biodegradazione di composti fenolici presenti

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BIODEGRADAZIONE DI COMPOSTI FENOLICI PRESENTI
NELLE ACQUE DI SCARICO INDUSTRIALI
MEDIANTE COLTURE BATTERICHE MISTE
ALESSANDRO ORSINI
DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
XVIII° CICLO
Biodegradazione di composti fenolici
presenti nelle acque di scarico industriali
mediante colture batteriche miste
Alessandro Orsini
Tutor:
Prof. Giampaolo Mura
Prof. Antonio Lallai
DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA INDUSTRIALE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
XVIII° CICLO
Indice
Cap. 1
Composti fenolici nelle acque di scarico delle industrie
agro-alimentari
1.1 Generalità e classificazione dei composti fenolici
1
1.2 Distribuzione dei composti fenolici
3
1.3 Proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici
3
1.4 Fenoli nei reflui dell’industria agro-alimentare
4
1.5 Aspetti normativi
6
1.6 Rimozione dei composti fenolici dalle acque
7
1.6.1 Trattamenti chimici
8
1.6.2 Trattamenti fotocatalitici
8
1.6.3 Trattamenti elettrochimici
9
1.6.4 Adsorbimento
9
1.6.5 Trattamenti biologici
9
1.7 Composti fenolici utilizzati nel presente studio
Cap. 2
Cap.3
1
11
1.7.1 Catecolo
11
1.7.2 Acido protocatecuico
12
1.7.3 Acido p-idrossibenzoico
12
1.7.4 Acido vanillico
Microbiologia e processi biologici. Cinetica di crescita
batterica
2.1 Generalità sui processi biologici
13
14
2.2 Struttura dei microrganismi
15
2.3 Metabolismo dei batteri
16
2.4 Adattamento microbico
18
2.5 Schemi di biodegradazione
19
2.6 Crescita microbica
19
2.7 Cinetica di crescita microbica
21
2.8 Fattori che influenzano la crescita batterica
22
Apparati sperimentali
3.1 Microrganismi utilizzati per le prove aerobiche ed
anaerobiche
3.1.1 Modalità di sviluppo delle miscele microbiche in
ambiente aerobico
3.2 Medium di crescita
24
24
14
24
27
I
3.2.1 Medium di crescita aerobico
Cap. 4
Cap. 5
Cap. 6
27
3.2.2 Medium di crescita anaerobico
3.3 Reattori per la crescita microbica in condizioni
aerobiche
3.4 Reattori per la crescita microbica in condizioni
anaerobiche
3.5 Misure di crescita microbica
28
28
3.6 Procedura di reidratazione microbica
36
3.7 Procedura di acclimatazione microbica
36
3.8 Metodiche analitiche
37
3.8.1 Determinazione della concentrazione del glucosio
3.8.2 Determinazione della concentrazione dei
composti fenolici
3.8.3 Determinazione della concentrazione del carbonio
organico totale (TOC)
Degradazione microbica aerobica dei singoli composti
fenolici: analisi della cinetica di crescita
4.1 Introduzione
37
42
4.2 Analisi cinetica della crescita su acido protocatecuico
42
4.3 Analisi cinetica della crescita su catecolo
45
4.4 Analisi cinetica della crescita su acido p-idrossibenzoico
48
4.5 Analisi cinetica della crescita su acido vanillico
51
4.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
Degradazione microbica aerobica dei singoli composti
fenolici: analisi del consumo dei substrati
5.1 Introduzione
54
57
57
5.2 Crescita su catecolo. Consumo del substrato
57
5.3 Crescita su acido protocatecuico. Consumo del substrato
5.4 Crescita su acido p-idrossibenzoico. Consumo del
substrato
5.5 Crescita su acido vanillico. Consumo del substrato
60
63
5.6 Modelli cinetici di consumo dei composti fenolici
5.6.1 Modello cinetico di consumo dell’acido
protocatecuico
5.6.2 Modello cinetico del consumo del catecolo
69
5.7 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
Crescita microbica aerobica su miscele di substrati
organici
6.1 Introduzione
31
32
38
40
42
66
69
72
73
75
75
II
6.2 Crescita su composto fenolico e glucosio
6.2.1 Crescita su acido protocatecuico e glucosio
76
6.2.2 Crescita su catecolo e glucosio
79
6.2.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio
82
6.2.4 Crescita su acido vanillico e glucosio
83
6.3 Crescita su miscele di composti fenolici
Cap. 7
Cap. 8
Cap. 9
76
84
6.3.1 Crescita su acido protocatecuico e catecolo
84
6.3.2 Crescita su acido protocatecuico e acido vanillico
87
6.3.3 Crescita su catecolo e acido vanillico
89
6.4 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
Influenza del substrato utilizzato per l’acclimatazione
dei microrganismi aerobici
7.1 Introduzione
90
92
7.2 Prove di crescita con microrganismi non acclimatati
7.3 Crescita microbica con microrganismi acclimatati a
catecolo
7.3.1 Generalità
93
98
7.3.2 Procedura di acclimatazione a catecolo
7.3.3 Prove di crescita con microrganismi acclimatati a
catecolo
7.3.4 Confronto dei risultati ottenuti batteri acclimatati
differentemente
Crescita microbica aerobica ad elevate concentrazioni
dei substrati organici
8.1 Introduzione
8.2 Crescita su acido protocatecuico e glucosio ad elevate
concentrazioni
8.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio ad
elevate concentrazioni
8.4 Crescita su acido vanillico e glucosio ad elevate
concentrazioni
8.5 Discussione e conclusioni
Degradazione microbica anaerobica dei singoli composti
fenolici: analisi della cinetica di crescita e del consumo
dei substrati
9.1 Introduzione
92
98
100
102
106
112
112
113
117
119
120
123
123
9.2 Crescita microbica su catecolo
123
9.3 Crescita microbica su acido protocatecuico
128
9.4 Crescita microbica su acido p-idrossibenzoico
131
III
Cap. 10
Cap. 11
Cap. 12
Cap. 13
9.5 Crescita microbica su acido vanillico
135
9.6 Discussione e riepilogo dei risultati
Crescita anaerobica su miscele di substrati organici e
influenza del substrato di acclimatazione
10.1 Introduzione
10.2 Crescita microbica su acido vanillico e acido pidrossibenzoico
10.3 Crescita microbica su acido vanillico e glucosio
136
138
138
10.4 Influenza del substrato usato per l’acclimatazione
142
10.5 Conclusioni sulle prove anaerobiche effettuate
143
Trattamento combinato anaerobico-aerobico
145
11.1 Introduzione
145
11.2 Trattamento combinato: prove in reattori anaerobici
145
11.3 Trattamento combinato: prove in reattori aerobici
149
11.4 Discussione e conclusioni
153
Crescita microbica su acque di vegetazione reali
156
12.1 Introduzione
156
12.2 Caratteristiche delle acque di vegetazione utilizzate
156
12.3 Prove di crescita sulle AV
Considerazioni sul funzionamento di un reattore
biologico aerobico per la degradazione dei composti
fenolici
13.1 Dimensionamento del reattore e condizione di washout
Conclusioni
158
161
Bibliografia
168
138
140
161
166
IV
Introduzione
I composti fenolici sono sostanze organiche frequentemente presenti nei
tessuti vegetali ed in particolare nelle foglie, nei fiori, nelle radici e nei frutti della
piante. Per questo motivo una elevata frazione di questi composti si ritrova nei
reflui delle industrie agro-alimentari (olearie, vinicole, ecc.). La loro presenza in
tali reflui pone alcune difficoltà per il trattamento biologico di tali acque di
scarico per il loro effetto tossico e antimicrobico che può portare ad un
abbassamento dell’efficienza di degradazione del sistema biologico e alla
possibilità che tali composti possano passare indenni attraverso il trattamento,
generando nei processi di depurazione successivi composti organici (clorofenoli)
più tossici di quelli di partenza. Molti studi sono stati sviluppati al fine di
descrivere la possibilità di degradazione di tali composti per via biologica: la
maggior parte di questi si riferiscono a colture batteriche pure, mentre meno
diffusi sono i lavori che impiegano colture batteriche miste.
In questo lavoro sono riportati i risultati ottenuti dalla sperimentazione
effettuata riguardante la degradazione microbica aerobica ed anaerobica di alcuni
composti fenolici tramite colture batteriche miste, analoghe a quelle normalmente
utilizzate negli impianti di depurazione a fanghi attivi per il trattamento dei reflui
di origine domestica. In particolare sono stati presi in considerazione quattro
sostanze, il catecolo, l’acido protocatecuico, l’acido p-idrossibenzoico e l’acido
vanillico, aventi caratteristiche chimico-fisiche e tossicità differenti ed è stata
studiata la loro degradabilità da parte di colture microbiche miste aerobiche ed
anaerobiche. Le prove sperimentali sono state condotte in reattori batch.
Dopo un’introduzione relativa alle caratteristiche dei composti fenolici
presenti nei reflui dell’industria agro-alimentare e delle dinamiche di sviluppo
microbico, vengono illustrati gli apparati sperimentali utilizzati per i test di
crescita microbica.
Successivamente sono presentati i risultati ottenuti della prove effettuate sia
in condizioni aerobiche che in condizioni anaerobiche nelle quali i microrganismi
sono stati inoculati in soluzioni sintetiche contenenti i singoli composti fenolici o
miscele di substrati organici (composto fenolico-composto fenolico o composto
fenolico-glucosio), e per le quali sono state individuate le cinetiche di crescita e le
modalità di consumo dei substrati organici presenti. Sono stati poi descritti gli
effetti dovuti ai differenti substrati utilizzati (glucosio e catecolo) per
l’acclimatazione dei microrganismi. Ulteriori prove sperimentali sono state
realizzate su processi combinati anaerobici-aerobici, con microrganismi aerobici
in crescita su soluzioni sintetiche residue ottenute da prove di degradazione
anaerobica.
Dopo aver presentato, descritto e commentato i dati ottenuti con la
degradazione di substrati organici presenti in scarichi sintetici, sono stati riportati
V
i risultati conseguiti utilizzando come alimento per la coltura microbica aerobica
un’acqua di vegetazione reale.
Infine, utilizzando alcuni dei dati di cinetica microbica ottenuti con la
sperimentazione di laboratorio, sono state fatte delle considerazioni sul
dimensionamento e sulla gestione dei reattori biologici per il trattamento di acque
di scarico contenenti composti fenolici.
VI
Capitolo 1
Composti fenolici nelle acque di
scarico delle industrie agro-alimentari
1.1 Generalità e classificazione dei composti fenolici
I composti fenolici costituiscono una delle principali classi di metaboliti
secondari, molto eterogenea al suo interno, i cui costituenti sono tutti accomunati
dalla presenza di un anello aromatico con uno o più sostituenti ossidrilici.
Sebbene un cospicuo numero di sostanze fenoliche è stato trovato negli organismi
animali, la presenza di una frazione fenolica è una caratteristica peculiare dei
tessuti vegetali. I fenoli sono particolarmente importanti nei prodotti ortofrutticoli
in cui hanno un ruolo preminente nel determinare colore e sapore. In particolare
si associa agli acidi fenolici il sapore acidulo, ai tannini (alcoli aromatici con pesi
molecolari compresi tra 500 e 3000) l’astringenza, mentre il sapore amaro è
spesso associato ad alcuni flavonoidi (composti con 15 atomi di carbonio) quali
naringenina e neoesperidina; il colore, infine, viene determinato dalla presenza
degli antociani e dalle loro caratteristiche reazioni di copigmentazione. Il
contenuto fenolico nei tessuti vegetali varia in funzione della specie, della varietà,
dell’organo considerato, dello stadio fisiologico e delle condizioni
pedoclimatiche (Lattanzio e Ruggiero, 2003).
La tab. 1.1 riporta le principali classi di composti fenolici presenti nelle
piante.
I fenoli semplici (C6), come ad esempio cresolo, guaiacolo e floroglucinolo,
non si trovano frequentemente nei tessuti vegetali; il più diffuso sembra essere
l’idrochinone, identificato in molte famiglie. Il catecolo lo si può trovare, invece,
come unità strutturale delle catecol-melanine, e la sua presenza nei semi di
girasole o di cocomero può farsi risalire a processi degradativi di questi pigmenti
scuri.
Tra i composti aventi come scheletro base C6-C1 ricordiamo la salicialdeide,
la p-idrossibenzaldeide e l’aldeide protocatecuica, tutti composti che si trovano
come componenti di vari oli essenziali. L’aldeide più diffusa resta certamente la
vanillina (4-idrossi-3-metossibenzaldeide) estratta da bacelli di Vanilla planifolia
precursore dell’acido vanillico. Gli acidi fenolici, in particolare gli acidi
salicilico, p-idrossibenzoico, protocatecuico, vanillico sono universalmente
distribuiti nelle piante soprattutto in forma di esteri oglicosidi, ma molto spesso in
forma legata come costituenti della frazione alcol-insolubile dei tessuti vegetali,
dove sono in parte legati alla lignina tramite legami esteri.
1
Tab. 1.1 – Principali classi di composti fenolici nelle piante
Nr. atomi
di carbonio
Scheletro base
6
C6
7
C6C1
8
C6C2
9
C6C3
10
C6C4
13
C6C1 C6
14
C6C2 C6
15
C6C3 C6
18
(C6C3)2
30
(C6C3C6)2
(C6C3)n
(C6)n
(C6C3 C6)n
n
Classe
Fenoli semplici
Benzochinoni
Acidi fenolici
Acetofenoni
Acidi fenilacetici
Acidi idrossicinnamici
Fenilpropeni
Cumarine
Isocumarine
Cromoni
Naftochinoni
Xantoni
Stilbeni
Antrachinoni
Flavonoidi
Isoflavonoidi
Lignani
Neolignani
Biflavonoidi
Lignine
Catecol-melanine
Tannini condensati
Vanno infine ricordate le quattro principali classi di polimeri fenolici naturali:
melanine, lignine, tannini e suberina. In particolare la lignina si trova come
costituente integrale della parete cellulare di tutte le piante vascolari, incluse le
specie erbacee, associata alla matrice cellulosica tramite legami a idrogeno o
legami covalenti.
Questa grande varietà di strutture fenoliche riflette un’altrettanto grande
diversificazione delle loro funzioni. I composti fenolici possono avere la funzione
di pigmenti fiorali a basso peso molecolare, di antibiotici, di schermo nei
confronti delle radiazioni UV, di repellenti per gli insetti e di segnali nelle
interazioni pianta-microrganismi. Possono inoltre fungere da complessi
costituenti polimerici di strutture superficiali e di supporto: è il caso, ad esempio,
della lignina, della suberina e di altri costituenti (come l’acido ferulico,
sottoforma di ponti diferulolici) presenti nella parete cellulare. Infine, la grande
varietà di struttura e di funzioni dei composti fenolici viene riflessa anche nella
variabilità del loro modello temporale e spaziale a livello di pianta intera o
singolo organo.
2
1.2 Distribuzione dei composti fenolici
I composti fenolici si accumulano in genere, in tutti gli organi della pianta
(radici, steli, foglie, fiori e frutti): tale accumulo si realizza in maniera specifica
nei vari tessuti secondo i vari generi di pianta, con un maggiore accumulo dei
fenoli negli strati epidermici e subepidermici dei vari tessuti. In generale, si può
affermare che, ad eccezione della lignina, i composti i fenolici si accumulano
preferenzialmente negli organi aerei della pianta piuttosto che nelle radici. Questa
localizzazione preferenziale viene messa in relazione con l’effetto induttore della
luce sul metabolismo fenolico, nonché con il ruolo protettivo esercitato dai
composti fenolici. Infine, per quanto concerne la lignina, si può affermare che
questo polimero si accumula soprattutto nei tessuti conduttori o di sostegno alla
pianta, anche se non in maniera esclusiva in quanto, potenzialmente, tutte le
cellule vegetali sono in grado di produrre lignina in risposta a situazioni di stress
biotico od abiotico.
A livello subcellulare i due principali siti di accumulo dei composti fenolici
sono la parete cellulare, dove viene depositata la lignina, ed il vacuolo, dove
vengono immagazzinate diverse classi di sostanze fenoliche. Questa
segregazione, oltre che una strategia di detossificazione dei composti fenolici, ha
anche un significato funzionale nella più generale strategia di adattamento della
pianta all’ambiente esterno.
1.3 Proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici
La presenza del gruppo ossidrilico nei fenoli influisce notevolmente sulle
proprietà chimico-fisiche dei composti fenolici, in quanto aumenta il carattere
idrofilico della molecola e le conferisce una natura acida. Una soluzione acquosa
di un composto fenolico, infatti, presenta una debole acidità che porta alla
dissociazione in fenossione ed H+.
La presenza dei gruppi ossidrilici, inoltre, aumenta la reattività della molecola
in quanto questi gruppi possono formare legami idrogeno intramolecolari o con
altre molecole quali proteine ed alcaloidi.
Una proprietà fisica molto importante è l’intenso assorbimento che i composti
fenolici presentano nella regione UV e visibile dello spettro elettromagnetico: tale
assorbanza è notevolmente influenzata dalla distribuzione dei gruppi ossidrilici
sull’anello aromatico.
Dal punto di vista biologico le reazioni tra composti fenolici e le proteine
sono quelle più importanti, in quanto coinvolte nei processi di purificazione e
estrazione delle proteine, nell’inibizione od attivazione degli enzimi, nel
disaccoppiamento della fosforillazione ossidativa, nei meccanismi di resistenza
dei tessuti vegetali agli attacchi microbici, nel metabolismo post-raccolta dei
prodotti ortofrutticoli.
3
1.4 Fenoli nei reflui dell’industria agro-alimentare
La presenza dei composti fenolici nelle piante e in particolar modo in steli,
fiori e frutti implica che in alcuni reflui dell’industria agro-alimentare sia presente
una componente fenolica rilevante. Una frazione fenolica significativa, ad
esempio, si può trovare negli scarti di lavorazione dell’industria olearia e di
quella vinicola.
Un altro esempio può essere quello dei reflui provenienti dagli stabilimenti
per la lavorazione dei carciofi: infatti nel corso delle lavorazioni che riguardano
la produzione e messa in vendita del carciofo, che può essere commercializzato
come fresco, congelato, sott’olio e sott’aceto, viene prodotta una grande quantità
di scarti e residui solidi (brattee, foglie e gambi) che può giungere fino al 60% del
peso del vegetale raccolto (Llorach et al., 2002). In un impianto dove vengono
effettuate questo genere di lavorazioni, si possono avere elevate quantità di reflui
liquidi prodotti dall’impianto ed in particolare derivanti dalle acque di
raffreddamento degli impianti, dalle acque di lavaggio dei locali e degli impianti,
dalle acque di cottura, dai liquidi di governo e dalle acque di scottatura. I reflui in
particolare provenienti da quest’ultimo trattamento possono contenere un elevato
tenore in termini di carico organico (Sanchez-Rabaneda et al., 2003) ed in
particolare una discreta presenza di composti fenolici tossici o comunque di
difficile degradazione.
In uno studio recentemente effettuato, è stato stimato che un refluo
proveniente esclusivamente dall’operazione di cottura dei carciofi (Ferraro D.,
2005) conteneva un COD variabile tra i 13 e i 15 g/l e un contenuto in polifenoli
pari a 1÷1,1 g/l.
Ma i reflui dell’industria agro-alimentare che più frequentemente sono presi
in esame a causa del loro carico organico per la presenza di elevate quantità di
composti fenolici, sono le acque di vegetazione (AV) provenienti dalla
lavorazione delle olive per la produzione dell’olio.
Le AV sono costituite in prevalenza da sostanza organica di origine vegetale
non fermentata (zuccheri, acidi grassi, polialcoli) e da elementi minerali (potassio
e fosforo): per questi motivi, senza aggiunta di altri prodotti, possono essere
considerate ammendanti (Catalano et al., 1989). Sono inoltre considerate refluo a
tasso inquinante fra i più elevati nell’industria agro-alimentare, oltre che per
l’elevato carico organico (Aktas E. et al, 2001, Balice e Cera, 1984), proprio per
la presenza di composti ad attività biostatica, come i composti fenolici, che con la
loro presenza ne conferiscono il colore marrone scuro.
In tab 1.2 (Catalano et al., 1989) sono riportati alcune caratteristiche, nonché i
principali componenti delle acque di vegetazione. Si possono notare l’elevato
valore del COD, BOD e i bassi valori di pH.
4
Tab. 1.2 - Caratteristiche analitiche e principali componenti delle AV.
Sostanze sospese (g/l)
5-50
Residuo secco a 105°C (g/l)
100-150
Ceneri (g/l)
20-25
COD (mg/l)
60000-185000
BOD5 (mg/l)
14000-75000
COD/BOD5
4-5
pH
4,8-5,4
Peso specifico a 20°C
1,01-1,08
SOSTANZE GLUCIDICHE (g/l)
30-60
zuccheri liberi (glucosio e fruttosio, g/l)
10-20
zuccheri esterificati (esosi e pentosi, g/l)
15-25
poliosi (pectine e mucillaggini, g/l)
5-15
SOSTANZE FENOLICHE (g/l)
2-4
SOSTANZE AZOTATE (N*6,25 – g/l)
10-25
SOSTANZE GRASSE (g/l)
0,5-10
POLIALCOLI (g/l)
10-15
ACIDI ORGANICI (g/l)
5-15
SOSTANZE MINERALI (g/l)
20-25
In tab. 1.3 sono riportati, inoltre, i valori (in percentuale) dei composti
inorganici che solitamente si trovano nelle acque di vegetazione.
Tab. 1.3 - Composizione percentuale della frazione minerale delle AV
K2O
CO2
P2O5
Na2O
CaO
SO3
Cl2
FeO
MgO
SiO2
47 %
20,7 %
13,75 %
6,53 %
5,85 %
2,57 %
2,03 %
0,65 %
0,43 %
0,30 %
Anche se la frazione fenolica fornisce un contributo relativamente secondario
al carico organico totale di un’AV (circa 14%) (Greco et al., 1999), la presenza di
questi residui, in concentrazioni che possono variare dai 3 ai 10 g/l (Martinez et
al., 1986), genera due tipi di problemi per i processi biologici (per esempio a
5
fanghi attivi) negli impianti per il trattamento degli scarichi domestici nei quali
potrebbero essere riversati tali reflui. Il primo è legato all’effetto tossico che la
frazione fenolica può esercitare sui microrganismi inibendo o rallentando la
degradazione delle sostanze facilmente biodegradabili. Il secondo è dovuto alla
scarsa degradabilità di tali composti fenolici che possono passare indenni
attraverso il trattamento biologico e formare, nei successivi sistemi di
depurazione (es. clorazione), composti più tossici (clorofenoli) di quelli da cui
derivano.
I polifenoli solubili in acqua sono inoltre responsabili di fenomeni di
inibizione della germinazione, della crescita e dello sviluppo di diverse piante
erbacee.
La presenza di sostanze fenoliche può far considerare, inoltre, le acque di
vegetazione come una potenziale materia prima per la produzione di composti ad
alto valore aggiunto da utilizzare sia nel settore alimentare (antiossidanti,
coloranti), sia nel settore agrario (sostanze ad attività antimicrobica,
bioinsetticidi, fitoregolatori): ciò ha dato origine a numerose ricerche volte
all’utilizzazione e valorizzazione di questo tipo di reflui per via biologica e
chimica.
Numerosi studi sono stati mirati alla determinazione della fitotossicità delle
AV (Capasso et al., 1992, Ragazzi et al., 1967, Perez et al., 1991, Juven et al.
1970, Martirani et al., 1995) ed è stato rilevato che quasi sempre le caratteristiche
più nocive sono legate ai composti fenolici in esse presenti. L’attività
antimicrobica che essi mostrano a determinate concentrazioni è stata evidenziata
su diversi ceppi batterici.
Gli schemi di trattamento dei reflui rilasciati dai frantoi oleari in genere
prevedono uno stadio biologico: per questo motivo molti studi sono stati
sviluppati, con diverse formulazioni di batteri selezionati, allo scopo di aumentare
significativamente l’efficienza del trattamento biologico sui reflui in questione
(Ranalli, 1990)
Una delle maggiori difficoltà connesse con la depurazione e lo smaltimento
delle acque di vegetazione, oltre all’elevato carico inquinante di tali reflui è
dovuto alla stagionalità della produzione e all’estremo frazionamento sul
territorio dei frantoi che solitamente sono di dimensioni artigianali e a
conduzione familiare, tali, dunque, da non poter sopperire adeguatamente alle
esigenze di depurazione delle AV (Rovatti et al., 1990).
1.5 Aspetti normativi
Le acque reflue sono disciplinate sia dal D.Lgs 11 Maggio 1999, n. 152, in
materia di tutela delle acque dall’inquinamento, sia dal D.Lgs 5 Febbraio 1997, n.
22, Decreto Ronchi in materia di rifiuti, come “rifiuti liquidi”.
Per stabilire l’ambito d’operatività di tali normative bisogna far riferimento
alla nozione di scarico. Secondo il D.Lgs n. 152/99 lo scarico è definito come
“qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acqua reflua liquida o
semiliquida”. Il decreto legislativo è applicabile solo a reflui che abbiano
6
particolari caratteristiche di fluidità tali da poter scorrere tramite condotta nel
corpo ricettore. Tuttavia tutti i rifiuti liquidi costituiti da acque reflue “di cui il
detentore si disfaccia senza sversamento diretto nei corpi idrici ricettori”
rientrano nella disciplina dei rifiuti.
Le AV e le sanse ad elevata umidità sono regolate dal D.Lgs n 574 del 11
Novembre 1996, “Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e di scarico dei frantoi oleari”, che le classifica come
sostanze ammendanti e come tali non devono essere necessariamente sottoposte a
costosi trattamenti di depurazione.
La normativa prevede inoltre:
ƒ la possibilità di spandimento dei reflui oleari su terreni adibiti ad uso
agrario: i dosaggi massimi sono fissati in 50 m3/ha per le acque di
vegetazione provenienti da frantoi a ciclo tradizionale e 80 m3/ha per
quelle residuate attraverso l’estrazione a ciclo continuo;
ƒ i terreni esclusi dalla distribuzione sono quelli posti ad una distanza
inferiore a 300 m dalle aree di salvaguardia per la captazione delle
acque destinate al consumo umano o inferiore a 200 m dai centri
urbani; la distribuzione non è inoltre consentita nei terreni con colture
in atto, con falda inferiore a 100 m, in terreni gelati o saturi d’acqua;
ƒ lo stoccaggio delle acque di vegetazione all’interno del frantoio non
deve superare i 180 giorni;
ƒ lo sversamento su terreno agricolo deve essere preceduto da una
comunicazione al sindaco e da una relazione redatta da un
professionista abilitato, nella quale viene dettagliatamente analizzato il
terreno destinato allo spandimento e specificate le regole e i tempi
previsti per l’effettiva distribuzione;
ƒ l’autorità competente può richiedere ulteriori accertamenti e disporre
ulteriori verifiche qualora esista il rischio di arrecare danni al
sottosuolo o ad alle risorse ambientali, e ridurre o addirittura
sospendere lo spandimento dei reflui.
L’emanazione della Legge 574/96 ha avuto il merito di aver disciplinato la
gestione dei reflui oleari, rendendo la pratica del loro smaltimento di facile
applicabilità e limitandone i costi. Infatti, per gli impianti di modeste dimensioni,
i costi dei trattamenti di depurazione incidevano pesantemente sui costi
d’impianto e del prodotto finito.
1.6 Rimozione dei composti fenolici dalle acque
Le tecnologie per l’abbattimento dei composti fenolici presenti in un refluo
acquoso di origine civile ed industriale attualmente applicate o comunque in via
di perfezionamento, si possono suddividere nelle seguenti categorie:
ƒ trattamenti chimici;
ƒ processi fotocatalitici;
ƒ processi elettrochimici;
ƒ adsorbimento;
ƒ trattamenti biologici.
7
I criteri per la scelta tra uno di questi processi, supponendo di avere a
disposizione la tecnologia necessaria per il loro utilizzo, sono l’efficacia e
l’economicità.
Il primo parametro indispensabile per una scelta è il grado di rimozione del
composto che si vuole conseguire e ciò, per quanto riguarda le acque, può essere
legato al tipo di utilizzo a cui esso sarà sottoposto (irriguo, potabile, allevamento,
ricreativo). Ci sono naturalmente in tal senso dei precisi termini di legge da
rispettare, sia in campo nazionale che europeo. Una volta stabilito quali processi
siano in grado o meno di raggiungere lo scopo fissato, a parità di efficienza, è
l’economicità il parametro che influenza la scelta.
1.6.1 Trattamenti chimici
In genere i trattamenti chimici per l’abbattimento di un inquinante, sono
essenzialmente quei processi di ossidazione per mezzo di forti agenti ossidanti
quali cloro, biossido di cloro (ClO2), perossido di idrogeno (H2O2), ozono (O3).
Non tutti possono essere indistintamente usati nel caso dei fenoli: l’uso del cloro
potrebbe portare alla formazione di composti fenolici clorati, e per questo motivo,
maggiormente tossici.
Il trattamento con O3 ha dimostrato una buona efficienza ma presenta alti
costi di attuazione: infatti l’instabilità dell’ozono, che può formare una miscela
esplosiva in aria già a concentrazioni del 30%, e l’esigenza di usarne grosse
quantità per ottenere soddisfacenti risultati, comporta per il processo problemi sia
nell’installazione che nella conduzione.
Il perossido di idrogeno ha un alto potenziale ossidante ma una lenta cinetica
di reazione, per cui necessita dell’uso di un catalizzatore, con conseguente
aumento dei costi dovuto sia al costo del catalizzatore che al costo di
rigenerazione.
1.6.2 Trattamenti fotocatalitici
La degradazione dei composti fenolici può avvenire per via fotochimica in
quanto il legame carbonio alogeno può essere distrutto tramite radiazioni UV (λ=
280 nm). Il processo è molto efficace ma notevolmente costoso sia in termini di
installazione che di energia richiesta.
I raggi UV hanno infatti un basso coefficiente di penetrazione nell’acqua per
cui gli strati interessati ad una irradiazione di intensità sufficiente alla rottura dei
legami sono solo quelli superficiali. Gli impianti debbono perciò prevedere bacini
molto grandi e poco profondi con una intensa irradiazione. Studi compiuti in
Giappone, mostrano l’esistenza di una effettiva degradazione per via fotochimica,
ma rivelano anche che i prodotti di degradazione sono spesso più tossici dei
fenoli di partenza.
8
1.6.3 Trattamenti elettrochimici
Negli ultimi vent’anni, grazie all’introduzione di materiali di elettrodo
innovativi che rendono possibili nuove applicazioni, si stanno studiando metodi
di depurazione di tipo elettrochimico. Tali tecniche hanno infatti il pregio di
condurre a “processi puliti” che non alterano l’equilibrio ambientale.
Il processo fondamentale consta in una ossidazione parziale o totale, ad
anidride carbonica, della molecola organica. Tale procedimento risulta però
costoso, soprattutto se la degradazione è totale: infatti in tali reazioni sono
richiesti trasferimenti di un gran numero di elettroni, con un impiego di energia
elettrica non indifferente.
1.6.4 Adsorbimento
Per rimuovere dalle acque certe sostanze si ricorre all'adsorbimento su
materiali granulari porosi che generalmente sono carboni o polimeri macroporosi.
Il meccanismo d'adsorbimento mette per lo più in gioco legami intermolecolari
del tipo forze di Van Der Waals, trattandosi di adsorbimento fisico, e veri legami
chimici nel chemiadsorbimento. L'adsorbimento fisico è preferito sia perché
consente di reimpiegare il materiale adsorbente e sia perché, ove interessi,
permette anche di ricuperare l'adsorbito.
Il carbone attivato che generalmente si usa in questa operazione unitaria è
disponibile sia in forma granulare che di polvere, ha sempre elevata area
superficiale per unità di peso e presenta una velocità di adsorbimento in stretta
relazione con le dimensioni medie dei granuli di carbone e con il pH ambientale.
Per evitare la riduzione rapida e permanente della capacità d'adsorbimento del
carbone, le acque trattate vengono preventivamente liberate da torbidità e da
solidi in sospensione, chiarificandole ed eventualmente filtrandole.
1.6.5 Trattamenti biologici
Per eliminare le sostanze organiche dalle acque di scarico sono usati al giorno
d’oggi i processi biologici su vasta scala, che distruggono tali sostanze con
meccanismi analoghi a quelli dell'autodepurazione di un corpo idrico, ma con la
differenza di una maggiore velocità e una maggiore resa di trasformazione.
Come in natura, anche in ambito tecnologico le condizioni in cui i processi
biologici si realizzano possono essere aerobiche o anaerobiche, cioè caratterizzate
dall'intervento dell'ossigeno o dalla sua assenza. In entrambi i casi sono
interessati i microrganismi eterotrofi, che cioè necessitano di sostanze organiche
apportatrici di materiale cellulare plastico e aventi la funzione di substrato di
produzione energetica; ma tali micorganismi non sono però in grado di
autosintetizzare direttamente, al contrario degli autotrofi, e pertanto rientrano
nella catalogazione ecologica dei consumatori.
9
Nei processi biologici volti a depurare le acque, come del resto in natura,
operano anche microrganismi che possono essere attivi sia in senso aerobico che
in senso anaerobico, i microrganismi facoltativi; il loro tipo d'attività risulta così
determinato dalle condizioni ambientali in cui vengono a trovarsi.
La scelta del tipo di microrganismi e delle condizioni operative viene fatta
sulla base dei risultati che si vogliono ottenere: si preferisce l’adozione d’attività
microbiologiche aerobiche, di tipo veloce, quando il depurare l'acqua è lo scopo
principale, ed anaerobiche se si vuol produrre energia alternativa, in forma di
biogas, attraverso un percorso più lento richiedente minori dispendi energetici.
La caratteristica principale dei processi aerobici consiste nell'utilizzazione
dell'ossigeno disciolto nell'acqua, in condizioni favorevoli per mantenere l'attività
dei microrganismi. Il risultato è la produzione di materiale biologico flocculento
che rimane attaccato alle superfici delle apparecchiature di trattamento in certi
tipi d'impianto e che resta disperso nella massa del liquido in altri tipi d'impianto.
In ogni caso i fiocchi di materiale biologico aggregano particelle colloidali fini e
adsorbono altre sostanze disciolte. Un'altra constatazione riguarda l'ottenimento
di sostanze altamente ossidate quali CO2 e H2O (ed anche di anioni quali NO2-,
NO3-, ecc.). Affinché i microrganismi si mantengano attivi bisogna che la
concentrazione di ossigeno in soluzione non sia mai inferiore ad un certo livello
(1,5÷2 mg/l); sicché occorre rifornirlo continuamente con dispositivi adeguati.
Nei processi anaerobici la crescita dei microrganismi, energeticamente
alimentata dalla rottura dei legami chimici che porta a convertire in CH4 e CO2
(oltre che in NH3, H2S e PH3) circa il 90% delle sostanze organiche presenti
nell'acqua, è minore se rapportata ai processi aerobici; i fanghi sono perciò più
facilmente smaltibili. In questi processi non è richiesta energia per fornire
ossigeno al sistema ma solo per scaldare l'ambiente. Peraltro il metano ottenuto
(biogas) può essere utilizzato per produrre energia in quantità eccedente quella
necessaria all'esercizio del processo che lo ha fatto formare.
La biodepurazione anaerobica per processi fermentativi causati da attività
batteriche e sfruttata di solito per trattare scarichi liquidi d'elevato BOD5 (> 2.000
mg/l) presenta dei vantaggi rispetto ai trattamenti aerobici: minor costo
d'esercizio, possibilità di trattamento anche nel caso di alimentazione discontinua,
realizzabilità anche in corrispondenza di quantità di sostanze nutritive per i
microrganismi minori di quelle richieste dai processi aerobici, limitata
produzione di fanghi, sviluppo di gas ricco in metano ed utilmente impiegabile.
Le industrie da cui più frequentemente possono provenire gli scarichi liquidi da
trattare per via anaerobica sono le conserviere, le farmaceutiche, le birrarie, le
lattiero-casearie e quelle di allevamento animale.
I tempi di residenza in processi di biodepurazione anaerobica vanno da una
decina di giorni a poco meno di due mesi, ed il carico organico rimosso, misurato
in COD, varia dal 70 al 98% prestando attenzione ai parametri operativi
(temperatura, pH, tempi, ecc.). Tuttavia, data l'elevata concentrazione iniziale di
sostanze organiche, quando l'efficienza della rimozione è inferiore al 90%, gli
effluenti devono essere generalmente sottoposti ad ulteriori processi depurativi.
10
1.7 Composti fenolici utilizzati nel presente studio
I composti fenolici presenti nei reflui delle industrie agro-alimentari possono
essere diversi a seconda della provenienza e dei trattamenti subiti dallo scarico
nel quale sono presenti.
Nello studio effettuato su un refluo proveniente dall’acqua di cottura dei
carciofi, sono stati individuati, per esempio, acido protocatecuico, acido vanillico,
acido veratrico e di acido caffeico (Ferraro, D., 2005)
Ragazzi e Veronese (1967) hanno isolato dall’acqua di vegetazione composti
fenolici come pirocatechina, acido caffeico e acido protocatecuico.
Borja et al., (1996) individuarono invece il tirosolo, l’oleouropeina, l’acido
caffeico, l’acido p-idrossibenzoico e l’acido protocatecuico.
Per il presente lavoro si sono presi in considerazione in particolare quattro
diversi composti fenolici: la scelta è caduta su quelle sostanze più frequentemente
individuate in questo tipo di reflui. Si è inoltre badato a considerare composti
aventi strutture chimiche e tossicità differenti. In particolare sono stati considerati
il catecolo, CAT, appartenente alla classe dei fenoli semplici, gli acidi
protocatecuico, PCC, e p-idrossibenzoico, PHB, appartenenti alla classe degli
acidi fenolici e l’acido vanillico, VAN, appartenente alla classe degli acidi
fenilacetici. Di seguito sono riportate le caratteristiche chimico-fisiche di tali
sostanze fenoliche.
1.7.1 Catecolo
Il catecolo (fig. 1.1) appartiene alla famiglia dei fenoli semplici e deriva
direttamente dal fenolo per aggiunta di un gruppo –OH in posizione 2. Si presenta
allo stato puro come cristalli incolori che tendono ad ossidarsi più facilmente del
fenolo, variando così la colorazione. E’ inoltre più solubile in acqua di
quest’ultimo per effetto delle intense interazioni dei due gruppi –OH con l’H2O.
Fig. 1.1 - Catecolo
Tab. 1.4 - Caratteristiche chimico-fisiche del catecolo
Sinonimi
Formula bruta
Peso molecolare
Aspetto
Solubilità in acqua
Temperatura di fusione
pirocatecolo
1,2-benzendiolo
C6H6O2
110,11
solido cristallino incolore
450 g/l a 293,15 K
378,15 (1°5 °C)
11
1.7.2 Acido protocatecuico
Appartenente alla classe degli acidi fenolici, l’acido protocatecuico è
costituito da un anello aromatico con due sostituenti ossidrilici ed uno
carbossilico come mostrato in fig. 1.2. Come tutti i composti fenolici della sua
classe è molto diffuso nelle piante e nelle resine ed è utilizzato come
antiossidante e come intermedio per coloranti trovando applicazione
nell’industria della profumeria e in quella farmaceutica.
Fig. 1.2 - Acido protocatecuico
Tab. 1.5 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido protocatecuico
Sinonimi
Formula bruta
Peso molecolare
Aspetto
Solubilità in acqua
Temperatura di fusione
dioxybenzoic acid
acido 3,4-diidrossibenzoico
C6H6O4
154,12
bianco a polvere cristallina
grigiastra
buona
200-202 °C
1.7.3 Acido p-idrossibenzoico
Anche l’acido p-idrossibenzoico appartiene alla classe degli acidi fenolici, il
cui scheletro base è del tipo C6C1. E’ costituito da un anello aromatico con un
sostituente ossidrilico e uno carbossilico (fig. 1.3)
COOH
OH
Fig. 1.3 - Acido p-idrossibenzoico
12
Tab. 1.6 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido p-idrossibenzoico
4-hydroxybenzoic acid
C7H6O3
138,12
solido cristallino bianco
discreta
214-217 °C
Sinonimi
Formula bruta
Peso molecolare
Aspetto
Solubilità in acqua
Temperatura di fusione
1.7.4 Acido vanillico
L’acido vanillico (fig. 1.4) è un composto frequentemente presente nei reflui
dell’industria alimentare. La sua struttura chimica è analoga a quella dell’acido pidrossibenzoico con l’introduzione di un gruppo –OCH3.
COOH
OH
OCH3
Fig. 1.4 - Acido vanillico
Tab. 1.7 - Caratteristiche chimico-fisiche dell’acido vanillico
Sinonimi
Formula bruta
Peso molecolare
Aspetto
Solubilità in acqua
Temperatura di fusione
4-hydroxy-3-methoxybenzoic acid;
p-vanillic acid
C8H8O4
168,15
polvere bianca
bassa
210-213 °C
13
Capitolo 2
Microbiologia e processi biologici.
Cinetica di crescita batterica
2.1 Generalità sui processi biologici
Le acque naturali possiedono un potere autodepurante spontaneo che consiste
nella capacità di decomporre biologicamente i composti organici di origine
animale e vegetale, trasformandoli in sostanze più stabili fino alla loro completa
mineralizzazione. I processi biologici si svolgono grazie all’azione di
(microrganismi) che utilizzano la sostanza organica biodegradabile come
substrato nutritizio e per la sintesi di nuove cellule.
Il potere autodepurante delle acque naturali, all’aumentare del carico
organico, è però limitato e richiede tempi elevati. Si ricorre perciò a processi di
depurazione biologici artificiali che rappresentano un’accelerazione di quelli
naturali in un ambiente controllato.
La trattabilità biologica di una sostanza organica, o di una miscela di
sostanze, non è altro che la proprietà di tali composti di venire degradati, del tutto
o in parte, nei tempi e nei modi considerati convenienti dalla specifica
biotecnologia applicata (Vismara, 1998).
La degradazione biologica può essere di tipo aerobico o anaerobico. Le
trasformazioni di tipo aerobico avvengono in presenza di ossigeno molecolare,
utilizzato come accettore di elettroni e alla fine del processo si ottengono anidride
carbonica e acqua.
La degradazione anaerobica avviene invece in assenza di ossigeno
molecolare; come accettore di elettroni è usato un ossidante inorganico o altri
composti organici. I prodotti finali della degradazione, pur dipendendo dal tipo di
microrganismi utilizzati, sono in generale metano, idrogeno, alcoli e acidi.
L’efficacia di un trattamento biologico dipende da una serie di fattori, quali
(i) tempo di contatto tra microrganismi e substrato, (ii) concentrazione della
biomassa, (iii) velocità con cui procede la reazione di degradazione. Mentre
quest’ultimo fattore dipende esclusivamente da parametri idraulico-impiantistici,
ed è quindi ottimizzabile secondo le esigenze, i primi due dipendono anche da
parametri chimico-fisici-ambientali, quali temperatura, pH, natura della sostanza
organica, ecc.; questi, se non opportunamente controllati, possono inibire il
processo (Vismara, 1982).
14
La scelta tra un trattamento aerobico ed uno anaerobico non è facile, perché è
legata all’individuazione del giusto compromesso tra l’efficacia del trattamento e
i suoi costi.
In generale le cinetiche dei processi aerobici sono più veloci di quelli
anaerobici; inoltre i primi sono più semplici da gestire, con costi di impianto
modesti e permettono di abbattere la flora batterica patogena. I trattamenti
anaerobici consentono di trattare reflui ad elevate concentrazioni di sostanze
inquinanti, producono meno fanghi di esubero e consentono di riutilizzare il
potere energetico del biogas prodotto. Peraltro un processo anaerobico è in grado
di attaccare molto efficacemente certi composti difficilmente degradabili: un
esempio è quello dei policlorofenoli per i quali viene ridotto il numero di atomi
alogenati attaccati alla molecola organica. Tuttavia i microrganismi anaerobici
presentano difficoltà nel mineralizzare completamente molecole dealogenate,
mentre i microrganismi aerobici possono attaccare e mineralizzare composti poco
alogenati. In alcuni casi può essere conveniente conseguire una degradazione
completa dei composti policlorurati in un processo a due stadi sequenziali: un
processo anaerobico di dealogenazione seguito da un processo aerobico di
mineralizzazione.
2.2 Struttura dei microrganismi
Gli organismi viventi che hanno un diametro inferiore a 0,1 mm non sono
visibili ad occhio nudo, ma solo attraverso l’uso del microscopio e perciò
vengono considerati microrganismi.
I microrganismi sono minuscoli esseri viventi estremamente diffusi in natura:
li troviamo infatti sia nell’ambiente, nel terreno, nelle acque, nell’aria, negli
alimenti e anche negli animali e nelle piante. Sono detti anche microbi o germi; si
mostrano in varie forme e con diverse proprietà: molti sono formati da singole
cellule, unicellulari, come batteri e lieviti, altri da molte cellule pluricellulari,
come le muffe, e altri ancora, come i virus, non hanno un vero aspetto cellulare e
perciò sono definiti subcellulari.
La classificazione dei microrganismi può essere effettuata in funzione di vari
parametri, quali ad esempio la loro natura, il loro metabolismo e le condizioni
operative in cui possono vivere. Un organismo per svolgere le sue funzioni e
riprodursi necessita di:
ƒ sorgente di energia;
ƒ carbonio per la sintesi di nuova materia cellulare;
ƒ nutrienti.
I batteri autotrofi crescono meno velocemente perché la trasformazione di
CO2 in tessuto cellulare richiede più energia. Questa può essere fornita dalla luce
o tramite una reazione di ossidazione chimica. Quelli che usano la luce sono
chiamati fotosintetici, quelli che usano le reazioni chimiche chemiosintetici.
I batteri, sono microrganismi unicellulari considerati le forme di vita più
piccole, più semplici e maggiormente diffuse che ci sono in natura. La cellula
batterica è una cellula procariota, costituita da una membrana cellulare,
15
all’interno della quale si trova una zona nucleare, detta nucleoide. Nel nucleoide è
contenuto un solo cromosoma circolare costituito da una molecola di DNA, che
non è separata dal citoplasma cellulare da alcuna membrana. I batteri possono
avere forma sferica, cilindrica o incurvata.
I batteri sferici sono detti cocchi e nel riprodursi possono formare colonie con
particolari disposizioni nello spazio; quelli cilindrici sono invece generalmente
detti bacilli, mentre i batteri incurvati si distinguono a seconda della loro
curvatura.
La cellula batterica è costituita per circa l’80% da acqua e per il restante 20%
da materia secca, di cui il 90% è sostanza organica e il 10% sostanza inorganica.
La frazione organica della sostanza cellulare può essere rappresentata con una
formula bruta che tiene conto del rapporto in peso tra gli elementi più importanti;
una delle più utilizzate è C5H7NO2. I batteri per il loro metabolismo utilizzano sia
composti organici carboniosi biodegradabili disciolti (batteri eterotrofi) che
l’azoto ammoniacale (batteri autotrofi chemiosintetici). Per questo motivo essi
sono i principali responsabili della rimozione biologica del COD e del BOD
disciolto.
2.3 Metabolismo dei batteri
Il termine metabolismo indica quei processi di trasformazione delle sostanze
nutritizie che hanno luogo all’interno della cellula e che hanno come scopo
ultimo la produzione di energia. Questa energia può essere utilizzata dalla cellula
per le proprie esigenze vitali come il movimento, la riproduzione,
l’accrescimento. Il metabolismo è un fenomeno molto complesso che si realizza
secondo due grandi vie: quella catabolica e quella anabolica. Si dicono catabolici
quei processi che demoliscono le sostanze complesse, mentre si dicono anabolici
quei processi che, partendo da sostanze semplici ottenute dal catabolismo,
costruiscono sostanze più complesse come le proteine.
Le reazioni cataboliche avvengono liberando energia, mentre quelle
anaboliche la richiedono. E’ dunque evidente che il catabolismo, cioè la
degradazione di sostanze come ad esempio il glucosio, rappresenta una fonte di
energia per i batteri.
Nel meccanismo di degradazione aerobica l’energia prodotta dalla catalisi
viene immagazzinata nella cellula sotto forma di una molecola detta ATP,
adenosin-trifosfato, che è una sorta di accumulatore energetico. La molecola di
ATP è costituita da tre gruppi fosforici legati ad una molecola di adenosina. Dei
tre gruppi fosforici, due risultano legati all’adenosina con un legame altamente
energetico. Quando la cellula ha bisogno di energia spezza questo legame
allontanando un gruppo fosforico dall’ATP e formando ADP, adenosin-difosfato
e energia (Valitutti, 1989). La cellula provvederà il prima possibile a rigenerare la
molecola dell’ATP con una reazione inversa, endoergonica, detta fosforilazione
ossidativa. Il processo può prendere inizio da diverse sostanze organiche, come
ad esempio il glucosio, che finirà per essere scisso in anidride carbonica e acqua,
liberando energia.
16
L’ossidazione del glucosio, in particolare, si compie in due tappe principali:
la prima è la glicolisi, la seconda è la respirazione, che a sua volta comprende due
fasi, il ciclo di Krebs e il trasporto di elettroni finale. Come via alternativa alla
glicolisi alcuni microrganismi hanno elaborato diversi percorsi per formare
cataboliti utili alle sintesi biologiche.
I processi biologici di tipo anaerobico di rimozione del substrato organico,
avvengono in assenza d’ossigeno libero; ivi intervengono essenzialmente delle
popolazioni di tipo batterico, che ottengono l’ossigeno necessario per le loro
funzioni vitali dalla degradazione del substrato contenuto nel refluo.
Quasi tutte le sostanze degradabili aerobicamente lo sono anche
anaerobicamente, ma esistono delle differenze nelle cinetiche di processo, nella
produzione di fanghi di supero e nel tipo di reazioni coinvolte (Passino, R.,
1995). Il risultato della degradazione del substrato organico è il biogas, una
miscela di gas con un potere calorifico compreso tra i 20.000 e i 25.000 J/m³,
avente la seguente composizione media:
ƒ metano (CH4): 60–80 %
ƒ anidride carbonica (CO2): 20–30 %
ƒ azoto (N2): 2–5 %
ƒ altri gas (H2S, H2, ecc…): 1–2 %
Tuttavia, una parte della sostanza organica degradabile si trasforma in
biomassa e va quindi ad accrescere la popolazione batterica (circa il 5–10 %) (F.
Nardin, F., 1996). Mentre nei processi aerobici il risultato della biodegradazione
è una produzione di biomassa, nel trattamento anaerobico si ha principalmente
una produzione di biogas: la crescita cellulare è conseguentemente più bassa.
I processi anaerobici si svolgono attraverso una serie di steps, necessari per la
degradazione di proteine, grassi e carboidrati (A. C. Van Haandel, G. Lettinga,
1994). Si distinguono 4 fasi: idrolisi, acidogenesi, acetogenesi e metanogenesi. In
ognuna di queste fasi sono coinvolte specie batteriche differenti.
Nell’idrolisi le molecole più complesse sono convertite in composti solubili di
peso molecolare inferiore, tramite l’azione degli exo-enzimi, prodotti da batteri
fermentativi. Il processo è condotto da batteri anaerobici e facoltativi. Le proteine
sono convertite in aminoacidi, i carboidrati in zuccheri solubili (mono- e
disaccaridi), i grassi in catene di grassi acidi e glicerolo. L’idrolisi può essere il
fattore limitante per la velocità del processo.
Nell’acidogenesi i batteri acidogeni trasformano i prodotti dell’idrolisi in
acidi volatili (acido propionico, formico, lattico, butirrico, succinico), in alcoli e
chetoni (metanolo, etanolo, acetone), in CO2 e N2. Altri prodotti sono
ammoniaca, mercaptani e H2S, ai quali sono dovuti i cattivi odori che si
sviluppano nel processo. I diversi gruppi di batteri coinvolti sono per la maggior
parte anaerobici obbligati.
I prodotti dell’acidogenesi sono convertiti nei prodotti finali per la produzione
di metano durante la fase di acetogenesi. Questi prodotti sono acido acetico,
idrogeno e biossido di carbonio. Il 70 % del COD presente nel refluo è convertito
in acido acetico, il resto in idrogeno ed anidride carbonica
La metanogenesi è il più delle volte il fattore limitante del processo. Il metano
è prodotto dall’acido acetico (batteri acetoclasti) o dalla riduzione del biossido di
17
carbonio attraverso l’idrogeno (batteri idrogenotrofi). I tempi di generazione dei
batteri acetoclasti sono dell’ordine di giorni, mentre quelli degli acidogeni sono di
qualche ora. Si stima che i 2/3 del metano prodotto derivi dalla conversione
operata dagli acetoclasti sull’acido acetico.
Un fattore importante per le varie fasi della degradazione è costituito dal
trasferimento d’idrogeno tra i batteri produttori (acidogeni ed acetogeni) e quelli
utilizzatori di H2 (metanogeni, idrogenotrofi, omoacetogeni). La conversione del
propionato ad acido acetico è possibile solo a pressioni di H2 molto basse; tali
pressioni sono possibili grazie all’attività metabolica dei batteri idrogenotrofi e
omoacetogeni che producono acido acetico sintetizzando H2 e CO2. Quando, per
vari motivi, tale pressione aumenta, si ha un accumulo di propionato, che, per
concentrazioni maggiori ai 10 g/l, provocano un abbassamento del pH fino a 6,
con conseguente arresto dell’attività di metanogenesi.
2.4 Adattamento microbico
Prima dell'inizio della degradazione di molti composti organici si osserva di
norma un lasso di tempo durante il quale non risulta evidente alcuna distruzione
del composto chimico. Questo intervallo di tempo è stato chiamato tempo di
adattamento o fase di latenza (lag time). La conoscenza dei fattori che
determinano la fase lag è importante perché permette di controllarne la durata.
È noto che gli enzimi prodotti dai batteri, come catalizzatori biochimici, sono
specifici per un determinato substrato; di conseguenza, di fronte ad un composto
diverso da quello per cui erano stati programmati, non sono in grado di compiere
subito la loro azione. Oltre al cambio di substrato, Pirt (1975) rileva altre cause di
tale ritardo, come ad esempio il mutamento delle condizioni fisiche circostanti, la
presenza di un inibitore e le condizioni della coltura inoculata. I primi due fattori,
assieme a quello precedentemente descritto, possono richiedere un cambiamento
fenotipico, ad esempio del pH, per ottimizzare il processo nelle nuove condizioni.
La durata della fase lag è variabile da poche ore a mesi (Shamat et al., 1980),
e dipende anche dallo stato in cui si trovano i microrganismi al momento del
contatto col nuovo substrato. I generale la fase lag diminuisce all'aumentare della
concentrazione di microrganismi. Nel caso dello Pseudosomonas putida cresciuto
su fenolo, Dapaah et al. (1992) hanno riscontrato che il tempo di adattamento
cresce con un andamento esponenziale all'aumentare della concentrazione del
substrato. Vari autori sottolineano l'importanza di un adattamento di una coltura
mista, piuttosto che singola. Infatti gruppi di microrganismi dello stesso ceppo,
se sono lasciati crescere per un dato periodo su di un substrato diverso,
acquisiscono caratteristiche genetiche diverse sia tra loro che dal ceppo da cui
provengono. Questo risulta determinante per migliorare il trattamento biologico
dei composti recalcitranti (Kobayashi et al., 1982).
18
2.5 Schemi di biodegradazione
Sembra ormai accertato che il metabolismo microbico sui composti aromatici
si suddivide in due fasi (Dagley, 1972): (i) una prima fase (reazioni di
ossidazione) indirizzata a destabilizzare l'anello benzenico prima della rottura e
(ii) una seconda fase di rottura dell'anello e della sua completa mineralizzazione.
Nell’ossidazione dell'anello aromatico, la molecola organica rimane inerte
finché non viene ossidata e resa inattiva. Per destabilizzare la molecola l'azione
batterica introduce due gruppi ossidrilici in posizione affiancata, in modo che tra
di essi sia più facile la rottura dell'anello (Dagley, 1972). Tale fase si realizza
grazie ad una prima introduzione di ossigeno nell'anello (tramite gli enzimi
monossigenasi) ed a una successiva deidrogenazione della molecola (per mezzo
degli enzimi deidrogenasi).
La rottura dell'anello aromatico porta in genere alla formazione di un acido.
Generalmente la rottura si verifica in posizione orto oppure in posizione meta.
Nel primo caso la rottura si ha tra i due gruppi ossidrilici, mentre nel secondo in
posizione affiancata ad uno solo degli stessi. Gli enzimi che catalizzano questa
reazione di ossido riduzione sono denominati deossigenasi. L'acido, derivato
dall'ultima operazione, entra nel ciclo di Krebs, completando la sua
mineralizzazione a CO2 e H2O (Vismara, 1998).
Ogni reazione biochimica che avviene all'interno del batterio, sia a livello di
anabolismo che di catabolismo, necessita di un precedente meccanismo di
trasporto dei substrati, il quale può essere passivo (regolato dalla legge di Fick),
attivo (tramite enzimi trasportatori sintetizzati dal batterio) o misto. Nel quarto
caso, comune negli impianti di trattamento, i composti organici disciolti hanno
concentrazioni differenti tra loro e vengono rimossi a differenti velocità, sulla
base anche del singolo grado di tossicità (Vismara,1998).
In presenza di più composti organici si può verificare sia la degradazione
simultanea dei substrati (che non implica necessariamente crescita microbica sui
singoli substrati), sia la degradazione sequenziale dei substrati, limitatamente al
grado di tossicità.
2.6 Crescita microbica
La crescita microbica è un processo catalitico che, per avvenire, ha bisogno di
una cellula madre e di un adeguato substrato nutritizio. In esso devono essere
contenuti macronutrienti e micronutrienti che servono per assolvere le funzioni
cataboliche e anaboliche. La riproduzione cellulare avviene per scissione binaria:
ogni cellula si scinde in due cellule figlie, dalla cui fissione si generano nuove
cellule. Il tempo di generazione, ovvero l’intervallo di tempo trascorso tra due
scissioni successive, può variare da una decina di minuti a tre ore e dipende della
specie microbica, dalla natura del substrato e dai fattori ambientali. La
generazione di nuove cellule può essere valutata mediante la formula:
19
G =t⋅
log 2
+ log N 0
log N
dove N è il numero di cellule al tempo t e N0 è il numero di cellule al tempo t0.
La crescita esponenziale microbica non può proseguire indefinitamente,
poiché insorgono fattori limitanti quali:
ƒ carenza del substrato nutritizio;
ƒ accumulo di cataboliti del metabolismo batterico;
ƒ variazione delle condizioni ambientali ottimali.
L’andamento della crescita microbica, in un ambiente controllato, può essere
rappresentato come in fig. 2.4.
Figura 2.1 – Curva di crescita microbica in ambiente controllato
Osservando tale grafico, si possono individuare quattro fasi principali :
• Fase di latenza (lag phase): rappresenta il tempo trascorso
dall’inoculazione all’inizio della crescita. Quando un ceppo microbico
viene inoculato in un substrato diverso da quello d’origine è necessario un
certo periodo di acclimatazione al nuovo substrato e alle nuove condizioni
ambientali. La durata di questa fase può variare da poche ore a mesi e
dipende dalle condizioni ambientali, dalla struttura chimica del substrato,
dalla concentrazione dei composti, dalla presenza di sostanze inibitrici. E’
noto che gli enzimi prodotti dai batteri, che sono specifici per un
determinato substrato, non sono in grado di svolgere la loro azione in
presenza di nuovi substrati. I batteri dovranno quindi produrre nuovi
enzimi per adattarsi ai nuovi substrati e questo comporterà un periodo più
o meno breve di tempo che è chiamato appunto fase di latenza. Terminata
questa fase inizia la crescita microbica e la degradazione del substrato;
20
•
•
•
Fase di crescita esponenziale: in tale fase i microrganismi si riproducono
molto velocemente per scissione binaria (es. E. coli mediamente si
raddoppia in 15-20 minuti). L’inclinazione di questo tratto di curva
dipende dal tipo di microrganismi e di substrato;
Fase stazionaria: in questa fase non si assiste ad incrementi o riduzione
del numero di batteri. La fase di crescita esponenziale termina sia per
l’accumulo di prodotti del catabolismo sia il per consumo dei nutrienti,
quando questi non vengono reintegrati;
Fase endogena: in questa fase diminuisce il numero delle cellule, il
substrato organico si è ormai esaurito e i microrganismi utilizzano, per il
mantenimento delle funzioni cellulari, il substrato da loro stessi
accumulato, sotto forma di riserva di lipidi e glicidi, e il protoplasma
cellulare dei microrganismi morti.
2.7 Cinetica di crescita microbica
La variazione della massa microbica può essere espressa dalla seguente
relazione:
dX
(1)
= μX − K d X
dt
dove: X è la massa microbica, μ è la velocità di crescita batterica e Kd è la
velocità di scomparsa batterica.
Posta in altra forma diventa:
1 dX
(2)
= (μ − K d )
X dt
Nell’ipotesi che l’unico elemento limitante sia la concentrazione del substrato
organico la velocità di crescita si può esprimere tramite l’equazione di Monod
(Monod, 1949):
μ = μ max ⋅
S
KS + S
(3)
dove μmax è la velocità di crescita massima, S è la concentrazione del substrato
organico e Ks è la costante di semisaturazione, che rappresenta la concentrazione
del substrato per cui μ è pari a metà di quella massima.
Sostituendo la (2) nella (1) si ottiene l’equazione che esprime la variazione
nel tempo della massa microbica in funzione della concentrazione del substrato:
1 dx
S
= ( μ max ⋅
− Kd )
x dt
KS + S
(4)
21
In presenza, invece, di un substrato limitante la crescita microbica,
l’equazione di Monod viene modificata con l’aggiunta di un termine al quadrato
al denominatore: si ottiene l’equazione proposta da Andrews o di Haldane:
μ = μ max ⋅
S
k S + S + Ki ⋅ S 2
(5)
dove Ki è la costante di inibizione.
La velocità di crescita batterica e la velocità di rimozione del substrato sono
inoltre legate dal coefficiente di resa Y, che esprime il rapporto tra la nuova
massa cellulare prodotta e il substrato utilizzato dai batteri:
Y=
(dX dt )
crescita
dS
dt
Si può quindi scrivere:
dX
dS
= −Y
dt
dt
2.8 Fattori che influenzano la crescita microbica
La velocità di rimozione del substrato dipende dalle caratteristiche del refluo
da trattare, dalla quantità di nutrienti (giusta proporzione tra di loro), dalle
condizioni ambientali ed è tanto maggiore quanto più il substrato è
biodegradabile. In particolare fra le condizioni ambientali rivestono un ruolo
primario:
ƒ
temperatura: per ogni microrganismo esiste un intervallo di
temperatura ottimale, che è quello cui corrisponde la velocità di
crescita più elevata (fig. 2.2); in base alla temperatura i batteri si
possono classificare in psicrofili (15° C), mesofili (25÷45°C),
termofili (50÷80°C), estremofili (>80°C);
ƒ
pH: i microrganismi si distinguono in acidofili (pH <2,5), neutrofili
e alcalofili (pH 10÷12). L’effetto del pH è quello di permettere ai
microrganismi di condurre le funzioni cellulari e di mantenere
l’equilibrio delle reazioni di catalisi enzimatica;
ƒ
disponibilità di ossigeno: nei processi aerobici deve essere garantito
un quantitativo minimo di ossigeno disciolto, pari a 1,5÷2 mg/l, per
consentire le funzioni del metabolismo aerobico. Nel caso in cui
venga meno tale quantità si può provvedere con sistemi di aerazione
artificiale.
22
Fig 2.2 - Dipendenza della velocità di crescita dalla temperatura
per vari tipi di microrganismi
23
Capitolo 3
Apparati sperimentali
3.1 Microrganismi utilizzati per le prove aerobiche ed anaerobiche
I microrganismi utilizzati per le prove condotte in condizioni aerobiche e in
condizioni anaerobiche provengono da una miscela commerciale di enzimi e
batteri liofilizzati e sono stati forniti dalla Carbobio (Milano). Tale miscela è
adatta per ottenere colture selettive efficaci ai fini della formazione e dello
sviluppo di biomassa negli impianti biologici aerobici o anaerobici per il
trattamento degli scarichi civili ed industriali.
Nelle prove sperimentali effettuate in condizioni aerobiche è stata utilizzata
una miscela chiamata Biolyte MX20, contenente numerosi ceppi batterici di
diverso genere tra cui Bacillus, Pseudomonas e Streptomyces. Questi batteri sono
stati selezionati, adattati, accresciuti in coltura pura, raccolti e conservati
mediante essiccazione per congelamento, prima di essere miscelati nella
formulazione finale. Oltre ai batteri, il Biolyte MX20 contiene amilasi, cellulasi e
lipasi sotto forma di enzimi liberi. Questi hanno una importante funzione nella
fase iniziale dello sviluppo batterico. L’aggiunta del Biolyte MX20 risulta
particolarmente importante negli impianti di depurazione quando, ad esempio, a
causa di un aumento del carico organico si deve aumentare l’efficienza di
rimozione delle sostanze organiche del processo (scheda informativa fornita dalla
Carbobio)
Per le prove sperimentali condotte in ambiente anaerobico è stata invece
utilizzata una miscela anaerobica fornita sempre dalla Carbobio. Le
caratteristiche peculiari di tale miscela microbica non sono state fornite nel
dettaglio. La miscela non conteneva ceppi metanigeni ma solo acidogenici.
3.1.1 Modalità di sviluppo delle miscele microbiche in ambiente aerobico
I batteri appartenenti alla miscela aerobica, dopo essere stati reidratati,
diventano in breve tempo metabolicamente attivi, competono tra loro e formano
biomassa attiva. I tre fondamentali ceppi costituenti la coltura mista sono adatti
alla formazione di fiocchi e producono i biopolimeri extracellulari occorrenti per
lo sviluppo ed il mantenimento di una buona struttura glomerulare. Tali ceppi
sono gli specifici degradanti del substrato, eccellenti produttori di amilasi,
cellulasi e lipasi, e sono idonei alla biodegradazione dei costituenti, di assai
24
differente natura, presenti quasi sempre nelle acque di scarico (scheda
informativa fornita dalla Carbobio)
Tutti i batteri presenti nel Biolyte hanno tassi di sviluppo relativamente alti e
perciò possono in breve tempo contribuire alla rapida formazione di una
efficiente biomassa nell'impianto di trattamento. Il ruolo svolto da ognuno di tali
ceppi è determinato dal meccanismo naturale di selezione della popolazione. Il
prodotto appare come una polvere granulare di colore marrone chiaro, contenente
microrganismi liofilizzati su un supporto di crusca di cereali e enzimi liofilizzati
(fig. 3.1). Il Biolyte MX20 opera efficacemente nelle condizioni indicate in tab.
3.1.
Fig. 3.1 – Miscela aerobica Biolyte MX20
Tab. 3.1 – Condizioni ottimali di crescita per la miscela aerobica
pH operativo
O2 disciolto (mg/l)
C/N/P
T(°C)
minimo
ottimo
massimo
5
1
100/5/1
7.5
7
2
100/7/1
25
9
100/10/1
45
Nelle fig. 3.2 e 3.3 sono riportati alcune fotografie di tale coltura, effettuate al
microscopio ottico, dopo un ciclo di acclimatazione in medium di crescita
contenente glucosio.
25
Fig. 3.2 – Miscela Biolyte MX20 – Fotografia scattata a 400X in contrasto
di fase con microscopio ottico planacromatico (Saiu, G.)
Fig. 3.3 – Miscela Biolyte MX20 – Fotografia scattata a 400X in contrasto
di fase con microscopio ottico planacromatico (Saiu, G.)
26
3.2 Medium di crescita
Il medium è una soluzione sintetica costituita principalmente da sali
inorganici contenenti sostanze nutritive necessarie per le crescita microbica, in
particolare fosforo e azoto. A seguito di una ricerca bibliografica sono stati
individuati due medium di crescita, uno adatto per lo sviluppo microbico in
ambiente aerobico e uno per lo sviluppo in ambiente anaerobico.
3.2.1 Medium di crescita aerobico
Durante la fase di acclimatazione dei microrganismi presenti nel prodotto
liofilizzato e nelle prove di crescita è stato impiegato il medium utilizzato da
Pawlowsky e Howell (1973). Tale soluzione sintetica è ottenuta solubilizzando
sette sali in acqua distillata, in concentrazioni tali da garantire ai microrganismi le
ideali condizioni per la loro crescita e in particolare il corretto apporto di azoto e
fosforo. La composizione del medium, riferita ad un carico organico pari a 1000
mg/l di fenolo, è riportata in tab. 3.2.
Tab. 3.2 – Composizione del medium aerobico
Sostanza
Concentrazione (mg/l)
NaCl
50
MgSO4
100
Na2HPO4
873
KH2PO4
527
(NH4)2SO4
500
CaSO4
30
FeCl3
0,5
H2O (di rubinetto)
100 (ml/l di medium)
I due sali fosfati costituiscono la soluzione tampone e la loro concentrazione è
stata scelta per garantire un pH prossimo alla neutralità. Per ciascuna prova
effettuata il medium di crescita è stato preparato tenendo conto della
concentrazione delle sostanze organiche che in esso dovevano essere disciolte, al
fine di mantenere costante la proporzione consigliata tra carbonio, azoto e
fosforo.
27
3.2.2 Medium di crescita anaerobico
Per le prove di crescita in ambiente anaerobico è stato utilizzato il medium di
crescita proposto da Arenante et al. (1999) avente la composizione riportata in
tab. 3.3. La soluzione è costituita oltre che da cinque sali inorganici, da un
colorante (resazurina) utile per fornire indicazioni sull’eventuale presenza di
ossigeno nell’ambiente di lavoro, e da acido succinico (o acido 1,4-butandioico),
composto organico di supporto per la crescita microbica in ambiente anaerobico,
la cui formula di struttura è riportata in fig. 3.4.
Tab. 3.3 – Composizione del medium anaerobico
Sostanza
Concentrazione (mg/l)
MgSO4
180
KH2PO4
1000
K2HPO4
1000
(NH4)Cl
1000
CaCl2
12
Resazurina
1
Acido succinico
1000
Fig. 3.4 – Formula di struttura dell’acido succinico
Avendo il medium anaerobico un pH acido (a causa della presenza dell’acido
succinico), è stata garantita la neutralità della soluzione sintetica tramite
soluzione tampone a base di carbonato di sodio (0,2 M).
3.3 Reattori per la crescita microbica in condizioni aerobiche
Tutte le operazioni di crescita e di acclimatazione delle colture microbiche
sono state realizzate in reattori batch di due tipi: beute e fermentatori.
Le beute in vetro utilizzate sono del tipo Erlenmeyer (fig. 3.5) della capacità
di 250 ml con deflettori frangiflutto sul fondo. Il volume di lavoro adottato è stato
di 50 ml di soluzione e sono stati utilizzati dei tappi in cotone rivestiti di garza:
entrambe le scelte garantiscono ottimali condizioni di aerazione.
28
Fig. 3.5 – Beuta con deflettori frangiflutto
L’agitazione della sospensione microbica nelle beute (175 giri/min) ed il
mantenimento di queste alla temperatura desiderata (25°C) sono state conseguite
incubando le beute in un agitatore orbitale New Brunswick (642 Environmental
Incubator Shaker) della capacità di 16 siti (fig. 3.6).
Fig. 3.6 – Agitatore orbitale termostatato
29
Il fermentatore (fig. 3.7) utilizzato è in vetro del tipo LKB 1601 Ultroferm
Fermentation System ed ha le seguenti caratteristiche principali:
ƒ
volume di lavoro massimo: 3 litri;
ƒ
diffusore d’aria alimentato da un piccolo compressore esterno;
ƒ
agitatore meccanico (250 giri/min);
ƒ
frangiflutti verticali disposti a 90°;
ƒ
termocoppia per il controllo della temperatura;
ƒ
elettrodo per il controllo del pH collegato alla consolle.
Il volume di lavoro di 3 litri, adottato per tutte le prove, ha permesso di
effettuare numerosi prelievi della sospensione microbica. Questi venivano
sottoposti immediatamente alle analisi desiderate o venivano conservati in
congelatore, al fine di arrestare la crescita microbica e la degradazione dei
composti organici presenti, in attesa di essere successivamente analizzati.
Fig. 3.7 – LKB 1601 Ultroferm Fermentation System
Al fine di monitorare la crescita microbica delle prove che sono state condotte
per alcuni giorni di seguito, è stato utilizzato un auto-campionatore (fig. 3.8)
collegato al fermentatore: ciò ha garantito la disponibilità di campioni relativi alle
ore di funzionamento della notte, su cui fare misure di torbidità e di
concentrazione dei substrati organici. Ciascun campione prelevato dal
fermentatore è stato riversato in provette di vetro immerse in una soluzione di
glicol etilenico all’interno di un termostato settato a -20 °C, in modo da arrestare
l’attività batterica.
30
Fig. 3.8 – Autocampionatore
3.4 Reattori per la crescita microbica in condizioni anaerobiche
Le prove di crescita in condizioni anaerobiche sono state condotte in reattori
batch costituiti da bottiglie di vetro (fig. 3.9) del volume di 160 ml. Il volume di
lavoro è di 50 ml di soluzione. Una volta effettuato l’inoculo le bottiglie sono
state chiuse mediante tappo di gomma e ghiera di acciaio e poste in bagno
termostatico alla temperatura di 33 °C.
Fig. 3.9 – Bioreattori anaerobici
Tutte le operazioni di preparazione delle prove sono state effettuate
all’interno di un box anaerobico (fig. 3.10). Prima di queste operazioni il box
veniva saturato in atmosfera di azoto fino al raggiungimento della pressione
desiderata (rilevabile mediante manometro posto lateralmente). Il box è costituito
di due parti essenziali: la pre-camera e la camera vera e propria di lavoro. La pre-
31
camera permette di introdurre di volta in volta il materiale necessario per le
prove: isolando opportunamente mediante tappi le due camere, è stato possibile
ricreare l’atmosfera di azoto nella pre-camera senza alterare le condizioni nella
camera principale, utilizzando così meno azoto. All’interno del box anaerobico
sono state realizzate le procedure di reidratazione, centrifugazione e inoculazione
dei microrganismi nei bioreattori.
Fig. 3.10 – Box anaerobico
Alla base di ciascuna prova anaerobica c’è stata la preparazione del medium
descritto nel paragrafo precedente e la procedura di reidratazione dei
microrganismi. Il medium comprensivo dell’acido succinico è stato degasato e
inserito all’interno del box anaerobico precedentemente insufflato con azoto. La
procedura di reidratazione microbica, descritta nel paragrafo successivo, è stata
eseguita all’interno del box. Nel medium sono stati così inoculati i microrganismi
e la soluzione ottenuta è stata suddivisa in parti uguali nei bioreattori. Questi, una
volta chiusi, sono stati portati fuori dal box anaerobico e posti nel bagno
termostatato dal quale sono stati estratti durante lo svolgimento della prova per
monitorare la crescita microbica.
3.5 Misure di crescita microbica
Le due tecniche di misurazione della biomassa cellulare utilizzate nella
sperimentazione descritta in questa tesi sono:
ƒ
misura della densità ottica (optical density, o.d.) del campione;
ƒ
determinazione del peso secco (dry weight, d.w.) del materiale
cellulare su un volume fisso di sospensione.
32
La misura della densità ottica si basa sulla determinazione, mediante
spettrofotometro, della quantità di luce dispersa da una sospensione di cellule.
Questa misura si basa sul fatto che quando le particelle sono uniformemente
sospese in un liquido, il loro potere di disperdere la luce è direttamente
proporzionale alla loro concentrazione. Facendo passare un raggio luminoso
attraverso la sospensione, la riduzione della quantità di luce trasmessa fornisce la
misura della densità cellulare. La torbidità di un campione è dipendente dalle
dimensioni delle cellule, dalla loro forma e colore, dalla gamma di indici di
rifrazione nel liquido e dalla lunghezza d’onda della luce; ne consegue che, se
tutti questi parametri sono mantenuti costanti, la densità ottica è proporzionale
alla densità cellulare. Tali misure sono state effettuate tramite lo spettrofotometro
Spectronic 21 (fig. 3.11) della Bausch and Lomb alla lunghezza d’onda di 600
nm.
Fig. 3.11 – Spettrofotometro per la lettura della densità ottica
La determinazione del peso secco è un metodo diretto di misura cellulare che
prevede la seguente procedura:
ƒ
dall'apparecchiatura nella quale avviene la crescita sono stati
effettuati prelievi di sospensione microbica in corrispondenza di
tempi prestabiliti al fine di documentare in modo completo la
crescita della coltura stessa; tali prelievi sono stati posti in
surgelatore con lo scopo di arrestare la crescita microbica e il
consumo dei substrati presenti;
ƒ
una volta scongelato, ciascun campione è stato filtrato tramite un
sistema Millipore (fig. 3.12) con membrane filtranti in acetato di
cellulosa del diametro di 45 mm e con diametro dei pori di 0.45 μm;
ƒ
le membrane filtranti, prima e dopo il loro utilizzo, sono state
disidratate in stufa (fig. 3.13) ad una temperatura di 105 ± 2°C per
un’ora e riposte in essiccatore per 30 minuti; tale procedura è stata
ripetuta fino a raggiungere la stabilità del peso; per il trasporto e la
collocazione dei filtri sono stati utilizzati dei portafiltrini in
33
ƒ
alluminio che venivano posti in essiccatori in vetro (fig. 3.14)
contenenti materiale adsorbente (gel di silice);
in base alla differenza di peso delle membrane filtranti prima e dopo la
filtrazione, si è valutato per ciascun campione la concentrazione di
biomassa in termini di g/l.
Fig. 3.12 – Sistema di filtrazione
Fig. 3.13 – Stufa elettrica ventilata
34
Fig. 3.14 – Essiccatore per il trasporto e la conservazione dei filtrini
La fig. 3.15 mostra la correlazione tra densità ottica misurata dallo
spettrofotometro e il peso secco. Tale correlazione è stata ottenuta preparando
delle soluzioni contenente ciascuna un differente volume di sospensione
microbica. Di ciascuna sospensione è stata prima misurata la densità ottica e
successivamente è stato determinato il contenuto in solidi sospesi.
1,8
1,6
dry weight (g/l)
1,4
1,2
1
0,8
0,6
y = 2,8946x + 0,102
R2 = 0,9964
0,4
0,2
0
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
densità ottica
Fig. 3.15 – Correlazione densità ottica – dry weight
35
3.6 Procedura di reidratazione microbica
Sia i microrganismi appartenenti alla miscela aerobica che quelli appartenenti
alla miscela anaerobica sono stati forniti liofilizzati, su un supporto a base di
crusca. Affinché potessero essere utilizzati nelle prove di crescita sono stati prima
reidratati e successivamente acclimatati ad un substrato di crescita di facile
biodegradazione. L’operazione di reidratazione è stata condotta con la stessa
modalità per i due tipi di colture, con l’unica differenza che per i microrganismi
anaerobici la procedura di reidratazione è stata realizzata all’interno del box.
Tale procedura prevede il mescolamento di 10 g di miscela batterica e 90 ml
di acqua di rubinetto in un beaker. La sospensione è stata poi messa in agitazione,
mediante agitatore magnetico, per un tempo pari ad un’ora alla temperatura di 30
°C. Successivamente la miscela è stata lasciata sedimentare per cinque minuti. In
questo modo si ha la separazione della crusca dal surnatante che contiene i
microrganismi. Il surnatante è stato poi centrifugato per 15 minuti alla velocita di
6000 rpm. Dopo questa fase i solidi sedimentati sono stati ripresi con medium e
sono stati inoculati in beuta o in fermentatore per la successiva fase di
acclimatazione.
3.7 Procedura di acclimatazione microbica
La fase di acclimatazione ha preceduto ciascuna prova. Tale procedura è
servita sia per avere a disposizione una sufficiente quantità di biomassa per le
prove in programma, sia per poter utilizzare microrganismi attivi e in grado di
degradare i substrati di crescita presenti nella soluzione in cui venivano posti. La
fonte di carbonio utilizzata nelle prove di crescita è stato il glucosio.
Sono stati condotti tre cicli di acclimatazione prima di ogni prova aerobica: il
primo, della durata di 14 ore su una concentrazione di 1000 mg/l di glucosio; il
secondo, della durata di 10 ore sempre su 1000 mg/l di glucosio; il terzo, della
durata di 12 ore, su una concentrazione di 2000 mg/l di glucosio. Normalmente le
prime due fasi di acclimatazione sono state condotte in beuta e la terza in
fermentatore al fine di avere a disposizione una maggior quantità di biomassa in
vista della prova programmata. Si è operato in modo tale da garantire che per
ogni prova i microrganismi subissero lo stesso tipo di acclimatazione (rispettando
tempi e quantità), affinché per ciascun test di crescita i microrganismi avessero
subito lo stesso trattamento preliminare e dunque le sperimentazioni potessero
essere paragonabili.
Anche prima di ogni prova anaerobica sono stati realizzati tre cicli di
acclimatazione. Come substrato di crescita si è utilizzato l’acido succinico e per
ciascun ciclo di acclimatazione la sua concentrazione è stata pari a 1000 mg/l.
I microrganismi centrifugati, siano essi aerobici o anaerobici, sono stati
ripresi con medium e dispersi in una soluzione contenente medium e glucosio, nel
caso delle prove aerobiche, e medium con acido succinico, nel caso delle prove
anaerobiche, fino ad un valore di densità ottica pari a 0,1. La soluzione, il cui
volume cambiava a seconda della quantità di microrganismi che si intendeva
36
produrre per la prova, è stata così divisa in tanti bioreattori, ciascuno per un
volume pari a 50 ml. Dopo il primo ciclo, della durata di 14 ore, il brodo di
coltura è stato centrifugato. I microrganismi separati sono stati così posti in una
nuova soluzione fresca contenente la sostanza scelta per l’acclimatazione, per
avviare un nuovo ciclo di crescita. Ad ogni fase la concentrazione di
microrganismi aumentava. Al termine del terzo ciclo, della durata di 12 ore, i
microrganismi sono stati prelevati in corrispondenza della loro fase stazionaria,
centrifugati e inoculati nelle soluzioni su cui realizzare la prova.
3.8 Metodiche analitiche
Verranno descritte le metodiche analitiche utilizzate per la determinazione
della concentrazione del glucosio, dei composti fenolici e del carbonio organico
totale (TOC).
3.8.1 Determinazione della concentrazione del glucosio
La rilevazione del glucosio è stata effettuata attraverso analisi enzimatica
utilizzando il kit Glucosio UV FL fornito dalla Eurokit (Gorizia). Il metodo è
basato sulla fosforilazione del glucosio mediante l’enzima esochinasi. Il glucosio
reagisce con ATP in presenza di esochinasi, formando glucosio-6-fosfato ed
ADP. Il kit è costituito da due reagenti: A e B. Per la preparazione del reattivo si
mescolano 4 parti di reagente A con 1 parte di reagente B. Vengono quindi
miscelati 2 ml del reagente di lavoro così ottenuto e 200 μl di campione da
analizzare. La soluzione viene lasciata in un bagno termostatico a 37 °C per 5
minuti. Per risalire alla concentrazione del glucosio presente, si utilizza la
fotometria, visto che il composto formato ha una assorbanza che viene rilevata
alla lunghezza d’onda di 340 nm. Si pone quindi la soluzione in una cuvetta in
quarzo e si legge allo spettrofotometro l’assorbanza del campione; si risale quindi
alla concentrazione del glucosio tramite retta di taratura (fig. 3.16)
precedentemente ricavata con soluzioni a titolo noto di glucosio variabili tra 50 e
500 mg/l. Si fa presente che per evitare interferenze dalla matrice acquosa si è
effettuata anche la prova in bianco, la cui assorbanza è stata scalata dai campioni
contenenti glucosio, direttamente in fase di lettura.
37
conc. glucosio (mg/l)
600
500
400
300
200
y = 313,83x - 0,2705
R2 = 0,9993
100
0
0
0,5
1
1,5
2
assorbanza (340 nm)
Fig. 3.16 - Retta di taratura assorbanza – concentrazione glucosio
3.8.2 Determinazione della concentrazione dei composti fenolici
Per la misura della concentrazione dei composti fenolici si sono utilizzate due
metodiche analitiche:
ƒ cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC);
ƒ misura
dell’assorbanza
nello
spettro
UV
mediante
spettrofotometro.
Le analisi sono state effettuate su campioni precedentemente filtrati attraverso
membrane in cellulosa con porosità di 0,45 μm.
Per l’analisi in cromatografia liquida ad alta pressione è stato utilizzato un
HPLC con strumentazione della Waters Associates (fig. 3.17): blocco pompa
modello 600A Waters, UV detector modello 2487 Waters operante a 210 nm,
autocampionatore modello 717Plus Waters e colonna C18 Chrompack di tipo
Chromsphere (15 cm di lunghezza per 4.6 mm di diametro) e degasatore I-Line
AF.
Lo schema di principio di un cromatografo liquido ad alta pressione e il
seguente (fig. 3.18): il contenuto in S viene spinto mediante la pompa P nel ramo
di riferimento del rivelatore differenziale R. A questo punto l’iniettore I provvede
a inserire il campione nel flusso del solvente ed il tutto passa quindi alla colonna
C. Successivamente l’eluito, dopo aver attraversato il ramo di misura del
rivelatore viene inviato al registratore T, dopo essere stato elaborato in M.
38
Fig. 3.17 – Moduli costituenti il sistema HPLC (Waters)
Fig. 3.18 – Schema di funzionamento del sistema HPLC
Senza entrare ulteriormente nel dettaglio delle caratteristiche tecniche
dell’HPLC, si evidenzia il meccanismo di funzionamento della colonna
cromatografica. Questa è generalmente costituita da un robusto tubo in acciaio
riempito con materiale poroso o pellicolare, per ottenere elevate superfici di
scambio. L’efficienza di una tipica colonna cromatografica è dell’ordine di 10000
piatti teorici: tale scelta permette ottime separazioni.
La fase mobile ha la funzione di trasportare i componenti da separare, ed è
quindi necessario che i composti siano solubili in tale mezzo. E’ stata utilizzata
per le analisi una miscela costituita al 35% da metanolo acidificato allo 0,1% con
acido fosforico (H3PO4) e il restante 65% da acqua ultrapura acidificata,
anch’essa con acido fosforico, sempre allo 0,1%.
In funzione della diversa affinità che i composti iniettati in colonna hanno con
la fase stazionaria, questi verranno più o meno trattenuti e quindi impiegheranno
diversi tempi per fuoriuscire dalla colonna e arrivare al rivelatore. Questo tempo
è detto tempo di eluizione ed è specifico per ogni sostanza organica affine con
l’impaccamento. Il rivelatore permette, attraverso un software, di tracciare un
grafico con dei picchi che hanno un’area proporzionale alla concentrazione della
sostanza analizzata. Dal tempo di eluizione, invece, si identifica il composto.
39
Infatti ogni composto organico ha un tempo di eluizione caratteristico per le
condizioni impostate allo strumento. E’ stata effettuata una retta di taratura
utilizzando tutti e quattro i composti fenolici presi in esame nella sperimentazione
(acido p-idrossibenzoico, acido protocatecuico, acido vanillico e catecolo) e,
successivamente, anche il fenolo. In fig. 3.19 è illustrato un cromatogramma che
indica la presenza del catecolo per una delle analisi effettuate. Nei grafici
presentati nella parte sperimentale, quando in legenda è presente la dicitura
HPLC, ci si riferisce alla concentrazione del composto fenolico utilizzato per la
prova descritta.
Fig. 3.19 – Cromatogramma ottenuto da un’analisi effettuata all’HPLC
Un’altra metodica utilizzata per la determinazione della concentrazione dei
composti fenolici è stata realizzata tramite letture dell’assorbanza dei campioni
filtrati. I composti aromatici contenuti in un campione possono essere rilevati
tramite spettrofotometro alla lunghezza d’onda di 275 nm. Le misurazioni sui
campioni filtrati sono state eseguite tramite lo spettrofotometro UV1601 della
Shimadzu. In maniera analoga a quanto effettuato per l’analisi del glucosio, si è
costruita una retta di taratura che lega l’assorbanza dei campioni esaminati alla
concentrazione di un composto fenolico rappresentativo, il catecolo nello
specifico. Infatti l’analisi all’ultravioletto non permette di distinguere tra i diversi
composti aromatici contenuti nel campione, per cui l’analisi non riesce a
discriminare tra i composti presenti all’inizio di una prova e gli eventuali
intermedi, sempre aromatici, che si potrebbero essere formati.
3.8.3 Determinazione della concentrazione del carbonio organico totale (TOC)
La determinazione del carbonio organico totale dei campioni di sospensione
filtrati (TOC) è stata effettuata mediante l’utilizzo di un analizzatore automatico
(TOC 5000A Shimadzu) dotato di catalizzatore di ossidazione di platino su
40
allumina. La quantità delle sostanze organiche che si trovano in un campione
viene determinata attraverso la misura del carbonio presente nella CO2, generata
dalla ossidazione dei composti organici presenti. Questa metodica prevede
pertanto sistemi di ossidazione delle sostanze organiche e la relativa
determinazione della CO2 prodotta. Le interferenze generate dal carbonio
inorganico vengono eliminate per acidificazione e strippaggio. Per risalire alla
concentrazione di carbonio organico si è creata una retta di taratura con soluzioni
di ftalato di potassio, a concentrazioni note comprese tra 0 e 200 mg/l. In figura
3.20 si riporta una foto dello strumento in questione.
Fig. 3.20 – Apparecchiatura per la determinazione del carbonio organico totale (TOC)
41
Capitolo 4
Degradazione microbica aerobica dei
singoli composti fenolici: analisi della
cinetica di crescita
4.1 Introduzione
Sono state effettuate prove sperimentali di crescita microbica su differenti
concentrazioni di composti fenolici dalla diversa tossicità, ovvero catecolo, acido
protocatecuico, acido vanillico e acido p-idrossibenzoico, utilizzati per ciascun
test di crescita microbica come unica fonte di carbonio e di energia, con
l’obiettivo di valutare:
- l’influenza della concentrazione del singolo composto fenolico sulla
velocità di crescita microbica;
- l’eventuale presenza di una fase di latenza e la sua durata;
- il tempo necessario per il consumo del substrato organico.
Le prove di crescita, condotte in beuta con microrganismi precedentemente
acclimatati a glucosio, sono state monitorate con letture di densità ottica ad
intervalli di tempo prestabiliti. La concentrazione iniziale di microrganismi nelle
soluzioni sintetiche preparate in laboratorio è stata sempre di 0,1 in termini di
densità ottica, pari a 380 mg/l (vedasi par. 3.5).
Dall’analisi dei dati ottenuti relativamente ai vari composti fenolici è stato
possibile sia descrivere la correlazione tra velocità di crescita e concentrazione
iniziale del singolo composto fenolico, che individuare l’equazione, tra quelle
disponibili in letteratura, che meglio interpreta l’andamento dei dati sperimentali.
4.2 Analisi cinetica della crescita su acido protocatecuico
Le prove di crescita sono state condotte nel campo di concentrazione iniziale
compreso tra 50 e 600 mg/l di PCC. La fig. 4.1 mostra alcune delle curve ottenute
con le prove di crescita effettuate.
42
0,45
525 mg/l
densità ottica (600 nm)
325 mg/l
0,35
225 mg/l
125 mg/l
0,25
0,15
0,05
0
1
2
3
4
5
6
tempo (ore)
Fig. 4.1 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PCC
Dall’osservazione di tale grafico si può osservare come, indipendentemente
dalla concentrazione iniziale di PCC, la crescita microbica necessiti di una fase di
latenza la cui durata media è di circa un’ora e mezza. Questo aspetto è
evidenziato meglio dalla fig. 4.2 che riporta l’andamento della durata della fase di
latenza in funzione della concentrazione iniziale di PCC. Tranne che per le
concentrazioni più basse sperimentate, l’andamento della fase di latenza presenta
una durata simile in tutte le prove.
2
fase lag (ore)
1,6
1,2
0,8
y = 0,0011x + 0,9525
R2 = 0,5573
0,4
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale PCC (mg/l)
Fig. 4.2 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale PCC
L’osservazione della fig. 4.1 mostra inoltre che dopo la fase di latenza
iniziale, la crescita procede raggiungendo velocemente la fase esponenziale, la
cui durata si differenzia in base alla concentrazione iniziale di PCC. Il valore di
43
densità ottica massimo raggiunto per le varie prove aumenta anch’esso
proporzionalmente al crescere della concentrazione iniziale del substrato
fenolico, come si può osservare dalla correlazione di fig. 4.3.
0,45
densità ottica massima
0,4
0,35
0,3
0,25
0,2
0,15
y = 0,0005x + 0,1147
0,1
R2 = 0,9963
0,05
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale PCC (mg/l)
Fig. 4.3 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PCC
Per ciascuna delle prove effettuate è stata individuata la fase esponenziale
della crescita (su diagramma semilogaritmico) ed è stata quindi calcolata la
relativa velocità di crescita specifica. Nella tabella che segue sono riportati i
risultati ottenuti per le prove effettuate.
Tab. 4.1 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su PCC
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
PCC (mg/l)
μ (h-1)
75
0,389
125
0,307
175
0,441
225
0,507
275
0,514
325
0,484
375
0,544
425
0,525
475
0,515
525
0,539
44
Riportando i valori delle velocità di crescita in funzione della concentrazione
iniziale di PCC è stato osservato un andamento a saturazione, cioè la velocità di
crescita aumenta per bassi valori di concentrazione mentre si stabilizza per i
valori di concentrazione più alti. Si è così pensato di descrivere tale
comportamento con l’equazione di Monod. I valori dei relativi parametri cinetici,
ovvero la velocità di crescita massima,μmax, e la costante di saturazione Ks, sono
stati calcolati come parametri di migliore adattamento ai punti sperimentali,
facendo uso di un programma di ottimizzazione basato sul metodo proposto da
Buzzi Ferraris (1968). La fig. 4.4 riporta i punti sperimentali ottenuti e la curva di
Monod che ben interpreta l’andamento cinetico.
velocità di crescita (h -1)
0,6
0,5
0,4
0,3
μmax = 0,601 h-1
Ks = 61 mg/l
0,2
0,1
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione PCC (mg/l)
Fig. 4.4 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale PCC
4.3 Analisi cinetica della crescita su catecolo
Come per l’acido protocatecuico, sono state condotte prove di crescita in
presenza del solo catecolo nel campo di concentrazione compreso tra 50 e 500
mg/l. La fig. 4.5 mostra alcune delle curve di crescita per le prove effettuate.
45
400 mg/l
densità ottica (600 nm)
0,35
350 mg/l
200 mg/l
150 mg/l
0,25
0,15
0,05
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 4.5 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di CAT
Si può constatare come la crescita richieda un tempo di latenza simile per la
maggior parte delle prove effettuate. Riportando la durata della fase di latenza in
funzione della concentrazione iniziale di catecolo (fig. 4.6) si osserva come la
fase di latenza è inferiore alle concentrazioni più basse mentre si stabilizza
intorno alle due ore a partire dalla concentrazione di 150 mg/l.
2,5
fase lag (ore)
2
1,5
1
y = 0,0013x + 1,5345
R2 = 0,6766
0,5
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale CAT (mg/l)
Fig. 4.6 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale CAT
Così come si è ottenuto per il PCC, si può osservare che, dalle prove
effettuate, il massimo valore di densità ottica massimo aumenta al crescere della
concentrazione del catecolo. Anche in questo caso è riportata la correlazione (fig.
4.7) che mostra come il catecolo sia un substrato che viene utilizzato dalla
popolazione microbica per la crescita in modo proporzionale alla sua
concentrazione iniziale.
46
0,45
densità ottica massima
0,4
0,35
0,3
0,25
0,2
0,15
y = 0,0005x + 0,1041
R2 = 0,986
0,1
0,05
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale CAT (mg/l)
Fig. 4.7 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale CAT
La tab. 4.2 riporta i valori della velocità di crescita specifica ottenuti per le
varie prove eseguite.
Tab. 4.2 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su CAT
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
CAT (mg/l)
μ (h-1)
25
0,157
50
0,238
75
0,258
125
0,308
150
0,326
175
0,356
250
0,334
300
0,358
350
0,306
400
0,293
450
0,258
500
0,297
Dall’analisi qualitativa dei dati, si può notare che la velocità di crescita
aumenta fino a raggiungere il suo valore massimo per la concentrazione di 300
mg/l e poi diminuisce. Questo ha escluso la possibilità di descrivere l’andamento
della velocità di crescita in funzione della concentrazione tramite l’equazione di
47
Monod. E’ stata così utilizzata l’equazione di Andrews che descrive una cinetica
con inibizione del substrato. Il catecolo si comporta cioè da sostanza limitante
della crescita microbica e al crescere della sua concentrazione corrisponde una
diminuzione della velocità di crescita specifica. La fig. 4.8 mostra i dati
sperimentali ottenuti, la curva di regressione e i relativi parametri cinetici
calcolati sempre tramite il programma di ottimizzazione utilizzato per i dati
ottenuti per le prove su PCC, adattandolo all’espressione dell’equazione di
Andrews.
velocità di crescita (h -1)
0,4
0,3
0,2
μmax = 0,623 h-1
Ks = 80,9 mg/l
0,1
Ki = 0,00216 (mg/l)-1
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione CAT (mg/l)
Fig. 4.8 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale CAT
4.4 Analisi cinetica della crescita su acido p-idrossibenzoico
Le prove di crescita su acido p-idrossibenzoico sono state condotte nel campo
di concentrazione compreso tra 50 e 500 mg/l. La fig. 4.9 mostra alcune delle
curve di crescita su differenti concentrazioni di PHB.
Per il PHB si può osservare una fase lag superiore alle tre ore, più lunga
perciò di quanto si sia potuto osservare per gli altri due composti. Si può inoltre
notare che la durata della fase lag non aumenta sensibilmente con la
concentrazione iniziale: prima che si abbia la fase di crescita esponenziale
trascorrono circa 3-4 ore (fig. 4.10) e questo comportamento è stato riscontrato
per tutte le prove effettuate.
48
densità ottica (600 nm)
0,35
550 mg/l
450 mg/l
0,3
300 mg/l
150 mg/l
0,25
50 mg/l
0,2
0,15
0,1
0,05
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 4.9 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PHB
6
fase lag (ore)
5
4
3
2
y = 0,0018x + 3,2186
R2 = 0,3866
1
0
0
100
200
300
400
500
600
700
concentrazione iniziale PHB (mg/l)
Fig. 4.10 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale PHB
Anche in questo caso si può osservare che si ha linearità tra la densità ottica
massima e la concentrazione iniziale del composto fenolico raggiunta (fig. 4.11).
49
densità ottica massima
0,35
0,3
0,25
0,2
0,15
y = 0,0003x + 0,1255
0,1
R2 = 0,9539
0,05
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale PHB (mg/l)
Fig. 4.11 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PHB
La tab. 4.3 riporta i valori delle velocità di crescita per le prove effettuate.
Tab. 4.3 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su PHB
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
PHB (mg/l)
μ (h-1)
50
0,075
100
0,122
150
0,149
200
0,191
300
0,191
350
0,195
400
0,204
450
0,177
500
0,181
550
0,182
600
0,172
Riportando in grafico le velocità di crescita in funzione della concentrazione
iniziale di PHB, si ottiene un andamento a saturazione che può essere descritto
tramite l’equazione di Monod. Sono stati così calcolati i relativi parametri
cinetici. La fig. 4.12 mostra i punti sperimentali ottenuti e la curva di Monod
calcolata che ben interpreta il loro andamento.
50
velocità di crescita (h -1)
0,25
0,2
0,15
0,1
μmax = 0,218 h-1
Ks = 68,3 mg/l
0,05
0
0
100
200
300
400
500
600
700
concentrazione PHB (mg/l)
Fig. 4.12 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale PHB
4.5 Analisi cinetica della crescita su acido vanillico
Anche per quanto riguarda l’acido vanillico sono state condotte prove di
crescita con concentrazioni iniziali di VAN comprese nel range 50-500 mg/l.
Nella fig. 4.13 sono riportate le curve di crescita per alcune delle prove effettuate.
50 mg/l
densità ottica (600 nm)
0,2
200 mg/l
500 mg/l
0,15
0,1
0,05
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 4.13 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di VAN
In presenza di acido vanillico si sono osservate fasi di latenza iniziali della
durata di tre-quattro ore. Alle concentrazioni più alte la crescita ha avuto inizio
anche dopo cinque ore, come si può notare dalla curva relativa a 500 mg/l di
VAN. Riportando la durata della fase di latenza in funzione della concentrazione
51
iniziale dell’acido vanillico si ottiene l’andamento mostrato in fig. 4.14 che
evidenzia come, in modo più marcato rispetto a quanto rilevato per gli altri
composti, al crescere della concentrazione di acido vanillico aumenti anche la
durata della fase di latenza.
La fig. 4.15 mostra invece l’andamento della densità ottica massima raggiunta
per le varie prove in funzione della concentrazione iniziale di acido vanillico.
Anche in questo caso al crescere della concentrazione del composto fenolico,
aumenta la densità ottica massima, anche se in modo meno netto rispetto alle
prove condotte sugli altri composti fenolici.
6
fase lag (ore)
5
4
3
y = 0,0048x + 2,5162
2
R2 = 0,8628
1
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale VAN (mg/l)
Fig. 4.14 – Correlazione tra durata fase lag e concentrazione iniziale VAN
densità ottica massima
0,4
0,35
0,3
0,25
0,2
0,15
y = 0,0003x + 0,1348
R2 = 0,9122
0,1
0,05
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione iniziale VAN (mg/l)
Fig. 4.15 – Correlazione tra densità ottica massima e concentrazione iniziale PHB
52
Riportando poi i valori delle velocità di crescita ottenuti dalle varie prove
effettuate su acido vanillico (tab. 4.4), si è riscontrato un andamento dei punti
sperimentali che può essere descritto con l’equazione di Andrews e si sono
determinati i relativi parametri cinetici. Questi sono riportati nella fig. 4.16 che
mostra anche i punti sperimentali ottenuti e la curva di Andrews calcolata.
Tab. 4.4 – Valori delle velocità di crescita ottenuti dalle prove su VAN
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
VAN (mg/l)
μ (h-1)
50
0,111
100
0,106
150
0,112
200
0,087
250
0,089
300
0,093
350
0,081
400
0,091
450
0,096
500
0,089
velocità di crescita (h -1)
0,12
0,1
0,08
0,06
μmax = 0,171 h-1
Ks = 39,8 mg/l
0,04
Ki = 0,00214 (mg/l)-1
0,02
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione VAN (mg/l)
Fig. 4.16 – Correlazione tra velocità di crescita specifica e concentrazione iniziale VAN
53
4.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
Le prove di crescita presentate in questo capitolo hanno permesso di
effettuare lo studio cinetico della crescita microbica sviluppata su ciascuno dei
quattro composti fenolici considerati in questo studio. Diverse sono le indicazioni
che possono essere tratte dagli esperimenti di crescita microbica condotti in
beuta.
Preliminarmente si possono fare alcune considerazioni relative al
comportamento dei microrganismi nel periodo successivo alla loro inoculazione
nelle beute. Infatti tutte le curve di crescita relative alle esperienze di
biodegradazione sui composti fenolici considerati hanno esibito la presenza di
un’iniziale fase di latenza. Questa può dipendere, in generale, da numerosi fattori,
tra i quali le caratteristiche delle specie batteriche e del medium di crescita
utilizzato. Per le prove sperimentali eseguite in questo lavoro ha senz’altro
giocato un ruolo fondamentale la natura del substrato di crescita, usato per
l’acclimatazione dei microrganismi. Il glucosio, infatti, ha una struttura chimica
differente da quelle dei composti fenolici utilizzati per i test di crescita. Si può
perciò presumere che la fase di latenza iniziale sia da attribuire al tempo
necessario ai microrganismi per sintetizzare gli enzimi necessari per la
degradazione dei composti fenolici a cui erano esposti. I risultati mostrano che
l’acido vanillico esibisce mediamente la fase di latenza più lunga tra i quattro
composti fenolici considerati.
La tossicità può essere un altro fattore che influisce sulla fase di latenza. Non
sono disponibili dei dati di tossicità relativi ai quattro composti fenolici nei
confronti delle colture batteriche. Tuttavia ci si può riferire ai risultati ottenuti da
Fiorentino et al. (2003) che, esaminando specie differenti (un alga, un rotifero e
due crostacei), trovarono che la tossicità degli acidi benzoici aumentava quando il
gruppo metossi era presente nella struttura. Conseguentemente si può supporre
che l’acido vanillico sia il più tossico tra quelli considerati e che le differenze
nella durata della fase lag siano da attribuire alla diversa tossicità dei composti
fenolici considerati. Un’altra conferma arriva dal confronto tra gli andamenti che
mettono in relazione la durata della fase lag con la concentrazione del singolo
composto fenolico: si sono infatti ottenuti risultati simili per quanto riguarda il
PCC, il PHB e il CAT, mentre per il VAN (fig. 4.14) la retta che correla i punti è
più ripida: per tale composto fenolico, la durata della fase di latenza aumenta al
crescere della sua concentrazione in maniera più sensibile rispetto agli altri
composti studiati.
Un’altra particolarità osservata dalle prove condotte in presenza di acido
vanillico, riguarda i profili delle curve che rappresentano la variazione della
densità ottica nel tempo. Diversamente da quanto ottenuto nelle prove condotte
sugli altri composti fenolici, le curve di sviluppo su acido vanillico esibiscono
profili irregolari caratterizzati da un andamento a gradini e non da un andamento
di crescita più regolare. Tale fenomeno può essere dovuto alla formazione di
residui tossici durante la degradazione dell’acido vanillico. Alcuni di questi
potrebbero essere lo stesso catecolo (Alvarez-Rodriguez et al., 2003) o la
formaldeide (Priefert et al, 1967, Mitsui et al., 2003), sostanze tossiche che,
54
permanendo in soluzione, potrebbero aver determinato un rallentamento dello
sviluppo microbico.
Osservando ancora l’andamento delle curve di crescita si può notare che nelle
prove effettuate su PCC e CAT, quando è terminata la fase esponenziale, si ha un
plateau che dura alcune ore. Viceversa, nelle prove in presenza di CAT o VAN,
le curve di crescita mostrano che dopo il raggiungimento del valore massimo di
densità ottica, si ha una fase declinante: è una fase di morte evidenziata dalla
diminuzione rapida della densità ottica. Questo comportamento era stato già
osservato su PHB (Lallai et al., 2003) in prove eseguite in bioreattori agitati
meccanicamente. Si suppone che la morte delle cellule possa dipendere
dall’accumulo di prodotti finiti e degli intermedi di PHB o VAN che, rimasti nel
brodo di coltura, esercitano un’elevata attività tossica nei confronti dei
microrganismi.
Come già più volte espresso, in letteratura esistono pochi studi sulla
biodegradazione dei composti fenolici esaminati in questo lavoro. E’ comunque
interessante confrontare i valori dei parametri biocinetici ottenuti in questo studio
(tab. 4.5) con altri simili reperiti in letteratura. Va però precisato che tale
confronto tiene conto del fatto che mentre per questo lavoro di tesi si sono
utilizzate colture microbiche miste, la maggior parte dei lavori reperiti in
letteratura si riferiscono a test effettuati utilizzando ceppi batterici puri; inoltre le
condizioni sperimentali (composizione medium, temperatura, pH) dei lavori a cui
ci riferiamo sono differenti da quelle utilizzate in questo lavoro di tesi.
Tab. 4.5 – Riepilogo dati cinetici ottenuti dalle prove eseguite
Espressione
μmax
Ks
Ki
cinetica
(h-1)
(mg/l)
(mg/l) -1
25-500
Andrews
0,623
80,9
0,00216
PCC
50-525
Monod
0,601
61,0
---
PHB
50-550
Monod
0,218
68,3
---
VAN
50-500
Andrews
0,171
39,8
0,00214
Substrato di crescita
Range (mg/l)
CAT
Il confronto può farsi, ad esempio, sul tipo di modello cinetico che descrive la
crescita dei microrganismi che utilizzano lo stesso composto fenolico. L'unica
conclusione comune dalla letteratura è che anche in altri lavori si sono individuati
gli stessi modelli cinetici (Monod o Andrews) ipotizzati in questo lavoro di tesi
per i composti fenolici considerati. In particolare si può effettuare un confronto
coi dati cinetici ottenuti da Di Gioia et al. (2001) che, utilizzando due differenti
ceppi batterici, il Ralstonia sp. LD35 e il Pseudomonas Putida DSM 1868, hanno
ottenuto informazioni cinetiche relative, tra gli altri, a due composti considerati in
questo lavoro, il PHB e il VAN. Per quanto riguarda l’acido p-idrossibenzoico è
stato trovato che lo sviluppo del Ralstonia sp. LD35 è inibito da questo composto
e può quindi essere descritto dal modello di Andrews. Sempre il PHB, invece,
55
non inibisce lo sviluppo del Pseudomonas Putida DSM 1868 ed il modello di
Monod interpreta bene i relativi dati sperimentali. Per la cinetica di sviluppo
microbico su acido vanillico, viceversa, è stato ottenuto che, contrariamente a
quanto trovato per la miscela microbica utilizzata in questo lavoro, non si ha
inibizione sul Pseudomonas Putida DSM 1868.
In conclusione, i dati ottenuti dalle sperimentazioni eseguite sui quattro
composti fenolici hanno permesso di individuare il comportamento cinetico delle
colture microbiche miste su detti substrati. I risultati hanno indicato che, per le
concentrazioni sperimentate, il CAT ed il VAN sono composti inibitori e i dati
cinetici sono stati interpretati tramite l’equazione di Andrews. Viceversa, i dati
ottenuti dalle sperimentazioni eseguite su PCC e PHB sono stati interpretati con
l’equazione cinetica di Monod.
56
Capitolo 5
Degradazione microbica aerobica dei
singoli composti fenolici: analisi del
consumo dei substrati
5.1 Introduzione
In questo capitolo vengono descritte alcune prove di crescite eseguite in
fermentatore in presenza di un unico substrato di crescita, costituito per ciascuna
prova da un differente composto fenolico. Tali prove sono state condotte in
fermentatore con un volume di lavoro di 3 l: è stato perciò possibile effettuare
prelievi di sospensione ed effettuare su questi le analisi chimiche per determinare
le concentrazioni dei substrati di crescita, del TOC, ecc. L’obiettivo di questo tipo
di prove è stato infatti quello di descrivere, oltre alle curve di crescita microbica,
anche quelle di consumo del substrato presente.
5.2 Crescita su catecolo. Consumo del substrato
Vengono inizialmente riportati i risultati ottenuti da una prova condotta su
una concentrazione di catecolo pari a 350 mg/l. La crescita ha mostrato una fase
di latenza (fig. 5.1) di circa quattro ore e si è conclusa dopo otto, al
raggiungimento della fase stazionaria. Il diagramma semilogaritmico evidenzia la
fase di crescita esponenziale dalla quale si è ricavato un valore di velocità
specifica pari a 0,387 h-1.
57
-0,7
-1,1
y = 0,3867x - 3,6754
ln (o.d.)
R2 = 0,9857
-1,5
-1,9
-2,3
-2,7
0
2
4
8
6
tempo (ore)
Fig. 5.1 – Crescita su CAT (350 mg/l). Calcolo della velocità di crescita
La fig. 5.2 mostra invece le curve di consumo del substrato in termini di
HPLC, di TOC e di assorbanza (UV 275 nm). Le curve, normalizzate rispetto al
valore di concentrazione iniziale per una più agevole interpretazione del loro
andamento, risultano tra loro coerenti: si può osservare che, in base ai dati
ottenuti dall’HPLC, dopo quattro ore dall’inizio della prova era stato consumato
solo il 10% del catecolo presente: ciò è in accordo con l’andamento della curva di
crescita che evidenzia un tempo di latenza della stessa durata. Successivamente il
catecolo è stato consumato durante la fase di crescita esponenziale. Al
raggiungimento della fase di stasi della crescita microbica, dopo circa otto ore
dall’inizio della prova, il consumo del substrato è pressoché completo: ciò è
confermato anche dalla fig. 5.3 che riporta il consumo del catecolo ottenuto dai
dati del solo HPLC.
1,2
0,4
0,35
o.d.
C/C0
0,8
0,3
HPLC
0,25
TOC
0,6
0,2
UV
0,15
0,4
densità ottica
1
0,1
0,2
0,05
0
0
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.2 – Consumo del substrato per la prova su CAT (350 mg/l)
58
0,4
350
0,35
300
HPLC
o.d.
0,3
250
0,25
200
0,2
150
0,15
100
densità ottica
concentrazione (mg/l)
400
0,1
50
0
0,05
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.3 – Consumo del catecolo (HPLC) per la prova su CAT (350 mg/l)
La fig. 5.4 mostra invece come la curva di crescita ottenuta in termini di dry
weight segue molto bene l’andamento ottenuto dai dati di densità ottica.
Diagrammando la crescita in termini di peso secco e il consumo di catecolo
ottenuto dai dati dell’HPLC (fig. 5.5), è possibile ricavare il valore del
coefficiente di resa, considerando i rami di crescita e di consumo esponenziali.
425
0,4
375
0,35
325
0,3
o.d.
275
0,25
225
0,2
175
0,15
125
0,1
75
densità ottica
dry weight (mg/l)
d.w.
0,05
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.4 – Curve di crescita (densità ottica e dry weight) per la prova su CAT (350 mg/l)
59
420
400
HPLC
370
300
320
d.w.
250
200
270
150
220
100
dry weight (mg/l)
concentrazione (mg/l)
350
170
50
0
120
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.5 – Crescita (dry weight) e consumo CAT (HPLC) per la prova su CAT (350 mg/l)
Il coefficiente di resa fornisce una misura della biomassa (X) prodotta in
seguito all’utilizzo del substrato (S) ed è espresso come il rapporto tra la
variazione della concentrazione dei microrganismi e la variazione della
concentrazione del substrato di crescita:
ΔX
Y=
ΔS
Per la prova in questione si è ottenuto il valore di 0,67 mgX/mgS.
5.3 Crescita su acido protocatecuico. Consumo del substrato
Come per il caso del catecolo, viene descritta una prova eseguita in
fermentatore su una concentrazione di acido protocatecuico pari a 350 mg/l. Della
prova verranno descritte, oltre alle curve di crescita, anche le curve di consumo
del substrato. La fig. 5.6 riporta, su diagramma semilogaritmico, la curva di
crescita in termini di densità ottica. Si può notare come la prova abbia avuto una
durata di circa sei ore, evidenziando una fase di latenza leggermente superiore
alle due ore. Trascorso questo tempo si è avuta la fase esponenziale dalla quale è
stata calcolata una velocità di crescita specifica pari a 0,465 h-1.
60
-0,5
-0,9
y = 0,4655x - 3.2269
ln (o.d.)
R2 = 0,9878
-1,3
-1,7
-2,1
-2,5
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (ore)
Fig. 5.6 – Crescita su PCC (350 mg/l). Calcolo della velocità di crescita
La fig. 5.7 mostra invece le curve di consumo del substrato in termini di
HPLC, TOC e di assorbanza (UV 275 nm), normalizzate rispetto al valore
iniziale. Si può osservare che, diversamente da quanto è stato rilevato per il
catecolo, si ha un’immediata riduzione del PCC nonostante nelle prime due ore
non si riscontri una crescita microbica apprezzabile: sia i dati di HPLC che di
TOC mostrano questo andamento. Si può ipotizzare che il PCC venga
decomposto e degradato verso prodotti di degradazione secondari che solo
successivamente costituiscono alimento per la crescita batterica e dunque solo in
un secondo tempo contribuiscono alla crescita della biomassa nel reattore
biologico. Inoltre, durante le prime quattro ore di prova, il PCC è stato degradato
completamente: questo si può osservare anche nella fig. 5.8 che riporta la curva
di consumo del solo PCC sulla base dei dati ottenuti dal solo HPLC. In soluzione
permangono invece dei prodotti di degradazione anche al termine della prova, dal
momento che la curva del TOC non va a zero.
61
1,2
0,325
o.d.
1
C/C0
0,8
TOC
0,225
0,6
0,175
0,4
densità ottica
0,275
HPLC
0,125
0,2
0
0,075
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.7 – Consumo del substrato per la prova su PCC (350 mg/l)
350
0,35
HPLC
0,3
250
o.d.
0,25
200
0,2
150
0,15
100
densità ottica
concentrazione (mg/l)
300
0,1
50
0
0,05
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (ore)
Fig. 5.8 – Consumo del PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l)
La fig. 5.9 mostra invece la curva di crescita in termini di densità ottica e i
punti ottenuti tramite le analisi del dry weight. Nonostante alcune discontinuità si
può affermare che i punti seguono fedelmente l’andamento della curva di
crescita.
62
0,35
250
dry weight (mg/l)
0,25
170
0,2
130
d.w.
0,15
densità ottica
0,3
210
o.d.
90
0,1
50
0,05
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.9 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PCC (350 mg/l)
Come per il caso precedente, diagrammando la crescita in termini di peso
secco e il consumo del PCC sulla base dei dati ottenuti dall’HPLC (fig. 5.10), è
possibile calcolare il valore del coefficiente di resa che per la prova in questione è
risultato pari a 0,524 mgX/mgS.
250
HPLC
300
225
250
200
d.w.
175
200
150
150
125
100
100
50
dry weight (mg/l)
concentrazione (mg/l)
350
75
0
50
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (ore)
Fig. 5.10 – Crescita (d.w.) e consumo PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l)
5.4 Crescita su acido p-idrossibenzoico. Consumo del substrato
La prova di crescita su acido p-idrossibenzoico è stata condotta su una
concentrazione pari a 400 mg/l. La crescita microbica (fig. 5.11) ha evidenziato
una fase lag di circa due ore prima di raggiungere la fase esponenziale. Questa
63
procede fino a raggiungere il valore massimo dopo circa sette ore dall’inizio della
prova e successivamente si ha la fase declinante. Il valore della velocità di
crescita specifica ottenuto è pari a 0,202 h-1.
-1,2
-1,4
ln (o.d.)
-1,6
-1,8
y = 0,2019x - 2,7015
R2 = 0,997
-2
-2,2
-2,4
0
2
4
6
10
8
tempo (ore)
Fig. 5.11 – Crescita su PHB (400 mg/l). Calcolo della velocità di crescita
Dopo quasi tre ore dall’inizio della prova la concentrazione di PHB (fig. 5.12)
si è ridotta del 25% rispetto al valore iniziale: durante di questo tempo la crescita
è minima. Durante le successive tre ore, quando si ha la fase di crescita
esponenziale, il PHB viene degradato completamente: nel campione prelevato in
corrispondenza della sesta ora dall’inizio della prova la concentrazione di PHB è
zero.
1,2
0,275
HPLC
0,235
o.d.
0,8
C/C0
0,195
0,6
0,155
0,4
densità ottica
1
0,115
0,2
0
0,075
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 5.12 – Consumo del substrato per la prova su PHB (400 mg/l)
64
La fig. 5.13 mostra invece la buona concordanza tra le curve di crescita in
termini di dry weight e in termini di densità ottica. La curva di crescita del peso
secco è stata così utilizzata per il calcolo del coefficiente di resa per il PHB (fig.
5.14), che è risultato pari a 0,487 mgX/mgS.
400
0,3
d.w.
0,25
o.d.
300
0,2
250
densità ottica
dry weight (mg/l)
350
0,15
200
0,1
150
100
0,05
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 5.13 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PHB (400 mg/l)
450
370
d.w.
HPLC
350
320
300
270
250
200
220
150
100
dry weight (mg/l)
concentrazione (mg/l)
400
170
50
0
120
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 5.14 – Crescita (d.w.) e consumo PCC (HPLC) per la prova su PCC (350 mg/l)
65
5.5 Crescita su acido vanillico. Consumo del substrato
Come per i composti precedenti, è stata effettuata una prova di crescita in
fermentatore in presenza di acido vanillico come unico substrato, con l’obiettivo
di descrivere la curva di crescita e di valutare la degradazione del substrato
presente. La prova è stata condotta su una concentrazione di 400 mg/l di VAN.
La fig. 5.15 riporta la curva di crescita in termini di densità ottica.
0,25
densità ottica
0,21
0,17
0,13
0,09
0,05
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 5.15 – Crescita in termini di densità ottica su VAN (400 mg/l)
Si può notare che, nonostante si sia considerata una concentrazione simile a
quella utilizzata per gli altri composti, lo sviluppo microbico è stato molto
ridotto: partendo da un valore di densità ottica pari a 0,1, il valore massimo
raggiunto è stato di 0,165. Confrontando infatti questa curva di crescita con
quelle già presentate in precedenza per i restanti tre composti fenolici su
concentrazioni simili, si può osservare come su acido vanillico si abbia il minore
sviluppo di biomassa (fig. 5.16).
66
CAT 350 mg/l
0,4
PCC 350 mg/l
0,35
PHB 400 mg/l
densità ottica
0,3
VAN 400 mg/l
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 5.16 – Confronto tra crescite su differenti composti fenolici
Se poi viene effettuata l’analisi della crescita su diagramma semilogaritmico
(fig. 5.17), si può notare come vi siano due differenti rami di crescita inframezzati
da una fase di stasi: la crescita, seppur caratterizzata da una bassa velocità
specifica, non necessita della fase di latenza iniziale e dura circa quattro ore;
dopodiché si ha una fase di stasi seguita da una ripresa della crescita (avente
bassa velocità) che successivamente si stabilizza intorno alla decima ora di prova.
Per interpretare questo andamento si può fare ricorso ai dati relativi al consumo
del substrato in termini di HPLC e TOC.
-1,5
-1,7
primo ramo
ln (o.d.)
y = 0,0685x - 2,3231
R2 = 0,9791
-1,9
secondo ramo
y = 0,061x - 2,4148
R2 = 0,9734
-2,1
-2,3
-2,5
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 5.17 – Crescita su VAN (400 mg/l). Calcolo della velocità di crescita
Osservando l’andamento di tali curve (fig. 5.18) si possono fare le seguenti
considerazioni: in corrispondenza del primo tratto di crescita (prime quattro ore
67
di prova) l’acido vanillico non viene consumato sensibilmente. Successivamente
la concentrazione di vanillico si riduce rapidamente di circa il 50% ma si assiste
poi ad una fase di stasi sia nel consumo (confermata anche dall’andamento del
TOC) che nella crescita microbica. Intorno all’ottava ora di prova, il vanillico
riprende ad essere consumato e in poco più di dieci ore viene completamente
degradato. Anche la curva del TOC conferma, seppure con delle discontinuità,
tale andamento. Dall’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC è risultata la
presenza di alcuni intermedi di reazione già nei primi campioni prelevati: tali
composti, formatisi dalla decomposizione della molecola dell’acido vanillico,
potrebbero essersi accumulati nel brodo di coltura ed avere esercitato una certa
tossicità nei confronti dei microrganismi rallentandone la crescita (fase di stasi
intermedia). Solo dopo una fase di adattamento a questi nuovi composti, la
crescita riprende, seppure con bassa velocità, e porta alla degradazione completa
delle sostanze organiche presenti in soluzione, in un tempo di circa 10-12 ore,
superiore a quello necessario per la degradazione degli altri composti fenolici
considerati.
0,18
1,2
TOC
HPLC
1
0,8
C/C0
0,14
0,6
0,12
0,4
densità ottica
0,16
0,1
0,2
0
0,08
0
2
4
6
8
10
12
14
16
tempo (ore)
Fig. 5.18 – Consumo del substrato per la prova su VAN (400 mg/l)
La fig. 5.19 mostra la curva di crescita in termini di densità ottica e i punti
ottenuti dalle analisi del peso secco. Anche in questo caso è stato calcolato il
coefficiente di resa considerando il ramo di crescita e quello di consumo del
substrato. Si è ottenuto un valore di 0,31 che conferma come l’acido vanillico
determini lo sviluppo microbico più basso rispetto agli altri composti fenolici
considerati.
68
180
d.w.
170
0,16
160
0,14
150
140
0,12
130
120
densità ottica
dry weight (mg/l)
o.d.
0,1
110
100
0,08
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 5.19 – Curve di crescita (o.d. e d.w.) per la prova su PHB (400 mg/l)
5.6 Modelli cinetici di consumo dei composti fenolici
Sulla base delle sperimentazioni effettuate sono stati sviluppati due modelli
cinetici per descrivere il consumo dei composti fenolici. Sono stati presi in
considerazione due sostanze che hanno evidenziato differente comportamento
cinetico: il PCC, che segue una cinetica di Monod, e il CAT, che segue una
cinetica descritta dall’equazione di Andrews.
5.6.1 Modello cinetico di consumo dell’acido protocatecuico
Le prove sperimentali descritte nel par. 4.3 hanno permesso di stabilire che
l’equazione di Monod è adatta per descrivere la cinetica di crescita su acido
protocatecuico e sono stati calcolati i relativi valori dei parametri cinetici KS e
μMAX. La prova effettuata in fermentatore su 350 mg/l di PCC (par. 5.3) ha
permesso invece di ricavare il valore del coefficiente di resa Y. Questi dati
cinetici sono stati utilizzati per ricavare un modello cinetico di consumo del PCC
quando questo viene utilizzato come unico substrato limitante per la crescita
microbica.
La velocità di crescita specifica (μ) può essere espressa in termini di
incremento di massa batterica e in funzione della biomassa presente (X) tramite la
seguente relazione:
μ=
1 dX
⋅
X dt
(1)
69
Dall’integrazione di tale relazione, supponendo che il valore della velocità di
crescita specifica rimanga costante nell’intervallo di tempo considerato, si ottiene
la seguente espressione per X:
X = X 0 ⋅ e μ ( t −tr )
(2)
Il termine tr è definito come il tempo di ritardo ed è pari alla durata della fase di
latenza che precede il consumo del composto organico in questione. Per il PCC il
valore della velocità di crescita è funzione della concentrazione del substrato (S)
tramite l’equazione di Monod:
μ=
μ MAX ⋅ S
KS + S
(3)
Per questa equazione erano stati trovati i seguenti valori dei parametri cinetici:
μmax = 0,601 h-1 e Ks = 61 mg/l.
Dalla definizione del coefficiente di resa, che lega la variazione di
concentrazione del substrato e della concentrazione di biomassa nel tempo, si può
invece scrivere:
dS
1 dX
=− ⋅
dt
Y dt
(4)
Il sistema costituito dalla (1) e dalla (4) è stato risolto per via numerica
integrando con la condizione all’inizio della prova effettuata (per t=0) in cui le
due variabili, concentrazione del substrato e della biomassa, assumono i seguenti
valori: S=S0 e X=X0. Le concentrazioni iniziali di PCC e di biomassa spno state
ricavate dalle analisi, rispettivamente tramite HPLC e dry weight, effettuate sul
campione iniziale della prova di crescita su 350 mg/l di PCC. Poiché il consumo
del PCC è stato immediato si è assunto un tempo di ritardo nullo. La fig. 5.20
mostra i punti sperimentali e la curva ottenuta tramite il modello cinetico che
descrive abbastanza fedelmente l’andamento dei dati sperimentali.
Il buon accordo tra dati sperimentali e modello permette di sostenere che la
curva ottenuta dal modello interpreta abbastanza fedelmente l’andamento del
consumo del substrato ottenuto tramite i dati sperimentali ricavati dalle analisi
effettuate sui campioni prelevati durante la prova effettuata su 350 mg/l di PCC.
70
350
concentrazione (mg/l)
300
250
200
150
100
50
0
0
1
2
3
4
5
6
tempo (ore)
Fig. 5.20 – Modello cinetico di consumo dell’acido protocatecuico
La corrispondenza tra modello e dati sperimentali ottenuti nella prova
condotta in fermentatore su 350 mg(l di PCC, è stata ottenuta nonostante il
modello utilizzi i parametri cinetici ottenuti con una tipologia di prove differenti
(in beuta su diverse concentrazioni di PCC) che avevano come obiettivo la
descrizione della variazione della velocità di crescita in funzione della
concentrazione del composto fenolico.
La risoluzione del sistema di due equazioni, inoltre, supera i limiti che
deriverebbero dalla risoluzione numerica della sola equazione (1).
L’approssimazione di considerare la velocità di crescita specifica μ costante
nell’intervallo di tempo considerato, può essere valida per piccoli intervalli di
tempo, ma perde la sua efficacia per un intervallo più ampio. La fig. 5.21 mostra
infatti la curva di consumo del substrato che si otterrebbe dalla risoluzione della
sola equazione (1) ed è confrontata con l’andamento ottenuto sulla base dalla
risoluzione del sistema.
71
concentrazione (mg/l)
350
300
250
200
150
100
50
0
0
1
2
3
4
5
6
tempo (ore)
Fig. 5.21 – Confronto tra la curva di consumo del substrato ottenuta dal modello e
quella che si ottiene dalla sola risoluzione dell’equazione (1)
5.6.2 Modello cinetico del consumo del catecolo
Analogamente a quanto è stato fatto per il PCC, è stato sviluppato un modello
cinetico del consumo del catecolo con riferimento alla prova eseguita sulla
concentrazione di 350 mg/l. Per questo composto fenolico si era ottenuta una
cinetica descritta dall’equazione di Andrews (cinetica con inibizione) e si erano
ottenuti i seguenti valori dei relativi parametri:
μmax = 0,623 h-1, Ks = 80,9 mg/l e Ki = 0,00216 (mg/l)-1.
Il valore del coefficiente di resa era stato invece calcolato nel par. 5.2. E’stato
poi considerato un tempo di ritardo td pari a quattro ore, corrispondente alla
durata della fase di latenza ricavato sperimentalmente. La risoluzione numerica
ha fornito l’andamento del consumo del CAT per la prova eseguita. La fig. 5.22
mostra l’andamento dei punti sperimentali ottenuti dalle analisi fatte sui campioni
e la curva ottenuta tramite il modello cinetico. Si può notare, anche in questo
caso, una buona coincidenza tra dati sperimentali e modello.
72
400
concentrazione (mg/l)
350
300
250
200
150
100
50
0
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 5.22 – Modello cinetico di consumo del catecolo
5.7 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
In questo capitolo sono state presentate quattro prove di crescita su altrettanti
composti fenolici. Le prove sono state condotte in fermentatore con l’obiettivo di
studiare sia la curva di crescita batterica che quella di consumo del substrato
organico presente, nonché di determinare il coefficiente di resa inteso come
rapporto tra la variazione dello sviluppo microbico in termini di dry weight e la
variazione del consumo del substrato nel corso della prova.
Per tutte le prove eseguite si è ottenuto il consumo totale del composto
fenolico presente. Il PCC è stato consumato più velocemente degli altri composti,
in un tempo inferiore alle quattro ore dall’inizio della prova. Sei ore sono servite
invece per il consumo di CAT e PHB, mentre quasi dodici ne sono occorse per
degradare completamente il VAN presente in soluzione. Per le prove eseguite si è
avuta una rimozione del TOC quasi completa, compresa tra il 90 e il 95%. Alle
concentrazioni sperimentate i microrganismi sono stati in grado di consumare
perciò anche buona parte dei prodotti di degradazione sviluppati dalla
demolizione della molecola del composto fenolico presente all’inizio della prova.
Per quanto riguarda i valori dei coefficienti di resa, questi sono riportati nella
tab. 5.1 che mostra come il maggiore sviluppo microbico specifico si è avuto in
presenza di catecolo e acido protocatecuico, come peraltro si è potuto apprezzare
in modo indicativo dall’osservazione della fig. 5.16. Per l’acido p-idrossibenzoico
e l’acido vanillico si sono ottenuti i valori più bassi del coefficiente di resa.
73
Tab. 5.1 – Valori del coefficiente di resa per le prove eseguite
Resa Y
Composto e
concentrazione (mg/l)
(mgX/mgS)
CAT 350
0,670
PCC 350
0,524
PHB 400
0,487
VAN 400
0,310
Sono stati infine descritti due modelli cinetici, uno per il consumo del
catecolo e uno per il consumo dell’acido protocatecuico. Ciascun modello è stato
costruito utilizzando i dati cinetici ottenuti dalle prove sperimentali eseguite: in
particolare dalla sperimentazione eseguita in beuta si è ricavata l’espressione
cinetica che meglio descrive la variazione della velocità di crescita in funzione
della concentrazione di substrato, calcolando i relativi parametri cinetici. Dalle
prove eseguite in fermentatore, sulla base della conoscenza dei dati di consumo
del substrato di crescita è stato determinato il valore del coefficiente di resa.
Questi dati, seppure ottenuti da queste diverse tecniche e con apparati
sperimentali differenti, hanno permesso di ricavare una relazione analitica che
ben si adatta ai punti sperimentali ottenuti. Prevedere l’andamento della
concentrazione del substrato nel tempo per un determinato esperimento di
crescita è fondamentale sia per la definizione delle condizioni operative a cui
questo deve essere condotto, sia per il corretto dimensionamento del reattore nel
quale questo deve avvenire.
74
Capitolo 6
Crescita microbica aerobica su
miscele di substrati organici
6.1 Introduzione
Le prove descritte nei capitoli precedenti sono state realizzate in presenza di
un’unica fonte di carbonio e di energia per i microrganismi, costituita da un
singolo composto fenolico. In questo capitolo verranno invece presentate le prove
effettuate su miscele di più composti organici.
Una prima tipologia di prove è stata realizzata su miscele costituite da
glucosio, quale rappresentante delle sostanze facilmente degradabili, e da un
composto fenolico. Nella realtà, una situazione di questo tipo si verifica quando
in una vasca a fanghi attivi per il trattamento di un refluo di origine domestica
(caratterizzati da facile degradabilità) si immette lo scarico proveniente da
un’industria agro-alimentare contenente composti tossici (ad es. fenoli), oltre ad
una componente organica facilmente degradabile. Nella maggior parte dei casi la
vasca a fanghi attivi è dimensionata per ottimizzare la degradazione del carico
organico presente nel refluo di origine domestica. L’immissione di sostanze più o
meno recalcitrante può far sì che i microrganismi possano rallentare la loro
attività determinando sia un abbassamento dell’efficienza di rimozione globale
dell’impianto sia la possibilità che questi composti possano superare indenni lo
stadio a fanghi attivi. Per questo motivo le prove di crescita sono state condotte
con microrganismi precedentemente acclimatati a glucosio, ovvero in grado di
consumare una frazione organica facilmente degradabile analoga a quella
presente in un refluo di origine domestica, con lo scopo di determinare le
modalità di consumo dei substrati
Una seconda tipologia di prove è stata invece effettuata su miscele costituite
da più composti fenolici, per studiare il comportamento della coltura batterica
esposta contemporaneamente a composti caratterizzati da differenti cinetiche di
crescita (es. Monod per il PCC e Andrews per il CAT).
75
6.2 Crescita su composto fenolico e glucosio
Le prove descritte in questa sezione sono state condotte su miscele costituite
da glucosio e da ciascuno dei composti fenolici considerati in questo lavoro di
tesi, evidenziando in particolare le differenze di comportamento in presenza di
composti la cui cinetica segue l’equazione di Monod (PCC e PHB) e di composti
la cui cinetica segue l’equazione di Andrews (CAT e VAN). Alcune prove di
crescita sono state condotte nelle beute per descrivere esclusivamente le curve di
crescita batterica, altre nei fermentatori, per determinare anche le modalità di
consumo dei substrati utilizzati.
6.2.1 Crescita su acido protocatecuico e glucosio
Una prima serie di prove è stata condotta in beute contenenti ciascuna una
miscela costituita da PCC e glucosio. In particolare ciascuna beuta conteneva la
stessa quantità di glucosio (1000 mg/l) mentre la concentrazione di PCC variava
nel campo di concentrazione tra 100 e 500 mg/l.
La fig. 6.1 mostra un confronto tra tre diverse prove, una effettuata su solo
PCC (350 mg/l), una su solo GLUC (1000 mg/l) e una terza su una miscela dei
due composti alle stesse concentrazioni delle due beute singole.
PCC 350 + GLUC 1000
0,8
0,7
densità ottica
0,6
0,5
GLUC 1000 mg/l
0,4
0,3
PCC 350 mg/l
0,2
0,1
0
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 6.1 – Influenza del PCC sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita
Questo confronto permette di fare alcune considerazioni. Osservando la curva
di crescita su solo PCC si può notare come sia presente una fase di latenza
superiore alle tre ore, in accordo con quanto si era trovato nella prova analoga
presentata nel cap. 4. Quando oltre al PCC è presente anche il glucosio, la
crescita procede invece senza alcuna fase di latenza poiché i microrganismi erano
stati acclimatati proprio a tale composto. Inoltre, prima dell’inoculo, i
microrganismi erano stati recuperati in corrispondenza della fase di crescita
76
esponenziale nell’ultimo ciclo di acclimatazione: in queste condizioni sono in
grado di consumare subito il substrato di crescita. Facendo poi un confronto tra la
curva di crescita ottenuta dalla prova con solo glucosio e quella ottenuta sulla
miscela PCC-glucosio, si può osservare che, alle concentrazioni sperimentate, la
presenza del PCC non rallenta in alcun modo la crescita ma addirittura la esalta,
se è vero che la velocità di crescita sulla miscela PCC-GLUC (0,433 h-1) è
superiore a quella per la prova sul solo GLUC (0,414 h-1). Inoltre la densità ottica
massima raggiunta nella prova sulla miscela è nettamente superiore sia a quella
su solo PCC che a quella su solo GLUC.
La fig. 6.2 mostra le curve di crescita relative a tutte le prove effettuate. Si
può osservare che le curve di crescita sono sovrapponibili per le prime quattro ore
di prova. Successivamente si differenziano a seconda della concentrazione di
PCC: viene raggiunta una maggiore densità ottica nelle beute con una più alta
concentrazione del composto fenolico e in quei casi la fase stazionaria successiva
alla fase di crescita esponenziale è raggiunta più tardi.
0,9
0,8
densità ottica
0,7
0,6
0,5
GLUC 1000
0,4
GLUC 1000 + PCC 100
GLUC 1000 + PCC 200
0,3
GLUC 1000 + PCC 300
0,2
GLUC 1000 + PCC 400
GLUC 1000 + PCC 500
0,1
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 6.2 – Crescita su miscele di PCC e GLUC. Confronto tra curve di crescita
Per ciascuna delle prove eseguite è stata calcolata la velocità specifica
riportando le curva di crescita su diagramma semilogaritmico. Le prove riportate
in fig. 6.2 hanno mostrato ciascuna un unico ramo di crescita, senza che le curve
di sviluppo microbico presentassero un cambio di pendenza. Poiché la
concentrazione di glucosio è rimasta costante per tutte le prove mentre variava
quella del PCC, è stato possibile valutare la relazione tra velocità di crescita e
concentrazione iniziale di PCC, analogamente a quanto si è fatto per lo studio
cinetico in presenza del solo composto fenolico. La fig. 6.3 riporta tale
correlazione dalla quale risulta evidente come si abbia un andamento del tipo “a
saturazione” che è stato interpretato con l’equazione di Monod; anche in questo
77
caso sono stati determinati i relativi parametri cinetici, riportati sempre nella
figura suddetta.
velocita di crescita (h-1)
0,6
0,5
0,4
0,3
μMAX = 0,473 h-1
0,2
Ks = 9,5 mg/l
0,1
0
0
100
200
300
400
500
600
concentrazione PCC (mg/l)
Fig. 6.3 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione PCC
per le prove in presenza di PCC e GLUC
Dall’analisi delle curve di consumo dei composti presenti in soluzione si
possono ricavare alcune indicazioni sulle modalità di degradazione del glucosio e
del PCC. La fig. 6.4 mostra la curva di crescita per una prova condotta in
fermentatore su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di PCC e le curve di consumo dei
due substrati in termini di concentrazioni normalizzate. Si può notare come il
glucosio è il primo substrato ad essere consumato e che entro le prime quattro ore
è stato completamente consumato. Diverso è il comportamento nel caso del PCC:
dopo le prime due ore il composto fenolico non è stato ancora degradato dai
microrganismi. Quando inizia il consumo del PCC non c’è quasi più glucosio in
soluzione: si ipotizza perciò una degradazione sequenziale dei substrati, per cui
sarebbe prima consumato il substrato organico di facile degradazione (GLUC) e
successivamente il substrato fenolico (PCC). Contrariamente a quanto si è potuto
evidenziare con le prove condotte in beuta e precedentemente discusse, la curva
di crescita presenta due differenti rami di crescita senza fase di stasi intermedia.
Questi corrispondono alle fasi di consumo dei due substrati e confermano come la
crescita avvenga prima sul glucosio, con una data velocità, poi su PCC, con
velocità differente. Si noti ancora come la crescita microbica continua, dopo sei
ore dall’inizio della prova, a spese dei prodotti di degradazione sia del glucosio
che del PCC: entrambi i substrati iniziali infatti sono stati già consumati, ma la
curva del TOC mostra come il carico organico non è stato completamente
abbattuto. Alla conclusione della prova resta un TOC residuo pari a circa il 10%
del valore iniziale.
78
TOC
1,2
0,7
HPLC
0,6
GLUC
1
o.d.
C/C0
0,4
0,6
0,3
0,4
0,2
0,2
densità ottica
0,5
0,8
0,1
0
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 6.4 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di PCC. Crescita e consumo substrati
6.2.2 Crescita su catecolo e glucosio
In questo paragrafo vengono presentate alcune prove di crescita che sono
state condotte su miscele in cui erano presenti, con diverse concentrazioni,
catecolo e glucosio.
La fig. 6.5 mostra le curve di crescita ottenute da tre prove, una condotta su
350 mg/l di GLUC, una su 100 mg/l di CAT e una sulla miscela costituita da 350
mg/l di GLUC e 100 mg/l di CAT.
GLUC 350 + CAT 100
0,4
GLUC 350
0,35
CAT 100
densità ottica
0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 6.5 – Influenza del CAT sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita
79
In questo primo caso considerato, confrontando le due curve di crescita
relative alle prove in cui era presente il glucosio, si può affermare che il catecolo,
presente in bassa concentrazione nella miscela, non influenza in alcun modo la
crescita: le due curve sono infatti quasi sovrapponibili, ma in quella dove è
presente il catecolo si raggiunge una densità ottica maggiore.
Utilizzando una concentrazione maggiore di catecolo si rilevano indicazioni
differenti. La fig. 6.6 mostra il confronto tra curve di crescita ottenute da tre
diverse prove condotte su 350 mg/l di GLUC, su 500 mg/l di CAT e sulla miscela
dei due (350 mg/l di GLUC e 500 mg/l di CAT). La crescita su catecolo richiede
oltre quattro ore di fase di latenza analogamente a quanto trovato in prove
precedenti. Osservando invece le due curve in cui è presente il glucosio, si può
notare che la crescita procede senza fase di latenza (sempre perché i
microrganismi sono acclimatati a glucosio), mentre nel caso della miscela la
presenza del catecolo tende a ritardare la crescita microbica che presenta una fase
di latenza di circa due ore. Inoltre, la curva di crescita sulla miscela, presenta due
differenti rami di crescita: ciò fa supporre un consumo sequenziale dei due
substrati.
0,6
GLUC 350
CAT 500 + GLUC 350
densità ottica
0,5
CAT 500
0,4
0,3
0,2
0,1
0
2
4
6
8
10
12
14
tempo (ore)
Fig. 6.6 – Influenza del CAT sullo sviluppo microbico. Confronto tra curve di crescita
Tale ipotesi è confermata dall’analisi di un’altra prova effettuata in
fermentatore sulla miscela costituita da 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT.
La fig. 6.7 mostra l’andamento della crescita in termini di densità ottica e di peso
secco. Si può notare che, dopo una breve fase di latenza (inferiore alle due ore), si
ha un primo ramo di crescita che procede sino a raggiungere una fase di stasi,
dopo cinque ore dall’inizio della prova. Di seguito c’è una ripresa della crescita,
seppur breve e con bassa velocità. La fig. 6.8 mostra su diagramma
semilogaritmico i valori delle velocità relative ai due differenti rami di crescita.
80
750
0,7
650
densità ottica
0,6
550
o.d.
d.w.
0,5
450
0,4
350
0,3
250
0,2
dry weight (mg/l)
0,8
150
0,1
0
50
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 6.7 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT – Curve di crescita
0
ln (o.d.)
-0,5
-1
PRIMO RAMO
SECONDO RAMO
y = 0,4518x - 2,6607
R2 = 0,9927
y = 0,1797x - 1,431
R2 = 0,9774
-1,5
-2
-2,5
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 6.8 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT – Velocità di crescita
Le curve di consumo chiariscono meglio le modalità di utilizzo dei due
substrati (fig. 6.9). Il glucosio viene consumato per primo e già dopo quattro ore
di prova è stato degradato completamente; la prima fase della crescita avviene su
tale substrato di facile degradabilità. Il consumo del catecolo inizia solo dopo
quello del glucosio, dopo circa cinque ore dall’inizio della prova e dopo la fase di
stasi intermedia. Una crescita di questo tipo è definita diauxica: i microrganismi
degradano prima il substrato meno tossico (in questo caso il glucosio);
successivamente necessitano di una nuova fase di stasi necessaria per sintetizzare
gli enzimi necessari per la degradazione dell’altro substrato presente (in questo
caso il catecolo). In definitiva si assiste ad un consumo anche in questo caso
sequenziale dei due substrati, ma rispetto al caso precedente, in cui il composto
81
fenolico era il PCC, si ha una fase di stasi intermedia nel consumo dei due
substrati: questo è da attribuire alla maggiore tossicità del catecolo. Tramite
l’osservazione della fig. 6.9 si può ancora osservare che dopo circa sette ore
dall’inizio della prova non c’è più catecolo in soluzione e anche il TOC si è
ridotto del 90%.
HPLC
1
TOC
0,8
GLUC
0,7
o.d.
0,6
C/C0
0,8
0,5
0,4
0,6
0,3
0,4
densità ottica
1,2
0,2
0,2
0,1
0
0
0
2
4
6
8
tempo (ore)
Fig. 6.9 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT. Curve consumo substrati
6.2.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio
La fig. 6.10 mostra la curva di crescita, in termini di densità ottica e di dry
weight, per una prova condotta su 1000 mg/l di glucosio e 400 mg/l di PHB.
1000
0,5
0,4
o.d.
600
0,3
d.w.
400
0,2
200
0,1
0
densità ottica
dry weight (mg/l)
800
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
tempo (ore)
Fig. 6.10 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di PHB – Curve di crescita
82
Si può osservare che la crescita procede dopo una breve fase di latenza
iniziale di circa un’ora, nonostante i microrganismi fossero stati acclimatati a
glucosio. Successivamente si ha la fase di crescita esponenziale seguita da una
brevissima fase di stasi dopo circa quattro ore dall’inizio della prova; terminata la
fase stazionaria la crescita riprende.
L’analisi delle curve di consumo (fig. 6.11) mostra che anche in questo caso i
due substrati vengono degradati in modo sequenziale e che ancora una volta è
consumato per primo il glucosio (entro le prime cinque ore di prova) e
successivamente il PHB (entro le prime sette ore). Dopo quasi sette ore
dall’inizio della prova il composto fenolico è stato completamente degradato.
GLUC
1000
0,5
HPLC
0,4
o.d.
600
0,3
400
0,2
200
0,1
0
densità ottica
dry weight (mg(l)
800
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
tempo (ore)
Fig. 6.11 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di PHB – Consumo dei substrati
6.2.4 Crescita su acido vanillico e glucosio
Le prove di crescita microbica in presenza della miscela costituita da acido
vanillico e glucosio hanno confermato alcuni risultati trovati nelle prove sulle
altre miscele: i batteri consumano inizialmente il glucosio e successivamente
l’acido vanillico. Anche in questo caso si ha perciò un consumo sequenziale, ma
diversamente da quanto si è osservato nelle prove in presenza di catecolo, non si
assiste ad una fase di stasi intermedia nella crescita. Il vanillico però influisce in
altro modo sulla crescita microbica (fig. 6.12), determinando una breve fase di
latenza iniziale. Inoltre, nonostante sia presente il glucosio, si assiste anche in
questo caso, alla crescita a gradini già osservata per le prove in cui l’acido
vanillico era presente come unico substrato. Dalle curve di confronto presentate
nella fig. 6.12 si osserva comunque che si raggiunge una densità ottica maggiore
per le prove con più alta concentrazione di acido vanillico.
83
GLUC 400 + VAN 500
0,38
GLUC 400 + VAN 300
densità ottica
0,33
GLUC 400 + VAN 100
GLUC 400
0,28
VAN 300
0,23
0,18
0,13
0,08
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 6.12 – Prova su 1000 mg/l di GLUC e 400 mg/l di VAN – Consumo dei substrati
6.3 Crescita su miscele di composti fenolici
La presenza di più composti fenolici in un refluo industriale può dar luogo a
diversi fenomeni di inibizione della crescita microbica. Questi dipendono dalla
natura e dalla concentrazione dei composti che sono presenti, nonché dalla loro
tossicità. La presenza di una sostanza fenolica di più facile degradazione può
agevolare il consumo di un altro composto avente struttura chimica simile; d’altra
parte l’elevata tossicità di un composto può determinare un ritardo nel consumo
di quelle sostanze che hanno una più elevata degradabilità. Sono state perciò
realizzate prove di crescita in presenza di più composti fenolici per indagare il
comportamento dei microrganismi in tali miscele e per stabilire anche in questo
caso le modalità di consumo dei substrati, in particolare osservando cosa succede
quando si ha a che fare con miscele di composti fenolici che hanno evidenziato
differente comportamento cinetico.
6.3.1 Crescita su acido protocatecuico e catecolo
La fig. 6.12 mostra un confronto tra tre curve che si riferiscono a colture che
si sviluppano la prima su 350 mg/l di PCC, la seconda su 250 mg/l di CAT e la
terza sulla miscela costituita dai due composti fenolici (alle stesse concentrazioni
delle altre due). La prova con solo PCC è quella che evidenziato la fase di latenza
più breve; la presenza del CAT in miscela con il PCC ha ritardato leggermente la
crescita microbica rispetto al caso in cui il PCC è presente da solo. Si noti
comunque che la curva di crescita non presenta cambi di pendenza e che la
densità ottica massima raggiunta è maggiore rispetto alle prove in cui i composti
sono presenti da soli. Sul solo PCC è stata ottenuta una velocità di crescita di
0,658 h-1, su solo CAT di 0,513 h-1 mentre sulla miscela la velocità è stata pari a
0,557 h-1.
84
0,6
densità ottica
0,5
0,4
0,3
PCC 350 + CAT 250
0,2
PCC 350
0,1
CAT 250
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 6.12 – Crescita su PCC e CAT. Confronto tra curve di crescita
Rispetto alla prova con solo PCC, la presenza del CAT ha come effetto quello
di diminuire la velocità di crescita, anche se di poco. D’altra parte si può dire che
rispetto alla prova su solo CAT, la presenza del PCC la aumenta. Variando poi la
concentrazione del catecolo e mantenendo fissa quella dell’acido protocatecuico
(diagramma semilogaritmico di fig. 6.13), si può osservare che al crescere della
concentrazione del CAT aumenta il valore massimo della densità ottica e
aumenta leggermente la lunghezza della fase di latenza, mentre non vi sono
variazioni significative per ciò che riguarda i valori delle velocità di crescita. La
tab. 6.1 riporta i valori calcolati: si può osservare come al variare della
concentrazione del catecolo non si hanno sostanziali variazioni delle velocità di
crescita.
Tab. 6.1 - Velocità di crescita per le prove condotte su PCC e CAT
PROVA
VELOCITA’ DI CRESCITA (h-1)
PCC 350 mg/l + CAT 150 mg/l
0,555
PCC 350 mg/l + CAT 250 mg/l
0,516
PCC 350 mg/l + CAT 350 mg/l
0,531
PCC 350 mg/l + CAT 450 mg/l
0,507
85
-0,4
densità ottica
-0,8
-1,2
PCC 350 + CAT 250
-1,6
PCC 350 + CAT 150
PCC 350 + CAT 350
-2,0
PCC 350 + CAT 450
-2,4
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 6.13 – Velocità di crescita per le prove su PCC e CAT
L’analisi del consumo dei substrati per una di queste prove (quella su 350
mg/l di PCC e 250 mg/l di CAT) fornisce indicazioni interessanti circa le
modalità di degradazione dei due composti. La fig. 6.14 mostra infatti che entro
le prime tre ore dall’inizio dalla prova la concentrazione dei due substrati resta
inalterata. Successivamente i due composti fenolici vengono consumati
contemporaneamente e dopo cinque ore dall’inizio della prova entrambe le
concentrazioni sono nulle, la densità ottica ha raggiunto il suo valore massimo e
inizia la fase stazionaria. Si noti inoltre come si sia avuta la quasi totale
rimozione anche del carico organico presente, dal momento che al termine della
prova la curva del TOC tende a zero.
0,55
0,45
300
0,35
CAT
PCC
200
0,25
TOC
100
densità ottica
concentrazione (mg/l)
400
0,15
0
0,05
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 6.14 – Prova su 350 mg/l di PCC e 250 mg/l di CAT. Curve consumo substrati
86
6.3.2 Crescita su acido protocatecuico e acido vanillico
L’acido vanillico, così come il catecolo, è un composto la cui cinetica di
crescita è stata interpretata con l’equazione di Andrews. In questo paragrafo verrà
evidenziato cosa accade quando l’acido vanillico è presente in soluzione insieme
all’acido protocatecuico.
La fig. 6.15 mostra inoltre un confronto tra curve di crescita per diverse prove
effettuate. Le curve si riferiscono ad una prova su solo VAN (380 mg/l), ad una
su solo PCC (350 mg/l) e a quella sulla loro miscela. Confrontando la curva di
sviluppo microbico avvenuta sulla miscela rispetto a quella sul solo PCC, si può
osservare come la crescita su PCC e VAN si sviluppa successivamente: la curva
di crescita sulla miscela richiede una fase di latenza di durata maggiore rispetto a
quella su solo PCC. Per quanto riguarda invece la prova su solo acido vanillico,
in questo caso si è avuta una fase di latenza più elevata rispetto a quanto
riscontrato in altre prove su concentrazioni simili: la crescita infatti si è sviluppata
tra la decima e la 25ma ora di prova, come si può rilevare dai pochi dati
disponibili.
Si è ottenuta una maggiore densità ottica (e quindi un maggiore sviluppo di
biomassa) nella prova in cui erano presenti i due composti, piuttosto che in quelle
in cui i composti fenolici erano presenti da soli. Osservando poi sul diagramma
semilogaritmico (fig. 6.16) la curva della crescita avvenuta sulla miscela, si
possono rilevare due differenti rami di crescita caratterizzati da pendenze
differenti, le cui relative velocità di crescita sono riportate in figura.
0,5
concentrazione (mg/l)
0,45
0,4
0,35
0,3
0,25
0,2
PCC 350 + VAN 380
0,15
0,1
PCC 350
0,05
VAN 380
0
0
5
10
15
20
25
30
tempo (ore)
Fig. 6.15 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Consumo dei substrati
Tra i due rami di crescita è presente anche una breve fase di latenza che fa
pensare ad un consumo sequenziale dei due substrati fenolici. Le curve di
consumo chiariscono meglio come avviene la degradazione in presenza della
miscela.
87
-0,5
ln (o.d.)
-0,9
secondo ramo
y = 0,2276x - 3,0687
-1,3
R2 = 0,9902
-1,7
primo ramo
-2,1
y = 0,1534x - 2,5298
R2 = 0,9593
-2,5
0
5
10
15
20
tempo (ore)
Fig. 6.16 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Velocità di crescita
Nelle prime quattro ore di prova (fig. 6.17) non viene consumato nessuno dei
due composti. La degradazione dell’acido protocatecuico inizia prima di quella
del vanillico, ma il consumo di quest’ultimo comincia quando è ancora presente
PCC in soluzione. Il primo ramo di crescita è attribuibile alla degradazione del
solo PCC, il secondo a quella del VAN. Sostanzialmente il consumo è
sequenziale, anche se esiste una breve fase in cui i due composti sono consumati
contemporaneamente. Al termine della prova resta un TOC residuo pari al 12%
del valore iniziale
0,45
o.d.
350
0,4
300
0,35
250
VAN
0,3
200
PCC
0,25
150
0,2
100
0,15
50
0,1
0
densità ottica
concentrazione (mg/l)
400
0,05
0
5
10
15
20
tempo (ore)
Fig. 6.17 – Prova su 350 mg/l di PCC e 380 mg/l di VAN. Consumo dei substrati
In definitiva, si è avuta la degradazione completa dei due composti fenolici e
un consumo quasi totale del carico organico presente.
88
6.3.3 Crescita su catecolo e acido vanillico
Un’ulteriore prova è stata condotta in presenza di due composti che hanno
mostrato una cinetica con inibizione: catecolo e acido vanillico. La fig. 6.18
mostra la curva di crescita e le curve di consumo relative alla prova su 380 mg/l
di VAN e 250 mg/l di CAT. La crescita ha richiesto una fase di latenza superiore
alle quattro ore e poi procede, seppure con qualche discontinuità, evidenziando
un unico ramo di crescita per una velocità pari a 0,210 h-1.
0,3
400
VAN
o.d.
0,25
300
250
0,2
CAT
200
0,15
150
densità ottica
concentrazione (mg/l)
350
100
0,1
50
0
0,05
0
5
10
15
tempo (ore)
Fig. 6.18 – Prova su 380 mg/l di VAN e 250 mg/l di CAT. Consumo dei substrati
Le curve di consumo dei substrati (fig. 6.18) mostrano che il consumo dei due
composti fenolici è stato contemporaneo. Dopo circa cinque ore dall’inizio della
prova era già stato degradato il 30% del valore di concentrazione iniziale dei due
composti. Alla decima ora di prova entrambi i composti sono stati completamente
consumati dalla biomassa, in accordo con quanto evidenziato dalla curva di
crescita che mostra, in corrispondenza, il raggiungimento della fase stazionaria.
Al termine della prova resta un TOC residuo pari a circa il 10% del valore
iniziale. Dall’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC è stata evidenziata, durante
la prova, la formazione di un prodotto di degradazione la cui concentrazione
inizialmente cresce e poi diminuisce fino a tendere a zero al termine della prova,
in accordo con la curva di sviluppo del carbonio organico totale.
89
6.4 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
In questo capitolo sono state presentate le prove di crescita eseguite in
presenza di più substrati organici dalle caratteristiche diverse. Una prima serie di
prove è stata condotta su miscele costituite da glucosio e da ciascuno dei
composti fenolici utilizzati in questo lavoro di tesi. Altre prove hanno invece
riguardato miscele costituite da più composti fenolici in soluzione. L’obiettivo di
entrambe le tipologie di prove è stato quello di studiare in che modo la
contemporanea presenza di composti dalle caratteristiche differenti potesse
influire sulla crescita microbica e sulla degradazione.
Dalle prove eseguite in presenza di GLUC e di un composto fenolico si è
potuto osservare che la crescita si sviluppa inizialmente sul glucosio, substrato sul
quale è avvenuta l’acclimatazione, e successivamente sul composto fenolico. In
presenza di CAT la curva di crescita presenta una fase di latenza intermedia
(crescita diauxica), successiva al consumo del GLUC, necessaria ai
microrganismi per sintetizzare gli enzimi necessari per la degradazione del
composto fenolico. Anche in presenza di PHB si è osservato lo stesso
comportamento. In generale, sulla base delle indicazioni ricavate anche
dall’osservazione delle curve di consumo dei substrati, si può affermare che il
consumo dei due substrati è sempre sequenziale: il primo composto ad essere
degradato è stato sempre il glucosio; terminato il consumo del composto di facile
degradazione, al quale peraltro i microrganismi erano stati acclimatati, segue il
consumo del composto fenolico, in alcuni casi dopo una breve fase di stasi nella
crescita. Sapere che in certe condizioni la crescita può essere diauxica (fase di
crescita su un substrato, fase di stasi intermedia e successiva fase crescita su un
altro substrato) è molto importante: il raggiungimento di una fase di stazionarietà
nella crescita non significa infatti che tutte le sostanze organiche presenti siano
state degradate. Specie quelle con più elevata tossicità potrebbero infatti
richiedere una fase di adattamento prolungata di cui occorre tenere conto in fase
di progettazione del reattore biologico.
Per le prove eseguite, la presenza del composto fenolico ha solo in alcuni casi
influito sulla fase di latenza iniziale ritardando sia lo sviluppo microbico che il
consumo del glucosio. Anche in questo caso questo aspetto è stato maggiormente
evidenziato nelle prove in presenza di catecolo e acido vanillico, mentre acido
protocatecuico e acido p-idrossibenzoico, alle concentrazioni sperimentate, non
hanno influito sulla crescita né ampliando la durata della fase di latenza, né
determinando una diminuzione della velocità di crescita. In particolare si è
studiato il comportamento cinetico per miscele costituite da PCC e GLUC al
variare della concentrazione dell’acido protocatecuico. L’andamento della
velocità di crescita in funzione della concentrazione di PCC è stata interpretata
tramite l’equazione di Monod.
Per quanto riguarda le prove eseguite su miscele costituite da più composti
fenolici, si è potuto osservare che in alcuni casi la contemporanea presenza di
composti fenolici di natura differente determina un effetto sinergico per quanto
riguarda il loro consumo. Nelle prove effettuate in presenza di PCC e CAT,
seppure la presenza del CAT ritardi leggermente la crescita, si è avuto un
90
consumo sequenziale dei due substrati: la crescita inizia dapprima su PCC e
successivamente su CAT, senza alcuna fase di stasi intermedia. Per la prova in
cui oltre al PCC era presente il VAN, il consumo è stato contemporaneo: rispetto
alla prova in cui il VAN era presente da solo, la presenza del PCC ha portato ad
un accorciamento della durata della fase di latenza e ad un più rapido consumo
dell’acido vanillico rispetto al caso in cui era presente da solo. La presenza di un
altro substrato permette sia lo sviluppo di una maggiore quantità di biomassa, sia
la più rapida adattabilità dei microrganismi al consumo di un substrato più
recalcitrante. Anche nel caso in cui erano presenti sia catecolo e acido vanillico il
consumo dei due substrati è stato contemporaneo e totale. In tutte le prove
eseguite si è avuta la completa rimozione dei composti fenolici e una riduzione
del carico organico prossima al 90%.
91
Capitolo 7
Influenza del substrato utilizzato per
l’acclimatazione dei microrganismi
aerobici
7.1 Introduzione
L’acclimatazione può definirsi, in senso stretto, come la capacità di un
organismo vivente ad adattarsi in modo durevole a condizioni differenti da quelle
che sono per esso abituali. In altri termini, può anche essere definita come la
capacità di un organismo vivente di sviluppare nuove caratteristiche per
rispondere al cambiamento durevole di uno o più fattori che ne caratterizzano
l’ambiente di vita abituale. Perché l’acclimatazione abbia luogo è fondamentale
che il cambiamento delle condizioni sia effettivamente duraturo, altrimenti si è in
presenza di semplici risposte adattative che un organismo mette in atto per
opporsi ad una modificazione temporanea dei fattori ambientali, al fine di
neutralizzarne gli effetti. La risposta al cambiamento si può manifestare a livello
morfologico, biochimico, funzionale e anche metabolico quando, per esempio,
viene fornito un substrato di crescita diverso dal solito. Inoltre, quando si è in
presenza di comunità di organismi, il cambiamento può portare allo sviluppo di
specie diverse rispetto a quelle che si avevano prima (Ravizzotti M.). Questo può
accadere spesso quando si ha a che fare con comunità microbiche, come ad
esempio quelle utilizzate in questo lavoro di tesi.
Nelle prove fino ad ora descritte sono stati utilizzati microrganismi
acclimatati a glucosio come unica fonte di alimento e di energia. La sua elevata
degradabilità permette infatti un notevole sviluppo microbico e una rapida
adattabilità: queste caratteristiche rendono il glucosio adatto come substrato
ideale per l’acclimatazione di microrganismi destinati alla degradazione di reflui
che non contengono composti recalcitranti. Le prove che invece sono descritte in
questo capitolo evidenzieranno l’importanza della fase di acclimatazione quale
procedura necessaria per preparare una coltura batterica alla degradazione di un
refluo contenente sostanze organiche di natura differenti: preliminarmente si è
verificato infatti quali sono gli effetti sulla crescita microbica utilizzando
microrganismi non precedentemente acclimatati. Successivamente è stata
effettuata un’acclimatazione dei microrganismi a catecolo, substrato fenolico
scelto, tra gli altri, perché compare frequentemente tra gli intermedi di crescita
che si formano dalla degradazione di composti fenolici più complessi. Si è voluto
92
studiare, in altri termini, se vi fossero dei vantaggi nella degradazione di composti
fenolici di vario tipo, utilizzando microrganismi precedentemente acclimatati ad
un substrato avente struttura chimica simile.
7.2 Prove di crescita con microrganismi non acclimatati
Gli esperimenti di crescita con colture batteriche non acclimatate sono stati
condotti utilizzando i microrganismi semplicemente reidratati e separati per
centrifugazione dal materiale utilizzato come supporto nella liofilizzazione.
Rispetto alla normale procedura descritta nel par. 3.7 e utilizzata per le prove dei
precedenti capitoli, i batteri non sono stati sottoposti ai consueti tre cicli di
acclimatazione su glucosio, ma direttamente inoculati nei reattori contenenti le
soluzioni con i composti sui quali si voleva monitorare la crescita microbica.
Un primo esperimento di crescita (Lallai et al., 2005) è stato condotto in
beute, ognuna contenente un unico substrato di crescita. Sono state utilizzate le
seguenti concentrazioni iniziali: GLUC 500 mg/l; CAT 400 mg/l; PCC 350 mg/l;
PHB 400 mg/l; VAN 380 mg/l. La fig. 7.1 mostra un confronto tra i risultati
ottenuti nelle prove eseguite.
0,4
densità ottica
GLUC 500
0,35
PCC 350
0,3
CAT 350
PHB 400
0,25
VAN 400
0,2
0,15
CAT
0,1
0,05
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.1 – Crescita su differenti composti con microrganismi non acclimatati
Preliminarmente si può osservare che manca la rilevazione dei dati relativa
alle prime dieci ore di prova. Si era infatti ottenuto da una prova precedente che
in tale lasso di tempo non si ha alcuna crescita microbica. Questa necessita,
indipendentemente dal tipo di composto, di circa 15 ore di fase di latenza per poi
svilupparsi in modo differente a seconda del substrato presente. Di seguito
vengono presentati i grafici contenenti un confronto tra la crescita microbica sui
vari composti utilizzando i microrganismi acclimatati e non acclimatati.
93
Nella fig. 7.2 è mostrato un confronto tra la crescita avvenuta su 500 mg/l di
GLUC con microrganismi non acclimatati e con microrganismi acclimatati a
glucosio.
0,4
non acclim.
accl. GLUC
0,35
densità ottica
0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.2 – Confronto tra crescita su 500 mg/l di GLUC con microrganismi
non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC
La crescita con microrganismi non acclimatati richiede una fase di latenza di
circa 15 ore, necessaria ai microrganismi sia per una sorta di risveglio, sia per
adattarsi al substrato di crescita. I microrganismi che invece erano stati
precedentemente acclimatati allo stesso glucosio crescono senza alcuna fase di
stasi. Si è ottenuta una velocità di crescita maggiore utilizzando i microrganismi
acclimatati a glucosio (0,447 h-1 contro 0,310 h-1), nonostante con i
microrganismi non acclimatati si sia raggiunta una densità ottica maggiore al
termine della prova.
Nella fig. 7.3 il confronto è fatto per la crescita avvenuta in un caso su PCC
(alla concentrazione iniziale di 350 mg/l) e nell’altro su CAT (350 mg/l), con
microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a glucosio. Anche in
questo caso si può osservare che i microrganismi non acclimatati hanno bisogno
di un lungo tempo di latenza prima che manifestino la loro fase di crescita. In
particolare sono risultate 15 ore di fase di latenza per la crescita su PCC, mentre
ne occorrono 22 per la crescita su catecolo. Invece con i microrganismi
precedentemente acclimatati a glucosio, come già si era osservato, la fase di
latenza varia dalle due alle tre ore per entrambi i composti fenolici considerati.
Per ciò che riguarda invece le velocità di crescita, si sono ottenute anche in
questo caso velocità maggiori utilizzando i microrganismi acclimatati che non
con quelli che non avevano subito alcuna acclimatazione.
Se si effettua, infine, un confronto tra le crescite avvenute sia su PHB che su
VAN, si trovano risultati simili a quelli ottenuti dalle prove condotte sugli altri
composti. I microrganismi non acclimatati manifestano ancora una volta una fase
94
di latenza di oltre 18 ore. Successivamente la crescita procede con bassa velocità
su VAN mentre è più elevata su PHB; inoltre in entrambi i casi la crescita era
ancora in corso quando è terminato il tempo di osservazione della prova previsto
(oltre 22 ore dall’inoculo nei reattori anaerobici). Per ciò che riguarda le velocità
di crescita, per il PHB si è ottenuta una velocità più alta con i microrganismi
acclimatati a glucosio, mentre sono risultate simili le velocità ottenute su VAN
nei due casi.
accl. GLUC
0,35
densità ottica
0,3
non acclim.
CAT 350 mg/l
PCC 350 mg/l
0,25
PCC 350 mg/l
0,2
0,15
CAT 350 mg/l
0,1
0,05
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.3 – Confronto tra crescita su 350 mg/l di PCC e su 350 mg/l di CAT
con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC
accl. GLUC
0,4
non acclim.
densità ottica
0,35
0,3
PHB 400 mg/l
0,25
PHB 400 mg/l
0,2
VAN 400 mg/l
0,15
0,1
VAN 400 mg/l
0,05
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.4 – Confronto tra crescita su 400 mg/l di PHB e su 400 mg/l di VAN
con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC
95
La fig. 7.5 mostra un altro confronto tra curve di crescita per due prove
condotte sulla miscela costituita da glucosio (800 mg/l) e catecolo (400 mg/l) con
i microrganismi non acclimatati e con i microrganismi acclimatati a glucosio.
0,7
accl. GLUC
non acclim.
0,6
densità ottica
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0,0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.5 – Confronto tra crescita sulla miscela costituita da 800 mg/l di GLUC e 400
mg/l di CAT con microrganismi non acclimatati e microrganismi acclimatati a GLUC
Dall’osservazione delle curve di crescita si può notare come anche in questo
caso i microrganismi non acclimatati richiedono oltre 15 ore di fase di latenza
prima di raggiungere la fase di crescita esponenziale. Questa poi procede
evidenziando un unico ramo di crescita continuo. Invece la curva di crescita dei
microrganismi acclimatati a glucosio presenta su questa miscela, come già
evidenziato in precedenza, due distinti rami di crescita tipici di una crescita
diauxica; la crescita inoltre non necessita di alcuna fase di latenza. Le curve di
consumo dei due substrati, evidenziate nella fig. 7.6, chiariscono meglio le
modalità di crescita e di degradazione dei composti organici. Osservando infatti
le due curve di consumo dei substrati riferite alla prova condotta con
microrganismi senza acclimatazione (SA), si può rilevare che il glucosio è stato
degradato solo dopo circa 15 ore dall’inizio della prova, in accordo con la curva
di crescita che necessità dello stesso lasso di tempo per iniziare la fase di crescita
esponenziale. Il catecolo invece non viene praticamente degradato nel tempo di
osservazione della prova: dopo quasi 25 ore il composto fenolico è ancora
presente nella soluzione: il ramo di crescita ottenuto si riferisce perciò al
consumo del solo glucosio. Osservando le curve di consumo dei substrati per la
prova con i microrganismi acclimatati a glucosio (AG), si ritrova un risultato già
ottenuto precedentemente: il consumo dei due composti è stato sequenziale: il
glucosio viene degradato per primo e solo quando la sua concentrazione in
soluzione è nulla inizia il consumo del catecolo. Dopo otto ore dall’inizio dalla
prova entrambi i composti sono stati degradati totalmente.
96
1,2
CAT (SA)
1,0
0,8
C/C0
CAT (AG)
0,6
GLUC (SA)
0,4
GLUC (AG)
0,2
0,0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.6 – Consumo dei substrati per le prove su 800 mg/l di GLUC e 400 mg/l di CAT,
con microrganismi non acclimatati (SA) e microrganismi acclimatati a GLUC (AG)
Le prove di crescita condotte con microrganismi non acclimatati hanno
confermato l’importanza della fase di acclimatazione per qualunque processo
biologico che intende utilizzare ceppi batterici puri o colture batteriche miste.
Infatti, conoscere i tempi necessari ad una data coltura batterica per sviluppare la
propria crescita è fondamentale nella definizione sia delle condizioni operative,
sia per il dimensionamento di un qualunque reattore biologico. Si possono
presentare, inoltre, situazioni in cui il reattore biologico di un impianto a fanghi
attivi sia sottoposto ad una notevole variazione di carico organico sia in termini
quantitativi che qualitativi. Quando si ritiene che l’aumento del rapporto di riciclo
del fango dal sedimentatore secondario non sia sufficiente a contrastare la
variazione citata, di norma si interviene dall’esterno aggiungendo al reattore
biologico preparati commerciali di microrganismi (sotto forma liofilizzata o in
sospensione acquosa). Il fatto che i microrganismi aggiunti siano stati
preventivamente acclimatati alle sostanze presenti nello scarico che ha
determinato il sovraccarico può ridurre di gran lunga i tempi di “riassorbimento”
del disturbo apportato al reattore biologico e ripristinare più velocemente lo stato
stazionario rispetto a quanto si verificherebbe con microrganismi non acclimatati.
Pertanto, negli impianti di trattamento a fanghi attivi in cui si prevedono
sovraccarichi del tipo di quelli citati, potrebbe essere indicato tenere in fase di
acclimatazione dei microrganismi, in un reattore di piccole dimensioni, che
possano essere aggiunti al reattore biologico dell’impianto di trattamento in modo
tale da facilitarne la risposta ad eventuali sovraccarichi.
97
7.3 Crescita microbica con microrganismi acclimatati a catecolo
7.3.1
Generalità
La scelta di considerare il catecolo come substrato sul quale condurre
l’acclimatazione, è nata sulla base di una serie di studi effettuati sui meccanismi
di degradazione, oggi comunemente accettati, di diversi composti aromatici, tra
cui il fenolo. In diversi casi, infatti, il catecolo appare come un composto chiave
dei processi metabolici comparendo frequentemente negli schemi di degradazione
di numerosi composti aromatici. Inoltre, nel cap. 4, si è trovato che il catecolo è
un composto che esercita una certa inibizione sui microrganismi responsabili
della degradazione. Adattare i batteri ad un composto tossico potrebbe portare dei
vantaggi nella successiva degradazione sia dello stesso composto che di altre
sostanze dalla struttura chimica simile.
Il catecolo appare, per esempio, come intermedio nel processo di
degradazione del fenolo (Fritsche W. Et al., fig. 7.7).
Fig. 7.7 – Schema di degradazione del fenolo
98
La figura mostra come possano essere due le direzioni alternative del
meccanismo di degradazione di questo composto, ovvero la rottura dell’anello
benzenico nella posizione orto o nella posizione meta. All’origine di tale
ramificazione sembra possa esserci proprio il catecolo.
Un altro esempio lo si ha nello schema di degradazione del benzene: il
processo di degradazione batterica di questo composto può normalmente avvenire
con due modalità. Nella prima interviene l’enzima monossigenasi che catalizza
l’inserimento di un atomo di ossigeno nell’anello benzenico. Il restante atomo di
ossigeno è poi impiegato per formare una molecola d’acqua (fig. 7.8).
Fig. 7.8 – Schema di degradazione del benzene: reazione di monossigenasi
Il secondo schema prevede invece l’intervento dell’enzima diossigenasi che
catalizza l’inserimento nell’anello aromatico di entrambi gli atomi della molecola
d’ossigeno (fig. 7.9). In entrambi i casi, indipendentemente dal fatto che il
processo di degradazione possa poi proseguire, la formazione del catecolo come
intermedio appare come un passaggio obbligato nel processo di ossidazione
enzimatica.
Fig. 7.9 – Schema di degradazione del benzene: reazione di diossigenasi
Sempre il catecolo appare come intermedio di degradazione aerobica per una
vasta gamma di altri composti (fig. 7.10)
99
Fig. 7.10 – Catecolo intermedio di formazione di composti aromatici
Il catecolo appare perciò frequentemente negli schemi di reazione di diversi
prodotti aromatici e tra questi ultimi di vari composti fenolici. Questo fatto
suggerisce che il catecolo rappresenti un composto stabile e che la sua ulteriore
degradazione, verso sostanze dalla struttura chimica più semplice, richieda
meccanismi più complessi di quelli che hanno portato alla sua stessa formazione.
Acclimatare le colture microbiche a catecolo, cioè indurre i batteri a crescere
su solo catecolo potrebbe consentire perciò a questi ultimi di attrezzarsi
geneticamente per degradare, oltre al catecolo stesso, anche una grande varietà di
composti nel cui schema di degradazione il catecolo, o sostanze ad esso simili,
compaiono come intermedi. Oltre a questo aspetto, nelle prove successivamente
presentate, è stata verificata la capacità per i batteri acclimatati a tale composto
fenolico di consumare anche la frazione organica di facile degradazione,
rappresentata, in questo lavoro, dal glucosio.
7.3.2 Procedura di acclimatazione a catecolo
Sono stati così realizzati diversi cicli di acclimatazione aventi ciascuno durata
e concentrazione iniziale di catecolo differenti. La quantità di catecolo è stata
infatti aumentata gradualmente nei primi tre cicli e successivamente mantenuta
costante alla concentrazione di 600 mg/l. La tab. 7.1 mostra nel dettaglio le
concentrazioni utilizzate e la durata delle fasi per i cinque cicli di acclimatazione
effettuati.
100
Tab. 7.1 – Cicli di acclimatazione su catecolo
Ciclo
Durata (h)
Concentrazione (mg/l)
1°
23
200
2°
6
350
3°
15
600
4°
7
600
5°
12
600
Dopo ciascun ciclo di acclimatazione, la biomassa prodotta è stata
centrifugata e inoculata nuovamente in medium fresco nel quale era stata sciolta
la quantità di catecolo prevista. Al procedere delle fasi di acclimatazione, la
massa di microrganismi prodotta è cresciuta e al termine del sesto ciclo di
acclimatazione è stata prodotta un’adeguata quantità di microrganismi da
utilizzare per le prove di crescita programmate. La fig. 7.11 mostra alcune curve
di crescita monitorate durante le fasi di acclimatazione che mostrano come, ciclo
dopo ciclo, aumenti la quantità di biomassa prodotta e si accorcia la fase di
latenza iniziale. Si può osservare infatti che nel primo ciclo di acclimatazione
condotto la crescita è stata molto limitata e preceduta da una prolungata fase di
latenza; ma già dal secondo ciclo la crescita procede rapidamente dopo una
brevissima fase di latenza iniziale che poi scompare completamente a partire dal
quarto ciclo di acclimatazione.
0,45
primo ciclo
0,4
secondo ciclo
densità ottica
0,35
quarto ciclo
0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 7.11 – Crescita su catecolo monitorata durante i cicli di acclimatazione
101
7.3.3 Prove di crescita con microrganismi acclimatati a catecolo
Vengono dapprima presentate due prove, una effettuata su solo catecolo e
l’altra sulla miscela costituita da glucosio e catecolo.
La fig. 7.12 mostra la curva di crescita per la prova condotta su catecolo alla
concentrazione iniziale di 350 mg/l. La curva relativa alla densità ottica evidenzia
come i microrganismi inizino a svilupparsi subito dopo l’inoculazione nel
fermentatore, senza alcuna fase di latenza; la fase esponenziale si conclude dopo
circa quattro ore e successivamente segue una fase stazionaria.
0,3
densità ottica
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 7.12 – Crescita microbica su 350 mg/l di CAT
Dal diagramma semilogaritmico della densità ottica si è ricavata una velocità
di crescita pari a 0,441 h-1, come si può osservare nella fig. 7.13 .
0
-0,5
ln (o.d.)
-1
-1,5
-2
y = 0,4412x - 3,0599
R2 = 0,9931
-2,5
-3
-3,5
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 7.13 – Velocità di crescita su 350 mg/l di CAT
102
Passando all’analisi delle curve di consumo del substrato (fig. 7.14) ottenute
sulla base della analisi condotte all’HPLC, al TOC e all’UV (concentrazioni
normalizzate), emerge come il catecolo venga consumato completamente nelle
prime quattro ore, in corrispondenza della fase di crescita esponenziale. Le curve
del TOC e dell’UV mostrano inoltre che si è avuto un accumulo di prodotti di
degradazione ancora presenti in soluzione anche al termine della prova: dopo
circa otto ore il TOC si è ridotto del 75% rispetto al valore iniziale, mentre la
curva dell’UV indica che la riduzione della concentrazione dei composti
aromatici è stata pari all’85%.
1,2
0,3
o.d.
0,25
TOC
0,8
0,2
C/C0
UV
HPLC
0,6
0,15
0,4
0,1
0,2
0,05
0
densità ottica
1
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 7.14 – Crescita e consumo del substrato su 350 mg/l di CAT
Un’altra prova (fig. 7.15) è stata invece condotta sulla miscela costituita da
CAT (350 mg/l) e GLUC (1000 mg/l).
0,6
densità ottica
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.15 – Crescita microbica su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC
103
La crescita microbica non richiede alcuna fase di latenza e si sviluppa
mostrando due differenti rami di crescita: il primo si conclude dopo circa tre ore
dall’inizio della prova; successivamente si ha una breve fase di latenza di circa
un’ora, seguita da una ripresa della crescita. La fig. 7.16 mostra il calcolo delle
velocità di crescita per i due tratti individuati, su diagramma semilogaritmico.
0
-0,5
ln (o.d.)
-1
y = 0,1347x - 1,781
R2 = 0,9921
-1,5
-2
y = 0,5502x - 3,004
R2 = 0,9925
-2,5
-3
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.16 – Velocità di crescita su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC
La fig. 7.17 riporta le curve di consumo (normalizzate) dei substrati, ottenute
dalle analisi fatte sui campioni prelevati durante la prova. Sia il catecolo che il
glucosio vengono consumati contemporaneamente nelle prime quattro ore di
prova: la prima fase della crescita avviene perciò su entrambi i substrati e al
raggiungimento della fase stazionaria entrambi i composti erano stati
completamente degradati. La curva del TOC mostra invece che dopo quattro ore
il carico organico si è ridotto del 60% rispetto al valore iniziale. La crescita
successiva avviene perciò sui prodotti di degradazione del catecolo: la curva del
TOC conferma, alla fine della prova, l’avvenuto consumo di una parte della
residua frazione organica, fino ad un valore finale che è pari al 25% del valore
iniziale.
104
TOC
0,6
UV
GLUC
0,8
0,5
HPLC
0,4
C/C0
0,6
0,3
0,4
0,2
0,2
densità ottica
1
0,1
0
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.17 – Crescita e consumo dei substrati su 350 mg/l di CAT e 1000 mg/l di GLUC
densità ottica
La fig. 7.18 mostra il confronto tra le curve di crescita relative alle due prove
effettuate con i microrganismi acclimatati a catecolo. Si può osservare come la
presenza del glucosio, rispetto al caso in cui c’era solo catecolo, porta ad un
incremento della velocità di crescita che sulla miscela è risultata pari a 0,550 h-1,
mentre sul solo catecolo è di 0,441 h-1. Inoltre, come si è potuto osservare in
precedenza, nel caso della miscela i microrganismi consumano
contemporaneamente i due substrati di crescita presenti.
0,6
CAT 350 + GLUC 1000
0,5
CAT 350
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.18 – Confronto tra curve di crescita per le prove con batteri acclimatati a CAT
La presenza del glucosio favorisce inoltre anche il consumo del catecolo (fig.
7.19). La degradazione del composto fenolico è infatti leggermente più rapida per
la prova condotta in presenza di glucosio piuttosto che in quella in cui il
105
composto fenolico era presente da solo. D’altronde la presenza del glucosio
facilita lo sviluppo di massa cellulare che contribuisce a degradare più
rapidamente il catecolo.
1
CAT 350
CAT 350 + GLUC 1000
0,8
C/C0
0,6
0,4
0,2
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.19 – Consumo del catecolo tramite le analisi dell’HPLC
per le prove con batteri acclimatati a CAT
7.3.4 Confronto dei risultati ottenuti con batteri acclimatati differentemente
L’analisi dei dati relativi alle due prove effettuate con microrganismi
acclimatati a catecolo (sulla miscela catecolo-gluocosio e sul solo catecolo) ha
permesso di definire le modalità di crescita e di consumo dei substrati presenti. In
questo paragrafo i risultati ottenuti verranno confrontati con quelli effettuati, e già
presentati nel cap.6, per prove analoghe condotte con microrganismi acclimatati a
glucosio. L’obiettivo è quello di evidenziare i vantaggi nell’utilizzo di un tipo di
acclimatazione piuttosto che dell’altra.
La fig. 7.20 mostra il confronto tra le curve di crescita relative alle prove
condotte su 350 mg/l di CAT utilizzando i microrganismi diversamente
acclimatati. Mentre con i microrganismi adattati al glucosio si è rilevata una fase
di latenza di quasi quattro ore, utilizzando microrganismi acclimatati a catecolo la
fase di latenza è praticamente inesistente e si raggiunge subito la fase di crescita
esponenziale. Nella prova con microrganismi acclimatati a catecolo si è registrata
anche una velocità di crescita più elevata: 0,440 h-1 contro 0,387 h-1 della prova
con i microrganismi acclimatati a glucosio. Il confronto dei due grafici mostra
inoltre come sia stata leggermente maggiore la produzione di biomassa nella
prova effettuata con microrganismi acclimatati a glucosio: questo tenendo anche
conto del fatto che per la prova con microrganismi acclimatati a catecolo si sia
partiti con un valore di densità ottica inferiore, e dunque con una minore quantità
di biomassa.
106
0,4
0,35
densità ottica
0,3
0,25
0,2
0,15
ACCL. GLUC
0,1
ACCL. CAT
0,05
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 7.20 – Confronto tra curve di crescita su 350 mg/l di CAT
con microrganismi acclimatati a substrati differenti
La fig. 7.21 mostra invece il confronto tra le curve di consumo dei substrati
ottenute dalle analisi effettuate all’HPLC e al TOC sempre per la prova condotta
su 350 mg/l di catecolo. Per la prova con i microrganismi adattati al catecolo
(AC) la degradazione del catecolo è immediata e già dopo quattro ore dall’inizio
della prova il composto fenolico presente è stato completamente consumato.
Viceversa, con i microrganismi acclimatati a glucosio (AG), la degradazione è
molto più lenta e il catecolo è consumato tra la quinta e l’ottava ora di prova:
questo ritardo è dovuto al tempo necessario ai microrganismi per sintetizzare gli
enzimi necessari alla degradazione del composto fenolico. Osservando invece le
curve di consumo del TOC, si rileva che si è avuto un abbattimento quasi
completo del carbonio organico (maggiore del 90%) per la prova con batteri
acclimatati a glucosio, mentre la degradazione si è attestata al 75% per la prova
con batteri acclimatati a catecolo. Appare evidente, perciò, che nel caso di
acclimatazione a catecolo si è conseguita la rapida degradazione del composto
fenolico sul quale i microrganismi erano stati acclimatati e una rimozione solo
parziale del carico organico totale. Viceversa, utilizzando ceppi batterici
acclimatati a glucosio, il catecolo è stato degradato più lentamente, ma si è avuta
la rimozione quasi completa anche dei suoi prodotti di degradazione formatisi
successivamente.
107
1,2
TOC (AG)
HPLC (AG)
1
TOC (AC)
HPLC (AC)
C/C0
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 7.21 – Confronto tra curve di consumo del substrato (TOC e HPLC) per la prova
su 350 mg/l di CAT con microrganismi acclimatati a glucosio (AG) e a catecolo (AC)
Passando al confronto tra i risultati ottenuti dalle prove condotte sulla miscela
costituita da catecolo e glucosio, la fig. 7.22 mostra le curve di crescita ottenute
nei due casi. Per le prime tre ore di prova le due curve di crescita sono pressoché
coincidenti, ma successivamente si differenziano. La crescita con i microrganismi
acclimatati a glucosio prosegue anche dopo le prime tre ore, mentre nel caso dei
batteri acclimatati a catecolo si osserva una breve fase di latenza prima della
ripresa della crescita. Entrambe le curve presentano due differenti rami di
crescita, ma nel caso della prova con microrganismi acclimatati a glucosio si
raggiunge una densità ottica maggiore.
Il consumo dei due substrati (fig. 7.23) è più rapido quando vengono utilizzati
microrganismi acclimatati a catecolo: il consumo sia del glucosio che del
catecolo è infatti contemporaneo e viene completato entro le prime quattro ore di
prova. La successiva fase di crescita avviene sui prodotti di degradazione del
catecolo, come confermato dai dati del TOC. Invece per quanto riguarda la prova
con microrganismi acclimatati a glucosio, il consumo dei due substrati è
sequenziale: il consumo del glucosio è completo dopo circa cinque ore, ma ne
occorrono otto perché anche il catecolo venga degradato.
108
0,8
0,7
densità ottica
0,6
0,5
0,4
0,3
ACCL. GLUC
0,2
ACCL. CAT
0,1
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.22 – Confronto tra curve di crescita su 1000 mg/l di GLUC e
350 mg/l di CAT con microrganismi acclimatati differentemente
1
HPLC (AG)
GLUC (AG)
0,8
HPLC (AC)
GLUC (AC)
C/C0
0,6
0,4
0,2
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.23 – Confronto tra curve di consumo dei substrati per la prova
su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT e con microrganismi
acclimatati a glucosio (AG) e a catecolo (AC)
La fig. 7.24 mostra, infine, il confronto tra le curve ottenute dalle analisi del
TOC per le due differenti acclimatazioni. Si può notare che, sebbene il consumo
del carico organico sia più rapido quando si sono utilizzati microrganismi
acclimatati a catecolo, si è ottenuta una rimozione maggiore (prossima al 90%)
nella prova condotta con batteri acclimatati a glucosio.
109
1,2
ACCL. GLUC
ACCL. CAT
1
C/C0
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
2
4
6
8
10
12
tempo (ore)
Fig. 7.24 – Confronto tra curve di consumo del TOC per la prova
su 1000 mg/l di GLUC e 350 mg/l di CAT e con microrganismi
acclimatati a differenti fonti di carbonio
Dal confronto delle prove condotte con diversa acclimatazione dei
microrganismi si può concludere che:
- l’acclimatazione a catecolo facilita il successivo consumo dello stesso
composto fenolico, sia quando è presente in soluzione da solo, sia quando
si trova in miscela col glucosio;
- nel caso dell’acclimatazione a catecolo il consumo dei due substrati è
contemporaneo, nel caso dell’acclimatazione a glucosio risulta invece
sequenziale (prima il glucosio, poi il catecolo);
- dalle prove eseguite sulle stesse concentrazioni delle sostanze organiche è
stato però riscontrato che si forma una maggiore quantità di biomassa
utilizzando microrganismi acclimatati a glucosio piuttosto che quelli
acclimatati a catecolo: questo sembra favorire un maggior grado
rimozione di TOC rispetto alle prove analoghe in cui si sono utilizzati
microrganismi acclimatati a catecolo (Lallai et al., 2006).
Invece alcune prove condotte in presenza di composti fenolici diversi con
microrganismi acclimatati allo stesso composto fenolico, hanno mostrato risultati
poco incoraggianti circa la convenienza di degradare tali composti con
microrganismi precedentemente adattati al catecolo. Infatti, per alcune prove in
cui era presente in soluzione l’acido protocatecuico, è stato ottenuto che la
crescita non varia sensibilmente utilizzando microrganismi acclimatati a glucosio
o microrganismi acclimatati a catecolo. Il consumo del PCC è stato poi
leggermente più rapido (di circa un’ora) quando si sono utilizzati microrganismi
acclimatati a catecolo.
In un altro studio effettuato su un composto fenolico, l’acido caffeico (Saiu,
G., 2006) non compreso tra quelli studiati in questo lavoro ma tipico costituente
dei reflui delle industrie agro-alimentari, l’acclimatazione a catecolo non ha dato i
risultati sperati: quando l’acido caffeico era presente in soluzione insieme al
110
glucosio, è stato consumato prima utilizzando microrganismi acclimatati a
glucosio che microrganismi acclimatati a catecolo.
In definitiva, per le prove eseguite con microrganismi acclimatati a catecolo,
si sono ottenuti solo in parte i risultati sperati. L’acclimatazione a catecolo
favorisce, come era facile prevedere, il consumo del catecolo stesso sia quando è
presente da solo in soluzione, sia quando è presente anche glucosio. Quest’ultimo
viene degradato anche dai microrganismi precedentemente acclimatati a catecolo,
anche se più lentamente. Le prove effettuate con microrganismi acclimatati a
catecolo hanno però mostrato un minore abbattimento del TOC rispetto alle prove
analoghe con microrganismi acclimatati a glucosio.
Le prove in presenza di altri substrati fenolici non hanno mostrato
un’evidente convenienza nell’utilizzo di microrganismi acclimatati a catecolo: la
degradazione dei substrati fenolici infatti non è particolarmente diversa nei due
casi considerati.
111
Capitolo 8
Crescita aerobica su elevate
concentrazioni dei substrati organici
8.1 Introduzione
Le prove fin qui descritte hanno riguardato lo studio del comportamento della
coltura aerobica esposta in soluzione a composti fenolici da soli, in miscela tra
loro o in miscela col glucosio. L’obiettivo di queste prove era quello di
determinare il comportamento cinetico sui vari composti, nonché quello di
descrivere l’influenza della loro presenza contemporanea sulla crescita microbica.
Questi test di crescita microbica sono stati condotti su concentrazioni
relativamente basse dei substrati (per i composti fenolici in un range di
concentrazioni compreso tra 50 e 700 mg/l, per il glucosio tra 400 e 1000 mg/l):
in realtà diversi tipi di reflui provenienti dai trattamenti agro-alimentari (es. acque
di lavaggio degli impianti) possono avere concentrazioni dei composti organici di
quest’ordine di grandezza.
Altri reflui provenienti dalle industrie agro-alimentari contengono però
percentuali sia dei composti fenolici che della frazione zuccherina sensibilmente
maggiori di quelli utilizzati per le prove fin qui condotte: l’acqua di vegetazione
dei frantoi oleari può avere un contenuto in fenoli che può andare dai 2-3 g/l a
valori ben superiori, anche per quanto riguarda la frazione zuccherina si possono
avere concentrazioni più elevate di quelle sopra riportate. Come già accennato nel
cap. 1, è difficile considerare una composizione standard di un’acqua di
vegetazione, in quanto le caratteristiche fisiche e chimiche di tali reflui dipendono
da un gran numero di fattori, tra i quali la provenienza, i trattamenti subiti e il
grado di diluizione. Facendo riferimento alla composizione riportata in uno
studio approfondito sulle caratteristiche delle acque di vegetazione (Catalano,
1989), si è scelto di effettuare altre prove di crescita microbica con
concentrazioni dei composti fenolici e di zuccheri liberi dell’ordine di grandezza
di quelle proposte in tale studio e riportate in tab. 8.1.
112
Tab. 8.1 - Composizione tipica di un’acqua di vegetazione
Tipologia
Concentrazione (g/l)
sostanze fenoliche
30-60
(di cui zuccheri liberi 10-20)
2-4
sostanze minerali
20-25
sostanze grasse
0,5-10
sostanze glucidiche
Sono state perciò condotte tre prove di crescita su miscele costituite da
glucosio e da un diverso composto fenolico per ciascuna prova. In particolare si
sono presi in considerazione due sostanze fenoliche (PCC e PHB) la cui cinetica
di crescita è stata descritta tramite l’equazione di Monod e un composto fenolico
(VAN) che invece ha mostrato una cinetica di crescita con inibizione del
substrato. Le prove sono state tutte condotte in fermentatore su un volume di
lavoro pari a 3 l.
8.2 Crescita su acido protocatecuico e glucosio ad elevate concentrazioni
Una prima prova di crescita è stata condotta sulla miscela costituita da acido
protocatecuico e glucosio, alle concentrazioni, rispettivamente, di 3,34 g/l e di 16
g/l. Contemporaneamente è stata condotta una prova di crescita su solo glucosio,
sempre al valore di concentrazione di 16 g/l, da usare come confronto.
L’elevato carico organico previsto per questi esperimenti di crescita ha
richiesto un adeguamento delle concentrazioni dei sali del medium in modo tale
da mantenere le corrette proporzioni tra carbonio e gli altri nutrienti richiesti per
la crescita microbica. Perciò i sali costituenti il medium proposto da Pawlowsky e
Howell (par. 3.2), utilizzato per tutte le prove di crescita aerobiche fin qui
descritte, sono stati dosati in concentrazioni tali da “sostenere” un così elevato
tenore di carbonio. Ma ciò ha provocato, in fase di preparazione della prova, alla
precipitazione dei sali (principalmente di ferro e di calcio) meno solubili. Si è
così deciso di utilizzare tale medium solo nelle fasi di reidratazione e di
acclimatazione microbica, mentre nelle prove ad elevato carico organico è stato
individuato (in seguito ad approfondita ricerca bibliografica) e adottato il medium
proposto da Sokol e Howell (1981), la cui composizione è riportata in tab. 8.2. Il
pH è stato portato a valori prossimi alla neutralità grazie all’aggiunta di alcune
gocce di soda.
113
Tab. 8.2 - Composizione del medium utilizzato per le prove ad alta concentrazione
Sostanza
Concentrazione (mg/l)
NaCl
30
MgCl2
30
KH2PO4
200
(NH4)2SO4
500
CaCl2
20
FeCl3
7
EDTA sodico
14
La soluzione di medium nel quale sono stati disciolti il glucosio e il PCC ha
mostrano, già prima dell’inoculazione con i microrganismi, una colorazione scura
che è stata rilevata allo spettrofotometro. Dopo aver introdotto una quantità di
microrganismi analoga a quella normalmente utilizzata nelle altre prove di
crescita descritte, la densità ottica iniziale monitorata dallo strumento è stata pari
a 0,52 (valore di partenza della prova). La fig. 8.1 riporta l’andamento della curva
di crescita riferita alla prova condotta su PCC e glucosio. La crescita microbica si
sviluppa dopo una breve fase di latenza seguita dalla fase di crescita
esponenziale. E’ stato possibile monitorare la crescita in termini di densità ottica
solo per le prime sei ore di prova: lo sviluppo di biomassa e la colorazione della
soluzione hanno infatti manifestato una torbidità tale da raggiungere il fondo
scala dello spettrofotometro col quale sono state eseguite le letture.
2,5
densità ottica
2
1,5
1
0,5
0
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (ore)
Fig. 8.1 – Crescita microbica su 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC
114
La prova è stata condotta per oltre 45 ore e sono stati effettuati prelievi della
sospensione batterica allo scopo di eseguire analisi sui campioni per determinare
la concentrazione dei composti organici presenti. La fig. 8.2 mostra le curve di
consumo del glucosio e del PCC dalle quali si può osservare come il glucosio
venga consumato sin dall’inizio della prova e dopo dieci ore sia stato
completamente rimosso. Il consumo del PCC (in termini di HPLC) è invece
inizialmente più lento, ma col procedere delle ore la sua concentrazione
diminuisce.
16000
2,5
14000
HPLC
12000
2
TOC
10000
1,5
8000
1
6000
4000
densità ottica
concentrazione (mg/l)
GLUC
o.d.
0,5
2000
0
0
0
10
20
30
40
50
tempo (ore)
Fig. 8.2 – Crescita e consumo dei substrati per la prova
su 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC
Il consumo dei due substrati appare perciò sequenziale, anche se esiste una
fase in cui i due composti organici vengono degradati contemporaneamente: dopo
dieci ore dall’inizio della prova, quando il glucosio è stato completamente
consumato, era stato degradato il 60% del PCC inizialmente presente e dopo altre
dieci ore circa il composto fenolico è stato completamente rimosso dalla
sospensione. La non completa disponibilità della curva di crescita microbica non
consente di dedurre se vi sia stata una fase di crescita ulteriore o una fase di
latenza intermedia.
La stessa fig. 8.2 mostra anche l’andamento del consumo del carbonio
organico totale per tutta la prova: il TOC diminuisce rapidamente e dopo le prime
venti ore di prova si riduce del 90% rispetto al valore iniziale. Successivamente si
ha un’ulteriore degradazione, anche se non completa: alla fine del tempo di
osservazione della prova la riduzione del TOC è stata del 95%.
La fig. 8.3 mostra invece il confronto tra la curva di crescita ottenuta su
glucosio e PCC e quella su solo glucosio (16 g/l). Va sottolineato che per
quest’ultima la soluzione non ha evidenziato la colorazione scura manifestata da
quella in cui era presente anche il PCC. Per questo motivo sono differenti i valori
di densità ottica iniziali, nonostante i due reattori batch siano stati inoculati con la
stessa quantità di microrganismi. L’osservazione delle due curve di crescita su
115
diagramma semilogaritmico (fig. 8.4) evidenzia come la crescita senza glucosio
proceda senza fase di latenza, contrariamente a quanto rilevato per la prova sulla
miscela. La velocità di crescita per la prova su solo glucosio è risultata maggiore
di quella sulla miscela (0,491 h-1 contro 0,343 h-1) nonostante i microrganismi,
nella prova con la miscela, disponessero di una maggiore quantità di carbonio. Si
può inoltre osservare che per la prova di crescita su solo glucosio, dopo circa
nove ore era stata raggiunta la fase stazionaria.
2,5
PCC+GLUC
densità ottica
2
1,5
GLUC
1
0,5
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 8.3 – Confronto tra curve di crescita su 16 g/l di glucosio e sulla miscela
costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC
Se infine si effettua il confronto tra le curve di consumo del glucosio per le
due prove effettuate (fig. 8.5), si può osservare come la presenza del PCC rallenti
leggermente la degradazione del glucosio rispetto alla prova in cui questo era
presente da solo: in quest’ultima la sua degradazione è completata in circa otto
ore, due in meno del tempo necessario per consumare la stessa quantità di
substrato nella prova condotta sulla miscela.
116
1,0
GLUC + PCC
y = 0,3428x - 1,3401
R2 = 0,9928
0,5
ln (o.d.)
0,0
-0,5
GLUC
y = 0,4914x - 2,4985
R20,999 =
-1,0
-1,5
-2,0
-2,5
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 8.4 – Confronto tra le velocità di crescita ottenute su solo glucosio (16 g/l) e
sulla miscela costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC
16000
2,5
2
GLUC
12000
1,5
8000
1
4000
densità ottica
concentrazione (mg/l)
GLUC + PCC
0,5
0
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 8.5 – Confronto tra curve di crescita e di consumo del glucosio per le prove su solo
glucosio (16 g/l) e sulla miscela costituita da 16 g/l di GLUC e 3,34 g/l di PCC
8.3 Crescita su acido p-idrossibenzoico e glucosio ad elevate concentrazioni
Un’altra prova ad elevate concentrazioni dei substrati è stata condotta sulla
miscela costituita da glucosio e PHB, alle concentrazioni, rispettivamente, di 16 e
3 g/l. Per questa prova sono state seguite le stesse modalità di preparazione e di
conduzione della prova precedente e sono stati quindi adoperati gli stessi
117
medium. In questo caso la soluzione sintetica ottenuta sciogliendo il PHB e il
glucosio non ha portato a variazioni nella colorazione della soluzione.
La fig. 8.6 mostra l’andamento della curva di crescita per tutto il tempo di
osservazione della prova (circa 55 ore). La crescita microbica non evidenzia
alcuna fase di latenza e manifesta una crescita esponenziale che dura alcune ore e
che rallenta dopo circa cinque ore dall’inizio della prova. Da questo punto in poi
la crescita procede molto più lentamente fino a raggiungere una fase stazionaria
dopo circa dieci ore dall’inoculazione dei microrganismi nel reattore.
Successivamente (oltre la 20ma ora) si ha una lenta fase di morte dei
microrganismi.
La stessa figura mostra anche le curve di consumo dei substrati ottenute dalle
analisi effettuate sui campioni prelevati durante la prova. Contrariamente a
quanto rilevato per la prova su PCC e glucosio, in questo caso il consumo dei due
substrati appare contemporaneo. In particolare il primo composto ad essere più
velocemente degradato è il glucosio. Poco dopo inizia il consumo anche del PHB
e dopo circa 15 ore il composto fenolico è stato completamente rimosso dalla
soluzione, mentre è ancora presente circa 1 g/l di glucosio che viene consumato
nelle ore successive.
16000
o.d.
14000
GLUC
1
12000
0,8
10000
0,6
8000
6000
0,4
densità ottica
concentrazione (mg/l)
1,2
HPLC
4000
0,2
2000
0
0
0
10
20
30
40
50
60
tempo (ore)
Fig. 8.6 – Crescita microbica su 16 g/l di GLUC e 3 g/l di PHB
I cromatogrammi ottenuti dalle analisi effettuate sui campioni all’HPLC
hanno mostrato la progressiva formazione, lungo tutto l’arco della prova, di un
composto la cui concentrazione aumenta contemporaneamente alla scomparsa del
PHB. Tale composto è stato identificato come fenolo, e si ottiene dall’acido pidrossibenzoico per de-carbossilazione (fig. 8.7): già altri lavori presenti in
letteratura (Valkova et al., 2001, Patel et al., 1969) hanno proposto questo schema
di degradazione in condizioni aerobiche. In fig. 8.8 è mostrato l’andamento della
sua concentrazione per la prova effettuata: si può osservare come questo
raggiunga il suo valore massimo (circa 900 mg/l) proprio in corrispondenza della
scomparsa del PHB. Nelle ore successive il fenolo viene poi consumato solo
118
parzialmente fino a raggiungere una concentrazione residua pari a circa 450 mg/l.
Contemporaneamente al fenolo si sono formate altre sostanze, presumibilmente
altrettanto tossiche, che hanno impedito l’ulteriore sviluppo microbico e si sono
accumulate in soluzione restando non decomposte: la curva di consumo del TOC
conferma questa situazione e mostra come si sia avuta una riduzione parziale del
carico organico (pari a circa il 56%). In definitiva si può affermare che c’è stata la
degradazione completa dei composti presenti all’inizio della prova (PHB e
glucosio) e che si è verificato l’accumulo di sostanze tossiche rimaste in
soluzione non degradate sino al termine del tempo di osservazione della prova di
crescita.
Fig. 8.7 – Formazione del fenolo per de-carbossilazione dell’acido p-idrossibenzoico
9000
FEN
concentrazione (mg/l)
8000
PHB
7000
TOC
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
0
10
20
30
40
50
60
70
tempo (ore)
Fig. 8.8 – Curve di consumo del PHB e di formazione/consumo del fenolo
per la prova su 16 g/l di GLUC e 3 g/l di PHB
8.4 Crescita su acido vanillico e glucosio ad elevate concentrazioni
Un’ulteriore prova di crescita ad elevata concentrazione è stata condotta sulla
miscela costituita da glucosio (16 g/l) e acido vanillico (3,6 g/l). La fig. 8.9
119
mostra la curva di crescita e le curve di consumo dei substrati. Il tempo di
osservazione della prova è stato di circa 30 ore. I dati disponibili mostrano la
presenza di una fase di latenza (della durata di circa due ore) che ha preceduto la
fase di crescita esponenziale. Questa procede nelle prime otto ore mostrando due
rami di crescita differenti. Anche successivamente, pur mancando dei dati
intermedi, sembra ci possa essere stata una crescita caratterizzata da due diverse
fasi.
Le curve di consumo dei substrati evidenziano che il loro consumo avviene
contemporaneamente: il glucosio, anche in questo caso, viene consumato per
primo e si suppone che il primo ramo di crescita avvenga proprio su tale
composto: dopo circa dieci ore dall’inizio della prova la sua concentrazione tende
a zero. In questo intervallo di tempo avviene anche la degradazione dell’acido
vanillico; va però osservato che quando il glucosio è stato completamente
consumato, è ancora presente una concentrazione del composto fenolico pari a
circa 800 mg/l. Solo dopo circa venti ore dall’inizio della prova l’acido vanillico
è stato completamente consumato. L’ulteriore crescita microbica potrebbe essere
avvenuta su prodotti di degradazione accumulati in soluzione in seguito alla
decomposizione del composto fenolico: la curva del TOC continua a diminuire
anche quando glucosio e acido vanillico sono stati del tutto consumati e al
termine del tempo di osservazione della prova il TOC si è ridotto del 70% rispetto
al valore iniziale.
16000
GLUC
1
HPLC
12000
TOC
0,8
10000
8000
0,6
6000
0,4
densità ottica
concentrazione (mg/l)
14000
1,2
o.d.
4000
0,2
2000
0
0
0
5
10
15
20
25
30
35
tempo (ore)
Fig. 8.9 – Crescita microbica e consumo dei substrati
per la prova su 16 g/l di GLUC e3,6 g/l di PHB
8.5 Discussione e conclusioni
Sono state effettuate alcune prove di crescita con concentrazioni dei substrati
prossime a quelle effettivamente presenti nelle AV. In particolare sono state
condotte tre prove di crescita su miscele costituite da glucosio (alla
120
concentrazione (mg/l)
concentrazione di 16 g/l) e da un composto fenolico (acido protocatecuico, acido
p-idrossibenzoico o acido vanillico alla concentrazione di circa 3 g/l).
In tutte le tre prove eseguite è stato conseguito il consumo completo sia del
glucosio che del composto fenolico presenti al momento dell’inoculazione dei
microrganismi. La crescita microbica si sviluppa inizialmente sul glucosio, stesso
substrato su cui è avvenuta l’acclimatazione, ma successivamente la degradazione
dei due composti presenti procede parallelamente. Per le prove condotte con PCC
e VAN il glucosio è stato consumato prima del composto fenolico, mentre nel
caso della prova con PHB è avvenuto il contrario. Si può supporre che dato
l’elevato carico organico iniziale presente in soluzione si sia sviluppata una così
elevata quantità di biomassa tale da garantire la degradazione sufficientemente
rapida anche del composto fenolico.
La presenza dei composti fenolici tende a rallentare la crescita microbica:
nelle prove di crescita effettuate sulle miscele costituite dal glucosio e dal
composto fenolico è stata osservata la presenza di una fase di latenza iniziale
(variabile tra le due e le quattro ore, a seconda del composto fenolico impiegato),
fase di latenza che è invece assente nella prova eseguita su solo glucosio. Inoltre
il glucosio è consumato più lentamente nelle prove in cui sono presenti i
composti fenolici; questo fatto è evidenziato dall’andamento delle curve di
consumo del glucosio per le prove eseguite ad elevata concentrazione (fig. 8.10).
Si può osservare come il glucosio sia stato degradato in meno di otto ore quando
si trovava in soluzione da solo, mentre ce ne sono volute dieci quando erano
presenti anche PCC e VAN e più di venti in presenza di PHB.
16000
GLUC
14000
GLUC + VAN
GLUC + PHB
12000
GLUC + PCC
10000
8000
6000
4000
2000
0
0
10
20
30
40
50
tempo (ore)
Fig. 8.10 – Curve di consumo del glucosio (16 g/l) per le prove
condotte ad elevata concentrazione dei substrati
Solo nella prova in cui era presente PCC si è avuta la quasi totale
degradazione del carico organico totale, TOC (prossima al 95%). Negli altri due
casi la percentuale di rimozione del TOC è stata del 56% (per la prova con PHB)
121
e del 70% (per la prova con VAN). In particolare durante la prova condotta su
PHB e glucosio è stata osservata la formazione di fenolo che è stato solo in parte
degradato. L’accumulo del fenolo in soluzione, cui sono note le sue proprietà
tossiche, ha ritardato sia il consumo del glucosio stesso, che l’abbattimento
dell’ulteriore carico organico presente nella soluzione: infatti, tra le tre prove
eseguite, in quella col PHB si è registrata la minore riduzione del TOC.
Analogamente a quanto si è verificato nelle prove a bassa concentrazione,
descritte nel cap. 5, si è ottenuta, anche nelle prove ad alta concentrazione, la
rimozione completa del composto fenolico inizialmente presente, nonché del
glucosio. Il PCC è parso il composto più facilmente degradabile degli altri: già
dalle prove a bassa concentrazione aveva manifestato un comportamento cinetico
descritto dall’equazione di Monod. Lo stesso tipo di equazione cinetica era stata
utilizzata per descrivere la crescita su acido p-idrossibenzoico: presumibilmente
per le concentrazioni adottate in tali prove (100-600 mg/l) la formazione di fenolo
è stata quantitativamente modesta e non si sono raggiunte concentrazioni tali da
determinare effetti inibitori significativi sui microrganismi; questo fatto,
viceversa, si è verificato nelle prove ad alta concentrazione di PHB.
Infine, per quanto riguarda l’acido vanillico, per le prove a basse
concentrazioni in soluzione col glucosio, si era trovato che il composto fenolico
tendeva a rallentare sia la crescita che il consumo di quest’ultimo. Le prove ad
alta concentrazione hanno confermato solo in parte questo comportamento.
Probabilmente la maggior disponibilità di biomassa, che si è formata in seguito al
consumo del glucosio determinando un maggior rapporto biomassa/VAN, ha
favorito una graduale acclimatazione dei microrganismi a tale composto fenolico,
nonché ai prodotti formatisi dalla sua degradazione.
122
Capitolo 9
Degradazione microbica anaerobica
dei singoli composti fenolici: analisi
della cinetica di crescita e del
consumo dei substrati
9.1 Introduzione
Analogamente a quanto è stato fatto per le prove in condizioni aerobiche,
sono state eseguite prove di crescita di colture microbiche miste anaerobiche in
presenza dei composti fenolici utilizzati in questo lavoro di tesi, con l’obiettivo di
determinare il comportamento cinetico della miscela microbica su ciascuno dei
substrati organici presi in esame. Di seguito sono perciò riportati i risultati che
sono stati ottenuti sia in termini di crescita microbica che di consumo dei
substrati presenti nelle soluzioni sintetiche utilizzate.
9.2 Crescita microbica su catecolo
Sono state eseguite prove di crescita su catecolo in un range di concentrazione
compreso tra 100 e 700 mg/l. Per ciascuna delle concentrazioni sperimentate sono
stati preparati sette vials: ciascuno di essi conteneva 50 ml (volume di lavoro) del
brodo di coltura di partenza, costituito dal medium anaerobico nel quale era stata
scelta la prefissata quantità di catecolo al quale sono stati aggiunti i
microrganismi precedentemente acclimatati su acido succinico. Al procedere
della prova dai vials sono stati prelevati campioni per poter monitorare la crescita
microbica (in termini di densità ottica) e per effettuare le opportune analisi di
concentrazione dei substrati presenti.
La fig. 9.1 mostra la curva di crescita per la prova avvenuta su 150 mg/l di
CAT e, come per tutte le prove anaerobiche, su acido succinico, componente del
medium di crescita con una concentrazione di 1000 mg/l.
123
0,6
densità ottica
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
1
2
3
4
5
tempo (giorni)
Fig. 9.1 – Crescita microbica su 150 mg/l di CAT
L’osservazione della curva di sviluppo microbico permette di fare alcune
considerazioni: la crescita non presenta alcuna apparente fase di latenza e già
dopo tre ore (primo campione rilevato dopo l’inoculo) la densità ottica è
aumentata. Questo può essere dovuto alla presenza dell’acido succinico presente
nel medium di crescita. La fase di crescita esponenziale termina dopo poco più di
due giorni: oltre questo tempo la densità ottica si mantiene pressoché costante
evidenziando una fase stazionaria. La fig. 9.2 mostra invece la determinazione
della velocità di crescita (su diagramma semilogaritmico) per la prova in
questione. Si è ottenuto un valore pari a 0,950 d-1, pari a 0,039 h-1. La fig. 9.3
mostra invece un confronto tra alcune delle curve di crescita per le prove
effettuate, mentre la tab. 9.1 riporta tutti i valori delle velocità di crescita ottenuti
per le prove effettuate.
0
ln (o.d.)
-0,5
-1
-1,5
y = 0,9502x - 2,2252
R2 = 0,9988
-2
-2,5
0
1
2
3
4
5
tempo (giorni)
Fig. 9.2 – Velocità di crescita per la prova su 150 mg/l di CAT
124
Tranne che per la curva di crescita dove erano presenti 100 mg/l di catecolo,
tutte le altre prove mostrano una andamento simile: il massimo valore di densità
ottica è stato raggiunto, mediamente, dopo circa due giorni, oltre i quali si è avuta
la fase stazionaria e, in qualche caso, la fase declinante. Non c’è proporzionalità
diretta tra densità ottica massima e concentrazione del substrato, nonostante si sia
raggiunta comunque un maggior sviluppo di biomassa nella prova in presenza di
600 mg/l di CAT rispetto alla prova con 100 mg/l.
100 mg/l
0,7
150 mg/l
densità ottica
0,6
200 mg/l
350 mg/l
0,5
600 mg/l
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
1
2
3
4
5
6
tempo (giorni)
Fig. 9.3 – Crescita microbica su differenti concentrazioni iniziali di CAT
Tab. 9.1 – Velocità di crescita per le prove effettuate su CAT
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
CAT (mg/l)
μ (h-1)
100
0,048
150
0,039
200
0,048
350
0,046
500
0,046
600
0,047
Anche in questo caso sono stati riportati i valori delle velocità di crescita in
funzione della concentrazione iniziale di catecolo (fig. 9.4). Le prove di crescita
hanno evidenziato velocità di crescita abbastanza simili tra loro sia per bassi che
per più elevati valori di concentrazione: la velocità di crescita rimane pressoché
costante al variare della quantità di catecolo presente. In altri termini il composto
fenolico non influisce in maniera significativa sulla velocità di crescita. Si è
perciò interpretato l’andamento dei dati sperimentali tramite l’equazione di
Monod e si sono determinati i relativi parametri cinetici (riportati sempre in fig.
125
9.4). La mancanza di informazioni relativamente al range di concentrazione
compreso tra 0 e 100 mg/l di catecolo non permette di conoscere in modo preciso
la pendenza del primo tratto della curva descritta tramite l’equazione di Monod.
Questo è dovuto al fatto che alle basse concentrazioni è risultato difficile riuscire
a monitorare in modo dettagliato lo sviluppo microbico. I risultati ottenuti da
questa analisi cinetica risentono, perciò, di tale imprecisione.
velocità di crescita (h -1)
0,06
0,05
0,04
0,03
μMAX = 0,048 h-1
0,02
Ks = 12,4 mg/l
0,01
0
0
200
400
600
800
concentrazione CAT (mg/l)
Fig. 9.4 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale CAT
Relativamente al consumo dei substrati, vengono presentati i risultati ottenuti
dalla prova condotta su una concentrazione iniziale di 200 mg/l di CAT. La fig.
9.5 riporta, oltre alla curva di crescita in termini di densità ottica, anche le curve
di consumo del CAT (ottenute tramite HPLC) e TOC.
0,7
300
o.d.
250
densità ottica
0,5
200
0,4
150
0,3
100
CAT
0,2
50
0,1
0
concentrazione (mg/l)
TOC
0,6
0
0
1
2
3
4
tempo (giorni)
Fig. 9.5 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prove su 200 mg/l di CAT
126
Dall’osservazione di questo grafico si possono fare alcune considerazioni
estendibili anche per le altre prove condotte alle concentrazioni simili. Il consumo
del catecolo è immediato: già dopo tre ore dall’inizio della prova la sua
concentrazione si è ridotta di un quinto rispetto al valore iniziale. In
corrispondenza del raggiungimento del massimo valore di densità ottica (inizio
della fase stazionaria) restano in soluzione circa 50 mg/l di CAT (pari a circa un
quarto del valore iniziale) e nel successivo tempo di osservazione della prova non
si assiste ad un’ulteriore degradazione. La curva del TOC, che tiene conto anche
degli altri substrati presenti in soluzione, diminuisce invece lungo tutto l’arco dei
quattro giorni di osservazione della prova, anche quando la crescita microbica
sembra conclusa. Il consumo di TOC tra il secondo e il quarto giorno avviene sui
prodotti formati dalla degradazione del catecolo, nonostante nella crescita non si
apprezzi un aumento di biomassa. Al termine della prova resta inoltre un TOC
residuo pari a circa il 15% del valore iniziale.
La fig. 9.6 mostra invece la curve di crescita e di consumo dei substrati per la
prova in presenza di una maggiore concentrazione iniziale di catecolo, ovvero
500 mg/l. Anche in questo caso la crescita raggiunge il suo valore massimo dopo
due giorni; successivamente permane una fase prima stazionaria e poi declinante.
0,4
700
o.d
o
0,35
densità ottica
0,3
500
0,25
400
TOC
0,2
300
0,15
0,1
200
CAT
concentrazione (mg/l)
600
100
0,05
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (giorni)
Fig. 9.6 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 500 mg/l di CAT
Considerando le curve di consumo dei substrati, si può osservare che si è
avuta una rapida diminuzione nella concentrazione del catecolo nei primi due
giorni, in corrispondenza della fase di crescita esponenziale, fino ad un valore di
circa 200 mg/l. Nei quattro giorni successivi la concentrazione si riduce
ulteriormente, fino ad un valore residuo di circa 100 mg/l. Tale andamento è
confermato anche dalla curva del TOC che ha un andamento simile: infatti dopo
le quattro ore di osservazione della prova c’è un TOC residuo pari a circa 250
mg/l. I microrganismi non hanno degradato del tutto il composto fenolico
presente in soluzione e anche la concentrazione del carbonio organico totale
presente al termine della prova risulta piuttosto elevata. Un risultato simile si è
127
trovato anche nell’altra prova effettuata col massimo valore di concentrazione di
catecolo, 700 mg/l, per la quale la degradazione del catecolo è stata di poco
superiore al 50% del valore di concentrazione iniziale. Riassumendo perciò i
risultati ottenuti sul catecolo, considerando anche le prove non presentate in
dettaglio, si può concludere che:
- a basse concentrazioni di catecolo (50-350 mg/l) il consumo del substrato
fenolico si è attestato tra il 70 e l’80%;
- a concentrazioni più elevate (500-700 mg/l) il grado di degradazione
tende ad abbassarsi ulteriormente, fino a raggiungere un valore intorno al
50% per la prova su 700 mg/l.
Il catecolo, nonostante presenti una cinetica di degradazione del tipo a
saturazione (Monod), viene più difficilmente degradato quanto maggiore è la sua
concentrazione iniziale: si presuppone perciò un accumulo del catecolo stesso o
di alcuni suoi prodotti di degradazione che determina la non completa
mineralizzazione delle sostanze presenti in soluzione.
9.3 Crescita microbica su acido protocatecuico
Le prove di crescita sono state condotte in un campo di concentrazione di
PCC compreso tra 50 e 700 mg/l. La fig. 9.7 mostra alcune curve di crescita
relative alle prove effettuate.
50 mg/l
0,5
200 mg/l
500 mg/l
densità ottica
0,4
700 mg/l
0,3
0,2
0,1
0
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (giorni)
Fig. 9.7 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PCC
Le prove di crescita sono state monitorate per sei giorni, anche se si può
osservare che il valore massimo della crescita è stato raggiunto dopo uno o, in
qualche caso, due giorni di prova. La crescita avviene senza alcuna fase di
latenza: ciò si spiega anche in questo caso con la presenza dell’acido succinico,
costituente del medium di crescita. In ogni caso sembra che il PCC, anche alle
128
alte concentrazioni, non inibisca in alcun modo la crescita microbica. Non si
osserva inoltre proporzionalità diretta tra densità ottica massima raggiunta e
concentrazione di PCC. Si può osservare ancora come per la maggior parte delle
curve di crescita si ha una fase declinante nei giorni successivi al raggiungimento
del massimo valore di densità ottica. Per ciascuna delle prove condotte sono state
calcolati i valori delle velocità di crescita, riportati in tab. 9.2.
Tab. 9.2 – Velocità di crescita per le prove effettuate su PCC
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
PCC (mg/l)
μ (h-1)
50
0,033
100
0,060
150
0,052
250
0,079
350
0,076
500
0,067
700
0,057
Riportando in grafico l’andamento delle velocità di crescita in funzione della
concentrazione iniziale di PCC, si può osservare che per i valori più elevati di
concentrazione (500 e 700 mg/l), la velocità di crescita diminuisce notevolmente.
E’ stata così utilizzata l’equazione di Andrews per descrivere tale andamento e
sono stati calcolati i relativi parametri cinetici, riportati sempre in fig. 9.8,
unitamente ai dati sperimentali e la curva di Andrews ottenuta.
velocità di crescita (h -1)
0,09
0,08
0,07
0,06
0,05
0,04
μMAX = 0,221 h-1
0,03
Ks = 284 mg/l
0,02
Ki = 0,0022 (mg/l)-1
0,01
0
0
200
400
600
800
concentrazione PCC (mg/l)
Fig. 9.8 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale PCC
129
In relazione all’analisi del consumo dei substrati, si può osservare la fig. 9.9
che riporta le curve di consumo del PCC per le prove su 100, 200 e 350 mg/l. Per
tutte le prove illustrate il consumo del substrato fenolico è immediato: già dopo
tre ore dall’inizio della prova si assiste ad una diminuzione della sua
concentrazione e dopo un solo giorno i microrganismi hanno completamente
degradato il PCC presente: peraltro già le curve di crescita avevano infatti
mostrato lo sviluppo di biomassa limitato al solo primo giorno.
400
PCC 350 mg/l
concentrazione (mg/l)
350
PCC 200 mg/l
300
PCC 100 mg/l
250
200
150
100
50
0
0
1
2
3
4
5
6
7
tempo (giorni)
Fig. 9.9 – Curve di consumo del PCC per le prove su 100, 200 e 350 mg/l di PCC
Per le due prove condotte invece a concentrazioni più elevate di PCC (500 e
700 mg/l), il consumo del composto fenolico non è stato invece completo, come
si può vedere dalla fig. 9.10 che riporta gli andamenti delle concentrazioni di
PCC normalizzate rispetto al valore iniziale. Per la prova su 500 mg/l si è avuta
una degradazione pari al 90% del valore di concentrazione iniziale. Molto più
basso è stato il grado di rimozione per la concentrazione più alta sperimentata,
per la quale il consumo del PCC si è fermato al 30% del valore di partenza.
130
1,2
PCC 700 mg/l
1
PCC 500 mg/l
C/C0
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
1
2
3
4
5
6
tempo (giorni)
Fig. 9.10 – Curve di consumo del PCC per le prove su 500 e 700 mg/l di PCC
Riassumendo i risultati trovati, si può concludere che la cinetica di
degradazione del PCC è stata interpretata tramite l’equazione di Andrews
(cinetica con inibizione del substrato): alle alte concentrazioni di acido
protocatecuico diminuisce la velocità di crescita specifica. Questo
comportamento lo si riscontra anche dall’analisi del consumo dei substrati: alle
basse concentrazioni (100-350 mg/l di PCC) la degradazione è stata totale, a
quelle più alte (500-700 mg/l) il consumo del PCC è stato parziale e in alcuni casi
inferiore alla metà del valore iniziale.
9.4 Crescita microbica su acido p-idrossibenzoico
Le prove di crescita sono state condotte nel campo di concentrazione di PHB
compreso tra 50 e 700 mg/l. La fig. 9.11 mostra alcune delle curve di crescita
relative alle prove effettuate. Si è ottenuto un maggior sviluppo di biomassa nelle
prove a più alta concentrazione di PHB (600 e 700 mg/). La fase di crescita
esponenziale termina mediamente dopo circa un giorno e mezzo dall’inizio della
prova: successivamente si ha una fase stazionaria o declinante.
131
700 mg/l
600 mg/l
500 mg/l
200 mg/l
100 mg/l
0,6
densità ottica
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
tempo (giorni)
Fig. 9.11 – Crescita su differenti concentrazioni iniziali di PHB
Come per gli altri composti considerati, sono stati calcolati i valori delle
velocità di crescita per le prove effettuate. La tab. 9.3 riporta, per ciascuna
concentrazione iniziale di PHB, il corrispettivo valore di velocità ottenuto.
Riportando i valori delle velocità di crescita in funzione della concentrazione
iniziale del PHB, risulta che al variare della concentrazione del composto
fenolico non si ha una variazione significativa della velocità di crescita.
Tab. 9.3 – Velocità di crescita per le prove effettuate su PHB
Concentrazione iniziale
Velocità crescita
PHB (mg/l)
μ (h-1)
50
0,052
100
0,059
150
0,048
350
0,057
500
0,046
600
0,064
700
0,055
I valori ottenuti suggeriscono, infatti, di utilizzare l’equazione di Monod per
descrivere l’andamento della velocità di crescita con la concentrazione iniziale di
PCC. Anche in questo caso, per basse concentrazioni del composto fenolico, non
è possibile descrivere in modo ottimale la variazione della velocità specifica. La
pendenza della curva di Monod che si ottiene risente di tale imprecisione che, da
132
un punto di vista matematico, è contenuto nel valore di Ks. La fig. 9.12 riporta i
punti sperimentali ottenuti, la suddetta curva e i relativi parametri cinetici
calcolati.
velocità di crescita (h -1)
0,07
0,06
0,05
0,04
0,03
μMAX = 0,056 h-1
0,02
Ks = 2,57 mg/l
0,01
0
0
200
400
600
800
concentrazione PHB (mg/l)
Fig. 9.12 – Correlazione tra velocità di crescita e concentrazione iniziale PHB
Passando all’esame della modalità di consumo del PHB, ci si può riferire ad
un primo grafico (fig. 9.13) che riporta le curve di consumo normalizzate in
termini di HPLC e di TOC per le prove eseguite sulle concentrazioni di 100 e 200
mg/l di PHB. Si può osservare come non è stata ottenuta la degradazione
completa del composto fenolico: per la prova su 100 mg/l di PHB è rimasta una
concentrazione residua pari al 15% del valore iniziale; ancora minore è la
degradazione conseguita per la prova su 200 mg/l per la quale è rimasto circa il
50% del PHB presente ad inizio prova. Le curve di TOC confermano gli
andamenti e la presenza di un carico organico residuo tanto maggiore quanto era
la concentrazione iniziale di PHB.
133
1,2
HPLC
TOC
1
C/C0
0,8
200 mg/l PHB
0,6
0,4
100 mg/l PHB
0,2
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
tempo (giorni)
Fig. 9.13 – Curve di consumo dei substrati per le prove su 100 e 200 mg/l di PHB
La fig. 9.14 mostra invece la curva di crescita e le curve di consumo dei
substrati per la prova su 600 mg/l di PHB. La curva di crescita mostra in questo
caso una breve fase di stasi iniziale, seguita dalla fase esponenziale che raggiunge
il suo valore massimo dopo circa un’ora e mezza dall’inizio della prova. Il
consumo del PHB è immediato e anche la curva del TOC conferma tale
diminuzione. In corrispondenza del raggiungimento della fase stazionaria
successiva alla crescita, la concentrazione di PHB si è ridotta del 70% rispetto al
valore iniziale, mentre resta un TOC residuo pari al 40% del valore di partenza.
L’analisi dei cromatogrammi dell’HPLC ottenuti dalle analisi dei campioni
prelevati durante la prova, hanno mostrato la formazione di un composto in
corrispondenza di un preciso tempo di ritenzione. Poiché dai cromatogrammi è
emerso che al diminuire della concentrazione di PHB aumenta l’area (e dunque la
concentrazione) di tale composto, si è pensato che questo si sia formato per
effetto della degradazione dell’acido p-idrossibenzoico. Non è stato possibile
individuare che tipo di composto fosse e i pochi lavori disponibili relativi agli
schemi di degradazione anaerobici non hanno chiarito meglio quale schema di
degradazione possa essersi sviluppato. La fig. 9.14 mostra comunque la curva che
riporta la formazione di tale sostanza al trascorrere del tempo. Già dal primo
campione prelevato dopo tre ore dall’inizio della prova tale composto è presente e
la sua concentrazione cresce nel tempo; dopo quasi due giorni si stabilizza su un
valore prossimo ai 150 mg/l e permane in soluzione fino al termine della prova di
crescita.
La presenza del composto è stata riscontrata anche per le prove condotte alle
concentrazioni iniziali di PHB di 500 e 700 mg/l. Anche in questi altri casi
considerati la formazione di tale sostanza non è stata accompagnata da una sua
successiva degradazione: al termine del tempo di osservazione delle prove
condotte è rimasto decomposto in soluzione, esercitando, presumibilmente, un
effetto tossico sui microrganismi anaerobici.
134
TOC
700
HPLC
o.d.
0,6
0,5
600
0,4
500
400
0,3
300
0,2
densità ottica
concentrazione (mg/l)
800
200
0,1
100
composto sconosciuto
0
0
0,5
1
1,5
2
0
2,5
tempo (giorni)
Fig. 9.14 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 600 mg/l di PHB
In definitiva per le prove in presenza di PHB si può concludere che:
- l’equazione di Monod descrive il comportamento cinetico della
miscela anaerobica in presenza di PHB;
- la degradazione del PHB è stata parziale per le concentrazioni
sperimentate, sia alle basse che alle alte concentrazioni;
- nelle prove a più alta concentrazione, contemporaneamente al
consumo del PHB, si è avuta la formazione, tra gli altri, di un
composto presumibilmente tossico la cui concentrazione è aumentata
al trascorrere della prova fino a raggiungere un valore di
concentrazione costante.
9.5 Crescita microbica su acido vanillico
La fig. 9.15 riporta i risultati ottenuti da una prova condotta in presenza di
100 mg/l di acido vanillico. La crescita microbica dura circa un giorno: dopo
questo tempo segue infatti una fase declinante. La curva che rappresenta la
variazione del TOC mostra una diminuzione immediata nel tempo corrispondente
alla fase di crescita esponenziale. I dati ottenuti dalle analisi condotte all’HPLC
mostrano che l’acido vanillico presente non è stato degradato. La crescita è
avvenuta perciò solo su acido succinico e la diminuzione del TOC è dovuta solo
al consumo di tale substrato. Il vanillico presente in soluzione non viene perciò
degradato dai microrganismi facenti parte della miscela anaerobica. Lo stesso
tipo di risultato si è ottenuto anche nelle prove condotte alle concentrazioni di 50
e 300 mg/l di VAN.
135
TOC
0,33
350
HPLC
0,28
o.d.
300
250
0,23
200
0,18
150
100
densità ottica
concentrazione (mg/l)
400
0,13
50
0
0,08
0
0,5
1
1,5
2
tempo (giorni)
Fig. 9.15 – Crescita e consumo dei substrati per la prova su 100 mg/l di VAN
9.6 Discussione e riepilogo dei risultati ottenuti
Le prove presentate in questo capitolo hanno dato diverse indicazioni
riguardo al comportamento dei microrganismi appartenenti alla miscela
anaerobica quando sono posti in soluzioni contenenti sostanze fenoliche. Il tempo
di osservazione per le prove di crescita eseguite è stato tra i due e i quattro giorni,
anche se la crescita microbica si è sviluppata quasi sempre per i primi due,
seguita dalla fase stazionaria o di morte dei microrganismi. Non è stata osservata
fase di latenza iniziale in nessuna delle prove di crescita eseguite: ciò è dovuto al
fatto che in soluzione era presente anche acido succinico, sostanza organica
costituente del medium di crescita e substrato organico sul quale è stata condotta
l’acclimatazione dei microrganismi.
Sono state condotte prove di crescita sui quattro composti fenolici a diverse
concentrazioni iniziali degli stessi per studiare il tipo di cinetica di crescita. Per
tali prove si è cercato di descrivere l’andamento della velocità di crescita in
funzione dell’aumento di concentrazione del composto fenolico. Le prove sono
infatti state condotte su soluzioni che contenevano sempre la stessa quantità di
acido succinico (1000 mg/l) e una quantità variabile del composto fenolico.
Dai risultati conseguiti è emerso che la cinetica di crescita su catecolo e acido
p-idrossibenzoico può essere descritta dall’equazione di Monod (andamento a
saturazione), mentre la crescita su acido protocatecuico ha mostrato una cinetica
con inibizione del substrato ed è stata interpretata mediante l’equazione di
Andrews. Per le prove eseguite con acido vanillico, la crescita microbica che si è
osservata è stata attribuita solo al consumo dell’acido succinico, in quanto le
analisi effettuate sul filtrato dei diversi campioni di sospensione relativi a tempi
successivi hanno mostrato che, nel tempo di osservazione della prova, la
concentrazione dell’acido vanillico rimaneva immutata e pari al valore iniziale. Il
composto fenolico non è stato dunque degradato dalla miscela anaerobica. La tab.
136
9.4 riassume i valori dei parametri cinetici trovati dalle prove anaerobiche
condotte per catecolo, acido protocatecuico e acido paraidrossibenzoico.
Tab. 9.4 – Parametri cinetici ottenuti per le prove condotte in condizioni anaerobiche
Espressione
μmax
Ks
Ki
cinetica
(h-1)
(mg/l)
(mg/l)
100-700
Monod
0,048
12,4
---
PCC
50-700
Andrews
0,221
284
0,0022
PHB
50-700
Monod
0,056
2,57
---
Substrato di crescita
Range (mg/l)
CAT
Riassumendo, l’analisi del consumo dei substrati utilizzati nelle prove ha
mostrato che nel tempo di osservazione considerato:
- l’acido vanillico non è stato degradato;
- alle basse concentrazioni (50-300 mg/l) si è ottenuto un buon grado di
rimozione, prossimo al 90% per PCC e CAT, mentre per il PHB la
rimozione è stata inferiore (intorno al 50% per una concentrazione iniziale
di 200 mg/l);
- alle alte concentrazioni sperimentate (500-700 mg/l) si è osservato un
minore grado di rimozione dei composti fenolici: per le prove con
catecolo la degradazione è stata tra il 50 e il 60%; per le prove con PCC
tra il 70 e il 90%; per le prove con PHB tra il 60 e l’80%;
- in generale il grado di rimozione del carico organico, per le prove
eseguite, è stato prossimo al 50%;
- in definitiva, il grado di rimozione dei composti fenolici sembra essere
fortemente influenzato dalla natura del particolare composto oltre che
dalla sua concentrazione iniziale.
137
Capitolo 10
Crescita anaerobica su miscele di
substrati organici e influenza del
substrato di acclimatazione
10.1 Introduzione
Le prove di crescita anaerobica presentate nel capitolo precedente hanno
evidenziato la difficoltà della miscela anaerobica di conseguire la completa
degradazione dei composti fenolici alle concentrazioni più elevate considerate
(500-700 mg/l) e di abbattere il carico organico presente nelle soluzioni sintetiche
utilizzate con gradi di degradazione accettabili. Inoltre per le prove eseguite con
acido vanillico è stato messo in evidenza come tale composto fenolico non venga
degradato, almeno nei tempi di osservazione della prova.
Nel presente capitolo verranno presentate alcune ulteriori prove di crescita
effettuate allo scopo di stabilire se la degradazione dell’acido vanillico potesse
essere favorita dalla presenza di un altro composto in grado di determinare un
processo di tipo cometabolico; si è pertanto pensato di utilizzare (i) un altro
composto fenolico (acido p-idrossibenzoico) o (ii) un composto di facile
biodegradabilità (glucosio).
Verranno presentate anche alcune prove di crescita eseguite con lo stesso
medium di crescita utilizzato nelle prove descritte nel capitolo precedente, ma
contenenti glucosio come supporto organico per le fasi di acclimatazione e di
crescita, in luogo dell’acido succinico.
10.2 Crescita microbica su acido vanillico e acido p-idrossibenzoico
E’ stata effettuata una prova di crescita sulla miscela costituita da acido
vanillico e acido p-idrossibenzoico. Quest’ultimo è stato scelto, tra i composti
fenolici utilizzati in questo lavoro, perché le prove condotte con acido pidrossibenzoico hanno mostrato che i microrganismi lo utilizzano come fonte di
carbonio.
La prova è stata condotta su una soluzione contenente 350 mg/l di acido
vanillico e 300 mg/l di acido p-idrossibenzoico, oltre all’acido succinico che,
come affermato più volte, è presente in quanto costituente del medium. La fig.
10.1 mostra l’andamento della curva di crescita microbica: quest’ultima non
richiede alcuna fase di latenza e raggiunge il suo valore massimo in circa 24 ore.
138
0,3
o.d.
500
0,25
0,2
400
VAN
0,15
300
200
0,1
PHB
densità ottica
concentrazione (mg/l)
600
0,05
100
0
0
0
10
20
30
40
50
60
tempo (ore)
Fig. 10.1 – Crescita microbica e consumo dei substrati per la prova
su 350 mg/l di VAN e 300 mg/l di PHB
Successivamente viene registrata una fase stazionaria seguita dalla fase di
morte. Le curve di consumo dei due substrati mostrano che c’è stato un consumo
pari a poco più del 50% per quanto riguarda l’acido p-idrossibenzoico, mentre la
concentrazione dell’acido vanillico si è ridotta di appena il 16%. La fig. 10.2
riporta il confronto tra la curva di consumo del PHB per la prova sulla miscela e
per quella in cui il PHB era in soluzione da solo (alla stessa concentrazione di
300 mg/l): in questo secondo caso si è avuto un grado di rimozione pari all’80%.
La presenza del vanillico sembra quindi rallentare e per certi versi inibire il
consumo dell’acido p-idrossibenzoico. Va comunque sottolineato che la presenza
contemporanea dei due composti fenolici ha prodotto una minima degradazione
anche dell’acido vanillico, risultato non conseguito nelle prove in cui
quest’ultimo era in soluzione da solo. La prova effettuata conferma in ogni caso
la scarsa degradabilità anaerobica dell’acido vanillico.
139
concentrazione (mg/l)
400
350
300
250
PHB + VAN
200
150
100
PHB
50
0
0
10
20
30
40
50
60
tempo (ore)
Fig. 10.2 – Consumo del PHB per le prove su solo PHB (300 mg/l) e
sulla miscela costituita da PHB (300 mg/l) e VAN (350 mg/l)
10.3 Crescita microbica su acido vanillico e glucosio
Un’altra prova di crescita è stata condotta sulla miscela costituita da acido
vanillico e glucosio: come già detto, l’obiettivo di questo tipo di prova è stato
quello di verificare se la presenza di un altro composto, caratterizzato da elevata
biodegradabilità potesse, in qualche modo coadiuvare la degradazione del
composto fenolico. La fig. 10.3 mostra la curva di crescita ottenuta per la prova
condotta su 300 mg/l di VAN e 1000 mg/l di GLUC. Si può osservare una rapida
fase di crescita esponenziale la quale raggiunge il suo massimo dopo circa 15 ore
dall’inizio della prova.
0,35
o.d.
GLUC
0,3
800
0,25
600
0,2
400
0,15
UV
200
densità ottica
concentrazione (mg/l)
1000
0,1
0
0,05
0
10
20
30
40
tempo (ore)
Fig. 10.3 – Crescita microbica e consumo dei substrati
per la prova condotta su 300 mg/l di VAN e 1000 mg/l di GLUC
140
Osservando le curve di consumo dei due substrati presenti, si deduce che la
crescita è avvenuta su glucosio (e su acido succinico) mentre la curva ottenuta
dall’analisi all’UV mostra come vi sia stato un minimo consumo del vanillico
(pari a circa il 40% del valore iniziale). Come nel caso in cui era in miscela con il
PHB si assiste ad una degradazione, seppure minima, dell’acido vanillico.
La fig. 10.4 mostra il confronto tra la curva di crescita microbica relativa alla
miscela (VAN + GLUC) ed a quella del solo glucosio (alla concentrazione
nominale di 1000 mg/l). Da tale confronto appare come l’acido vanillico non
influisca in modo significativo sulla crescita microbica, dal momento che le due
curve di crescita procedono in modo pressoché analogo.
Inoltre il confronto tra le curve di consumo del glucosio per le due prove
suddette (fig. 10.5) mostra come la presenza dell’acido vanillico con inibisca in
alcun modo il consumo del substrato organico di facile degradazione.
0,4
concentrazione (mg/l)
0,35
0,3
0,25
0,2
GLUC + VAN
0,15
GLUC
0,1
0,05
0
0
10
20
30
40
tempo (ore)
Fig. 10.4 – Confronto tra crescita microbica su solo GLUC (1000 mg/l) e
sulla miscela costituita da GLUC (1000 mg/l) e VAN (300 mg/l)
141
concentrazione (mg/l)
1200
1000
GLUC + VAN
GLUC
800
600
400
200
0
0
10
20
30
40
tempo (ore)
Fig. 10.5 – Confronto tra crescita microbica su solo GLUC (1000 mg/l) e
sulla miscela costituita da GLUC (1000 mg/l) e VAN (300 mg/l)
10.4 Influenza del substrato usato per l’acclimatazione
Le prove in condizioni anaerobiche fin qui descritte sono state condotte
utilizzando il medium proposto da Arenante (1999) che conteneva, come
substrato organico di supporto alla crescita, l’acido succinico. Tale sostanza è
stata utilizzata dai microrganismi nelle fasi di acclimatazione ed era presente in
tutte le prove di crescita effettuate con i diversi composti fenolici.
Sono stati eseguiti alcuni test di crescita utilizzando microrganismi
acclimatati ad una fonte di carbonio differente (dall’acido succinico) per stabilire
l’influenza che il substrato scelto per l’acclimatazione potesse avere sulla crescita
microbica e sul consumo dei composti organici esposti ai microrganismi. E’ stato
così impiegato il glucosio al posto dell’acido succinico, sottoponendo i
microrganismi a tre cicli di acclimatazione, ciascuno su 1000 mg/l di glucosio.
Successivamente sono state ripetute alcune prove di crescita analoghe a quelle
descritte nel cap. 9, con il glucosio utilizzato come supporto nella crescita
microbica in presenza dei composti fenolici. I risultati delle prove hanno
evidenziato poche differenze riguardo alla crescita avvenuta con i microrganismi
acclimatati nei due modi diversi. Le prove effettuate hanno infatti mostrato
risultati abbastanza simili tali da poter ritenere che entrambi i substrati possano
essere utilizzati indifferentemente come supporto nel medium microbico. In
particolare è mostrato il confronto (fig. 10.6) tra due curve di crescita. La prima è
avvenuta su 1000 mg/l di acido succinico con microrganismi precedentemente
acclimatati ad acido succinico. La seconda è avvenuta su 1000 mg/l di glucosio e
i microrganismi, in questo caso, erano stati acclimatati a glucosio. Il confronto tra
le due curve mostra come la crescita proceda in modo analogo per entrambe le
prove eseguite. Anche la curva di consumo in termini di TOC (fig. 10.7) mostra
un consumo pressoché simile dei due diversi substrati presenti in soluzione.
142
0,35
densità ottica
0,3
0,25
0,2
GLUC
0,15
SUCC
0,1
0,05
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 10.6 – Confronto tra le curve di crescita microbica su 1000 mg/l
di glucosio e su 1000 mg/l di acido succinico
500
concentrazione (mg/l)
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
0
5
10
15
20
25
tempo (ore)
Fig. 10.7 – Confronto tra le curve di consumo del TOC per le prove su
1000 mg/l di glucosio e su 1000 mg/l di acido succinico
10.5 Conclusioni sulle prove anaerobiche effettuate
Le prove condotte in condizioni anaerobiche hanno mostrato che i
microrganismi anaerobici sono capaci di degradare solo in parte i composti
organici in esame, diversamente da quanto è stato ottenuto per le prove in
condizioni aerobiche eseguite sugli stessi composti e alle stesse concentrazioni.
143
Uno dei motivi che può aver determinato questa bassa percentuale di rimozione
molto probabilmente è da attribuire all’assenza di ceppi metanigeni nella miscela
anaerobica. Infatti, la degrazione dei composti fenolici può aver determinato la
formazione di composti acidi che, accumulandosi in soluzione, hanno
determinato inibizione nei confronti dei microrganismi acidogenici. Si può
ritenere che la presenza di microrganismi metanigeni avrebbe sicuramente
attaccato detti composti riducendo la concentrazione degli stessi, smorzando
l’effetto inibitorio sui microrganismi acidogeni.
Si ritiene importante mettere in evidenza che a dispetto delle numerose prove
sperimentali eseguite, solo una parte di esse sono state riportate. Infatti, durante la
sperimentazione sono emerse numerose difficoltà che hanno condizionato il
monitoraggio delle colture in crescita. Ciò è stato determinato dalla maggiore
difficoltà intrinseca della sperimentazione anaerobica, rispetto alle prove
aerobiche, per evitare l’introduzione di ossigeno nei bioreattori. Ad esempio, in
alcune prove di crescita anaerobica la presenza del colorante resazurina nel
medium, “spia” importante per segnalare la eventuale presenza di ossigeno nella
soluzione, ha interferito sulle letture di densità ottica rendendo colorata la
soluzione al momento dell’apertura del bioreattore.
Inoltre, le ridotte dimensioni del “box anaerobico” hanno influito sul numero
di punti sperimentali utilizzabili per descrivere sia l’andamento della crescita
microbica che le curve di consumo dei substrati, giacchè si è potuto utilizzare un
massimo di 7-8 dati sperimentali, pari al numero dei bioreattori preparati per ogni
prova di crescita programmata. Ancora, le prove di crescita hanno avuto una
durata stabilita “a priori” proprio dal numero di bioreattori disponibili: ad es., in
alcuni casi i risultati delle misure (densità ottica o concentrazione dei substrati)
sull’ultimo bioreattore mostravano che la crescita microbica non era ancora
ultimata, ma purtroppo non era più possibile “prolungare” la prova. In definitiva,
il confronto tra le prove realizzate in condizioni aerobiche e quelle in condizioni
anaerobiche, evidenzia che se per le prime è stato possibile disporre, al
trascorrere del tempo di esecuzione della prova, di un numero non limitato di
campioni da analizzare (date le condizioni e l’elevato volume di lavoro), la stessa
cosa non è stata possibile per le seconde.
144
Capitolo 11
Trattamento combinato
anaerobico-aerobico
11.1 Introduzione
Le prove condotte in condizioni anaerobiche, presentate nei due capitoli
precedenti, hanno evidenziato che non si è conseguita né la totale degradazione
dei composti fenolici presenti inizialmente nelle soluzioni sintetiche, né un
elevato abbattimento del carico organico totale. Infatti, specie per le prove
condotte alle concentrazioni più alte (500-700 mg/l di composto fenolico), il
grado di rimozione del carico organico (TOC) è stato inferiore al 50%. Questo
può essere dovuto alla formazione di sostanze tossiche, durante la degradazione,
che inibiscono l’ulteriore consumo dei composti organici presenti e rallentano la
crescita microbica.
Nelle condizioni operative sperimentate e alle concentrazioni considerate, i
microrganismi anaerobici non sono stati in grado di realizzare la degradazione
completa, o quasi, delle sostanze organiche presenti in soluzione. Viceversa, nelle
prove analoghe (stesso range di concentrazione) condotte in condizioni aerobiche,
si sono conseguiti sia la rimozione completa dei composti fenolici che
l’abbattimento quasi completo (superiore al 90%) del carico organico presente.
Poiché uno dei vantaggi dei processi anaerobici, rispetto ai processi aerobici,
è quello di garantire una certa efficienza di degradazione con un notevole
risparmio energetico rispetto ai processi aerobici, si è pensato di effettuare un
primo stadio di degradazione in condizioni anaerobiche e di affidare al processo
aerobico la residua rimozione del carico organico non smaltito. In questo senso
sono state concepite una serie di prove per le quali è stato messo a punto un
sistema combinato costituito da processi biologici in serie ed in particolare la
combinazione sequenziale anaerobico-aerobico di reattori batch, cioè soluzioni
sintetiche contenenti composti fenolici sono state trattate prima per via
anaerobica e successivamente per via aerobica, verificando l’efficacia dei due
trattamenti.
11.2 Trattamento combinato: prove in reattori anaerobici
Le prove in condizioni anaerobiche, che hanno preceduto quelle di
degradazione aerobica, sono state quattro. Due prove sono state condotte
145
utilizzando catecolo (alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l), altre due con acido
protocatecuico (sempre alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l).
In fig. 11.1 sono riportate le curve di crescita ottenute per le prove su
catecolo. Si può osservare come, per entrambe le prove condotte, la crescita
raggiunga il suo massimo dopo ventiquattro ore: successivamente si osserva una
fase declinante. Il più alto valore di densità ottica è stato raggiunto nella prova
con più alta concentrazione di catecolo.
CAT 500
0,25
CAT 700
densità ottica
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
tempo (giorni)
Fig. 11.1 – Crescita microbica su 500 e su 700 mg/l di CAT
La fig. 11.2 mostra invece le curve di consumo del catecolo, sulla base dei
dati ottenuti dalle analisi dell’HPLC. In entrambe le prove il catecolo viene
parzialmente degradato entro il primo giorno di prova e la percentuale di
rimozione del composto fenolico si attesta attorno al 55% per ambedue le prove.
700
CAT 500
concentrazione (mg/l)
600
CAT 700
500
400
300
200
100
0
0
0,5
1
1,5
tempo (giorni)
Fig. 11.2 – Curve di consumo del catecolo per le prove su 500 e su 700 mg/l di CAT
146
Nel periodo di osservazione della prova considerato, la rimozione del
carbonio organico totale è inferiore al 50% per entrambe le prove, come si può
osservare dalla fig. 11.3.
CAT 500
1000
concentrazione (mg/l)
CAT 700
800
600
400
200
0
0
0,5
1
1,5
tempo (giorni)
Fig. 11.3 – Curve di consumo del TOC per le prove su 500 e su 700 mg/l di CAT
Anche le prove di crescita su acido protocatecuico sono state condotte alle
concentrazioni, rispettivamente, di 500 e 700 mg/l. La fig. 11.4 riporta le due
curve di crescita che mostrano come il massimo valore di densità ottica sia stato
raggiunto entro le prime 24 ore in entrambi i casi.
L’analisi delle curve di consumo del composto fenolico ottenute tramite
l’HPLC (fig. 7.5) mostra come il PCC sia stato degradato con un ‘efficienza di
rimozione più elevata (pari all’85%) per la prova con concentrazione minore,
mentre è stata prossima al 70% per la prova sulla concentrazione iniziale di 700
mg/l.
147
PCC 500
0,35
PCC 700
densità ottica
0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
tempo (giorni)
Fig. 11.4 – Crescita microbica su 500 e su 700 mg/l di PCC
700
PCC 500
PCC 700
concentrazione (mg/l)
600
500
400
300
200
100
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
tempo (giorni)
Fig. 11.5 – Curve di consumo del PCC per le prove su 500 e su 700 mg/l di PCC
Anche per quanto riguarda il TOC, si è ottenuta una rimozione maggiore nella
prova a più bassa concentrazione (65% per la prova con 500 mg/l contro il 50%
per la prova con 700 mg/l).
148
concentrazione (mg/l)
1000
PCC 500
PCC 700
800
600
400
200
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
tempo (giorni)
Fig. 11.6 – Curve di consumo del TOC per le prove su 500 e su 700 mg/l di PCC
La tab. 11.1 riporta le percentuali di rimozione ottenute in condizioni
anaerobiche rispettivamente per il composto fenolico e per il TOC. Si può
osservare come si siano ottenute rimozioni maggiori nelle due prove con PCC che
con CAT (86 e 67% contro 54 e 53%) e che per le concentrazioni più elevate di
entrambi i composti la rimozione del TOC è stata inferiore al 50%. I risultati
ottenuti sono peraltro coerenti con quelli ottenuti nel cap. 9 nel quale sono state
presentate prove analoghe.
Tab. 11.1 – Percentuale di rimozione dei substrati per le prove eseguite
in condizioni anaerobiche
CAT
Concentrazione
iniziale (mg/l)
500
Rimozione
FEN (%)
54
Rimozione
TOC (%)
47
CAT
700
53
24
PCC
500
86
65
PCC
700
67
49
Substrato
11.3 Trattamento combinato: prove in reattori aerobici
Le prove effettuate nei reattori aerobici sono state condotte utilizzando le
soluzioni provenienti dai reattori anaerobici. A tali soluzioni sono stati aggiunti i
principali sali costituenti il medium aerobico per garantire l’apporto dei nutrienti
necessari alla crescita microbica. Le prove sono state condotte in beuta su un
volume di lavoro di circa 50 ml.
I residui provenienti dai trattamenti anaerobici sono stati centrifugati allo
scopo di separare solidi sospesi (microrganismi) dalla soluzione. Nel surnatante
149
ottenuto da ciascuna prova, dopo che è stato aggiunto del medium fresco
aerobico, necessario per garantire ai microrganismi il corretto apporto di sostanze
nutritive, sono stati immessi i microrganismi aerobici. Questi ultimi erano stati
sottoposti ai normali cicli di acclimatazione a glucosio. Per effetto dell’aggiunta
del medium aerobico, le soluzioni residue sono risultate parzialmente diluite.
Nella fig. 11.7 sono riportate le curve di crescita in condizioni aerobiche
ottenute sui residui delle due prove condotte in ambiente anaerobico sul catecolo.
La crescita, in entrambi i casi, richiede una brevissima fase di latenza o più
precisamente si assiste ad una fase di crescita pre-esponenziale che si protrae fino
al termine del tempo di osservazione della prova. Si può notare poi come si
raggiunga una maggiore velocità di crescita sul residuo ottenuto dalla prova che
inizialmente conteneva la più alta concentrazione di catecolo.
Non avendo la possibilità di descrivere le curve di consumo dei substrati, dal
momento che si è operato con reattori costituiti da beute (quindi piccoli volumi di
lavoro), ci si può riferire esclusivamente ai dati di TOC e dei composti fenolici
provenienti dalle analisi condotte sui campioni iniziali e finali di ciascuna prova.
Gli istogrammi di fig. 11.8 mostrano la riduzione del catecolo e del TOC per la
prova che inizialmente conteneva 500 mg/l di catecolo. Al termine della prova
anaerobica era rimasta una concentrazione residua di catecolo pari a 220 mg/l.
Per effetto della diluizione, all’inizio della prova aerobica la concentrazione si era
ridotta a 149 mg/l. Dopo la crescita in condizioni aerobiche la concentrazione di
catecolo residua è pari a circa 10 mg/l, per una riduzione percentuale,
limitatamente al trattamento aerobico, pari al 95%. E’ stata conseguita inoltre una
parziale degradazione del TOC del 65%: al termine della prova resta infatti un
TOC residuo pari ad una concentrazione di 100 mg/l.
1
res. 500
res. 700
densità ottica
0,8
0,6
0,4
0,2
0
0
2
4
6
8
10
tempo (ore)
Fig. 11.7 – Curve di crescita aerobica sui residui delle prove anaerobiche
precedentemente condotte su catecolo
150
427
450
HPLC
concentrazione (mg/l)
400
TOC
350
264
300
220
250
149
200
98
150
100
8
50
0
fine crescita
anaerobica
inizio crescita
aerobica
fine crescita
aerobica
Fig. 11.8 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 500 mg/l di CAT
La fig. 11.9 mostra invece la riduzione della concentrazione del catecolo e del
TOC per i tre step che hanno caratterizzato la prova combinata anaerobicoaerobico su 700 mg/l di CAT. Come nel caso precedente si è ottenuta una
riduzione del CAT quasi completa (pari al 97%) e del TOC prossima al 70%.
632
HPLC
concentrazione (mg/l)
700
TOC
600
500
318
324
286
400
300
89
200
8
100
0
fine crescita
anaerobica
inizio crescita
aerobica
fine crescita
aerobica
Fig. 11.9 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 700 mg/l di CAT
Le curve mostrate nella fig. 11.10 si riferiscono alla crescita microbica in
condizioni aerobiche avvenuta sui residui delle due prove condotte in ambiente
anaerobico su PCC, alle concentrazioni di 500 e 700 mg/l. Dopo una breve fase di
latenza si ha la fase di crescita esponenziale: si raggiunge un valore maggiore di
densità ottica per la prova che inizialmente conteneva la maggior quantità di
151
acido protocatecuico. Le velocità di crescita inoltre sono simili (0,33 h-1 per la
prova su 500 mg/l e 0,30 h-1 per quella su 700 mg/l).
0,35
densità ottica
0,3
0,25
0,2
res. 700
res. 500
0,15
0,1
0
1
2
3
4
5
6
7
8
tempo ( ore )
Fig. 11.10 – Curve di crescita aerobica sui residui delle prove anaerobiche
precedentemente condotte su PCC
La fig. 11.11 mostra la riduzione del PCC e del TOC per i residui della prova
anaerobica su 500 mg/l di PCC. Si è ottenuta una rimozione completa del PCC e
una degradazione del carbonio organico totale pari al 60% del valore all’inizio
della prova aerobica.
250
233
224
TOC
concentrazione (mg/l)
HPLC
200
150
89
100
68
50
50
0
0
fine crescita
anaerobica
inizio crescita
aerobica
fine crescita
aerobica
Fig. 11.11 – Consumo di PCC e TOC per la prova su 500 mg/l di PCC
152
Per quanto riguarda invece la percentuale di degradazione dei substrati sui
residui della prova con 700 mg/l di PCC si è ottenuta anche in questo caso la
rimozione completa del PCC e parziale (inferiore al 50%) del TOC.
400
358
332
TOC
concentrazione (mg/l)
350
300
HPLC
230
250
184
150
200
150
100
1
50
0
fine crescita
anaerobica
inizio crescita
aerobica
fine crescita
aerobica
Fig. 11.12 – Consumo di CAT e TOC per la prova su 700 mg/l di CAT
In definitiva, nelle prove aerobiche eseguite sui residui delle prove
precedentemente condotte in condizioni anaerobiche, si è conseguita la rimozione
quasi completa del composto fenolico ancora presente (catecolo o PCC) e una
rimozione del carbonio organico totale che varia, tra il 50 e il 70%.
11.4 Discussione e conclusioni
Nel presente capitolo sono state presentate alcune prove per le quali è stata
realizzata la combinazione sequenziale anaerobico-aerobico di reattori batch:
soluzioni sintetiche contenenti composti fenolici sono state prima trattate per via
anaerobica e successivamente per via aerobica. L’obiettivo di questo genere di
prove era quello di verificare la possibilità di conseguire, grazie alla
combinazione dei due trattamenti, un grado di rimozione superiore a quello che si
sarebbe potuto ottenere con uno solo dei due.
Sono state preparate alcune soluzioni sintetiche contenenti ciascuna catecolo
o acido protocatecuico (in entrambi i casi alle concentrazioni iniziali di 500 e 700
mg/l). E’ stata eseguita prima una prova di degradazione in reattori batch
anaerobici: i residui della prova sono stati poi trattati in reattori batch aerobici
(beute). Al termine di ciascun test è stato verificato il grado di degradazione
conseguito.
La tab. 11.2 riassume i risultati ottenuti in termini di rimozione dei composti
fenolici presenti nelle soluzioni di partenza per le prove effettuate. In condizioni
anaerobiche si ottengono delle rimozioni maggiori per le prove condotte su PCC
153
che su CAT; per quest’ultimo si ottiene lo stesso grado di degradazione per le due
concentrazioni utilizzate; per il PCC, invece, si ottiene una maggiore rimozione
nella prova con concentrazione inferiore. Le prove anaerobiche hanno mostrato
un grado di rimozione compreso tra il 53 e l’86%.
Gli esperimenti di crescita in condizioni aerobiche condotti sui residui
ottenuti dai test eseguiti nei reattori anaerobici hanno invece fatto registrare
elevati gradi di efficienza di degradazione. E’ stata registrata la completa
degradazione dell’acido protocatecuico per entrambe le prove e un’efficienza di
rimozione del 95% per le prove condotte sulle soluzioni che inizialmente
contenevano catecolo.
Tab. 11.2 – Efficienza di degradazione dei composti fenolici per le prove eseguite
Concentrazione
iniziale
Efficienza
degradazione
anaerobica (%)
Efficienza
degradazione
aerobica (%)
Efficienza
degradazione
processo
combinato (%)
CAT 500 mg/l
54
95
98
CAT 700 mg/l
53
95
99
PCC 500 mg/l
86
100
100
PCC 700 mg/l
67
100
100
Per quanto riguarda la rimozione del carico organico totale (TOC), si può
osservare che il trattamento aerobico, in coda a quello anaerobico, migliora
l’efficienza di degradazione, ma non permette, comunque, di conseguire una
rimozione totale del carico organico presente (tab. 11.3). La formazione di
intermedi tossici pare rallentare l’attività microbica. In ogni caso si sono ottenute
efficienze di rimozione comprese tra l’85 e il 90% per ciò che riguarda le prove
condotte sulle soluzioni che inizialmente contenevano catecolo e tra il 75% e
l’87% per quelle che contenevano PCC.
Tab. 11.3 – Efficienza di degradazione del carico organico totale (TOC)
per le prove eseguite
Concentrazione
iniziale
Efficienza
degradazione
anaerobica (%)
Efficienza
degradazione
aerobica (%)
Efficienza
degradazione
processo
combinato (%)
CAT 500 mg/l
47
62
85
CAT 700 mg/l
24
72
89
PCC 500 mg/l
65
60
87
PCC 700 mg/l
50
45
74
154
In definitiva il ricorso ad un trattamento combinato anaerobico-aerobico può
essere un’interessante possibilità quando si volesse conseguire nel trattamento
anaerobico un primo abbattimento del carico organico presente in un refluo a
costi evidentemente minori rispetto al caso in cui tale refluo fosse trttato
esclusivamente in condizioni aerobiche. Si ricorrerebbe perciò ad un pretrattamento del refluo in condizioni anaerobiche e l’efficienza di rimozione
ottenuta in questo primo stadio potrà essere poi completata o migliorata, con costi
energetici minori, nel trattamento aerobico.
155
Capitolo 12
Crescita microbica su acque di
vegetazione reali
12.1 Introduzione
Sono state effettuate alcune prove di degradazione biologica, in condizioni
aerobiche, su un refluo proveniente dall’industria agro-alimentare, ovvero acqua
di vegetazione proveniente da un frantoio oleario. Preliminarmente sono state
determinate alcune caratteristiche analitiche di tale refluo; successivamente sono
state preparate ed eseguite prove di crescita utilizzando i microrganismi
appartenenti alla miscela Biolyte MX20.
12.2 Caratteristiche delle acque di vegetazione utilizzate
Le acque di vegetazione utilizzate per questo studio provenivano dalla vasca
di decantazione di un frantoio oleario, operante nella zona di Dolianova
(Cagliari), che utilizza un processo continuo a tre fasi.
Le AV sono state sottoposte ad alcune determinazioni analitiche per la loro
caratterizzazione; i risultati sono riportati in tab. 12.1. Alcune di queste
caratteristiche derivano dalle analisi effettuate sulle AV dopo che da queste erano
stati preventivamente rimossi i solidi in sospensione, sia grossolani che colloidali.
Infatti le AV molto scure e torbide sono state sottoposte ad alcuni trattamenti
fisici quali centrifugazione e filtrazione. La centrifugazione è stata realizzata
tramite una centrifuga da laboratorio; il surnatante è stato poi caratterizzato da tre
cicli di filtrazione: il primo è stato realizzato con un filtro avente porosità pari a
2,5 μm, il secondo con un filtro di porosità di 1,2 μm, il terzo con dimensioni dei
pori ancora più piccoli, pari a 0,45 μm. Al termine di questi tre cicli di filtrazione
si è ottenuta una soluzione limpida di colore scuro.
Sulle acque di vegetazione è stata effettuata un’analisi mediante
spettrofotometro di massa per ricavare informazioni su alcuni dei composti che le
costituiscono. La fig. 12.1 mostra il cromatogramma ottenuto.
156
Tab. 12.1 – Caratteristiche AV utilizzate
Parametro
Unità di misura
Valore
SST
g/l
25,86
CODTQ
g/l
63
CODFiltrato
g/l
55
TOCFiltrato
g/l
36,2
-
4,6
Polifenoli
g/l
1,6
Glucosio (nel filtrato)
g/l
1,04
pH
Fig. 12.1 – Cromatogramma ottenuto dall’analisi sull’AV
mediante spettrofotometro di massa
157
Il cromatogramma mostra la presenza di alcune aree di notevole ampiezza che
testimoniano la presenza di composti organici in concentrazioni non trascurabili.
La tab. 12.2 riporta l’elenco dei sei composti ipotizzati con la percentuale di
corrispondenza per ciascun composto. Si noti, in particolare, la presenza di
catecolo e fenolo con percentuali di corrispondenza piuttosto elevate.
Tab. 12.2 – Possibili costituenti delle AV utilizzate
1
2
3
4
5
6
7
8
composto
3-metilpenta-1,3-diene-5-alcol
tirosolo (Benzenethanol 4-hydroxy )
5-undecanol 2-methyl
1-cycloexylethanol
hexanoic acid cyclohexylester
benzoic acid, 4-formyl-methylester
phenol
catechol
corrispondenza
12%
83%
25%
43%
32%
83%
90%
90%
12.3 Prove di crescita sulle acque di vegetazione
Alla soluzione centrifugata e filtrata sono stati aggiunti sia dei sali fosforici
che dei sali di azoto per garantire ai microrganismi aerobici il corretto apporto di
sali nutrienti. In particolare sono stati aggiunti (NH4)SO4 (concentrazione di 10
g/l), Na2HPO4 (17,46 g/l) e KH2PO4 (10,54 g/l). La combinazione dei due sali
fosforici funge da tampone e porta la soluzione ad un valore di pH prossimo alla
neutralità. In queste condizioni nell’acqua di vegetazione possono essere inoculati
i microrganismi aerobici, preventivamente sottoposti al più volte citato
procedimento di acclimatazione a glucosio.
Le prove sono state eseguite con l’obiettivo di verificare la capacità dei
microrganismi di degradare le sostanze organiche presenti nelle AV filtrate. La
verifica è stata fatta, oltre che sul campione filtrato tal quale, anche su soluzioni
di AV diversamente diluite con acqua distillata (1:5, 1:4, 1:3, 1:2), in modo da
verificare l’effetto che la differente concentrazione iniziale esercita sul
comportamento dei microrganismi e quindi sull’efficienza di rimozione del carico
organico. Dette soluzioni, insieme al campione di AV filtrate ma non diluito,
sono state trasferite in beute e inoculate tutte con lo stesso volume di coltura
microbica acclimatata a glucosio. La loro crescita è stata seguita al trascorrere del
tempo.
La fig. 12.2 mostra le curve di crescita ottenute per le prove effettuate. Le
curve evidenziano che in tutti i bioreattori c’è stata crescita microbica; questa ha
avuto inizio subito dopo l’inoculazione nel caso delle beute più diluite (1:5 e 1:4).
Viceversa si è registrata una latenza di circa 1,5 ore nel caso della beuta diluita
1:3. Invece, per la coltura esposta ad AV non diluite, la durata della fase lag è
stata di circa 20 ore. La crescita è avvenuta in modo diversificato e con diversa
velocità in relazione al tasso di diluizione delle AV. Nel caso della soluzione più
158
densità ottica
diluita la crescita si è esaurita in cinque ore dopodiché la densità ottica è rimasta
pressoché costante per circa 20 ore per poi mostrare una diminuzione della
concentrazione cellulare di tipo logaritmico (fase di morte). I valori massimi di
densità ottica relativi ai diversi sistemi sono risultati direttamente proporzionali ai
valori di concentrazione iniziale del TOC. Le colture hanno mostrato una velocità
di crescita che va da 0,062 h-1 per il filtrato non diluito, ad un massimo di 0,262 h1
per la soluzione più diluita (1:5).
3
TQ
1:2
2,5
1:3
1:4
2
1:5
1,5
1
0,5
0
0
20
40
60
80
tempo (ore)
Fig. 12.2 – Curve di crescita su soluzioni a diversa diluizione di AV reali
E’ stata poi presa in esame l’analisi dei dati di velocità di crescita in funzione
della concentrazione del carico organico iniziale (TOC) per ciascuna prova
eseguita, al fine di verificare quale potrebbe essere il modello in grado di
esprimere la cinetica di crescita. Riportando in grafico la velocità di crescita
contro la concentrazione del carico organico iniziale (TOC), si può osservare
l’andamento di fig. 12.3, che è tipico di una crescita ad inibizione del substrato.
Questo andamento, che evidenzia come l’aumento del carico organico (della
componente solubile) comporti una riduzione della velocità di crescita, consente
di comprendere meglio l’effetto inibitore delle AV sui microrganismi. Infatti,
considerato che nella componente solubile delle AV si trovano i composti
fenolici, più elevate concentrazioni di TOC sono in relazione a più elevate
concentrazioni di composti fenolici. Quindi, per una loro miscela, agli effetti
inibitori esercitati sui microrganismi dai singoli composti (determinato
dell’elevato valore di concentrazione) vanno aggiunti quelli che provengono
dall’effetto dovuto all’azione sinergica.
159
velocità di crescita (h -1)
0,3
0,2
0,1
0
0
10000
20000
30000
40000
concentrazione iniziale substrato, TOC (mg/l)
Fig. 12.3 – Variazione della velocità di crescita con la concentrazione
di carico organico iniziale nei bioreattori
Nell’elaborazione cinetica preliminare dei dati di velocità di crescita, il
tentativo di provare a descrivere tali dati con una cinetica tipo Andrews ha
portato all’ottenimento di valori della costante μmax molto elevati e non realmente
accettabili da un punto di vista fenomenologico. Questo aspetto richiede un
ulteriore approfondimento sia da un punto di vista della sperimentazione che da
un punto di vista dello studio modellistico.
Per ciò che riguarda, infine, la percentuale di rimozione del carico organico
presente, questa varia tra il 50 e il 60% per le prove eseguite a differenti
diluizioni.
160
Capitolo 13
Considerazioni sul funzionamento di
un reattore biologico aerobico per la
degradazione dei composti fenolici
13.1 Dimensionamento del reattore e condizione di wash-out
In questo capitolo verranno fatte alcune considerazioni su alcuni aspetti di
tipo cinetico relativi al funzionamento dei reattori biologici aerobici, quando
dovessero trattare dei reflui acquosi che contengono composti fenolici simili a
quelli considerati in questo lavoro di tesi.
Si consideri un reattore a mescolamento completo (fig. 13.1) nel quale
avvenga una semplice trasformazione in cui dal substrato si ottiene biomassa.
Fig. 13.1 – Reattore a mescolamento perfetto
Per un reattore di questo tipo, si possono scrivere le seguenti equazioni di
bilancio (Vismara, 1998), la prima per le cellule batteriche e la seconda per il
substrato all’interno del reattore:
dX
= QX 0 − QX + rxV
dt
dS
V
= QS 0 − QS + rsV
dt
V
(1)
(2)
161
dove:
V = volume del reattore;
Q = portata del liquido;
S0, S = concentrazione del substrato in ingresso e in uscita;
X0, X = concentrazione di batteri in ingresso e in uscita.
Si suppone che la cinetica di crescita della biomassa sia di tipo lineare rispetto
alla concentrazione della biomassa:
rx = μX − K d X
(3)
La velocità di crescita specifica μ può essere definita in relazione al
comportamento cinetico della biomassa in funzione del substrato su cui avviene
la crescita. Può essere espressa tramite l’equazione di Monod nella sua forma:
μ S
μ = max
(4)
S + KS
e sostituendo l’espressione di rx diventa:
μ S
rx = X max − K d X
(5)
S + KS
La cinetica di consumo del substrato, rs, è invece legata alla cinetica di
crescita della biomassa dal coefficiente di resa: rs = – rx/Y, per cui rs può
esprimersi come:
r
μ S
1
rs = − x = − X max
(6)
Y
Y S + KS
Per le condizioni di stato stazionario, dX/dt = - dS/dt = 0; inoltre, se si
considera X0 Æ 0 come in pratica si può assumere rispetto a X, le equazioni (1) e
(2) possono dunque scriversi:
− QX + X
μ max S
V − K d XV = 0
(7)
μ S
1
X max V = 0
Y S + KS
(8)
S + KS
QS 0 − QS1 −
Introducendo il tempo di permanenza idraulico θ, dove θ=V/Q, si ha:
−X+X
μ max S
S + KS
S0 − S −
ϑ − K d Xϑ = 0
μ S
1
X max ϑ = 0
Y S + KS
(9)
(10)
162
Ricavando θ dalla seconda equazione si ottiene:
ϑ=
1
KsS
− Kd
μ max + S
(11)
dalla quale si osserva come il tempo di permanenza idraulico dipenda da tre
costanti cinetiche (μmax, Ks e Kd) e dalla concentrazione del substrato.
Dall’equazione (11) si può ricavare il volume del reattore in base alla
definizione stessa di tempo di permanenza idraulico, dalla quale si può scrivere:
V= θQ. Conoscendo i parametri cinetici relativi al substrato preso in esame, la
portata del refluo e imponendo la concentrazione di substrato richiesta in uscita
dal reattore, si determina il volume necessario per conseguire la prestazione
desiderata.
In realtà non si vuole trattare qui il problema di progetto, bensì quello di
verifica delle prestazioni del reattore biologico. Ipotizziamo cioè determinate
condizioni di volume e di portata e verifichiamo quale concentrazione di
substrato si può ottenere in uscita dal reattore. In altri termini, possiamo studiare
come si debba agire sui parametri operativi per ottenere il grado di rimozione
desiderato.
Se si prende in esame l’equazione (9), considerando trascurabile il termine di
morte, si può scrivere:
QX=μXV
(12)
da cui μ=Q/V. Questo termine, che ha le dimensioni dell’inverso di un tempo,
è il reciproco del tempo di permanenza idraulico e viene definito “tasso di
diluizione”.
Q
(13)
μ= =D
V
L’uguaglianza tra la questo termine e la velocità di crescita specifica è
l’equazione caratteristica del reattore biologico CSTR (con alimentazione priva di
biomassa) ed esprime la condizione del reattore allo stazionario.
D=μ=
Q μ max S
=
V S + KS
Ricavando da questa relazione il valore di S si ottiene:
KS D
S=
μ max − D
(14)
(15)
Sul legame tra concentrazione del substrato e diluizione si possono fare
alcune considerazioni. Il limite inferiore del parametro diluizione è il valore D=0
per il quale anche S=0. Il limite superiore invece si ha per S=S0, dove S0 è la
concentrazione entrante nel reattore. In queste condizioni la concentrazione di
substrato in uscita è uguale a quella in ingresso. Il reattore funziona senza
163
consumo di substrato e quindi, evidentemente, senza produzione di biomassa.
Questa condizione limite viene detta di “wash-out” o di dilavamento. Il valore
corrispondente viene detto tasso di diluizione di wash-out, in corrispondenza del
quale si ha il tempo di permanenza idraulico in condizioni di wash out.
Se il sistema é in condizioni di wash-out, la condizione (14) di funzionamento
in stato stazionario diventa:
So
Dwo = μ ( S o ) = μ max
(16)
So + K S
Nelle condizioni di wash-out la pendenza della curva S-D è notevole. Il
valore della diluizione di wash–out é infatti prossimo a quello della velocità
massima di crescita specifica μmax in corrispondenza del quale la curva S–D
presenta un asintoto verticale.
Può essere interessante analizzare il comportamento del reattore in relazione
all’andamento della curva S-D ipotizzando la presenza nell’effluente di due
composti fenolici, il PCC e il PHB, studiati in questo lavoro, tenendo conto dei
parametri cinetici determinati nel cap. 4.
Per entrambi i composti la cinetica di crescita microbica è stta descritta con
l’equazione di Monod. Per il PCC si erano trovati i seguenti valori dei parametri
cinetici:
μmax = 0,601 h-1 e Ks = 61 mg/l
mentre per il PHB si era ricavato:
μmax = 0,218 h-1 e Ks = 68,3 mg/l
Sostituendo tali valori nell’equazione (15), e diagrammando S in funzione di
D si ottiene la fig. 13.2.
2000
PCC
1800
PHB
1600
S (mg/l)
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
D (1/h)
Fig. 13.2 – Andamento della concentrazione del substrato in uscita dal reattore
in funzione della diluizione per il PCC e il PHB
164
Tramite questo grafico possiamo capire cosa avviene all’interno del reattore
in certe condizioni. Supponiamo, per esempio, l’immissione come substrato
aggiuntivo, di PCC o PHB alla concentrazione, per entrambi, di 200 mg/l, in
ingresso ad un reattore già in funzione con un suo tempo di residenza fissato. Per
il valore di concentrazione fissato, dal grafico si ottiene un valore di diluizione di
wash-out pari a circa 0,17 h-1 per il PHB e pari a 0,47 h-1 per il PCC. Questi
valori devono essere confrontati con la diluizione (o il tempo di residenza
idraulico) con cui lavora il reattore. Se il valore fosse, per esempio, di 0,5 h-1 non
verrebbe degradato né il PHB né il PCC, essendo il loro valore di diluizione di
wash-out inferiore al valore di diluizione a cui lavora il reattore. La condizione di
funzionamento che garantirebbe la depurazione sia del PHB che del PCC si
avrebbe, per esempio, per un valore di diluizione del reattore prossimo a 0,1 h-1.
E’ evidente che le condizioni più restrittive si hanno per il PHB: per un valore di
diluizione del reattore pari a 0,3 h-1 si avrebbe infatti la degradazione del PCC ma
non del PHB. Naturalmente il discorso cambia se si avesse una concentrazione in
ingresso differente dei due composti: si dovrebbero ri-verificare le condizioni di
wash-out per i componenti considerati e confrontarle con quelle del reattore.
Per rimediare ad una situazione in cui per un composto organico si fosse nelle
condizioni di wash-out (concentrazione in ingresso uguale a quella in uscita), si
può intervenire modificando il tempo di permanenza idraulico all’interno del
reattore, oppure facendo riscorso ad un altro tipo di microrganismi che possano
garantire un maggiore abbattimento del composto in questione.
Queste considerazioni evidenziano che, nel caso del trattamento biologico di
un effluente caratterizzato dalla presenza di differenti composti organici che
devono essere rimossi, risulta di primaria importanza, sia per il dimensionamento
che per la gestione del reattore biologico, la conoscenza del comportamento
cinetico dei microrganismi utilizzati (tipo di cinetica seguita e valori dei
parametri), dando per scontato che devono essere disponibili dati certi sulle
principali caratteristiche dell’effluente da trattare.
165
Conclusioni
L’oggetto di questo lavoro è stato il trattamento di degradazione, mediante
reattori biologici batch a crescita sospesa, di composti fenolici che sono
normalmente presenti nei reflui acquosi di differente provenienza (industria
chimica, industria agroalimentare, ecc..) e che si distinguono per la loro scarsa
degradabilità e tossicità nei confronti dei microrganismi.
In questo lavoro sono state descritte le prove sperimentali effettuate con
bioreattori in scala di laboratorio che hanno riguardato la degradazione aerobica
ed anaerobica di alcuni composti fenolici mediante colture batteriche miste. Sono
quindi stati presentati e commentati i risultati ottenuti con la sperimentazione. In
particolare, sono stati presi in considerazione quattro composti fenolici (catecolo,
acido protocatecuico, acido p-idrossibenzoico e acido vanillico) ed una sostanza
facilmente degradabile (glucosio). Scarichi sintetici ottenuti con soluzioni
acquose di queste sostanze sono state utilizzate come alimento per i
microrganismi al fine di studiare sia il comportamento delle colture batteriche
(cinetica di crescita) sia la degradabilità dei substrati organici (cinetica di
consumo).
Per quanto riguarda le prove condotte in condizioni aerobiche in presenza dei
singoli composti fenolici, è emerso che il catecolo e l’acido vanillico sono
composti inibitori della crescita microbica e i dati cinetici relativi sono stati
interpretati tramite l’equazione di Andrews; viceversa i dati cinetici ottenuti dalla
sperimentazione eseguita su acido protocatecuico e acido p-idrossibenzoico sono
stati interpretati con l’equazione di Monod. Dalle stesse prove, condotte per
ciascun composto fenolico su un range di concentrazione compreso tra 100 e 600
mg/l, si è ottenuta la completa rimozione delle stesse sostanze fenoliche e un
abbattimento del carico organico (TOC) compreso tra il 90 e il 95%. Sono stati
inoltre descritti due modelli di consumo delle due sostanze fenoliche (uno per
l’acido protocatecuico e uno per il catecolo).
Dalle prove aerobiche condotte su miscele costituite da più sostanze organici
è emerso che:
- in miscele costituite da glucosio e composto fenolico la degradazione è
sequenziale: viene consumato prima il substrato di più facile degradazione
(glucosio) e successivamente il composto fenolico;
- in miscele costituite da più composti fenolici si ha un effetto sinergico e il
consumo è in alcuni casi contemporaneo, in altri sequenziale, a seconda della
natura dei composti in questione: anche in queste prove è stata conseguita, alle
concentrazioni sperimentate, la completa degradazione delle sostanze fenoliche
presenti.
Relativamente al ruolo dell’acclimatazione (in particolare al tipo di substrato
utilizzato per l’accimatazione) sul comportamento delle colture, si è osservato
che l’acclimatazione dei microrganismi ad un substrato fenolico (catecolo)
favorisce la degradazione del catecolo stesso sia quando è presente da solo che in
166
miscela col glucosio, ma non migliora l’efficacia della degradazione di altri
composti fenolici.
Riguardo all’effetto della concentrazione dei composti fenolici sia sulla
crescita microbica che sul consumo dei substrati, dalle prove eseguite con
concentrazioni dei substrati elevate (cioè prossime a quelle effettivamente
presenti in alcune acque di vegetazione ottenute dalla lavorazione delle olive nei
frantoi oleari) è stato conseguito l’abbattimento dei composti di partenza
(glucosio e composto fenolico), mentre la riduzione del carico organico totale è
stata variabile tra il 60% e il 90% a seconda del composto fenolico utilizzato.
Le prove condotte in condizioni anaerobiche hanno mostrato che i
microrganismi anaerobici utilizzati (batteri acidogeni) sono capaci di degradare
solo in parte i composti fenolici, diversamente da quanto è stato ottenuto per le
prove in condizioni aerobiche eseguite sugli stessi composti e alle stesse
concentrazioni. Dalle prove di cinetica effettuate si è trovato che il catecolo e
l’acido p-idrossibenzoico favoriscono una crescita descrivibile con l’equazione di
Monod, con l’acido protocatecuico la cinetica di crescita è quella di Andrews,
invece con l’acido vanillico si è riusciti ad ottenere una crescita microbica solo
quando esso era in miscela con altri substrati (glucosio o acido pidrossibenzoico).
Gli esperimenti di degradazione dei composti fenolici effettuati facendo
ricorso ad un trattamento combinato anaerobico-aerobico mostrano che questo
sistema è fortemente condizionato dalla composizione qualitativa dello scarico;
infatti essendo risultato che qualche composto fenolico, in condizioni anaerobiche
non viene degradato per niente o solo in modo molto limitato, il sistema
combinato potrebbe essere conveniente solo nei casi in cui si riesce a conseguire
almeno una parziale riduzione del carico organico. La parte restante verrebbe
rimossa a valle col trattamento aerobico.
Le prove di crescita con microrganismi aerobici condotte su acque di
vegetazione reali hanno mostrato come la crescita microbica richieda fasi di
latenza maggiori, al crescere del carico organico. Le velocità di crescita ottenute
da prove effettuate su AV con diverse diluizioni tendono a decrescere
all’aumentare della concentrazione dei carico organico presente. Con queste
prove si sono ottenute percentuali di rimozione del TOC iniziali comprese tra il
50 e il 60%.
167
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Murenu A., Ruolo del substrato di acclimatazione nella degradazione di acido
protocatecuico e catecolo da parte di colture batteriche anaerobiche, Tesi di
laurea, A.A. 2004-05
Murru S., Biodegradazione dell’acido protocatecuico mediante colture batteriche
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Effetti dell’acclimatazione al substrato organico, Tesi di laurea, A.A. 2004-05
Pedone C., Degradazione del catecolo e dell’acido protocatecuico da parte di
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Pistis A., Degradazione sequenziale anaerobica aerobica di alcuni composti
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Puddu C., Biodegradazione del fenolo e dell’acido p-idrossibenzoico da parte di
colture microbiche miste di tipo anaerobico, Tesi di laurea, A.A. 2002-03
Saiu G., Cinetica di crescita microbica su acido caffeico, Tesi di laurea, A.A.,
2004-05
Salis A., Crescita di colture microbiche miste su acido protocatecuico e acido
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Serra G., Biodegradazione dell’acido p-idrossibenzoico da parte di colture
microbiche anaerobiche, Tesi di laurea, A.A. 2002-03
Superiori E., Degradazione dell’acido protocatecuico in presenza di glucosio e
acido oleico in reattori biologici aerati, Tesi di laurea, A.A. 2001-02
Todde D., Degradazione dell’acido vanillico da parte di colture microbiche
aerobiche ed anaerobiche, Tesi di laurea, A.A. 2003-04
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