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Nota bibliografica a P. Amoroso, G. De
Fazio, R. Giannini, E. Lucatti, Corpo,
linguaggio e senso tra Semiotica e Filosofia,
Esculapio 2016 (pp. XIII, 131)
Francesco Di Maio
Università di Bologna*
[email protected]
Corpo, linguaggio e senso tra Semiotica e Filosofia è il quarto dei Quaderni
di Etnosemiotica, collana diretta da Francesco Marsciani per la Società
Editrice Esculapio.
La collana nasce con il collettaneo ad otto mani di Lorenza Accardo,
Paola Donatiello, Elena Liborio e Maddalena Palestrini, Via Mascarella.
Declinazioni di uno spazio denso, per offrire in seguito Il potere dell’ipnosi.
Proposte teoriche per un’etnosemiotica di Giuseppe Mazzarino e Dopo
Gerico I nuovi spazi della psichiatria di Francesco Garofalo. Sono tutte
opere di studiosi di etnosemiotica, disciplina di cui tentano di
costruire un impianto teorico che si sviluppi contestualmente ai casi
applicativi specifici.
La novità del volume che si recensisce risiede nel dialogo tra
l’etnosemiotica e la fenomenologia: queste due discipline, autonome e
distinte, ottengono tuttavia un punto di contatto grazie all'incontro di
quattro giovani autori. Da un lato, Prisca Amoroso e Gianluca De
Fazio, ricercatori e membri delle Officine Filosofiche di Manlio Iofrida,
che stende le pagine di Prefazione al volume; dall’altro, Riccardo
*
Correspondence: Francesco Di Maio – Dipartimento di Filosofia e Comunicazione,
Università di Bologna, 40126 Bologna, Via Zamboni 38, Italy.
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Giannini e Edoardo Lucatti, del C.U.B.E. (Centro Universitario
Bolognese di Etnosemiotica), diretto da Francesco Marsciani.
Perché dei semiologi richiedono l’ausilio di filosofi di vocazione
fenomenologica? Questa collaborazione transdisciplinare si deve al
fatto che, per la prima volta in questa collana, si affrontano le
domande di fondamento e si espone lo statuto epistemologico
dell’etnosemiotica.
Quest’ultima appare come un’arte di soglia: affacciandosi sulla
dimensione di significazione del mondo delle pratiche, si è spinta dove
indugia la semiotica tradizionalmente intesa, matrice da cui pur
sempre si sviluppa. La riflessione fenomenologica offre gli strumenti
utili al passaggio dalla semiotica “classica” all’etnosemiotica: se la
prima ha come oggetto di studio il significato di un sistema di segni, la
seconda, invece, ha l’obiettivo di analizzare i modi molteplici in cui un
sistema può avere significato per chi vi interagisce. L'etnosemiotica,
dunque, deve prendere le mosse innanzitutto dalla relazione tra il
soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto e non può lasciare fuori
dalle proprie analisi il problema della soggettività.
In soccorso giunge la fenomenologia di Maurice Merleau-Ponty,
autore a partire dal quale prendono corpo i quattro saggi del volume.
Si rivelano cruciali e strategici i concetti di Carne-del-Mondo ed
emblematicamente quello di Chiasma.
Partendo da testi di riferimento comuni, ogni saggio si affida a
ciascuno degli altri tre, vi si appoggia, ne sviluppa spunti. Ogni saggio
è al contempo "soggetto" ed "oggetto" di ogni altro ed emerge
innanzitutto da questa relazione. Il risultato è un’unica voce con
quattro timbri diversi e specifici.
Allo stesso tempo, il libro non abita quest’unica dimensione
sincronica, ma si svolge lungo una trama diacronica che permette di
includere il tema del soggetto analista. Non è un caso, infatti, che
Ferdinand De Saussure sia un’altra figura cardine del volume, dove la
ricezione dei suoi famosi Cours de linguistique générale si contestualizza
fenomenologicamente mediante l’interpretazione data da MerleauPonty tanto nei saggi contenuti nella raccolta Signes, quanto nei corsi
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dedicati al linguaggio tenuti al Collège de France nei primi anni
Cinquanta.
Prisca Amoroso apre con un lavoro del tutto immanente allo
sviluppo del pensiero di Merleau-Ponty. Il suo fine è dimostrare la
coerenza della riflessione del francese nella sua produzione (p. 15). La
questione del linguaggio, che emerge particolarmente negli ultimi
anni (si accenna a Merleau-Ponty lettore e critico di De Saussure, pp.
13-14, promotore accademico di Levi-Strauss e precursore del dibattito
sullo strutturalismo, nota 12 p.15), in realtà si genera dalle stesse
domande che lo muovevano negli anni dei lavori di dottorato:
espressione e percezione hanno infatti la stessa matrice, e questa
risiede nel corpo.
Così, puntando come con un compasso su quel Corso al Collège de
France del 1953 su Le monde sensible et le monde de l’expression
(purtroppo ancora inedito in italiano), il cerchio che traccia Amoroso
ingloba gli studi del francese sullo sviluppo infantile - e il passaggio al
linguaggio adulto - e il recente dibattito sui neuroni specchio.
Nel secondo intervento, Gianluca De Fazio, riaffermando la coerenza
del percorso merleau-pontyano fissata dal primo scritto (pp. 24 e 45),
dichiara fin da subito il suo intento di fornire filosoficamente «nuovi
modi di problematizzare» il tema dell’intersoggettività, centrale per la
problematica etnosemiotica (p. 23). Può così sviluppare il suo discorso
evidenziando la genesi della riflessione di Merleau-Ponty sulla
soggettività. Anche a costo di brutali semplificazioni, con uno stile
didattico, si disegnano nette le linee critiche di Merleau-Ponty. A
partire dal profondo rapporto con l’opera tarda di Husserl, la
fenomenologia merleau-pontyana permette di sviluppare una
riflessione alternativa rispetto alla tradizione trascendentalista della
filosofia del Soggetto, i cui nomi più importanti vengono indicati nel
libro in Descartes, Kant e Lacan (pp. 23-24). Merleau-Ponty, definito
“fenomenologo delle strutture” (p. 24), mostrerà come il soggetto
possa emergere tramite empatia con altri soggetti e in un chiasma
profondo con il mondo. Il tema dell’intersoggettività palesa come lo
strumento concettuale dell’Einfühlung husserliana venga letto da
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Merleau-Ponty in stretto riferimento alla dimensione corporea. Il
saggio si conclude con il tentativo di collegare la riflessione
fenomenologica ai dibattiti attuali sulle problematiche della filosofia
dell’Impersonale e sul tema del Transindividuale (nota 55, p. 50).
Il saggio di Riccardo Giannini realizza il passaggio dalla filosofia
all’etnosemiotica. Il suo intento è di mettere in rilievo autori in sintonia
con Merleau-Ponty. Viene mostrato come la corporeità, così come
intesa dal francese, sia associabile, da un lato, al concetto di Extended
Mind di Andy Clark e David Chalmers e, dall’altro, alla questione del
corpo culturalmente inteso dall’antropologia di Thomas Csordas,
centrale per legare il tema dell’intersoggettività alle dinamiche
dell’etnosemiotica. Quest’ultima, per parafrasare il linguaggio
merleau-pontyano, si palesa intrinsecamente chiasmatica in quanto
tenta di cogliere la co-emergenza del soggetto analista e dell’oggetto di
studio. Infatti, è costituita da un metodo divisibile in due fasi: per un
verso, essa parte da un processo di osservazione etnografica e,
dall’altro, produce analisi e descrizione semiotica. Soggetto ed oggetto
di analisi, dunque, si co-definiscono nella costituzione degli oggetti di
osservazione e nell'analisi stessa (cfr. p. 70). Proprio in quest’ultimo
aspetto, la vocazione scientifica dell’etnosemiotica incontra il metodo
fenomenologico di stampo merleau-pontyano.
L’ultimo testo, di Edoardo Lucatti, tenta una conclusione legando
intimamente il tema dell’analisi all’idea del gesto. Il fine di questa
soluzione è di tentare di «manipolare le cose senza rinunciare ad
abitarle», come da programma dell’ultimo Merleau-Ponty. L’idea di
gesto viene mutuata dal teatro del Novecento (principalmente Antonin
Artaud e Carmelo Bene) e dall'analisi di alcuni racconti di Franz
Kakfa: irripetibile, radicalmente singolare non rimandando ad una
dimensione che lo trascenda, il gesto può insinuarsi nella Carne-DelMondo per inscrivere e descrivere nuove linee e tracce di
significazione. Il Kafka che emerge dall’accurata analisi di alcuni brani
- rendendo questo il contributo più corposo del volume - è quello
minore di Gilles Deleuze e Felix Guattari, intrecciando i fili tra la
riflessione fenomenologica e quella post-strutturalista. La riflessione di
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Merleau-Ponty, infatti, è letta da Lucatti come un pensiero della
differenza, senza per questo eliminare le specifiche caratteristiche
fenomenologiche.
Proprio a partire dall’accostamento tra la fenomenologia e il
pensiero post-strutturalista, Iofrida entra in dialogo con
l’etnosemiotica nella Prefazione (pp. IX-X), palesando l’intrinseca
dinamicità del volume che tenta di mettere in dialogo la vocazione
scientifica dell’etnosemiotica e alcune tematiche profonde della
riflessione filosofica di matrice fenomenologica tentando, in
alternativa alla lettura ermeneutica dell’opera di Greimas proposta da
Paul Ricoeur (pp. 125-126), un abbozzo di fenomenologia del Senso
che permetta di cogliere e palesare il profondo legame tra il piano del
linguaggio e la dimensione della corporeità.
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