatotoxico. Se somministrato con Adrenalina provoca
nefrotoxicita‘, depressione cardio circolatoria dando luogo alla sindrome
―Adrenalina-Cloroformio‖ con aritmie e fibrillazione
- ALOTANO (vedi anche tossicita e fegato) È l‘agente anestetico inalatorio più
usato. Non è né irritante né esplosivo. È dotato di una elevata potenza e può
facilmente produrre scompenso cardiocircolatorio e respiratorio (non va quindi usato
nei pazienti cardiopatici). Induzione e recupero sono relativamente rapidi. La
somministrazione di dosi ripetute di alotano è associata a danno epatico. Ha un
effetto rilassante sulla muscolatura uterina, non è quindi utilizzato in ostetricia.
Tox: provoca ipertensione, epatite (detta ―da Alotano‖) a causa di alcuni metaboliti, è
nefrotoxico perche‘ libera F- , che compete col Cl- a livello del TCD(necrosi del
TCD) provocando poliurea, disidratazione, azotemia. . Inoltre l‘ F- nel sangue
precipita come F2 a forma di aghi, con difetti della coagulazione.
- ENFLURANO provoca anestesia profonda con possibile depressione respiratoria e
circolatoria, ad alte dosi puo‘provocare bradicardia e aumento della salivazione con
convulsioni. Ha azione molto più veloce del metossiflurano , si accumula meno nel
grasso corporeo e presenta un metabolismo limitato che non provoca grossi danni
420
renali. Può provocare attacchi epilettici durante l‘induzione o dopo il recupero
dall‘anestesia.
- METOSSIFLURANO Ha una elevatissima potenza dovuta alla sua eccezionale
liposolubilità. Il suo coefficiente di ripartizione sangue : gas è più elevato di quello
dell‘alotano, presenta quindi un‘induzione ed un recupero più lenti. La sua elevata
liposolubilità determina la sua deposizione nel grasso corporeo: questo fa sì che se
viene somministrato per un lungo periodo si abbia un recupero lento. Come
analgesico è più efficace dell‘alotano, e causa un minor rilasciamento uterino. Può
dare danni renali anche gravi, a causa della sua metabolizzazione a fluoruro. Viene
ora scarsamente utilizzato, se non per interventi molto brevi.
Tox: epatotoxico (necrosi epatica) e nefrotoxico, perche‘ come l‘ alotano libera F- ,
che compete col Cl- a livello del TCD (necrosi del TCD) provocando poliurea,
disidratazione, azotemia. Inoltre l‘ F- nel sangue precipita come F2 a forma di aghi,
con difetti della coagulazione.
- ISOFLURANO Ha scarsa tossicità e non presenta gli effetti convulsivanti
dell‘enfluorano; non deve essere utilizzato in pazienti con problemi coronarici, in
quanto aumenta l‘incidenza di attacchi ischemici coronarici.
- DESFLURANO
- SEVOFLURANO
B. ETERI
Sono infiammabili e hanno 1 tempo di induzione e di risveglio molto lenti.
Provocano nausea e vomito.
- ETERE ETILICO
- ETERE VINILICO
Ci sono poi coadiuvanti dell‘ anestesia:
A. BARBITURICI (vedi capitolo 11- ipnotici )
Modulatori allosterici del canale del Cl+ aperto dal Gaba
METOESITAL
ESOBARBITAL
TIOPENTAL (Pentotal) E‘ un barbiturico depressivo del SNC. Ha una elevata
liposolubilità, responsabile della sua velocità d‘azione e della sua breve durata
quando iniettato ev. E‘ insolubile, quindi viene iniettato come sale sodico. Agisce in
circa 15 secondi, ed il suo effetto dura 5-10 minuti. Presenta un picco iniziale di
concentrazione che declina rapidamente a causa della sua ridistribuzione nei tessuti:
prima in quelli con grande vascolarizzazione e poi più lentamente nel muscolo. La
captazione da parte del grasso corporeo avviene più lentamente nonostante la sua
elevata liposolubilità, a causa della scarsa vascolarizzazione di questo tess uto. Dopo
poche ore la concentrazione di tiopentale nell‘organismo è rappresentata dal farmaco
presente a livello del grasso corporeo, in quanto il resto è stato metabolizzato. Questo
421
significa che i postumi del tiopentale sono lunghi, e che non deve essere utilizzato per
anestesie lunghe, ma solo come induttore. Per il 70% si trova legato all‘albumina.
Non presenta attività analgesica, e può provocare profonda depressione respiratoria
anche a concentrazioni non sufficienti per eliminare la risposta agli stimoli dolorosi.
Come altri barbiturici può precipitare attacchi di porfiria in soggetti sensibili. Tox:
provoca tosse, laringospasmo, broncospasmo, ipotensione intracranica. Si associa alla
Succinilcolina (antagonista colinergico nicotinico) che rilascia invece la laringe x
blocco neuromuscolare. Provoca porfiria (aumento delle porfirine, cioè di
emoglobina, mioglobina e citocromi). Provoca 1 rapida induzione dall‘ anestesia ed 1
rapido risveglio (x interventi di piccola chirurgia)
B. ANESTETICI OPPIOIDI
Agiscono sui nocicettori dolorifici (rec accoppiati a 1 Gi\Go) producendo 1
iperpolarizzazione, alzando la soglia del dolore e diminuendo la sua sensazione
FENTANIL
ALFENTANIL
REMIFENTANIL
SUFENTANIL
FENOPERIDINA
C. NEUROLEPTOANALGESIA
E‘ l‘ associazione di 1 neurolettico (come il Droperidolo) + 1 analgesico (come il
Fentanyl) + H2O. Il neurolettico, infatti, antagonizzando i recettori dopaminergici
centrali, provoca tranquillita‘e riduzione della funzione motoria; l‘ analgesico
provoca, invece, analges ia e miorilassamento. Importante è la velocita‘ di infusione :
troppo lenta = delirio; troppo veloce = spasmi alla muscolatura toracica.
D. ALTRI COADIUVANTI dell‘ ANESTESIA
- KETAMINA: blocca i recettori ionotropici del glutammato (antagonista dei
recettori NMDA), è usato x l‘ analgesia dissociativa (isolamento dall‘ambiente
circostante). Somministrata per ev inizia il suo effetto in 2-5 minuti, e produce
l‘anestesia dissociativa: marcata perdita dell‘attività sensoriale, analgesia, amnesia e
paralisi dei movimenti, senza produrre perdita di coscienza. Durante l‘induzione ed il
recupero si possono verificare movimenti involontari, e possono essere percepite
particolari esperienze sensoriali. Provoca aumento della Fc e della PA, e la
respirazione non è influenzata da dosi anestetiche efficaci. Può portare allucinazioni,
delirio e comportamento irrazionale: questi effetti sono meno marcati nei bambini.
Per questo motivo la Ketamina, associata ad una benzodiazepina viene spesso
utilizzata per procedure chirurgiche minori in pediatria. Provoca sedazione, analgesia,
immobilita‘. La dissociazione dura 15‘ , la perdita di coscienza 30‘. Comporta
aumento della pressione, aumento del flusso ematico cerebrale e conseguenti
allucinazioni.
422
- METOMIODATO agonista del rec GABAb
- IDROSSIDIONE EMISUCCINATO è stato utilizzato in passato. Deriva dall‘
esterificazione dell‘ anello ciclopentano peridro fenantrenico con un solo gruppo
carbossilico dell‘ acido succinico al fine di ottenere una molecola molto più solubile
in acqua e quindi somministrabile a concentrazioni più elevate per via endovenosa.
- ETOMIODATO agonista del rec GABAb. Esiste un margine maggiore fra la dose
anestetica e quella che produce depressione respiratoria e cardiovascolare. Viene
metabolizzato più rapidamente rispetto al tiopentale, riducendo quindi i postumi. Può
provocare movimenti durante l‘induzione e nausea e vomito post-operatori. L‘uso
prolungato può determinare soppressione del surrene, risultando alquanto pericoloso
in pazienti gravemente ammalati.
- DROPERIDOLO: blocca le azioni della dopamina a livello dei gangli della base e
delle porzioni limbiche del parencefalo (antagonista D2) e in uso x 1
neuroleptoanalgesia
- PROPOFOL
- PROTOSSIDO D‘ AZOTO (NO2) spiazza l‘ O2 dalle cellule cerebrali, è 1
anestetico detto ―ultrabreve‖ perchè ha emivita breve, con 1 rapida induzione e
risveglio dall‘ anestesia (è quindi privo di attivita‘ miorilassante). Serve x indurre l‘
anestesia generale. E‘ somministrato assieme al 20% di O2 per evitare l‘ ipossia
cerebrale. Non è infiammabile , non è irritante ed è 1 potente analgesico È un gas
inodore e inesplosivo. Ha un basso coefficiente di ripartizione sangue : gas, ed ha
quindi una azione rapida. È un efficace agente analgesico a concentrazioni molto
inferiori rispetto a quelle necessarie per causare incoscienza: viene utilizzato per
ridurre il dolore durante il parto. Ha una potenza molto bassa: in miscele all‘80% (il
massimo possibile per non ridurre il contenuto di O2) non produce anestesia
chirurgica. Viene quindi spesso usato in associazione con l‘alotano. Ha effetti
metabolici importanti, come la ossidazione del cobalto nella vitamina B12: questo
può determinare inibizione della divisione cellulare e quindi anemia e leucopenia.
Questi effetti non sono visibili con un‘unica somministrazione grazie alle riserve del
midollo osseo, ma non viene solitamente utilizzato in anestesie lunghe, o in pazienti
con anemie correlabili alla carenza di B12.
- CURARICI (non depolarizzanti : tubocurarina, rocuronio, vecuronio ,atracurio,
pancuronio\ depolarizz: succinilcolina, decametonio ) sono bloccanti della placca
neuromuscolare (rec N2)
14
ANESTETICI LOCALI
Gli anestetici locali sono farmaci che inducono la perdita di sensibilità termica e
dolorifica in un distretto circoscritto dell‘organismo. Esistono delle caratteristiche,
delle qualità che contraddistinguono gli anestetici locali e una diversa estensione
dell‘anestetico locale a seconda della localizzazione e della località di
somministrazione dello stesso.Ci possono essere diversi modi di ridurre o abolire la
sensibilità dolorifica. A volte gli anestetici locali, se sono modificati, come la
423
BENZOCAINA, hanno un‘azione, per esempio, di contatto o di superficie e vengono
applicati sulla cute o sulle mucose e in quella zona determinano abolizione della
sensibilità.L‘efficacia era già nota per questa via di somministrazione, ma per piccoli
interventi chirurgici. La forma più comune di somministrazione è
l‘INFILTRAZIONE SOTTOCUTANEA o a livello delle mucose, in genere in
prossimità di un decorso nervoso, e per questo motivo l‘anestesia è detta
TRONCULARE. Talvolta si vuole anestetizzare un‘area più ampia rispetto a quella
innervata dal solo tronco nervoso, in genere a conduzione mista, cioè sia della
sensibilità che motoria: allora si porta l‘anestetico in vicinanza dell‘emergenza dei
prolungamenti nervosi a livello del midollo spinale. In questo caso si può iniettare
l‘anestetico in vicinanza della radice spinale, in questo caso l‘anestesia locale si
chiama ANESTESIA RADICOLARE .Altre volte si vuole un campo più ampio, un
intero distretto innervato da un plesso; può essere anestetizzato e in questo caso
l‘anestesia verrà iniettata in vicinanza della confluenza delle radici che costituis cono
il plesso (brachiale, lombare, sacrale). In questo caso l‘anestesia locale sarà detta
ANESTESIA PLESSURALE. Si potrà raggiungere una maggiore estensione
dell‘anestesia, per esempio al peritoneo e agli arti inferiori: in questo caso l‘anestetico
deve essere iniettato in vicinanza di tutte le emergenze del midollo spinale a livello
sacrale e in questo caso è iniettato nella superficie esterna, o meglio ancora tra la dura
madre e l‘aracnoide del midollo spinale.In realtà questa anestesia che dovrebbe essere
all‘esterno della dura madre, si chiama EPIDURALE.
L‘ultima anestesia che determina l‘anestesia di un distretto molto esteso, dal bacino
agli arti inferiori, è la SPINALE. L‘anestetico viene iniettato direttamente nel liquido
cefalo-rachidiano. Esiste un livello ben preciso sopra il quale non si può iniettare
l‘anestetico locale: questo punto è individuato sopra la 12° vertebra toracica; il
passaggio tra le vertebre toraciche e le lombari lo si rintraccia col paziente in
posizione assisa, perché se il paziente viene posto in posizione supina, per la legge
dei vasi comunicanti l‘anestesia si ridistribuisce nel liquido cefalo-rachidiano, e può
risalire fino alle giunture del tronco encefalico, quindi in quelle bulbo-spinali e
bulbari che controllano il centro cardiovascolare e il centro respiratorio,
determinando una inibizione della regolazione di questi centri. Pur se questo è molto
raro, è un incidente che può avvenire, a volte per sbadataggine, perché l‘infermiere o
il tecnico in sala operatoria non sa a che tipo di anestesia è stato sottoposto il paziente
che è in attesa di subire un intervento chirurgico.
Il primo anestetico è la PROCAINA (1905): il nome commerciale è la
MONOCAINA.
Questi anestetici, come la procaina e la metacaina sono caratterizzati da 1 legame
estereo; questi sono degli esteri dell‘acido para-amino-benzoico(PABA).
Intorno agli anni ‘40 venne identificata un‘altra categoria di anestetici locali, che
sono caratterizzati da un altro tipo di legame tra un carbonio e un azoto: il legame
amidico.Gli anestetici locali si distinguono in ESTERI e in AMIDI. In realtà, per quel
che riguarda l‘efficacia non esistono grandi distinzioni tra esteri ed amidi. Le amidi
dimostrano di essere più efficaci, di avere una potenza anestetica superiore a quella
424
degli esteri e di dare minori effetti collaterali, in particolare di dare una minore
tossicità.
Sono state individuate 3000 sostanze con una discreta potenza anestetica locale; di
questi ve ne sono meno di una trentina in commercio a causa dell‘INDICE
TERAPEUTICO che mette in rapporto la tossicità tra i farmaci considerando la dose
e la tossicità. Se un farmaco per esempio ha una efficacia 100 volte rispetto alla
procaina , ma ha tossicità 400 volte superiore alla stessa, il rapporto è svantaggioso:
è vero che si ottengono risultati con dosi più piccole, ma spesso si hanno più
facilmente effetti tossici e quindi il farmaco non è vantaggioso.
Quindi si sono selezionati i farmaci che hanno un indice terapeutico più favorevole,
che innanzitutto garantiscono in modo assoluto la totale reversibilità della loro
azione.
Tra gli anestetici di natura amidica, ricordiamo la lidocaina, la mepivacaina (che è il
farmaco più diffuso e più utilizzato) e la prilocaina.
Questi anestetici hanno piccole differenze per quel che riguarda la rapidità di azione,
per la velocità di assorbimento e di intervento sulle fibre del sistema nervoso
vegetativo che controllano il tono vasale da cui dipende l‘assorbimento. La cosa più
auspicata dalle aziende che producono gli anestetici locali è che questo si mantenga
per più tempo nel punto di inoculazione senza produrre nessun effetto collaterale a
livello locale e sistemico, e che determini una blanda azione costrittrice perché
l‘anestesia rimanga nel punto di inoculazione. In realtà non esiste nessuna anestesia
con questa proprietà, perché determinando la paralisi dei terminali e del vegetativo, al
massimo lasciano il tono vasale per quello che è, cioè senza azione di tipo
vasodilatante o vasocostrittrice. Tra le due sicuramente un‘azione deve prevalere, ed
è quella vasodilatante.
Se ho un‘anestetico locale come la mepivacaina, che ha un‘azione vasocostrittrice,
non la posso utilizzare senza vasocostrittore, perché la mepivacaina interessa meno il
tono vasale e quindi non va inalataperchè viene assorbita più lentamente rispetto ad
altri anestetici locali.La mepivacaina può mantenere la sua azione in sede locale più
prolungata; ma la sua azione vasocostrittrice non è stata documentata .Gli anestetici
locali sono forniti di due tipi di forme farmaceutiche:
- SINGOLA: fornita di colori suggestivi e facilmente distinguibili
- CON VASOCOSTRITTORI.
I vasocostrittori che si utilizzano in associazione con gli anestetici locali sono le
AMINE SIMPATICOMIMETICHE FISIOLOGICHE: noradrenalina e adrenalina.
Si trovano anestetici senza o con vasocostrittori in diluizioni molto elevate, da
1:50000 a 1:100000 di noradrenalina. Sono distinte quelle senza vasocostrittore
(azzurrino) da quelle con vasocostrittore (rosa), in modo che sia facilmente
riconoscibile.Usiamo amine simpaticomimetiche naturali perché la potenziale
esposizione ad un determinato anestetico locale è estremamente elevata nella
popolazione e pur essendo farmaci estremamente stabili con un bassissimo potere
immunogenico, hanno dimostrato di dare dei fenomeni di tipo idiosincrasico, cioè
un‘intolleranza su base genetica che ci da imprevedibilità nell‘azione del farmaco.
L‘idiosincrasia è l‘intolleranza su base genetica ed è imprevedibile, cioè non si può
425
sapere se il paziente è privo di determinati sistemi enzimatici, fino a quando non vi è
l‘esposizione a quella determinata sostanza. Tutto ciò è rarissimo, ma un elemento da
tenere in considerazione. Come posso sapere se il paziente ha avuto una idiosincrasia
per l‘anestetico locale oppure per il vasocostrittore? Usando l‘amina
simpaticomimetica naturale l‘idiosincrasia è impossibile : È qualcosa di endogeno,
non si può essere idiosincrasici ad essa. Ecco perché la scelta della amina
simpaticomimetica naturale: perché avremo 1 vasocostrittore farmacologicamente
molto più efficace e che funziona a dosi enormemente inferiori.
Uno dei rischi del MAL PRACTICE dell‘associazione dell‘anestetico locale e del
vasocostrittore è quello di avere un eccesso di vasocostrittore inoculato nella sede
locale; ciò determina un così intenso vasospasmo delle arteriole e dei capillari
nell‘area , tale da determinare un‘ischemia che può evolvere in senso ipossico e
quindi necrotico, inducendo in determinate strutture (ad esempio le mucose del cavo
orale) lesioni necrotiche (più frequenti di quanto non si creda).
MECCANISMO D‘ AZIONE
Normalmente la conduzione nervosa avviene nei nervi (insieme di + assoni)
sottoforma di potenziale d‘ azione composto, che è 1 rapidissima modificazione del
potenziale di membrana(depolarizzazione) di ogni assone, che dura meno di 1
millisec. La depolarizzazione è dovuta ad un rapido influsso di ioni Na+ nell‘ assone
nervoso attraverso proteine-canali di membrana permeabili al Na+ lungo il gradiente
chimico ([Na+] ext. = 150mM ; [Na+]int 7mM) e nella forma aperta-attivata. Gli
anestetici locali agiscono proprio bloccando a livello periferico la conduzione
nervosa, tramite il blocco reversibile dei canali del Na+ sull‘ assone in 2 possibili
modi:
1) Blocco direttamente dall‘ esterno (quando il canale è aperto). Agiscono così le
sostanze non anfifile.
2) Blocco dall‘interno: entrano nella cellula in forma zwitterionica e successivamente
protonandosi, vanno a bloccare il canale del Na+ dall‘ interno, quando il canale
sara‘ nello stato inattivabile. La maggior parte degli anestetici locali preferisce tale
via, essendo in forma anfifila
Gli anestetici agiscono selettivamente a livello dei nodi di Ranvier dove sono stati
identificati con maggiore densità i canali per il Na+. Intorno ai primi anni ‘90 sono
stati isolati, purificati e solubilizzati i canali per il Na; inoltre si è identificata la
struttura e infine sono stati clonati.
A questo punto si è potuto studiare dove avveniva l‘interazione tra l‘anestetico locale
e le strutture proteiche del canale del Na e se si trattasse di un vero e proprio sito
recettoriale oppure semplicemente un sito di legame. Le caratteristiche dei recettori
sono:
 selettività
 saturabilità
 reversibilità
Si è visto che gli anestetici locali hanno un legame con un sito che è caratterizzato da:
426
 selettività
 non saturabilità
 irreversibilità
Gli anestetici locali identificano un particolare sito di legame in una zona
caratteristica del canale del Na+: nel 6° dominio transmembrana della 4° subunità di
tipo A.Proprio questo pezzo di proteina va a legarsi all‘anestetico locale perché
proprio in tale zona quella proteina (nel passaggio di membrana) ha un andamento
detto ―spiroide‖ ed espone degli aa come la fenilalanina e la tirosina e più in alto,
quasi a orientare l‘anestetico locale, la isoleucina. L‘anestetico locale penetra nel
canale, si orienta con la sua estremità lipofila e si lega a questi aa che sono esposti
sulla proteina. Determinandosi questo legame si instaurano due tipi di azione:
a.
di tipo CONFORMAZIONALE del canale
b.
di tipo IONICO.
a. In quello conformazionale la proteina si accorcia, si spiralizza ancora di più.
Quindi c‘è una maggior difficoltà al passaggio degli ioni su una base di tipo
meccanico, ma questo non è ancora sufficiente .Abbiamo detto che questo rapporto è
caratteristico dei pH che si trovano nella membrana cellulare e nel canale ed hanno:
 una breve catena laterale semirigida
 un N che può essere polarizzabile.
 Questo N si carica positivamente e quindi respinge in ingresso gli ioni
omologhi, cioè gli ioni carichi positivamente: gli ioni Na.
b. Esiste un ostacolo all‘ingresso del Na che ha un duplice meccanismo: ionico e
meccanico. Se questo anestetico pur non avendo un‘attività così elevata come quella
per i canali del Na ,ma riesce a penetrare nei canali anche del K, questo svolge la
medesima azione. L‘azione meccanica è minore per l‘interazione con la proteina che
costituisce il canale del K ,è simile ma non è così precisa come quella del canale del
Na e nello stesso tempo, l‘azoto polare respinge, in questo caso, in uscita, gli ioni K
Ecco quindi il blocco della formazione e della conduzione dell‘impulso nervoso.
Gli esteri e le amidi sono farmaci molto sicuri, introducono effetti secondari tossici a
meno che non si commettano degli errore. L‘anestetico deve tenere conto del TIPO
DI STRUTTURA: ad esempio, la mucosa orale è riccamente vascolarizzata, anche la
lingua e la glottide ha una grossissima vascolarizzazione, e quindi erroneamente si
può andare in vena. A questo punto, le alte concentrazioni di anestetico locale vanno
in circolo: per molto tempo si è temuto l‘azione simpaticomimetica per esempio a
livello cardiovascolare e a livello del tono vasale, perché se queste amine
simpaticomimetiche vengono assorbite troppo velocemente possono causare effetti
collaterali, tachicardia o fibrillazione.
Esistono due anestetici che attraverso questo meccanismo d‘azione possono svolgere
un‘azione di tipo secondario e nel frattempo possono essere sfruttati terapeuticamente
427
e sono la LIDOCAINA e la PROCAINAMIDE, cioè l‘amide della procaina. Questi
vengono utilizzati in terapia con dosi elevate e per somministrazione endovenosa
come farmaci antiaritmici. Il meccanismo d‘azione è analogo e lo svolgono su
strutture molto simili ai neuroni e che si trovano a livello cardiaco, cioè le cellule del
Purkinje ( a livello della struttura del nodo seno-atriale sistema di formazione del
PACEMAKER sistema di conduzione atrio ventrico-lare).
ERRORI DI SOMMINISTRAZIONE
Cosa avviene se queste sostanze vengono somministrate ad una persona che ha dei
disturbi del ritmo oppure che prende altri farmaci antiaritmici? Una sommazione
degli effetti, cioè l‘azione di tipo batmotropo e cronotropo negativo e quindi la
possibilità di determinare delle aritmie gravi, in genere delle bradiaritmie che
possono arrivare all‘arresto cardiaco. L‘errore più grave è la somministrazione per
via arteriosa dell‘anestetico locale.(Si dovrebbe vedere anche senza aspirazione
l‘afflusso del sangue nell‘interno della siringa!!). Questo è l‘incidente più frequente.
Gli anestetici locali derivano dalla cocaina. Molte delle azioni della cocaina si
riscontrano anche a livello degli anestetici locali e con un meccanismo non del tutto
chiarito. Si determinano due fasi:
a. Estrema eccitazione neuronale che può arrivare a produrre manifestazioni di
tipo convulsivo. Questa fase, che non è sempre presente, è di breve durata: da
alcuni secondi ad uno o due minuti.
b. È gravissima ed inizia con la depressione e inibizione. La maggior parte dei
neuroni sono depolarizzati e non sono più in grado di ripolarizzarsi. Si hanno
depressioni a livello delle giunzioni neuronali che determinano un‘inibizione,
cioè uno shock neurogeno, che arriva alla sua conclusione estrema con la
depressione del centro cardiovascolare e del centro respiratorio fino al collasso
e alla morte. È estremamente difficile invertire questa fase perché è detta fase
di esaurimento, perché i neuroni non possono più ricaricarsi.
Tox: avviene se gli anestetici locali vanno in circolo. Per evitare ciò si somministrano
insieme all‘ anestetico locale dei vasocostrit-tori come l‘adrenalina (se diabetico la
noradrenalina, che non ha l‘effetto beta 2 agonista che provoca iperglicemia).
- al SNC abbiamo euforia, vuoto mentale, disturbi visivi, irrequiatezza, convulsioni;
- al CUORE abbiamo blocco dei canali del Na+ con aritmie, depressione della forza
di contrazione cardiaca, dilatazione arteriolare
I principali effetti indesiderati si manifestano a carico del SNC: si ha una
stimolazione che produce tremore il quale può evolvere fino alle convulsioni;
ulteriori aumenti della dose producono depressione del SNC: in questa fase la
depressione respiratoria determina il maggior rischio di morte. La cocaina è
l‘anestetico locale che maggiormente determina effetti sul SNC. Anche la procaina
determina marcati effetti centrali, ed è stata sostituita in clinica da lidocaina e
prilocaina. Producono anche effetti a livello cardiovascolare che sono la riduzione
della contrattilità miocardica dovuta al blocco dei canali del Na+ che determina una
diminuzione della [Na+]i e quindi della [Ca++]i. Determinano inoltre vasodilatazione
soprattutto a carico delle arteriole: questo effetto sommato alla diminuzione della
428
contrattilità del miocardio determina riduzione della PA. A livello locale si possono
osservare dermatiti allergiche, e a livello sistemico reazioni anafilattiche acute.
- COCAINA
fu scoperta occasionalmente dal giovane medico Sigmund Freud, che chiese la
collaborazione del collega Carl Koller in esplorazioni personali degli effetti della
Cocaina nell‘ambito di un tentativo non riuscito di curare un morfinomane. Koller
però scoprì l‘azione di anestetico locale e l‘utilizzò x interventi di chirurgia sugli
occhi. Solo successivamente se ne valutò l‘effetto stimolante (ha come effetto
centrale quello di bloccare il reuptake delle amine biogene, cioè indifferenziatamente
di noradrenalina,dopamina e serotonina- Cfr negli Stimolanti). La cocaina ha anche 1
effetto vasocostrittore ed è usata x fermare il sanguinamento da lesioni delle mucose
orofaringee.
- BENZOCAINA
- PROCAINA 30 min (ritarda l‘ azione della Penicillina G)
- TETRACAINA 180 min
- DIBUCAINA 75 min
- PROPOSSICAINA
- CLORPROCAINA
- PROCAINAMMIDE
- LIDOCAINA 60 min
- PRILOCAINA 60 min
- MEPIVACAINA 90 min
- BUPIVACAINA 180 min
- ARTICAINA 60 min
- ROPIVACAINA 400 min
- LEVOBUPIVACAINA - (Chirocaine) Indicazioni approvate: Anestesia chirurgica
maggiore (anestesia epidurale, spinale, blocco della conduzione nervosa periferica) e
minore (infiltrazione locale, blocco peribulbare). Trattamento del dolore postoperatorio o analgesia del parto.Analgesia pediatrica (blocco del nervo
ileoinguinale/ileoipogastrico).La levobupivacaina è l'isomero levogiro della
bupivacaina racemica (Marcaina), proposto in sostituzione della bupivacaina stessa in
virtù di un migliore profilo di sicurezza sul sistema cardiovascolare. Al pari degli altri
anestetici locali, la levobupivacaina blocca la conduzione nervosa nei nervi sensitivi e
motori, interagendo con i canali del sodio presenti sulla membrana cellulare, sensibili
agli stimoli elettrici, ma blocca anche i canali del potassio e del calcio. L'effetto
compare entro 15 minuti e ha una durata dose-dipendente. In studi condotti in
anestesia chirurgica, la levobupivacaina ha prodotto un blocco sensitivo della durata
massima di 9 ore dopo somministrazione epidurale (dose massima di 202,5 mg), della
durata di 6,5 ore (15 mg per via intratecale) e della durata di 17 ore dopo blocco del
plesso brachiale (2 mg/kg). Vari studi randomizzati, in doppio cieco, hanno
dimostrato che alle stesse concentrazioni, il tempo di comparsa dell'effetto anestetico,
la qualità e la durata del blocco sensorio e motorio della levobupiva-caina sono molto
simili a quelli della bupivacaina. La sovrapponibilità clinica dei due anestetici è stata
429
documentata sia per somministrazione epidurale nella chirurgia addominale, nella
chirurgia vascolare elettiva degli arti inferiori e nel parto cesareo, sia per
somministrazione spinale in interventi di artroprotesi d'anca. Nel trattamento del
dolore, l'analgesia ottenuta con levobupivacaina per via epidurale e intratecale è stata
analoga, per inizio e durata, a quella prodotta dalla bupivacaina. Negli studi clinici, il
profilo di tollerabilità dei due anestetici è stato, anch'esso, molto simile. Gli effetti
indesiderati più frequenti della levobupivacaina sono stati nausea (21%), dolore postoperatorio (18%), febbre (17%), vomito (14%) e anemia (12%). Non sono emerse
differenze con la bupivacaina nella incidenza di ipotensione (12-32% vs.7-32%) e
nella comparsa di variazioni clinicamente significative dell'ECG. I temuti, quanto
rari, effetti indesiderati a carico dell'apparato cardiovascolare della bupivacaina, come
ipotensione e modificazioni dell'ECG indicativi di blocco cardiaco, bradicardia o
aritmie ventricolari, generalmente preceduti da sintomi prodromici a carico del SNC
(convulsioni), sono legati ad una depressione del sistema di conduzione e ad una
diminuita eccitabilità e contrattilità miocardica. Possono verificarsi in seguito a
sovradosaggio o a iniezione intravascolare accidentale soprattutto in condizioni nelle
quali si debbano utilizzare dosi elevate per via epidurale (es. parto cesareo).
L'incidenza di eventi cardiaci gravi con bupivacaina, di per sé già bassa, è stata
ulteriormente ridotta grazie al miglioramento delle tecniche anestesiologiche
(frazionamento della dose, uso di dose-test, accurata aspirazione prima e durante la
somministrazione per evitare l'iniezione intravascolare). I due casi di
somministrazione intravascolare accidentale con bupivacaina verificatisi negli studi
comparativi con levobupivacaina si sono risolti in poco tempo senza alcuna
conseguenza. Il minore potenziale aritmogeno della levobupivacaina rispetto alla
bupivacaina è stato dimostrato solo in vitro, in studi su animali (necessità di dosi più
alte per indurre aritmie) e in volontari sani (minore prolungamento dell'intervallo QT
ad alte dosi). Mancano però a tutt'oggi dati clinici che confermino la maggiore
sicurezza cardiovascolare della levobupivacaina, così come non esistono dati
comparativi sul grado di reversibilità delle aritmie o dell'arresto cardiaco indotti dai
due anestetici. La stessa controindicazione all'utilizzo della soluzione più concentrata
di levobupivacaina (7,5 mg/ml) in ostetricia per il maggior rischio di cardiotossicità
ricalca le precauzioni già valide per la bupivacaina. Non sono disponibili studi di
confronto con la ropivacaina (Naropina) che "vanta" caratteristiche farmacodinamicocliniche analoghe. Il tentativo di sostituzione accelerata della bupivacaina appare
dettato più da interessi commerciali che da reali esigenze cliniche. La
levobupivacaina ha un costo mediamente superiore del 25% a quello delle
bupivacaina.
Classificazione chimica
1. AMMINOESTERI
Danno maggiore probabilita‘ di reazioni allergiche in quanto sono metabolizzati a
derivati del PABA (acido para amminobenzoico), responsabili delle possibili
reazioni allergiche
430
-
ESILCAINA
BUTACAINA
CLOROPROCAINA
PROPOSSIPROCAINA
PROPARACAINA
MEPRILCAINA
BENOXINATO
BUTAMBEN
2.
-
AMMINOAMMIDI
PIRROCAINA
BUPIVACAINA
MEPIVACAINA
ETIDOCAINA
PRILOCAINA
DIBUCAINA
3. AMMINOETERI
- DIMETISOCHINA
- PRAMOXINA
4. AMMINOCHETONI
- DICLONINA
5. AMMINOCARBAMMATI
- DIPERODON
6. AMMIDINE
- FENACAINA
7. ALTRI
Sono composti privi di cariche che interferiscono con la conduzione nervosa
scompaginando l‘ ordinamento strutturale della membrana:
a. ALCOLI
- ALCOOL BENZILICO
- CLOROBUTANOLO
b. FENOLI
- FENOLO
- EUGENOLO dai chiodi di garofano
431
15
ANTIARITMICI
Potenziale d‘ azione cardiaco e correnti ioniche:
Mediante 1 microelettrodo intracellulare sipuò misurare il potenziale a livello della
membrana di 1 ellula muscolare cardiaca. Durante l‘ attivazione elettrica, il
potenziale di membrana si modifica in modo caratteristico: si ha il potenziale d‘
azione provocato da correnti ioniche a decorso temporale fasico.
Abbiamo:
1) FASE 0: Depolarizzazione rapida
- I canali del Na+ si aprono (―canali rapidi‖) e ciò da luogo a 1 corrente rapida
verso l‘interno
- La depolarizzazione rapida termina quando i canali del Na+ sono rapidamente
inattivati
- La corrente del Na+ è bloccata dagli antiaritmici di classe I
2) FASE 1: Parziale ripolarizzazione
- La iniziale fase rapida di ripolarizzazione è dovuta a:
a) inattivazione dei canali del Na+
b) apertura e chiusura rapida dei canali del K+, con 1 transitoria corrente di
K+ verso l‘ esterno
3) FASE 2: Plateau
- I canali del Ca+2 sensibili al voltaggio (bloccati dagli antiaritmici di classe IV) si
aprono, e ciò dà luogo a 1 corrente verso l'‘interno (depolarizzante) lenta, che
controbilancia la lenta fuoriuscita (iperpolarizzante) di K+
4) FASE 3: Ripolarizzazione:
- I canali del Ca+2 si chiudono
- I canali del K+ (bloccati dagli antiaritmici di classe III) si aprono e ciò da luogo a
1 corrente verso l‘ esterno che porta a ripolarizzazione della membrana
- Il risulato netto dell‘ azione a questo punto è 1 guadagno netto di Na+ e perdita di
K+. Questo squilibro è corretto dalla pompa Na+\ K+ ATPasi
5) FASE 4: Depolarizzazione lenta
- Questa crescente depolarizzazione è la conseguenza del graduale aumento della
permeabilità al Na+
- La depolarizzazione spontanea porta automaticamente la cellula alla soglia del
successivo potenziale d‘ azione
Tipi di Aritmie e trattamento farmacologico:
1) Extrasistoli: raramente richiedono trattamento; se fastidiose i Betabloccanti
(Propranololo) sono il trattamento d‘ elezione
2) Fibrillazione Atriale (è 1 aritmia atriale ectopica caratterizzata da 1
depolarizzazione irregolare degli atri): Digossina + verapamil; Digossina +
Betabloccante; Anticoagulanti(Warfarin)
432
3) Flutter atriale (Tachicardia atriale ectopica): Digossina; Amiodarone; Sotalolo;
Anticoagulanti(Warfarin)
4) Tachicardia Parossistica Sopraventricolare (ritmo cardiaco con frequenza
superiore a 100 batt\ min): Adenosina x e.v.; Verapamil; Propafenone; Flecainide;
5) Bradicardia (ritmo cardiaco con frequenza inferiore a 60 batt\ min): Atropina x
e.v.;
6) Tachicardia ventricolare (è 1 ritmo ventricolare ectopico con frequenza di 100170 batt\ min) : Lidocaina x l‘emergenza nella fase acuta di infarto;
Betabloccante;
FARMACOLOGIA CARDIOVASCOLARE
Eventi ischemici
Più aumenta il lavoro più aumenta la richiesta di ossigeno che deve essere impiegato
per le reazioni metaboliche, le coronarie possono variare di tono oppure essere in
parte occluse e quest‘ultima è la principale causa di malattia ichemica cardiaca, vi
sono però fenomeni temporanei legati a vasospasmi coronarie che danno angina
pectoris.(lucido patologie ischemiche del miocardio)Acute per interruzione del flusso
locale in alcuni distretti dando infarto, Croniche: angina pectoris: stabile da
occlusione coronarica aterosclerotica deficit di perfusione permanente, instabile da
parziale occlusione trombotica coronarica è temporanea e cessa con la rimozione del
trombo, variante da vasospasmo coronarico detta anche di PRINZ-METAL. Scopo
della terapia antischemica è:
 ridurre il fabbisogno di ossigeno riducendo il lavoro cardiaco attraverso riduzione
di frequenza, contrattilità, postcarico e precarico ossia riducendo la pressione
telediastolica ventricolare;
 migliorare la fornitura di ossigeno se c‘è fenomeno aterosclerotico si cerca di
evitare che si ingrossi o meglio ancora farlo sparire (è in sperimentazione il
trattamento con vitamina E che comunque va integrato con dieta ed attività fisica).
In genere nel paziente che soffre di angina, la dilatazione coronarica non può essere
aumentata più di tanto, in quanto nel soggetto anginoso vi è già un compenso e quindi
vi è già una completa dilatazione coronarica. I farmaci coronaro dilatatori in un
soggetti in cui la dilatazione coronarica è massima perdono di efficacia. Importante
evitare i quadri degenerativi tessutali che dipendono da un accumulo di colesterolo e
la formazione di colesterolo a livello dell‘endotelio con formazione di radicali liberi.
I farmaci per il trattamento dell‘ ischemia miocardica sono:
- Farmaci antianginosi: vasodilatatori agiscono in periferia sull‘emodinamica
creando condizioni favorevoli per ridurre la tensione ventricolare e migliorare la
perfusione del miocardio; inotropi negativi come i b-bloccanti agiscono riducendo
il lavoro cardiaco.
- Anti-aterosclerotici: se il paziente ha quadro dismetabolico, condizione assai
frequente, come una iperlipidemia con ipercolesterolemia il trattamento è dieta e
farmaci antidislipidemici;
433
- Antiaggreganti e antitrombotici: occorre prevenire l‘ aggregazione piastrinica,
l‘aggregabilità, quindi l‘eventuale formazione di un trombo: usiamo come
trattamento profilattico degli antitrombotici
 Paziente anginoso diabetico con squilibri del metabolismo della coaugulazione;
 Paziente anginoso iperteso;
 Paziente anginoso aritmico;
Questi sono i quadri fino ad arrivare a quadri multipli in cui bisogna intrecciare
ovviamente più terapie e fare una terapia ideale per curare più patologie coesistenti
Nel paziente anginoso iperteso vi sono farmaci che danno risultati nelle due
disfunzioni sia come antianginosi sia come antipertensivi (ovviamente vi è una
associazione tra farmaci per es. ipolipidemici + farmaci antianginosi o farmaci
antidiabetici + farmaci antianginosi.
 Antianginosi vasodilatatori: sono miolitici in quanto rilasciano la muscolatura
liscia vasale: nitrovasodilatatori, cioè i nitroderivati in quanto nella loro molecola
è presente un gruppo nitroso ( farmaci che non hanno gruppo nitroso sono detti
non nitrovasodilatatori come i calcio antagonisti miolitici che bloccano i canali del
cacio).
 Vasodilatatori dei distretti venosi ed arteriosi: i calcio antagonisti sono
prevalentemente vasodilatatori del distretto arterioso; farmaci misti con eventuale
prevalente attività sul distretto venoso come i nitroderivati. I Misti riducono sia il
precarico sia il postcarico; i Calcio antagonisti riducono prevalentemente il
postcarico.
 I farmaci inotropi negativi riducono il lavoro cardiaco riducendo la frequenza :
questi sono i Beta-bloccanti. I B-bloccanti sono bivalenti: sono sia antianginosi,
sia antipertensivi.
NITRATI ORGANICI
Il più antico farmaco usato nella terapia dell‘ angina è stato il Nitrito di amile, ormai
abbandonato (venivano inspirati i vapori di esso provenienti da una fiala).
Antianginosi = nitrovasodilatatori organici: sono la Trinitroglicerina (con tre gruppi
NO2), l‘Isosorbide Dinitrato e il suo metabolita Isosorbide 5-mononitrato, Eritrile
tetranitrato, Molsidomina nella quale il gruppo NO2 è assente.
Gli effetti farmacologici dei nitroderivati sono: Effetti sistemici dando una
vasodilatazione venosa maggiore di quella arteriosa, e questo porta a riduzione del
precarico ma anche del postcarico, con una riduzione della pressione diastolica.
La riduzione della pressione diastolica porta ad una migliore ridristibuzione del flusso
coronarico agli strati del miocardio durante la dilatazione ventricolare, vi è un furto di
sangue che viene dirottato nelle zone subendocardiche, non sono coronarodilatatori,
ma quello che si osserva è una ridistribuzione del flusso ematico a cui segue una
minore richiesta di irrorazione delle aree subendocardiche. Non si traggono benefici
nel trattare un paziente anginoso vasospastico con nitroderivati propio perché questi
non sono spasmolitici, ma miolitici vasali.
A dose terapeutica il nitroderivato non dà il fenomeno di rimbalzo (aumento della
frequenza cardiaca; a dosi sovraterapeutiche vi è aumento della freq. cardiaca con
434
annullamento dell‘effetto desiderato di riduzione del lavoro cardiaco dato dalla
azione farmacologica di vasodilatazione periferica). Meccanismo di azione dei
nitrovasodilatatori:
L‘ossido nitrico, N0, viene prodotto dalle cellule endoteliali, va ad agire su una
guanililciclasi, attivandola, aumenta il cGMP desfosforilando miosina-LC della
cellula muscolare liscia, dando rilasciamento.
Ciclo biosintetico dell‘NO
L‘ NO deriva dal metabolismo dell‘arginina che viene trasformata in citrullina da
NO-sintasi. Trinitroglicerina e farmaci che hanno un gruppo N02 Ad opera di una
glutatione riduttasi c‘è il distacco del gruppo nitroso e formazione di un radicale N0
che agisce sulla guanililciclasi: sono donatori di NO.La Molsidomina ha metabolita
che agisce su guanililciclasi, come il nitroprussiato di torio, un potente vasodilatatore
sistemico. Per questi non c‘è tolleranza.
Per la Trinitroglicerina (TNT) c‘è bisogno di glutatione riduttasi e glutamil-cistenilglicina , perché possa agire sempre. La limitazione della TNT è dovuta allo sviluppo
di tolleranza causato da un deficit di glutamil-cistenil-glicina secondario a un deficit
di cisteina.Questa tolleranza si instaura in alcune settimane, ritardare l‘insorgenza con
dosi appropriate che non portino a depauperamento di cisteina.TNT per os subisce un
primo passaggio epatico che ne riduce notevolmente la concentrazione ematica, inoltr
i suoi metaboliti al contrario dell‘ISDN non sono attivi.Quindi la TNT non può essere
somm.per os, ma per via sublinguale, parenterale e transdermica. Trattamento attacco
acuto via sublinguale e parenterale dell‘angina per quelli cronici o mantenimento via
transedrmica (cerotti). L‘ ISDN ha un‘emivita più lunga di TNT, per due motivi:
1) Metabolismo più lento; 2) Formazione metaboliti mononitrati: IS2MN, IS5MN.
L‘ISDN può essere dato per via orale ed essere usato nella terapia di mantenimento,
anche TNT per via transdermica trova impiego nella terapia di mantenimento.
Effetti indesiderati dei Nitroderivati: per via sublinguale si ha bruciore mucose e
alitosi, per via transdermica irritazioni cutanee prurito, TNT transdermica dà
problemi legati alla preparazione della cute , sudorazione, seborrea.
CALCIO ANTAGONISTI
La muscolatura liscia richiede Calcio per contrarsi: se blocchiamo i canali del calcio
con dei calcio antagonisti abbiamo azione vasodilatatrice.
I DIIDROPIRIDINICI hanno prevalente attività vasodilatatrice: la NIFEDIPINA è il
classico calcio antagonista; l‘ AMLODIPINA ha una più lunga durata di azione, la
NICARDIPINA e la FELODIPINA hanno maggiore attività a livello coronarico; in
questi non vi sono effetti a livello cardiaco.
Con prevalente attività cardiodepressiva abbiamo invece le FENILALCHILAMINE
oltre ad azione vasodilatatrice agiscono sul nodo del seno riducendo la frequenza
cardiaca (non paragonabili però come efficacia ai Beta-BLOCCANTI) agendo come
cardiodepressivi, questi sono il VERAPAMILE e il DILTIAZEM; nei pazienti con
aritmia atriale ed angina vasospastica si preferisce dare il verapamile perché riduce
frequenza cardiaca e agisce come sposmolitico.
I Beta-BLOCCANTI trovano impiego a scopo profilattico, tenendo il cuore frenato in
caso di sforzi, riducendo gli attacchi anginosi; se associati a nitroderivati riducono il
435
rimbalzo di aumento di frequenza cardiaca . Se i Beta-BLOCCANTI sono ben
tollerati sono un sistema per modulare terapie con nitroderivati e diidropiridinici
(mezza compressa di atenololo nel paziente lievemente iperteso riduce l‘incidenza di
infarto in quanto riduce gli influssi catecolaminergici sui vasi e sul cuore.
Esempi
Meccanismo
Chinidina
Blocco canali del Na+
Procainamide
Disopiramide
Lidocaina
Blocco canali del Na+
Flecainide Blocco canali del Na+
Propranololo
Metoprololo
Amiodarone
Sotalolo
Verapamil
Antagonisti del
recettore BETAadrenergico
Blocco canali del K+
Blocco canali del Ca++
MR APD ER Cond. Contr.
Utilizzi
D
P AV
-+
+
--+
+
--+
+
--- Tachicardia atriale e ventricolare
++
Aritmie ventricolari da attacchi
----- Tachicardia ventricolare con
Rischio di morte
No
-- Tachicardie da stress
-+++ ++
+++ +
--
-
--
Tachiaritmie atriali e ventricolari
Tachiaritmie
--
---
Tachiaritmie atriali
CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTIARITMICI SECONDO
VANGHAN-WILLIAMS
1. CLASSE I
Bloccanti i canali del Na+ cardiaci
Si divide in 3 classi:
- IA Breve blocco dei canali del Na+
Bloccano i canali del sodio voltaggio sensibili, come gli anestetici locali. L‘effetto di
questi farmaci è quello di ridurre la velocità di depolarizzazione del potenziale
d‘azione durante la fase 0.
I farmaci principali appartenenti a questa classe sono chinidina, procainamide,
disopiramide. Chinidina e disopiramide hanno azione antimuscarinica.
Disopiramide è efficace nelle aritmie atriali. Procainamide e chinidina sono indicati
nel trattamento di fibrillazioni atriali ed alterata eccitabilità atriale, previa
cardioversione. Nella tachicardia ventricolare sostenuta si fa cardioversione e poi si
tratta con chinidina.
Effetti collaterali
CHINIDINA: a concentrazioni superiori ai 2 microg/ml si ha allungamento del QRS
e dell‘intervallo Q-T. Si può avere ipotensione a causa dell‘alfa blocco.
Embolismo arterioso: con l‘aritmia si possono formare trombi lungo le pareti degli
atrii: il controllo dell‘aritmia può portare all‘espulsione dei trombi dando origine
436
all‘embolismo: è meglio scoagulare il paziente prima della cardioversione. Le
reazioni più comuni sono quelle gastrointestinali. Si possono avere iperpiressia e
trombocitopenia che recedono con la sospensione della terapia.
PROCAINAMIDE: la tossicità è meno grave rispetto a quella causata dalla chinidina.
Questo farmaco dopo 1-12 mesi di trattamento (nel 60-70%dei pazienti) può
provocare la formazione di ab anti-istoni, dando origine al LES con pericardite,
pleuropneumotorace, febbre ed epatomegalia. La complicanza più grave è la
pericardite emorragica. Il LES e le sue complicazioni possono recedere con la
sospensione del trattamento.
DISOPIRAMIDE: l‘effetto antimuscarinico provoca secchezza delle fauci,
costipazione ed annebbiamento della vista. Può causare un aumento delle resistenze
periferiche ed una diminuzione della gettata cardiaca e della funzionalità ventricolare
che risultano pericolosi in pazienti con queste patologie preesistenti.
CHINIDINA(8R, 9S)
PROCAINAMMIDE
PROCAINA
DISOPIRAMIDE
SPARTEINA
AJMALINA
PRAJMALINA
LORAIMINA
DIIDROCHINIDINA
- IB Medio blocco dei canali del Na+
I farmaci di questa classe sono utili soprattutto nel controllo delle aritmie ventricolari
post-ischemiche. Questi farmaci sono selettivi per i canali in stato refrattario, cioè
quando le cellule sono depolarizzate, come durante l‘ischemia: prevengono i battiti
prematuri. A questa classe appartengono lidocaina e fenitoina.
Lidocaina: è il farmaco di classe I più importante. Viene utilizzato, in infusione ev,
nella prevenzione delle aritmie nel periodo subito successivo ad un infarto
miocardico. Non è comunque provata la sua efficacia nell‘allungare la sopravvivenza
in queste situazioni. È utilizzata anche come anestetico locale. Ha una emivita
plasmatica di circa 2 h, e viene rimossa dal fegato attraverso il metabolismo di primo
passaggio: per questo motivo non può essere somministrata oralmente. Provoca, a
causa degli effetti sul SNC, sonnolenza, disorientamento e convulsioni.
Fenitoina: viene principalmente utilizzata come antiepilettico, ma ha anche proprietà
antiaritmiche. Viene utilizzata soprattutto per contrastare le aritmie provocate dai
glicosidi cardioattivi.
LIDOCAINA
TOCAINIDE
MEXILETINA
FENITOINA
APRINDINA
437
- IC Lungo blocco dei canali del Na+
Questi farmaci non sono specifici per il miocardio danneggiato in quanto non sono
selettivi per i canali in stato refrattario. Tendono a sopprimere le aritmie da rientro,
ma non sono utili nella prevenzione dei battiti ectopici occasionali, come si mostrano
invece i farmaci di classe Ib.
Flecainide: sopprime i foci ectopici ventricolari, ed è efficace dopo somministrazione
orale. Questo farmaco aumenta però l‘incidenza di morti dopo IMA a causa di
fibrillazioni ventricolari non spiegate. Il suo uso è quindi limitato.
FLECAINIDE
ENCAINIDE
MORICIZINA
LORCAINIDE
PROPAFENONE ( Rytmonorm), è un farmaco antiaritmico di classe IC, secondo
Vaughan Williams, dotato di un effetto anestetico locale, indicato nel trattamento
della fibrillazione atriale. Il Propafenone è quasi completamente assorbito dopo
sommninistrazione orale con livelli plasmatici di picco dopo circa 3,5 ore dalla
somministrazione nella maggioranza dei pazienti. Il Propafenone presenta un'elevata
biotrasformazione pre-sistemica ( effetti di primo passaggio epatico). La
biodisponibilità è dose dipendente, e può essere aumentata in caso di ridotta
insufficienza epatica. Il Propafenone segue una farmacocinetica non lineare,
probabilemnte dovuta alla saturazione del metabolismo epatico
1. CLASSE II – BETA-BLOCCANTI - Blocco indiretto dei canali del Ca++, x
riduzione della stimolazione adrenergica cardiaca
A. NON SELETTIVI (Blocco dei Beta1-cardiaci + Beta2-bronchiali)
PROPRANOLOLO
PINDOLOLO
SOTALOLO
TIMOLOLO
NANDOLOLO
B. SELETTIVI (Blocco solo dei Beta1-cardiaci)
ACEBUTOLOLO
ATENOLOLO
BETAXOLOLO
BISOPROLOLO
CELIPROLOLO
ESMOLOLO
METOPROLOLO
438
NEBIVOLOLO (è anche dotato di lievi proprieta‘ vasodilatatrici dovute ad 1
interazione con la via L-arginina\ossido nitrico con rilascio di NO)
2. CLASSE III (Bloccanti i canali del K+ con rallentamento della fase di
ripolarizzazione cardiaca)
Questi farmaci sono invece in grado di prolungare il potenziale d‘azione: questo
aumento è legato ad un aumento del periodo refrattario che rende ragione delle loro
proprietà antiaritmiche sia ventricolari che sopraventricolari (soprattutto nelle aritmie
da rientro).
Amiodarone: è caratterizzato da in forte legame ai tessuti e da una emivita molto
lunga: questo fa sì che debbano passare giorni o settimane affinché il farmaco
sviluppi la sua azione. Per questo deve essere somministrata una dose di carico per
ev. Purtroppo gli effetti sfavorevoli di questo farmaco sono molti:
 irritazioni cutanee da fotosensibilità;
 alterazione della pelle verso il nero-grigio/blu;
 anormalità della tiroide (ipo e iper) dovute al suo elevato contenuto di iodio;
 fibrosi polmonare, che si sviluppa lentamente;
 depositi corneali;
 disturbi neurologici;
 disturbi gastrointestinali.
Come tutti gli antiaritmici può dare origine ad aritmie, come la torsades de pointes:
questo può succedere in pazienti con la sindrome del Q-T lungo o che assumono
antagonisti del recettore H1 o il probucolo (farmaco ipolipemico).
Sotalolo: è un beta-bloccante, ma a differenza degli altri prolunga il potenziale
d‘azione ed il QT. È efficace nella prevenzione delle tachiaritmie maligne non
associate ed IMA. Può causare torsades de pointes, ma non presenta gli altri effetti
sfavorevoli dell‘amiodarone.
- AMIODARONE possiede un'emivita di 30-110 giorni, rendendo difficile la sua
sostituzione con un altro farmaco antiaritmico. L'Amiodarone (Amiodar , Cordarone )
è stato sintetizzato in Belgio negli anni 60, ed è entrato in commercio come farmaco
antianginoso, per la sua azione vasodilatatrice coronarica. Poi nel tempo, grazie
anche ai cardiologi italiani, il farmaco è stato sempre più impiegato nel trattamento
delle aritmie. L'Amiodarone è un farmaco antiaritmico di classe III secondo la
classificazione di Vaughan Williams, dotato di proprietà anche di classe II (azione
beta-bloccante). Allunga l'intervallo QT, cioè la fase di ripolarizzazione.
L'Amiodarone è dotato di una particolare farmacocinetica: subisce un importante
effetto di primo passaggio epatico. L'emivita dell'Amiodarone varia da 30 giorni a
110 . Questo comporta dei problemi nel momento in cui si tende a sostituire
l'Amiodarone con un altro farmaco antiaritmico. Gli effetti terapeutici si presentano
generalmente dopo 10-15 giorni. Per ovviare a questo problema si tende a
somministrare nella prima settimana una dose di carico. L'Amiodarone possiede un
ampio range di utilizzo, ma per il non buono profilo di sicurezza questo farmaco non
439
dovrebbe essere utilizzato come prima scelta in un'aritmia benigna, quale è la
fibrillazione atriale. Purtroppo gli effetti sfavorevoli di questo farmaco sono molti:
 irritazioni cutanee da fotosensibilità;
 alterazione della pelle verso il nero-grigio/blu;
 anormalità della tiroide (ipo e iper) dovute al suo elevato contenuto di iodio;
 fibrosi polmonare, che si sviluppa lentamente;
 depositi corneali;
 disturbi neurologici;
 disturbi gastrointestinali.
- DRONEDARONE è un derivato de-ionizzato dell'Amiodarone, privo di molti
effetti indesiderati dell'Amiodarone, riconducibili alla presenza di iodio. Il nuovo
farmaco antiaritmico presenta un effetto antiadrenergico, che riduce la frequenza
cardiaca. Non ha effetto inotropo negativo, possiede un'azione di vasodilatazione
coronarica. Il Dronedarone è efficace sia nel trattamento delle aritmie ventricolari
che atriali.
- BRETILIO
- SOTALOLO
- AZIMILIDE
- DOFETILIDE
- IBUTILIDE
- TEDISAMIL
- SEMATILDE
- BUNAFTINA
3. CLASSE IV Bloccanti i canali del Ca++ ( calcio-antagonisti)
Questi farmaci influenzano l‘ingresso di calcio nelle cellule. I loro effetti principali
sono confinati al sistema cardiovascolare, in quanto pare che agiscano su un solo tipo
di canale. L‘ingresso di calcio nelle cellule è regolato da diversi canali:
1. canali voltaggio-attivati che si aprono quando la membrana è depolarizzata;
2. scambio sodio-calcio;
3. ROS: canali attivati da recettori che si aprono quando il ligando si lega al
recettore.
Né lo scambiatore sodio-calcio, né i ROS sembrano essere il bersaglio dei calcio
antagonisti, che quindi sviluppano la loro azione a carico dei canali voltaggio-attivati.
Sono stati trovati tre tipi di canali del calcio voltaggio-attivati: L, N e T. Vi sono
alcune differenze fra questi canali, che sono ad esempio l‘intervallo di voltaggio al
quale si aprono, la tendenza ad inattivarsi. Probabilmente i canali responsabili
dell‘ingresso di calcio nelle terminazioni nervose e quindi del rilascio del
neurotrasmettitore sono quelli N, mentre i canali presenti a livello della muscolatura
liscia (principalmente quella dei vasi) sono quelli L. Si ritiene che i calcio antagonisti
agiscano a livello dei canali L, e sarebbe quindi per questo che non hanno effetti a
carico del sistema nervoso.
440
La loro azione consiste quindi in una diminuzione della resistenza (per il rilascio
della muscolatura liscia) ed in un conseguente aumento del flusso coronarico
(soprattutto a livello epicardico). Questi farmaci sono realmente efficaci solo se
somministrati in maniera profilattica: non riducono la mortalità se somministrati dopo
un IMA. Se somministrati dopo un evento ischemico possono addirittura risultare
dannosi in quanto riducono la funzionalità ventricolare. Questo non vale in caso di
infarto cerebrale: sembra infatti che la somministrazione di nimodipina dopo l‘insulto
cerebrale migliori significativamente il recupero funzionale ed aumenti la
sopravvivenza. La nimodipina inoltre riduce il rischio di vasospasmo cerebrale dopo
emorragia subaracnoidea.
Appartengono a questa classe il varapamil, il diltiazem e le diidropiridine.
Nifedipina: è una diidropiridina. Si somministra per os ed ev: provoca un grande
aumento del flusso arteriolare, senza grandi effetti sulle vene. Provoca quindi
tachicardia e inotropismo riflessi. Ha scarsi effetti diretti sul muscolo cardiaco. Altre
diidropiridine sono la nicarpidina e la nimodipina che hanno effetti simili alla
nifedipina. La nicarpidina ha maggiore selettività per il circolo coronarico. Le
diidropiridine causano rilascio della muscolatura liscia anche di vescica,, tratto biliare
ed utero; possono quindi essere utilizzate in caso di coliche biliari.
Verapamil: è meno attivo delle diidropiridine, ma il suo effetto inotropo è minore a
causa del suo inotropismo negativo intrinseco. Nello scompenso cardiaco provoca
una ulteriore diminuzione della contrattilità e della funzionalità ventricolare.
Diltiazem: è molto simile al verapamil, ma ha meno effetti inotropi negativi.
Gli effetti collaterali di questi farmaci sono causati dall‘eccessiva vasodilatazione che
provoca mal di testa. Possono anche dare edema periferico, aggravamento
dell‘ischemia e blocco AV.
Effetti
PA
FC
GC
PVC
Res.Perif.
Flusso
Coron.
NITRATI
+
0o+
-0o0
BETANIFEDIPINA
BLOCCANTI
0o--++
++
+
+
-++
VERAPA- DILTIAZEM
MIL
-++
A. 1,4 DIIDROPIRIDINE(1,4 DHP) bloccano i canali del Ca++, specie a livello dei
vasi periferici
NIFEDIPINA
AMLODIPINA
FELODIPINA (1988)
ISRADIPINA (1989)
NILVADIPINA (1989)
441
NICARDIPINA
LACIDIPINA (1991)
NIMODIPINA
NITRENDIPINA
BARNIDIPINA
NISOLDIPINA (1990)
MANIDIPINA (1990)
PRANIDIPINA
LERCANIDIPINA
B. FENILALCHILAMMINE (blocco dei canali del Ca++, sia a livello vasale, che
del cuore)
- VERAPAMIL: viene usato per terminare e prevenire le tachicardie parossistiche
sopraventricolari e per ridurre la frequenza ventricolare in pazienti con
fibrillazione atriale non controllata dalla digossina. Il verapamil può essere
utilizzato in associazione con la digossina, ma la dose di quest‘ultima deve essere
diminuita e la sua concentrazione plasmatica controllata dopo qualche giorno di
terapia. Non è efficace nelle tachicardie ventricolari. Non andrebbe mai usato in
associazione con beta-bloccanti in quanto può provocare collasso circolatorio.
Rilascia anche la muscolatura vasale, e può quindi essere utilizzato in pazienti con
ipertensione. La costipazione è il suo effetto più fastidioso, ma l‘effetto più
pericoloso è lo scatenamento di una insufficienza cardiaca causata dall‘inibizione
dell‘ingresso del calcio.
- GALLOPAMIL (= metossi-Verapamil)
- FENDILINA (non selettivo)
- BEPRIDIL (non selettivo)
C. BENZOTIAZEPINE(blocco dei canali lenti del Ca++, sia a livello vasale, che del
cuore)
- DILTIAZEM
D. PIPERAZINE (DIFENILALCHILAMMINE)
( anti emicrania preventivi, anti-vertigini)
- FLUNARIZINA è pure antagonista-H1istaminergico
- CINNARIZINA è pure antagonista-H1istaminergico
E.
-
ALTRI Ca++-ANTAGONISTI
MIBEFRADILE (con prevalente effetto vascolare)
LIDOFLAZINA (non selettivo)
PAREXILINA (non selettivo)
Le fenilalchilamine, le benzotiazepine e le piperazine bloccano con maggiore affinita‘
i canali del calcio ‗L‘ (lenti) a livello cardiaco e sono considerati antiartmici
442
4. ALTRI ANTIARIMICI
- DIGOSSINA: blocca reversibilmente la pompa Na+\K+ ATPasi cardiaca , blocca
indirettamente lo scambiatore Ca++\ 2Na+ con aumento delle [Ca++] intracell e
aumento della forza di contrazione cardiaca con effetto batmotropo negativo,
inotropo positivo, cronotropo negativo . E‘ anche 1 antiaritmico
- ADENOSINA: interagisce con specifici recettori accoppiati a 1 Gi\Go con
apertura di canali del K+, con 1 accorciamento di durata del potenziale d‘ azione
con iperpolarizzazione e rallentamento del normale automatismo cardiaco(azione
antiadrenergica)
16
FARMACI ANALGESICI OPPIOIDI
.
IL SISTEMA OPPIOIDE
Nel nostro organisno esiste 1 sistema detto Oppioide che cerca di limitare il dolore.
Tale sistema è rappresentato da dei neuroni detti Nocicettori che sfociano su degli
altri neuroni noradrenergici, che vanno al SNC e trasportano le sensazioni dolorose
dalla periferia al cervello (via del dolore). Il dolore è dovuto ad 1 aumento del
potenziale d‘azione normale lungo tale via noradrenergica, con liberazione di
neurotrasmettitore (noradrenalina\NA), che stimolando i suoi recettori (alfa1,
accoppiati a 1 Gq, con stimolo della PLC) apre canali del Na+ e del Ca++(tipo N), e
genera il potenziale d‘ azione con propagazione del dolore. I nocicettori, sfioccando
sulla via noradrenergica principale, esercitano 1 controllo presinaptico sulla via del
dolore, andando a iperpolarizzare la fibra presinaptica. Nei nocicettori, infatti, s i
biosintetizzano delle sostanze endogene, dette Encefaline (o Endorfine), che, se
attivate dal neurotrasmettitore liberato (NA) (in seguito a stimoli dolorosi, tramite 1
Gs sul nocicettore) sono capaci di far liberare meno neurotrasmettitore (NA). Esse si
legano a 4 tipi di recettori metabotropici detti: mu, kappa, delta e sigma, collegati a 1
Gi\Go, con inibizione dell‘ Adenilato Ciclasi e apertura di 1 canale del K+ (che esce
dal neurone), iperpolariz-zando cosi‘ la via noradrenergica principale.
La MORFINA e i suoi derivati vanno ad agire da agonisti sui recettori mu, kappa,
delta e sigma, mimando l‘azione delle Endorfine o Encefaline.
Le Encefaline o Endorfine, quindi, posseggono:
1) Attivazione: Quando sopravviene il dolore c‘è 1 segnale di attivazione con
iperproduzione di noradrenalina nella via del dolore, che attiva la sintesi e il
rilascio di Encefaline, agendo sul nocicettore. Qui la NA si lega a 1 rec beta, con 1
Gs che attiva l‘ Adenilato Ciclasi
2) Azione antidolore: le Encefaline o Endorfine vengono rilasciate dal nocicettore e
si legano ai recettori mu, kappa, delta e sigma, collegati a 1 Gi\Go, inibendo l‘
Adenilato Ciclasi e aprendo 1 canale del K+ (che esce dal neurone),
iperpolarizzando cosi‘ la via noradrenergica principale.
3) Spegnimento: una volta rilasciate, le Encefaline si legano ad 1 altro recettore sul
nocicettore, bloccando cosi‘ la loro sintesi e il loro rilascio ( si legano a 1
443
recettore collegato a 1 Gi, che inibisce l‘ Adenilato Ciclasi e blocca il
nocicettore).
Occorre ricordare che la membrana post- e pre- sinaptica principale subisce anche un
doppio processo di accomodazione:
A) Nella membrana post-sinaptica principale (via del dolore) avviene 1 processo di
UP-regulation, x cui vengono biosintetizzati nuovi recettori (alfa1) x il
neurotrasmettitore (NA)
B) Anche nel neurone pre-sinaptico principale avviene (via del dolore) 1 processo di
UP-regulation, x cui vengono biosintetizzate altre molecole di Adenilato Ciclasi,
x compensare la riduzione di AMPc, provocata dalle Endorfine.
MECCANISMO DELL‘ ASSUEFAZIONE DA OPPIOIDI:
Con la prima soministrazione di Morfina, essa va a mimare l‘ azione delle Endorfine
a livello presinaptico della via del dolore, ma va a bloccare pure la sintesi e il rilascio
di Endorfine a livello del nocicettore, andandosi a legare al recettore di blocco legato
a 1 Gi. Gia‘ alla seconda e poi con le successive somministrazioni, si avra‘ 1
fenomeno di assuefazione perché:
1) La quota di Endorfine liberata è sempre + bassa in quanto:
a) La Morfina mantiene bassa la quota di neurotrasmettitore (NA) che attiva la
sintesi di Endorfine(con 1 Gs), le quali bloccano il dolore
b) La Morfina, si lega anche al recettore presinaptico delle Endorfine sul
nocicettore, blocca anche il rilascio di Endorfine dal nocicettore
2) Ci saranno, a causa dell‘ UP-regulation, molte Adenilato Ciclasi da inibire nel
piede presinaptico della via principale del dolore (a causa dell‘ accomodazione
presinaptica descritta prima)
3) Ci saranno, sempre a causa dell‘ UP-regulation, anche molti recettori (alfa1) x il
neurotrasmettitore (NA) nel piede post-sinaptico della della via principale del
dolore, che trasmettono il segnale di dolore.
Per tutti questi motivi c‘è necessita‘ di liberare sempre meno neurotrasmettitore
(NA), per non accusare il dolore, e quindi occorreranno sempre dosi maggiori di
Morfina, con sviluppo di assuefazione e dipendenza fisica !!!
MECCANISMO DELLA DIPENDENZA PSICHICA:
La dipendenza psichica da Morfina e derivati si manifesta solo se tali sostanze non
sono usate come analgesici (cioè se sono usati quando non c‘è dolore). Quando non
c‘è dolore, tali sostanze funzionano da stimolanti il SNC e creano dipendenza
psichica. Questa dipendenza è subordinata all‘esistenza di 1 circuito x meta‘
dopaminergico e x meta‘ noradrenergico, presente nel SNC e stimolato idirettamente
dagli Oppioidi: è il ―Circuito della Gratificazione‖. Questo circuito parte dal
Pavimento del IV° Ventricolo e, attraverso 1 stazione intermedia detta Nucleus
Accùmbens, va fino alla Corteccia Pre-frontale. Dal Pavimento del IV° Ventricolo
fino al Nucleus Accùmbens la via è Dopaminergica (con prevalenza di recettori D3);
444
dal Nucleus Accùmbens fino alla Corteccia Pre-frontale la via è invece
Noradrenergica (con prevalenza di recettori alfa1). Tale Circuito è stimolato o
rafforzato da molte sostanze stimolanti il SNC (come la Nicotina, le Amfetamine, la
Cocaina, Ecstasy, LSD, THC di Cannabis S. , ecc.), perché su tale circuito sfioccano
molti tipi di neuroni e di fibre (colinergiche, serotoninergiche, noradrenergi-che,
dopaminergiche, cannabinoidergiche). Per quanto riguarda gli Oppioidi, essi non
stimolano direttamente tale circuito, ma lo fanno tramite delle altre fibre presenti su
di esso. Infatti sulla via Dopaminergica (D3) del circuito della gratificazione, dal
Pavimento del IV° Ventricolo fino al Nucleus Accùmbens, sfioccano delle fibre
GABAergiche (con apertura di canali del Cl- e ingresso di Cl- all‘interno del
neurone), che iperpolarizzano e riducono il tono dopaminergico nel circuito. Su
queste ultime fibre GABAergiche, ci sono pure dei recettori x le Endorfine (mu,
kappa, delta e sigma accoppiati a 1 Gi\Go) e quindi x gli Oppioidi. Se assunti quando
non c‘è dolore, gli Oppioidi, stimolando tali recettori, diminuiscono la liberazione di
GABA, che non aprira‘ i canali del Cl- e non iperpolarizzera‘ la via Dopaminergica,
con 1 maggiore rilascio di Dopamina. Si avra‘ cosi‘ un rafforzamento del circuito
della gratificazione, che ci spiega la dipendenza fisica da Oppioidi.
La dipendenza da oppiacei è un problema sociale, anche se oggi sta diminuendo a
vantaggio di altre sostanze, per es. l‘ecstasy. Molti incidenti, alla guida o nell‘edilizia,
hanno come concausa questo tipo di droghe, alcune delle quali non sono nemmeno
illegali perché non ancora registrate come sostanze stupefacenti (i cannabinoidi
invece possono slatentizzare un disturbo dissociativo (provocando allucinazioni) o
una personalità schizotipica e la loro azione psicotropa può rivelare un preesistente
squilibrio). La crisi d‘astinenza da oppioidi consiste nello scatenamento di fenomeni
di tipo simpatico, in un secondo tempo anche parasimpatico. Si ha cute fredda, pelle
d‘oca, miosi, agitazione e atteggiamento compulsivo, tentativi di procurarsi la droga
con qualsiasi mezzo, aumento della frequenza cardiaca, ipotensione, algie addominali
(per improvvisa mancanza di inibizione del sist. vegetativo da parte degli oppioidi).
Le azioni dei diversi oppioidi dipendono dall‘affinità per i diversi tipi di recettori e
dalla durata d‘azione. Es. fentanil e sufentanil agiscono sui ed hanno breve durata
d‘azione, per cui sono usati in chirurgia. Il metadone (derivato sintetico della
morfina) è usato nella terapia di disassuefazione. Ha emivita più lunga della morfina
e minor rapidità nell‘indurre tolleranza e dipendenza, per cui è dispensato dai SERT e
si usa in una terapia a scalare. E‘ comunque difficile eliminare la tossicomania, anche
perché spesso questi soggetti non assumono solo eroina, ma anche altre sostanze,
quali stimolanti, cocaina.C‘è poi il problema dell‘overdose, che può essere mortale
per depressione della funzione respiratoria (azione sui centri respiratori bulbari). In
genere avviene se un consumatore saltuario sbaglia dosaggio, o se c‘è un partita di
eroina più pura del solito (normalmente è "tagliata" con sostanze varie es. polvere di
silice per aumentarne il peso), o quando, dopo un periodo di disintossicazione, si
ricomincia ad assumere la dose cui si era abituati, diventata eccessiva per perdita
della tolleranza. Contro l‘overdose si usano gli antagonisti (naloxone, naltrexone),
utilizzati anche nella terapia di disassuefazione rapida. Può accadere che un
tossicodipendente si sottragga alle cure: ciò è pericoloso perché il naloxone ha un
445
effetto di minor durata di quello dell‘eroina, quindi bisogna trattenere il soggetto in
osservazione per intervenire in caso tornasse in overdose.
Per descrivere gli effetti farmacologici dei farmaci oppioidi descriveremo quelli della
Morfina, considerandoli suoi derivati:
MORFINA:
EFFETTI SUL SNC.
a. Analgesia: la morfina è efficace contro quasi tutti i tipi di dolore, sia acuto che
cronico, anche se gli oppioidi risultano meno utili in certi tipi di dolore, come
in quello causato dall‘arto fantasma o dalla nevralgia del trigemino.
b. Euforia: la morfina esplica la sua azione analgesica anche attraverso la
riduzione della risposta emotiva al dolore. Se morfina ed eroina vengono
somministrate per via endovenosa il soggetto prova una improvvisa
eccitazione, chiamata "rush". Nei pazienti abituati al dolore cronico la morfina
non causa euforia, benché vi sia una riduzione del dolore. L‘effetto della
morfina può a volte essere accompagnato da ansia ed agitazione. L‘euforia è
provocata dalla stimolazione dei recettori mu ed è controbilanciata dalla
disforia causata dalla stimolazione dei recettori sigma
c. Depressione respiratoria: con normali dosi analgesiche di morfina o di
composti correlati si osserva un certo grado di depressione respiratoria e quindi
un aumento della PCO2 arteriosa. Questo effetto è mediato dai recettori mu. Lo
stimolo ipossico mediato dai recettori periferici rimane inalterato. I centri
bulbari che controllano le funzioni cardiovascolari non vengono alterati dalle
dosi terapeutiche di morfina, mentre un certo grado di depressione respiratoria
si manifesta anche a dosi terapeutiche. Questo effetto è la causa più comune di
morte in caso di intossicazione acuta da oppiacei.
d. Depressione del riflesso della tosse: probabilmente è dovuta all‘intervento di
altri recettori. La codeina, a dosi subanalgesiche, determina soppressione della
tosse, agendo a livello centrale.
e. Nausea e vomito: si presentano nel 40% dei pazienti che fanno uso di oppioidi,
anche a dosi analgesiche. Questo fenomeno è correlato alla stimolazione della
zona CTZ. L‘effetto emetico della morfina è contrastato dalla
somministrazione di naloxone.
f. Miosi: questo effetto è mediato centralmente dalla stimolazione dei recettori
mu e kappa presenti nel nucleo oculomotore. La miosi è importante per
riconoscere il sovradosaggio da morfina o da farmaci simili.
EFFETTI SUL TRATTO GASTROINTESTINALE.
La morfina causa aumento del tono e riduzione della motilità intestinale, portando ad
una costipazione che può essere importante. Inoltre il tempo di svuotamento gastrico
si allunga, determinando una diminuzione dell‘assorbimento di altri farmaci. Può
aumentare la pressione del tratto biliare a causa della contrazione della cistifellea e
della contrazione dello sfintere biliare: questo può causare un temporaneo aumento
della concentrazione plasmatica di amilasi e lipasi.
ALTRI EFFETTI.
446
La morfina provoca rilascio di istamina dai mastociti: ne derivano orticaria e prurito
nel sito d‘iniezione e broncocostrizione ed ipotensione a livello sistemico. A dosi
elevate si manifestano ipotensione e bradicardia, a causa dell‘azione sul midollo
allungato (anche l‘istamina può contribuire all‘effetto ipotensivo).
Gli oppioidi esercitano inoltre un effetto immunosoppressore: nell‘uomo l‘abuso di
sostanze oppioidi determina un aumento ella sensibilità alle infezioni.
TOLLERANZA.
Si sviluppa molto rapidamente, entro 12-24 ore dalla somministrazione. La tolleranza
si estende alla maggior parte degli effetti della morfina: analgesia, euforia e
depressione respiratoria, ma influisce meno sulla costipazione e sulla miosi.
DIPENDENZA FISICA.
È rappresentata dalla sindrome di astinenza, caratterizzata da una sindrome similinfluenzale, con vomito, diarrea, midriasi, sbadigli, sudorazione, piloerezione ed
insonnia. I sintomi nei tossicodipendenti raggiungono il loro massimo entro 2 giorni,
per sparire più o meno completamente nel giro di 8-10 giorni. La somministrazione di
morfina abolisce rapidamente la sindrome d‘astinenza.
FARMACOCINETICA.
La morfina viene assorbita lentamente ed in maniera irregolare: si preferisce
somministrarla per via intramuscolare o endovenosa. Nel trattamento del dolore
cronico si fanno somministrazioni orali di un preparato a lento rilascio. La codeina
viene invece somministrata per via orale in quanto presenta un buon assorbimento.
EFFETTI INDESIDERATI.
Il sovradosaggio acuto di morfina determina depressione respiratoria, coma e miosi.
Il trattamento si effettua con il naloxone: se il paziente non risponde a questo
trattamento vuol dire che il coma non è causato da sovradosaggio di oppioidi. Il
naloxone può precipitare una sindrome d‘astinenza.
CLASSIFICAZIONE CHIMICA
1. ALCALOIDI NATURALI DELL‘ OPPIO
MORFINA
OPPIO
IDROMORFONE
NICOMORFINA
OXICODONE
DIIDROCODEINA
DIAMORFINA
PAPAVERETUM
2. MORFINANI
LEVORFANOLO
BUTORFANOLO
isomeri LEVO attivi come analgesici
DESTRORFANO
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DESTROMETORFANO isomeri DESTRO attivi come antitoss
NALBUFINA
3. BENZOMORFANI
PENTAZOCINA
CICLAZOCINA
FENAZOCINA
METAZOCINA
4. FENIL-PIPERIDINE
MEPERIDINA
KETOBEMIDONE
PETIDINA
5. DERIVATI DEL PIPERIDINOLO
ALFA E BETA PRODINA
ALFA TRIMEPERIDINA
GAMMA ISOPROMEDOLO
BEMIDONE
CHETOBEMIDONE
6. DERIVATI DIFENIL PROPIL AMMINICI
METADONE
ISOMETADONE
PROPOSSIFENE
FENAXODONE
DIPIPANONE
NORMETADONE
DESTROMORAMIDE
FENTANYL
BEZITRAMIDE
7. DERIVATI ORIPAVINICI
BUPRENORFINA
ETORFINA(potentissima)
DIPRENORFINA
Dal punto di vista del comportamento sui 4 recettori la maggior parte dei farmaci si
comportano da agonisti pieni, tuttavia possiamo distinguere anche dei:
448
8. KAPPA AGONISTI \ MU ANTAGONISTI ( nascono dalla convinzione che
l‘effetto analgesico sia mediato soprattutto dal rec kappa, mentre l‘effetto di
dipendenza psico-fisica e tolleranza sia mediato dal rec mu. Antagonizzando il rec
mu abbiamo meno sviluppo di tolleranza e dipendenza, con maggiore affetto
analgesico grazie all‘ agonismo kappa)
BUPRENORFINA
DIPRENORFINA
PENTAZOCINA
BUTORFANOLO
NALBUFINA
Infine abbiamo delle sostanze capaci di bloccare i recettori cerebrali x gli oppioidi,
usati dal punto di vista terapeutico nel trattamento della overdose da oppioidi, x il
trattamento della rapida detossificazione oppure, dopo la detossificazione, x prevenire
il possibile ritorno all‘ abuso nei soggetti ex-tossicodipendenti e negli ex-alcolisti:
9. ANTAGONISTI
Usati x il trattamento dell‘ overdose , x la detossificazione rapida e x prevenire la
ricaduta all‘abuso di stupefacenti (tipo Eroina) e di alcool
NALOXONE
NALTREXONE oltre a bloccare i recettori cerebrali x gli oppioidi, può aumentare l‘
efficacia dell‘Azt (Zidovudina) e dell‘Indinavir, usati nel trattamento dell‘HIV\AIDS,
perché interviene sui recettori cellulari di attacco del virus HIV, bloccandoli
LEVALLORFANO
NALORFINA
Per trattare la dipendenza da Oppiacei usiamo:
a) METADONE è 1 agonista oppioide col vantaggio di avere 1 lunga emivita di 2436 h ed è somministrabile in 1 unica dose (1mg a scalare) x os, viene usato x
prevenire la sindrome da astinenza nei dipendenti e x la disassuefazione da
oppioidi, regredendo col passare del tempo la dose.
b) DIAMORFINA come il metadone
c) Levo-ACETIL-METADOLO come il metadone
d) BUPRENORFINA è 1 agonista parziale, che nei dipendenti da alte dosi può
scatenare sindrome d‘astinenza
e) NALTREXONE è 1 antagonista e scatena sindrome d‘astinenza nei
tossicodipendenti; viene prescritto agli ex-tossicodipendenti x aiutarli a prevenire
le ricadute
f) LOFEXIDINA è 1 alfa 2 agonista adrenergico che come la Clonidina, è utilizzata
x alleviare i sintomi d‘ astinenza da oppiacei, ma non provoca riduzione della
Pressione arteriosa (il meccanismo della Clonidina e degli altri alfa 2 agonisti
adrenergici centrali (o Imidazoline , Cfr cap 25 A) è quello di provocare 1 minore
rilascio di NA nella via principale del dolore, legandosi a dei recettori presinaptici
(autocettori) collegati a 1 Gi\Go con diminuzione dei livelli di AMPciclico
449
17
FANS (FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI)
La Cascata dell‘ acido Arachidonico
Gli Eicosanoidi sono degli Autacoidi, cioè sostanze liberate da 1 cellula nell‘
ambiente extracellulare dove poi inducono delle risposte biologiche interagendo con
dei recettori specifici presenti sulla stessa cellula generatrice e\o su altre cellule nelle
immediate vicinanze della sede di produzione. Gli Eicosanoidi si generano a partire
dall‘ Acido Arachidonico (acido 5,8,11,14-eicosa-tetra-enoico), 1 acido grasso
essenziale con 4 doppi legami, presente in 3 principali fosfolipidi di membrana (nel
Fosfatidil Inositolo, nella Fosfatidil Colina e nella Fosfatidil Etanolammina) ed
esterificato nella seconda posizione del glicerolo. L‘ Acido Arachidonico esterificato
nei fosfolipidi di membrana può essere liberato in seguito all‘interazione di stimoli di
diversa natura con la membrana cellulare:
1) Stimoli Fisiologici (istamina, bradichinina, vasopressina, Angiotensina II,
Interleuchina-1, Leucotrieni, Fattori di crescita, Proteasi come la Trombina);
2) Stimoli Fisici (shear stress, ischemia);
3) Agenti Farmacologici (esteri del forbolo);
Gli stimoli Fisiologici agiscono interagendo con dei recettori specifici presenti sulla
membrana cellulare accoppiatia proteine G. Queste a loro volta attivano alcune
Fosfolipasi (A2, C e D) capaci di liberare l‘acido Arachidonico dai fosfolipidi di
membrana.
a) La Fosfolipasi A2 idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Colina e libera subito Ac.
Arachidonico.
b) La Fosfolipasi C idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Inositolo, ma x liberare Ac.
Arachidonico richiede l‘intervento anche di altri 2 enzimi: una Digliceride Lipasi
+ una Monogliceride Lipasi.
c) La Fosfolipasi D idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Etalonam-mina e x liberare Ac.
Arachidonico richiede l‘intervento di altri 3 enzimi: una Fosfatasi + una
Digliceride Lipasi + una Monogliceride Lipasi.
Così le Fosfolipasi (e alcuni enzimi di supporto) provocano l‘idrolisi dei Fosfolipidi
di membrana con la liberazione di Ac. Arachidonico. L‘ Acido Arachidonico a sua
volta viene metabolizzato attraverso almeno 4 vie principali:
1) La via della PGH-Sintasi(Prostaglandina H Sintasi), che porta alla formazione di
Prostaglandine e Trombossani (Prostanoidi);
2) La via delle lipossigenasi (5-, 12- e 15- Lipossigenasi)che porta alla formazione di
Acidi Idrossi-Eicosa-tetra-enoici e dei Leucotrieni;
3) La via della P-450-Epossigenasi che porta alla formazione di Acidi Epossi- ed
Idrossi- Eicosa-tetra-enoici;
4) La via della perossidazione lipidica non enzimatica catalizzata dai Radicali dell‘
Ossigeno, che però interviene sull‘ Ac. Arachidonico esterificato.
Le vie che hanno magiore interesse ed applicazioni Farmacologi-che sono quella
della PGH-Sintasi e della 5-Lipossigenasi.
450
A) VIA DELLA PGH SINTASI:
L‘ Acido Arachidonico viene convertito in PGH2 tramite l‘enzima
PGH-Sintasi, dotato di 2 attività catalitiche: la CICLOSSIGE-NASI ( presente in 2
isoforme Cox-1, o costitutiva, e Cox-2, o indotta), che porta alla formazione di
PGG2, e la PEROSSIDASI, che trasforma la PGG2 in PGH2. Successivamente la
PGH2 può essere il substrato per ben 5 enzimi, per la formazione dei Prostanoidi:
a) TROMBOSSANO-SINTASI: trasforma la PGH2 in Trombossano-A2 (TXA2). Il
TXA2 provoca aggregazione piastrinica legandosi al recettore detto TP, presente
sulle piastrine, in 2 sottotipi (entrambi accoppiati a 1 Gq con attivazione della
PLC ed aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari): TP1 media il cambiamento di
forma delle piastrine, con l‘aumento del Ca+2 citoplasmatico; TP2 media la
secrezione di granuli e l‘aggregazione piastrinica. Si ricercano degli antagonisti
recettoriali potenzialmente utilizzabili come antitrombotici (Sulotroban, Ifetroban,
Daltroban)
b) PROSTAGLANDINA D-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-D2
(PGD2). La PGD2 si lega al recettore
( accoppiato a 1 Gs con aumento
delle [AMPc] intracellulari ) detto DP presente sulla muscolatura liscia vasale,
nelle piastrine e nel cervello. L‘attivazione del recettore provoca inibizione
dell‘aggregazione piastrinica ed inibisce il tono della muscolatura liscia vasale
c) PROSTAGLANDINA E-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-E2
(PGE2). La PGE2 si lega al recettore detto EP, presente in ben 4 sottotipi: EP1 è
presente sulla muscolatura liscia vasale dove media la sua contrazione (è
accoppiato a 1 Gq con attivazione della PLC ed aumento delle [IP3] e [DAG]
intracellulari ); EP2 è presente anch‘esso sulla muscolatura liscia vasale dove
media però il suo rilassamento (è accoppiato a 1 Gs con aumento delle [AMPc]
intracellulari); EP3 è distribuito in diversi tessuti dove causa l‘inibizione del
rilascio di neurotrasmettitori (è accoppiato a 1 Gi con inibizione dell‘ Adenilato
ciclasi e diminuzione delle [AMPc] intracellulari); EP4 si trova a livello renale,
dove controlla il riassorbimento di Na+ e H2O (è accoppiato a 1 Gs con aumento
delle [AMPc] intracellulari). Sono agonisti di EP1, EP2 ed EP3: Iloprost,
Sulprostone, Misoprostolo, Enprostil
d) PROSTAGLANDINA F-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-F2
(PGF2). La PGF2 si lega al recettore detto FP (accoppiato a 1 Gq con attivazione
della PLC e aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ) presente a livello uterino,
vascolare e bronchiale, dove provoca contrazione di tale muscolatura liscia Il
Latanoprost è un agonista selettivo del recettore prostanoide FP che riduce la
pressione intraoculare aumentando il deflusso dell'umore acqueo. La diminuzione
della pressione intraoculare inizia dopo circa 3-4 ore dopo la somministrazione e
raggiunge il massimo effetto dopo 8-12 ore. I valori raggiunti si mantengono per
almeno 24 ore. Il farmaco è già presente sul mercato europeo a partire dal 1996.
451
Xalatan può causare una colorazione più scura dell'iride prevalentemente nei
pazienti con iridi di colore disomogeneo e ciò è da ascrivere ad un aumento della
melanina nei melanociti dello stroma dell'iride. L'incidenza maggiore è stata
riscontrata nei pazienti con iridi verde-marrone e giallo-marrone. Il cambiamento
del colore ottenuto può essere permanente. Alcuni soggetti possono lamentare
dopo somministrazione oculare di Xalatan una leggera sensazione di corpo
estraneo, una leggera iperemia congiuntivale, epiteliopatia corneale punctata
transitoria. Xalatan può causare inscurimento, ispessimento e allungamento delle
ciglia. Raramente può presentarsi edema maculare.
e) PROSTAGLANDINA I-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaciclina (PGI2) che
è il prodotto + abbondante del metabolismo dell‘ Ac. Arachidonico nel tessuto
vascolare. La PGI2 si lega al recettore detto IP (accoppiato a 1 Gs con aumento
delle [AMPc] intracellulari) inibendo l‘ aggregazione piastrinica e inducendo
vasodilatazione. Esistono diversi agonisti di tale recettore: Cicaprost, Octimibate,
Iloprost, che si sono dimostrati efficaci x il trattamento delle vasculopatie
periferiche. Attualmente Iloprost è usato come antitrombotico, anche perché
riduce la formazione di TXA2.
B) VIA DELLA 5-LIPOSSIGENASI:
La 5-Lipossigenasi ha 2 subunità catalitiche che convertono l‘ Acido Arachidonico
tramite 1 OSSIGENASI in Acido 5-Idro-Perossi-Eicosa-Tetra-Enoico e quest‘ultimo
tramite 1 DEIDRASI in Leucotriene-A4 (LTA4), un epossodo instabile. Successivamente l‘ LTA4 può essere, o trasformato in Leucotriene-B4 (LTB4) tramite l‘ enzima
LTA4-Idrolasi, oppure trasformato in Leucotriene-C4 (LTC4) e in altri leucotrieni
detti sulfidopeptidici (LTD4 e LTE4) attaverso coniugazione con il Glutatione.
- Il Leucotriene-B4 (LTB4) è prodotto principalmente dai leucociti
polimorfonucleati neutrofili e, legandosi al recettore OH-LTR (collegato a 1 Gq
con attivazione della PLC e con aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ),
induce la chemiotassi, l‘aggregazione e la liberazione di granuli lisosomiali
- Il Leucotriene-C4 (LTC4) induce contrazione della muscolatura liscia vasale e
bronchiale, legandosi a 2 recettori chiamati CysLT1 e CysLT2. Gli altri
leucotrieni detti sulfidopeptidici (LTD4 e LTE4) condividono molte delle attività
biologiche del LTC4 e si pensa che si leghino agli stessi recettori del LTC4. Si
conoscono degli antagonisti recettoriali del recettore CysLT1(collegato a 1 Gq con
attivazione della PLC e con aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ) usati
come farmaci Antiasmatici (vedi capitolo): Zafirlukast (peptide) e Montelukast.
Essi sono appropriati x la terapia di mantenimento nei pazienti con asma in cui
non sia sufficiente l‘uso dei soli broncodilatatori. Possono essere somministrati in
pazienti con asma di tipo severo allo scopo di ridurre la dose giornaliera di
glucocorticoidi. Si pensa essi siano attivi x trattare 1 forma d‘ asma dovuto alla
452
biosintesi eccessiva di leucotrieni sulfido-peptidici LTC4, LTD4, LTE4 (asma
indotto da Aspirina o dall‘esercizio fisico).
I FANS sono molecole in grado di bloccare l‘ enzima chiave della cascata dell‘ acido
Arachidonico, via deputata alla conversione dell‘ acido arachidonico in
prostaglandine ( mediatori dell‘ iniammazione): la CICLOSSIGENASI (COX). Oggi
si distingue una COX 1 (o basale , sempre attiva, di tipo costitutivo, presente nella
maggior parte dei tessuti e coinvolto nella trasmissione del segnale fra cellula e
cellula) e una COX 2 (o indotta dall‘attivazione delle cellule infiammatorie e pare sia
responsabile della produzione dei prostanoidi, mediatori dell‘infiammazione) che si
esprime durante i processi infiammatorii, per cui distinguiamo farmaci non selettivi,
capaci di bloccare entrambe le cox alterando pure il metabolismo basale
(gastrolesivita‘) e poi farmaci selettivi x la cox 2 che bloccano solo la cox indotta,
progettati sfruttando la differente conformazione spaziale delle 2 cox. La maggior
parte dei FANS agisce su entrambi, con una maggiore selettività per una isoforma
anziché per l‘altra, ma l‘azione antiinfiammatoria è verosimilmente data
dall‘inibizione della COX-2, mentre gli effetti collaterali sono probabilmente dati
dall‘azione su COX-1.
I farmaci appartenenti a questa categoria fanno parte di classi chimiche diverse, e la
maggior parte di loro presenta tre effetti principali:
1. Azione antiinfiammatoria.
2. Azione analgesica.
3. Azione antipiretica.
Tutti questi effetti sono dovuti principalmente all‘inibizione della ciclo-ossigenasi
dell‘acido arachidonico, e di conseguenza all‘inibizione della produzione di
prostaglandine e trombossani.
La COX ha come substrato l‘Acido Arachidonico che si lega con 2 legami a H nella
COX:
a) il –CO del –COOH si lega con la Ser 530 o 525
b) l‘ –OH del –COOH si lega con l‘ Arg 120 o 129
Il C sp3 in 11 dell‘Acido Arachidonico subisce la perossidazione.
A. INIBITORI NON SELETTIVI DELLA COX 1e 2
EFFETTO ANTIPIRETICO.
La temperatura normale è regolata da un centro che si trova a livello dell‘ipotalamo
che funziona da termostato. In alcuni casi il termostato può essere alzato, producendo
così la febbre: i FANS agiscono riportando il termostato a valori normali. Una volta
impostato vengono attuati i meccanismi per riportare la temperatura a valori normali.
I FANS sono probabilmente in grado di inibire la produzione di prostaglandine a
livello ipotalamico. Pare che durante la reazione infiammatoria, le endotossine
batteriche determinino il rilascio dell‘IL-1, un pirogeno, che può stimolare la
produzione di prostaglandine da parte dell‘ipotalamo.
453
EFFETTI ANALGESICI
Molte prostaglandine sono in grado di sensibilizzare le terminazione nervose afferenti
a mediatori chimici come la bradichinina. Quindi, in presenza di PGE1 o PGE2 il
dolore sarà avvertito con concentrazione minori dei mediatori dell‘infiammazione. I
FANS sono quindi analgesici quando il dolore è associato all‘infiammazione o al
danno tissutale quindi in quei casi in cui il dolore è provocato dalla liberazione delle
PGE:
 Artrite;
 Borsite;
 Dolore di origine articolare e/o vascolare;
 Mal di denti,
 Dismenorrea;
 Dolore post-partum;
 Dolore associato alla presenza di metastasi ossee.
Possono essere utili nel diminuire il mal di testa probabilmente annullando l‘effetto
dilatatorio delle PGE sulla circolazione cerebrale.
Sono anche utilizzati, in associazione con gli oppiacei, nel trattamento del dolore
post-operatorio e possono ridurre di un terzo la quantità di oppiacei utilizzati.
Alcuni FANS, come l‘indometacina ed il naproxene, possono ridurre anche dolori di
tipo non infiammatorio.
EFFETTI ANTIINFIAMMATORI
I FANS sono in grado di ridurre le componenti dell‘infiammazione e della risposta
immunitaria in cui sia coinvolta la COX-2, cioè:
 Vasodilatazione;
 Edema;
 Dolore.
Altri effetti dei FANS sono rappresentati, ad esempio, dalla capacità dell‘aspirina di
bloccare la diarrea provocata dal trattamento radioterapico di tumori pelvici, che è
probabilmente determinata dalla produzione di PGE a livello intestinale. Il sulindac
invece, è anche un potente inibitore dell‘enzima aldoso-reduttasi, che si trova a
livello del cristallino e riduce il glucosio a sorbitolo. Questo enzima pare sia
coinvolto nello sviluppo della cataratta e della neuropatia diabetica.
MECCANISMO D‘AZIONE
Tutti i FANS agiscono sulla ciclo-ossigenasi dell‘acido arachidonico, che è un
enzima che possiede due attività distinte:
1. Formazione di PGG2 (attività di ciclo-ossigenasi);
2. Conversione di PGG2 a PGH2 (attività perossidasica).
I FANS agiscono diversamente su questo enzima, ma tutti agiscono sulla formazione
di PGG2.
A livello della COX-1 il sito ciclo-ossigenasico è un lungo canale idrofobico.
L‘aspirina causa una inibizione irreversibile dell‘enzima in quanto si lega ad una
454
serina che si trova all‘apice del canale, inibendo così l‘ingresso dell‘acido
arachidonico. Altri FANS si legano ad altri siti dell‘enzima, ma l‘aspirina è l‘unico
che causa una modificazione covalente e irreversibile. Il recupero della funzionalità
dell‘enzima richiede la sintesi di nuovi enzimi, quindi l‘effetto farmacologico
dell‘aspirina dura anche quando il farmaco è già stato eliminato dal tessuto.
EFFETTI INDESIDERATI COMUNI
1. Disturbi gastrointestinali
Questi sono i disturbi più comuni provocati dall‘assunzione di FANS. Il rischio di
questi disturbi è tre volte maggiore nei soggetti che assumono FANS rispetto alla
popolazione che non li assume.
Gli effetti comuni sono: diarrea, o costipazione, dispepsia, nausea e vomito. È noto
inoltre che circa un quinto delle persone che fanno uso cronico di FANS soffrono di
un danno gastrico, che può essere silente, ma che porta con sé un piccolo, ma preciso
rischio di perforazione o emorragia. Il piroxicam è il FANS a maggior rischio di
queste complicanze, mentre l‘ibuprofene presenta il rischio minore. Il danno gastrico
è principalmente dovuto all‘inibizione delle PGE che, a livello gastrico, inibiscono la
secrezione acida, svolgono un‘azione protettiva sulla mucosa e modulano il flusso
ematico.
1. Reazioni cutanee
Rappresentano il secondo effetto indesiderato più comune. Si hanno reazioni
cutanee principalmente in seguito all‘assunzione di acido mefenamico e di
sundilac. I danni sono rappresentati da eruzioni cutanee, irritazioni,
fotosensibilità e solo molto raramente da malattie molto serie e potenzialmente
mortali.
2. Effetti renali
In alcuni pazienti il trattamento con FANS può provocare IRA. Questo effetto è
dovuto all‘inibizione della sintesi delle PGE1 e PGE2 che sono coinvolte nel
mantenimento del flusso renale e all‘inibizione della vasodilatazione in risposta alle
catecolamine e all‘angiotensina II. L‘IRA è reversibile con la sospensione del
trattamento, e solitamente non si sviluppa in persone sane, ma in pazienti con
patologie a carico del flusso renale.
Il consumo cronico di FANS può provocare la comparsa di NEFROPATIA DA
ANALGESICI che comprende la nefrite cronica e la necrosi papillare renale. Questa
patologia si sviluppa con l‘assunzione di massicce dosi di FANS: pare che l‘uso,
anche quotidiano, di basse dosi di aspirina non provochi questi danno.
INDICAZIONI
1) Antipiresi (paracetamolo, ibuprofene, salicilati, altri)
2) Reumatismi acuti e cronici (salicilati, indometacina, tolmetina, naprossene)
3) Analgesia (paracetamolo, salicilati, Ketorolac, altri)
455
4)
5)
6)
7)
8)
Dismenorrea primaria (ibuprofene, naprossene, acido mefenamico, nimesulide)
Coliche renali ed epatiche (Ketorolac, diclofenac)
Azione antiaggregante piastinica (acido acetilsalicilico)
Azione antinfiammatoria (analgesica e antipiretica) nelle infezioni respiratorie
Trattamento dell‘artrite reumatoide e dell‘osteoartrosi(coxibi come Celecoxib,
nimesulide)
9) Infiammazioni Muscolo sheletriche (Ketorolac, diclofenac, nimesulide)
10) Trattamento di flebiti, tromboflebiti, linfangiti (Ketoprofene, ibuprofene)
1. SALICILATI
I primi salicilati ad essere sintetizzati furono l‘acido salicilico e l‘acido acetilsalicilico.
STORIA DELL‘ASPIRINA
Le origini dell'Aspirina vanno ricercate nella natura. La storia dell‘aspirina, che è poi
la storia della corteccia e della foglia del salice, incomincia nel 400 a.C. Anche se le
sue virtù terapeutiche vengono menzionate già nel papiro di Ebers, all'incirca 2000
anni prima di Cristo. Già Ippocatre di Kos (460-377 a.C.), il padre della medicina, si
accorse delle proprietà antidolorifiche contenute nella corteccia e nelle foglie di salice
e consigliò ai suoi pazienti afflitti dai più svariati dolori, di curarsi con un infuso di
quelle foglie. Troviamo infatti segnalata negli scritti del medico ateniese (―Corpus
Hippocraticum‖, V secolo a.C.) l'azione analgesica della linfa estratta dalla corteccia
di salice che conteneva, come oggi sappiamo, l'acido salicilico. Dall‘epoca della
grande intuizione di Ippocrate gli uomini per secoli hanno fatto uso del salice per
combattere mali di testa, febbri, reumatismi. Ancora oggi i contadini greci masticano
le sue foglie per combattere e addirittura prevenire i dolori reumatici. Le proprietà
della corteccia del Salix alba vulgaris contro febbri, dolori in genere ed "eccitazione
sessuale" furono celebrate un secolo dopo Cristo dal medico greco Dioscoride e,
ancor prima, dagli Egizi con infusi a base di corteccia. Anche Plinio, nel I secolo d.C.
concorda nell'attribuire agli infusi a base di Salice proprietà febbrifughe ed
analgesiche.
L‘ Acido Acetil-Salicilico o ASA o Aspirina, oltre che nell‘infiammazione può essere
utile in molte altre situazioni:
 Grazie alla sua attività di antiaggregante piastrinica, è stato dimostrato che
basse dosi di aspirina riducono l‘incidenza di IMA, di infarto cerebrale e della
mortalità dei pazienti ad alto rischio;
 Basse dosi di aspirina aumentano la pervietà dei trapianti coronarici e possono
ridurre il rischio di tromboembolia venosa;
 Un uso regolare e continuo di aspirina, pare che riduca, virtualmente della
metà, il rischio di cancro al colon e al retto;
 Una meta-analisi mostrò che basse dosi di aspirina riducevano il rischio di
ipertensione durante la gravidanza, senza effetti nocivi sulla madre e sul feto,
456
ma studi clinici più recenti hanno dimostrato che i risultati non sono
soddisfacenti;
 L‘aspirina è utile nel trattamento della diarrea causata dalla radioterapia.
Farmacocinetica.
I salicilati sono acidi deboli, quindi sono poco ionizzati al pH dello stomaco, e
vengono quindi assorbiti bene. L‘aspirina viene idrolizzata nel plasma e nei tessuti ad
opera delle esterasi e viene trasformata in salicilato. A basse dosi la maggior parte del
salicilato è legata alle proteine plasmatiche, ma ad alte concentrazioni la parte legata
è minore, quindi disponibile nei tessuti.
Il 25% del salicilato viene ossidato, una parte viene coniugata per dare glucuronato o
solfato prima dell‘escrezione e circa il 25% viene escreto intatto. L‘escrezione
urinaria è maggiore se le urine sono alcaline in quanto la maggior parte del salicilato
escreto inalterato a pH alcalino si ionizza risultando meno riassorbibile dai tubuli.
A basse dosi il t1/2 è di circa 4 h e l‘eliminazione segue una cinetica di primo ordine,
con alte dosi invece (> 4 g/die), l‘eliminazione segue cinetiche di saturazione e il
farmaco è reperibile nel sangue per più di 15 h.
Effetti indesiderati
A livello locale l‘aspirina può provocare gastriti ed erosioni della mucosa, dovute alla
inibizione della produzione di PGE che proteggono la mucosa. Uno studio su 200
soggetti sani a cui veniva somministrata aspirina, ha dimostrato che buona parte di
essi eliminava con le feci da 2 a 6 ml di sangue al giorno, ed alcuni avevano anche
sanguinamenti maggiori. Oltre all‘azione sulla mucosa gastrica, contribuisce al
sanguinamento, anche l‘azione antiaggregante piastrinica.
A livello sistemico si può verificare una condizione di tossicità cronica moderata, in
seguito ad ingestioni ripetute di alte dosi di salicilati. Questa condizione prende il
nome di salicilismo, ed è caratterizzata da tinnito, vertigini, diminuzione dell‘udito, e
qualche volta nausea e vomito.
È stata riscontrata una associazione fra assunzione di aspirina, da parte di bambini
con infezioni virali, e la sindrome di Reye, una patologia rara in cui sono presenti
epatopatia ed encefalopatia che mostra una mortalità del 20-40%.
Dosi terapeutiche elevate possono causare disturbi dell‘equilibrio acido-base:
i salicilati disaccoppiano le fosforilazioni ossidative, portando ad un maggior
consumo di O2 e quindi ad una maggior produzione di CO2: questo evento causa
iperventilazione. I salicilati stimolano la respirazione attraverso un‘azione diretta sul
centro del respiro: tutto ciò provoca da parte di un rene sano, un aumento
dell‘escrezione di bicarbonati. Il risultato sarà quindi una alcalosi respiratoria
compensata. Dosi maggiori di salicilati possono provocare depressione del centro
respiratorio, con ritenzione di CO2, e quindi aumento della PCO2: questo evento si
sovrappone ad una alcalosi respiratoria compensata, e quindi ad una diminuzione dei
bicarbonati plasmatici: in questo caso si sviluppa quindi una acidosi respiratoria
scompensata. Questa può essere inoltre aggravata dalla presenza di una acidosi
457
metabolica dovuta alla produzione di piruvati, lattati, acido acetico e al carico acido
dovuto all‘assunzione del salicilato stesso.
L‘iperpiressia è causata dall‘aumento del metabolismo, e la disidratazione può essere
aggravata dalla presenza di vomito.
Dosi tossiche possono anche provocare una alterazione dell‘emostasi.
Questa descrizione riguarda l‘avvelenamento da salicilati, che è più frequente e più
grave nei bambini, dove generalmente causa acidosi metabolica. La terapia si basa sul
lavaggio gastrico e sulla diuresi alcalina forzata (con somministrazione di citrato di
sodio o di potassio) che può essere attuata se il paziente presenta buone condizioni
circolatorie e renali.
L‘aspirina interagisce con diversi farmaci:
l‘interazione con il warfarin può essere pericolosa, in quanto si ha un aumento
dell‘effetto del farmaco, sia per lo spiazzamento dalle proteine plasmatiche, sia per
l‘effetto dell‘aspirina sulle piastrine.
L‘aspirina può ridurre l‘escrezione di urato, non andrebbe quindi utilizzata nella
gotta.
- AC. ACETIL SALICILICO o ASPIRINA (si lega all‘ Arg 120 o 129 con legame
ionico ed esterifica con legame covalente la Ser 525 o 530)
- SALICILAMMIDE
- TIOSALICILATO
- SALSALATO
- DIFLUNISAL ( inibitore Reversibile xchè si lega solo all‘ Arg 120 o 129 con
legame ionico)
2. DERIVATI DELL‘ ACIDO ANTRANILICO
- ACIDO FLUFENAMICO
- AC. MEFENAMICO
- AC. MECLOFENAMICO
3. DERIVATI FENIL- ACETICI
Con tali molecole l‘ effetto analgesico viene ottenuto nella sua piena espressione in
una settimana, mentre x realizzare un effetto antinfiammatorio completo occorrono in
genere 2-3 settimane
- ALCLOFENAC
- BUFENAC
- DICLOFENAC
- FENCLOFENAC
- KETOROLAC emivita 5h
- ETODOLAC
- FENTIAZAC
- ACECLOFENAC ha un effetto di stimolo sulla sintesi della matrice cartilaginea e
una certa selettività x la Cox-2.
458
4. DEIVATI 2- FENILPROPIONICI (dell‘ acido propionico)
Questi farmaci avendo 1 C chirale posseggono 2 isomeri con differente attività:
nonostante ciò, però viene somministrata la forma racemica, perché pur essendoci 1
eutomero (isomero con max attivita‘) e 1 distomero (isomero con minima attività),
c‘è 1 enzima Isomerasi specifica, che converte anche il distomero in eutomero, con
incremento di attività !
- IBUPROFENE emivita 2 h
- KETOPROFENE
- DEXKETOPROFENE
- ACIDO TIAPROFENICO
- NAPROSSENE
- FENOPROFENE
- INDOPROFENE
- FLURBIPROFENE
- OXAPROZINA
- PIRPROFENE
- FURPROFENE
5.
-
DERIVATI INDOL-ACETICI
INDOMETACINA (introdotta nel 1965) emivita di 3 h
SULINDAC
ACEMETACINA
PROGLUMETACINA
ZOMEPIRAC
BENDAZAC
FELBINAC
IBUPROXAM
BUFEXAMAC
6. OXICAMI ( FANS CON GRUPPO CARBOSSILICO MASCHERATO)
Abbiamo la formazione di forme tautomeriche a pH acido, con 1 carica negativa
delocalizzata, paragonabile a 1 COOH (gruppo carbossilico). Perciò essi hanno 1
azione fortemente inibitrice della Cox e 1 emivita più lunga.
- PIROXICAM emivita di 40 h
- TENOXICAM emivita di 72 h
- DROXICAM
- MELOXICAM
- CINNOXICAM
- LORNOXICAM
7. PIRAZOLONI (3,5 PIRAZOLIDIN DIONI)
- 3,5 PIRAZOLIDINDIONE
- ANTIPIRINA
- AMINOPIRINA
459
- FENILBUTAZONE
- OSSIFENBUTAZONE
- NORAMMINOPIRINA (metamizolo-novalgina) solubile in H2O
8. DERIVATI DELL‘ ANILINA
(Sono degli Antipiretici ; bloccano la CICLOSSIGENASI a livello del SNC)
- PARACETAMOLO è uno dei farmaci più utilizzati come analgesico non narcotico
e antipiretico. Ha solo una lieve attività antiinfiammatoria.
 Farmacocinetica
Viene somministrato per os ed ha un buon assorbimento.
È inattivato dal fegato mediante glucuronazione o formazione di solfato. A dosi
terapeutiche l‘emivita del farmaco è di 2 o 3 h, ma con dosi tossiche può arrivare a 48 h.
 Effetti indesiderati.
Ha pochi e poco frequenti effetti indesiderati, che sono perlopiù reazioni allergiche
cutanee. Però la regolare assunzione di paracetamolo per lunghi periodi può
aumentare il rischio di danno renale.
L‘assunzione di dosi tossiche ( 2 o 3 volte la massima dose terapeutica) può causare
una seria, e a volte fatale, epatotossicità. Questa condizione si sviluppa quando gli
enzimi epatici che catalizzano l‘eliminazione del farmaco vengono saturati. In questo
modo il farmaco viene metabolizzato dalle ossidasi ad azione mista. Il metabolita
tossico che ne risulta viene inattivato per coniugazione con il glutatione; quando
questo esaurisce il metabolita tossico si accumula e reagisce con i costituenti
nucleofili della cellula: questo provoca necrosi dell‘epatocita e a volte anche della
cellula renale. I sintomi dell‘avvelenamento acuto sono nausea e vomito, in quanto
l‘epatotossicità si sviluppa 24-48 h più tardi. Il trattamento prevede il lavaggio
gastrico e la somministrazione i carbone attivo.
- ACETANILIDE
- FENACETINA
- LACTOFENINA
9. ALTRI NON SELETTIVI
- ACIDO NIFLUMICO
- NABUMETONE
- BENZIDAMINA
- ACIDO MORNIFLUMICO( Estere beta-morfolin-etilico dell‘ acido niflumico- è 1
profarmaco)
- TOLMETINA
- AMTOLMETINA
B. INIBITORI SELETTIVI DELLA COX 2 (cox indotta)
460
Dal punto di vista chimico cio‘ che li caratterizza è 1 gruppo a Y (NH-SO2; NHCH3) , capace di entrare solo nella cox2: sono poco o x nulla gastro-lesivi. Usati x
osteoartrosi, artrite reumatoide, trattamento del dolore anche cronico. Sono in
sperimentazione come terapia dei tuori del colon-retto, della mammella, della
prostata e x la terapia dell‘asma, dell‘ aterosclerosi e dell‘Alzheimer (?)
- NIMESULIDE
- CELECOXIB
- ROFECOXIB
- VALDECOXIB
C. ALTRI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI
- VIMINOLO è in grado di inibire la percezione degli stimoli algogeni e la loro
elaborazione. Tale azione si esplica sul SNC, a livello subcorticale, ed è
notevolmente specifica. Si pensa abbia 1 azione euforizzante a causa della sua
analogia nella formula di struttura a quella dell‘ ecstasy (metilen-diossi-metaamfetamina o MDMA) e dell‘ efedrina
- NEFOPAM agisce a livello centrale modificando la percezione cosciente del
dolore senza compromettere l‘efficienza intellettuale.
BOX di Approfondimento:
L‘ OSTEOARTROSI
È una malattia articolare cronica caratterizzata da lesioni degenerative e produttive a
carico della cartilagine diartrodale che provocano delle artralgie a lento ma
progressivo sviluppo. La limitazione funzionale iniziale lascia, infatti, posto alla
rigidità articolare ed infine alla deformità.
Per quanto riguarda l‘incidenza l‘Osteoartrosi è la più comune di tutte le patologie
articolari ed inizia in modo asintomatico nel II e nel III decennio, diventando
universalmente diffusa all‘età di 70 anni. In Italia ci sono circa 3.500.000 di pz
sintomatici per l‘OA.
Da un punto di vista classificativo distinguiamo due forme:
1. OSTEOARTROSI PRIMARIA: può essere localizzata o generalizzata. La
forma localizzata prevede l‘interessamento delle articolazioni di:
 Interfalangee distali e prossimali (provocando la formazione dei noduli di
Heberden e di Bouchard)
 La prima articolazione carpo-metacarpale (pollice)
 I tratti cervicale e lombare della colonna vertebrale (cervico-disco-artrosi e
lombo-disco-artrosi)
 La prima articolazione tarso-metatarsale (alluce)
 L‘anca (coxartrosi)
 Il ginocchio
 I dischi intervertebrali (disco-artrosi)
461
 Le apofisi articolari vertebrali della colonna
La forma generalizzata prevede l‘interessamento di almeno tre delle articolazioni
sopra citate.
2. OSTEOARTROSI SECONDARIA: si presenta in seguito a:
 Traumi
 Malattie congenite o malattie dello sviluppo (displasie ossee, diabete)
 Deposito di sali di calcio (condrocalcinosi, cristalli di idrossiapatite, gotta)
 Altre malattie osteoarticolari (osteonecrosi asettica, Paget, ecc).
L‘eziologia dell‘osteoartrosi non è nota ma si suppone che sia d‘origine
multifattoriale.
Da un punto di vista fisiopatologico la cartilagine articolare ha il compito di favorire
il movimento dell‘articolazione riducendone l‘attrito, disperdere stress meccanici. Le
articolazioni normali hanno un coefficiente di frizione così basso, che senza un uso
veramente eccessivo o un trauma, esse non possono logorarsi. La cartilagine ialina
non presenta vascolarizzazione, né innervazione, né vasi linfatici; soltanto il 5% del
suo volume è occupato da cellule. È costituita da condrociti, che sono le cellule della
cartilagine e possono sintetizzare collagene glicosaminoglicani ed enzimi e da una
matrice extracellulare costituita da fibre collagene acqua e proteoglicani. Lo stato di
salute della cartilagine dipende dall‘azione di pompa (compressione-rilasciamento)
esercitata dal peso del corpo e dal movimento: durante lo sforzo il liquido sinoviale
(funzione trofica) si sposta nello spazio articolare e da qui nelle venule; nella fase di
riposo si verifica una riespansione iperidratazione ed assorbimento delle sostanze
nutritive da parte della cartilagine. L‘osteoartrosi si presenta in conseguenza della una
modificazione di questo microambiente che può verificarsi in seguito a due eventi
patogeni:
1. ABNORME STRESS ARTICOLARE:
 FATTORI MECCANICI: malformazioni articolari o malposizioni (coxa valga,
ginocchio valgo, ginocchio varo)
 INSTABILITA‘ ARTICOLARE: iperlassità legamentosa (eccessivo uso,
microtraumi, lussazioni)
 ATTIVITA‘ PROFESSIONALI O SPORTIVE
 TRAUMA CON FRATTURA
 OBESITA‘
2. ALTERAZIONI DELLA STRUTTURA CARTILAGINEA:
 INVECCHIAMENTO: si verifica una perdita d‘elasticità e resistenza alle
sollecitazioni che favorisce l‘azione lesiva d‘altri fattori.
 MALATTIE METABOLICHE: diabete, gotta
 MALATTIE EREDITARIE: emocromatosi, condrocacinosi familiare,
displasie
 MALATTIE ENDOCRINE: acromegalie, ipotiroidismo
462
 INFIAMMAZIONE: artrite reumatoide, artriti sieronegative, artriti da
microcristalli
In seguito ad una o più di queste alterazioni il microambiente articolare si modifica.
Le alterazioni di base sono probabilmente date da una riduzione dei proteoglicani e
della quota idrica che provocano diminuzione della resistenza meccanica 
frammentazione delle fibre collagene  necrosi del condrocita. I condrociti
rispondono al danno replicandosi attivamente (nidi di proliferazione) ed aumentando
la produzione di collagene di tipo II e proteoglicani che possono risultare difettosi.
Inoltre vengono prodotte delle sostanze litiche per la matrice (interleuchine) ed in
seguito ai microtraumi si liberano nell‘ambiente degli antigeni di provenienza
cartilaginea e sinoviale. Il secondo evento è un‗aumentata attività osteoblastica a
livello dell‘osso subcondrale che va incontro a sclerosi. Il terzo evento è la metaplasia
delle cellule sinoviali periferiche, con formazione di osteofiti (costituiti da osso
spugnoso e cartilagine) che circondano la periferia dell‘articolazione nelle zone non
sottoposte a carico. Il quarto evento è la formazione di cisti ossee (pseudocisti o
geodi) nella cavità midollare situata al di sotto dell‘osso subcondrale. Il meccanismo
che porta alla formazione delle cisti è l‘espulsione del liquido sinoviale nel midollo,
attraverso fissurazioni della cartilagine alla quale segue una reazione osteoblastica
attorno al liquido sinoviale. Quando scompare del tutto la cartilagine articolare l‘osso
subcondrale va incontro ad eburneizzazione cioè s‘ispessisce e funge da cartilagine.
Il danno si estende anche dall‘altro versante articolare cioè a livello della membrana
sinoviale dove si rilevano edema e congestione che evolvono in sinovite con
ipertrofia villosa. A differenza dell‘AR non si formano né panno articolare né le
erosioni. Anche la capsula articolare viene danneggiata e va incontro a fenomeni di
ispessimento e fibrosi che provocano deficit di movimento e di drenaggio venoso.
Ciò complica ulteriormente il quadro attraverso anossia, permanenza di sostanze
nocive nell‘articolazione e versamento articolare che provoca dolore.
Riassumendo l‘osteoartrosi è una patologia caratterizzata da due tipologie di lesioni
che si susseguono:
1. LESIONI REGRESSIVE: si ha una perdita di sostanza a carico della superficie
della cartilagine ialina che diviene bucherellata e irregolare, fino alla
formazione ulcere diffuse
2. LESIONI PRODUTTIVE: si verifica una proliferazione di tutti gli elementi
strutturali dell‘articolazione: osso, capsula, tendine, cartilagine e sinovia.
Per quanto riguarda il quadro clinico, l‘esordio è in genere subdolo e graduale con
interessamento di una o alcune articolazioni. Il dolore (sordo) è il sintomo più
precoce, si aggrava con il movimento e viene attenuato dal riposo. Non è presente a
riposo poiché l‘OA non è una malattia infiammatoria (almeno non lo è nella fase
iniziale quando la sinovia non è ancora interessata). E‘ presente rigidità articolare che
è maggiore al risveglio o dopo inattività. È in ogni modo di breve durata (5-10 min.)
e non supera mai i 30 min. (diagnosi differenziale con AR). Con il progredire della
malattia la motilità articolare diminuisce, si verificano contratture muscolari in
flessione e si avvertono crepitii e scrosci dovuti ad irregolarità delle superfici
articolari. Si sviluppa infine una lassità legamentosa che aumenta l‘instabilità
463
dell‘articolazione ed il dolore. La deformità e le sublussazioni sono l‘evento finale
dell‘osteoartrosi e sono la conseguenza di:
 Riduzione di volume della cartilagine
 Collasso dell‘osso subcondrale
 Osteofiti (speroni)
 Atrofia muscolare
 Pseudocisti
La tumefazione articolare è molle se è presente un versamento mentre è dura se è
assente poiché prevalgono gli osteofiti.
In base alla localizzazione dell‘OA avremo:
1. CERVICO-DISCO-ARTROSI: localizzata a livello dell‘apofisi
posteriore delle vertebre cervicali (C5-C6-C7) provoca alterazioni a
livello del disco intervertebrale con schiacciamento del disco stesso e
protrusione del nucleo polposo. Le fibre più esterne del disco vengono
erose e sostituite da tessuto osseo (sindesmofita).Il quadro è dominato da
dolore cervicale che s‘irradia alle spalle o alla nuca. Si verificano due
sindromi distinte:
 Sindromi cervicali basse: dominate da cervico-brachialgie;
 Sindrome di Neri-Barret: caratterizzata da dolore cervicale, dolore lombare,
dolore labirintico, oculare e faringeo. Più che a compromissione del rachide
cervicale sembra dovuta ad un deficit di irrorazione da compressione
dell‘arteria vertebrale.
2. LOMBO-DISCO-ARTROSI: si distinguono due forme:
 ACUTA: è data dalla sindrome del canale lombare che provoca una
compressione della cauda equina con conseguente sintomatologia a carico
degli arti inferiori, dell‘apparato genitourinario.
 CRONICA: è caratterizzata da un dolore lombare basso che s‘irradia al sacro e
alle natiche. La causa è sconosciuta e si verificano episodi di remissione
alternati a riacutizzazioni. È favorita da scoliosi, iperlordosi, coxopatie
croniche, dismetrie degli arti inferiori, sacralizzazione della V vertebra lombare
e microtraumi (martello pneumatico). La diagnosi differenziale va posta con
lombalgie muscolari e psicolgene, pseudolombalgie riflesse (eco rene,
stomaco, pelvi), patologie del rachide (metastasi, mieloma, osteoporosi) e
spondiloartriti.
3. COXARTROSI
4. ARTROSI DELLE MANI
La diagnosi viene effettuata generalmente sulla base dei segni e dei sintomi clinici e
nei pz asintomatici sui reperti radiografici. È utile effettuare un emocromocitometrico per escludere altre cause di artrite (gotta, AR) o per evidenziare patologie
primitive. Lo stesso vale per l‘esame del liquido sinoviale che sarà di natura non
infiammatoria (a volte possono essere presenti microcristalli). Gli indici di flogosi ed
i parametri immunitari sono nella norma. La radiografia rileva:
 Riduzione della rima articolare da perdita di tessuto cartilagineo
464
 Sclerosi subcondrale da ispessimento osseo riparativo
 Osteofitosi marginale da proliferazione ossea e cartilaginea
 Geodi o pseudocisti da microfratture subcondrali con fuoriuscita di liquido
sinoviale
La terapia dell‘Osteoartrosi è multidisciplinare.
La terapia medica prevede un duplice approccio:
 SINTOMATICO: si somministrano FANS e salicilati. Gli steroidi per Os sono
di norma controindicati a meno che non sia presente una flogosi sistemica. Si
preferisce effettuare delle infiltrazioni intrarticolari con cicli di 4-5 mesi
intervallati da un mese di pausa per un periodo massimo di 4-5 anni. Si
somministra inoltre acido ialuronico.
 "DI FONDO": si somministrano dei ―Condroprotettori‖, cioè sostanze capaci
di:
- inibire gli enzimi litici (elastasi, proteasi, jaluronidasi, glucuronidasi, betaacetilglucaminidasi) che degradano la cartilagene articolare, aumentando la
disponibilità del substrato da parte del condrocita
- stimolare la biosintesi dei proteoglicani e quindi i processi riparativi della
cartilagine
- inibire gli immunocomplessi originatisi dal processo flogistico.
Queste sostanze sono il Galatturoglicano solfato(Condral), la Glucosammina
(Dona), Diacereina (Fisiodar), Acido Ialuronico (Hyalgan)
La fisioterapia e la chinesiterapia sono effettuate per prevenire le alterazioni
funzionali o per ridurne la gravità. La fisioterapia comprende:
 TERMOTERAPIA ESOGENA: si avvale dell‘utilizzo di paraffina, infrarossi,
fangoterapia.
 TERMOTERAPIA ENDOGENA: si avvale della radar terapia.
 ELETTROTERAPIA: si avvale di 
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