Il farmaco negli allevamenti: veterinario aziendale e normativa

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Contributi pratici
10_ottobre_2006
Il farmaco negli
allevamenti:
veterinario aziendale
e normativa
Piero Barettini
Nei primi mesi dell’anno in corso l’intero settore che regola l’immissione in commercio, la produzione, la distribuzione, l’uso del
farmaco veterinario ha subito apprezzabili modifiche grazie alla
promulgazione del D.Lgs 158/2006 e del D.Lgs 193/2006, rispettivamente attuativi delle direttive 2003/74/CE, concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e della
direttiva 2004/28/CE, recante codice comunitario dei medicinali
veterinari. Il dibattito in sede di commissione parlamentare, per la
formulazione delle suddette normative, non ha avuto la necessaria
pubblicità ed è mancato un ampio coinvolgimento della categoria
dei Veterinari ed in specifico di chi opera nel settore degli animali
da reddito. Tralasciando la difesa degli interessi di categoria è importante sottolineare l’insorgenza di possibili problemi (controversie) durante gli interventi di farmacosorveglianza che possono peggiorare i rapporti tra veterinari liberi professionisti e gli organi ufficiali di controllo compromettendone la collaborazione reciproca,
punto fondamentale per la gestione delle problematiche inerenti la
sanità pubblica veterinaria. Esaminiamo con attenzione alcuni
aspetti negativi ad iniziare dalle procedure da adottare successive
ad un intervento professionale in aziende zootecniche per seguire con le problematiche che sorgono nella gestione delle scorte
negli impianti di allevamento di animali destinati alla produzione
di alimenti. Secondo la normativa il veterinario libero professionista nell’ambito di una visita clinica può somministrare un trattamento farmacologico utilizzando medicinali della propria scorta in attesa che l’allevatore si procuri altre confezioni per il proseguimento della terapia.
Ciò lo obbliga a compiere i seguenti adempimenti:
• scarico dei farmaci provenienti dalla scorta personale;
• compilazione del registro dei trattamenti;
• ricettazione per l’acquisto di prodotti per il proseguimento della cura;
• ulteriore compilazione del registro dei trattamenti.
In base a questi principi il professionista si carica di un discreto e
complesso onere amministrativo che lo espone a possibili errori
ed inoltre gli impedisce di dispensare il farmaco per l’intera durata del trattamento degli animali sottoposti a visita. Venendo ad
interessarci delle scorte di allevamento e della responsabilità del
veterinario che le custodisce meritano attenzione le seguenti considerazioni. Tra gli interrogativi che emergono dalla lettura delle
normative uno riguarda i tempi di registrazione dei farmaci della
scorta; secondo l’art. 83 del D.Lgs 193/06 vengono concessi sette
giorni lavorativi per il carico e scarico delle scorte, mentre l’art. 15
del D.Lgs 158/06 pare richiedere per il registro dei trattamenti l’annotazione all’atto della visita e l’indicazione dell’inizio e della fine
del trattamento da parte dell’allevatore entro le 24 ore dall’esecuzione degli stessi: come si devono relazionare e che valore hanno
tali obblighi (la registrazione differita non apporta alcun beneficio
e non riveste alcuna utilità nell’ottica della gestione semplificata
delle scorte). Un altro dilemma riguarda la impossibilità da parte
dell’allevatore dell’utilizzo di farmaci di facile somministrazione
antecedentemente alla visita clinica previo consenso del veterinario aziendale che si assume la responsabilità basandosi sul rapporto di fiducia che viene ad instaurarsi con l’allevatore.
Prodotti da somministrare attraverso gli alimenti liquidi contenenti
antibatterici e chemioterapici, seppur da tenere costantemente
sotto osservazione per scongiurarne abusi, vengono considerati
dai veterinari indispensabili nelle scorte presenti negli allevamenti
suini ( terapia di attacco in attesa del mangime medicato) mentre
quelli da utilizzare in alimenti solidi devono comunque sottostare
a quanto richiesto dal D.Lgs 90/93 che prevede per la produzione
di mangimi medicati in azienda apposita autorizzazione ministeriale. La registrazione del numero del lotto, assolutamente indispensabile in sede di distribuzione del farmaco per permetterne il rintraccio in caso di necessità, appare superflua in allevamento (non
richiesta dalla direttiva comunitaria di riferimento).
Sia l’interesse sanitario teso al rispetto dei tempi di sospensione e
alla verifica degli stessi che la necessaria ed auspicabile comunicazione di reazioni avverse devono ugualmente fondarsi su reciproco
confronto e si ritengono controproducenti normative di non semplice gestione con risvolti sanzionatori pesanti da applicare anche per
errori formali di scarso interesse sanitario.
La regola del buonsenso è e resta soggettiva, presta il fianco a
numerose critiche e per certi aspetti potrebbe essere interpretata
come omissiva di atti d’ufficio. Nel caso si potessero effettuare
interventi correttivi sarebbe auspicabile il coinvolgimento di un
maggior numero di professionisti e da un attento esame della
direttiva comunitaria che regola il settore dei farmaci e che non
vieta affatto la dispensazione degli stessi da parte del veterinario
per la cura degli animali sottoposti a visita, potrebbe essere finalmente risolta una diatriba che dura ormai da troppi anni.
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