denominazione di Montefiore.
Dal Belvedere De Carolis, da dove si ammira un
suggestivo panorama, attraverso la porta Aspromonte si entra nel centro storico fino alla Collegiata di Santa Lucia decorata con affreschi del Fontana.
L’edificio in stile neoclassico è stato costruito nel
1878 su una precedente Chiesa detta "Pinnova" del
1600. La chiesa ospita un importante Polittico di
Carlo Crivelli (1470), il coro ligneo del 1600, una
splendida Madonna di Loreto in carta pesta e legno
del 1600.
Da non perdere una visita alla Chiesa di San Francesco, per l’altare della quale era stato commissionato il già menzionato polittico del Crivelli ed in cui
rimase fino alla metà dell’800. Edificio in stile gotico
romanico costruito tra il 1250 ed il 1310, il complesso rappresenta uno dei centri francescani più
antichi ed è costituito da una chiesa e da un chiostro annesso.
Nella chiesa sono conservate opere di notevole
interesse: cicli pittorici del 1300, il monumento
sepolcrale dei signori Partino, il sepolcro dell'artista
montefiorano Adolfo De Carolis ed uno splendido
organo settecentesco. Il polo museale recentemente realizzato negli ambienti conventuali del complesso francescano ospita la "sala Carlo Crivelli", il
"museo Adolfo De Carolis", il "museo Domenico
Cantatore", il "museo della civiltà contadina" e il
"centro di documentazione scenografica Giancarlo
Basili" che ne ha curato le ambientazioni.
Da ricordare infine la Chiesa di San Filippo Neri
che si trova poco fuori dal centro del paese:
edificata sulla base di una piccola chiesa del 1573
(Santa Maria del Monte), venne ristrutturata alla
fine del XVII secolo dalla congregazione dei Filippini
che la dedicarono al loro fondatore. Nella chiesa
sono conservati innumerevoli reliquiari di Santi e
Martiri provenienti dalle catacombe di Roma.
Lasciamo questo ennesimo borgo intriso di
storia, arte e cultura inoltrandoci per la strada provinciale 10 fino a raggiungere Campofilone.
Sviluppatosi nell'alto medioevo intorno all'abazia
benedettina di San Bartolomeo, fu sottoposto a
Fermo dal XII secolo fino al 1342.
La chiesa abbaziale,
ricostruita nel XIX
sec., presenta una pianta a croce greca. Ospita affreschi del Fontana
e decori raffiguranti
santi, ornamenti, tendaggi e marmi dal suo
allievo Nicola Achilli. Nella chiesa di San Patrizio
troviamo altri affreschi del Fontana.
Da visitare il Torrione di Porta Marina, Porta da Sole
e Porta da Bora. Insieme alla via degli Orti, con volta
a botte, sono la testimonianza della storia e della vita
antica di questo borgo.
Una menzione particolare meritano i "maccheroncini
di Campofilone" che derivano da una tradizione antichissima che si perpetua ancor oggi. La famosa
"Sagra dei maccheroncini" che si svolge nel mese di
agosto di ogni anno, è una delle occasioni più
“ghiotte” per i visitatori della nostra terra.
Terminiamo il giro per i
colli della val d’Aso scendendo a Pedaso da cui
eravamo partiti. Anche qui
troviamo un’occasione culinaria da non perdere nella
"Sagra delle cozze e degli
spaghetti alla marinara",
conosciuta a livello nazionale, che si tiene ogni anno
alla metà di agosto.
Con il cuore colmo di tutte le bellezze che
abbiamo incontrato, concludiamo questo viaggio alla
scoperta delle nostre valli. Un percorso adatto a
tutti i “palati”, ricco di storia ed arte, cultura e tradizioni, gastronomia e curiosità di ogni tipo; senza la
pretesa di essere esaustivo nella trattazione, lo scopo è stato quello di infondere il desiderio di scoprire
(o riscoprire) le grandi e preziose risorse che sono
presenti sul nostro territorio e sulle quali abbiamo
potuto soffermare tutti i nostri sensi con sublime
ammirazione.
Francesco Fioretti
Su e giù
per i colli
della
Val d’Aso
-Seconda Parte-
ARCIDIOCESI DI FERMO
UFFICIO PER LA
PASTORALE DEL TEMPO
LIBERO, SPORT E TURISMO
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Direttore: Francesco Fioretti—TEL.335 6630854
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Su e giù per i colli
della Val d’Aso
- seconda parte Da Moregnano
torniamo sui nostri passi
fino a Petritoli e riprendiamo la strada provinciale 56
fino a Monte Vidon
Combatte.
Si narra che il nome del
paese derivi da un fatto
d'arme risalente al medioevo. Ed infatti si ha subito
l’impressione di un impianto urbanistico teso alla difesa armata. Il paese conserva buona parte delle mura
(XIV e XV secolo), dotate di una originale porta a
doppia fornice del sec.XV, che permette l’accesso
all'abitato più antico.
Proseguiamo sulla ss.56
fino ad Ortezzano.
Da lontano vediamo l’imponente
torre a base pentagonale irregolare e merlatura ghibellina (XIV
sec.). Le origini del borgo sono
remote. Sul territorio si sono
rinvenute tracce della presenza
etrusca e picena. Il suo nome ha avuto interpretazioni
contrastanti ed è stato riportato in varie forme: Ortempianum, Ortentianum, Ottazzano. Da Utricinum,
così ricordato da Plinio nella “Naturalis Historia”, può
derivare il significato di “fortezza” ma, forse, ci piace
immaginarlo legato al suo stemma composto da tre
ortensie in cima a tre colli, come il “fiore” della val
d'Aso. D’altra parte, in occasione della festa in onore
di Santa Maria del Soccorso (seconda domenica di
giugno) le vie del centro storico vengono splendidamente decorate dall’infiorata e la cittadina diviene
meta di numerosi visitatori.
L'economia del paese è lagata all'agricoltura e alle attività ad essa connesse. In particolare va sottolineata la
produzione ortofrutticola, la lavorazione di carni sui-
ne, la produzione dell'olio d’oliva e di vini di qualità
(Falerio e Rosso Piceno). A tal proposito mettiamo in
agenda un appuntamento irrinunciabile: la Festa del
Vino e la Rievocazione storica della pigiatura che si
tiene alla metà di settembre come solenne tributo al
vino. In questa occasione gli abitanti, coi vestiti tradizionali, rivivono i momenti della vendemmia e della
pigiatura a piedi nudi come celebrazione di un evento
di massima importanza per la vita contadina.
Sono da visitare la chiesa del Carmine o del Suffragio
(1715 -1725) e la chiesa di Santa Maria del Soccorso
(XV sec.). Quest’ultima conserva un affresco del XV
secolo, una pala d’altare di Vincenzo Pagani (1509) e
un organo del 1747.
Scendiamo dalla collina di Ortezzano verso il
fondo della valle e volgiamo, a ritroso verso la costa,
lungo la strada provinciale 185 che costeggia il corso
del fiume Aso. Giunti all’incrocio con la provinciale 22
svoltiamo a destra i saliamo il versante opposto della
valle fino a Carassai.
Il paese, di circa 1400 abitanti, è situato a 365 mt.
s.l.m. "Castrum Guardiae", come veniva chiamato nel medioevo, era chiamato dai suoi abitanti"Carrascale" e "Carnassale".
Sono oggi distinguibili due nuclei
originari: uno di epoca feudale
(VI-IX sec.) detto Castello Vecchio ed uno di epoca successiva
detto Castello Nuovo, costruito tra il XIII e il XV
secolo per iniziativa di Fermo ed aggregato al borgo
feudale. Il Castello Vecchio è caratterizzato dalla tortuosità dei vicoli ed ha nel campanile rinascimentale
della chiesa di San Lorenzo (1424) il punto di riferimento storico principale. Il Castello Nuovo si denota
per la maggiore ampiezza delle strade e delle case di
origine comunale ed ha nella torretta dell'orologio,
ricostruita di recente, il suo riferimento storico. Dopo una passeggiata tra i resti delle mura fortificate del
XIV e XV secolo, anche dette "camminamenti militari", visitiamo la Collegiata di S. Maria del Buon Gesù, a
tre navate, istituita nel 1788 con la riunificazione delle
Parrocchie di San Lorenzo e di Sant’Eusebio.
La Chiesa venne costruita di dimensioni molto ridotte nel XV secolo. Nel 1853 le fu annesso il Cappellone a forma ottagonale. È in stile rinascimentale con
sovrapposizioni barocche.
Conserva al suo interno importanti opere d’arte di
Vincenzo Pagani e di Andrea Boscoli.
A 4 km da Carassai scoviamo poi una vera gemma
incastonata sulla collina. Il Castello medievale di Rocca Montevarmine costruito nel sec. XIV sui resti
dell’antico maniero del sec. X, conserva mura poderose e un’alta torre con merli ghibellini, munita di
arciere e piombatoi. All'interno si trovano il cortile e
la Chiesa di San Pietro. Il Castello era una grossa
fattoria fortificata ed è l'unica in tutto il Piceno che si
conservi integra. Tra i reperti di particolare valore vi
è stata rinvenuta la "Bombardella manesca" datata
1341, ovvero la prima arma da fuoco “portatile” conosciuta. Nei suoi pressi si trova la Chiesa di Sant'Angelo in Piano del secolo XI.
Torniamo sui nostri passi e dopo aver lasciato Carassai ci dirigiamo verso Montefiore dell’Aso.
Il tipico borgo di stile medievale si presenta oggi ben
conservato con tratti della
cinta muraria originaria dotata di porte e torrioni (sec.
XV e XVI).
Con origini risalenti alla
preistoria e reperti che testimoniano la presenza
romana, l’attuale configurazione urbanistica del centro storico deriva dalla fusione di due “castra” vicini
ma distinti (“Montisfloris” ed “Aspromontem”) e
amministrati da signori appartenenti alle stessa famiglia.
Nella prima metà del XIII secolo i Tebaldeschi concessero la possibilità di costituire un libero Comune,
conservando il potere di farsi eleggere podestà perpetui, e fusero i due castra in un unico centro con la
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