Un percorso didattico in Genetica.doc

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UN PERCORSO METODOLOGICO
DI STUDIO IN GENETICA
DALLA MALATTIA AL GENE :
LA LEPTINA E L’OBESITA’
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA
LABORATORIO DI GENETICA MOLECOLARE-IRRCS GASLINI GENOVA
ISTITUTO PER LA CURA E LA PREVENZIONE DEL CANCRO- GENOVA
1
LA LEPTINA
2
INDICE
1. Le basi genetiche dell’obesità
pag. 4
2. La leptina regola il metabolismo energetico
I recettori periferici della leptina
pag.4
3. Il gene ob e l’identificazione della leptina
pag. 7
4. I Polimorfismi di sequenza del DNA
Gli Enzimi di restrizione
I RFLP e gli SNPs
Frequenza degli SNPs
Individuazione degli SNPs
pag. 8
5. Analisi molecolare del DNA.
pag. 11
Estrazione del DNA.
La tecnica della PCR per l’analisi dei polimorfismi
Termociclatori.Taq polimerasi.Primer.
Digestione con Enzimi di restrizione (ER)
Elettroforesi su gel di Agarosio
6. Attività di Laboratorio
- Estrazione del DNA
- PCR
- Digestione con Enzimi di restrizione
- Elettroforesi su gel di Agarosio
pag.14
7. Strumenti e materiale a disposizione
pag.17
8. Bibliografia
9. Glossario
pag.18
3
1. BASI GENETICHE DELL’OBESITA’.
La maggior parte degli animali,compresi gli esseri umani, tende ad avere un peso corporeo
stabile; in altre parole, se è consentito loro di mangiare a volontà, essi mangiano quanto
basta per mantenere il peso corporeo “stabilito”. Tuttavia un ceppo di topi omozigoti per
difetti nel gene obese (detti topi ob/ob) sono caratterizzati da un peso superiore al doppio
rispetto a quello dei topi normali (OB/OB) e si nutrono in eccesso quando possono
accedere a quantità illimitate di cibo. I topi obesi sono privi della proteina leptina, il prodotto
del gene obese. Questi topi omozigoti ob/ob mostrano una sindrome di obesità
caratterizzata da una grave adiposità, iperfagia, ipotermia, iperlipidemia, iperinsulinemia,
resistenza all’insulina.
Il gene ob fu clonato nel 1994 e la leptina fu identificata nel 1995 quale prodotto del gene
ob e segnale ormonale regolatorio del bilancio energetico.
2.LA LEPTINA REGOLA IL METABOLISMO ENERGETICO
La leptina è un ormone peptidico di 167 aminoacidi, di circa 16 kDa, ed ha un singolo
legame disolfuro, necessario per la sua attività.
E’ prodotta normalmente e in grande quantità dagli adipociti e regola il tessuto adiposo e il
bilancio massa corporea/energia, ma è presente anche nello stomaco, nei muscoli, nella
placenta e in alcuni tessuti fetali.
La leptina circola nel sangue e agisce sul cervello regolando la quantità di cibo da introdurre
in rapporto al dispendio energetico. Quando la massa grassa diminuisce, si abbassa la
concentrazione di leptina plasmatica stimolando l’appetito. Viceversa, se la massa grassa
aumenta, aumenta la concentrazione di leptina che inibisce l’appetito. Questo sistema
controlla l’equilibrio omeostatico del tessuto adiposo.
Quando si inietta leptina nei topi ob/ob, questi mangiano meno e perdono peso. La leptina è
quindi considerata un segnale di “sazietà” che influenza il sistema di controllo dell’appetito
presente nel cervello. E’ stato inoltre scoperto che la leptina regola il metabolismo
energetico, così come il consumo di energia.
Nei roditori, l’assunzione di leptina aumenta la spesa energetica e diminuisce la massa
grassa senza interferire con la massa magra corporea. Se viene somministrata a topi, la
leptina normalizza la glicemia, il livello di insulina e di lipidi e la temperatura corporea.
Mentre sembra che i recettori periferici per la leptina non siano essenziali per la perdita di
peso, invece le azioni della leptina mediate a livello centrale si presume siano determinanti
nel regolare l’equilibrio generale dell’organismo.
I recettori periferici della Leptina
La semplice base genetica dell’obesità riscontrata nei topi ob/ob non sembra applicabile alla
maggior parte delle persone obese. Nell’uomo i livelli di leptina aumentano con la
percentuale di grasso corporeo, in accordo con l’ipotesi riguardante la sintesi di leptina da
parte degli adipociti. Negli esseri umani, tuttavia l’obesità non sembra il risultato di una
mancata produzione di leptina, ma di una re s istenza alla lepti na dovuta forse a una
diminuzione della concentrazione di un recettore per la leptina presente nel cervello,
precisamente nell’ipotalamo e nel plesso coroideo, aree del cervello note per il controllo del
comportamento alimentare; oppure a una s at ur azi one del rec ettor e che trasporta la
leptina nel sistema nervoso centrale, attraverso la barriera emato-encefalica.
Lo splicing alternativo del gene per il recettore della leptina produce almeno 5 isoforme di
RNAm che si esprimono in un modo tessuto-specifico e codificano per proteine che hanno
domini extracellulari identici, ma diversi domini transmembrana. I recettori sono divisi in
4
due gruppi: un gruppo che ha piccoli domini intracellulari (32-97 residui di AA) ed altri che
hanno un grande dominio intracellulare di 302 residui.
I recettori per la leptina furono identificati biochimicamente e risultarono appartenere alla
famiglia delle citochine; sono caratterizzati da un singolo dominio trans-membrana che si
associa con una classe di proteine tirosin-chinasi definite Janus Chinasi (JAK). Le JAK
legano il ligando mediante fosforilazione della tirosina di proteine segnale come l’ IP3-kinasi
o una famiglia di fattori di traduzione e attivatori della trascrizione.
Il controllo, sia sui topi obesi ob/ob che sui topi diabetici db/db (diabete), suggerisce che la
leptina regola l’equilibrio immagazzinamento/ossidazione degli acidi grassi.
Il muscolo scheletrico esprime entrambi i due tipi di recettori per la leptina e contribuisce in
modo significativo al catabolismo lipidico; questo significa che il muscolo scheletrico
rappresenta un target per la leptina periferica.
Nei topi a cui veniva fornita un’alta concentrazione di leptina si è osservato un aumento
dell’ossidazione degli acidi grassi e una diminuzione dell’esterificazione a triacilgliceroli
(TAG). L’Insulina ha l’effetto opposto. Ma quando i due ormoni vengono somministrati
insieme, la leptina attenua gli effetti antiossidanti e lipogenici dell’Insulina. Uno studio
recente mostra che gli effetti acuti della leptina sulla ß-ox dei grassi sono mediati dalla
Proteina-kinasi-AMPdip.(AMPK), un enzima che è attivato dalle variazioni di concentrazione
del rapporto AMP/ATP.
Pertanto, sia nel muscolo che nel tessuto adiposo, la leptina determina:
-
aumento della ß -OX dei grassi
aumento della lipolisi
diminuzione della sintesi di TAG
In sintesi.
La leptina è un ormone che regola la termogenesi e controlla il peso corporeo di un
individuo sia stimolando l’ossidazione degli acidi grassi e l’assorbimento del glucosio sia
prevenendo il deposito dei lipidi in tessuti non adiposi. Agisce con azione sia periferica,
attivando il sistema nervoso periferico, sia centrale, influenzando le funzioni
dell’ipotalamo.
È secreto dalle cellule del tessuto adiposo, gli adipociti, sembra quindi chiaro che in
presenza di sovrabbondanza di esse si avrà una maggiore produzione di leptina, in caso
contrario, cioè in carenza di cellule adipose, si assisterà a un abbassamento dei livelli
dell’ormone. È in grado di diminuire il senso della fame e, tramite la termogenesi
adattativa, aumentare la spesa energetica dell’organismo.
La struttura biochimica della leptina è assimilabile a quella delle citochine con catene a
lunga elica. Tale gruppo di sostanze è una sorta di ponte di comunicazione fra il sistema
neuroendocrino e quello immunitario. La secrezione della leptina non è influenzata
soltanto dal grado di adiposità e dal bilancio calorico, ma anche dall’alta concentrazione
nel sangue di determinati ormoni fra i quali ad esempio il testosterone, l’adrenalina e gli
estrogeni. Recenti studi indicano che la leptina ha un ruolo importante anche nello
sviluppo della fase puberale e nella gravidanza, funzionando come una sorta di
“termometro” usato dai centri ipotalamici per verificare la presenza di sufficienti scorte
di grasso per iniziare queste importanti fasi.
5
Un probabile quadro dei meccanismi segnale della leptina periferica è mostrato nella Fig.1
La leptina prodotta dagli adipociti si lega ai recettori periferici nel tessuto adiposo,nel
fegato,nel pancreas e nel muscolo scheletrico, attivando il quadro dei segnali mediati dalle
chinasi JAK. La leptina inibisce le azioni lipogeniche dell’Insulina attraverso meccanismi non
ancora ben identificati.
Fegato
LEPTINA
pancreas
L-Receptors
adipociti
INSULINA
muscolo scheletrico
JAK
PI3K
geni lipogenici/ sintesi di colesterolo
I-Receptors
Metabolismo
del GLU
Lipolisi
Acil-CoA
DAG
epatica
TAG
RE
Acidi
grassi
termogenesi
ß-OX
Mitocondrio
[AMP]/[ATP]
AMPK
Lipogenesi
acidi grassi esogeni
Fig.1
6
3. IL GENE ob.
Dal SITO NCBI :
LEP
Official Symbol LEP and Name: leptin [Homo sapiens]
Other Aliases: FLJ94114, OB, OBS
Other Designations: leptin (murine obesity homolog); leptin (obesity homolog, mouse);
obese, mouse, homolog of; obesity factor
Chromosome: 7; Location: 7q31.3
Annotation: Chromosome 7, NC_000007.12 (127668567..127684917)
MIM: 164160
GeneID: 3952
This gene encodes a protein that is secreted by white adipocytes, and which plays a major
role in the regulation of body weight. This protein, which acts through the leptin receptor,
functions as part of a signaling pathway that can inhibit food intake and/or regulate energy
expenditure to maintain constancy of the adipose mass. This protein also has several
endocrine functions, and is involved in the regulation of immune and inflammatory
responses, hematopoiesis, angiogenesis and wound healing. Mutations in this gene and/or
its regulatory regions cause severe obesity, and morbid obesity with hypogonadism. This
gene has also been linked to type 2 diabetes mellitus development. [provided by RefSeq]
Genomic regions, transcripts, and products
red: coding region
blue: untraslated region
Genomic context
chromosome: 7; Location: 7q31.3
Lep
Official Symbol Lep and Name: leptin [Mus musculus]
Other Aliases: ob, obese
Chromosome: 6; Location: 6 10.5 cM
Annotation: Chromosome 6, NC_000072.5 (29010221..29023876)
GeneID: 16846
7
4. POLIMORFISMI DI SEQUENZA DEL DNA
Il termine polimorfismo significa “esistenza di forme diverse”.
In genetica, il polimorfismo può essere analizzato sia a livello proteico che di materiale
genetico.
In questo secondo caso, le forme diverse, ossia le varianti genetiche possono riguardare un
gene, vale a dire un tratto di DNA codificante una proteina (polimorfismo allelico), oppure
un tratto di DNA non codificante (polimorfismo di sequenza).
Queste diversità di sequenza si definiscono polimorfismi e dato che più del 98% del DNA
umano è DNA non codificante, e che quindi la maggior parte di queste differenze è
localizzata in sequenze non codificanti, il fenotipo di un polimorfismo di sequenza del DNA
non è riconoscibile dall’esterno (ex. nei gruppi sanguigni). Dato l’elevato numero di loci
polimorfici, i polimorfismi di sequenza sono molto più frequenti dei polimorfismi allelici
tradizionali (gruppi sanguigni, albinismo, colore degli occhi, ecc..) e conseguentemente più
utili nella ricerca biologica e medica.
E’ stato osservato che il DNA di due individui differisce per circa un nucleotide ogni
500/1000.
Quando un polimorfismo interessa una sequenza riconosciuta da un Enzima di
Restrizione, la variazione, creando o distruggendo il sito di restrizione, darà luogo a
differenze nei siti di taglio di quel dato enzima all’interno della popolazione. Digerendo con
quell’enzima il DNA di individui diversi, si osserva quindi un polimorfismo di lunghezza
dei frammenti di restrizione – RFLP - e cioè dal DNA di individui diversi si generano
frammenti di restrizione diversi.
Come tutti i polimorfismi, i RFLP possono essere equiparati ad alleli codominanti di un locus
mendeliano:la presenza o assenza di uno o dell’altro allele può essere riconosciuta in ogni
individuo,consentendo la distinzione in omozigoti ed eterozigoti.
Il fenotipo di un RFLP è evidenziabile in termini di differenze di numero e/o dimensione dei
frammenti di DNA ottenuti con la digestione con un certo enzima di restrizione. I frammenti
sono visibili dopo migrazione elettroforetica su un gel.
L’avvento della genetica molecolare ha permesso di identificare i polimorfismi del DNA, che
sono diventati i marcatori genetici più comunemente usati. Attualmente si utilizzano tre tipi
di polimorfismi del DNA:
i Polimorfismi di Lunghezza dei Frammenti di Restrizione, o RFLP
i Polimorfismi del Singolo Nucleotide, o SNP
i Polimorfismi di Lunghezza di Sequenze Semplici, o SSLP che vengono poi distinti in
VNTR (Variable Number of Tandem Repeats) o minisatelliti, e i STR (Simple Tandem
Repeats ) o microsatelliti.
GLI ENZIMI DI RESTRIZIONE
Un Sito di restrizione o sequenza consenso viene definito come una particolare sequenza di
DNA riconosciuta da un enzima di restrizione o endonucleasi come il punto in cui tagliare
la molecola di DNA.
Questi siti sono generalmente palindromici ( cioè possono essere letti in entrambe le
direzioni )la cui successione di basi è identica su entrambi i filamenti quando ciascuno di
essi venga letto in direzione 5’ > 3’. La sequenza riconosciuta non è unica e varia da enzima
ad enzima, anche se con la stessa specificità di sequenza. Infatti, sebbene gli enzimi di
8
restrizione isolati siano oltre 3500, le sequenze bersaglio che possono essere tagliate sono
molto meno numerose (poco più di 200 ).
I siti di restrizione sono delle normali sequenze di basi, lunghi dai 4 fino a diverse decine di
paia di basi, per cui si possono trovare più o meno facilmente nel genoma.
Un enzima di restrizione può tagliare all’interno di una sequenza o nelle sue vicinanze,
oppure la sequenza consenso può anche essere distante diverse centinaia di basi.
Il taglio prodotto dagli enzimi può generare frammenti di DNA con estremità piatte (blunt),
o sporgenti ( 5’-protruding e 3’-protruding).
Le estremità prodotte sono “appiccicose”, cioè possono formare ponti Idrogeno tra le due
code a filamento singolo complementari. Le estremità coesive facilitano inoltre la reazione
della DNA ligasi.
L’enzima EcoRI produce un taglio sfalsato creando due estremità coesive a singolo
filamento al 5’ (5’-protruding):
5’...G/ AATTC.. 3’
3’...CTTAA /G...5’
L’enzima HhaI opera un taglio sfalsato creando due estremità coesive a singolo filamento al
3’ (3’-protruding ) : 5’… G C G /C… 3’
3’… C/G C G… 5’
Nome
enzima
Organismo di
provenienza
Sequenza d
riconoscimento e
posizione di taglio
Pronuncia
EcoRI
E.Coli RY13
G/A A T T C
C T T A A/G
Eco-ri-uno
HindIII
Haemophilus
influenzae Rd
A/A G C T T
T T C G A /A
Acca-ind-tre
BamHI
Bacillus
amyloliquefaciens
G/G A T C C
C C T A G/G
Bam-acca-uno
ENZIMI DI RESTRIZIONE. Sono prodotti dai batteri che li utilizzano per difendersi
da un DNA estraneo, esempio un virus Altri enzimi (le metilasi ) proteggono il DNA
batterico grazie all’azione delle proprie endonucleasi di restrizione.
Gli ER si indicano con un sistema di lettere e numeri che si riferisce al ceppo batterico da
cui sono stati isolati.
Polimorfismo a singolo nucleotide o SNPs
Un polimorfismo a singolo nucleotide (in inglese Single Nucleotide Polymorphism o SNP,
pronunciato snip) è un polimorfismo (cioè una variazione a livello di una sequenza di acidi
nucleici) che si presenta tra individui della stessa specie, caratterizzata da una differenza a
carico di un unico nucleotide.
Ad esempio, se le sequenze individuate in due soggetti sono:
AAGCCTA
e
AAGCTTA
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è presente uno SNP che differenzia i due alleli
C e T.
Frequenza degli SNPs
All’interno di una popolazione, è possibile determinare una minor frequenza allelica, il
rapporto tra la frequenza della variante più rara e quella più comune di un determinato SNP.
È importante notare che possono esistere variazioni notevoli tra popolazioni umane. Uno
SNP molto comune in un determinato gruppo etnico può dunque essere molto raro in
un’altra popolazione.
Gli SNPs costituiscono il 90% di tutte le variazioni genetiche umane.
SNPs con minor frequenza allelica, pari o maggiore all’1%, sono presenti ogni circa 100-300
paia di basi lungo l’intero genoma. In media, due SNPs su tre vedono una variazione tra
citosina e timina.
Gli SNPs possono presentarsi all’interno di una sequenza codificante di un gene, all’interno
di una regione intronica o in una regione intergenica.
Gli SNPs all’interno di un gene, in ogni caso, non necessariamente modificano la sequenza
amminoacidica codificata, dal momento che il codice genetico è degenerato. Uno SNP che
genera in tutte le sue forme lo stesso peptide è detto sinonimo (synonymous); in caso
contrario è detto non-sinonimo (non-synonymous).
Individuazione degli SNPs
Un metodo utile per individuare gli SNPs è la valutazione dei cosiddetti polimorfismi di
lunghezza dei frammenti di restrizione (Restriction fragment length polymorphisms) o
RFLP.
Se un allele contiene un sito di riconoscimento per un enzima di restrizione ed un altro no,
la digestione dei due alleli genererà due frammenti di dimensione differente.
In realtà oggi gli SNPs sono studiati principalmente attraverso i microarrays, che
permettono l’analisi simultanea di centinaia di diversi SNPs ed una veloce analisi elaborata
da un computer.
L’allele 2 ha una mutazione : A -> C
che elimina un sito di restrizione di EcoRI.
Trattando il DNA con l’enzima,
l’allele 2 non viene tagliato in quel sito
GAATTC
F
GACTTC
<-R
350
150
F-->
R
500
500
Sono mostrati due frammenti di restrizione ottenuti
con digestione con l’enzima EcoRI di due alleli
(1 e 2) di un gene.
350
150Potenzialità
degli SNPs
L’allele 1 è interrotto da un sito di taglio per
l’enzima EcoRI (GAATTC)
Loallele2
studio degli
molto utile poiché
variazioni
singoli di una singola
allele1SNPs èeterozigote
l’allele
2, a causaanche
di una di
mutazione
nucleotidi possono influenzare lo sviluppo
patologie
o la
risposta
ai
base,delle
non presenta
il sito
di taglio
(GACTTC).
patogeni, agli agenti chimici, ai farmaci. Per tale motivo gli SNPs possono
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5. ANALISI MOLECOLARE DEL DNA.
ESTRAZIONE DEL DNA.
Il DNA può essere estratto da qualunque cellula nucleata. I tipi cellulari più utilizzati sono
rappresentati dai leucociti di sangue periferico, colture cellulari (fibroblasti, amniociti,villi
coriali). L’isolamento del DNA richiede l’utilizzo di enzimi capaci di distruggere le membrane
cellulari e nucleari e di solventi organici in grado di separare le proteine dagli acidi nucleici.
Nella procedura classica di estrazione del DNA genomico, le cellule vengono lisate e
sottoposte a trattamento proteolitico con Proteinasi K, eliminata successivamente con
estrazioni fenoliche.Il DNA purificato viene precipitato in Etanolo.La determinazione
quantitativa della concentrazione del DNA estratto, calcolata in ng/µl, viene effettuata
mediante lettura spettrofotometrica valutando l’assorbanza del campione a 260 nm.
LA TECNICA DELLA PCR PER L’ANALISI DEI RFLP
L’introduzione della PCR, la tecnica che consente di amplificare selettivamente un tratto di
DNA, ha rivoluzionato la genetica molecolare e le sue applicazioni sono praticamente
infinite. Uno degli ambiti di utilizzo è la diagnosi di malattie genetiche mediante analisi di
RFLP. L’utilizzo della PCR semplifica molte cose. Ad esempio, la PCR consente di analizzare
uno specifico tratto di DNA, invece di dover lavorare su tutto il DNA nucleare di una
cellula,ossia sul DNA genomico.
La PCR (Polymerase Chain Reaction) è una tecnica di amplificazione in vitro di un
frammento di DNA di cui si conosca la sequenza nucleotidica delle regioni terminali.
Il principio è molto semplice. Data una sequenza di DNA genomico a doppio filamento e due
corte sequenze oligonucleotidiche (primer), di cui una complementare ad un tratto di
filamento a una estremità del DNA da amplificare (forward primer) e l’altra
complementare ad un altro tratto posto all’altra estremità (reverse primer), in presenza di
una DNA polimerasi termostabile e di una miscela di desossinucleotidi
trifosfati(dNTPs), in appropriate condizioni di reazione, è possibile copiare numerosissime
volte (30-40 volte) il tratto compreso tra i due primer, semplicemente facendo variare
ciclicamente la temperatura di reazione. Infatti, raggiunta la temperatura di denaturazione
(92-95°C), la doppia elica si apre (fase di denaturazione), rendendo disponibile lo stampo
per la sintesi delle catene complementari. Se la temperatura si abbassa, in virtù delle loro
minori dimensioni e della loro concentrazione, i primer si legheranno (fase di
appaiamento o annealing) al DNA stampo prima che si rinaturi e in presenza di una DNA
polimerasi con un optimum di temperatura elevato (circa 72°C), inizierà la sintesi di DNA a
partire dai primer (fase di sintesi del DNA o extension), procedendo lungo i filamenti
singoli. Al termine del primo ciclo di PCR da una doppia elica di DNA se ne ottengono due.
Ripetendo il ciclo denaturazione – annealing – extension numerose volte (in genere da 30 a
40 volte), si ottiene una massiccia amplificazione specifica di un dato tratto di DNA,
corrispondente a DNA in quantità tale da essere visualizzabile in un gel di agarosio mediante
colorazione specifica.
Il metodo di analisi del DNA mediante PCR presenta vantaggi molto evidenti:
1.
2.
3.
4.
è molto rapido (da 60 a 90 minuti),
la manualità è semplicissima,
è automatizzato,
i risultati sono visualizzabili con facilità.
Il limite più grosso è rappresentato dalla necessità di conoscere le sequenze
fiancheggianti il tratto di DNA che si vuole amplificare, per poter costruire i primer
specifici.
11
N° cicli N° molecole della sequenza
di DNA bersaglio
1
2
2
4
3
8
4
16
5
32
10
1.024
20
1.048.576
30
1.073.741.824
La PCR ha rivoluzionato la genetica molecolare.
Le applicazioni della PCR sono praticamente infinite.
I principali ambiti di utilizzo sono la diagnosi prenatale di
malattie genetiche
e le indagini di medicina legale.
I termociclatori
Il successo della PCR è dovuto in gran parte alla possibilità di
far avvenire l’intero processo in modo automatico all’interno di
strumenti detti termociclatori (thermal cyclers) in grado di
variare ciclicamente la temperatura tra le varie fasi di ogni
ciclo di PCR.
Un esempio di profilo di amplificazione standard impostato mediante
un termociclatore è il seguente:
1. denaturazione del DNA:
30 sec. a 94°C
2. appaiamento(annealing)deiprimer: 30 sec. a 50°-60°C 35 cicli
3. sintesi (extension)di DNA:
30 sec-5 min. a 72°C
Il successo della PCR è stato possibile grazie anche all’uso di una DNA polimerasi
termostabile estratta da batteri termofili (che vivono ad elevate temperature).
Una DNA polimerasi utilizzata nelle reazioni della PCR è la Taq polimerasi, estratta dal
batterio Thermus aquaticus.
L’isolamento di DNA polimerasi termostabili ha sollevato gli operatori dall’ingrato compito
di aggiungere enzima fresco ad ogni ciclo di reazione!
Scelta dei primer
Per ogni PCR, è necessario usare due primer (forward e reverse).
La scelta della coppia di primer è critica per una buona riuscita della PCR, ovvero per
ottenere l’amplificazione di un tratto di DNA in modo specifico.
I primer devono essere “disegnati” a monte e a valle dei siti di restrizione. Si tratta di
oligonucleotidi, con dimensioni comprese tra le 15 e le 30 basi che ibridano su filamenti
opposti in posizioni fiancheggianti la regione di interesse del DNA.
Per minimizzare la formazione di artefatti è importante che le loro sequenze non
contengano basi complementari (all’interno dello stesso primer o tra i due primer); inoltre la
Temperatura di fusione dei due oligonucleotidi deve essere identica o almeno molto vicina.
Digestione con enzimi di restrizione (ER)
Come abbiamo detto, gli ER sono endonucleasi che tagliano il legame fosfodiesterico nel
DNA a doppia elica a livello di sequenze specifiche (siti di restrizione). La digestione con ER
va condotta a 37°C in una soluzione tampone (fornita insieme all’enzima dal produttore)
che garantisce le condizioni ottimali (di salinità e pH) per la digestione. Il tempo di
incubazione varia a seconda se si digerisce DNA genomico o frammenti di DNA corti .Nel
primo caso la digestione richiede almeno 8 ore (o tutta la notte). Nel secondo caso sono
sufficienti da 1-4 ore. Gli ER sono reagenti costosi e delicati. Temono le contaminazioni
(usare precauzioni nel prelevare l’enzima dalla soluzione stock) e l’inattivazione (si devono
conservare a -20°C e, al momento dell’uso, mantenere sempre in un bagno di ghiaccio).
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Elettroforesi su gel di agarosio
E’ una tecnica che consente di separare in base alle loro dimensioni (peso molecolare)
molecole dotate di carica, facendole migrare su un gel in presenza di un campo elettrico. Il
gel può essere immaginato come una rete tridimensionale attraverso le cui maglie migrano
le molecole sotto l’azione di un campo elettrico. Il campo elettrico è generato da un
apparecchio, detto alimentatore.
Per separare molecole di DNA si usano gel di agarosio. Le molecole di DNA sono cariche
negativamente per la presenza di gruppi fosfato e migrano dal polo negativo (catodo) verso
il polo positivo (anodo). Per un certo intervallo di pesi molecolari, la velocità di migrazione è
funzione del loro peso molecolare: tanto più grande è la molecola di DNA, tanto minore è la
velocità di migrazione. E, viceversa, tanto più piccola è la molecola di DNA, tanto più
velocemente migra. Le molecole di DNA di diversa lunghezza vengono pertanto separate in
base alla diversa velocità di migrazione.
Per poter determinare la lunghezza delle molecole di DNA in esame separate mediante
elettroforesi, vengono “caricati” sul gel anche i cosiddetti marcatori di peso molecolare,
ossia una miscela di frammenti di DNA di cui è noto il peso molecolare. Confrontando la
posizione dei frammenti a peso molecolare noto con quella dei frammenti di DNA in esame,
è possibile calcolarne il peso molecolare, ossia la lunghezza. Dato che il peso molecolare di
un frammento di DNA è proporzionale al numero di coppie di nucleotidi (basi) che lo
costituiscono, di solito esso viene espresso in
paia di basi (bp). La separazione
elettroforetica dura circa 45 minuti circa. Al termine, i vari frammenti di DNA, essendo
incolori, possono essere visualizzati, con particolari sistemi di colorazione. Il DNA delle
diverse classi di peso molecolare è visibile sotto forma di bande distinte: sono le cosiddette
bande di DNA. Comunemente, per poter visualizzare il DNA, durante la preparazione del gel
si aggiunge all’agarosio il bromuro di etidio, una sostanza che ha la proprietà di legarsi al
DNA e di emettere fluorescenza se esposta a luce UV. Alla fine della corsa, le bande si
visualizzano esponendo il gel alla luce ultravioletta. Il bromuro di etidio va maneggiato con
estrema cautela in quanto è un agente intercalante del DNA e, come tale, ha proprietà
mutagene. Noi utilizzeremo il GEL RED, intercalante non tossico che non richiede
precauzioni particolari.
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6 . Attività di laboratorio
Individuazione del polimorfismo della Leptina
SNP rs 7799039
Un polimorfismo della leptina è stato associato ad alti livelli di leptina
in soggetti obesi e in soprappeso.
Il gene della Leptina sta sul cromosoma 7; è fatto di due esoni e 3 introni .
Il polimorfismo che noi andremo a considerare si trova nella regione del Promotore a
-2548 pb dal sito d’inizio della trascrizione.
E’ individuato con la sigla : SNP rs 7799039 e consiste nella possibile sostituzione
della GUANINA con l’ADENINA .
Il genotipo di un individuo potrà quindi essere :
•
GG (omozigote wild type)
•
GA (eterozigote)
•
AA (omozigote per il polimorfismo).
Nella popolazione europea le tre condizioni si presentano con la frequenza di :
A/A = 0,276
A/G =0,466
G/G = 0,259
STEP 1. ESTRAZIONE DI DNA DA MUCOSA BOCCALE
Raccolta del campione.
 Raccogliere in una provetta le cellule di sfaldamento della mucosa boccale ottenute
sfregando con uno stuzzicadenti e quindi sospese nella saliva. Il volume dovrebbe
essere di circa 5-7 ml.
 Centrifugare per 5 min. a 2500 rpm.
 Togliere il sopranatante. Le cellule saranno raccolte nel pellet sul fondo della
provetta.
Lisi delle cellule.




Aggiungere al pellet : 300 µl. di Lysis Solution , 1,5 µl di Proteinasi K.
Trasferire in una provetta da 1,5 ml.
Mescolare la provetta invertendola per 25 volte.
Incubare in un bagnetto a 55°C per 1 ora
Trattamento con RNasi
 Aggiungere 3 µl di RNasi
 Mescolare il campione invertendo la provetta 25 volte
 Incubare a 37°C per 50 min
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Precipitazione delle proteine
1. Mettere la provetta col campione in bagno di ghiaccio per 1 min
2. Aggiungere 100 µl di Protein Precipitation Solution al lisato cellulare
3. Vortexare vigorosamente ad alta velocità per 20’’per ottenere una miscela
uniforme.
4. Mettere la provetta in bagno di ghiaccio per 5’.
5. Centrifugare a 13,000xg per 3’.Le proteine precipitate dovrebbero formare un
sottile pellet bianco. Se questo non accade,ripetere i punti 3,4 e 5
Precipitazione del DNA
 Trasferire il sopranatante contenente il DNA(lasciando sul fondo il pellet del
precipitato proteico)in una provetta pulita da 1,5 ml contenente 300 µl di
Isopropanolo 100%(2-isopropanolo).
 Mescolare invertendo la provetta 50 volte e incubare a Temperatura ambiente per
almeno 5’. Il DNA può essere visibile ( o no) come un piccolo pellet bianco.
 Centrifugare a 13,000 xg per 5 min.
 Eliminare il sopranatante e asciugare la provetta su una carta assorbente pulita.
 Aggiungere 300 µl di Etanolo 70% e agitare la provetta più volte per lavare il DNA
 Centrifugare a 13,000 xg per 1’.
 Con molta attenzione eliminare l’Etanolo. Il pellet si può staccare, quindi versare
adagio e facendo attenzione a non perderlo.
 Agitare e asciugare su carta assorbente pulita e all’aria affinché evapori tutto
l’Etanolo.
Idratazione del DNA
 Aggiungere 20 µl di Hydration Solution.
 Incubare il campione a 65°C per 30 min.
 a Temperatura ambiente. Picchiettare ogni tanto la provetta per favorire la
dispersione del DNA.
 Conservare il DNA a 4°C , oppure a – 20 °C se deve essere conservato a lungo.
STEP 2. PCR
MIX per 25 µL di PCR
:
ACQUA
BUFFER
dnTP
F
R
MgCl2
TAQGold
Lavorare in
ghiaccio !
15.88 µL
2.5 µL
2.5 µL
1.0 µL
1.0 µL
1.5 µL
0.12 µL
------------23
µL
Campione di DNA : 2 µL
Ogni gruppo ha a disposizione :
- una provetta con la mix
- una provetta contenente il DNA
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PCR MIX
DNA
Mettere la provetta contenente Mix+ DNA nel termociclatore e iniziare il programma:
DENATURAZIONE del DNA
DENATURAZIONE
APPAIAMENTO (annealing)
SINTESI(extension)
SINTESI Finale
95°C per 9’
94°C per 45’’
60°C per 45’’
72°C per 45’’
72°C per 5’
per 35 volte
Alla fine della PCR i
prodotti di reazioni si
conservano a 4°C per
24 h.
Il tempo di durata è di circa 2 ore.
STEP 3. PREPARAZIONE DEL GEL DI AGAROSIO AL 2%
Sciogliere l’Agarosio nella beuta con la soluzione tampone TAE.
 Far bollire la soluzione nel microonde agitando di tanto in tanto fino a quando questa
non diventa trasparente.
 Quando la soluzione è tiepida, ma non ancora gelificata, aggiungere l’intercalante del
DNA, GelRed, 3 µL.
 Preparare la vaschetta per elettroforesi con bordi di nastro adesivo e inserire il pettine.
 Versare la soluzione di Agarosio nella vaschetta per elettroforesi e lasciare polimerizzare
(solidificare).
 Nell’attesa, fare delle prove di caricamento dei pozzetti del gel,utilizzando gel già pronti,
con 10 µL di colorante
 Togliere il pettine quando il gel sarà solidificato.
 Tagliare un pezzetto di gel necessario per caricare la PCR.
 Versare il tampone TAE nella camera di corsa
STEP 4. CHECK PCR
L’esito della PCR viene valutato con un check prelevando
5 di PCR + 2 µL colorante
e facendo una elettroforesi di 10 min.
Colorante: loading dye
10x:
Blu di bromofenolo 0,41%
Glicerolo 50%
Glicerolo 50%
 Su un pezzetto di plastica del microfilm posizionare le gocce di 2 µL di colorante.
 Prelevare con la micropipetta 5 µL di amplificato di PCR e mescolarlo con la goccia di
colorante.
Blu di bromofenolo
 Caricare con la miscela un pozzetto nel gel immerso 0,41%
nella vaschetta
 Caricare un pozzetto con un marcatore di 100 pb.
Glicerolo
50%
 La corsa elettroforetica dura 10 min e serve per sapere
se il DNA
si è amplificato.
 Al termine della corsa,si prende il gel e lo si osserva al transilluminatore.
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STEP 5. DIGESTIONE ENZIMATICA
Lavorare in bagno
Di ghiaccio
Bisogna preparare una mix per la reazione di digestione
Mix per 5 µL :
Acqua
Buffer 4
BSA
Hha1
2
2,5
0,3
0,2
µL
µL
µL
µL
 Aggiungere la mix alla provetta contenente 20 µL di PCR.
 Il Volume totale sarà di 25µL.
 Trasferire la provetta in termostato a 37°C almeno per 2 ore.
STEP 6. ELETTROFORESI DEL CAMPIONE DIGERITO
Si procede come nel check della PCR. Si prepara la cella elettroforetica e il gel di
agarosio
Si posizionano le gocce di 5 µL. di colorante su un pezzo di plastica di microfilm.
Si prelevano 20 µL di campione digerito con la micropipetta e si mescolano con la goccia
di colorante.
Si trasferisce il prelievo in un pozzetto di gel immerso nel tampone all’interno della
vaschetta per la corsa elettroforetica, facendo attenzione a non bucare il fondo del
pozzetto e a non far uscire il campione fuori dal pozzetto.
In un pozzetto si mettono 2µL. di marker di 100 pb.
In un pozzetto si mette un campione non digerito con 5µL di colorante
Si accende l’interruttore del power fissando il voltaggio a 120 Volt
Osservare la migrazione del loading dye per valutare la migrazione del DNA che,essendo
incolore,non si può vedere.
Al termine della corsa, si prende il gel e lo si osserva al transilluminatore
7. Strumentazione e materiale a disposizione
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provette eppendorf, portaprovette
micropipettatrici P20, P200, puntali per micropipette
termociclatore, centrifuga
power supply (alimentatore), vaschetta e pettine per elettroforesi
beuta, becker, cilindro graduato, spatola
bagnomaria
carta, contenitori per ghiaccio
guanti monouso, camice
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SITI WEB:
-
http://genome.ucsc.org
http://ensambl.org
http://ncbi.org
http://omim.org
8. BIBLIOGRAFIA
1.A.Nieters,N.Becker,J.Linseisen. Polymorphisms in candidate obesità genes and their interaction with dietary
intake of n-6 polynsatured fatty acids affect obesità risk in a sub-sample of the EPIC-Heidelberg cohort .Eur J Nutr
2002
2. T.Wang,M.Huang,W.Chang,A.Shan Ko, E.Tsai,C.M.Lee,Y.Ko. G-2548A Polymorphism of the Leptin Gene is
correlated with Extreme Obesità in Taiwanese Aborigines.Obesity2006
3.D.M.Muoio,G.L.Dohm.Peripheral metabolic actions of leptin. Best Practice & Clinical Endocrinology and
Metabolism.2002
4. J.M.Friedman.Leptin at 14y of age : an ongoing story.Am J Clin Nutr.2009
5. C.Ragin,C.Dallal,M.Okobia,F.Modugno,J.Chen,S.Garte,E.Taioli. Inf.Agent Cancer 2009.
6. N.Isse,Y.Ogawa,N.Tamura,H.Masuzaki,K.Mori,T.Okazaki,….Structural Organisation and Chromosomal
Assignement of the Human obese Gene.J Biol Chemistry.1995
9.GLOSSARIO.
Annealing
Elettroforesi
Enzima
Enzimi di
restrizione
Fenotipo
(appaiamento) formazione di molecole ibride di acidi nucleici basata sulla complementarietà
delle basi.
tecnica che consente di separare molecole caricate elettricamente, mediante la migrazione
in un campo elettrico.
proteina che catalizza (accelera) una specifica reazione chimica di una via metabolica in
un sistema vivente. Ha azione specifica, in quanto riconosce il substrato su cui agire.
chiamati anche endonucleasi di restrizione o “forbici” molecolari : sono enzimi che
tagliano il DNA a doppia elica (e non quello a singolo filamento!) in corrispondenza di
specifiche sequenze nucleotidiche, dette siti di restrizione
insieme delle caratteristiche visibili di un organismo, che risultano dall’interazione tra
genotipo e ambiente.
Frammenti di
restrizione
frammenti provenienti da una molecola di DNA più lunga per digestione con
enzimi di restrizione
Gene
unità ereditaria funzionale corrispondente generalmente al segmento di DNA che codifica
una proteina.
patrimonio genetico di una cellula o di un organismo.
costituzione genetica di un organismo.
Genoma
Genotipo
Isoforma.
Locus
Un tempo si riteneva che ogni gene codificasse per un unico prodotto polipeptidico o molecola
di RNA, mentre oggi si sa che la maggioranza di geni umani specifica 2 o più forme alternative
di proteine.
( plurale loci) posizione fissa su un cromosoma occupata da un dato gene. Nel liguaggio comune
il termine viene spesso usato come sinonimo di gene.
Marcatore genetico qualsiasi differenza fenotipica, controllata geneticamente, utilizzata nell’analisi genetica
Oligonucleotide corta molecola di DNA (o RNA) a singolo filamento, costituita da poche decine di basi,
ottenuta artificialmente e utilizzata in esperimenti di ibridazione molecolare e nella PCR
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PCR (polymerase
chain reaction) tecnica di biologia molecolare utilizzata per amplificare in breve tempo segmenti
specifici di DNA
Polimorfismo
esistenza di forme diverse di: alleli (polimorfismo allelico), proteine (polimorfismo
proteico), DNA (polimorfismo del DNA).
Polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP)
Restriction Fragment Length Polymorphism (lunghezza variabile dei frammenti di restrizione).
Polimorfismo del DNA, che si evidenzia trattando cromosomi omologhi con enzimi di
restrizione. Determinato da una differenza di una base tra due DNA omologhi, differenza che
causa la presenza o assenza di un sito di restrizione per uno specifico enzima di restrizione, e
quindi frammenti di diversa lunghezza dopo trattamento con quell’enzima.
Primer
corta catena polinucleotidica, a DNA o RNA, alla quale vengono aggiunti nuovi
nucleotidi nel corso della sintesi di DNA. Noto anche con il termine di innesco. Nella PCR si
utilizza una coppia di primer.
Promotore
regione del DNA a cui si lega la RNA-polimerasi per avviare la trascrizione del gene(cioè
la sintesi dell'RNA-messaggero). Funziona come un "interruttore molecolare" che
"accende" o "spegne" il gene. regioni di controllo sequenze del DNA che attivano e regolano
l'espressione di un gene. La loro presenza è pertanto necessaria per la corretta e efficace espressione
del gene.
RNA-messaggero
(mRNA)
copia a singolo filamento della sequenza nucleotidica di un gene, che trasporta ai ribosomi
l'informazione per la sintesi (traduzione) della proteina corrispondente.
Splicing del RNA processo in cui le sequenze introniche sono eliminate dai trascritti primari di RNA nel
nucleo durante la trascrizione, per dar luogo alla produzione di molecole di mRNAmaturo.
Splicing
alternativo
assemblaggio differenziale di esoni durante la maturazione dell’RNA.
Si stima che più del 60% dei geni umani produca 2 o più proteine mediante questo
meccanismo. Molti esoni specificano domini proteici strutturali distinti che possono essere
combinati in modo diverso nelle cellule dei diversi tessuti nei quali il gene è espresso..si
ottengono così isoforme tessuto-specifiche.
Sequenze
palindromiche sequenza nucleotidica che è identica al suo filamento complementare quando entrambi
vengono letti nella stessa direzione chimica (es 5'-->3'). Esempio GATC.
Siti di restrizione sequenza di basi ben determinata riconosciuta e tagliata dagli enzimi di restrizione in
modo da lasciare corte sequenze a singola elica, dette estremità coesive poiché le loro
basi sono complementari.
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