Sintesi dell`YBCO

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PREPARAZIONE DEL COMPOSTO YBa2Cu3O7 E DIMOSTRAZIONE DELLE SUE
PROPRIETA’ DI SUPERCONDUTTIVITA’
L’esperienza consiste nella preparazione e nella dimostrazione delle proprietà di
superconduttività del composto YBa2Cu3O7. Il nome corretto del composto è cuprato di
ittrio e bario, ma comunemente esso è indicato dai ricercatori con l’abbreviazione “YBCO”.
Il grande interesse suscitato da questo materiale deriva dal fatto che esso diventa un
superconduttore, ossia un materiale che conduce la corrente elettrica con resistenza nulla.
I superconduttori sono utilizzati nella costruzione di magneti potenti e potranno forse
essere usati per trasportare l’energia elettrica a lunga distanza con un’efficienza del 100%.
Vedremo in seguito quante potrebbero essere le ulteriori applicazioni dei materiali
superconduttori alla tecnologia. La maggior parte dei solidi che diventano superconduttori
sono tuttavia di utilità limitata, perché acquistano tale proprietà ad una temperatura molto
bassa (solitamente sotto i 25 K). L’ YBa2Cu3O, al contrario, diventa superconduttore a 92
K (e per questo motivo è detto un superconduttore ad alta temperatura, anche se il
termine “alta” è assolutamente relativo…) e proprio questa caratteristica lo rende
particolarmente interessante dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche.
Nelle pagine che seguono troverai
-
una panoramica su che cosa sono i materiali superconduttori, sulla loro storia e
sulle possibili applicazioni tecnologiche;
-
una descrizione della struttura del composto YBa2Cu3O7 e del metodo utilizzato in
laboratorio per sintetizzarlo;
-
le indicazioni su come effettuare, nei laboratori dell’università, la verifica della
levitazione magnetica.
INDICE
I SUPERCONDUTTORI
-
La corrente elettrica
-
La dipendenza della resistività dalla temperatura
-
La scoperta della superconduttività
-
Un po’ di storia della superconduttività
-
L’effetto Meissner e la levitazione magnetica
-
La teoria della superconduttività
-
Le possibili applicazioni dei superconduttori
IL SUPERCONDUTTORE YBa2Cu3O7
-
La struttura cristallina del composto
-
La preparazione del composto
-
La verifica dell’effetto Meissner in laboratorio
I SUPERCONDUTTORI
La corrente elettrica
Un flusso di cariche elettriche che si muovono è quello che chiamiamo corrente
elettrica. Spesso la carica elettrica è trasportata da elettroni che si muovono in un filo
metallico. Se una quantità di carica Q attraversa una certa sezione del filo in un tempo
t , si definisce intensità di corrente elettrica i il rapporto tra queste due grandezze:
i=
Q
t
Nel Sistema internazionale la carica Q si misura in Coulomb (simbolo C ), l’intensità di
corrente i in Ampere (simbolo A ).
I circuiti elettrici sono percorsi chiusi che le cariche elettriche compiono, talvolta
scorrendo sempre nello stesso verso (circuiti in corrente continua), talvolta invertendo
periodicamente la propria direzione (circuiti in corrente alternata). Sebbene gli elettroni
nei metalli siano liberi di muoversi, essi normalmente non scorrono tutti nella stessa
direzione in un filo metallico, a meno che questo non sia collegato a una sorgente di
energia elettrica, come una batteria. Quest’ultima infatti, inserita in un circuito elettrico,
utilizza delle reazioni chimiche per produrre una differenza di potenziale ai suoi estremi
(detti terminali, o poli), differenza che consente agli elettroni di muoversi in un cammino
chiuso da un terminale all’altro. Nel loro percorso lungo il circuito elettrico gli elettroni
incontrano una resistenza al movimento, proprio come un oggetto che striscia sul
pavimento è rallentato dalla forza di attrito. Per far sì che gli elettroni si muovano contro
la resistenza del filo, è necessario applicare ai suoi estremi la differenza di potenziale
appena descritta. Tale grandezza, generalmente indicata con V , si misura nel S.I. in
Volt (simbolo V ). Per un filo con una resistenza costante (il che non è scontato),
resistenza che indicheremo con R , la differenza di potenziale V necessaria per
ottenere una corrente i è data, secondo la Legge di Ohm (fisico tedesco, 1787-1854)
da
V = Ri
La resistenza elettrica R si misura nel S.I. in Ohm (simbolo Ω ). La Legge di Ohm non
è una legge di natura, ma una relazione empirica che ben rappresenta il
comportamento di quei materiali, per questo detti ohmici, che mostrano una relazione
lineare tra la differenza di potenziale V agli estremi e l’intensità di corrente i che
circola in essi. Nei materiali non ohmici tra V ed i intercorrono relazioni più
complesse.
La dipendenza della resistività dalla temperatura
Supponiamo di avere un pezzo di filo di lunghezza L e con una sezione di area A . La
resistenza di questo filo dipende dal materiale di cui è fatto. Per esempio, se fosse di
rame, la sua resistenza sarebbe minore di quella che avrebbe se fosse di ferro. La
grandezza che caratterizza la resistenza di un dato materiale è la sua resistività o
resistenza specifica ρ . Per un filo di date dimensioni, maggiore è la resistività,
maggiore è la resistenza. La resistenza di un filo dipende anche dalla sua lunghezza L
e dall’area A della sua sezione, analogamente a quanto avviene per l’acqua che
scorre in una canna: se la canna è molto lunga, la resistenza che presenta al
passaggio dell’acqua sarà alta, mentre una canna più larga, cioè con una sezione di
area maggiore, offrirà minore resistenza all’acqua. Combinando queste osservazioni,
possiamo definire la resistenza di un filo di lunghezza L , sezione di area A e
resistività ρ nel seguente modo:
R = ρ
L
A
Poiché l’unità di misura di L è il metro e quella di A il m2, ne segue che l’unità di
misura della resistività è Ω m . Nella tabella che segue ci sono i valori della resistività
ρ di alcuni materiali conduttori.
Sappiamo, per l’esperienza quotidiana, che un filo nel quale scorre una corrente
elettrica può diventare caldo, anche molto caldo, come nel caso di un fornello elettrico
oppure del filamento di una lampadina. Questa è una conseguenza del fatto che gli
elettroni urtano gli atomi del filo nel loro moto lungo il circuito. Queste collisioni fanno sì
che gli atomi vibrino con una maggiore energia cinetica intorno alla loro posizione di
equilibrio. Di conseguenza, la temperatura del filo aumenta. Se un filo si scalda, la sua
resistenza tende ad aumentare. Ciò avviene perché gli atomi che vibrano più
rapidamente hanno una maggiore probabilità di urtare gli elettroni e rallentare il loro
cammino lungo il filo. Molti metalli mostrano un aumento approssimativamente lineare
di ρ su un vasto intervallo di temperature.
Diversamente dai metalli, alcuni materiali, detti semiconduttori (il silicio, il germanio,
oppure composti come arseniuro di gallio (GaAs) o fosfuro di indio (InP)), mostrano
una diminuzione della resistività all’aumentare della temperatura. Ciò avviene perché
l’aumento di temperatura rende più probabile che un elettrone si stacchi da un atomo
diventando un elettrone libero, in grado di partecipare alla conduzione elettrica. Questo
fenomeno avviene solo nei semiconduttori (che a temperatura ambiente sono
sostanzialmente degli isolanti) perché nei conduttori normali, ossia nei metalli, tutti gli
elettroni che possono partecipare alla conduzione sono già liberi, anche a basse
temperature.
La resistività, quindi, normalmente aumenta all’aumentare della temperatura e
diminuisce al diminuire della temperatura: se un filo viene raffreddato al di sotto della
temperatura ambiente la sua resistività diminuirà. Un grafico dell’andamento della
resistività ρ in funzione della temperatura T è riportato di seguito.
Va detto che la resistenza al passaggio della corrente elettrica non è causata
unicamente dagli urti degli elettroni con gli atomi del reticolo cristallino. La resistenza è
infatti anche dovuta ai difetti reticolari, quali possono essere la presenza di atomiimpurezze in posizioni anomale, lo spostamento di atomi del reticolo in posizioni
diverse da quelle che normalmente occupano, l’assenza di atomi in alcuni siti.
Quando un metallo viene raffreddato, come si è detto, gli atomi del reticolo vibrano
meno e causano meno urti con gli elettroni di conduzione, facendo diminuire la
resistenza elettrica. Tuttavia la resistenza non diventa nulla, ma esiste una resistenza
residua anche alle temperature più basse raggiungibili. A tali temperature gli urti
avvengono unicamente con i difetti reticolari.
La scoperta della superconduttività
Nel 1911 il fisico olandese Kammerlingh Onness, che stava studiando la resistenza
elettrica dei metalli a bassissime temperature, fece una scoperta sorprendente: alla
temperatura di circa 4 K (ossia - 269°C) la resistività (e di conseguenza la resistenza)
del mercurio scende improvvisamente a zero (non a un valore molto piccolo, ma
proprio a zero!), e rimane tale a temperature inferiori ai 4K, come si vede dal grafico
che segue.
Il mercurio non è l’unico metallo in grado di non opporre resistenza al passaggio di una
corrente elettrica: molti altri elementi metallici mostrano questo stesso fenomeno al di
sotto di una certa temperatura (detta temperatura critica) variabile da metallo a
metallo, ma sempre dell’ordine di pochi gradi Kelvin.
Questa nuova proprietà elettrica divenne distintiva di quello che può essere definito un
nuovo stato di aggregazione della materia: lo stato superconduttore.
Una corrente elettrica “lanciata” in un anello superconduttore dovrebbe circolare
indefinitamente senza alcuna perdita, data l’assenza di qualsiasi resistenza elettrica.
Si è effettivamente constatato che correnti di questo tipo si sono mantenute invariate
per diversi anni.
Un po’ di storia della superconduttività
Circa vent’anni dopo la scoperta di Kammerlingh Onness, nel 1933, i fisici Meissner e
Ochsenfeld portarono alla luce un’altra caratteristica sorprendente dei materiali
superconduttori: questi materiali non permettono ad un campo magnetico, per quanto
elevato, di penetrare al loro interno (effetto Meissner). Per una spiegazione più
dettagliata del fenomeno, e delle sue spettacolari conseguenze che vedremo in
laboratorio, si rimanda al paragrafo “L’effetto Meissner e la levitazione magnetica”.
Le due caratteristiche della superconduttività, ossia l’assenza di resistenza al
passaggio di corrente e il comportamento magnetico che vedremo in seguito, furono da
subito ritenute di notevole importanza per le possibili applicazioni tecnologiche che
facevano presagire, ma c’erano due grandi ostacoli per l’impiego di tali materiali.
Il primo era costituito dalle bassissime temperature alle quali i materiali diventavano
superconduttori. Kammerlingh Onness aveva raffreddato il mercurio utilizzando elio
liquido, il cui punto di ebollizione (ossia la temperatura a cui avviene il passaggio tra
stato gassoso e stato liquido) è, alla pressione atmosferica, circa - 267°C . Mantenere
un superconduttore alla temperatura dell’elio liquido è però piuttosto difficile (richiede
apparecchiature sofisticate) oltre che costoso.
Il secondo problema consisteva nel fatto che lo stato di superconduttività di questi
elementi metallici veniva facilmente distrutto applicando campi magnetici esterni,
anche modesti, o correnti elettriche, cose che ne rendevano impraticabile l’uso in
dispositivi elettromagnetici. I superconduttori sono infatti classificati, oltre che in base
alla temperatura critica, anche in base alla loro corrente critica e al loro campo
magnetico critico.
I due problemi incentivarono la ricerca di nuovi materiali che diventassero
superconduttori a temperature maggiori e che mantenessero le loro proprietà anche in
presenza di campi magnetici e di correnti elettriche. In particolare si sperava di
raggiungere la superconduttività a 77 K ( - 196°C), la temperatura di ebollizione
dell’azoto liquido, facilmente reperibile e maneggiabile (questo elemento è il
componente più abbondante dell’aria) e poco costoso (a parità di peso, costa 100 volte
meno dell’elio liquido). Furono scoperti altri metalli e leghe metalliche la cui
temperatura critica si aggirava intorno ai 18 K ( - 255°C), e nel 1973 fu scoperto un
materiale (Nb3Ge) con temperatura critica di 23 K .
Due scienziati dell’IBM di Zurigo, Bednorz e Mueller, scoprirono nel 1986, e presero il
premio Nobel nel 1987 per questa scoperta, un ossido di lantanio, bario e rame che
diventava superconduttore a 30 K : la temperatura era ancora bassissima, ma il
materiale era del tutto nuovo, e aprì la strada ad una nuova classe di superconduttori,
le cosiddette leghe ceramiche. Tali leghe contengono elementi della serie delle terre
rare, e si ottengono macinando insieme composti di elementi metallici e riscaldando il
miscuglio ad alta temperatura.
Nella frenetica ricerca di nuovi superconduttori, con temperature critiche “alte”, si
inserisce la storia, davvero romanzesca, del ricercatore Paul Chu dell’Università di
Houston, nel Texas. Nel dicembre del 1986 Chu trovò l’asso nella manica: un materiale
composto da ittrio, bario, rame e ossigeno (il nostro YBa2Cu3O7) che superconduceva
a 92 K. La temperatura era superiore a quella dell’azoto liquido, che si usa
normalmente in tutti i laboratori di ricerca per esperimenti a bassa temperatura. Chu si
trovò di fronte al dilemma di fare o meno circolare le notizie sulla composizione del
nuovo materiale, senza fornire ad altre persone vantaggi, anche di poche settimane,
nella realizzazione di possibili applicazioni industriali. Quindi adottò una precauzione
che fece discutere a lungo. Nel suo articolo, che venne pubblicato, sostituì in tutte le
formule il simbolo dell’ittrio (Y) con quello dell’itterbio (Yb), e alterò il coefficiente
numerico dell’ittrio, che è 1 , con un 4 , lasciando aperta l’ipotesi di un errore
tipografico. Naturalmente, dopo un tempo opportuno, “corresse” l’errore.
Dopo questa importantissima scoperta, in breve tempo furono sintetizzati altri composti
superconduttori con temperature critiche dell’ordine dei 100 K.
Più recentemente si è ipotizzato che certi composti a base di ossidi di rame potrebbero
diventare superconduttori a temperatura ambiente o anche a temperature maggiori,
cosa che è in fase di studio nei laboratori di ricerca.
L’effetto Meissner e la levitazione magnetica
Per capire in che cosa consiste l’effetto Meissner, è necessario dire due parole
sull’elettromagnetismo. Fino al 1820 i fenomeni elettrici e i fenomeni magnetici erano
considerati fenomeni fisici del tutto separati, ma in quella data il fisico danese Oersted
osservò un’importante connessione tra i due: egli scoprì che una corrente elettrica
genera un campo magnetico. I magneti superconduttori sono basati su questo
principio: un campo magnetico indotto facendo circolare la corrente attraverso anelli
superconduttori persisterà all’infinito, visto che la corrente in tali materiali non incontra
resistenza.
Nel 1831 Faraday in Inghilterra ed Henry negli Stati Uniti scoprirono la famosa legge
dell’induzione elettromagnetica: un campo magnetico è in grado di indurre, cioè di
originare, in opportune condizioni, una corrente elettrica. Un caso di induzione si
verifica, ad esempio, quando il magnete che genera il campo si muove.
La connessione tra fenomeni elettrici e magnetici è ben visibile in un esperimento di
levitazione magnetica. Se disponiamo di un pezzetto (il nostro avrà la forma di una
pastiglia) di materiale superconduttore, opportunamente raffreddato, e avviciniamo ad
esso un piccolo magnetino, vedremo che il magnetino rimane sospeso nell’aria, quasi
magicamente, nella posizione in cui lo abbandoniamo. Il piccolo magnete mantiene
questa posizione per tutto il tempo durante il quale la pastiglia mantiene le sue
proprietà di superconduttore. Quando essa si raffredda, il magnete cade.
L’elettromagnetismo ci aiuta a capire quanto avviene: durante l’avvicinamento del
magnetino alla pastiglia, esso induce una corrente sulla superficie della pastiglia
superconduttrice. Poiché un superconduttore non presenta resistenza, questa corrente
rimane anche dopo che il magnetino ha smesso di muoversi: è una cosiddetta
supercorrente. La supercorrente produce a sua volta un campo magnetico. Questo
campo magnetico indotto ha l’intensità e la geometria tali da cancellare completamente
gli effetti del campo magnetico prodotto dal magnetino all’interno del superconduttore.
Per questo motivo diciamo che l’interno del superconduttore è perfettamente
diamagnetico (il diamagnetismo è uno dei possibili comportamenti magnetici della
materia, accanto al paramagnetismo e al ferromagnetismo). All’esterno del
superconduttore, invece, i due campi magnetici, ossia quello causato dal magnetino e il
campo indotto dal superconduttore, si respingono l’un l’altro, proprio come fanno i due
poli nord (o i due poli sud) di una calamita. L’effetto risultante è che il magnete rimane
sospeso, ossia levita, in una posizione tale per cui la forza gravitazionale diretta verso
il basso è equilibrata dalla forza magnetica repulsiva verso l’alto.
Per questa sua capacità di “rispondere elettromagneticamente” ai movimenti del
magnete, il superconduttore può essere visto come una specie di specchio magnetico.
La teoria della superconduttività
La superconduttività impegnò i fisici teorici per molti anni, dopo la sua scoperta.
Solo nel 1957, quindi quasi cinquant’anni dopo la scoperta di Kammerlingh Onness, fu
proposta una teoria soddisfacente, detta teoria BCS, dalle iniziali dei cognomi dei suoi
scopritori, i fisici americani Bardeen, Cooper e Schrieffer. Va detto che questa teoria dà
una spiegazione soddisfacente di tutte le proprietà dei superconduttori tradizionali, cioè
a bassa temperatura, mentre non è applicabile (o lo è parzialmente) ai superconduttori
ceramici di nuova generazione.
Vedremo solo a grandi linee il modello proposto dalla teoria BCS. Esso si basa
sull’esistenza di un legame tra due elettroni, che attratti l’uno dall’altro formano quella
che si definisce una coppia di Cooper. La nostra intuizione ci porterebbe a pensare
che gli elettroni si respingono e non si attraggono, visto che sono entrambi carichi
negativamente, ma l’interazione tra i due elettroni è in qualche modo mediata dalla
presenza degli ioni reticolari carichi positivamente (per aver perso i loro elettroni più
esterni, che si muovono liberamente nel materiale). Potremmo dire che la coppia è
legata dalla mutua attrazione di ciascun elettrone con gli ioni positivi del reticolo.
Quando gli elettroni sono accoppiati in questo modo, gli urti, che pure avvengono, non
forniscono il trasferimento di energia tra elettroni e reticolo cristallino che produce la
resistenza elettrica in un conduttore normale. Il coordinamento tra i due elettroni della
coppia, in un certo senso li immunizza dal pericolo di incontrare resistenza elettrica.
Il legame tra gli elettroni della coppia può essere distrutto se si fornisce agli elettroni
stessi un’energia sufficiente. Il valore della temperatura critica è legato proprio a questa
energia: quando un superconduttore viene riscaldato, il numero di coppie di Cooper
diminuisce sensibilmente a mano a mano che ci si avvicina alla temperatura critica,
superata la quale le proprietà di superconduttività si perdono del tutto.
La temperatura non è il solo parametro in grado di influenzare la formazione delle
coppie di Cooper. Abbiamo già visto come l’applicazione di un campo magnetico
induce la formazione di una corrente sulla superficie del superconduttore. Se questo
campo magnetico, e la corrispondente corrente, sono sufficientemente elevati, essi
possono impartire una tale energia al superconduttore tale da dissociare gli elettroni
delle coppie di Cooper e quindi da distruggere la superconduttività. Come si è già
detto, molte applicazioni potenziali dei superconduttori sono precluse dai valori del
campo magnetico critico (e della corrispondente corrente critica), raggiungendo i quali
avviene la conversione da materiale superconduttore a materiale normale.
In figura si vede come varia Tc (temperatura critica) in funzione di Hc (campo
magnetico critico) per un superconduttore tipico, di vecchia generazione. All’aumentare
del campo magnetico, i valori della temperatura critica diminuiscono.
Va detto che la teoria della superconduttività è tuttora oggetto di studi, sia teorici che
sperimentali.
Le possibili applicazioni dei superconduttori
Esistono molte interessanti applicazioni dei superconduttori. Una è costituita dai
magneti superconduttori. La forza di un elettromagnete dipende infatti dall’intensità
della corrente che circola nell’avvolgimento del magnete stesso. Visto che non c’è
resistenza elettrica, si possono far circolare negli avvolgimenti correnti molto più
intense, senza perdite di energia. I magneti superconduttori sono già impiegati in alcuni
campi: la tecnica della risonanza magnetica, sempre più usata in medicina, utilizza gli
intensi campi magnetici prodotti dai materiali superconduttori, ed anche gli acceleratori
di particelle utilizzati nella fisica delle alte energie utilizzano magneti superconduttori.
Magneti superconduttori raffreddati con elio liquido sono stati utilizzati anche in alcuni
motori navali. Usati nei motori elettrici, gli elettromagneti superconduttori potrebbero
fornire potenze molto maggiori.
Un’altra applicazione dei superconduttori potrebbe essere costituita da cavi di
trasmissione elettrica sotterranei privi delle perdite di energia dovute alla resistenza
elettrica. Al momento, però, tra i molti problemi tecnologici non ancora risolti c’è quello
di ottenere cavi a partire dai materiali ceramici, che in genere sono rigidi e fragili.
Un campo in cui molto probabilmente i superconduttori troveranno applicazione è
quello dell’elettronica: l’uso di superconduttori ceramici permetterebbe infatti di
condensare notevolmente i chip dei computer, e questo si tradurrebbe in un grande
aumento della velocità di trasmissione delle informazioni.
Elettromagneti superconduttori potrebbero essere usati per tenere sollevati dalle rotaie
e fornire propulsione a treni e ad altri mezzi di trasporto. In Giappone è già stato
costruito un prototipo di treno a levitazione.
Grazie all’effetto Meissner, lavorando un po’ anche con la fantasia si potrebbe pensare
ad una serie di strategie ingegneristiche per il trasporto: la spiritosa figura che vedi
riporta delle automobili magnetiche che viaggiano su un’autostrada superconduttrice…
Una volta avviato il veicolo, per sostenere il suo moto basterebbe pochissima energia,
anche se bisognerebbe studiare a fondo il problema della partenza, della fermata e dei
cambi di direzione…
Se vogliamo continuare con questo gioco, si potrebbe pensare a servizi di vario tipo,
che utilizzano la levitazione: piste di pattinaggio che permetterebbero alle persone di
volare letteralmente in aria, sevizi di trasporto di oggetti pesanti molto meno complicati
e costosi di quelli esistenti, e così via.
IL SUPERCONDUTTORE YBa2Cu3O7
La struttura cristallina del composto
I solidi si presentano in genere come cristalli, cioè come corpi con una struttura
geometrica che riflette la distribuzione spaziale ordinata delle particelle costituenti. In
base al tipo di legame tra le unità strutturali costituenti, i solidi cristallini si possono
classificare in solidi covalenti (come il diamante o il quarzo), nei quali gli atomi sono
uniti attraverso legami covalenti, in solidi ionici (il cloruro di sodio, per esempio), che
presentano un reticolo cristallino costituito dalla disposizione ordinata di ioni positivi e
negativi, in solidi metallici (il ferro, il rame, l’argento), nei quali la disposizione ordinata
degli ioni metallici è circondata dalla nube di elettroni responsabili dell’elevata
conducibilità elettrica, e in solidi molecolari (lo zucchero), che presentano un reticolo
cristallino costituito da molecole tenute insieme da legami deboli, come le forze di Van
der Waals.
La struttura cristallina del composto YBa2Cu3O7 è quella che si definisce una “defect
perovskite”. Con questo si intende dire che gli atomi metallici e gli atomi di ossigeno
sono disposti come quelli del minerale “perovskite” (CaTiO3), fatta eccezione per alcuni
atomi mancanti. Nella chimica dello stato solido è piuttosto comune descrivere la
struttura di un composto facendo riferimento ad un altro composto più famoso. Ad
esempio, per i composti ionici con un rapporto 1 : 1 tra anioni e cationi si parla di
“struttura NaCl”.
La struttura dei solidi viene descritta a partire dalla loro cella elementare, intendendo
con ciò la più piccola parte di reticolo cristallino che ripetuta genera l’intero solido. La
cella elementare ha la forma di un parallelepipedo, ed è definita quando sono note le
lunghezze dei tre spigoli a , b , c e le ampiezze dei tre angoli α , β , γ .
La perovskite ha una cella elementare con i tre spigoli della stessa lunghezza
(a = b = c ) e i tre angoli retti (α = β = γ = 90°). Essa ha pertanto una forma cubica.
Gli atomi di Ti si trovano sui vertici del cubo e gli atomi di ossigeno sono situati lungo
ciascuno dei dodici spigoli. Gli ioni calcio si trovano al centro del cubo, e sono quindi
circondati da dodici atomi di ossigeno.
Volendo generalizzare questo tipo di struttura, diciamo che gli atomi di calcio occupano
i siti A e gli atomi di titanio i siti B. I solidi con la struttura della perovskite sono
caratterizzati da questo tipo di arrangiamento (talvolta con alcune variazioni), ed hanno
la formula generale ABO3 (NaNbO3, LaAlO3, ecc.). Poiché gli atomi posti nei siti A
hanno un numero di coordinazione (ossia un numero di legami con gli atomi vicini) più
elevato di quello degli atomi posti nei siti B, generalmente il più grande tra i due atomi
metallici occupa il sito A.
L’ YBa2Cu3O7 ha una struttura leggermente più complessa. Innanzitutto, i siti B sono
occupati da due tipi di atomi, il bario e l’ittrio, mentre gli atomi di rame occupano i siti A.
In secondo luogo, a differenza della perovskite, il rapporto A / B / O non è del tipo
1 : 1 : 3 , ma alcuni atomi di ossigeno non ci sono. La formula non è più del tipo ABO3,
ma diventa del tipo A3B3O7. Come dovrebbe risultare chiaro dalla figura seguente,
la mancanza di alcuni atomi di ossigeno determina un numero di coordinazione pari a
8 per gli atomi di ittrio, pari a 10 per gli atomi di bario, leggermente più grandi, e pari
a 4 o a 5 per gli atomi di rame. Pertanto la cella elementare dell’ YBa2Cu3O7 non è
cubica, come quella della perovskite, ma ha spigoli di diversa lunghezza (a ≠ b ≠ c),
anche se gli angoli α , β , γ sono ancora di 90°. Questo tipo di cella elementare è
detta ortorombica.
La preparazione del composto
La preparazione del composto avviene a partire dai componenti solidi, che sono i
seguenti:
- ossido di ittrio (Y2O3);
- ossido di rame (CuO);
- carbonato di bario (BaCO3).
Uno dei vantaggi di questo tipo di sintesi allo stato solido è che con esse si ottengono
prodotti caratterizzati da alti livelli di purezza, senza bisogno di trattamenti successivi di
“purificazione”. Le reazioni allo stato solido procedono però molto lentamente alle
temperature normali, in quanto gli atomi non diffondono rapidamente nei cristalli
(questo problema non esiste nelle sintesi in soluzione, data l’alta mobilità dei soluti nei
solventi). Queste basse velocità di diffusione degli atomi nei solidi possono essere
aumentate riscaldando opportunamente il solido. La sintesi dell’YBCO richiede diverse
ore, come vedremo, a una temperatura superiore ai 900°C , una temperatura tipica di
molte altre sintesi inorganiche allo stato solido. L’impiego di queste alte temperature
richiede attrezzature adeguate.
Viene utilizzata una muffola, sostanzialmente un forno, costituito da un tubo ceramico
circondato da spire metalliche per il riscaldamento. Va detto che non è importante solo
la temperatura, ma anche la maggiore o la minore rapidità con cui avviene il
riscaldamento stesso (o il raffreddamento), aspetti che possono influenzare la purezza
dei prodotti della reazione.
E’ inoltre molto importante utilizzare un recipiente opportuno, per problemi di
compatibilità chimica con le pareti del reattore. Materiali considerati non reattivi a
temperatura ambiente possono infatti diventare molto reattivi a temperatura così
elevata. Noi utilizzeremo un crogiolo di porcellana. Talvolta vengono utilizzati crogioli di
platino, molto più costosi.
I solidi caratterizzati dalla formula YBa2Cu3Ox sono stabili per diversi valori
stechiometrici dell’ossigeno: x può infatti variare da 6 a 7. Alle alte temperature di
cui si è parlato e in assenza di ossigeno, si formerebbe un solido con x = 6,5.
E’ invece necessario ottenere un materiale con x = 7, in quanto soltanto questo valore
di x garantisce la superconduttività a 92 K. Il valore di x influenza infatti fortemente
le proprietà del materiale, inclusa la temperatura di transizione. Per garantire la corretta
stechiometria dell’ossigeno è necessario, come vedremo, lasciar raffreddare
lentamente il campione in una atmosfera di ossigeno.
Andiamo a descrivere le fasi di lavoro in laboratorio:
FASE 1
Si pesano:
- 0,750 g di ossido di ittrio (Y2O3);
- 2,622 g di carbonato di bario (BaCO3);
- 1,581 g di ossido di rame (CuO).
In questo modo risulterà Y : Ba : Cu = 1 : 2 : 3 .
FASE 2
Si pestano in un mortaio i tre componenti, avendo cura di continuare a macinare per
circa venti minuti. Un mescolamento non buono non porta ad una composizione
uniforme del composto.
FASE 3
Si trasferisce la polvere così ottenuta nel crogiolo di porcellana, che va posto nella
muffola a 930°C per circa dodici ore.
FASE 4
Si fa raffreddare lentamente la fornace e si estrae il campione quando la temperatura è
minore o uguale a 100°C. Il lento raffreddamento garantisce che il campione adsorba
un corretto contenuto di ossigeno.
Le reazioni in gioco sono le seguenti:
1
Y2 O 3 + 2 BaCO 3 + 3 CuO → YBa 2 Cu3 O 6.5 + 2 CO 2
2
YBa 2 Cu3 O 6.5 +
1
O 2 → YBa 2 Cu3 O 7
4
Se i rapporti tra i reagenti non sono corretti o se i reagenti non sono stati mescolati
bene, si ottiene generalmente un prodotto impuro che contiene quantità variabili di fasi
non superconduttrici come BaCuO2 e Y2BaCuO5.
La verifica dell’effetto Meissner
L’effetto Meissner, descritto sopra, si può facilmente verificare immergendo il crogiolo
contenente la pastiglia superconduttrice in una vaschetta di polistirolo contenente
azoto liquido. Una volta che il campione è freddo si può avvicinare delicatamente un
piccolo magnete che a questo punto levita al di sopra della superficie.
L’effetto dura fino a quando la pastiglia perde le proprietà di superconduttività,
riscaldandosi a contatto con l’aria.
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