Orizzonti 3_U3_C10

annuncio pubblicitario
Gli anni Sessanta e Settanta:
l’epoca della «distensione»
Groenlandia
Alaska
U R S S
CANADA
MONGOLIA
U SA
CINA
Azzorre
COREA
D. NORD
COREA
D. SUD
IRAN
PAKISTAN
LIBIA
CUBA
ARABIA
SAUDITA
REP. DOMINICANA
Portorico
GUATEMALA
Okinawa
PAKISTAN OR.
INDIA
THAILANDIA
PANAMÀ
GIAPPONE
TAIWAN
VIETNAM
D. NORD
FILIPPINE
VIETNAM
D. SUD
Il Muro di Berlino e la crisi
di Cuba
ISLANDA
NORVEGIA
SVEZIA
FINLANDIA
U
IRLANDA
REGNO
UNITO PAESI
BASSI
GERMANIA
BELGIO OVEST
EST
LUSS.
FRANCIA SVIZZ.
R
S
S
USA e alleati
POLONIA
URSS e alleati
CECOSLOV.
Basi nucleari e altre basi USA (1962)
AUSTRIA UNGHERIA
PORTOGALLO
BULGARIA
Flotte militari USA
ALBANIA
TURCHIA
IRAN
GRECIA
MAROCCO
della Repubblica Democratica Tedesca eressero uno sbarramento per bloccare ogni via
di comunicazione tra Berlino Est e Berlino
Ovest. Le autorità comuniste intendevano
in questo modo bloccare le continue fughe
dei cittadini tedeschi orientali verso l’Occidente capitalista. Lo sbarramento sarebbe
diventato presto un muro di cemento armato destinato a durare fino al 1989: simbolo
tangibile della frattura che correva nel cuore
Basi USA di missili intercontinentali
IUGOSLAVIA
ITALIA
Le tensioni maturate dopo il 1945 tra USA
e URSS non potevano tuttavia dissolversi
all’istante, e nei primi anni Sessanta alcune
gravissime crisi portarono i due blocchi vicino alla rottura definitiva.
Grande scalpore suscitarono gli eventi
che si verificarono in Germania nel 1961.
Nella notte tra il 12 e il 13 agosto, i soldati
P. Picasso, i due pannelli di La guerra e la pace, 1952, Cappella di Vallauris.
Basi di bombardieri USA
ROMANIA
SPAGNA
a quello economico e tecnologico (impegnandosi nella corsa allo spazio) e cercò di
migliorare il tenore di vita dei suoi concittadini. Nel settembre 1959 egli compì uno storico viaggio di tredici giorni negli Stati Uniti,
con l’intenzione di vedere con i propri occhi
come vivevano i «nemici» e mostrare loro il
volto umano del comunismo.
Il dialogo tra le due superpotenze poté
svilupparsi quando alla Casa Bianca giunse,
all’inizio del 1961, il giovane democratico
John Fitzgerald Kennedy. Consapevole dei
rischi di una guerra nucleare, egli promosse rapporti economici e culturali sempre
più stretti con gli alleati occidentali; inoltre
cercò di favorire lo sviluppo democratico
dei giovani Stati nati dal crollo degli imperi
coloniali e concesse loro grandi aiuti finanziari. Con questi paesi Kennedy cercò un
dialogo costante e su base paritaria.
Proprio a tale scopo, Kruscev e Kennedy
si incontrarono per la prima volta a Vienna,
nel giugno 1961.
CIPRO
IRAQ
Principali aeroporti militari URSS
Basi URSS di missili intercontinentali
Altre basi missilistiche sovietiche
La NATO e il Patto di Varsavia negli anni Sessanta
10.1 Gli anni della
«distensione»
Prove di dialogo tra Unione
Sovietica e Stati Uniti
Alla metà degli anni Cinquanta, Unione
Sovietica e Stati Uniti vantavano grandi capacità industriali, eserciti enormi, tecnologicamente avanzatissimi e, soprattutto, imponenti arsenali atomici. Un conflitto tra le
due superpotenze non avrebbe potuto che
concludersi con una catastrofe planetaria.
Gli uomini di governo, a Est e a Ovest, accettarono dunque come dato di fatto la divisione del mondo in due sfere d’influenza
ben distinte; capitalismo e comunismo dovevano imparare a convivere, praticando la
«coesistenza pacifica» di cui aveva parlato
Nikita Kruscev nel 1956.
Kruscev cercò di spostare la competizione con l’Occidente dal campo militare
J. Rosenquist, Il presidente eletto, 1960-61, Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.
© Loescher Editore – Torino
198
1945
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
199
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Dien Bien Phu
Luang
Prabang
Sam Neua
Loc Chao
Vinh
Xieng Khouang
L
Vientiane
Udon
Savannakhet
Dong Hoi
THAI L A N DIA
Oceano
rag
gio
d’a
Kon Tum
Bangkok
Plei Ku
Battambang
zona del blocc
oa
m
V I E T N AM
DE L S U D
CAMBOGIA
Camranh
Dalat
Phnom Penh
Saigon
Vung Tau
Soc Trang
Territori sotto controllo nordvietnamita
fino al 1960
Pista di Ho Chi Minh
dopo il 1960
Territori neutrali
Territori sotto controllo dei Vietcong
Basi aeree americane
nel 1961
Basi navali americane
loro espansione nel 1965
Attacchi aerei americani
vietcong: termine
dispregiativo usato dai
soldati americani e dalla
stampa occidentale per
indicare i guerriglieri
sudvietnamiti
antiamericani. Viene da
un’espressione vietnamita
che significa «comunisti
del Vietnam», ma i
vietcong non usarono mai
questa parola per definire
se stessi.
Atlantico
no
ica
er
New Orleans
zio
ne
(18 dei m
Miami
00
km issili
)
sov
ieti
ci
Da Nang
ng
Ubon
Korat
Norfolk
Atlanta
Hué
Tchepone
Washington
Dallas
A
VIETNAM
DEL NORD
St. Louis
S TAT I U N I T I
N
Hanoi
La crisi di Cuba
Cincinnati
I
o
Mek
d’Europa e delle insuperabili differenze ideologiche tra democrazia e comunismo.
Ancora più rischiosa per gli equilibri tra
i blocchi fu nel 1962 la crisi dei missili di
Cuba. Sull’isola dei Caraibi si era da poco affermato il regime marxista di Fidel Castro,
che aveva rovesciato il regime dittatoriale e
corrotto del generale Fulgencio Batista, appoggiato dagli americani. Già nell’aprile del
1961 gli Stati Uniti avevano tentato di rovesciare Castro e il suo governo, appoggiando
Nella seconda metà degli anni Sessanta si
aprì tra Est e Ovest un nuovo teatro di scontro. Come già era accaduto ai tempi della guerra di Corea, terreno di confronto fu
l’Asia sud-orientale. La scintilla scoccò questa volta in Vietnam, ex colonia francese che
aveva acquistato l’indipendenza nel 1954
e che, proprio come la Corea, era divisa in
due Stati. Il Vietnam del Nord, con capitale
Hanoi, filosovietico, era guidato dal comunista Ho Chi Minh. Il Vietnam del Sud, con
capitale Saigon, conservatore e alleato degli
Stati Uniti, era governato da un regime autoritario militare. La linea di confine era stata fissata sul diciassettesimo parallelo.
Dopo il 1960, lo svilupparsi nel Sud della guerriglia antigovernativa comunista dei
vietcong fu causa di gravi preoccupazioni
a Washington. Si temeva che la caduta del
C
S
L’opinione pubblica mondiale e i governanti delle due superpotenze furono scossi dal
gravissimo rischio corso a Cuba. Il dialogo
Est-Ovest conobbe così una decisa accelerazione; il 5 agosto 1963 Stati Uniti e Unione
Sovietica firmarono un trattato che vietava
gli esperimenti nucleari condotti nell’atmosfera e nei mari, anche se autorizzava
ancora quelli sotterranei. Il trattato indicava
la ferma volontà di Mosca e Washington di
concordare insieme i passi diplomatici necessari a evitare una guerra nucleare. Infatti,
alcune settimane dopo la firma del trattato,
La guerra in Vietnam
La guerra in Vietnam
O
Il 1963 e l’assassinio
di Kennedy
il 30 agosto, venne inaugurata la cosiddetta
«linea rossa», un collegamento telefonico
diretto e sempre aperto tra Casa Bianca e
Cremlino.
I due protagonisti di queste iniziative
uscirono tuttavia presto di scena. Kennedy
fu assassinato da Lee Harvey Oswald a Dallas il 22 novembre 1963: fu l’omicidio politico più clamoroso del Novecento e tuttora
i mandanti dell’assassinio non sono stati
scoperti. Kruscev invece fu improvvisamente allontanato dal potere nell’ottobre 1964,
per motivi e in circostante che la dirigenza
dell’Unione Sovietica non volle chiarire.
A
lo sbarco sull’isola (alla baia dei Porci) di
un gruppo di esuli anticastristi addestrati
alla guerriglia. L’operazione era fallita miseramente ma aveva spinto Castro a stringere
un’alleanza con Mosca che prevedeva anche
la dislocazione di missili nucleari a medio
raggio sul territorio cubano. Quando in ottobre gli aerei spia americani accertarono la
presenza sull’isola di rampe di lancio pronte
ad accogliere i missili, Kennedy proclamò il
blocco navale di Cuba. Dopo alcuni giorni
di altissima tensione, Kruscev ordinò alle
navi sovietiche che trasportavano le testate nucleari destinate a Cuba di invertire la
rotta, ottenendo in cambio da Washington
la promessa di non tramare contro il regime
castrista. L’umanità si era davvero trovata a
un passo della guerra atomica.
Un ragazzo viene ucciso
dalle guardie di frontiera
di Berlino Est nel tentativo
di scappare scavalcando
il muro, 17 Agosto 1962.
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
Portorico
(Stati Uniti)
CU B A
base americana
di Guantanamo
Oceano
Pacifico
Canale di
Panamà
Basi missilistiche sovietiche
La cattura di un gruppo di vietcong sospetti, da parte di truppe americane lungo il fiume Mekong, Vietnam, 1966.
© Loescher Editore – Torino
200
1945
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
201
10
Soldati americani impegnati nel rastrellamento di un villaggio in Vietnam, 1966.
napalm: sostanza
incendiaria usata
dagli americani per
snidare dalla giungla i
guerriglieri. Aveva tuttavia
come effetto la quasi
totale distruzione di ogni
forma di vita nella zona
bombardata.
regime di Saigon avrebbe portato in mani
comuniste non solo il Vietnam, ma l’intera penisola d’Indocina. Per questo motivo
gli Stati Uniti inviarono nella regione una
quantità sempre crescente di uomini e
mezzi a sostegno dell’esercito regolare del
Vietnam del Sud. Nel 1963, nonostante la
cautela di Kennedy a lanciarsi in un conflitto dagli esiti incerti, i «consiglieri» militari
americani in Vietnam erano già 30.000. E
aumentarono in misura massiccia sotto il
successore di Kennedy, Lyndon Johnson:
500.000 effettivi nel 1967. L’esercito americano, per quanto bene addestrato ed equipaggiato, si trovò in difficoltà ad affrontare
nella giungla un nemico sfuggente e quasi
invisibile. I guerriglieri vietcong (sostenuti dall’esercito nordvietnamita) godevano
dell’appoggio della popolazione contadina
e furono addirittura in grado, al principio
del 1968, con l’offensiva del Tet (il capodanno vietnamita) di attaccare il quartier generale americano a Saigon.
Contrariamente a quanto avvenuto in Corea, le potenze comuniste non intervennero
direttamente nel conflitto, e questo evitò il
rischio di un allargamento dello scontro dagli esiti imprevedibili.
La sconfitta americana
e la caduta di Saigon
I mass media influenzarono notevolmente
l’evoluzione della guerra in Vietnam: stampa, radio e, soprattutto, la televisione iniziarono a portare nelle case di ogni famiglia
americana le terribili immagini di morte
provenienti dall’Asia e determinarono la nascita di un forte movimento di opposizione
p. 312
Il presidente americano Richard Nixon durante una conferenza stampa.
a quella che veniva chiamata la «sporca
guerra» (particolare impressione destarono
le immagini che mostravano gli effetti delle
bombe al napalm ). Le pressioni dell’opinione pubblica e l’incapacità sempre più
evidente di conseguire una vittoria militare
costrinsero Lyndon Johnson e il suo successore, il repubblicano Richard Nixon, a
intavolare trattative di pace con il governo
comunista di Hanoi.
Nel gennaio 1973 fu finalmente raggiunto
un accordo: le truppe americane si sarebbero ritirate e i due Vietnam avrebbero mantenuto ciascuno la propria indipendenza e
il proprio regime politico. Tuttavia, anche
dopo il ritiro dei soldati americani la guerra continuò e, nell’aprile 1975, i vietcong
e l’esercito nordvietnamita conquistarono Saigon, riunificando l’intero paese nel
nome del comunismo. Si realizzava dunque
proprio lo scenario temuto dagli Stati Uniti,
che dovevano riconoscere il fallimento della
propria politica di intervento diretto in territorio straniero.
Alla conclusione del conflitto si contavano quasi 60.000 caduti statunitensi, 250.000
vittime nell’esercito sudvietnamita e almeno un milione di morti tra vietcong e militari del Vietnam del Nord. La popolazione
civile aveva dal canto suo pagato un prezzo
incalcolabile, per sofferenze e distruzioni.
La vittoria della diplomazia:
limitazione degli armamenti
e diritti umani
Il dialogo tra le due superpotenze, che non
si era mai interrotto negli anni Sessanta, nonostante le crisi, culminò in alcuni impor-
tanti accordi del decennio successivo, sia
nel settore degli armamenti sia in campo
strettamente diplomatico.
Di grande rilievo fu il trattato del maggio
1972 sulla limitazione dei missili intercontinentali. Stati Uniti e Unione Sovietica possedevano rispettivamente, all’epoca, oltre
1000 e oltre 1600 vettori capaci ciascuno di
portare testate atomiche direttamente sul
territorio dell’avversario. Il trattato stabilì che non dovevano essere costruiti nuovi
missili e pose le basi per successivi accordi
sulla distruzione di quelli esistenti.
Di importanza ancora maggiore fu però
la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che si tenne nel 1975 a Helsinki. Il suo Atto finale garantiva le frontiere
del blocco sovietico nel vecchio continente, assicurando Mosca che le democrazie
non avrebbero tentato di abbattere i regimi comunisti dell’Est. In cambio, l’Unione
Sovietica si impegnava a mantenere vivo il
dialogo culturale tra i due mondi e a salvaguardare i diritti umani nei suoi territori. La
«distensione» faceva così un evidente salto
di qualità: non più solo armi, ma garanzie
per i cittadini.
Sembrava il preludio a progressi ancora
maggiori, ma, come vedremo, negli anni seguenti la politica internazionale e i rapporti
Est-Ovest conobbero un nuovo e imprevisto
peggioramento.
La «corsa allo spazio»
Un particolare campo in cui le due superpotenze si misurarono, dalla metà degli anni
Cinquanta in poi, fu quello della cosiddetta
«corsa allo spazio». L’affermazione del proprio primato scientifico e tecnologico era
considerata un’arma di propaganda decisiva
per orientare l’opinione pubblica mondiale
a favore di uno dei due contendenti. A
Fu l’Unione Sovietica a conseguire i primi, eccezionali, successi. Il 4 ottobre 1957 fu
lanciato in orbita il primo satellite artificiale: lo Sputnik  (parola che in russo significa «compagno di viaggio»). Il satellite, che
pesava appena 83 chilogrammi, orbitò attorno alla Terra per circa tre mesi e si incendiò
durante il rientro nell’atmosfera, dopo aver
comunque percorso 1400 orbite e sessanta
milioni di chilometri. Il clamore suscitato
da questa impresa fu enorme. Quattro anni
dopo, una nuova e straordinaria conquista
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
sembrò sancire definitivamente la superiorità sovietica in questo campo: il 12 aprile
1961, infatti il ventisettenne Jurij Gagarin
diventò il primo cosmonauta della storia.
Lanciato nella capsula Vostok 1, Gagarin
impiegò 108 minuti per compiere un’orbita attorno alla Terra. Durante la discesa, si
lanciò con il paracadute da circa 7000 metri
di altezza, mentre la Vostok 1 si abbatteva al
suolo. Due giorni dopo, Gagarin veniva ricevuto a Mosca come un eroe da Nikita Kruscev e dai cittadini sovietici, divenendo una
celebrità in tutto il mondo.
I successi comunisti nella corsa allo spazio, del tutto inaspettati, vennero accolti in
Occidente con grande sorpresa e preoccupazione. Washington tentò allora di recuperare terreno investendo enormi risorse nel
tentativo di sbarcare sulla Luna. In questa
sfida, che appariva enormemente costosa e tecnologicamente assai impegnativa,
l’Unione Sovietica si trovò subito in svantaggio.
Il 20 luglio 1969, dopo quattro giorni di
viaggio, la missione Apollo 11 portò i primi
uomini sulla Luna. Erano gli statunitensi
Neil Armstrong , Michael Collins e Buzz
Aldrin. Il modulo lunare atterrò nel Mare
della Tranquillità alle 4.57 e rimase sul satellite della Terra oltre 21 ore. Armstrong fu il
primo uomo a passeggiare sul suolo lunare.
I cosmonauti rientrarono il 24 luglio, con un
ammaraggio senza incidenti nell’Oceano
Pacifico. Le immagini trasmesse dalla Luna
furono viste in diretta da circa 600 milioni
di telespettatori e gli Stati Uniti vinsero così,
sul piano scientifico e tecnologico, ma soprattutto su quello propagandistico, la corsa allo spazio.
Con gli anni Settanta, la competizione
sfumò. A suggellare il clima di «distensione»
che animava i nuovi rapporti tra le due superpotenze, il 17 luglio 1975 si verificò l’incontro nello spazio tra le navette Sojuz 19
(sovietica) e Apollo 18 (statunitense). I due
equipaggi visitarono le rispettive capsule e
compirono insieme molti esperimenti: era
la prima missione congiunta dei tradizionali avversari.
Da lì in avanti i governi di Washington e
Mosca si posero obiettivi differenti: gli Stati
Uniti svilupparono il programma delle navette Shuttle, l’Unione Sovietica le stazioni
orbitanti intorno alla Terra, capaci di ospitare cosmonauti per mesi o addirittura anni.
© Loescher Editore – Torino
202
1945
Sputnik, il primo satellite artificiale
lanciato in orbita, 1957.
Neil Armstrong passeggia sul
suolo lunare, 20 luglio 1969.
Album p. 218
 Tweet Storia p. 430
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
203
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
10.2 Il boom economico
dell’Occidente
L’«età dell’oro» dell’economia
occidentale
Pil: è il «Prodotto
interno lordo» di un
paese e indica il valore
complessivo dei beni e
servizi che esso produce
in un anno. Si parla anche
del Pil «pro capite», che
è il valore che si ottiene
dividendo il Pil per il
numero dei cittadini.
I trent’anni successivi alla Seconda guerra
mondiale furono per l’economia occidentale una vera e propria «età dell’oro»: tra
1945 e 1975 si registrò infatti uno sviluppo
talmente intenso e massiccio da non avere
eguali nella storia. Questa crescita impetuosa riguardò gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e il Giappone. Lo stesso Giappone, la Germania e l’Italia vantarono in quel
periodo tassi di incremento annuo del Pil ,
il «Prodotto interno lordo», pari rispettivamente al 7,5%, al 6% e al 5,5%.
Tutti i settori dell’economia crebbero. A
metà degli anni Settanta, Europa occidentale e Giappone fornivano al mondo un terzo
della produzione industriale complessiva,
e gli Stati Uniti da soli il 25%. Nel 1971 il
volume del commercio internazionale era
cresciuto di ben 40 volte rispetto alla metà
dell’Ottocento, quadruplicandosi addirittura tra 1953 e 1963, il decennio delle crescita
economica globale più accentuata. In Europa i servizi si espansero: sia quelli pubblici
(dalla scuola alla sanità, dai trasporti all’amministrazione), legati al ruolo crescente del
Welfare State, sia quelli privati, dai commerci
al turismo, dalle banche all’informazione.
Infine le campagne del mondo occidentale sperimentarono una vera e propria rivoluzione agricola, che si basò sulla
meccanizzazione delle lavorazioni (con la
diffusione delle mietitrebbia e dei trattori),
sull’uso massiccio di pesticidi, diserbanti e
concimi chimici, e sull’utilizzo di semen-
La firma del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità Economica Europea.
ti e razze da allevamento selezionate. Nei
quarant’anni successivi alla guerra la resa
dei terreni coltivati a cereali triplicò. I paesi avanzati riuscirono in questo modo non
solo a soddisfare le proprie esigenze alimentari, ma si trasformarono addirittura
in grandi esportatori di prodotti agricoli.
[ I NODI DELLA STORIA p. 216]
Le ragioni del «miracolo»
economico
Le istituzioni democratiche, che si rafforzarono in tutti i paesi dell’area occidentale,
ebbero un peso decisivo nel generare questo incredibile sviluppo. Si diffuse anche in
Europa, e con successo, il modello di intervento dello Stato in economia varato da Roosevelt negli Stati Uniti prima della guerra:
spettava al governo garantire la libertà d’impresa e di concorrenza, ma al tempo stesso
era suo dovere intervenire con i giusti correttivi laddove gli squilibri sociali causavano
ingiustizia e povertà. L’accordo tra paesi diversi agevolò inoltre lo scambio internazionale di manodopera, merci e capitali, e determinò l’allargamento dei mercati: la CEE,
la Comunità Economica Europea, nacque
proprio in quegli anni, nel 1957.
Altri fattori più strettamente economici
giocarono soprattutto a favore dell’industria, che rappresentò senza dubbio il motore trainante dell’«età dell’oro». La diffusione in tutto l’Occidente della produzione
in serie – utilizzando il sistema delle catene
di montaggio introdotte da Henry Ford negli
Stati Uniti al principio del Novecento – permise alle aziende di incrementare efficienza
e produzione e di raggiungere un pubblico
assai vasto. Il trasferimento della popolazione dalle campagne alle città garantì alle
fabbriche abbondante manodopera a basso
costo: il numero degli operai salì progressivamente fino a rendere questa classe la più
numerosa tra i lavoratori. Il prezzo del petrolio scese sotto quello del carbone e l’«oro
nero» divenne la fonte energetica più economica ed utilizzata al mondo.
Disoccupazione e inflazione rimasero per
tutto questo periodo bassissime e il bilancio
degli Stati, risanato velocemente dopo la
guerra, consentì ai governi ampi investimenti pubblici, a tutto vantaggio di chi cercava
impiego e dei consumi. Proprio quest’ultimo
aspetto fu particolarmente importante.
La «rivoluzione dei consumi»
Nel corso dell’«età dell’oro», il Pil pro capite
aumentò nei paesi interessati di circa il 4%
annuo: una straordinaria crescita dei redditi individuali che ebbe riflessi decisivi sul
tenore e sullo stile di vita dei cittadini occidentali.
La maggiore disponibilità di denaro innescò la cosiddetta «rivoluzione dei consumi». Soddisfatte le esigenze primarie del
vitto, dell’alloggio e del vestiario, molti strati
della popolazione potevano acquistare beni
utili ma prima irraggiungibili o beni addirittura superflui, e dedicarsi al tempo libero e
allo sport. D2, 3 La produzione industriale
degli anni Cinquanta e Sessanta ebbe così
i suoi punti forti nelle automobili e negli
elettrodomestici. D5 L’automobile e la
possibilità di spostamento che essa garantiva divennero il massimo desiderio di ogni
«consumista»: fu questo il periodo della motorizzazione di massa e quello in cui entrarono in ogni casa il frigorifero, la lavatrice, la
lavastoviglie e il televisore. Il supermercato,
nel quale era possibile trovare ogni genere
di beni e soddisfare qualsiasi necessità, cominciò lentamente a sostituire le piccole
botteghe familiari che avevano fino ad allora costituito la spina dorsale del commercio
al dettaglio.
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
Automobili ogni 1000 abitanti (1950-1975)
Paese
1950
1960
1970
1975
Stati Uniti
260
340
430
475
Francia
40
110
240
265
Germania
40
90
230
260
Gran Bretagna
50
110
210
241
Italia
15
30
190
230
Giappone
-
5
80
130
La pubblicità divenne il motore palese e
allo stesso tempo ambiguo della «rivoluzione dei consumi»: palese perché onnipresente, accompagnando i consumatori in ogni
luogo e attività; ambiguo perché in grado di
influenzare in modo sottile l’individuo, creando sempre nuovi bisogni, da soddisfare
con l’acquisto di merci, alimentando così il
circuito dei consumi. D8, 15
Il baby boom, vale a dire il fortissimo
incremento delle nascite registrato allora
in tutto l’Occidente (tre figli a famiglia in
media nel periodo 1945-1965), esaltò ulteriormente questo fenomeno, irrobustendo
la domanda di servizi e merci destinati ai
bambini.
È doveroso infine ricordare che nell’affermazione del consumismo come stile di vita
delle masse ebbe in tutto l’Occidente gran-
1945
Dossier 3 p. 396
Dossier 5 p. 400
Dossier 8 p. 406
Dossier 15 p. 420
Pubblicità inglese anni 50
di una cucina in formica
in cui viene rappresentata
una giovane coppia, ideale
della famiglia borghese
del dopoguerra.
Nasce la pubblicità: manifesto pubblicitario della Lambretta,
lo scooter della Innocenti prodotto dal 1947.
© Loescher Editore – Torino
204
Dossier 2 p. 394
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
205
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
dissimo peso l’attraente modello sociale e di
mercato statunitense. Lo stile di vita americano (l’American way of life), incarnato dalla famiglia borghese benestante, con buon
lavoro, molto tempo libero, proprietaria di
una casa pulita e confortevole, divenne allora il sogno non più proibito di moltissimi
europei. Come si diceva spesso a quell’epoca, tutti volevano essere un po’ americani.
I cambiamenti della società
occidentale
La «rivoluzione dei consumi» e, più in generale, le trasformazioni produttive innescate
dal boom economico ebbero importanti
conseguenze sociali e politiche.
Protagonisti del nuovo mercato furono principalmente gli appartenenti ai ceti
medi urbani: impiegati, commercianti,
professionisti, ossia gli esponenti del settore terziario dell’economia, legato ai servizi,
pubblici o privati. La classe media crebbe
fino a diventare largamente maggioritaria
in tutto l’Occidente e arrivò a comprendere ampie fasce di popolazione che potevano ora accedere a beni e soddisfare bisogni
prima preclusi. Tra queste ultime vi erano
anche, seppure in misura minima, operai e
lavoratori scarsamente qualificati. Anch’essi
partecipavano del benessere generalizzato,
che contribuiva dunque ad attutire le tensioni sociali sorte da un mutamento economico di dimensioni tanto vaste. Attutire, ma
non certo spegnere: in Europa occidentale,
proprio gli operai divennero in questi anni
protagonisti di accanite rivendicazioni salariali, lavorative in genere, e anche politiche,
supportati da movimenti sindacali e partiti
di sinistra assai attivi.
Di contro, i contadini, per secoli ceto più
numeroso della società occidentale, quasi scomparvero: la meccanizzazione delle
campagne lasciò senza occupazione una
enorme massa di persone che inevitabilmente migrarono verso le città in cerca di
una occupazione nell’industria.
Il baby boom, infine, nel giro di due decenni portò inaspettatamente alla ribalta
un gruppo sociale fino a quel momento ai
margini della storia: i giovani, che con le
loro aspirazioni e la loro propensione al
consumo, sostenuta da alti redditi familiari,
entrarono prepotentemente nella competizione economica e politica.
10.3 Gli anni Sessanta
a Ovest: democrazia e
turbolenze sociali
Gli Stati Uniti e la «Nuova
frontiera»
Gli anni Sessanta degli Stati Uniti si svolsero
nel segno della «Nuova frontiera» lanciata
da John Fitzgerald Kennedy. Il giovane presidente – democratico, cattolico, di origine
irlandese e paladino di ogni minoranza –
chiese agli americani di abbattere tutti gli
ostacoli (economici, sociali o razziali) alla
piena parità tra i cittadini del paese, affinché
tutti godessero del benessere e della democrazia a cui avevano diritto. Promosse, dunque, misure di legge contro la segregazione
razziale e la povertà; misure che si rendevano necessarie a causa del divario enorme tra
bianchi e neri e tra ricchi e poveri che gravava sulla società americana.
A lasciare un segno nella società e nella
cultura americane di quel periodo fu in primo luogo la lotta contro la discriminazione
razziale, condotta con particolare efficacia
grazie al carisma pacifista del pastore protestante Martin Luther King. Fu lui a guidare l’imponente marcia su Washington della
popolazione di colore nell’agosto 1963. Le
sue rivendicazioni furono accolte dal successore di Kennedy, Lyndon Johnson, che
nel 1964 fece approvare dal Congresso degli
Stati Uniti il Civil Rights Act, una legge sui
Martin Luther King guida la famosa
«Marcia della libertà», 4 maggio 1961.
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
diritti civili che stabiliva nuovi e più equi
rapporti tra bianchi, afroamericani e tutte le
minoranze degli Stati Uniti. King pagò con
la vita il suo impegno, perché fu assassinato
nel 1968 da un estremista bianco.
Per tutti gli anni Sessanta, il governo
americano finanziò inoltre un consistente
programma di lotta alla povertà. Gli Stati
Uniti godevano allora di un benessere economico che non aveva pari e attuavano in
questo modo una parziale redistribuzione
della ricchezza.
Alla fine del decennio, la conquista della
Luna ad opera dell’Apollo 11 sanciva infine
la supremazia scientifica e tecnologica degli
Stati Uniti sul resto del mondo.
L’Europa occidentale negli
anni Sessanta
I maggiori paesi dell’Europa occidentale
proseguirono, tra anni Cinquanta e Sessanta, l’opera di rafforzamento economico e
politico intrapresa nel dopoguerra.
Il Regno Unito, che dal 1964 fu guidato
dai laburisti, dovette fare fronte alla perdita
di importanza del paese a livello internazionale, in campo sia commerciale e finanziario che diplomatico. Londra reagì dando
maggiore importanza ai rapporti interni al
Commonwealth. E non aderì alla Comunità
Economica Europea, rafforzando invece ulteriormente la propria alleanza con gli Stati
Uniti.
In Francia, il generale Charles de Gaulle ricoprì il ruolo di capo dello Stato e della
Quinta Repubblica fino al 1969. Avvalendosi
dei larghi poteri che gli concedeva la Costituzione e del suo enorme prestigio, convinse i francesi della necessità di abbandonare
l’Algeria, cui venne concessa l’indipendenza. D’altro canto, fu abile nel compensare la
perdita delle colonie con una politica assai
attiva in Europa. Mirando a fare della Francia la maggiore potenza continentale, de
Gaulle si legò strettamente alla Repubblica
Federale Tedesca e si oppose strenuamente all’ingresso del Regno Unito nella CEE.
Dotò inoltre l’esercito dell’arma nucleare
e, pur restando nel Patto atlantico, portò il
suo paese fuori dalla NATO, l’organizzazione militare del Patto. De Gaulle era infatti
convinto che l’Europa dovesse allentare la
propria dipendenza militare dagli Stati Uniti. Il generale si ritirò dalla politica quando
Prima conferenza di J.F. Kennedy nel 1962.
C. De Gaulle a Costantine, Algeria, giugno 1958.
un referendum sconfisse una sua proposta
di revisione dell’ordinamento del Senato.
Sentì allora di non essere più in sintonia con
i francesi e abbandonò il potere.
Nella Repubblica Federale Tedesca, gli
anni Sessanta videro sorgere la stella della
Spd, il Partito socialdemocratico, e del suo
leader, Willy Brandt. Vicecancelliere nel
1966, prese le redini del governo nel 1969,
© Loescher Editore – Torino
206
1945
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
207
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Il movimento giovanile e la
contestazione del Sessantotto
Uno studente della Sorbona mette una bandiera rossa
tra le mani della statua di Victor Hugo, Parigi, 1968.
ponendo fine al lungo dominio elettorale
dei democristiani. Brandt assecondò l’eccezionale sviluppo economico del suo paese
e, in campo internazionale, promosse la cosiddetta Ostpolitik, la «politica per l’Est» di
avvicinamento alla Repubblica Democratica
Tedesca. A vent’anni dal blocco di Berlino, i
governi delle due Germanie si riconoscevano reciprocamente senza peraltro rinnegare la sostanziale unità, per lingua, cultura e
tradizioni del popolo tedesco.
Le società occidentali godevano di stabilità
politica e di floride condizioni economiche.
Per questo nessuno si aspettava il sorgere
del forte movimento di protesta giovanile
che investì gli Stati Uniti alla metà degli anni
Sessanta e giunse poi, nel 1968, in Europa.
Il numero dei liceali e degli universitari era
cresciuto enormemente nel dopoguerra
per merito della scolarizzazione di massa,
pilastro del Welfare State in tutto il mondo
industrializzato, e ora proprio quei giovani
marciavano in corteo, gridavano slogan e
occupavano strade e piazze da San Francisco a Londra, da New York a Roma e Parigi.
Ispirate tra gli altri da Herbert Marcuse,
filosofo tedesco portatore di una critica radicale alla società borghese contemporanea
– che a suo dire aveva liberato l’individuo
dai bisogni materiali solo per conformarlo agli imperativi e agli slogan pubblicitari
del mercato –, le contestazioni avevano tre
principali caratteristiche:
• erano antiautoritarie: criticavano cioè le
gerarchie tradizionali della scuola, della
famiglia, del mondo del lavoro, in nome
della libertà individuale;
• erano antimilitariste: si scagliavano in
particolare contro la guerra «imperialista» degli americani in Vietnam;
• erano anticonsumiste: rigettavano cioè il
moderno capitalismo e la nuova forma di
schiavitù costituita dal bisogno indotto
di consumare sempre più.
I contestatori condannavano però, con
analoga durezza, l’autoritarismo dei regimi
comunisti sottomessi all’Unione Sovietica.
Molte erano le componenti di questo movimento spontaneo: alcune di esse cercavano
i loro modelli in leader come Mao Tse-tung
o Ernesto «Che» Guevara, considerati rivoluzionari che avevano portato libertà e
uguaglianza sociale nei loro paesi.
La protesta giovanile era spesso animata da idee confuse e se si mostrò incapace
di produrre progetti politici concreti, ebbe
tuttavia il merito di portare all’attenzione
dell’opinione pubblica occidentale l’esigenza di rinnovare una società invecchiata e inadatta ai grandi mutamenti in corso. Nel complesso, gli uomini di governo vennero colti di
sorpresa e non seppero opporre che vaghe
promesse, ricorrendo a volte alla repressione
poliziesca: ciò che accadde per esempio, nel
1970, alla Kent State University dell’Ohio (negli Stati Uniti), quando la Guardia Nazionale
sparò sugli studenti, uccidendone quattro.
Particolarmente attivi furono i movimenti studenteschi degli Stati Uniti, dove la protesta dei giovani si concentrò nella seconda
metà degli anni Sessanta contro la guerra in
Vietnam, e, in Europa occidentale, quelli di
Italia, Repubblica Federale Tedesca e Francia. Proprio in Francia si ebbe l’unica risposta concreta del governo alle manifestazioni
del Sessantotto: la riforma universitaria,
varata dopo una lunga e tesa occupazione
della Sorbona, l’ateneo più prestigioso del
paese. Fatta questa eccezione, il movimento si esaurì ovunque entro l’inizio degli anni
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
Settanta senza aver riportato risultati significativi sotto il profilo politico: lasciò tuttavia traccia di sé nei costumi giovanili, nella
musica e più in generale nella cultura.
Il movimento di
emancipazione delle donne
Tra i movimenti che agitarono le società occidentali tra anni Sessanta e Settanta ebbe
grande importanza quello di emancipazione delle donne. Esso affondava le sue radici
nel movimento d’opinione per il diritto di
voto femminile di inizio secolo e faceva proprie rivendicazioni in qualche modo maturate già durante le due guerre mondiali,
durante le quali l’economia di guerra aveva
favorito l’integrazione delle donne nella società attraverso il lavoro in fabbrica. D9
Dopo il secondo conflitto mondiale la
presa di coscienza delle donne si approfondì, sino a sfociare nella creazione di un
movimento organizzato che si diffuse in
molti paesi e coinvolse donne di ogni età
e condizione: il «femminismo». Principale obiettivo del femminismo era la società
maschilista e sessista del tempo, vale a dire
una società che divideva ruoli e funzioni secondo il sesso e privilegiava in ogni campo
l’uomo, relegando la donna alla procreazione dei figli e alla cura della casa. Era una critica aperta al modello della «casalinga consumista e delusa dalla vita», e all’ambiente
domestico definito un «confortevole campo
di concentramento».
Le femministe portarono avanti le loro
Ernesto Che Guevara.
Manifestazione pubblica del movimento femminista con
cartelli che inneggiano alla parità di condizioni lavorative e
all’assistenza gratuita dei bambini, Londra, 1970.
Scontro fra studenti e polizia durante una rivolta studentesca a Berlino, 1968.
© Loescher Editore – Torino
208
1945
Dossier 9 p. 408
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
209
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Concilio Vaticano Secondo, ottobre 1962, Roma, Basilica di S. Pietro.
 Tweet Storia p. 430
rivendicazioni soprattutto in due modi. In
primo luogo con rumorose e colorate manifestazioni di piazza, che attiravano l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi
della donna. In secondo luogo, con l’azione
nei parlamenti, dove ormai sedevano molte
donne, per l’introduzione di leggi che garantissero il pari trattamento e l’autonomia
dall’uomo.
Entro gli anni Settanta, notevoli progressi
furono compiuti nelle legislazioni degli Stati nel mondo industrializzato. Il diritto di
famiglia venne aggiornato: l’uomo doveva
condividere con la moglie le decisioni più
importanti riguardanti l’abitazione, i figli, il
lavoro. Dopo aspre polemiche – soprattutto nei paesi a maggioranza cattolica – il divorzio e l’aborto entrarono a far parte degli
ordinamenti legislativi: veniva fatto valere il
principio che la donna, al pari del maschio,
poteva decidere in autonomia della propria
vita e del proprio corpo.
Una visione rinnovata della sessualità si
tradusse in una maggiore libertà di costumi
e nel definitivo abbandono della procreazione come obiettivo primario del matrimonio.
Vennero abbattute le barriere che impedivano alle donne di fare carriera nel mondo del
lavoro e raggiungere guadagni pari a quelli
degli uomini, anche in settori che sembravano assolutamente preclusi come l’esercito o la magistratura. Quando l’onda alta
della protesta si placò, la parità tra i sessi era
stata affermata, almeno sul piano giuridico.
Restavano vivi pregiudizi sociali secolari e
radicati che rendevano difficoltoso tradurre
in pratica le leggi a favore dell’ uguaglianza
tra uomo e donna .
Papa Giovanni XXIII
e il Concilio Vaticano II
Grande protagonista degli anni della «coesistenza pacifica» fu papa Giovanni XXIII.
Eletto al soglio pontificio nell’ottobre 1958,
egli si trovò a governare la cattolicità in
un’epoca di vertiginosi mutamenti sociali e
proprio quando in Occidente si diffondeva
una radicale sfiducia – in primo luogo nel
campo della morale – verso la tradizione e
il dogmatismo dalla Santa Sede. Il nuovo
pontefice seppe instaurare un dialogo proficuo con la modernità, non mancando di far
sentire la sua voce anche sui più tormentosi
problemi del mondo contemporaneo.
In particolare, nella primavera del 1963
Giovanni XXIII diffuse l’enciclica Pacem
in terris, con la quale chiamava tutti i governanti a bandire la corsa agli armamenti
che minacciava il pianeta. Il papa lamentò
la «percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche» assorbita da
tale folle gara: uno spreco che privava molti
popoli bisognosi delle «collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al
loro progresso sociale». E diede voce a timori largamente diffusi nella società: «che un
fatto imprevedibile ed incontrollabile possa
far scoccare la scintilla che metta in moto
l’apparato bellico» o «che la sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi
bellici possa avere conseguenze fatali per la
vita sulla terra». Invitava dunque l’umanità,
costretta a vivere «sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile», a
promuovere una pace fondata su ragione,
giustizia e libertà.
L’enciclica guadagnò a Giovanni XXIII un
credito morale che oltrepassava i confini del
mondo cattolico, trasformando la Curia in
un interlocutore ascoltato in tutte le maggiori cancellerie del mondo, indipendentemente dal blocco ideologico a cui appartenevano.
Allo stesso tempo, il pontefice si impegnò
in una profonda opera di rinnovamento
della Chiesa. Nell’ottobre del 1962, Giovanni XXIII inaugurò infatti a Roma il Concilio
Ecumenico Vaticano II. I vescovi da lui
radunati ebbero il compito di approfondire
i contatti con la società dell’epoca, di adeguare ai tempi riti e costumi del cattolicesimo, e soprattutto di lanciare un ponte verso
le altre religioni, nella convinzione che fosse doveroso vivere gli uni accanto agli altri
nella comprensione e nella tolleranza. Giovanni XXIII non vide purtroppo i frutti del
suo lavoro, perché morì nel giugno 1963,
lasciando una difficile eredità a Paolo VI:
sarebbe stato lui a chiudere il Concilio nel
1965 e a disegnare i contorni definitivi della
Chiesa contemporanea.
Papa Giovanni XXIII.
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
10.4 Gli anni Sessanta
a Est: da Nikita Kruscev
a Leonid Brežnev
L’Unione Sovietica di Nikita
Kruscev
Nikita Kruscev era un leader di grande
abilità comunicativa e, alla fine degli anni
Cinquanta, tutto l’Est Europa accolse con
entusiasmo il suo annuncio che nel giro di
vent’anni i cittadini dei regimi comunisti
avrebbero goduto dello stesso benessere
ormai diffuso in Occidente. In quel periodo,
il Pil dell’Unione Sovietica e dei suoi alleati
cresceva a ritmo sostenuto e nei piani quinquennali veniva concesso maggiore spazio
all’industria leggera. Mosca, inoltre, riportò
grandi vittorie propagandistiche nel 1957,
con il lancio del primo satellite artificiale, e
nel 1961, con l’invio del primo uomo nello
spazio, Jurij Gagarin.
Nel 1961, Kruscev ribadì pubblicamente
– davanti alla platea del congresso del Partito comunista sovietico – la denuncia dei crimini staliniani. Ma si spinse oltre: affinché
la rottura con il passato fosse più evidente,
ordinò la liberazione di un milione di prigionieri politici dai campi di lavoro e la rimozione di tutte le statue, i busti e le effigi di
Stalin; autorizzò inoltre la pubblicazione di
opere letterarie apertamente polemiche nei
confronti di Stalin e della sua dittatura.
Si parlò allora di un clima di «disgelo» che investiva la società e il mondo della cultura sovietici. Tuttavia, il sistema sovietico
era gravato da fattori di debolezza, non tutti
evidenti. L’economia progrediva, ma mancavano la qualità e l’innovazione che caratterizzavano il modello occidentale e che potevano derivare solo da un sistema basato
sulla concorrenza. L’URSS puntava invece
sulla quantità e sull’industria pesante; la
produttività degli operai sovietici rimaneva
inoltre estremamente bassa, a causa della
scarsa competenza, degli sprechi, e in generale dell’inefficienza del sistema produttivo. Il tenore di vita dei cittadini quindi non
migliorò e non si verificò una «rivoluzione
dei consumi» che poteva solo derivare da
un’alta possibilità di spesa e da un’ampia
offerta di merci.
A difettare erano però ancor più democrazia e trasparenza del regime. Kruscev
© Loescher Editore – Torino
210
1945
Concilio Ecumenico:
Concilio presieduto dal
Papa a cui partecipano
tutti i vescovi della Chiesa
cattolica.
disgelo: il termine
viene dal titolo di un
romanzo dello scrittore
russo Ilja Erenburg.
Pubblicato nel 1960,
Il disgelo affrontava il
difficile tema della libertà
artistica in URSS. L’autore
si era trovato spesso in
dissidio con le autorità
di Mosca.
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
211
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Fine della «Primavera di Praga»: foto di Joseph Koudelka, un manifestante con bandiera
sopra un carroarmato nei giorni dell’invasione sovietica, Varsavia, 1968.
venne destituito nell’autunno del 1964. Il
suo posto fu preso da Leonid Brežnev: un
capo enigmatico, che niente lasciava trapelare sulle intenzioni dei vertici del paese e
che, soprattutto, abbandonò subito i pallidi
tentativi riformisti del suo predecessore.
La «Primavera di Praga»
Le stesse contraddizioni del sistema sovietico affliggevano anche i paesi dell’Europa
orientale. Durante gli anni Sessanta, i paesi
del blocco furono caratterizzati dall’esigua
disponibilità di beni di consumo, anche alimentari. Le industrie producevano secondo
i programmi elaborati a Mosca e mancavano la competizione con i mercati internazionali, la ricerca del profitto, e l’incentivo a
migliorare la produzione delle fabbriche di
proprietà statale.
Inoltre, domata la rivolta ungherese del
1956 e costruito nel 1961 il Muro di Berlino,
l’URSS impose agli alleati un immobilismo
politico che causò forti tensioni culminate
negli eventi cecoslovacchi del 1968.
Nel gennaio di quell’anno divenne segretario del partito comunista di Praga il riformista Aleksander Dubček. Nei mesi seguenti il
mondo intero assistette stupito alla trasformazione del regime. La censura sui mezzi
d’informazione venne eliminata, i prigionieri politici liberati, la pianificazione economica allentata, fu reintrodotto il diritto
di associarsi e riunirsi. Ma questo generoso
tentativo di varare un «socialismo dal volto umano» ebbe, nonostante l’entusiasmo
suscitato in patria e all’estero, breve durata. Il 21 agosto 1968 i carri armati del Patto
di Varsavia entrarono in Cecoslovacchia e
rovesciarono il governo di Dubček. Su suo
stesso ordine, l’esercito non combatté e la
popolazione oppose all’invasore una resistenza passiva. Tutto fu inutile. Nel giro di
qualche mese venne restaurata la situazione precedente le riforme. Il fallimento della
«Primavera di Praga» dimostrava ancora
una volta che l’intera Europa orientale era
ridotta per i suoi cittadini al rango di grande
prigione gestita da Mosca. [Testimonianze
 documento 2, p. 316]
Il mondo comunista sotto
Leonid Brežnev
ni, in apparenza entusiastica, era dettata da
conformismo e paura.
L’economia ufficiale era accompagnata
da un fiorentissimo mercato nero . Non
solo, sotto gli occhi di tutti c’erano i fornitissimi negozi che accettavano solo valuta
occidentale; clienti di queste attività commerciali erano soprattutto gli esponenti
della ristretta nomenklatura di regime, i
cui privilegi cominciavano allora a produrre
un contrasto stridente con le condizioni cui
era obbligata la grande maggioranza della
popolazione.
Nell’Unione Sovietica degli anni Sessanta e Settanta non si ricorreva più ai terribili metodi di repressione dell’era staliniana,
ma il dissenso era egualmente contrastato
e spesso i critici venivano condannati al ricovero in manicomio o espulsi dal paese.
Neanche le maggiori personalità culturali
dell’URSS furono rispettate. Nel 1970, lo
scrittore Aleksandr Solženitcyn ottenne il
premio Nobel per la letteratura e nel 1973
pubblicò il primo volume di Arcipelago Gulag, una durissima denuncia dei campi di
concentramento sovietici. L’opera ebbe un
fortissimo impatto in tutto l’Occidente ma
costò all’autore l’esilio per «attività antisovietiche». Il fisico atomico Andrej Sacharov,
dal canto suo, ricevette nel 1975 il Nobel per
la pace. Ma la sua attività in difesa dei diritti dell’uomo gli valse nel 1980 la condanna
al confino nella città di Gor’kij (oggi Nižnij
Novgorod).
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
10.5 Anni Settanta
a Ovest: crisi economica
e incertezza politica
I difficili anni Settanta degli
Stati Uniti
Negli anni Settanta gli Stati Uniti vissero una
situazione politica di grande incertezza, sia
interna per l’instabilità economica e per la
difficile situazione sociale dei neri, sia nei
rapporti internazionali.
Le istituzioni subirono un grave colpo
allorché il successore di Lyndon Johnson,
il repubblicano Richard Nixon, fu costretto a dimettersi dalla presidenza nel 1974.
Accusato di aver organizzato un sistema di
spionaggio ai danni del Partito democratico, mentì, cercando di depistare le indagini.
Scoperto, il 9 agosto 1974 Nixon si dimise
per evitare l’umiliazione di un processo. Il
democratico Jimmy Carter, eletto nel 1976,
uomo dal carattere mite e dallo scarso carisma, non riuscì a risollevare la popolarità
della presidenza, anche a causa della difficile situazione economica vissuta dagli USA
nella seconda parte degli anni Settanta.
In campo internazionale gli Stati Uniti
scontarono la perdita di prestigio dovuta al
disastro del Vietnam. Carter, tuttavia, guidò
importanti trattative di pace tra gli israeliani
e gli arabi, che culminarono negli accordi di
Camp David del 1978, ma in politica estera
1945
nomenklatura:
l’insieme delle persone
che occupavano le
più alte cariche del
governo e della pubblica
amministrazione
nell’Unione Sovietica.
Lo scrittore russo Aleksandr Solženitcyn.
Le entusiasmanti parole d’ordine dell’epoca krusceviana vennero completamente
dimenticate negli anni di Brežnev. In parte erano smentite dall’evidenza dei fatti:
l’Unione Sovietica e i suoi alleati diventarono importatori di prodotti agricoli, mentre
si faceva frequente la scarsità di beni essenziali come pane, burro e carne.
La burocrazia statale e l’apparato di partito, onnipotenti e onnipresenti, divennero
allora i veri protagonisti della vita sociale
dei paesi comunisti. Le rituali manifestazioni di massa per il 1° maggio o per l’anniversario della rivoluzione erano l’occasione
per sfoggiare una perfetta organizzazione e
una grande partecipazione collettiva. Tutti
però sapevano che si trattava di una «vetrina» del regime e che l’adesione dei cittadi-
La crisi iraniana: uomo manifesta contro gli iraniani dopo che 52 cittadini
americani furono presi in ostaggio dai fondamentalisti islamici, 1979.
© Loescher Editore – Torino
212
mercato nero: è la
vendita illegale di merci
razionate, a prezzi molto
superiori a quelli imposti
dalle autorità. L’aggettivo
«nero» allude al fatto che
tali affari clandestini si
svolgono spesso di notte,
al buio.
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
213
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Ronald Reagan.
subì l’iniziativa dell’Unione Sovietica e perse le elezioni del 1980 a seguito della grave
crisi iraniana. La crisi, scoppiata nel 1979
a Teheran, quando, nell’ambito del processo rivoluzionario attuato in quel paese, gli
studenti fondamentalisti islamici presero
in ostaggio 52 cittadini americani, fu risolta
diplomaticamente solo nel 1981 dal nuovo
presidente repubblicano Ronald Reagan.
L’Europa occidentale e la
caduta delle ultime dittature
terrorismo: metodo di
lotta politica basato su atti
di violenza organizzata al
fine di rovesciare l’assetto
politico-sociale esistente.
Gli anni Settanta furono travagliati anche
per l’Europa occidentale. Crisi economica
e terrorismo offuscavano l’orizzonte delle
democrazie. Nel Regno Unito, che nel 1972
aderì finalmente alla CEE, si alternarono al
governo laburisti e conservatori. In Francia,
i presidenti Georges Pompidou e Valéry Giscard d’Estaing si riavvicinarono agli Stati
Uniti ma non rinunciarono alla grande autonomia di Parigi in politica internazionale.
Nella Repubblica Federale Tedesca, l’Ostpolitik di Willy Brandt produsse un importante risultato: i trattati di non aggressione tra
Bonn e Mosca, e tra le due Germanie. Il
riconoscimento reciproco delle due Germanie sembrava allontanare per sempre la
prospettiva di una loro riunificazione, ma i
nuovi accordi assicuravano la pace al cuore
dell’Europa.
La caduta delle ultime dittature fu poi
per il vecchio continente un grande segnale di rafforzamento della democrazia. Nel
Willy Brandt si inginocchia davanti al memoriale delle vittime uccise
durante l’incursione nel ghetto del 1943, dicembre 1970, Varsavia.
1974, in Grecia, passarono la mano i militari
che avevano conquistato il potere con un
colpo di Stato nel 1967. Nello stesso 1974,
la dittatura portoghese, che aveva ormai
quattro decenni di storia, venne abbattuta
dall’incruenta «rivoluzione dei garofani».
Guidata dai giovani ufficiali dell’esercito
che si opponevano alla prosecuzione delle
guerre coloniali, portò presto a libere elezioni. Più importante ancora fu in Spagna la
fine della dittatura franchista, che si dissolse
alla morte di Francisco Franco nel novembre 1975. A guidare con successo la difficile
transizione verso la democrazia fu il principe Juan Carlos di Borbone, che riacquistò
così il trono perso dalla dinastia nel 1931. La
Spagna, spinta da un rinnovato entusiasmo,
divenne ben presto protagonista politica ed
economica d’Europa.
sempre a sinistra, fu la Rote Armee Fraktion,
il «Plotone dell’Armata Rossa», a seminare il
terrore. L’obiettivo di queste organizzazioni
terroristiche era il rovesciamento della società capitalista e l’instaurazione della dittatura del proletariato attraverso l’uso della
violenza. Rapine, rapimenti e attentati non
valsero ai terroristi l’appoggio della società
e non produssero alcun fremito rivoluzionario. Anzi, proprio questo scollamento rispetto alla realtà condusse al fallimento del
terrorismo politico e all’arresto entro i primi
anni Ottanta dei capi del movimento.
Il terrorismo indipendentista aveva invece radici più profonde ed era perciò assai
più difficile da combattere. Esso colpì soprattutto in Irlanda del Nord e Spagna. In
Ulster (ossia l’Irlanda del Nord), si fronteggiavano i cattolici e i protestanti. I primi volevano l’indipendenza da Londra e l’unione
con Dublino, e si avvalevano di un’organizzazione armata molto potente: l’IRA, o Esercito repubblicano irlandese. I secondi volevano al contrario mantenersi legati al Regno
Unito, come erano dal 1921 quando avevano rifiutato di aderire al nuovo Stato libero
d’Irlanda. La contrapposizione tra le due
parti indusse Londra a dispiegare le proprie
truppe per controllare il territorio, ma le
tensioni non scemarono. Anzi, la situazione degenerò definitivamente il 30 gennaio
1972: nel corso di quella che passò alla storia come Bloody Sunday, la «domenica di
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
sangue», l’esercito inglese sparò nella città
di Derry su una manifestazione pacifica di
cattolici, causando la morte di ben 13 civili.
Le violenze incontrollate che presero allora
piede causarono negli anni successivi migliaia di morti e trovarono un termine solo
sul finire del secolo.
In Spagna, invece, la violenza si concentrava nelle regioni del nord, abitate dai
baschi, un popolo di lingua e tradizioni
antichissime che si oppose tenacemente a
tutti i tentativi di assimilazione voluti dal
regime franchista. L’ETA, sigla di Euzkadi
Ta Azkatasuna, «Patria basca e libertà», era
l’organizzazione militare degli indipendentisti e giunse nel 1973 ad assassinare il primo
ministro Luis Carrero Blanco. Dopo la caduta del franchismo, la nuova Spagna democratica si aprì ai regionalismi, ma nemmeno
la concessione di sostanziose autonomie
soddisfece i baschi, che proseguirono nella
loro lotta. La piaga del terrorismo continuò
e continua ancora oggi a insanguinare la
Spagna.
Lo «shock petrolifero» del 1973
Il 6 ottobre 1973 l’Egitto e la Siria attaccarono Israele di sorpresa, simultaneamente,
approfittando della festa ebraica dello Yom
Kippur . In questa guerra, che fu detta «del
Kippur», gli eserciti arabi per alcuni giorni ebbero la meglio sulle difese israeliane
Il terrorismo politico
e indipendentista
Tra anni Sessanta e Settanta, diversi paesi
d’Europa dovettero fare i conti con la violenza del terrorismo, che aveva due origini:
una di stampo politico e una legata alle lotte
indipendentiste.
Il terrorismo politico colpì soprattutto
l’Italia e la Repubblica Federale Tedesca. In
Italia, vedremo meglio più avanti, fu perpetrato da diversi gruppi di destra o di sinistra.
In particolare, questi ultimi ebbero come
organizzazione di punta le Brigate Rosse,
mentre nella Repubblica Federale Tedesca,
Truppe britanniche, Londonderry, Irlanda del Nord, 1970.
© Loescher Editore – Torino
214
1945
Yom Kippur: La
festa del «Giorno del
Perdono» è la festività più
importante del calendario
ebraico. È un giorno di
digiuno e preghiera.
© Loescher Editore – Torino
1957 Entra in produzione la Fiat 500
1961 Gagarin primo uomo nello spazio
1969 Armstrong primo uomo sulla Luna
1986 Incidente nucleare di Chernobyl
1990
215
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
che poi, tuttavia, reagirono neutralizzando
l’attacco. I paesi del Medio Oriente, grandi
esportatori di petrolio, decisero, per rappresaglia contro il mondo industrializzato che
aveva appoggiato Tel Aviv, di aumentare il
prezzo del greggio e diminuirne la produzione. In poco tempo il costo del petrolio triplicò, e le economie di Stati Uniti, Giappone
ed Europa occidentale furono duramente
colpite. L’intero sistema produttivo dell’Occidente si basava infatti sulla disponibilità a
basso prezzo di questa fonte energetica, che
veniva quasi del tutto importata: i membri
della CEE compravano all’estero ben il 60%
del loro fabbisogno di greggio.
Il cosiddetto «shock petrolifero» innescò
allora una reazione a catena i cui effetti durarono per l’intero decennio. L’aumento dei
costi generò un grande aumento dei prezzi
delle merci e quindi un’alta inflazione: nel
1974, essa andava dal 14% della Repubblica Federale Tedesca al 48% dell’Inghilterra.
I consumi si contrassero e questo provocò
in ogni settore un calo della produzione e
delle esportazioni. Le aziende furono costrette a licenziare e la disoccupazione salì.
I governi reagirono impostando una politica di austerità che mirava prima di tutto a
una riduzione dei consumi e quindi della
«bolletta energetica» di ogni paese. Ma dovettero anche spendere grandi cifre per venire in aiuto a quanti avevano bisogno: dai
disoccupati alle aziende in crisi. I bilanci
degli Stati andarono ovunque in deficit, e fu
necessario inasprire le tasse e ridurre ulteriormente le uscite.
La crisi economica degli anni Settanta
influì negativamente sul tenore di vita dei
cittadini occidentali, ma il suo effetto più
importante consistette nel rendere evidente
la gravosità del Welfare State: i governi dovettero confrontarsi con questo problema
e molti di essi decisero di ridurre in modo
sostanziale le garanzie per i cittadini.
1953-1963
Boom economico
1957
Nascita della CEE
Il periodo che va dalla fine della Seconda guerra mondiale alla
prima metà degli anni Settanta è spesso chiamato dagli storici
golden age, ossia «età dell’oro», per sottolineare la grande e
ininterrotta crescita delle economie mondiali, in particolare di
quelle occidentali. La crescita interessò moltissimo anche l’Italia
e fu all’origine del cosiddetto «boom economico». Da un punto
di vista strettamente economico, si chiusero definitivamente il
ciclo negativo (specie per i paesi occidentali) della grave crisi
del ’29 e la successiva stagnazione economica, ed emerse la
rinnovata capacità delle economie capitaliste di adeguarsi alle
esigenze di un mercato sempre più basato sui consumi e sulla
produzione di merci leggere e di massa.
In realtà un ruolo molto significativo fu giocato dal clima internazionale di forte competizione ideologica, politica e militare tra
i due blocchi guidati rispettivamente da Stati Uniti e Unione Sovietica. Il mondo occidentale era molto spaventato dall’aggressività di quello comunista: ne temeva, a volte in modo isterico e
irrazionale, il contagio. Nei paesi meno sviluppati si preferì agire
in modo spesso brutale, sostenendo regimi dittatoriali, finendo
per alimentare le tensioni locali e spingendo molte giovani e
povere nazioni nelle braccia del blocco sovietico. Nei paesi a
capitalismo maturo, Stati Uniti compresi, si optò per altre strategie. La buona situazione economica permise un certo livello di
redistribuzione dei redditi. Fu attuata una politica di protezione
sociale molto estesa. Il sistema di Welfare State (letteralmente:
stato di benessere) fu allargato e reso compatibile con l’econo-
216
© Loescher Editore – Torino
mia di mercato. Nei paesi europei, specie in quelli dell’Europa settentrionale di tradizione socialdemocratica, si diffuse in
modo massiccio; in altri ebbe uno sviluppo più discontinuo e
contradditorio. Ma ovunque i temi dell’istruzione, della salute,
della sicurezza sociale furono posti al centro dell’attenzione,
o attraverso una gestione pubblica diretta o, come negli Stati
Uniti, attraverso una politica di sostegno indiretto e di sussidi generalizzati. Il costo di un simile sistema fu subito molto
significativo seppur abbondantemente compensato dall’eccellente crescita dell’economia (con relativo aumento del gettito
fiscale) e dalla presenza di modesti tassi di disoccupazione.
Nel corso degli anni Sessanta si arrivò al massimo sviluppo di
questo nuovo sistema di relazioni sociali, con un incremento
sostenuto della pressione fiscale in un quadro, però, di sostanziale compatibilità economica e, soprattutto, di consenso
generalizzato. Con l’arrivo delle prime, gravi crisi economiche
del periodo postbellico (anni Settanta) si verificò un progressivo
cambio di rotta. L’ideologia liberista riguadagnò terreno sul
piano del consenso ideologico; la crisi del sistema comunista
non sembrava più rendere urgente un sistema sociale in qualche modo «concorrenziale» sul piano delle opportunità per i ceti
meno abbienti. La divaricazione tra i settori più agiati e quelli
più poveri della popolazione tornò ad essere marcata e i livelli di
deficit pubblico scoraggiarono politiche di protezione sociale
solo poco tempo prima ritenute essenziali.
1 Negli anni della «coesistenza pacifica», il dialogo tra Est ed Ovest è messo
alla prova da diverse crisi internazionali ma non si interrompe mai. Dalla
fine degli anni Cinquanta in poi, accettata la suddivisione del mondo in due sfere
d’influenza, Stati Uniti e Unione Sovietica cercarono il dialogo capace di assicurare
una «coesistenza pacifica». La costruzione nel 1961 del Muro di Berlino, la vittoria
del comunismo a Cuba con la «crisi dei missili» del 1962, la guerra in Vietnam
furono al centro di dispute internazionali che rischiarono di portare le due superpotenze allo scontro, ma sempre prevalse il buon senso. Al principio degli anni Settanta
si giunse ai primi accordi tra USA e URSS sulla limitazione delle armi nucleari.
2 1961
Costruzione del Muro di Berlino
1962
Crisi dei missili di Cuba
I NODI DELLA STORIA
Perché l’economia mondiale visse la sua «età dell’oro» a partire dal
secondo dopoguerra?
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
1962-1965
Concilio Vaticano II
1965-1973
Guerra del Vietnam
1968
«Primavera di Praga»
1968
Protesta giovanile
1973
Shock petrolifero
Il «miracolo economico» arricchisce l’Occidente, i cui cittadini non hanno
mai sperimentato in passato una tale epoca di benessere. Il mondo occidentale sperimentò negli anni Sessanta uno sviluppo straordinario. La produzione
industriale e agricola, i redditi dei cittadini e i consumi – alimentati da sempre nuovi
bisogni, voluttuari e non voluttuari – crebbero come mai era avvenuto prima e si parlò di «miracolo economico». La diffusione del benessere trasformò radicalmente le
società di Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone, eliminando sacche di povertà e
arretratezza presenti da secoli e rafforzando il consenso popolare al sistema liberalcapitalista. Fu questo anche il periodo di maggiore sviluppo del Welfare State, con
cui i governi finanziavano direttamente i servizi essenziali per il cittadino.
3 Alla fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti e in Europa si diffonde un
forte movimento di protesta giovanile, che si scaglia contro militarismo,
consumismo e autoritarismo. Il primato economico spettava agli Stati Uniti, mentre in Francia, Regno Unito e Repubblica Federale Tedesca esecutivi retti da partiti
moderati lavoravano per rafforzare la democrazia. Stabilità politica e ricchezza non
furono comunque sufficienti ad arginare l’onda montante della protesta giovanile,
che investì l’Ovest dopo la metà degli anni Sessanta. Antimilitarismo, antiautoritarismo e anticonsumismo erano le parole d’ordine di un movimento che tentò, invano,
di svecchiare e modificare la «società dei padri». Forte fu anche il movimento per
l’emancipazione femminile, che si proponeva prima di tutto di dare alle donne
parità giuridica con gli uomini in famiglia e al lavoro.
4 In Unione Sovietica, Leonid Brežnev impone al paese una svolta conservatrice e repressiva, mentre la «Primavera di Praga» viene schiacciata con i
carri armati. Ad Est si viveva frattanto una situazione di grande incertezza. Nel 1964
Nikita Kruscev fu esonerato e sostituito alla guida dell’Unione Sovietica da Leonid
Brežnev, che impose al paese una svolta conservatrice e repressiva. Benché l’economia del blocco orientale progredisse, il tenore di vita dei cittadini migliorava assai
lentamente: si apriva così un solco profondo tra mondo capitalista e mondo comunista,
a tutto vantaggio del primo. Il dialogo tra Est e Ovest su disarmo e diritti umani continuò,
ma nel 1968 la dura repressione della «Primavera di Praga», in Cecoslovacchia, ribadì al mondo la ferrea volontà di Mosca di tenere sottomessa l’Europa orientale.
5 In Occidente, gli anni Settanta sono caratterizzati da una profonda crisi
economica e dal cedimento del Welfare State. Gli anni Settanta furono assai
difficili anche per il mondo occidentale, che dovette fronteggiare gli effetti di una
lunga crisi economica. Scoppiata nel 1973 in seguito alla crescita del prezzo del
petrolio mediorientale determinato dalla Guerra del Kippur, essa generò un calo
della produzione, disoccupazione e inflazione, e un immediato peggioramento del
tenore di vita dei cittadini. Il Welfare State fu messo a dura prova e la mancanza di
risorse finanziarie ne impose un primo e parziale smantellamento. Precari equilibri
politici interni e la piaga del terrorismo resero più incerto, soprattutto in Europa,
l’orizzonte di molti paesi.
© Loescher Editore – Torino
217
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Due fronti della Guerra fredda:
la corsa alle armi e allo spazio
La Guerra fredda fu il conflitto politico-ideologico tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che segnò la storia europea e mondiale tra 1945 e 1991, e che non si tradusse mai in uno scontro militare diretto tra le due superpotenze; entrambe, tuttavia, investirono immense risorse in una corsa ad armi sempre più complesse sotto
il profilo tecnologico e sempre più distruttive sul piano militare. Mentre gli Stati Uniti puntarono soprattutto
sulla ricerca e sull’innovazione delle tecnologie di distruzione di massa, l’Unione Sovietica mirò a costruire
un apparato militare di enormi dimensioni. L’arma più potente a disposizione di entrambi gli arsenali erano le
testate nucleari, che potevano armare missili terra-terra, aerei da bombardamento strategico, sommergibili
e artiglieria da campo.
Dimostrazioni di potenza
Nella misura in cui il conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica si combatteva soprattutto
con la propaganda ideologica, le armi non solo dovevano essere costruite, ma anche esibite. Nei tradizionali appuntamenti del 1° maggio (Festa dei lavoratori) e del 7 novembre
(anniversario della Rivoluzione d’Ottobre), l’Armata Rossa dispiegava la propria forza, convenzionale ma soprattutto missilistica, durante la parata militare sulla Piazza Rossa. Dal
canto loro, gli Stati Uniti privilegiarono soprattutto la diffusione di immagini di sperimenti di
esplosioni atomiche nel deserto dell’Arizona o su atolli del Pacifico.
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
La corsa allo spazio
La Guerra fredda fu anche e soprattutto la competizione tra due società
e due modelli di sviluppo economico,
il «capitalismo» e il «socialismo»: di
qui scaturì la necessità di mostrare la
superiorità di un sistema sull’altro in
diversi settori. Un fronte decisivo della Guerra fredda fu dunque la corsa
alle conquiste spaziali, come laboratorio per l’invenzione e la messa a
punto di nuove tecnologie e come
strumento di suggestione dell’immaginazione collettiva. L’Unione Sovietica riuscì per prima a spedire il primo
cane nello spazio (Laika, 3 novembre
1957), a cui seguirono il primo uomo
(Jurij Gagarin, il 12 aprile 1961) e la
prima donna (Valentina Tereskova, il
16 giugno 1963).
Jurij Gagarin nella sua capsula spaziale.
La conquista della Luna
Furono però gli Stati Uniti, nonostante il loro iniziale ritardo, ad aggiudicarsi la meta più ambita e ambiziosa, portando il primo uomo sulla Luna, il 20 luglio 1969. Oltre a essere un’eccezionale affermazione della supremazia tecnologica americana, la «conquista della Luna»
fu uno straordinario successo di immagine, trasmesso in diretta in mondovisione. Nel momento in cui discese dalla scaletta del modulo
lunare il primo astronauta, Neil Armstrong pronunciò la celebre frase: «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità».
Missili sovietici in parata sulla Piazza Rossa, 1962.
Soldati americani assistono a un’esplosione atomica, 1951.
Gli accordi SALT
A partire dagli anni Sessanta, e con maggior intensità negli anni Settanta, alla corsa alle armi si
affiancò una strategia contraria, concordata tra
Stati Uniti e Unione Sovietica, relativa alla riduzione, se non all’eliminazione, progressiva delle armi
di distruzione di massa. In particolare, a seguito
del periodo di distensione, fu firmata, a partire
dal 1972, una serie di trattati per la limitazione
dell’armamento strategico, ossia delle testate
nucleari (accordi SALT).
Neil Armstrong e Edwin Aldrin
passeggiano sulla Luna,
20 luglio 1969.
La firma di un trattato nell’ambito
degli accordi SALT, 1974.
218
© Loescher Editore – Torino
© Loescher Editore – Torino
219
3
10
Il mondo diviso dalla Guerra fredda
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
2
Osserva la cartina a p. 198 e spiega perché l’Italia ha un’importanza strategica nella contrapposizione tra i blocchi.
ATTIVITÀ
1 Nel
viene eletto presidente il giovane democratico John Fitzgerald Kennedy, che avvia una politica di dialogo
con l’Unione Sovietica ( )
2 Nell’agosto
il movimento per i diritti civili dei neri, guidato da Martin Luther King, organizza un’imponente
marcia su Washington ( )
3 Nel
si verifica la crisi dei missili: il tentativo degli Stati Uniti di rovesciare il regime di Castro spinge
quest’ultimo a un’alleanza con Mosca, che installa missili nucleari sull’isola: Kennedy reagisce dichiarando il blocco
navale dell’isola ( )
4 Nel
vengono firmati gli accordi di Camp David con la mediazione del presidente americano Jimmy Carter
( )
5 Nella notte tra il 12 e il 13 agosto
i soldati della Repubblica Democratica Tedesca erigono uno sbarramento
per bloccare ogni via di comunicazione tra Berlino Est e Berlino Ovest; in questo modo le autorità comuniste intendono
arginare le continue fughe dei cittadini tedeschi orientali verso l’Occidente capitalista ( )
6 Il 21 agosto
i carri armati del Patto di Varsavia rovesciano il governo di Aleksander Dubček, ponendo fine
alla «Primavera di Praga» ( )
7 Il 22 novembre
Kennedy è assassinato da Lee Harvey Oswald a Dallas: è l’omicidio politico più clamoroso
del Novecento e tuttora i mandanti dell’assassinio non sono stati scoperti ( )
8 Il 30 gennaio
è passata alla storia come Bloody Sunday: nella città di Derry l’esercito inglese spara su una
manifestazione pacifica di cattolici, causando la morte di ben 13 civili ( )
9 Nel
i vietcong e l’esercito nordvietnamita conquistano Saigon, riunificando l’intero paese nel nome
del comunismo ( )
Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della «distensione».
1
2
3
4
5
6
7
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi scrivi tra parentesi la zona geografica o il
paese coinvolti.
5
Gli anni Sessanta e Settanta: l’epoca della «distensione»
Satellite artificiale
Tasso di incremento annuo
Correttivo
Emancipazione
Commercio al dettaglio
Conformare agli imperativi
Scolarizzazione di massa
Prova a riflettere sul significato di «critica» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega che cosa si intende
per «critica radicale della società».
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa alla situazione dell’URSS agli inizi degli anni Sessanta e Settanta. Poi rispondi
alle domande.
La situazione dell’URSS agli inizi degli anni Sessanta
Esplora il macrotema
3
Completa il testo.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica si incamminano
sulla strada della «distensione»: infatti alla morte di Stalin nel 1953 il potere si concentra nelle mani del
nuovo segretario di (1)
, Nikita Kruscev, che denuncia i crimini del suo predecessore
e si fa promotore della «coesistenza pacifica» tra capitalismo e (2)
. Il dialogo e la
collaborazione tra le due superpotenze si sviluppano quando alla Casa Bianca giunge John Fitzgerald
Kennedy, anch’egli deciso a spostare il confronto verso campi più «pacifici»; la competizione tra le due
superpotenze, infatti, non si giocherà più sul piano della corsa sfrenata agli (3)
, bensì
sul piano economico e tecnologico e in particolare nella cosiddetta «corsa allo spazio».
Tuttavia nei primi anni Sessanta alcune gravissime (4)
portano i due blocchi vicino
alla rottura definitiva; tra queste ricordiamo la costruzione del Muro di Berlino voluto dalla Repubblica
(5)
Tedesca e la crisi dei missili di Cuba del 1962, che per evitare una catastrofe nucleare
spinge all’installazione della cosiddetta «(6)
», un collegamento telefonico diretto e
sempre aperto tra Casa Bianca e Cremlino.
Negli anni Settanta il dialogo tra le due superpotenze, incrinato ancora una volta dalla guerra del
(7)
, culmina in alcuni importanti accordi: in particolare l’Atto finale della conferenza
tenuta a Helsinky nel 1975 garantisce le frontiere del blocco sovietico nel vecchio continente; in cambio,
l’Unione Sovietica si impegna a mantenere vivo il dialogo culturale tra i due mondi e a salvaguardare i
diritti umani nei suoi territori.
1 Perchè la situazione economica dell’URSS è considerata
insufficiente dalla popolazione?
2 Quali effetti ha la denuncia dei crimini di Stalin?
3 Quali sono le ragioni che portano la Cecoslovacchia a
compiere scelte politiche innovative?
Mostra quello che sai
7
220
© Loescher Editore – Torino
Osserva l’immagine a p. 212 e, dopo aver contestualizzato la foto, spiegane il valore simbolico a livello internazionale.
© Loescher Editore – Torino
221
Scarica