Salute per tutti : Il barattolo delle idee : http://ilbarattolodelleidee.org

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IL BARATTOLO DELLE IDEE
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DICEMBRE 1, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE 1 COMMENT
Salute per tutti
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Di quanto è allungata l’aspettativa
di vita?
A proposito di salute,, il nostro caro Dante iniziava la Divina Commedia con:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita”. Il riferimento più citato come ispirazione
a queste parole è il Convivio (IV 23, 6-10): “lo punto sommo di questo arco
[della vita terrena] ne li più io credo [sia] tra il trentesimo e il quarantesimo anno,
e io credo che ne li perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo
anno”. Una concezione, questa, che si fonda biblicamente su un Salmo XC, 10:
“I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni e per i più forti a ottanta”, e su
Isaia XXXVIII, 10, cui il sommo poeta sembra proprio ispirarsi: “Io dicevo: “A
metà della mia vita me ne vado alle porte degli inferi; sono privato del resto dei
miei anni”.
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Te lo chiederò spesso, che ne dici di mettere un bel like all’articolo �
Possiamo dunque sostenere che l’aspettativa di vita del fiorentino era di circa
70 anni. Oggi la vita media in Italia è di circa 82 anni . A ben guardare quindi il
progresso della medicina ha prodotto un aumento della durata media
dell’esistenza di una decina d’anni. Non è di certo poco, ma sicuramente meno
di quello che ci aspettavamo. Quante volte ci siamo sentiti dire “Un tempo si
moriva a 40 anni”?. Salomone ancora prima della nascita di Cristo ci parlava di
un’età media di 70 anni. Come è possibile dunque questa discrasia?
Salute diritto o privilegio?
Hanno ragione Salomone e Dante oppure l’esperienza dei nostri nonni e
bisnonni? Il mistero si scioglie se si considera la questione del censo. Dante
era un benestante e Salomone un imperatore. Sarebbe allora corretto dire che
uno stile di vita sano conduce ad una vita sufficientemente longeva. Lo stile di
vita è tuttavia una questione di classe. Oggi non siamo per fortuna più a
ragionare in questi termini.
Vi fu però un tempo nel quale mentre in città si moriva di peste, una manciata
di ragazzini si annoiavano in una tenuta fuori città. Come ci racconta lo stesso
Boccaccio questi ragazzini non avevano altro problema che vincere la noia e
per questa ragione cominciarono a raccontarsi storielle. Non è importante che
i fatti raccontati nel Decameron fossero reali ovviamente, quanto il fatto
che potessero essere ritenuti plausibile nell’epoca raccontata dal sommo poeta.
Da questo punto di vista sarebbe più corretto dire che giovò più in termini di
salute pubblica la costruzione di una buona rete fognaria che la scoperta della
penicillina. Ancora più a fondo sarebbe pi corretto dire che giovò di più aver
reso gratuito il vaccino, che la scoperta in se dell’antigene in grado di stimolare
il sistema immunitario. Insomma se si parla di salute, allora è più corretto dire
che il vero progresso non fu tanto quello scientifico, ma quello sociale. Questo
se per progresso sociale si intende una migliore redistribuzione della ricchezza.
La migliore cura è la prevenzione e questa si ottiene in modo efficace solo se
è un programma collettivo. Si ottiene solo se la salute è intesa come un diritto
universale e non come un privilegio di classe.
Se guardiamo la vita media dell’uomo comune nel
medioevo, piuttosto succedeva che tra scarsa
alimentazione, lavori usuranti, malattie, pessima
qualità dell’acqua si arrivava a vivere circa 45 anni.
La salute è un concetto universale
Tra Dante e l’uomo comune c’era uno scarto nella vita media di quasi trentanni
di differenza. La domanda che possiamo legittimamente porci allora è cosa ha
realmente prodotto l’aumento dell’aspettativa media di vita? Cosa ha influito di
più? Il progresso tecnico in senso stretto o piuttosto la socializzazione di quello
stesso progresso? Quello che potremmo definire in analogia progresso
sociale?
“Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il
sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose
sono legate fra loro. Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa per i suoi
figli. Non è l’uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne è
soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso”.
Lettera del capo indiano di Seattle al presidente Usa Franklin
Pierce
In termini di salute pubblica giovò più la scoperta dell’antibiotico e del vaccino
o l’aver reso quell’antibiotico e quel vaccino accessibile a tutti? Vista in questo
modo l’acquisizione principale della medicina contemporanea è stata l’idea di
salute come diritto universale dell’uomo. Già Florence Nightingale, la prima
donna a riflettere sul senso del prendersi cura e considerata perciò la
fondatrice dell’infermieristica moderna, scriveva:
“La salute di un gruppo è la salute di una comunità. Se non si ha la salute del
gruppo non è possibile ottenere quella della comunità. Si dice che la
competizione oppure ognuno per sé e il diavolo contro tutti, sia necessaria,
ma ciò rappresenta un nemico per la salute. L’antidoto è
rappresentato dall’aggregazione; interessi di gruppo, ricreazione,
associazione per procurarsi l’aria migliore, il cibo migliore e tutto ciò che rende
la vita utile, salutare e gioiosa. Per quanto possiamo avere successo il nostro
successo sta nell’aggregazione”.
Il senso di comunità, l’idea che la salute sia solo nella misura in cui è per tutti,
rappresentava per lei una vera e propria medicina. La Nightingale fu anche la
prima a rendersi conto che un ambiente salubre, una corretta igiene e una
buona alimentazione aiutavano il processo di guarigione, intendendo la cura in
modo olistico, ovvero, come presa in carico dell’intera persona.
Le dichiarazioni dell’OMS
La questione della salute si pone allo stato attuale, dunque, come una
questione di omogenea distribuzione dei servizi sanitari e, ancora più in alto,
come una questione di equità sociale. Un ruolo cruciale hanno assunto in
questo senso le ripetute dichiarazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della
Salute), la quale la definisce come: “Stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità”
(Dichiarazione di Alma Alta 1978). L’attività principale dei soggetti volti a
promuovere la salute non è dunque la cura della malattia, ma la prevenzione,
come insieme di misura atte a garantire il pieno sviluppo di una comunità: “per
un intenso sviluppo economico e sociale, che contribuisce ad una miglior
qualità della vita e della pace mondiale” (ibidem).
Il carattere utopico di tale definizione di salute è molto chiaro e condivisibile,
giacché descrive una situazione di completa soddisfazione e felicità che forse
non può mai essere raggiunta; ciò nonostante costituisce un punto di
riferimento verso il quale orientare i propri sforzi politici, economici e culturali
oltre che sanitari. In questa prospettiva, infatti, l’OMS assegna, più che al solo
sistema sanitario, agli Stati e alle loro articolazioni interne l’onere di adempiere
tale risultato.
L’assistenza primaria
Lo Stato, in altre parole la stessa collettività concepita come bene comune,
dovrebbe farsi carico, tramite opportune alleanze solidali, di modificare quei
fattori che influiscono negativamente sulla collettività stessa, promuovendo al
contempo le condizioni che generano invece progresso e sviluppo:
“L’assistenza sanitaria primaria riflette e si sviluppa dalle condizioni
economiche e dalle caratteristiche socioculturali e politiche di un paese e delle
sue comunità; essa si fonda sull’applicazione dei risultati significativi ottenuti
dalla ricerca sociale, biomedica e nei servizi sanitari e sull’esperienza maturata
in sanità pubblica” (ibidem).
La cura non è perciò rivolta solo all’allontanamento dello stato negativo della
malattia, ma è anche azione in positivo che “comprende almeno: l’educazione
sui principali problemi di salute e sui metodi per prevenirli e controllarli; la
promozione di un sistema di approvvigionamento alimentare e di una corretta
alimentazione; un’adeguata disponibilità di acqua sicura e il miglioramento delle
condizioni igieniche fondamentali; l’assistenza sanitaria materna e infantile,
compresa la pianificazione familiare; l’immunizzazione contro le principali
malattie infettive; la prevenzione e il controllo delle malattie endemiche locali;
un appropriato trattamento delle malattie e delle lesioni più comuni; la fornitura
dei farmaci essenziali; coinvolge, oltre al settore sanitario, tutti gli altri settori e
aspetti dello sviluppo nazionale e della comunità che sono collegati” (ibidem).
Salute e stato sociale
Salute è garantire ad ogni individuo le migliori condizioni di vita, in modo da
permettergli una piena realizzazione in quanto animale sociale. Nelle nostre
società moderne ed occidentali la promozione della salute è in una sola
espressione Welfare State (Stato sociale). Questa allora non può essere
preoccupazione della sola medicina e degli istituti atti ad occuparsi di
assistenza sanitaria in senso. Nella Carta di Ottawa del 1986, documento che
prosegue nella direziona già tracciata nel 1978, sempre l’OMS afferma che:
“Quel che più conta è che la promozione della salute richiede un’azione
coordinata da parte di tutti i soggetti coinvolti: i governi, il settore sanitario e gli
altri settori sociali ed economici, le organizzazioni non governative e di
volontariato, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione di massa.
Le persone di ogni ceto sociale sono coinvolte come individui, famiglie e
comunità” (Carta di Ottawa). La promozione della salute è promozione della
politica nel senso greco di polis (popolo), è sviluppo e progresso di un popolo
o meglio del genere umano. Lo stato di benessere in questo senso può essere
rappresentato da una bellissima espressione Africana, Ubuntu, che in lingua
bantu indica “benevolenza verso il prossimo”.
Cos’è Ubuntu?
Ubuntu, che è compassione e ad un tempo rispetto dell’altro, mutua assistenza,
solidarietà reciproca, auto-aiuto è il sentimento che deve legare i membri di una
comunità e che ne permette il pieno sviluppo. Appellandosi all’ubuntu si è soliti
dire Umuntu ngumuntu ngabantu, ovvero “Io sono ciò che sono in virtù di ciò
che tutti siamo”. L’ubuntu esorta dunque a prendere coscienza non solo dei
propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso
l’umanità intera, un desiderio di pace, come ci mostra il racconto che a suo
tempo riportai in questo post.
In questa direzione paiono andare le dichiarazioni emersa a Ottawa: “La
promozione della salute agisce attraverso una concreta ed efficace azione della
comunità nel definire le priorità, assumere le decisioni, pianificare e realizzare
le strategie, che consentano di raggiungere un migliore livello di salute. Al cuore
di tutto ciò vi è il processo che attribuisce un maggior potere alle comunità, vi è
il possesso e il controllo da parte delle comunità stesse dei loro sforzi e dei loro
destini. Lo sviluppo della comunità attinge alle risorse umane e materiali,
esistenti nella comunità stessa, per aumentare l’auto-aiuto e il supporto sociale
e per sviluppare sistemi flessibili, che rafforzino la partecipazione e la direzione
pubblica sui temi della salute” (Ibidem).
La costituzione italiana
La Costituzione italiana recepisce nella maniera più ampia possibile le
indicazioni dell’OMS, per la quale, come già visto, “la salute è un diritto umano
inalienabile, essenziale per lo sviluppo sociale ed economico di qualunque
popolo”. L’art. 32, comma 1, della Costituzione recita infatti:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite
agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.
Definisce quindi la salute come “fondamentale diritto dell’individuo” e come
“interesse della collettività”, delineando due aspetti, quello del diritto e quello
dell’interesse, distinti ma coordinati. Il diritto alla salute si configura, più in
generale, come valore costituzionale supremo in quanto riconducibile
all’integrità psico-fisica della persona. È inoltre prescritto l’obbligo alla
solidarietà rispetto agli indigenti ed il rispetto verso il valore inestinguibile della
persona, a prescindere dalla sua cittadinanza.
La lettera del testo costituzionale con ancora più forza rispetto alle dichiarazioni
dell’OMS specifica che la salute è interesse della collettività, con riferimento
diretto alla persona e non al cittadino. Il diritto alla salute è un attributo naturale
di ogni individuo e da questo punto di vista si configura come specificazione del
suo diritto all’esistenza (e non alla semplice sopravvivenza).
Il codice deontologico dell’infermiere
Il codice deontologico dell’infermiere, che, lo ricordiamo, vincola l’azione
infermieristica a principi etici di ordine generale, infine, recepisce, con assoluta
trasparenza ed impossibilità di equivoci, tanto le dichiarazioni dell’OMS quanto
i dettami della Costituzione appena riassunti. Al primo punto recita infatti:
L’assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla
collettività.
All’art. 4 viene poi ribadita l’intrinseca connessione tra assistenza alla persona
ed equità sociale:
L’infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia,
tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere
e delle condizioni sociali della persona.
È ancora, all’art. 6, infine, si riprende la lettera del mandato costituzionale:
L’infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della
persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con
attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione.
Ogni volta che un diritto viene leso, un sopruso commesso, un individuo violato,
qualcosa si lacera nella complessa trama del tutto e colui che sente questa sua
intrinseca appartenenza al tutto soffre per la lacerazione subita; è impellente in
lui l’urgenza di porvi rimedio, di ripristinare la solidarietà, di ricucire quello
strappo, di ritessere la trama della vita. Posso migliorare la condizione del
singolo solo se miglioro la condizione generale dell’ambiente sociale e naturale
dentro cui è inserito: “La più grande minaccia per la salute è soprattutto la
povertà” (Carta di Ottawa).
Voi che ne pensate? E’ giusto per voi che lo Stato e quindi la collettività
si faccia carico delle cure sanitarie per tutti? Della crescita e dello
sviluppo della comunità? In questo “tutti” sono inclusi anche gli
stranieri? E chi è lo straniero? Non esitate a commentare o a
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FRA LORO COME IL SANGUE CHE UNISCE I MEMBRI DELLA STESSA FAMIGLIA. TUTTE LE COSE SONO
LEGATE FRA LORO. TUTTO CIÒ CHE SI FA PER LA TERRA LO SI FA P, ALMA ALTA, ARTICOLO 32, CODICE
DEONTOLOGICO, COSTITUZIONE, DICHIARAZIONE DI ALMA ALTA 1978, LA CURA, LA REPUBBLICA
TUTELA LA SALUTE COME FONDAMENTALE DIRITTO DELL'INDIVIDUO E INTERESSE DELLA
COLLETTIVITÀ E GARANTISCE CURE GRATUITE AGLI INDIGENTI. NESSUNO PUÒ ESSERE OBBLIGATO A
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