Principi di termodinamica e termochimica – parte prima
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PRINCIPI DI TERMODINAMICA E TERMOCHIMICA – PRIMA PARTE
Il primo principio della termodinamica, l’entalpia e la legge di Hess.
La termodinamica è un ramo della fisica che studia le leggi con cui i corpi scambiano
(cedono o ricevono) energia sottoforma di calore e/o lavoro con l’ambiente che li
circonda, durante una trasformazione.
Gli scambi energetici che avvengono durante una reazione chimica sono oggetto di studio
della termochimica.
Un corpo oggetto di studio della termodinamica viene definito sistema termodinamico.
Un sistema quindi, è la porzione di universo oggetto di studio (vedi anche
l’approfondimento 1 alla fine di questo paragragrafo).
Un sistema si trova in uno stato di equilibrio, se in assenza di interventi esterni, l’insieme
delle proprietà che lo definiscono (ad es: temperatura, pressione, volume, etc.), non cambia.
Se il sistema non è in equilibrio, tende a raggiungerlo spontaneamente, modificando le sue
proprietà e quindi evolvendo. Gli studi termodinamici permettono di stabilire le condizioni
di equilibrio e quindi di prevedere il modo in cui il sistema evolverà per raggiungere
quell’equilibrio.
In altre parole, gli studi termodinamici riguardanti le reazioni chimiche permettono di
studiare e prevedere la loro spontaneità. Diamo una prima definizione di spontaneità di
una reazione, in attesa di approfondire il concetto più avanti nella trattazione.
Una reazione è spontanea se avviene senza alcun intervento esterno.
Trasformazioni come l’espansione delle sostanze gassose, gli scambi di calore, e molte
reazioni chimiche, sono spontanee.
Ad esempio, la reazione di scambio semplice:
Zn (s) + CuSO4 (aq) → Cu (s) + ZnSO4 (aq)
E’ una reazione spontanea.
Se si immerge una barretta di zinco in una soluzione di solfato rameico tipicamente di
colore azzurro, si noterà dopo un po’ la formazione di un precipitato (rame metallico) e
contemporaneamente una decolorazione della soluzione per formazione di solfato di zinco
incolore.
Ma non tutte le reazioni avvengono spontaneamente. Ad esempio la reazione inversa
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Cu (s) + ZnSO4 (aq) → Zn (s) + CuSO4 (aq)
non avviene normalmente.
Anche la reazione:
NaCl (aq) + H2O → H2 (g) + Cl2 (g) + NaOH
Normalmente non avviene, come chiunque può sperimentare, versando un cucchiaio di sale
in acqua: non si osserverà la formazione di bollicine di gas idrogeno e cloro e né tantomeno
la formazione di idrossido di sodio.
Le cose cambiano se si sottopone la soluzione al passaggio di corrente elettrica: in questo
caso la reazione avviene.
A questo punto è importante sottolineare che il concetto di spontaneità è completamente
diverso da quello di velocità di una reazione chimica.
Ci sono infatti reazioni spontanee che avvengono molto velocemente e reazioni altrettanto
spontanee la cui velocità è tanto bassa da darci l’impressione che in realtà non stia
avvenendo nulla, che la reazione non stia avendo luogo.
La velocità di una reazione è oggetto di studio della cinetica chimica. Settore della chimica
che vedremo in dettaglio in una prossima lezione.
IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Qualsiasi corpo formato da una sostanza, gassosa, solida o liquida, contiene una certa
quantità di energia interna indicata con E. Il contenuto di E dipende dalla somma
dell’energia cinetica e potenziale di tutte le molecole che costituiscono il corpo stesso. In
sostanza, dalla velocità media delle particelle (atomi, molecole o ioni) e dalla loro distanza
media. Al livello delle particelle, l’energia cinetica prende il nome di energia termica,
mentre l’energia potenziale viene definita energia chimica. In sostanza, l’energia termica di
un corpo è correlata al movimento di tutte le sue particelle, mentre l’energia chimica è
legata alla posizione reciproca degli atomi all’interno delle molecole o delle molecole l’una
rispetto all’altra, che dipendono a loro volta dal tipo di legami intramolecolari (primari:
ionico, covalente, metallico) e intermolecolari (forze di Van der Waals, legami dipolodipolo, legami ad idrogeno, legami ione-dipolo).
Ripeto: L’energia chimica di un corpo o sistema è l’energia potenziale presente nei legami
chimici che legano le sue particelle.
Si comprende dunque, perché nella trasformazione dei reagenti in prodotti si debba avere
una variazione dell’energia chimica (potenziale) del sistema. Se l’energia chimica del
sistema diminuisce durante la trasformazione, si ha un conseguente aumento dell’energia
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termica o cinetica e se la temperatura del sistema è superiore a quella dell’ambiente vi sarà
un trasferimento di calore verso quest’ultimo: la reazione è esotermica.
Nelle reazioni in cui vi è un aumento di energia chimica o potenziale, a discapito
dell’energia termica o cinetica, si ha quindi, una diminuzione di temperatura del sistema. Se
la temperatura dell’ambiente esterno è più elevata, si avrà trasferimento di calore verso il
sistema: la reazione è endotermica. Innalzando la temperatura del sistema, si favorisce una
reazione endotermica perché l’aumento della velocità media delle particelle favorisce gli
urti efficaci fra di esse, con formazione di una maggiore quantità di prodotto ad elevato
contenuto di energia chimica.
L’energia interna E è una funzione di stato e dipende al livello macroscopico, dalla
temperatura del corpo (T) e dal suo volume (V) che sono due delle tre variabili
termodinamiche (la terza è la pressione P), anch’esse funzioni di stato, poiche descrivono lo
stato del sistema.
Le funzioni di stato sono proprietà o grandezze fisiche che dipendono solo dallo stato fisico
iniziale e finale di un sistema e non dal particolare percorso seguito dal sistema per passare
da uno stato fisico ad un altro. Funzioni di stato sono ad esempio la pressione P, il volume
V, la temperatura T, l’energia interna E, l’entalpia H, l’entropia S e l’energia libera G (vedi
anche approfondimento 2 alla fine del paragrafo). Il calore e il lavoro, sono proprietà del
sistema che dipendono dal tipo di trasformazione che esso subisce e quindi non sono
funzioni di stato, ma funzioni di processo.
Ad esempio, sfregandosi le mani si ottiene un loro aumento di temperatura di circa 5°C. Lo
stesso aumento che si ottiene accostandole ad una fonte di calore (una stufa). La variazione
di temperatura ∆T è uguale nei due tipi di trasformazione e non dipende dal modo in cui si è
realizzata. La temperatura è infatti una funzione di stato. Invece, il calore e il lavoro
scambiati dal sistema nelle due trasformazioni sono evidentemente diversi.
A questo punto è intuibile che durante una reazione chimica, poiché avviene un
cambiamento del sistema, si abbia una variazione di energia interna, che indichiamo con:
∆E = Eprodotti − Ereagenti
Questa variazione è descritta dal primo principio della termodinamica:
La variazione di energia interna di un sistema, durante una trasformazione a
pressione costante (isòbara) è uguale alla somma algebrica del calore e del lavoro
scambiati durante la trasformazione.
In altre parole:
L’energia interna di un sistema isolato è costante
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In breve:
∆E = Q + La
Dove Q è il calore scambiato dal sistema ed La è il lavoro compiuto dall’ambiente sul
sistema. Per convenzione quindi:
Il calore Q assorbito dal sistema, è positivo (Q > 0). E sarà negativo per l’ambiente perché
ceduto da esso.
Il calore Q ceduto dal sistema, è negativo (Q < 0). E sarà positivo per l’ambiente perché
assorbito da esso.
Il lavoro L compiuto dal sistema, è positivo (L > 0). E sarà negativo per l’ambiente perché
subìto da esso.
Il lavoro L subìto dal sistema, è negativo (L < 0). E sarà positivo per l’ambiente perché
compiuto da esso
Come è possibile vedere anche dal seguente schema:
Quindi, Lambiente = − Lsistema
E’ possibile allora, scrivere il primo principio anche nella forma seguente:
∆E = Q − Ls
In cui dal calore Q scambiato dal sistema si sottrae il lavoro (positivo o negativo) del
sistema sull’ambiente.
Facciamo un esempio:
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Consideriamo un gas in un recipiente, libero di espandersi. Esso avrà una energia interna
pari ad Ei. Fornendo il calore Q al gas, la sua energia interna aumenterà diventando Ei + Q.
Ma il gas riscaldato si espanderà compiendo lavoro positivo sull’ambiente e la sua energia
interna sarà allora, Ei + Q − Ls.
Possiamo dunque scrivere che la sua energia interna finale Ef è:
E f = Ei + Q − Ls
Da cui:
Ef − Ei = Q − Ls cioè ∆E = Q − Ls
Le considerazioni appena fatte, non valgono solo per i sistemi fisici come i gas in
espansione, ma hanno validità del tutto generale, anche in termochimica. Per comprenderlo
basta immaginare una reazione chimica in cui si formano delle sostanze gassose, il sistema
compie lavoro positivo sull’ambiente espandendosi (se la reazione avviene a pressione
costante) e variando di conseguenza la propria energia interna.
Appare quindi evidente, come calore e lavoro siano forme di energia in transito. Quello
che si accumula in un sistema, è l’energia interna.
Per analizzare più in dettaglio il primo principio, consideriamo come sistema fisico un gas
perfetto all’interno di un recipiente cilindrico chiuso da un pistone scorrevole a tenuta, come
mostrato in figura:
Il lavoro L è una grandezza fisica uguale al prodotto di una forza per uno spostamento,
quindi
L = F∆x
Essendo una pressione uguale ad una forza diviso una superficie, cioè P = F/S, è possibile
ricavare F dalla formula inversa, cioè F = PS.
Quindi, da L = F∆x, si arriva, sostituendo F con PS a:
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L = PS∆x
Dove, in questo caso, S è la superficie del pistone e ∆x è lo spostamento del pistone
Ma il prodotto della superficie S del pistone per lo spostamento del pistone ∆x (S∆x) è
proprio la variazione del volume del cilindro ∆V (ricordo che il volume di un cilindro si
calcola dal prodotto dell’area di base del cilindro per la sua altezza: V = Ab x h).
Dunque, L = P∆V dove P non è la pressione del gas, ma la pressione che bisogna vincere
(ambientale) per ottenere la variazione di volume ∆V
Dunque, il primo principio della termodinamica può essere riscritto nella forma seguente:
∆E = Q − P∆V
Se la trasformazione avviene a volume costante (isocòra), non viene compiuto lavoro né dal
sistema né sul sistema. Infatti, il lavoro è una grandezza fisica data dal prodotto di una forza
per uno spostamento; a volume costante, lo spostamento (espansione o contrazione) è
uguale a 0 e il primo principio diventa:
∆E = Q
Vale a dire che a volume costante (∆V = 0) la variazione di energia interna è uguale
unicamente al calore scambiato dal sistema (vedi anche l’approfondimento 3).
Ritornando alle trasformazioni a pressione costante, la relazione ∆E = Q − P∆V, può essere
riarrangiata in questo modo:
Qp = ∆E + P∆V
Dove Qp è il calore scambiato dal sistema a pressione costante, che in una reazione chimica
è detto calore di reazione o tonalità termica della reazione.
Lavorando algebricamente sull’ultima relazione abbiamo:
Qp = ∆E + P∆V
Qp = Ef – Ei + P(Vf – Vi)
Qp = Ef – Ei + PVf – PVi
Riarrangiando:
Qp = Ef + PVf – Ei – PVi
Qp = (Ef + PVf) – (Ei + PVi)
Dove f e i stanno ad indicare rispettivamente lo stadio finale e iniziale della trasformazione.
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La somma E + PV viene rappresentata con una funzione termodinamica indicata con H che
prende il nome di entalpia, il cui valore, come si vede, dipende dall’energia interna del
sistema, dalla pressione e dal volume. Anche l’entalpia, come abbiamo già visto, è una
funzione di stato, poiché dipende dalle variabili termodinamiche che descrivono lo stato del
sistema; la sua variazione dipende dallo stato iniziale e finale della trasformazione.
Quindi: H = E + PV
Allora, l’equazione precedente diventa: Qp = Hf − Hi = ∆H
Si può quindi affermare che la variazione di entalpia di un sistema (∆H) è uguale al
calore di reazione Qp scambiato dal sistema durante la reazione a pressione costante.
Se il calore di reazione è assorbito dal sistema allora è ∆H > 0. Se il calore viene ceduto
dal sistema allora è ∆H < 0.
E’ importante notare che pur non essendo possibile misurare l’entalpia di un sistema H, è
invece relativamente facile misurarne la variazione ∆H. Infatti essa è uguale a Qp,
facilmente misurabile mediante un calorimetro e l’uso della formula Q = mc∆T, dove m è
la massa d’acqua presente nel calorimetro, c è il calore specifico dell’acqua e ∆T è la
variazione di temperatura.
In una reazione chimica:
∆H = ΣHprodotti − ΣHreagenti
Durante la formazione di un composto a partire dalle sostanze elementari, il calore
scambiato dal sistema chimico prende il nome di entalpia di formazione.
Quindi:
L’entalpia di formazione di un composto, indicata con il simbolo ∆Hf, è misurata dal
calore di reazione Qp scambiato durante la formazione di una mole di composto a
partire dai suoi elementi.
Poiché da quanto è stato detto in precedenza, l’entalpia dipende dalla temperatura e dalla
pressione, per rendere confrontabili i valori di ∆Hf di diversi composti bisogna considerarli
alle condizioni standard (c.s.), cioè nella forma, molecolare o di aggregato più comune del
composto, alla temperatura di 25°C e alla pressione di 1 atm. Le entalpie molari di
formazione misurate in condizioni standard vengono definite entalpie di formazione
standard e sono indicate con il simbolo ∆H°f
Facciamo qualche esempio:
½ H2(g) + ½ Cl2(g) → HCl(g)
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∆H°f = −92,3 (kJ mol−1)
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H2(g) + ½ O2(g) → H2O(g)
∆H°f = −242 (kJ mol−1)
H2(g) + ½ O2(g) → H2O(l)
∆H°f = −286 (kJ mol−1)
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Le equazioni appena descritte, accompagnate dai valori delle entalpie standard di
formazione prendono il nome di equazioni termochimiche.
Innanzitutto bisogna sottolineare che i ∆H°f delle sostanze elementari di partenza sono
considerati di valore 0. Inoltre, le equazioni chimiche a cui si riferiscomo le entalpie
standard di formazione, possono, come si vede, anche avere coefficienti frazionari perché i
valori delle entalpie di formazione si riferiscono sempre alla formazione di una singola
mole di composto
Notate che queste sono tutte reazioni in cui viene ceduta energia dal sistema (∆H°f < 0).
Inoltre, è importante notare come per la reazione di formazione dell’acqua a partire dalle
sostanze elementari, la variazione dell’entalpia di formazione (dunque la perdita di energia)
è maggiore per la formazione di acqua allo stato liquido, rispetto alla formazione di acqua
allo stato di vapore. Infatti, il contenuto di energia interna dell’acqua liquida è inferiore a
quello del vapore acqueo.
E’ dunque importante, nel definire le entalpie di reazione standard ∆H° in generale,
rendere esplicito lo stato di aggregazione dei reagenti e dei prodotti.
Una reazione viene detta esotermica, quando avviene con liberazione di calore. Le reazioni
esotermiche hanno quindi ∆H° < 0
Una reazione che avviene con assorbimento di calore dall’ambiente, e quindi con ∆H° > 0, è
invece endotermica.
Le reazioni di combustione sono reazioni esotermiche. Queste sono reazioni redox in cui
una sostanza detta combustibile si ossida ad opera di un comburente (in genere l’ossigeno)
che si riduce.
Un esempio di reazione esotermica è la seguente:
CaO(s) + H2O → Ca(OH)2 + calore
Ponendo dell’ossido di calcio in polvere (calce viva), in acqua, si ottiene idrossido di calcio
(calce spenta), con emissione di calore da parte del sistema.
Un altro esempio molto importante di reazione esotermica è la respirazione cellulare. La
fotosintesi è invece una reazione endotermica. Le reazioni endotermiche sono meno
frequenti di quelle esotermiche.
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Un esempio di reazione endotermica è la seguente:
Ba(OH)2 * 8H2O(s) + 2NH4Cl(s) → BaCl2 * 2H2O(s) + 2NH3(g) + 8H2O − calore
Facendo reagire idrossido di bario ottoidrato (cioè cristallizzato con 8 molecole d’acqua per
molecola di idrossido di bario) solido, con cloruro di ammonio anch’esso solido, si forma
cloruro di bario biidrato solido, ammoniaca e acqua. La reazione sottrae calore all’ambiente.
Osservando le variazioni di entalpia di diverse reazioni chimiche e delle loro reazioni
inverse si può notare che la variazione di entalpia di una reazione ha valore opposto alla
variazione di entalpia della reazione inversa. Cioè:
∆H(A →B) = − ∆H(B → A)
Ad esempio:
H2(g) + ½ O2(g) → H2O(g)
∆H°f = −242 (kJ mol−1)
H2O(g) → H2(g) + ½ O2(g)
∆H°f = 242 (kJ mol−1)
Le reazioni esotermiche ed endotermiche sono descritte dai cosiddetti diagrammi entalpici
in cui viene riportata la variazione di entalpia che accompagna la trasformazione chimica:
Si noti che nei diagrammi entalpici non sono riportati sull’asse delle ordinate, i valori
dell’entalpia di reagenti e prodotti che non sono calcolabili, ma solo l’entità della loro
variazione, calcolabile tramite Qp.
LA LEGGE DI HESS
Da tutto ciò che abbiamo detto, dovrebbe risultare chiaro che l’entalpia essendo una
funzione di stato, non dipende dagli stati intermedi di una reazione. Di conseguenza:
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La variazione di entalpia di una reazione è uguale alla somma algebrica delle
variazioni di entalpia che si hanno nei singoli stadi intermedi (reali o ideali) in cui la
reazione si può scomporre, indipendentemente da quale sia il cammino reale della
reazione. Indipendentemente cioè, se si verifichino o meno reazioni intermedie durante la
trasformazione presa in esame.
Questa affermazione va sotto il nome di legge di Hess.
Consideriamo ad esempio la seguente reazione:
C(s) + O2(g) → CO2(g) + 393,69 kJ
∆H°f (1) = −393,69 kJ mol−1
Questa reazione, può essere scomposta idealmente nella somma delle due reazioni seguenti:
C(s) + ½ O2(g) → CO(g) + 110,55 kJ
CO(g) + ½ O2(g) → CO2(g) + 283,14 kJ
∆H°f (2) = −110,55 kJ mol−1
∆H° (3) = −283,14 kJ mol−1
Poichè la prima reazione è data dalla somma delle due reazioni successive, anche la sua
variazione di entalpia ∆H°f (1), per la legge di Hess deve essere uguale alla somma delle
variazioni di entalpia delle due reazioni considerate come stadi intermedi:
∆H°f (1) = ∆H°f (2) + ∆H°(3)
Infatti:
−393,69 kJ*mol−1 = −110,55 kJ mol−1 + (−283,14 kJ mol−1)
Questa relazione risulta ancora più semplice se si costruisce il suo diagramma entalpico:
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La legge di Hess, è molto utile in termochimica perché ci permette di determinare
teoricamente la variazione di entalpia e quindi la tonalità termica delle reazioni in cui queste
grandezze sono difficili o impossibili da misurare, per ragioni tecniche.
Un utile enunciato ancora più generale della legge di Hess è il seguente:
Il ∆H di una qualsiasi reazione chimica si ottiene sottraendo alla somma dei ∆H°f dei
prodotti, la somma dei ∆H°f dei reagenti ciascuno moltiplicato per il proprio
coefficiente stechiometrico.
∆H = Σ∆H°f (prodotti) − Σ∆H°f (reagenti)
Ad esempio, vogliamo calcolare la variazione di entalpia della seguente reazione:
Cl2(g) + 2HBr(g) → 2HCl(g) + Br2(l)
Cercando in una tabella dei valori dei ∆H°f , si trovano i valori relativi a tutti i composti
presenti nella reazione, tenendo presente come già detto, che i ∆H°f delle sostanze
elementari sono uguali a 0. Avremo quindi,
∆H°f (HBr(g)) = −36,4 kJ mol1
∆H°f (HCl(g)) = −92,3 kJ mol1
∆H°f (Cl2(g)) = 0 kJ mol1
∆H°f (Br2(l)) = 0 kJ mol1
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Applicando il secondo enunciato della legge di Hess abbiamo:
∆H = [2(−92,3 kJ mol1) + 0] – [2 (−36,4 kJ mol1) + 0] =
= −184,6 kJ mol1 + 72,8 kJ mol1 = −111,8 kJ
E’ in pratica una reazione esotermica.
Approfondimento 1
Un sistema chimico è una porzione di universo in cui ha luogo una trasformazione chimica. Tutto ciò che
non è sistema si definisce ambiente, ambiente esterno o intorno.
Vi sono tre tipi di sistema:
Sistema aperto. E’ un sistema che scambia energia e materia con l’ambiente esterno. Esempio: una tazza di
thè caldo. Il thè si raffredda cedendo calore all’ambiente e cede materia sottoforma di vapor d’acqua.
Sistema chiuso. E’ un sistema che scambia energia con l’ambiente, ma non materia. Esempio: del thè caldo
in una bottiglia tappata. Il thè si raffredda cedendo calore all’ambiente attraverso le pareti della bottiglia, ma
non è in grado di cedere (o assorbire) materia dall’esterno.
Sistema isolato. E’ un sistema che non scambia energia né materia con l’ambiente esterno. Esempio: del thè
caldo chiuso in un thermos. A grandi linee si può dire che non può cedere (né assorbire) calore o materia
dall’ambiente.
Approfondimento 2
Per un gas perfetto lo stato fisico è rappresentato nel modo più semplice dalla equazione di stato:
PV = nRT
Dove P è la pressione esercitata dal gas, V è il suo volume, n è il numero di moli delle particelle di gas, R è
la costante universale dei gas (8,2 x 10-2 atm L mol-1 K-1) e T è la temperatura assoluta a cui si trova il gas.
E’ facile dimostrare che PV altro non è che l’energia scambiata da un gas durante una trasformazione.
Infatti:
P = F/a2 (la pressione è data da una forza fratto una superficie), e V = a3. Quindi
PV = (F/a2) a3 = Fa (cioè una forza per uno spostamento) = L
Dove L è il lavoro compiuto dal o sul sistema, quindi energia scambiata.
Approfondimento 3
Oltre alle trasformazioni isobare (che avvengono a pressione costante) e isocòre (che avvengono a volume
costante) già viste, esistono anche le trasformazioni adiabatiche che avvengono in un sistema termicamente
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isolato. In questo tipo di trasformazioni, non può avvenire alcuno scambio di calore fra sistema e ambiente.
Quindi Q = 0 e l’equazione del primo principio diventa:
∆E = − Ls
In pratica, in una trasformazione adiabatica, la variazione di energia interna del sistema dipende solo dal
lavoro positivo o negativo svolto dal sistema.
Per i gas perfetti (cioè i gas per i quali vale l’equazione di stato PV = nRT), si parla anche di trasformazioni
isoterme. Sono in sostanza trasformazioni che avvengono a temperatura costante, quindi senza variazione di
energia interna del sistema, che in un gas perfetto è data dalla somma delle energie cinetiche di tutte le
particelle che compongono il gas. Quindi, ∆E = 0 e di conseguenza Q – Ls = 0 e quindi Q = Ls. In pratica,
in una trasformazione isoterma, l’energia interna rimane costante e un qualsiasi scambio di calore si traduce
in lavoro.
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