appartenenza ad una chiesa sui iuris

APPARTENENZA AD UNA CHIESA SUI IURIS
Introduzione. La questione dell’appartenenza di un fedele ad una Chiesa sui iuris, per
la Chiesa cattolica, era e continua ad essere un tema importante (sia dal punto di vista
teologico che ecumenico e disciplinare) ed attuale (basti pensare alle problematiche inerenti
la cura pastorale degli immigrati orientali cattolici nei territori tradizionalmente latini,
problematiche legate, per citarne alcune, al battesimo dei loro figli o al diritto di rendere culto
divino secondo le prescrizioni della propria Chiesa sui iuris). Dall’appartenenza dipende la
condizione canonica dei fedeli che si esprime nei vari atti giuridici che essi compiono nella
Chiesa cattolica.
Le acquisizioni sull’appartenenza ecclesiastica dei fedeli sono il frutto di un lungo
percorso cominciato con Benedetto XIV, confermato nel CIC/17 e nel m. p. Cleri sanctitati,
fino ad arrivare al decreto conciliare OE, percorso che, inizialmente, era legato alla questione
del rito tramite il quale veniva amministrato il Battesimo. Il cambiamento del concetto di rito
ed il valore ecclesiastico riconosciuto alle Chiese cattoliche orientali durante il Concilio
Vaticano II trovano una definizione completa sia nel CIC 83 (can. 111 e can. 112) che nel
CCEO (cc. 29-32; cc. 39-41 CCEO).
I
Principio del “ritualismo”
La legislazione attuale della Chiesa cattolica, espressa nei due Codici (latino e
orientale), ha preferito cambiare completamente il modo con il quale un fedele comincia ad
appartenere ad una Chiesa sui iuris. La legislazione ecclesiastica del passato, infatti,
sottolineava e attribuiva valore giuridico al rito liturgico, come punto determinante della
futura condizione canonica del fedele (CIC/17, can. 98 § 1 e m. p. Cleri sanctitati, cc. 6-15).
Con il Vaticano II il concetto di rito si allarga e comincia a non comprendere più soltanto la
liturgia, diventando così il punto di riferimento dell’identità di ciascuna Chiesa sui iuris (OE,
3 e can. 28 § 1 CCEO).
Ambedue i Codici, quindi, basandosi sul recente insegnamento della Chiesa cattolica,
affermano che, con l’amministrazione del battesimo, il fedele comincia ad appartenere non al
rito, secondo il quale è stato battezzato (perché il rito non è una persona giuridica, bensì il
patrimonio liturgico, teologico, spirituale, disciplinare), ma alla Chiesa sui iuris
(raggruppamento dei fedeli, gerarchia propria, riconoscimento dalla suprema autorità della
Chiesa cattolica) alla quale appartengono i suoi genitori. Il Supremo Legislatore stabilisce
anche che il rito del battesimo deve corrispondere al rito della Chiesa sui iuris alla quale il
battezzando deve essere ascritto e non viceversa (can. 846 CIC; can. 674 CCEO).
II
L’appartenenza ad una Chiesa sui iuris
Innanzitutto è necessario precisare che ogni fedele cattolico appartiene ad una Chiesa
sui iuris. Questa appartenenza può realizzarsi in vari modi: tramite il battesimo; il passaggio
da una Chiesa sui iuris ad un’altra; o tramite l’unione con la Chiesa cattolica. Appartenere alla
Prof. Andriy Tanasiychuk
Chiesa cattolica significa essere fedele di una delle 23 Chiese sui iuris (1 Chiesa latina + 22
Chiese orientali cattoliche). Dall’essere fedele di una specifica Chiesa sui iuris dipende anche
la propria condizione canonica che viene regolata dal diritto canonico della Chiesa sui iuris di
appartenenza (can. 1 CCEO) e che incide anche sulla modalità di esercizio del culto divino
(can. 17 CCEO). Dunque, se il fedele è un fedele latino si applica il Codice di Diritto
Canonico (CIC/83), se invece è un fedele orientale cattolico si applica il Codice dei Canoni
delle Chiese Orientali.
1). ascrizione originaria
a). il figlio minore di 14 anni (can. 29 CCEO; can. 112 CIC)
Can. 29 § 1. Il figlio che non ha ancora compiuto il quattordicesimo anno di età, col
battesimo è ascritto alla Chiesa sui iuris a cui è ascritto il padre cattolico; se invece
solo la madre è cattolica oppure se entrambi i genitori lo richiedono con volontà
concorde è ascritto alla Chiesa sui iuris a cui la madre appartiene, salvo restando il
diritto particolare stabilito dalla Sede Apostolica.
Questo è il primo modo tramite il quale viene stabilita l’appartenenza giuridica del
fedele ad una Chiesa sui iuris. Esso include i tre elementi costitutivi che determinano il futuro
stato canonico del fedele: la ricezione del battesimo; l’ascrizione dei genitori, o la loro
volontà, o l’ascrizione alla Chiesa del padre del battezzando; l’età non superiore ai 14 anni per
il battezzando.
L’elemento essenziale dell’ascrizione originaria è la ricezione del battesimo (A). È
opportuno ricordare che il Legislatore, ancora una volta, non intende sottolineare il rito
liturgico tramite il quale viene amministrato il battesimo, ma piuttosto il fatto che, attraverso
il sacramento ricevuto, il battezzando diventa membro della comunità ecclesiastica ed è
quindi sottoposto alla giurisdizione di una Chiesa. Giurisdizione che può essere sia territoriale
che personale (appartenenza ad una parrocchia territoriale o personale - can. 280 § 1 CCEO).
Un altro elemento costitutivo (B) è l’appartenenza ecclesiastica dei genitori. Il primo
soggetto considerato è il padre del battezzando.
– l’appartenenza ecclesiastica del padre. La redazione del can. 29 § 1 CCEO è molto
diversa dal corrispondente can. 111 § 1 CIC, perché sottolinea il ruolo primario che
l’ascrizione del padre esercita sull’ascrizione del proprio figlio. Certamente questo avviene
quando il padre è cattolico. In questo modo il Supremo Legislatore ha desiderato dare valore
alle consuetudini, che ancora oggi sono molti forti, ed agli Statuti personali nei paesi orientali,
che sottolineano la prevalenza del padre nelle questioni che riguardano lo stato canonico dei
propri figli.
– questione della madre. Nonostante il canone sottolinei il ruolo determinante del
padre nell’ascrizione ad una Chiesa sui iuris, esistono due eccezioni a favore della madre. La
prima eccezione si ha nel caso in cui solo la madre sia cattolica. Per esempio, in presenza di
un matrimonio misto, in cui la madre è greco-cattolica ucraina e il padre è un fedele ortodosso
ucraino, il figlio viene ascritto alla Chiesa della madre, sempre che il padre non sia contrario.
Questa eccezione si fonda sulla promessa di fare tutto il possibile affinché i figli siano
2
Prof. Andriy Tanasiychuk
battezzati ed educati nella Chiesa cattolica (can. 814, 1°-2° CCEO) che la parte cattolica deve
fare per ottenere dal Gerarca del luogo la licenza per celebrare il matrimonio con una parte
acattolica.
La seconda eccezione vede come determinante per l’ascrizione dei figli che entrambi i
genitori siano cattolici ma appartengano a diverse Chiese sui iuris. Per esempio, nell’ipotesi
di matrimonio interecclesiale (due cattolici appartenenti a diverse Chiese sui iuris), se la
madre è greco-cattolica romena e il padre latino romeno e c’è comune accordo tra i genitori, il
figlio viene ascritto alla Chiesa della madre. Altrimenti alla Chiesa sui iuris del padre.
Quando si parla di appartenenza ecclesiastica alla Chiesa sui iuris del padre o della
madre è necessario tener presente un altro elemento importante: il fatto che il battezzando non
abbia ancora compiuto i quattordici anni di età. Solo in questo caso l’appartenenza alla Chiesa
dell’uno o dell’altro genitore ha valore determinante per l’ascrizione del figlio.
Il can. 29 § 1 CCEO contiene una clausola che è stata aggiunta a questo canone come
“frutto” di una grande discussione avutasi durante i lavori preparatori del CCEO. Questa
discussione riguardava il diritto, concesso alla madre, di vedere il figlio ascritto alla propria
Chiesa sempre che vi fosse comune accordo tra i genitori (nel caso del matrimonio
interecclesiale). L’ipotesi alla base della discussione riguardava il caso in cui la madre, fedele
della Chiesa latina, cerchi di far valere pienamente il diritto di ascrivere il figlio alla propria
Chiesa. Tanti consultori orientali erano contrari a questa eventualità, motivando la propria
preoccupazione con il fatto che tale concessione avrebbe causato la diminuzione dello
sviluppo delle Chiese orientali cattoliche esistenti nei territori di tradizione latina. Inoltre, nel
matrimonio interecclesiale dove il padre è orientale cattolico e la madre latina, questa ipotesi
poteva influenzare le decisioni dei genitori nella scelta della Chiesa sui iuris per i propri figli,
che nella maggioranza dei casi sarebbe stata in favore della Chiesa latina. Infatti, quest’ultima
è “numericamente predominante nel cattolicesimo e sparsa in tutto il mondo, anche in
Oriente, dove esistono ed operano diocesi e istituzioni culturali latine che esercitano
effettivamente un notevole influsso culturale presso gli orientali, cattolici ed ortodossi”.
La clausola aggiunta al can. 29 § 1 «salvo restando il diritto particolare stabilito dalla
Sede Apostolica» si riferisce pertanto a due principali questioni: la prima è di non permettere
al marito di ascriversi alla Chiesa della moglie tramite il passaggio da una Chiesa sui iuris ad
un'altra, e la seconda è di mantenere il principio che il figlio venga ascritto sempre alla Chiesa
del padre cattolico se questo risulti utile per la disciplina nella Chiesa e se le varie circostanze
particolari lo richiedano.
Casi particolari (can. 29 § 2, 1-2 CCEO)
Nel § 1 del can. 29 si fa riferimento ad una situazione ordinaria, normale dove il figlio,
presentato per ricevere il battesimo, è nato da un matrimonio sacramentale, sia esso
interecclesiale (due genitori appartenenti a diverse Chiese sui iuris) o interconfessionale (uno
dei genitori appartiene alla Chiesa cattolica mentre l’altro alla Chiesa ortodossa).
Il § 2 dello stesso canone, nei suoi primi due numeri (1 e 2), presenta situazioni un po’
diverse da quelle previste nel paragrafo precedente. Esse possono essere considerate come
situazioni straordinarie perché introducono una certa novità e direi anche una particolarità
giuridica nella scienza canonistica. In questi due numeri si considera infatti l’appartenenza ad
una Chiesa sui iuris che si ottiene:
3
Prof. Andriy Tanasiychuk
(A) sulla base della condizione canonica della madre del bambino (non sposata) e (B)
sulla base del nuovo legame giuridico che sorge tra il bambino e i suoi “nuovi” genitori.
Nell’ipotesi in cui almeno uno dei genitori sia cattolico, occorre tener presente la
dottrina della Chiesa cattolica che insegna che non è il rito liturgico del battesimo a
determinare l’appartenenza ad una Chiesa sui iuris, ma esclusivamente lo stato giuridico dei
genitori. Nel § 2, 1° del can. 29 CCEO si presenta la situazione in cui la madre del bambino
non è sposata, ossia che non è unita con il padre del bambino da matrimonio sacramentale. In
questa ipotesi rientrano tanto il caso in cui la donna è di stato libero, sia canonico che civile,
quanto il caso in cui la stessa abbia precedentemente celebrato matrimonio sacramentale e
attualmente contragga nuovo matrimonio soltanto civile dal quale è nato il figlio. In entrambi
i casi la madre non viene considerata sposata in senso ecclesiastico. I genitori del bambino
che si trovano giuridicamente in questa situazione possono esprimere il desiderio di battezzare
il loro figlio. Può capitare che il padre del bambino sia un fedele ortodosso ed insista affinché
la sue prole sia battezzata da un parroco ortodosso. Sia il ministro sacro ortodosso che il padre
naturale del bambino, dopo la celebrazione del battesimo, considerano il battezzato
appartenente alla Chiesa ortodossa. Secondo la dottrina cattolica invece non è così e sono due
i motivi sui quali si basa questa affermazione: la madre non è sposata e il rito liturgico del
battesimo non è un atto giuridico che determina l’ascrizione ecclesiastica.
Il numero 2 del canone 29 tratta poi la situazione del bambino affidato a dei curatori o
adottato a norma della legge civile dello Stato. Dalla lettura di questo numero si evince che il
bambino diventa membro della Chiesa sui iuris alla quale appartengono coloro alle cui cure è
legittimamente affidato o a quella dei genitori adottivi (can. 29 § 1 CCEO). In questa
situazione si ha il cambiamento automatico dell’ascrizione del bambino a favore dei nuovi
tutori e il battesimo avvenuto in precedenza con gli effetti canonici che ha prodotto
(appartenenza alla Chiesa di coloro che lo hanno presentato in quel momento per ricevere il
battesimo - genitori naturali, medico nell’ospedale) non influisce molto sulla situazione
attuale.
Il caso appena presentato presuppone che il bambino sia stato battezzato in passato dai
legittimi curatori, ma possono rientrare in questo numero del canone 29 essere presenti anche
altre situazione:
– l’ipotesi in cui manchi qualsiasi informazione circa i genitori naturali o coloro che
curavano il bambino e ciò implica anche l’assenza di informazioni circa la loro appartenenza
ecclesiastica;
– l’ipotesi in cui il fatto stesso del battesimo sia messo in dubbio e non ci sia nessuna
prova della sua amministrazione.
In questi casi l’ascrizione del bambino alla Chiesa sui iuris avviene nel momento in
cui viene legittimamente affidato ai suoi curatori e comincia perciò ad appartenere alla loro
stessa Chiesa sui iuris. Se viene adottato apparterrà alla Chiesa sui iuris dei genitori adottivi.
Nel caso sorga il dubbio sull’amministrazione del battesimo il bambino viene battezzato sotto
condizione (can. 672 § 2 CCEO) e la sua appartenenza giuridica ad una Chiesa sui iuris
piuttosto che ad un’altra dipenderà dall’appartenenza ecclesiastica dei suoi nuovi legittimi
rappresentanti (curatori, genitori, educatori - can. 29 § 2, 2 CCEO).
Vediamo dettagliatamente queste due situazioni.
4
Prof. Andriy Tanasiychuk
b). il figlio nato da madre non sposata
Can. 29 § 2, 1: Se invece il figlio, che non ha ancora compiuto il quattordicesimo
anno di età, è nato da madre non sposata, viene ascritto alla Chiesa sui iuris alla
quale appartiene la madre.
In questo caso il can. 29 § 2, 1° stabilisce che il figlio, nato da madre non sposata e
che non ha ancora compiuto il quattordicesimo anno di età, viene ascritto alla Chiesa sui iuris
a cui appartiene la madre. Nel Codice latino manca questa norma, perciò occorre applicare il
can. 111 § 1 del CIC che prescrive che il figlio viene ascritto alla Chiesa alla quale
appartengono i genitori. Dunque se la madre non è sposata ed appartiene alla Chiesa latina
suo figlio viene ascritto alla medesima Chiesa di appartenenza della madre. La celebrazione
del battesimo in questo caso, sia per la madre orientale che per quella latina, normalmente
deve essere fatta nella propria parrocchia, cioè dove la donna ha il domicilio o, con le debite
licenze, in un'altra parrocchia (can 677 § 1; can. 678 § 1 CCEO).
Nel caso del battesimo di un bambino nato da madre non sposata, si annota il nome e
cognome della madre, se consti pubblicamente della sua maternità o se lei stessa lo richieda
spontaneamente, per iscritto o davanti a due testimoni; lo stesso avviene per il padre; negli
altri casi, il battezzato viene iscritto senza ulteriori indicazioni circa il nome del padre e della
madre.
Nella materia che qui viene trattata, alle questioni riguardanti la Chiesa sui iuris alla
quale deve essere ascritto il figlio ed il luogo dove deve essere celebrato il battesimo, è
necessario aggiungerne un'altra: che cosa si annota nella rubrica del libro dei battezzati
quando si tratta di una madre che dopo il matrimonio sacramentale riceve il divorzio civile e
nuovamente si sposa in comune? Come viene denominato dalla Chiesa un figlio nato da quel
matrimonio,: è “legittimo” o “illegittimo”? Qual’è la sua situazione canonica? Quali elementi
formali devono essere inseriti nel libro dei battezzati dopo l’amministrazione del battesimo e,
soprattutto, quali informazioni circa il padre?
Sia nel caso della madre mai sposata in Chiesa, sia nel caso della madre risposata
civilmente, per principio si deve assolutamente evitare l’indicazione filius illegitimus. Inoltre,
quando si tratta del battesimo di un figlio nato da un matrimonio solamente civile (per il
motivo che il precedente matrimonio sacramentale non è stato dichiarato nullo o sciolto)
senz’altro tale figlio viene battezzato, dopo che i genitori promettono di educarlo nella fede
cattolica. Però nel libro dei battezzati, per non creare problemi in futuro, è meglio che le
informazioni circa i genitori siano le stesse che figurano nel certificato di nascita rilasciato
dagli organi statali. Inoltre, quando nel certificato di nascita non viene indicato il padre del
bambino, nella rubrica del padre, nel libro dei battezzati, si possono indicare i suoi dati
personali, ma solo se egli si presenta personalmente insieme a due testimoni davanti al
parroco. Così con le parole Cosi come il padre si è presentato vengono inseriti nel registro i
dati e la firma del padre e quella dei due testimoni. Se il padre del bambino si presenta dopo il
battesimo, oltre a quanto detto sopra, sarebbe bene aggiungere nel libro dei battezzati anche la
data della sua presentazione davanti al parroco. In questo caso è necessario che sia presente
anche la madre del bambino. Nell’eventualità in cui il padre non possa personalmente
5
Prof. Andriy Tanasiychuk
presentarsi davanti al parroco è sufficiente che sia presentato il certificato di nascita rilasciato
dallo Stato il quale deve essere conservato presso l’ufficio parrocchiale.
È ovvio che il bambino viene ascritto alla Chiesa sui iuris della madre poiché, pur
essendo figlio del marito, è nato fuori dal matrimonio sacramentale.
Un problema sorge nel caso di processo matrimoniale canonico e degli effetti giuridici
che esso ha sui figli minori di quattordici anni. Se dopo le due sentenze conformi viene
dichiarata la nullità del matrimonio, il figlio minore di quattordici anni che è nato da quel
matrimonio nullo ed è stato ascritto alla Chiesa sui iuris del padre dovrebbe passare alla
Chiesa sui iuris della madre, perché la madre viene considerata libera. In questo caso si
applicherà infatti la disciplina poc’anzi considerata. Questo passaggio alla Chiesa sui iuris
della madre deve essere annotato nel libro del battesimo dove è stata registrata la
celebrazione.
Può però capitare che in un matrimonio celebrato solo civilmente il padre naturale del
bambino sia un fedele ortodosso, mentre la madre sia fedele cattolica (orientale o latina).
Dell’ipotesi abbiamo già accennato in precedenza. Il padre (ortodosso) decide che il figlio
venga battezzato nella parrocchia ortodossa. Dopo la celebrazione del sacramento, secondo la
Chiesa ortodossa il bambino diventa fedele di questa Chiesa. Secondo l’insegnamento della
Chiesa cattolica, però, il rito liturgico non determina più la condizione canonica del fedele e a
norma del canone qui trattato (can. 29 § 2, 1) il bambino dovrebbe essere ascritto alla Chiesa
della madre.
c). il figlio adottivo
Can. 29 § 2, 2°: Se invece il figlio, che non ha ancora compiuto il quattordicesimo
anno di età […] è di genitori ignoti, è ascritto alla Chiesa sui iuris alla quale sono
ascritti coloro alle cui cure è legittimamente affidato; se però si tratta di padre e
madre che lo adottano, si applichi il §1.
Il Supremo Legislatore ha previsto anche la situazione, che attualmente è molta
diffusa, dell’adozione di un bambino. Il diritto canonico prescrive che in questo caso devono
essere annotati i nomi degli adottanti e, se così viene prescritto dal diritto civile e fatto nel
documento rilasciato dagli organi statali, anche i nomi dei genitori naturali. Invece nell’ipotesi
di un bambino di genitori ignoti la legge canonica prescrive che egli venga ascritto alla Chiesa
sui iuris alla quale sono ascritti coloro alle cui cure è legittimamente affidato; però nella
registrazione deve essere annotato soltanto il nome del battezzato senza fare altra annotazione.
Si deve assolutamente evitare l’indicazione filius ignotorum parentum (can. 29 § 2, 2 CCEO).
Studiando bene il can. 689 § 3 CCEO si può constatare che il Codice comune non
voleva occuparsi molto di questo tema, perché la pratica legale nei diversi Stati potrebbe
essere differente. Ha concesso pertanto a ciascuna Chiesa sui iuris di stabilire nel proprio
diritto particolare le indicazioni che devono essere osservate dai parroci e dalle altre persone
responsabili durante le registrazioni nel libro dei battezzati. Perciò si rivela necessario a
questo punto un certificato civile che confermi il fatto dell’adozione legale e che i dati
contenuti in esso siano letteralmente trascritti nel libro dei battezzati, tenendo conto anche di
6
Prof. Andriy Tanasiychuk
altre possibili disposizioni del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale/Arcivescovile
Maggiore, del Consiglio dei Gerarchi o infine anche della Conferenza Episcopale.
Riteniamo perciò opportuno presentare le norme emanate da alcune Conferenze
Episcopali della Chiesa latina e le norme del diritto particolare della Chiesa greco-cattolica
ucraina.
La Conferenza Episcopale Italiana in data 6 ottobre 1984, nel corso della XXIII
Assemblea Generale, al punto 8 decise: «Atteso quanto prescritto dal Codice di diritto
canonico circa l’adozione e la relativa registrazione nell’atto di battesimo dei figli addottivi e
salvo i casi nei quali il diritto comune o la Conferenza Episcopale (CEI) esigano la
trascrizione integrale degli elementi contenuti nel registro dei battesimi – per esempio, il
rilascio di copie dell’atto di battesimo per uso matrimonio – l’attestato di battesimo deve
essere rilasciato con la sola indicazione del nuovo cognome dell’adottato, omettendo ogni
riferimento alla paternità e alla maternità naturale e all’avvenuta adozione».
Anche la Conferenza Episcopale Spagnola all’art. 9 del Decreto Generale ha
completato le norme del Codice latino (1983) stabilendo che i parroc,i nel libro dei battezzati,
sono obbligati a inserire solamente i nomi dei genitori adottanti e le altre informazioni che
figurano nel documento civile rilasciato dallo Stato circa la fatta adozione.
Inoltre, il can. 84 del diritto particolare «ad experimentum» della Chiesa grecocattolica ucraina dà prevalenza alle norme civili della regione, le quali possono richiedere la
registrazione nel libro del battesimo anche dei nomi dei genitori naturali.
Secondo questo principio sussiste l’obbligo del parroco della parrocchia dei genitori adottivi o
di un’altra parrocchia dove, con le previe licenze (cfr. can 677 § 1; can. 678 § 1 CCEO), è
stato battezzato il figlio, di annotare nel libro del battesimo i nomi dei genitori naturali ed
adottivi. Tale annotazione però non deve comparire certificazione di battesimo ad uso
matrimoniale. Questo requisito viene posto per motivi di cautela verso il futuro matrimonio
del battezzato, nel caso sorgano degli impedimenti di consanguineità e parentela legale (cfr.
can. 812).
d) il figlio di genitori non battezzati
Can. 29 § 2, 3: se è di genitori non battezzati, è ascritto alla Chiesa sui iuris alla quale
appartiene colui che si è assunto la sua educazione nella fede cattolica.
Il Codice orientale, a differenza della legislazione latina, prevede il caso in cui genitori
non battezzati si rivolgano ad un parroco orientale o latino per chiedere il battesimo per il loro
figlio. Il can. 29 § 2, 3 CCEO prescrive che il figlio di questi genitori verrà ascritto alla
Chiesa sui iuris di colui che si è assunto la responsabilità circa l’educazione cattolica del
neobattezzato. Tra le varie soluzioni prospettate in questa materia durante i lavori della
PCCICOR, ne vennero poi presentate due. La prima prevedeva che il battezzato fosse ascritto
alla Chiesa sui iuris alla quale apparteneva colui che lo aveva legittimamente ammesso al
battesimo e la seconda soluzione prevedeva che il battezzato dovesse essere ascritto alla
Chiesa di colui che garantiva al battezzato l’educazione cattolica. Prevalse la seconda. In
questo modo il Supremo Legislatore ha sottolineato il grande ruolo che il padrino svolge
verso il battezzando (can. 684 CCEO). Perciò a lui spetta non soltanto di presentare il
7
Prof. Andriy Tanasiychuk
bambino da battezzare o di assistere all’iniziazione cristiana di un adulto, ma anche di
provvedere alla sua educazione cattolica. Di conseguenza, lo stato giuridico del battezzando,
ossia la sua ascrizione ad una Chiesa sui iuris, dipende totalmente dall’ascrizione del padrino
alla medesima Chiesa.
È necessario dire che questa ascrizione potrebbe essere diversa. Per esempio:
se i genitori non battezzati hanno chiesto ad un sacerdote cattolico (orientale o latino)
di battezzare il loro figlio, che non ha compiuto ancora il quattordicesimo anno di età e
presentano il padrino latino e la madrina orientale cattolica, il figlio viene ascritto alla
Chiesa latina;
se i genitori non battezzati hanno chiesto ad un sacerdote cattolico (orientale o latino)
di battezzare il loro figlio, che non ha compiuto ancora il quattordicesimo anno di età e
presentano il padrino orientale cattolico e la madrina latina, il figlio viene ascritto alla
Chiesa orientale cattolica del padrino;
se i genitori non battezzati hanno chiesto ad un sacerdote cattolico (orientale o latino)
di battezzare il loro figlio, che non ha compiuto ancora il quattordicesimo anno di età,
e presentano solo un padrino orientale cattolico o un padrino latino, il figlio viene
ascritto alla Chiesa sui iuris del quel padrino;
se i genitori non battezzati hanno chiesto ad un sacerdote cattolico (orientale o latino)
di battezzare il loro figlio, che non ha compiuto ancora il quattordicesimo anno di età,
e presentano solo un padrino orientale ortodosso, il figlio viene ascritto alla Chiesa
ortodossa;
se i genitori non battezzati hanno chiesto ad un sacerdote cattolico (orientale o latino)
di battezzare il loro figlio, che non ha compiuto ancora il quattordicesimo anno di età e
presentano il padrino cattolico e la madrina ortodossa, il figlio viene ascritto alla
Chiesa sui iuris del padrino cattolico.
e). il figlio sopra i 14 anni (can. 30 CCEO; can. 111 § 2 CIC)
Can. 30: Qualsiasi battezzando che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età,
può scegliere liberamente qualunque Chiesa sui iuris alla quale viene ascritto
ricevendo in essa il battesimo, salvo restando il diritto particolare stabilito dalla Sede
Apostolica.
Questo canone, che con il suo contenuto giuridico corrisponde al CIC, deve essere
studiato insieme con un altro canone del Codice orientale: il can. 588:
Can. 588: I catecumeni hanno piena libertà di ascriversi a qualunque Chiesa sui iuris
a norma del can. 30; si eviti tuttavia di consigliare loro qualche cosa che possa
ostacolare la loro ascrizione a una Chiesa che è più affine alla loro cultura.
Questi due canoni trattano la questione della libertà dentro la Chiesa cattolica che
viene data ad una persona che ha già compiuto i 14 anni e che vuole essere battezzata nella
Chiesa cattolica. Questa libertà non è condizionata dall’appartenenza ecclesiastica dei genitori
battezzati (siano battezzati cattolici o non cattolici) o non battezzati.
8
Prof. Andriy Tanasiychuk
Il primo requisito da tener presente è l’età – 14 anni compiuti. Il secondo, di non
essere ancora battezzato. I catecumeni, quindi, godono del pieno diritto di scelta della Chiesa
sui iuris. Con questi canoni il Supremo Legislatore ha anche cercato di sottolineare
l’uguaglianza tra le diverse Chiese sui iuris (ossia tra la Chiesa latina e le Chiese cattoliche
orientali) in tutto ciò che riguarda la missione, come stabilisce il decreto conciliare
Orientalium Ecclesiarum (nr. 3) dicendo che le Chiese d’Oriente e d’Occidente godono “(…)
degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi, anche per quanto riguarda la predicazione
del Vangelo in tutto il mondo, sotto la direzione del Romano Pontefice”.
Il riferimento al diritto particolare, stabilito dalla Sede Apostolica, è stata la risposta a
diverse obiezioni sorte durante i lavori preparatori del CCEO. Tali questioni vertevano
sull’età che, secondo alcuni membri, avrebbe dovuto essere portata ai 18 anni, motivando che
la scelta fatta a 14 anni non corrisponderebbe ad una scelta pienamente matura. Invece i
consultori orientali provenienti dal Medio Oriente, riferendosi agli Statuti personali,
spiegavano che il fatto di appartenere ad una Chiesa sui iuris viene annotato sia nei documenti
d’identità della persona che negli atti civili dello Stato e che comunque, prima della maggiore
età, la persona non potrebbe cambiare religione e, quindi, un non cristiano non potrebbe
diventare cristiano. Perciò è stata aggiunta la clausola che si riferisce al diritto particolare
stabilito dalla Sede Apostolica. Non si voleva infatti dare l’impressione che la redazione del
Codice orientale fosse avvenuta sotto l’influenza delle Chiese del Medio Oriente, in quanto si
tratta di un Codice comune per tutte le Chiese orientali cattoliche.
9