ORDINAZIONE PRESBITERALE DI DON SIMONE CANIGLIA

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ORDINAZIONE PRESBITERALE
DI DON SIMONE CANIG LIA
Chiesa Cattedrale di Lucca
Solennità di Pentecoste
12 Giugno 2011
 IT ALO C ASTELLANI
Arcivescovo di Lucca
La nostra Chiesa questa sera è in festa: un giovane, il diacono Simone, tra poco annuncerà il
suo “eccomi”, ovvero la sua disponibilità ad essere ordinato presbitero della Chiesa di Dio
che è in Lucca.
Far festa significa anzitutto rendere grazie a Dio per un dono tanto grande qual è nella
Chiesa il Sacramento dell’Ordine Sacro che, a partire da questa celebrazione, configura
d’ora in poi don Simone a Cristo, sommo ed eterno sacerdote.
Far festa significa stringersi in profonda preghiera attorno a Don Simone, per invocare su
di lui il dono dello Spirito Santo con questa preghiera che desidero sia espressione, tra poco,
della fede e dell’affetto di tutti noi: “Dona, Padre Onnipotente, a questo tuo figlio, la dignità
del presbiterato. Rinnova in lui l’effusione del tuo spirito di santità; adempia fedelmente, o
Signore, il ministero sacerdotale da Te ricevuto e con il suo esempio guidi tutti ad
un’integra condotta di vita”.
Far festa significa rinnovare la nostra fede personale e di tutta la nostra Chiesa nella
potenza dello Spirito Santo: l’unzione delle palme delle mani di Don Simone con il Sacro
Crisma, che tra poco compirò, lo segna per sempre dell’amore di Dio, della capacità e forza
di amare e di comunicare Amore di cui è capace Dio stesso.
Far festa significa, infine, riconoscere d’ora in poi in Simone non un uomo, non solo il
cristiano, non solo il seminarista di qualche mese fa, non solo il diacono, ma il “sacerdote
di Cristo”. Colui che nel nome del Signore, e nella persona di Cristo, dice ai fratelli: “Ti
assolvo dai tuoi peccati” e “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo… Prendete e bevete,
questo è il mio sangue”.
La celebrazione della Pentecoste, che stiamo vivendo, “festa delle feste” o “grande
domenica” come la chiamavano i padri della Chiesa, ricorda il dono dello Spirito che
attualizza, ricorda e interiorizza quello che ha fatto Gesù.
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La Pentecoste cristiana è l’ultima tappa della storia della salvezza che porta a compimento il
grande progetto di Dio Padre sull’umanità attraverso il dono dello Spirito Santo.
La Pentecoste porta a compimento la Pasqua. Cristo, asceso presso il Padre, compie la sua
opera donando lo Spirito che muove Pietro – e nella successione dei Dodici una miriade di
apostoli - ad annunciare l’Evangelo di salvezza.
“La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei giudei, venne Gesù”.
Quanto è attuale oggi l’esperienza narrata dal brano di Giovanni, in questo nostro tempo nel
quale anche tra noi cristiani cresce sempre più la voglia di tenere chiuse le porte dei nostri
cuori, delle nostre case, del nostro paese, a causa delle paure, dei timori, delle diffidenze.
Ma proprio in mezzo alle paure e ai timori, e proprio mentre le porte erano chiuse, venne
Gesù. Questa è la notizia che dovrebbe diventare il punto fermo della nostra vita e la nostra
forza: Gesù viene, nonostante le nostre paure, le nostre tiepidezze e le nostre chiusure.
Questa dovrebbe essere la nostra gioia, questa la certezza che ci deve spingere ad uscire
dalle nostre autosufficienze, dalle nostre piccolezze e mediocrità, per poter vivere la vita in
pienezza, da credenti nel Risorto.
Gesù viene e il suo Spirito, che ha la capacità di trasformare “un cuore impaurito e
frammentato in cuore riconciliato”, ci dà la forza perché anche noi oggi possiamo realizzare
il mandato che abbiamo ricevuto nel giorno del Battesimo: essere, sentire e fare come lui,
nella Chiesa e nel mondo, e annunciare con la nostra vita il suo amore e la sua risurrezione.
La casa fu piena di vento e apparvero loro come lingue di fuoco che si dividevano e si
posarono su ciascuno. E ognuna accende un cuore, dà a ogni creatura una genialità propria,
una santità che è unica.
Dalla Pentecoste in avanti negli Apostoli respira il respiro di Cristo: quel principio vitale e
luminoso, quella intensità che faceva unico il suo modo di amare, che spingeva Gesù a fare
dei poveri i principi del suo Regno.
Ciò è accaduto a Gerusalemme, 50 giorni dopo la Risurrezione, avviene sempre, avviene per
ciascuno: avviene qui questa sera nella nostra Cattedrale.
Avviene in ciascuno di noi se apriamo il cuore, la mente, tutta la nostra persona.
Avviene in modo speciale in Te, don Simone.
A noi, a Te don Simone, cosa compete?
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Accogliere questo straordinario respiro di Dio che riporta al cuore Cristo e le sue parole e ci
trasforma.
E poi la missione: “a coloro cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro cui non
perdonerete non saranno perdonati”. (Gv 20,23)
Perdonate, che vuol dire: piantate attorno a voi oasi di riconciliazione, di pace.
E soprattutto andate alla sorgente della grazia, da Dio, a cercare il perdono dei peccati.
Resti un uomo, caro don Simone, ma il presbitero è “alter Christus”, cioè Cristo stesso, un
uomo “scelto da Dio” per compiere la sua opera di salvezza e continuare l’azione
illuminante e santificatrice di Cristo. E tutto questo appare chiaramente alla luce di quanto
appena detto sopra, nei sacramenti: i gesti sacramentali posti da te sacerdote, sono azioni
personali del Cristo Risorto.
In te vive e si rivela, agisce il Cristo, sommo ed unico sacerdote. Tu, in definitiva, agisci “in
nome di Cristo”:
Cristo – servo
È l’immagine che sottolinea la spoliazione e l’umiltà del Cristo: uomo-di-Dio-e-per-Dio,
uomo-tra-gli-altri, venuto non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in
riscatto di molti.
Cristo – pastore
Evidenzia l’amore di colui che conosce, difende e guida il suo gregge; lo raduna nell’unico
ovile e ricerca con predilezione chi è smarrito e lontano.
Cristo – sacerdote
Pone in lui il sacrificio di Cristo, sacerdote della nuova ed eterna alleanza, che congiunge in
comunione di vita Dio e gli uomini tra loro. Il senso ultimo del sacerdozio di Cristo e di
ogni sacerdozio, che da Lui trae origine, è quello di essere modello per tutti coloro che
offrendosi in lui, con lui, per lui un sacrificio gradito, mettono la loro vita a servizio dei
fratelli.
Cristo – maestro
Richiama il Verbo eterno di Dio, Parola vivente nel Padre, inviato ad ammaestrare e
convocare le genti nel Regno. “La Chiesa, in modo particolare, attraverso i ministeri
ordinati prolunga nel tempo e nel mondo questo Vangelo di salvezza” (CEI, Ordinazione del
vescovo, dei presbiteri e dei diaconi, 1979, p.12).
Carissimo don Simone,
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ama Dio ed insegna ad “Amare Dio al di sopra di tutto”
Ama la Chiesa ed insegna ad amarla.
Ama i poveri ed insegna ad amarli.
È anche il mio augurio e di tutta la nostra Chiesa.
E mentre con Te rendo grazie a Dio, con te ringrazio:
 il tuo parroco don Andrea Buchignani che ti è stato modello e amico fraterno;
 i tuoi superiori del Seminario – don Antonio Tigli, don Marcello Franceschi e don
Luca Andolfi, insieme a don Riccardo Micheli e don Alberto Brugioni – che, insieme
ai seminaristi con cui hai condiviso negli anni il tuo tempo di discernimento, ti hanno
offerto il servizio della formazione in Seminario;
 tutte le persone che Dio ha messo sul tuo cammino in questi anni, fino alla Unità
Pastorale di Massarosa – Pian del Quercione – Pieve a Elici – Gualdo – Montigiano
dove con don Bruno Frediani, don Angelo Lari e don Michelangelo Galletti stai
muovendo i primi passi del tuo ministero.
A conclusione, ma non per ultimi, un grazie della Chiesa e mio personale ai tuoi genitori
che, assieme alla tua sorella e ai tuoi familiari, ti hanno donato al Signore e alla Chiesa.
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