- Fonti teoriche e disciplinari della CNV: filosofia, antropologia

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- Fonti teoriche e disciplinari della CNV: filosofia, antropologia, linguistica, linguaggio dei
segni, psicologia, psicoanalisi, prossemica, didattica, metodologia, ecc.
- Evidenziare il dato psicologico e quello culturale della CNV: le prime forme di
comunicazione dell'uomo (al momento della nascita e per parte dell'infanzia) sono nonverbali.
- Definizione della CNV: "La CNV può dirsi quella parte della comunicazione umana che,
non utilizzando la parola, ha un suo gradiente espressivo comprensibile, in modo più o
meno marcato, secondo diverse variabili. E' innata ed appresa, pertanto ha caratteristiche
psicologiche e culturali di rilievo".
LA COMUNICAZIONE UMANA
La comunicazione è una conditio sine qua non della vita umana e dell'ordinamento
sociale e ovviamente ogni essere umano è coinvolto nell'acquisizione delle regole che lo
governano, pur essendo in minima parte consapevole.
Un'importante teoria (che utilizza i concetti teorici della cibernetica e della Teoria
Generale dei Sistemi) è la Pragmatica della Comunicazione Umana, elaborata da studiosi
(afferenti da varie discipline scientifiche) americani.
La PGU estende i modelli della comunicazione umana basandola su un modello
delle relazioni umane in quanto "sistemi".
Per
uno
studio
sistematico
della
comunicazione è importante sottolineare i tre principali aspetti: sintassi, semantica e
grammatica.
La sintassi si occupa di problemi inerenti la trasmissione dell'informazione
(codificazione, decodificazione, ridondanza, ecc.) senza interessarsi del significato dei
simboli del messaggio, compito che invece riguarda la semantica. La pragmatica si
occupa dell'effetto che ha l'informazione sul comportamento.
Cos'è l'informazione?
La parola latina informare dalla quale deriva informazione significa dare una forma,
organizzare, dare un ordine, oltre che rappresentare, presentare, creare un'idea o
emozione. (Definizione etimologica).
In senso più tecnico (cioè riferita alle questioni della comunicazione umana) si può
dire che l'informazione trasportata da un particolare messaggio dipende dall'insieme da cui
tale messaggio proviene. L'informazione trasmessa non è una proprietà intrinseca del
singolo messaggio. Ciò vuol dire che l'informazione è qualcosa di diverso dal significato
che è il contenuto dell'informazione. L'informazione può essere definita come il grado di
libertà esistente in una situazione data di scegliere tra segnali, simboli, messaggi o modelli
che devono essere trasmessi.
Ciò significa che per valutare correttamente l'informazione e cioè per "capirne" il
significato è necessario tenere presente il contesto che regola lo scambio d'informazione.
Tenere presente il contesto significa avere presenti molte più variabili (ES. L'UOMO CHE
GIRA IN GONNELLA), allargare il campo d'osservazione.
Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo d'osservazione non è abbastanza
ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica. Se l'osservatore non si rende
conto del viluppo di relazioni tra un evento e la matrice in cui esso si verifica, tra un
organismo e il suo ambiente, o è posto di fronte a qualcosa di "misterioso" oppure è
indotto ad attribuire al suo oggetto di studio certe proprietà che l'oggetto non può avere.
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CREAZIONE DELLO SPAZIO-TEMPO
La creazione dello spazio si riferisce ad un significato di tipo mentale e relazionale:
è lo spazio che c’è tra individui che formano un gruppo, ovvero individui legati uno all’altro
da molte cose che hanno in comune. Lo spazio comune dei membri del gruppo è
strettamente legato al sentimento di appartenenza e ad una differenziazione tra ciò che è
gruppo e ciò che non lo è. La creazione dello spazio comune del gruppo è favorita da
alcune esperienze sensoriali, emotive e mentali che i bambini fanno nel corso degli
incontri. Eccone alcune:
 la presenza fisica delle persone sedute in cerchio che delimitano uno spazio;
 la percezione che alcune sensazioni seguano ritmi del gruppo, e non individuali, come
se il gruppo riuscisse a regolare in sé i propri equilibri;
 avvertire che i pensieri e le emozioni possono circolare in un contesto più vasto di
quello che i membri assegnano ai propri vissuti, quando pensano da soli.



“Secondo Anzieu, un gruppo è un involucro che tiene insieme degli individui. Finché
questo involucro non si è costituito, si tratta di un aggregato umano, ma non di un
gruppo. Un involucro che racchiude i pensieri, le parole e le azioni, permette al gruppo
di costituire uno spazio interno (che procura un sentimento di libertà e che garantisce il
mantenimento degli scambi all’interno del gruppo) e una sua temporalità (che
comprende un passato da cui il gruppo fa derivare la propria origine) e un avvenire in
cui progetta di perseguire le sue mete” (da C. Neri, Il gruppo, Borla editore, p. 58).
Questo campo è l’oggetto immediato di osservazione. Ogni gruppo è caratterizzato da
un setting specifico. Il setting è una struttura spazio-temporale che regola l’atmosfera
del gruppo. A questi si aggiunge la transazione verbale. Tuttavia, il setting resta il
primo elemento su cui si fonda il processo di costruzione dell’identità collettiva; in cui
cresce e si potenzia l’autostima, la fiducia in se stessi e negli altri. Lo spazio è relativo
al luogo in cui si svolgono gli incontri:
l’arredamento e la sua disposizione nello spazio;
il tipo di illuminazione;
presenza di ulteriori elementi introdotti dal terapeuta.
L’assenza o variazione di uno di essi può causare la rottura degli equilibri (talvolta
precari) che lentamente si è cercato di costruire nel gruppo. In tal caso non si sente più
protezione.
Il tempo è relativo alla durata dell’incontro, la quale deve essere costante, per
garantire continuità terapeutica, ma soprattutto circoscrivere la cornice contenitiva. Il
tempo assume un significato più denso se si riferisce alla dimensione “interna” di esso,
in ciascun membro del gruppo, compreso il terapeuta. Si tratta dei tempi tesi
all’ascolto; all’attivazione del sé per la sintonizzazione con gli altri; tempi per
l’elaborazione dell’esperienza. Ciascuno vive ed interpreta io tempo in modo
assolutamente personalizzato. Il tempo del gruppo è la sintesi dei tempi di ognuno.
Ogni membro conosce i riti dell’espressione temporale degli altri, perciò se uno solo
cambia stile, si ribella, o semplicemente, altera i ritmi abituali, l’intero gruppo avverte il
cambiamento in maniera traumatica. Spazio e tempo favoriscono il processo
terapeutico. Il setting costante, regola il limite tra “mondo interno” e “mondo esterno”.
“La parola ‘interno’, in questo caso, si applica principalmente al Venerdì tre e
secondariamente al capo, alle membra ed alle altre parti del corpo. L’individuo tende a
collocare gli avvenimenti della fantasia all’interno e ad identificarli con le cose che
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avvengono dentro al corpo. Questo mondo interno è normalmente un mondo animato,
di movimenti e di sentimenti, ma può anche essere tenuto inattivo, se temuto” (D.
Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1995, p. 45.
L’equilibrio del mondo interno in relazione al mondo esterno si realizza nella
funzione confine (setting): ovvero, il gruppo sa fin dove può esporsi, trasferire e affidare
agli altri i propri vissuti e quando, invece non può. E’ la cosiddetta “funzione pelle
mentale” (espressione coniata da C. Neri) che entra in azione come difesa dell’Io. I
vissuti si raccontano, conquistando gradualmente la fiducia, man mano si arricchisce il
campo storico del gruppo. Il campo del gruppo (il qui ed ora) risultante delle fantasie,
delle immagini mentali, delle emozioni del momento assumono maggiore forza e valore
col tempo. Ad ogni incontro si depositano: storie, relazioni affettive, vicende
emozionali, che determinano gli sviluppi futuri del gruppo stesso. Questa memoria
storica in parte è consapevole e in altre inconsapevole; da un punto di vista risulta
propulsiva, dall’altro è inibitrice. E’ compito del conduttore proteggere il setting “tenere
aperti gli spazi di elaborazione, nel permettere che il gruppo si muova tra ragione ed
emozione, tra il vivere una situazione di paura e l’impedire che la paura diventi panico”
(C. Neri, op. cit., p. 87)
CAMPO RELAZIONALE
Uno dei cambiamenti epistemologici più importanti di questi ultimi vent'anni - non
solo per la psicologia - consiste nell'abbandonare le visione meccanicistico - causale dei
fenomeni che ha dominato le scienze fino ad oggi per accedere ad una visione sistemica.
L'oggetto di studio non è più, soltanto, l'intrapsichico individuale, ma il sistema relazionale
di cui l'individuo fa parte.
Anche in psicoanalisi - disciplina scientifica che studia l'intrapsichico per eccellenza
- si parla da qualche anno di campo relazionale analista - paziente.
ASSIOMI DELLA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA.
A) L'IMPOSSIBILITA’ DI NON COMUNICARE.
Il comportamento non ha un suo opposto, ovvero non esiste un qualcosa che sia un
non - comportamento o, ancora, non è possibile non avere un comportamento.
Ora se si accetta che l'intero comportamento in una situazione di interazione ha
valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi,
non si può non comunicare.
L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio:
influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste
comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. (ES. DELL'UOMO CHE LEGGE IL
GIORNALE IN TRENO ...).
1° ASSIOMA: NON SI PUÒ NON COMUNICARE.
Occorre
accennare,
metacomunicazione
a
questo
punto,
qualcosa
a
proposito
della
B) LIVELLI COMUNICATIVI DI CONTENUTO E DI RELAZIONE.
Ogni comunicazione implica un impegno e perciò definisce la relazione e cioè, in
altro modo, una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso
impone un comportamento.
È possibile usare il termini inglesi di report (notizia) e di command (comando).
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L'aspetto di notizia di un messaggio trasmette informazione ed è quindi sinonimo
nella comunicazione umana del contenuto del messaggio.
L'aspetto di comando si riferisce al tipo di messaggio che deve essere assunto e
perciò, in definitiva, alla relazione tra i comunicanti.
Le relazioni solo di rado sono definite con piena consapevolezza, certo molto
dipende dalla definizione del contesto ma è importante sottolineare come la definizione
della relazione dipenda anche dalle regole che ci si dà (ES. SETTING ANALITICO,
SETTING SCOLASTICO).
2° ASSIOMA: OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E UN
ASPETTO DI RELAZIONE DI MODO CHE IL SECONDO CLASSIFICA IL PRIMO ED È
QUINDI METACOMUNICAZIONE.
C) LA PUNTEGGIATURA DELLA SEQUENZA DI EVENTI.
Cenni sulla definizione della punteggiatura con riferimento al concetto di circolarità.
Non si tratta di discutere se la punteggiatura della sequenza di comunicazione è in
genere buona o cattiva, anche se dovrebbe essere subito evidente che la punteggiatura
organizza gli eventi comportamentali ed è quindi vitale per le interazioni in corso.
La nostra cultura ci fa condividere molte convenzioni della punteggiatura che, pur
non essendo più esatte né meno esatte di altri modi di considerare gli stessi eventi,
servono a organizzare sequenze interattive comuni e importanti. Per esempio, diamo il
nome di "leader" a una persona che si comporta in un certo modo in un gruppo e
chiamiamo "seguace" un'altra persona, sebbene a pensarci bene è difficile dire quale dei
due viene per primo o quale sarebbe la posizione dell'uno se non ci fosse l'altro.
Alla radice di innumerevoli conflitti di relazione c'è un disaccordo su come
punteggiare la sequenza di eventi (ES. CONFLITTI POLITICI O GUERRE)
LUI SI CHIUDE IN SE STESSO  LEI BRONTOLA  LUI SI CHIUDE IN SE
STESSO  LEI BRONTOLA 
3° ASSIOMA: LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA
DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE TRA I COMUNICANTI.
D) COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICA.
Nella comunicazione umana si hanno due possibilità del tutto diverse di far
riferimento agli oggetti (in senso esteso): o rappresentarli con un'immagine (come quando
si disegna) oppure dar loro un nome.
Questi due modi di comunicare sono rispettivamente ai concetti di analogico e di
numerico.
Quando usiamo una parola per nominare una cosa è evidente che il rapporto tra il
nome e la cosa nominata è un rapporto stabilito arbitrariamente (ES. GATTO, TAVOLO,
CINQUE), ciò avviene, chiaramente, nella modalità numerica della comunicazione.
D'altra parte, nella comunicazione analogica c'è qualcosa che è specificatamente
"simile alla cosa" (per esempio in un disegno o in un gesto). Nella comunicazione
analogica si può far riferimento con maggiore facilità alla cosa che si rappresenta.
Cos'è, praticamente, la comunicazione analogica?
È ogni comunicazione non verbale.
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Occorre però chiarire che questo termine è ingannevole in quanto bisogna
definire bene cos'è la comunicazione non verbale perché spesso se ne limita l'uso al solo
movimento del corpo, al comportamento noto come cinesica. Piuttosto, è anche le
posizioni del corpo, i gesti, l'espressione del viso, le inflessioni della voce, la sequenza, il
ritmo e la cadenza delle stesse parole, e ogni altra espressione non verbale di cui
l'organismo sia capace, come pure i segni della comunicazione immancabilmente presenti
in ogni contesto in cui ha luogo un'interazione (organizzazione dello spazio, arredamento,
ecc.).
Il linguaggio numerico ha un'importanza particolare perché serve a scambiare
informazione sugli oggetti e anche perché ha la funzione di trasmettere la conoscenza di
epoca in epoca. C'è però tutto un settore in cui facciamo assegnamento quasi
esclusivamente sulla comunicazione analogica, spesso discostandoci assai poco dalla
eredità che ci hanno trasmesso i nostri antenati mammiferi. È questo il settore della
relazione. Infatti ogni volta che la relazione è il problema centrale della comunicazione, il
linguaggio numerico è pressoché privo di significato.
Il materiale del linguaggio numerico ha un grado di complessità, di versatilità e di
astrazione molto più elevato di quello analogico. Anzitutto occorre precisare che la
comunicazione analogica non ha nulla di confrontabile alla sintassi logica del linguaggio
numerico. Il che vuol dire che nel linguaggio analogico non c'è nulla che equivalga agli
elementi del discorso tipo "se-allora", "o-o" e molti altri. L'espressione di concetti astratti è
difficile, se non impossibile, come lo era nella primitiva scrittura ideografica, dove ogni
concetto si può rappresentare soltanto con la sua immagine fisica. Inoltre, sia nel
linguaggio analogico che nel computo analogico manca la semplice negazione, cioè
un'espressione che sostituisca il "non".
In breve, se si ricorda che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di
relazione, è lecito aspettarsi che i due moduli di comunicazione non soltanto coesistano
ma siano reciprocamente complementari in ogni messaggio. È pure lecito dedurre che
l'aspetto di contenuto ha più probabilità di essere trasmesso con un modulo numerico,
mentre in natura il modulo analogico avrà una netta predominanza nella trasmissione
dell'aspetto di relazione.
4° ASSIOMA: GLI ESSERI UMANI COMUNICANO SIA CON IL MODULO NUMERICO
CHE CON QUELLO ANALOGICO. IL LINGUAGGIO NUMERICO HA UNA SINTASSI
LOGICA ASSAI COMPLESSA E DI ESTREMA EFFICACIA MA MANCA DI UNA
SEMANTICA ADEGUATA NEL SETTORE DELLA RELAZIONE, MENTRE IL
LINGUAGGIO ANALOGICO HA LA SEMANTICA MA NON HA ALCUNA SINTASSI
ADEGUATA PER DEFINIRE IN UN MODO CHE NON SIA AMBIGUO LA NATURA
DELLE RELAZIONI.
5° ASSIOMA: TUTTI GLI SCAMBI DI COMUNICAZIONE SONO SIMMETRICI O
COMPLEMENTARI, A SECONDA CHE SIANO BASATI SULL'UGUAGLIANZA O SULLA
DIFFERENZA.
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