Storia - Nuove Scuole

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Contenuti di Storia – classe V
MODULI
1_ L’ultimo scorcio del XIX secolo e la crisi
del primo ‘900
MODULI
2_ I Regimi Totalitari tra le due Guerre
MODULI
3_ La seconda guerra mondiale
MODULI
4_ La guerra fredda
MODULI
5_ L’Italia dal dopo guerra agli anni ‘70
UNITÀ DIDATTICHE
U.D._ 1
U.D. _2
U.D. _3
L’età giolittiana
La I guerra mondiale
La Rivoluzione Russa
UNITÀ DIDATTICHE
U.D. _ 1 Il I dopoguerra in Italia e nascita del
Partito fascista
U.D. _ 2 Il Fascismo
U.D. _ 3 Il Nazismo
UNITÀ DIDATTICHE
U.D. _ 1 La II guerra mondiale (I parte)
U.D. _ 2 La II guerra mondiale (II parte)
UNITÀ DIDATTICHE
U.D. _ 1 il II dopoguerra e la formazione dei
blocchi
UNITÀ DIDATTICHE
U.D. _1 la nascita della repubblica e dal
centrismo al centro-sinistra, Il miracolo
economico e la contestazione studentesca e la
strage di piazza fontana.
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Mod._1 L’ULTIMO SCORCIO DEL XIX SECOLO E LA CRISI
DEL PRIMO ‘900
U.D. 1 L’età Giolittiana
LA POLITICA SOCIALE DI GIOLITTI:
Quando nel 1900 il re Umberto I muore, gli succede il figlio Vittorio
Emanuele III all’età di 31 anni (1900- 1946).
Questi deciderà di non adottare una politica reazionaria e ripristinerà un
immediato ritorno alla legalità costituzionale.
Nel 1901, con la caduta del Governo Saracco (che, con una politica
contraddittoria, aveva scontentato sia la destra e la sinistra), il re affida
l’incarico di formare il nuovo governo all’esponente più i vista della
sinistra: il giurista Giuseppe Zanardelli.
Dal febbraio del 1901 all’ottobre del 1903 si ha il Ministero Zanardelli,
durante il quale si abbandonerà il sistema repressivo dei predecessori, si
concederà l’amnistia ai condannati politici,
si stabilì una limitata libertà di
1
associazione, di propaganda e di sciopero .
Nel novembre del 1903, a causa di una malattia Zanardelli si ritirò a vita
privata e fu chiamato a capo del governo il ministro degli interni: Giovanni
Giolitti (1842-1928).
Dal novembre del 1903 al marzo del 1914 Giolitti fu il nuovo presidente
del consiglio. Questo decennio va sotto il nome di Età giolittiana.
L’IDEOLOGIA POLITICA:
di orientamento liberale e appartenente alla «sinistra costituzionale»
Giolitti era dotato di una precisa conoscenza della realtà, di un solido
equilibrio e di uno spiccato senso del dovere.
Egli comprese: a) le richieste delle masse lavoratrici;
b) l’importanza della funzione sociale (economica e politica)
del capitale sullo stato
moderno, e proprio per questo cercò sempre di unire gli
interessi proletari a quelli
borghesi e di operare in condizioni di rigorose neutralità fra
capitale e lavoro. Questo
atteggiamento causa a volte accuse di «conservatorismo» da
parte dei socialisti e di
demagogia dai ceti borghesi.
Giolitti fu abilissimo nel trovare un equilibrio tra le forse sociali,
promuovendo un’avanzata legislazione sociale e una politica volta a
favorire la nascente industria italiana.
Giolitti sosteneva che lo stato doveva essere un’entità superiore agli
interessi di parte…
1
Codice Zanardelli del 1889: lo sciopero era ammesso, ma veniva ostacolato duramente.
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Concesse ampia libertà di sciopero, limitandosi a mantenere l’ordine
pubblico in attesa che i contrasti tra lavoratori e proprietari si risolvessero
per mezzo di trattative dirette fra i rappresentati delle due parti.
Giolitti si preoccupò di prevenire e risolvere le agitazioni sociali con le
riforme.
LE RIFORME GIOLITTIANE:
1) venne perfezionata e migliorata la legislazione in favore dei
lavoratori anziani, infortunati o invalidi;
2) emanate nuove norme sul lavoro delle donne e dei fanciulli;
3) venne esteso l’obbligo dell’istruzione elementare fino a 12 anni;
4) venne stabilito il diritto al riposo settimanale e a particolari
provvidenze assistenziali;
5) venne per la prima volta stabilita un’indennità parlamentare: cioè un
compenso ai deputati per le spese che dovevano sostenere per
svolgere il proprio compito in parlamento.;
6) favorì la conquista di migliori retribuzioni, le quali accrescendo le
possibilità di acquisto delle classi lavoratrici, contribuirono a
determinare una più ampia richiesta di beni di consumo sui mercati e
conseguentemente un aumento della produzione.
INTERVENTI NEL SETTORE DELLA SANITÀ PUBBLICA:
1) distribuzione gratuita del chinino conto la malaria, che in 8 anni fece
abbassare la percentuale dei malarici dal 31% al 2%, con un
conseguente aumento demografico;
Il benessere generale portò al risanamento economico nazionale più un
notevole incremento delle entrate dello stato.
Questa politica più una scrupolosa amministrazione del denaro pubblico
fece si che:
a) la cartamoneta italiana acquistasse un’eccezionale prestigio al punto
da «far aggio all’oro», da essere cioè preferita alle monete d’oro sul
mercato internazionale;
b) il risparmio si accrebbe e i depositi nelle banche permisero di
finanziare numerose imprese, sia nel settore agricolo che industriale,
rivitalizzando tutto il sistema economico del paese.
c) Il reddito agricolo, grazie ad alcuni lavori di bonifica e di irrigazione
e ad un più ampio uso di concimi chimici, salì dai 3 miliardi di lire
del 1870 ai 7 miliardi del 1910.
d) Le industrie2 meccanica, tessile, chimica e alimentare, pur essendo
inferiori rispetto a quelle straniere, ebbero un rilevante sviluppo,
raddoppiando in fatturato tra il 1900 e il 1913.
LAVORI PUBBLICI:
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Industria automobilistica: FIAT – Torino 1899 da Giovanni Agnelli; industria della gomma: Pirelli - Milano 1872 da
G.B. Pirelli; industria idroelettrica, passò a mezzo milione di chilowatt NEL 1908, anche se il carbone continuò ad
essere importato in gran quantità.
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a) rete stradale  apertura del traforo del Sempione (20 km) –
estensione della rete;
b) rete ferroviaria  prima era in concessione a società privata (legge
1885), poi molti chiesero la statalizzazione delle rete esistente (a
causa dell’eccessivo costo e della insufficienza). Così Giolitti decretò
la nazionalizzazione della rete ferroviaria (luglio 1905) eccezion fatta
per alcuni tratti.
c) Acquedotto pugliese  inizio dei lavori;
d) Monopolio statale assicurativo => INA Istituto nazionale per le
assicurazioni, 1912, concretamente operativo nel 1913. nel giugno
1911 venne discusso in parlamento la creazione di un istituto
assicurativo di stato. Dopo le prime opposizioni dei fanatici liberisti,
Giolitti decise di dare tempo alle società private di liquidare la
clientela, mantenendo un tetto massimo di spese per i clienti e nello
stesso tempo diede il via al nuovo istituto nazionale per le
assicurazioni.
PROBLEMI IRRISOLTI DEL GOVERNO GIOLITTI 
1. Italia era e rimaneva comunque un paese arretrato;
2. analfabetismo 50% in Sicilia, Calabria, Basilicata;
3. tubercolosi e malaria nelle campagne;
4. disoccupazione e miseria, specie nel sud;
l’Italia era classificato tra i più arretrati d’Europa.
POLITICA INTERNA: estensione del diritto al voto  30 giugno 1912 una
nuova legge ammetteva al voto tutti i cittadini di sesso maschile di 21 anni
compiti in grado di leggere e scrivere; o di 30 anni se analfabeti e non
chiamati sotto le armi. La prima applicazione di tale legge fu nel 1913 a
causa della guerra in Libia.
LE CRITICHE SULL’AZIONE POLITICA DI GIOLITTI:
1) corruzione del corpo elettorale (Giolitti pur di riuscire a dominare la
scena politica non rinunciò a destreggiarsi fra gli opposti partiti,
appoggiando ora uno ora l’altro).
2) Intimidazione e corruzione del corpo elettorale avvalendosi dei
prefetti e della polizia, per eliminare scomodi avversari e per poter
così creare una camera di deputati tutti “giolittiani di ferro” e come
tale disposti ad obbedirgli fedelmente.
3) Il pesante clientelismo e il centralismo burocratico dei metodi
elettorali furono oltremodo eccessivi nel mezzogiorno, tali abusi
vennero denunciati dallo storico e socialista e meridionalista Gaetano
Salvemini (1873 – 1957) che definì Giolitti “ministro della
malavita”.
Nonostante le accuse e le critiche e il governo giolittiano godette di
stabilità, che consentì di :
1) accogliere alcuni punti del programma socialista e di placare l’ala
estremista;
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2) di dimostrare alla borghesia che il miglioramento delle condizioni di
vita dei lavoratori coincideva con un deciso progresso di tutto il
paese, quindi un vantaggio per il sistema produttivo e per lo stato.
GLI ACCORDI GIOLITTIANI:
1) accordo con il PARTITO SOCIALISTA, in questo modo agganciando le
forze di sinistra popolare al governo, le spingeva alla collaborazione
e le allontanava dalle rivoluzioni. Nel 1903 Giolitti offrì a Filippo
Turati l’invito ad entrare nel suo primo governo, ma non fu un
successo. Tra il 15 e il 20 settembre 1904 ci fu il I° SCIOPERO
GENERALE (della storia italiana) e nuove elezioni, portarono un
indebolimento dell’estrema sinistra, il partito socialista si avvicinò
alla politica di giolitti (senza però mai arrivare ad un a concreta
collaborazione di governo).
2) PATTO GENTILONI (1913)  stipulato con il conte Vincenzo
Ottorino Gentiloni, in base al quale i cattolici si impegnavano a
sostenere l’elezione dei deputati liberali, ottenendo in cambio
l’abbandono della politica anticlericale. Tale avvenimento segnò 3di
fatto il rientro dei cattolici nella vita politica italiana (dopo il 1870) .
I PARTITI CATTOLICI:
a) Romolo Murri (1870 – 1944)  democrazia cristiana italiana (1900 1901), un movimento che non divenne mai un vero partito. Il Murri mirò
ad una possibile conciliazione tra democrazia e religione, tra socialismo e
dottrina sociale della chiesa. Questo movimento non trovò il consenso né
di Leone XIII né di Pio X e Murri entrò in contrasto con la chiesa cattolica,
fu eletto deputato nel 1904 con l’appoggio radicale e socialista e fu
sospeso a “a divinis” cioè dall’esercizio sacerdotale, nel 1907 e poi
scomunicato nel 1909.
b) DON LUIGI STURZO (Sicilia 1871 – 1959)  l’idea era quella di un
partito laico- cristiano, a carattere democratico e popolare, autonomo
dall’autorità ecclesiastica. Invitava i cattolici ad inserirsi solo nelle
amministrazioni locali e a creare convergenze politiche a livello comunale.
c) Guido Mignoli (1879- 1954)  movimento sindacale di ispirazione
cattolica: «leghe bianche» che operavano nelle campagne attraverso
l’organizzazione di casse rurali e associazioni contadine.
POLITICA ESTERA:
Il cambiamento di indirizzo fu ancora più incisivo che in politica interna.
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20 settembre 1870: le truppe italiane entrano a Roma e in seguito il plebiscito proclamava Roma capitale, con
grande disappunto del pontefice Pio IX, che rinchiusosi volontariamente nei palazzi del Vaticano, lancia nel 1874 il
decreto del «non expedit» impedendo a tutti i cattolici di intervenire e di partecipare alla vita politica dello stato
italiano. In seguito Pio X (1903-1914) convinto dalla presenza atea e anticlericale del partito socialista, decise di
attenuate l’intransigenza vaticana nei riguardi del regno di Italia, ammettendo la possibilità di una partecipazione di
cattolici alle elezioni politiche. Infatti alle elezioni indette subito dopo lo sciopero generale, il papa concesse ad alcuni
candidati di farsi eleggere nelle liste elettorali come cattolici deputati sottolineando la scelta puramente personale e
non vincolante la chiesa.
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Periodo precedente a Giolitti (nota storica): il governo italiano era convito
che tutti i problemi di politica estera si potevano risolvere con il patto della
TRIPLICE ALLEANZA (Italia, Germania e Austria). Infatti l’Italia si era
avventurata in Africa causando però l’ostilità della Francia e
dell’Inghilterra. Nella sconfitta di Adua (1 marzo 1896) l’Italia si rese
conto dell’importanza dell’appoggio delle due potenze europee che
avevano forti interessi da difendere i quel territorio.
POLITICA GIOLITTIANA:
Giolitti comprese l’importanza dei rapporti con Francia e Gran Bretagna,
così indirizzò il suo impegno politico e diplomatico nell’avvicinamento a
queste due nazioni e a considerare la triplice alleanza con un patto
puramente difensivo. Concordò con la Francia una pace e un’espansione
francese nel Marocco in cambio di penetrare in Tripolitania e Cirenaica.
Accordi simili furono presi con Inghilterra e Russia. L’Italia così si
trovava in una posizione moderatrice tra Austria e Germanica da una parte
e Inghilterra e Francia e Russia dall’altra.
LA GUERRA LIBICA (1911-1912):
i preparativi iniziarono
nel 1911. I sostenitori furono i seguaci del nuovo
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partito nazionalista ad opera di Enrico Corradini (1865 – 1931). Anche
Giolitti (poco favorevole alla guerra) alla fine si mostrò favorevole a
questo intervento per ragioni di equilibrio europeo e mediterraneo, e di
prestigio per l’Italia. Così l’Italia entrò in guerra insieme alla Francia.
a) SBARCO A TRIPOLI  29 settembre 1911 col pretesto di alcuni
incidenti a danno di italiani, venne dichiarata guerra alla
Turchia. Il corpo di spedizione era guidato dal generale Carlo
Caneva (1845 – 1922), che occupò tutta la fascia costiera fino a
Tobruk, vincendo a Ain Zara. La conquista dell’interno fu assai
difficoltosa.
b) ATTACCO ALLA TURCHIA  maggio 1912 un corpo di
spedizione occupò Rodi e le isole del Dodcanneso, mentre
Enrico Millo con 5 torpediniere nella notte tra il 18 e il 19
luglio penetrava nello stretto dei Dardanelli.
c) PACE DI LOSANNA  18 ottobre 1912 il sultano chiese
l’armistizio e si firmò la pace di Losanna (svizzera), che sancì:
il possesso all’Italia della Tripolitania e della Cirenaica, del
Dodecaneso.
Le conseguenze:
1) comunque questa conquista non portò i vantaggi
sperati, il territorio era desertico e i giacimenti di
petrolio verranno scoperti solamente nel 1952,
successivamente all’indipendenza del paese.
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Nazionalismo: sorto nell’ultimo trentennio del XIX sec in Europa, avverso ad ogni tendenza pacifista e favorevole alla
forza militare contro ogni ideale di buona convivenza fra i popoli.
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2)
L’impresa libica incoraggiò il bellicismo e il desiderio
di azione dei nazionalisti che si proposero sempre più
al governo.
3) Spaccatura all’interno del partito socialista tra i
riformisti (che approvavano il conflitto) e la
maggioranza (che era stata contro la guerra).
↓
SCISSIONE DEL PARTITO SOCIALISTA
La spaccatura divenne irreparabile, quando nel 1912 il congresso di
Reggio Emilia espulse dal partito Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi
(riformisti) a favore della guerra in Libia. Bissolati e Bonomi crearono il
partito socialista riformista italiano. Gli altri riformisti guidati da Filippo
turati rimasero al PSI diretto da Benito Mussolini (1883-1945). Essi
rappresentavano l’ala più intransigente del partito.
Crisi della politica giolittiana: questi mutamenti spinsero giolitti a cercare
nuove alleanze (vedi patto Gentiloni), ma la sua leadership cominciò ad
indebolirsi, così nel marzo 1914 cedette il posto ad Antonio Salandra
(1853 – 1931) un conservatore che adottò un atteggiamento fermo e
risoluto nei confronti del movimento operaio. Ma la reazione popolare fu
immediata, in particolare in Romagna, dove scoppiarono violente
dimostrazioni e sommosse. Le lotte capeggiate da Benito Mussolini, allora
direttore dell’«AVANTI», (il quotidiano dei socialisti) dagli anarchici e dai
repubblicani, furono facilmente represse dall’esercito nel corso della
cosiddetta SETTIMANA ROSSA (7 – 13 giungo 1914), durante la quale si
ebbe lo sciopero generale su base nazionale.
Mappa concettuale
ETÀ
DI GIOLITTI
dal 1903 al 1914 realizza
RIFORME SOCIALI
legislazione sociale
commissariato per
l’emigrazione
consiglio nazionale
del lavoro
SUFFRAGIO
UNIVERSALE MASCHILE
diritto al voto agli
uomini alfabeti di
21 anni
diritto voto per
tutti gli uomini
oltre i 30 anni
ACCORDO
CON I
CONQUISTA DELLA LIBIA
CATTOLICI
tra
cattolici e liberali
PATTO GENTILONI
ingresso dei
cattolici nella vita
politica
favorita da motivi
economici, sociali e
ideologici
1911 guerra
all’impero ottomano
1912 pace di Losanna
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U.D. 2_ LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Verso la prima guerra mondiale
Il primo quindicennio del XX secolo fu un periodo di progresso
industriale. Esso nascondeva tuttavia, sia sul piano delle rivendicazioni
nazionalistiche, sia su quello delle istanze sociali, notevoli contraddizioni.
I due blocchi in cui erano divise le maggiori potenze europee, la TRIPLICE
ALLEANZA e la TRIPLICE INTESA, erano al loro interno lacerate da
contrasti.
L'elemento di maggior attrito per la pace era costituito dalla rivalità tra
GERMANIA E FRANCIA.
La situazione tra i due paesi fu peggiorata dagli atteggiamenti intimidatori
di Guglielmo II, soprattutto in occasione del tentativo francese di
assicurarsi il protettorato sul Marocco. Nel 1905 e nel 1911, le due nazioni
europee furono vicine allo scontro, ma grazie all'intervento delle
diplomazie europee la tragedia fu evitata. La Francia ottenne il protettorato
sul Marocco e diede in cambio alla Germania una parte del Congo.
Altra zona estremamente delicata erano i BALCANI, dove i popoli slavi
sottomessi all'Austria aspiravano all'indipendenza e chiedevano l'appoggio
della Russia, il maggiore Stato slavo, tradizionalmente interessata a
inserirsi nei Balcani.
Quando nel 1908 l'Austria decise di annettere la Bosnia e l'Erzegovina,
molte nazioni europee protestarono ma senza risultato. La tensione esplose
in occasione della guerra italo-turca per il possesso della Libia e la Turchia
perse nella PRIMA GUERRA BALCANICA quasi tutti i possedimenti europei.
La spartizione di questi territori portò alla SECONDA GUERRA BALCANICA:
la Bulgaria, sostenuta diplomaticamente dall'Austria, fu sconfitta dalla
Serbia, forte dell'appoggio della Russia, e dovette cedere numerosi
territori.
L'Austria, uscita così sconfitta, attendeva l'occasione di rifarsi contro i
Serbi e da questo contrasto doveva nascere la scintilla della prima guerra
mondiale.
La prima guerra mondiale
L’occasione non tardò a presentarsi, quando in una strada di Sarajevo,
capitale della Bosnia, il 28 GIUGNO 1914 l'arciduca Francesco Ferdinando,
erede al trono d’Austria insieme alla moglie Sofia, fu assassinato da uno
studente nazionalista serbo, Gavrilo Princip (affiliato all’organizzazione
segreta la “mano nera” protetta dal governo di Belgrado).
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L’accaduto costituì il pretesto per la dichiarazione di guerra dell'Austria
alla Serbia.
Si metteva così in moto il meccanismo delle alleanze che dava alla guerra
dimensioni europee e mondiali: da una parte le POTENZE DELL'INTESA
(Russia, Francia, Inghilterra, presto affiancate dal Giappone e poi dalla
Romania), dall'altra gli IMPERI CENTRALI (Austria-Ungheria e la Germania,
cui si aggiunsero l'impero ottomano e la Bulgaria).
L'Italia, poiché l'Austria non aveva tenuto conto di alcune clausole della
Triplice Alleanza, si mantenne neutrale.
Le operazioni belliche iniziarono (2 agosto 1914) con una travolgente
manovra dell'esercito tedesco che, incassato il rifiuto da parte della Russia
e da parte della Francia di smobilitare i rispettivi5eserciti, invase il
Lussemburgo e spezzata la resistenza del Belgio , penetrò in territorio
francese (4 agosto).
L’Inghilterra preoccupata della presenza della Germania nella Manica,
dichiarò guerra alla Germania (4 agosto) e inviò un corpo di spedizioni in
aiuto dei francesi. Alcuni giorni dopo anche il Giappone entra in guerra
contro la Germania, attaccando i possedimenti tedeschi nel pacifico,
mentre la Turchia scendeva in campo a fianco di Germania e Austria,
bloccando lo stretto dei Dardanelli alle navi russe.
Era opinion e comune che la Germania avrebbe vinto la guerra in tempi
brevissimi (guerra lampo) e che annientatela truppe francesi sul fronte
occidentale, non le rimaneva che la Russia sul fronte orientale.
Sul fronte orientale i russi, grazie alla schiacciante superiorità numerica,
riuscirono in un primo momento a penetrare in Prussia, ma subirono due
sconfitte nelle battaglie di TANNENBERG (27 – 30 agosto ’14) e dei LAGHI
MASURI (8 – 10 settembre 1914), e si dovette ritirare in posizione
difensiva.
Sul fonte occidentale i tedeschi arrivarono sino a 40 km da Parigi , qui
però furono fermati nella drammatica BATTAGLIA DELLA MARNA (5- 12
settembre), da questo momento in poi la “guerra di movimento” si
trasformò in una incessante e logorante “guerra di posizione” ovvero di
trincea.
L’Italia non era scesa in campo a fianco della triplice alleanza, in quanto
l’azione bellica voluta dall’Austria e appoggiata dalla Germania, non era
stata sottoposto al giudizio italiano, inoltre una clausola del contratto
recitava chiaramente che l’Italia sarebbe entrata in guerra a fianco degli
imperi centrali qualora essi fossero stati attaccati e non il contrario. Inoltre
quasi tutta al popolazione italiana era contraria al conflitto, e ricordiamo
inoltre che il nostro paese non era ben equipaggiato per sostenere un così
grande sforzo bellico. Col passare dei mesi però nell’opinione pubblica si
divise in due schieramenti: Neutralisti e Interventisti.
I NEUTRALISTI erano quasi tutti socialisti, la maggioranza dei cattolici e i
liberali giolittiani.
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Si ricorda che il Belgio era neutrale.
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I socialisti: era convinti che ogni guerra fosse contraria agli interessi del
proletariato che stava muovendo i primi passi per migliorare la propria
condizione sociale;
i cattolici: erano animati da motivi umanitari ed erano turbati dalla lotta
scatenatasi tra poli che avevano una stessa fede religiosa;
i liberali giolittiani: temevano che lo sforzo bellico avrebbe messo in crisi
la fragile economia del paese, sconvolgendo gli equilibri politici
faticosamente raggiunti.
Gli INTERVENTISTI , invece, erano nazionalisti, i sindacalisti rivoluzionari,
gli irredentisti.
I nazionalisti: consideravano la guerra un occasione per consolidare la
potenza dell’Italia sul piano internazionale. La guerra si sarebbe dovuta
combattere contro la Francia per strapparle Nizza e Savoia, la Corsica e la
Tunisia. Però ben presto questa idea mutò e votarono per combattere
contro l’Austria per liberare le terre irredente (Trento e Trieste).
I sindacalisti rivoluzionari pensavano che il conflitto avrebbe permesso di
ricostruire sulle macerie dello stato liberale un nuovo ordine basato
sull’uguaglianza e sul potere delle masse operaie.
Gli irredentisti: vedevano nella guerra contro l’Austria e la liberazione di
Trento e Trieste il completamento del risorgimento. Fra questi spiccava
Benito Mussolini, che inizialmente neutralista, convertitosi al più acceso
nazionalismo (proprio per questo fu espulso da partito socialista)
considerava la guerra il miglior modo per sovvertire gli equilibri politici
esistenti in Italia.
Mentre infuriava la disputa tra interventisti e neutralisti il governo italiano
conduceva diplomaticamente delle trattative sia con gli imperi centrali che
con la triplice intesa. Le richiesta dell’Italia riguardavano soprattutto il
trentino e la Venezia Giulia , l’egemonia sull’adriatico e l’influenza
economica e politica sui Balcani.
Fallite le trattative con l’Austria, il 26 aprile 1915
l’Italia stipulò con gli
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alleati un patto segreto: Il PATTO DI LONDRA .
Per vincere la ritrosia dei neutralisti vennero organizzate manifestazioni di
piazza anche piuttosto violente di studenti e ufficiali, ricordate come le
radiose giornate di maggio, che indussero il parlamento a votare a favore
per l’entrata in guerra. Così il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra a
fianco dell’Intesa.
L’Austria dovette aprire un nuovo fronte sulle alpi per difendersi
dall’Italia. Il comandante delle nostre truppe Luigi Cadorna ordinò ben 4
offensive lungo il fiume Isonzo e sull’alto piano del Carso, ma i risultati
furono assai modesti e la guerra divento di posizione.
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L’intesa prevedeva l’entrata in guerra del nostro pese entro un mese e in cambio, in caso di vittoria la restituzione
delle terre irredente e dell’altro Adige.
colonia tedesca.
In più si sperava nella conquista di alcune sponde dell’adriatico e qualche
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Nel 1916, mentre nei Balcani si assisteva al crollo della Serbia e alla quasi
completa invasione della Romania, sul fronte russo le sorti della guerra
erano alterne. Sul fronte occidentale si registrò una dura offensiva degli
imperi centrali: in Francia l'iniziativa tedesca portò alla sanguinosa
battaglia di Verdun, ma i francesi riuscirono a sferrare una forte
controffensiva nella Battaglia del fiume Somme, impiegando per la prima
volta i carri armati.
In Trentino l'esercito italiano riuscì a stento a bloccare la "spedizione
punitiva" degli Austriaci, passando però poi alla controffensiva e liberando
Gorizia.
Alla guerra terreste si era aggiunta intanto anche la guerra sui mari.
Nel 1917 il tentativo della Germania di spezzare il BLOCCO NAVALE
inglese scatenando
una guerra sottomarina illimitata, provocò l'intervento
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degli USA a fianco dell'Intesa. Questo intervento non diede vantaggi
militari immediati, e anzi la situazione dell'Intesa si aggravò in seguito alla
defezione della Russia, che fu costretta dallo scoppio della RIVOLUZIONE
DEL FEBBRAIO DEL 1917 a uscire dal conflitto. L’esempio degli stati uniti
fu seguito anche dalla Grecia, che scese in guerra a fianco degli alleati.
Ciò permise agli imperi centrali di portare rinforzi sul fronte occidentale, e
di ottenere importanti successi. In Italia, gli Austro-Tedeschi sfondavano a
Caporetto (24 – 29 ottobre 1917), costringendo le nostre truppe a ritirarsi
fino al Piave. La sconfitta portò alla sostituzione del generale Cadorna con
il generale Diaz al comando supremo e venne nominato un governo di
unità nazionale, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando.
In Francia, i tedeschi giunsero a minacciare Parigi. Ma gli imperi centrali
erano ormai stremati e il massiccio arrivo in Europa delle truppe
americane contribuì a rovesciare la situazione, tanto che poterono
respingere i tedeschi nella controffensiva della Argonne, al di là del Reno.
Un anno dopo la disfatta di Caporetto, con la battaglia VITTORIOSA DI
VITTORIO VENETO, l'Italia costringeva alla resa l'Austria-Ungheria (4
novembre 1918): l'impero asburgico si dissolse.
Anche in Germania una rivoluzione portò alla fuga di Guglielmo II e alla
proclamazione della repubblica, la quale, l'11 novembre, firmò l'armistizio.
Alla CONFERENZA DELLA PACE (PARIGI 1919-20) si scontrarono la politica
del presidente degli USA, Wilson, il quale chiedeva giuste condizioni di
pace, ispirate al principio dell'autodeterminazione dei popoli (14 punti), e
la politica di potenza di Inghilterra, Francia e Italia.
Il TRATTATO DI VERSAILLES impose alla Germania oppressive condizioni
di pace (perdita di alcuni territori nazionali e delle colonie; riduzione
dell'esercito e della produzione bellica).
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Nella battaglia sottomarina, venne affondato un transatlantico inglese, il Lusitana, con circa 1200 passeggeri, 128 dei
quali era americani, suscitando l’indignazione e lo sgomento degli USA. Quando poi, nel 1917 vennero affondati 3
mercantili statunitensi , il presidente americano Woodrow Wilson indusse il congresso a dichiarare guerra angli imperi
centrali.
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Con il trattato di SAINT-GERMAIN l'Austria fu ridotta a una piccola
repubblica e dovette cedere l'Alto Adige, il Trentino, Trieste e l'Istria
all'Italia.
L'Ungheria fu dichiarata regno autonomo. Nacquero dalla spartizione dei
territori austro-ungarici e dai territori strappati alla Russia la repubblica di
Polonia, la repubblica della Cecoslovacchia, il regno di Jugoslavia, il
regno di Albania e le repubbliche della Lituania, dell'Estonia, della
Lettonia e della Finla
La rivolta di Pietroburgo e l’inizio della Rivoluzione di Febbraio
La partecipazione della Russia alla I guerra mondiale aveva fatto emergere
antiche e recenti contraddizioni. Gli insuccessi militari, la scarsezza di
viveri, i molti sacrifici imposti alla popolazione e ai soldati al fronte,
determinarono un profondo malessere ed una avversione verso il regime
zarista.
Durante l’inverno del 1917 nelle principali città russe si verificarono
scioperi e disordini. Numerosi reparti dell’esercito, inviati per ristabilire
l’ordine, si ammutinarono e fecero causa comune con i manifestanti. A
Pietroburgo, la capitale della Russia, il 7 marzo (22 FEBBRAIO secondo il
calendario russo, da cui il nome di RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO) operai e
soldati insorsero e si impadronirono della città: furono liberati i prigionieri
politici e fu costituito il SOVIET DEI LAVORATORI e dei soldati, una sorta di
Parlamento proletario che divenne un «contropotere» rispetto al governo.
Sull’esempio di Pietroburgo insorsero anche altre città e si formò così un
governo provvisorio presieduto dal principe Georgy L’vov. Il 16 marzo lo
zar Nicola II fu costretto ad abdicare in favore del fratello Michele, che
però rifiutò, determinando di fatto la fine della monarchia.
Nonostante le tensioni e le gravi difficoltà del paese, il governo decise di
continuare la guerra a fianco dell’Intesa e contro gli imperi centrali.
Intanto rientrava in Russia dalla Svizzera, dopo l’esilio forzato a seguito
del fallito tentativo rivoluzionario del 1905, Lenin. Lenin indusse i
bolscevichi a condurre una forte opposizione contro il governo liberaldemocratico. Nelle sue cosiddette «tedi di aprile» presentate al partito
bolscevico, di cui assunse la guida, reclamò l’immediata cessazione della
guerra, la destituzione del governo e il passaggio di tutto il potere ai
soviet., considerati l’unica espressione legittima della volontà popolare.
A seguito di una fallita controffensiva sferrata dall’esercito russo in
Galizia, scoppiare manifestazioni popolari contro la guerra. Il governo
attribuì la responsabilità di tali episodi al partito bolscevico e ai suoi
dirigenti e Lenin dovette riparare in Finlandia, mentre altri suoi
collaboratori finivano in carcere.
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A seguito di ciò L’vov si dimise e subentrò Aleksander Kerenskij, un
socialista rivoluzionario. La debolezza della del nuovo esecutivo si mostrò
subito, quando il generale Kornilov tentò un colpo di stato, sventato dai
bolscevichi e dai soviet.
La rivoluzione d’ottobre e la nascita dell’Urss
Rientrato a Pietroburgo dalla Finlandia, Lenin e i suoi godevano di un
consenso assai ampio. A questo punti i bolscevichi decisero di passare
all’azione. Nella notte tra il 24 E IL 25 OTTOBRE 1917 (6-7 novembre
secondo il calendario occidentale), le guardie rosse guidate da Lev
Davidovic TROCKIJ, che aveva organizzato le forze armate dell’armata
Rossa, assunsero il controllo di Pietroburgo, dopo aver conquistato il
PALAZZO D’INVERNO, sede del governo. Krenskij fuggì e i potere fu
assunto da un consiglio dei commissari del popolo, presieduto da Lenin,
che proclamò la nascita della Repubblica sovietica (26 ottobre 1917). Il
congresso dei Soviet, immediatamente convocato, approvò poi tre decreti
preparati da Lenin:
* trattative di pace con la Germania;
*Confisca e distribuzione ai soviet dei contadini delle terre
appartenute ai grandi proprietari e alla monarchia;
* Formazione di un governo provvisorio di bolscevichi.
Nel mesi successivi venne stabilito per legge il controllo operaio sulle
fabbriche, che preludeva al loro esproprio, e fu decretata la
nazionalizzazione delle banche, che divennero così di proprietà statale.
Il 25 novembre 1917 si svolsero le lezioni per l’ASSEMBLEA COSTITUENTE,
che avrebbero dovuto redigere la COSTITUZIONE DEL NUOVO STATO
BOLSCEVICO. La maggioranza assoluta fu conquistata dai socialisti
rivoluzionari, i quali ottennero il 65% dei voti, mentre i bolscevichi
conseguirono soltanto il 25% dei voti.
L’assemblea costituente si riunì per la prima volta il 18 gennaio 1918, ma
il giorno successivo il congresso dei Soviet controllato dai bolscevichi, e il
governo, presieduto da Lenin la sciolsero con il pretesto che essa non
rappresentata l’autentica volontà del popolare. Con questo atto arbitrario
Lenin assunse il potere e diede vita alla dittatura del proletariato,
caratterizzata dalla sospensione delle libertà civili e politiche tipiche delle
democrazie liberali (pluralismo politico, libertà di pensiero e di stampa,
libere elezioni).
Il 3 MARZO 1918 la Russia firmò con gli imperi centrali la pace di BRESTLITOVSK, con la quale perse l’Ucraina, Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania
e Finlandia, paesi ai quali venne riconosciuta l’indipendenza, nonché
alcuni territori del Caucaso a favore della Turchia.
Le umilianti condizioni di pace scatenarono una rivolta opposizione contro
il governo e favorirono la ripresa delle forze conservatrici e
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antirivoluzionarie, rimate marginate dalla rapida affermazione dei
bolscevichi nell’autunno del 1917.
Nella prima vera del 1918 si verificarono parecchi episodi insurrezionali
contro il regime bolscevico. Le potenze occidentali, inoltre, contribuirono
alla creazione di eserciti controrivoluzionari in Siberia, sul Volga, in
ucraina e sul baltico. Si trattava della cosiddetta Armata Bianca, formata
da truppe e ufficiai dello zar, che riuscì tra il 1918 e il 1919 a controllare
vasti territori in cui vennero istituiti governi provvisori.
All’ARMATA BIANCA si oppose L’ARMATA ROSSA, guidata da Ttrockij, e fu
la GUERRA CIVILE.
durante la sanguinosa guerra civile (1918 – 1921) il governo per assicurare
viveri e rifornimenti all’esercito adottò una politica assai drastica in campo
economico, indicate con il nome di Comunismo di Guerra: l’industria fu
nazionalizzata e sottoposta al controllo statale, la produzione agricola fu
requisita, i generi alimentari razionalizzati.
Il 16 luglio 1918 lo zar Nicola II e la sua famiglia, tenuti prigionieri in una
cittadina degli urali, vennero uccisi dalle guardie rosse per timore che
potessero essere liberati dall’armata bianca. La guerra divenne sempre più
spietata e per sottolineare il distacco del governo bolscevico dal regime
zarista venne scelta Mosca come capitale.
Alla conclusione della guerra civile, che vide la vittoria dell’armata rossa,
si era ormai costituito un regime dittatoriale rigidamente controllato dal
partito comunista.
Per uscire dalla pericolosa situazione venutasi a creare, nel marzo 1921 i
dirigenti comunisti decisero di abbandonare il «comunismo di guerra» e di
avviare la Nuova politica economica (NEP), il cui scopo era quello di
favorire la ripresa della produzione agricola e industriale.
Con questo obiettivo venne deciso di:
* liberalizzare il commercio dei prodotti agricoli;
* promuovere lo sviluppo della piccola industria privata;
* agevolare la nascita di aziende commerciali private.
La nuova politica ebbe effetti sostanzialmente positivi, che portò il paese
ad una progressiva ripresa.
Il 30 dicembre 1922 il nuovo stato, nato dalla rivoluzione d’ottobre
assunse il nome di Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). Il
partito comunista bolscevico prese il nome di Partito comunista
dell’unione sovietica (Pcus) e fu l’unica organizzazione politica
riconosciuta nel paese.
La Russia intanto era uscita dall’isolamento internazionale in seguito a un
trattato stipulato con la Germania e, nel 1924, ottenne il riconoscimento
ufficiale anche dall’Inghilterra, dell’Italia e della Francia.
Nel 1924 avvenne la morte di Stalin e si aprì la latta per la successione ai
vertici dello stato e del partito comunista. Lo scontro contrappose Trockij e
Stalin. Trockij sosteneva la necessità di una rivoluzione permanente, alla
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quale la nuova nazione russa avrebbe dovuto dedicare tutte le sue energie
per la formazione di nuovi stati comunisti; Stalin voleva rafforzare il
socialismo in un solo paese, l’unione sovietica, escludendo al meno per il
momento la possibilità di esportare la rivoluzione.
La vittoria fu di Stalin, che costrinse all’esilio Trockij. Quest’ultimo portò
avanti una politica di opposizione alla politica di Stalin, fino a quando non
venne assassinato in Messico nel 1940, da un sicario del partito
bolscevico.
La NEP aveva data benefici solo in parte, perché color che ne trassero
maggiormente profitto furono i KULAKI (i proprietari agricoli agiati). Così
Stalin impose allora nel 1928, una politica economica pianificata, posta
sotto il controllo del governo e del partito. Questa nuova politica si
caratterizzò per:
- l’industrializzazione accelerata;
il sostegno privilegiato all’industria pesante;
la collettivizzazione di tutte le terre;
la progressiva scomparsa del commercio e della piccola industria.
Vennero infatti stabiliti i piani quinquennali con obiettivi minimi da
raggiungere sia nel settore agricolo che in quello industriale. I risultati
ottenuti con i primi due pian i quinquennali (1928 - 1938) furono
spettacolari: L’URSS divenne la prima produttrice di acciaio nel mondo e la
seconda di petrolio. Già nel 1932 la disoccupazione era scomparsa e nel
1940 le fabbriche assicuravano il lavoro a 32 milioni di operai, contro i 7
milioni dell’anteguerra.
L’attuazione dei piani quinquennali in agricoltura portò all’eliminazione
fisica dei Kulaki che si opponevano alla confisca dei terreni. In
sostituzione vennero create cooperative agricole, i KOLCHOZ (imprese
agricole statali) e i SOVCHOZ nelle quali i contadini lavoravano alle dirette
dipendenze dello stato. Queste due soluzioni avrebbero dovuto risollevare
la situazione del paese, ma non fu così perché le difficoltà incontrate nella
distribuzione dei prodotti e il malcontento dei contadini, che si erano
opposti alla collettivizzazione, provocarono un continuo peggioramento
dei raccolti e una costante penuria di generi alimentari.
Stalin nel corso degli anni ’30 concentrò nelle sue mani il potere assoluto e
indiscusso, fondato sul culto della persona. Non mancavano dissensi e
oppositori, e Stalin nel 1934 prendendo a preteso l’uccisione di uno dei
suoi più stretti collaboratori, scatenò una campagna persecutoria contro
ogni forma di opposizione al regime.
Una lunga serie di processi politici , nel quali gli imputati erano costretti a
umilianti confessioni di colpe mai commesse, permise al dittatore di
condannare a morte o di deportare in Siberia, nei campi di lavoro forzato
Gulag centinaia di dissidenti.
Con le GRANDI PURGHE (le brutali eliminazioni) Stalin rinnovò
radicalmente la classe dirigente del partito comunista, dello stato e
dell’esercito, imponendo personaggi a lui fedeli e ottenendo così il
dominio assoluto sul paese.
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Mod._2 I REGIMI TOTALITARI TRA LE DUE GUERRE
U.D. 1_ L’Italia nel I dopoguerra e la nascita del partito
fascista
L’Italia era uscita stremata dalla prima guerra mondiale, sia
economicamente, che socialmente. L’industria, che era stata convertita per
la produzione bellica, durante il conflitto, doveva, adesso essere
nuovamente riconvertita alla produzione di pace. L’aumento dei salari e
degli stipendi era inferiore all’aumento dei prezzi dei beni di prima
necessità. Le risorse dello Stato erano insufficienti per cercare di assorbire
la disoccupazione (opere pubbliche etc..) e di occuparsi di assistenza
sociale (mutilati, vedove, orfani etc..). Nel paese si diffuse, di
conseguenza, un grande disagio e malcontento, che coinvolgeva tutti gli
strati della società.
La grande borghesia era preoccupata per la crescita della forza politica e
sindacale del movimento operaio; i proprietari terrieri erano allarmati per
le rivendicazioni dei braccianti, sostenute soprattuto dai socialisti; i ceti
medi erano delusi per i risultati della vittoria e amareggiati per il declino
del loro prestigio sociale; la classe operaia, infervorata dalle conquiste
della Rivoluzione russa, reclamavano maggiore potere nelle fabbriche e
manifestava tendenze rivoluzionarie; i contadini, tornati dal fronte,
chiedevano l’assegnazione delle terre demaniali e dei latifondi incolti, così
come era stato loro promesso dai loro comandanti nei moneti difficile della
guerra.
Questa situazione avrebbe richiesto polso, attenzione ed iniziativa dalle
autorità statali, che avrebbero dovuto guidare il paese verso la ripresa e
mantenere il controllo del governo attraverso misure e provvedimenti
incisivi; ma ispirandosi ad una politica accomandante del passato,
dimostrarono inadeguatezza assoluta verso i problemi in cui versava il
paese.
La vittoria non aveva portato i risultati che la classe dirigente liberale e i
nazionalisti si attendevano. Pur avendo ottenuto il Trentino e l’Alto Adige,
Trieste e l’Istria, ciò che più pesava era la mancata espansione dell’Italia
nei Balcani e l’esclusione del nostro paese dalla spartizione delle ex
colonie tedesche. Ma il malessere e lo scontento era alimentato anche dai
discorsi dei nazionalisti che avversavano il sistema parlamentare e i valori
della democrazia, accusando, inoltre, i “corrotti politicanti” di aver
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svenduto i diritti dell’Italia durante le trattative di pace. Da questo stato di
delusione e smarrimento sorse e si diffuse il mito della “vittoria
mutilata”, della patria tradita, un mito abilmente sfruttato da Mussolini e
dai suoi seguaci per portare aventi e legittimare il loro disegno autoritario.
La conseguenza di questo sentimento di rivalsa e di insoddisfazione fu
l’occupazione di Fiume da parte del poeta Gabriele D’annunzio, che vi
creò un governo provvisorio e ne proclamò l’annessione all’Italia.
L’avventura durò un anno, quando il governo italiano si accordò con
quello jugoslavo (trattato di Rapallo) sulla costituzione della Stato libero di
Fiume. La questione fu regolata con il trattato di Roma (gennaio 1924):
l’Italia conservava l’Istria e la città di Zara e si annetteva Fiume, mentre la
Iugoslavia otteneva come compenso alcuni territori istriani e la Dalmazia.
Nel 1919 ci furono le elezioni con le quali la composizione del parlamento
fu completamente rinnovata. I liberali persero parecchi voti e per la prima
volta persero la maggioranza assoluta; il partito socialista si affermò come
primo partito italiano, conquistando il 32% dei voti; notevole consenso
ottenne anche il partito popolare di don Luigi Sturzo, che ottenne il 20,6
%. Ma i tre maggiori gruppi parlamentari esprimevano idee politiche
profondamente diverse.
18
U.D. 2_ Il fascismo
Infatti, in un duro discorso tenuto alla camera dei deputati il 3 gennaio
1925, il dittatore si assunse la responsabilità di tutto ciò che era accaduto.
L’opposizione tacque allibita, la piazza non si mosse. Aveva inizio così il
REGIME FASCISTA, destinato a durare vent’anni.
Nei mesi successivi il governo emanò una serie di leggi eccezionali
ovvero fascistissime (1925–1926) che cancellarono definitivamente lo
Stato liberale:
 furono rafforzati i poteri del capo del governo;
 il Parlamento fu completamente esautorato e l’opposizione
parlamentare venne eliminata;
 furono sciolti i partiti, soppresso il diritto di sciopero, dichiarate
illegali le organizzazioni sindacali, tranne quelle fasciste, le
corporazioni, alle quali venne assegnato il compito di promuovere la
collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori;
 la stampa contraria al fascismo fu ridotta al silenzio;
 i sindaci, la cui carica era ancora elettiva, vennero sostituiti da
podestà nominati dal re su proposta del governo;
 fu creata la Polizia politica segreta (Ovra) e venne istituito il
Tribunale speciale per giudicare e condannare, ance la pena di
morte, coloro che si fossero resi colpevoli di reati contro il regime.
Gli oppositori del fascismo furono condannati al carcere, come Antonio
Gramsci; al confino in un’isola o in un luogo lontano, come Sandro
Pertini, Carlo Levi, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi; all’esilio come Filippo
Turati, Pietro Nenni, Luigi Sturzo, Palmiro Togliatti, riparato a Mosca.
Coloro che si rifugiarono in Francia, crearono a Parigi due organizzazioni
politiche per favorire il ritorno della democrazia in Italia: La
Concentrazione antifascista, fondata dai socialisti e repubblicani e
l’associazione Giustizia e Libertà, di ispirazione liberal-socialista.
L’azione degli antifascisti ebbe però scarsi effetti e venne sorvegliata
costantemente dalla polizia fascista, che organizzò l’assassinio, nel 1937,
dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, massimi esponenti di giustizia e Libertà.
Il partito comunista, invece, costituì la sua opposizione in clandestinità sin
dai primi anni del fascismo, contando su una vasta rete di gruppi operativi,
attivi specialmente nelle fabbriche. Nonostante i frequenti arresti, la
struttura del partito mantenne una discreta efficienza e si impegnò nel
proselitismo e nella diffusione della stampa di opposizione proveniente
dall’estero.
A partire dal 1925 mutò anche la politica economica del fascismo, che
abbandonò l’indirizzo liberista, per orientarsi verso un dirigismo
economico in tutti i settori produttivi.
Nel 1926 fu lanciata da Mussolini la battaglia del grano, con l’obiettivo
di rendere autosufficiente l’Italia nella produzione di cereali, fino ad allora
inferiore al fabbisogno nazionale. In seguito a questa campagna la
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produzione aumentò del 50% e le importazioni da 24 milioni di quintali
scesero a meno di 8 milioni.
Sempre nello stesso anno Mussolini diede vita ad un programma di grandi
opere pubbliche (strade, acquedotti, edifici pubblici, impianti sportivi) che
rispondeva alla duplice esigenza di creare nuove infrastrutture e di dare
lavoro ai disoccupati.
Nei primi anni trenta, a seguito del crollo della Borsa8 di New York, il
governo concesse sgravi fiscali alle imprese che reinvestivano una parte
degli utili nelle aziende, aumentò i dazi sulle importazioni, allo scopo di
proteggere la produzione nazionale, favorì le fabbriche italiane nelle
forniture allo Stato.
Nel 1935 Mussolini lanciò l’autarchia, una politica economica volta a
rendere il paese il più possibile autosufficiente in tutti i settori produttivi.
Allo scopo di assicurarsi il sostegno degli italiani, Mussolini creò
numerose organizzazioni che furono abilmente usate per diffondere la
dottrina fascista. Le principali organizzazioni di massa del regime furono:
 l’Opera nazionale del dopolavoro, alla quale venne affidato il
compito di soddisfare i bisogni ricreativi e culturali di operai,
contadini e impiegati;
 l’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia, che, finanziata con
la tassa sul celibato a carico dei cittadini di sesso maschile non
sposati, doveva assistere ed aiutare i “figli del popolo”;
 l’Opera nazionale Balilla, il cui scopo era quello di educare le
nuove generazioni all’obbedienza, alla disciplina e a credere
ciecamente nel Duce; i ragazzi furono divisi, a seconda dell’età, in
figli della lupa, balilla, avanguardisti e giovani fascisti.
Un’altra novità fu il sabato fascista: le attività lavorative vennero limitate
alle ore del mattino, mentre il pomeriggio doveva essere utilizzato per
partecipare alle manifestazioni politiche.
Mussolini istituì anche il calendario fascista: gli anni furono numerati a
partire dal 1922, l’anno I dell’era fascista (in ricordo della marcia su
Roma). Il fascio littorio, ripreso dall’antico fascio portato dai littori
romani,divenne simbolo ufficiale del regime.
I mezzi di comunicazione di massa ebbero un ruolo fondamentale per la
diffusione e il rafforzamento del consenso al fascismo. Nel 1927 venne
fondato l’Ente italiano audizioni radiofoniche (Eiar), di cui il regime si
servì per la propaganda, la diffusione dei discorsi del Duce e la
trasmissione di notiziari basati sulle direttive governative.
Il cinema fu usato dal fascismo per esaltare il proprio ruolo in Italia e a
livello internazionale: l’Istituto Luce, fondato nel 1925, produsse
cinegiornali di propaganda, proiettati obbligatoriamente nelle sale
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Il 23 ottobre 1929 la Borsa di New York, dopo un mese di alti e bassi, crollò sotto il peso delle vendite di
milioni di titoli. Era un mercoledì e il giorno seguente, il giovedì nero, in un clima di panico furono
vendute a prezzi “stracciati” azioni per 13 milioni di dollari. Cominciò così la più grande crisi economica
nella storia del mondo occidentale.
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cinematografiche, che divennero un potente mezzo per rendere popolare la
figura e le scelte politiche di Mussolini.
Ad ogni modo rimaneva sempre la scuola il principale strumento di
indottrinamento, dove le idee fasciste venivano divulgate fin dai primi anni
delle elementari attraverso libri di testo unici, preparai da autori
assolutamente fedeli al regime. Gli insegnanti di qualunque ordine e grado
scolastico, università compresa, erano tenuti a prestare giuramento al
fascismo e i pochi che si sottrassero a tale obbligo andarono incontro alla
destituzione dal servizio.
Mussolini ricercò il consenso anche attraverso una politica sociale che
soccorresse le persone in condizioni più disagiate. L’attività sociale del
regime si svolse soprattutto attraverso due grandi enti previdenziali:
 l’istituto nazionale per la previdenza sociale (Inps), costituito nel
1933 allo scopo di provvedere alle assicurazioni obbligatorie per
invalidità, vecchiaia, tubercolosi e disoccupazione involontaria;
 l’istituto nazionale per le assicurazioni infortuni sul lavoro
(Inail), nato anch’esso nel 1933 per fornire ai lavoratori dipendenti
l’erogazione di risarcimenti, pensioni e sussidi in caso d’infortunio o
mattina professionale;
 l’istituto nazionale assistenza malattie (Inam), costituta nel 1943.
Ebbe vasta eco anche il piano di bonifica di aree paludose e malsane, che
assicurò la disponibilità di nuovi terreni coltivabili a famiglie di contadini
provenienti da zone disagiate del paese.
Un innegabile successo del fascismo fu la soluzione della “questione
romana”. Essa aveva turbato e diviso il paese sin dal 1870 con la presa di
Roma, quando il papa si era rifiutato di riconoscere lo Stato italiano,
rivendicando la sopravvivenza dello Stato della Chiesa indipendente e
sovrano.
Dopo una lunga trattativa diplomatica, Mussolini riuscì l’11 febbraio 1929
a stipulare tra il governo italiano e il pontefice Pio XI i Patti Lateranensi,
un’intesa con la quale venne sancita la Conciliazione tra Stato e Chiesa
indipendente e sovrano.
Con tale accordo il governo italiano riconosceva la totale ed esclusiva
sovranità del pontefice sulla Città del Vaticano. Il papa da parte sua
riconosceva il regno d’Italia con capitale Roma e rinunciò ad ogni
proposito di restaurare lo stato della Chiesa.
La conciliazione tra stato e chiesa assicurò la pace religiosa al paese e
giovò enormemente al prestigio di mussolini definito da Pio XI l’”uomo
della provvidenza”.
A partire dal 1932 Mussolini assunse personalmente la guida del ministero
degli esteri. Il disegno strategico era quello di porre l’Italia allo stesso
livello della Francia e dell’Inghilterra e di costruire, insieme alla Germania
un gruppo di potenze che avrebbero dovuto esercitare un controllo
congiunto sull’Europa sul mondo coloniale.
Nel gennaio del 1935, attraverso un accordo segreto, la Francia,
accordatasi con l’Italia, contro la Germania guidata e comandata da Hitler,
21
diede via libera alla conquista dell’Etiopia, l’unico paese africano, insieme
alla Liberia, ancora indipendente. La conquista dell’Etiopia era di grande
interesse per Mussolini, per diverse ragioni: conquistando la regione
avrebbe risolto in parte il problema della materie prime, avrebbe legato
ancor di più il popolo al fascismo, poiché quasi tutti erano conviti che
l’Italia meritasse un posto al sole e che doveva portare la luce ad un paese
arretrato; avrebbe consentito di poter trasferire in quel luogo i fascisti più
agguerriti e rivoluzionari, che destavano qualche preoccupazione al
regime; avrebbe fornito all’Italia un’immagine forte e degna di rispetto
agli occhi dell’Europa intera.
Così prendendo a pretesto alcuni sconti di modesta entità avvenuti a Ualual per il controllo di 359 pozzi d’acqua, mussolini considerò l’incidente
come una deliberata aggressione da parte di Addis Abeba e ordinò
l’invasione dell’Etiopia (1935).
Dopo alcune difficoltà iniziali, le operazioni militari procedettero
rapidamente, condotte sul fronte settentrionale dal generale Badoglio e sul
fronte somalo dal generale Graziani. Il 5 maggio 1936 Badoglio entrò in
Addis Abeba. Il 9 maggio Mussolini, dal balcone di Palazzo Venezia,
annunciò alla popolazione e al mondo intero la vittoria.
Nel 1939 l’esercito italiano attaccò poi l’Albania, che fu conquistata in una
settimana. Il re Zogu dovette fuggire e Vittorio Emanuele III, divenne
anche re d’Albania, oltre che d’Etiopia.
Le vittorie, le sanzioni da parte della Società delle nazioni, portarono
l’Italia in una situazione di isolamento internazionale, tale dimensione fece
si che la Germania, da sempre sua sostenitrice nelle campagne militari
internazionali, divenisse ancor di più sua alleata, tanto che tra le due
nazioni si strinsero due patti: uno di tipo economico l’Asse Roma–Berlino
e uno di tipo militare nel 1939 il Patto d’Acciaio, con Hitler. Tali alleanze
portarono col tempo ad un rapporto di sudditanza del nostro paese nei
confronti i della Germania, tanto che vennero adottate nel nostro paese
misure restrittive contro gli ebrei, con le leggi razziali. La politica
antisemita fascista fu preannunciata il 14 luglio 1938 con la pubblicazione
del MANIFESTO DELLA RAZZA, in cui si spiegavano i fondamenti
pseudoscientifici del razzismo. A partire dal settembre dello stesso anno
vennero applicate una serie di misure restrittive contro gli ebrei, che
vennero espulsi dalle scuole, venne loro vietato di sposare non ebrei,
vennero limitare le libertà di attività commerciale, industriale e
professionale.
La stampa di regime fu subito mobilitata per attaccare e diffamare
l’operosa e pacifica comunità ebraica, ma le leggi razziali non suscitarono
che sdegno e sconcerto nell’opinione pubblica. Molti italiani iniziarono
riflettere e a porsi domande sul conto di Mussolini e dei gerarchi fascisti,
sulla vera natura del regime.
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U.D. 3_ Il Nazismo
La Germania uscì dalla guerra in una grave situazione di disordine
politico. Il potere fu assunto da un governo provvisorio formato da
socialdemocratici, cattolici e liberali. Nel frattempo i comunisti
galvanizzati dalla Rivoluzione russa, avevano organizzato a Berlino una
sorta di governo proletario, guidato da un’organizzazione rivoluzionaria di
estrema sinistra: La Lega di Spartaco (dal nome dello schiavo che guidò
la rivolta contro i Romani). Essi, però a differenza dei bolscevichi russi,
che trovarono sostegno nella maggioranza della popolazione, rimasero
completamente isolati. Nonostante ciò essi promossero a Berlino e a
Monaco di Baviera (4-13 gennaio 1919) due tentativi rivoluzionari che
furono repressi nel sangue. I capi di tale movimento erano Rosa
Luxemburg e Karl Liebknecht, vennero assassinati dalle Milizie
volontarie di estrema destra, i Corpi franchi, che godevano della
protezione di larga parte della magistratura e del governo. Tale libertà
concessa dal governo alla repressione aprì una frattura insanabile tra
socialdemocratici e comunisti, dalla quale trarrà vantaggio il nazismo.
Il 19 gennaio 1919 venne eletta L’ASSEMBLEA COSTITUENTE, incaricata di
preparare la nuova COSTITUZIONE. Formata in prevalenza da
socialdemocratici, cattolici di centro e liberali moderati, la Costituente
proclamò la nascita della Repubblica federale tedesca e approvò la
COSTITUZIONE DI WEIMAR, così chiamata dal nome della città in cui si
tenero i lavori dell’Assemblea. Fu creato così uno stato parlamentare e
federale, diviso in 17 Länder (regioni) parzialmente autonomi. Al capo
dello stato furono attribuiti larghi poteri: eletto direttamente dai cittadini
per sette anni e rieleggibile, con la facoltà di poter sciogliere il parlamento
e di autorizzare il primo ministro a governare mediante decreti-legge.
Il sistema elettorale era di tipo proporzionale, che favorì la formazione di
piccoli gruppi politici e rese quindi impossibile il conseguimento di una
forte maggioranza parlamentare, tale da assicurare stabilità ai governi.
I primi anni della repubblica furono assai difficili, soprattutto per i
problemi economici legati alla riparazione dei danni di guerra da pagare ai
paesi vincitori. L’ammontare della cifra era enorme e avrebbe impiegato
circa ¼ delle risorse tedesche per quasi mezzo secolo. Le riparazioni della
guerra oltre ad essere economicamente insostenibili, erano anche viste
come un’ulteriore umiliazione a seguito delle mortificanti clausole della
pace di Versailles. Questo causò ben presto un generale risentimento tra i
ceti medi e l’alta borghesia, che accusarono i governi di coalizione di aver
tradito la patria, e la formazione di alcuni partiti di destra violentemente
23
nazionalisti, che scatenarono una violenta campagna denigratoria contro la
nuova classe dirigente repubblicana.
Per far fronte ai primi pagamenti, il governo tedesco fece stampare una
grande quantità di carta moneta, senza tener conto, però, delle reali
consistenze auree dello Stato. Ciò provocò una disastrosa inflazione, che
ridusse drasticamente il potere d’acquisto di stipendi e salari.
La situazione venne aggravata ulteriormente dall’occupazione nel 1923 da
Francia e Belgio della Ruhr, la zona più ricca e industriale della
Germania.
Le forze politiche di destra cercarono di approfittare del malcontento, fra
queste forze si distinse il partito nazionalsocialista o nazista, il cui leader
era Adolf Hitler, che impresse al partito una fisionomia antidemocratica.
Nell’ideologia del nazismo un posto centrale aveva l’esaltazione della
razza ariana, considerata la ‘razza pura’ per eccellenza. Il popolo tedesco
doveva rifuggire la contaminazione che proveniva da altre razze inferiori,
come gli Ebrei visto come cospiratori per il domino del mondo e gli Slavi,
visti come esseri da ridurre in schiavitù a servizio dei tedeschi.
A questa si affiancava un’altra avversione, quella verso i comunisti,
accusati di voler dissolvere l’unità della nazione tedesca e la stessa civiltà
europea, che per i nazisti era stata creata nel corso dei secoli dalla razza
ariana.
Hitler, inoltre, sosteneva la necessità di un spazio vitale, da conquistare in
Polonia, Ucraina e Russia per assicurare il primato della Germania in
Europa.
Al partito nazista Hitler, affiancò le SA (squadre d’assalto), formazioni
paramilitari conosciuto come camicie brune, che in breve tempo
assicurarono ai nazisti il controllo di tutti i movimenti di estrema destra.
Nel novembre del 1923 Hitler promosse un’insurrezione a Monaco di
Baviera, passato alla storia come il Putsch di Monaco, cioè un colpo di
stato. Il tentativo fallì per il mancato appoggio dei militari e delle autorità
locali. Hitler fu arrestato e condannato a 5 ani di carcere, che gli furono
ben presto condonate per le simpatie che già riscuoteva presso la
magistratura, il governo e le alte gerarchie militari. Nel 1925, Hitler
affianco alle SA le SS (le squadre di sicurezza), un fanatico corpo di
polizia guidato da H. Himmler.
Nel 1930 il PN (partito nazista) ottenne 107 deputati, due anni dopo 230,
così il PN diventò il partito più forte e Hitler il leader del Reichstag, il
Parlamento tedesco. La situazione economica peggioratasi con la crisi
della Borsa di New York, portò immediatamente all’ascesa i nazisti, che
riuscirono a conquistare la fiducia della maggioranza della popolazione.
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Hitler prometteva di risolvere tutto e subito e di rilanciare l’immagine
della Grande Germania.
Il 30 gennaio 1930 il presidente della Repubblica, Paul Ludwig
Hindenburg, incaricò Hitler di formare un nuovo governo nel quale,
accanto a due ministri nazisti, erano presenti esponenti dei partiti
conservatori e dell’esercito.
Assunto il potere Hitler procedette rapidamente ad instaurare un regime
totalitario, si attorniò dei suoi fedelissimi e scatenò la violenza delle
camicie brune sui movimenti operai e sedi sindacali. Il 27 febbraio 1933
fu dato alle fiamme il palazzo del Reichstag e la colpa fu fatta ricadere sui
comunisti. A seguito di questi atti terroristici il presidente indisse nuove
elezioni, che si tennero il 5 marzo 1933 e videro la netta affermazione del
PN e Hitler ottenne i pieni poteri. Finiva così la repubblica di Weimar e
iniziava sotto il simbolo della svastica il Terzo Reich. In un anno venne
messa a tacere la stampa, furono terrorizzati gli avverarsi politici e le SS e
la Gestapo (polizia segreta) furono inquadrati nello Stato.
Hitler eliminò anche le frange più indisciplinate del PN, il 30 giugno 1934
nella Notte dei lunghi coltelli. I
Alla morte di Hindenburg, Hitler ne assunse le funzioni, in seguito con un
referendum popolare ratificò la legge che riuniva nella sua persona le
cariche di capo dello stato e di capo del governo (agosto 1934). Nel 1938
si riservò anche il comando supremo delle forze armate.
Sull’esempio di mussolini, hitler assunse il titolo di Fuhrer (duce o
condottiero). La sua volontà era legge e tutto era subordinato al suo potere,
senza limiti né controlli.
Nella veste di capo assoluto prese diverse decisioni:
● sciolse il parlamento nazionale ei parlamenti regionali;
● sospese al Costituzione del 1919 e trasferì la capitale da Weimar a
Berlino;
● inquadrò tutti i lavoratori in un’unica organizzazione sindacale, il fronte
del lavoro.
Hitler avviò una politica economica che portò all’eliminazione della
disoccupazione. Un nutrito programma di opere pubbliche, specie la
costruzione di una vasta rete autostradale, diede lavoro a moltissimi operi.
La produzione agricola fu sottoposta al controllo di appositi organismi
statali e la sua riorganizzazione garantì un significativo miglioramento del
reddito degli agricoltori. L’industria vene favorita da un massiccio piano
di riarmo dell’esercito. Ovviamente il riarmo comportò la crescita della
25
spesa pubblica, che Hitler prevedeva di risanare con le conquiste
territoriali nell’Europa dell’est.
Anche la vita culturale fu sottoposa al controllo dello stato e del PN, e
sull’esempio di Mussolini e di Stalin il ministro dell’istruzione trasformò
la cultura tedesca in un enorme apparato propagandistico. La stampa, il
cinema, la radio vennero privati di ogni libertà e divennero semplici
strumenti di propaganda. Gli intellettuali vennero inquadrati nella camera
della Cultura del Reich. Le opere moderne e le opere di scienziati ebrei
come Einstein e Freud vennero messe al bando o bruciate. Per meglio
assicurarsi il consenso del popolo, il nazismo inquadrò la vita individuale
in una serie di associazioni giovanili, scolastiche e professionali.
Il nazismo, come lo stalinismo iniziò la sistematica eliminazione degli
oppositori politici avvalendosi dei lager. Nel 1935 vennero emanate le
leggi di Norimberga, che dettero inizio alla persecuzione degli ebrei, i
quali vennero esclusi dalle scuole, dagli uffici, dal commercio
etc…costretti a inserire una J davanti al nome di battesimo per indicare
Juden (giudeo) e a portare una stella gialla cucita sui vestiti per essere
meglio individuati. Il culmine fu raggiunto nella notte dei Cristalli, fra il
9 e il 10 novembre 1938, durante la quale vennero messi a ferro e fuoco
negozi, case, sinagoghe e cimiteri ebrei.
Anche in politica estera il nazismo svelò la propria natura violenta e
aggressiva. Hitler voleva creare un grande impero tedesco che
comprendesse tutte le popolazioni europee di razza germanica
(Pangermanesimo). Cessata l’amministrazione della Renania nel 1936,
Hitler ordinò il riarmo della regione. Nel 1938 con l’Anchuluss ordinò
l’annessione dell’Austria. Dopo l’Austria Hitler si occupò della regione
dei Sudeti assegnato alla Cecoslovacchia dopo la prima guerra mondiale,
il pretesto fu la presenza di 3 milioni di tedeschi e la salvaguardia di questa
minoranza.
A seguito di questo atto di forza Hitler e il resto d’Europa si incontrarono
alla Conferenza di Monaco (29 – 30 settembre 1938) dove emerse
chiaramente la politica rinunciataria di Inghilterra e Francia, col pretesto di
salvaguardare la pace. Hitler interpretò questo atto come una disposizione
delle potenze europee a qualsiasi compromesso e così nella primavera del
1939 procedette all’annessione della Boemia e della Moravia, come
protettorato la prima e stato vassallo la seconda.
L’ultimo obiettivo Hitleriano fu Danzica. Il trattato di Versailles aveva
assegnato alla Polonia per darle uno sbocco al mare, il corridoio polacco e
Danzica era diventata città libera. A questo punto Inghilterra e Francia
accordarono il loro pieno appoggio alla Polonia in caso di attacco. Hitler
26
rafforzò i suoi patti nel 1939 il patto d’acciaio con Mussolini, e
nell’agosto dello stesso anno un patto di non intervento con la Russia:
Patto Molotov – Ribbentrop.
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Mod._3 La seconda guerra mondiale
U.D. 1 _ La seconda guerra mondiale ( Prima Parte )
Alla fine degli anni Trenta crollarono gli equilibri politici internazionali,
che erano stati faticosamente raggiunti dopo la prima guerra mondiale:
- l’espansionismo del Giappone in Asia e nel Pacifico aveva provocato
forti attriti con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che nel lontano Oriente
avevano importanti interessi economici da difendere;
- la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia aveva causato forti tensioni
in Europa, così come l’annessione dell’Austria alla Germania, voluta da
Hitler e la guerra civile in Spagna.
LA GUERRA CIVILE IN SPAGNA
In Spagna era scoppiata la guerra civile, a seguito dell’instaurazione del
governo autoritario del generale Primo De Rivera, nel primo dopoguerra.
Anarchici, repubblicani, socialisti e comunisti lottarono contro il regine e
ne provocarono la caduta del 1930. la cacciata di De Rivera, permise
nuove elezioni, che portarono alla vittoria nel 1931 i partiti di sinistra, e il
re Alfonso XIII lasciò il paese. A Madrid venne proclamata la Repubblica
e venne emanata una costituzione democratica molto avanzata dal punto d
vista sociale. Ebbe inizio, però, un periodo di forti e accesi contrasti tra i
due opposti schieramenti: il FRONTE POPOLARE (che raggruppava i partiti
di sinistra fortemente anticlericali) e la FALANGE (che raccoglieva militari,
conservatori, cattolici e le alte gerarchie ecclesiastiche). La crisi si acuì
quando la Destra non volle riconoscere la vittoria della Sinistra conseguita
con i risultati elettorali del 1936. La situazione precipitò e il generale
Francisco Franco, comandante delle truppe stanziate in Marocco, rientrò
in Spagna e si pose a capo dei reparti dell’esercito che si erano ribellati al
governo repubblicano. Ebbe così tra falangisti e popolari una sanguinosa
GUERRA CIVILE che durò tre anni, alla quale parteciparono numerosi
volontari provenienti da altri paesi.
* Il fronte popolare ebbe il sostegno dell’Unione Sovietica (intenzionata a
contrastare l’espansione nazifascista in Europa) e delle brigate
internazionali (composte da 40.000 volontari tra cui molti antifascisti quali
Togliatti, Nenni, i fratelli Rosselli).
28
* La falange invece, ebbe il sostegno di Mussolini e Hitler, che
intervennero a favore di una crociata antibolscevica. La Germania inviò in
Spagna, al fine di collaudarli in previsione di una guerra di più ampia
portata, cannoni, cacciabombardieri (Stukas) e carri armati, mentre l’Italia
fornì ai franchisti 70.000 camicie nere, con la speranza che una vittoria gli
favorisse la conquista della Corsica e della Tunisia.
La guerra fu dura e cruenta e si concluse nel 1939 con la vittoria dei
Falangisti. Franco assunse il titolo di Caudillo, ovvero «condottiero», e
diede vita ad un regime autoritario simile a quello fascista e resterà al
potere sino al 1978, anno della sua morte.
Le cause della seconda guerra mondiale
Nel 1939 aveva inizio la seconda guerra mondiale.
Le cause che condussero al conflitto furono molteplici e di varia natura:
* la rivalità tra Inghilterra e Germania continuava, per ottenere il primato
in Europa;
* la volontà di rivincita della Germania sulla Francia, a cui aveva dovuto
restituire l’Alsazia e la Lorena dopo la grande guerra;
* l’aggressività militare ed economica del Giappone in Oriente;
*l’acceso clima di esaltazione nazionalistica in Germania e in Italia;
* la rivendicazione da parte dell’Italia di Nizza e Savoia, Corsica e
Tunisina danno della Francia.
Ma la causa di fondo dello scoppia della seconda guerra mondiale fu
l’espansionismo tedesco, fondato sulla dottrina della presunta superiorità
della razza ariana e sul preteso diritto del popolo tedesco allo «spazio
vitale» nelle pianure orientali dell’Europa. La politica dei nazisti era stata
favorita dal comportamento rinunciatario della Francia e dell’Inghilterra.
Le due democrazie occidentali, avevano ceduto di fronte a ogni atto di
forza di Hitler, non solo nella speranza che fosse sempre l’ultimo, ma
anche perché per molti in Europa Hitler era visto come l’unico baluardo
contro il nemico principale: il comunismo sovietico.
Il 1° settembre 1939 Hitler, forte dell’accordo di non intervento stipulato
con Stalin, ordinò alle armate tedesche di attaccare la Polonia: due giorni
dopo Inghilterra e Francia dichiararono guerra alla Germania.
Ebbe così inizio la II guerra mondiale.
29
La Germania sferrò un attacco poderoso contro la Polonia, la quale aveva
pochi mezzi per difendersi, così nella metà di settembre i tedeschi
occupavano Varsavia, che semidistrutta da bombardamenti, capitolò il 27
settembre. In base al patto Molotov – Ribbentrop, la Polonia veniva divisa
tra la Germania e l’Unione Sovietica, che incorporò in breve tempo anche
al Lettonia, la Lituania, l’Estonia oltre alla Bessarabia e alla Bucovina
settentrionale, tolte alla Romania.
Intanto Stalin si preparava a sferrare un attacco sul fronte occidentale e il
30 novembre attaccò la Finlandia per impossessarsi della camelia, una
regione considerata di grande importanza strategica per la sicurezza di
Leningrado. La guerra russo-finnica si concluse il 12 marzo 1940 con la
sconfitta della Finlandia, ma mise in luce la scarsa preparazione delle forze
armate sovietiche. Di ciò ne approfitterà Hitler per attaccare la Russia e
occupare la pianura sarmatica.
Sul fronte occidentale invece accadeva che l’esercito francese si era
attestato sulla Maginot, la linea fortificata situata lungo il confine con la
Germania e ritenuta da tutti inespugnabile. Hitler intanto non attaccò le
posizioni occidentali, convinto che gli Alleati avrebbero chiesto la pace.
Però il 9 aprile del 1940, per dare un segnale forte, Hitler attaccò la
Danimarca e la Norvegia, quest’ultima si difese strenuamente ed iniziò la
Resistenza antifascista. Il 10 maggio 1940 Hitler ordinò di attaccare il
fronte occidentale, dato che Francia e Inghilterra non chiedevano la pace.
Invase l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, violando la neutralità di
questi paesi e aggirando la linea Maginot. In questo modo le armate anglofrancesi erano strette in una morsa, ma nonostante i bombardamenti un
buon numero di soldati riuscì ad imbarcarsi a Dunkerque (29 maggio – 4
giugno) e a raggiungere le coste inglesi.
La Francia si trovò a dover fronteggiare da sole le armate tedesche.
L’attacco fu sferrato dalla Germania con eccezionale violenza lungo la
linea della Somme e il 14 giugno 1940 i tedeschi entrarono a Parigi.
Con l’armistizio di Compiegne del 22 giugno, nella stazione di Rethondes,
la Francia venne divisa in due parti:
* quella settentrionale e atlantica fino alla frontiera spagnola, occupata e
governata direttamente dai tedeschi;
* quella meridionale, con i domini coloniali, amministrata dal regime di
Vichy, in cui venne istituito un governo provvisorio presieduto dal
maresciallo Philippe Petain, favorevole ad una collaborazione con la
Germania. Tale presa di posizione scatenò una forte reazione da parte dei
francesi, che sotto la guida del generale Charles De Gaulle, diedero vita
ad una Resistenza francese.
30
L’Italia nonostante gli impegni assunti con il patto d’Acciaio, dichiarò la
propria non belligeranza quando Hitler attaccò la Polonia, a causa
dell’inadeguata preparazione bellica, ma il desiderio di far parte dei
vincitori, spinse Mussolini ad entrare nel conflitto il 10 giugno 1940
contro la Francia.
Dopo il crollo della Francia, soltanto l’Inghilterra rimase in guerra contro
la Germania. Fermamente determinato a sconfiggere Hitler, Winston
Churchill, il capo de governo inglese, sapeva che la situazione non era
disperata: la flotta inglese era assai superiore a quella tedesca, l’impero
coloniale restava inviolato, le basi nel mediterraneo rimanevano intatte.
All’ennesimo rifiuto di Churchill di accettare la pace, Hitler sferrò un
attacco all’isola designato col nome in codice di Operazione Leone
Marino. La battaglia ebbe inizio l’8 agosto 1940 con il bombardamento di
porti, aeroporti e centri industriali inglesi. I danni, sebbene ingenti, on
fermarono la controffensiva britannica. La superiorità tedesca fu annullata
dall’uso dei radar che permettevano di conoscere in anticipo la
consistenza, la direzione e l’altitudine delle formazioni nemiche. Il 15
settembre gli aerei della Luftwaffe effettuarono un bombardamento a
tappeto su Londra.
Contemporaneamente Germania, Italia e Giappone firmavano il patto
Tripartito, ad esso aderirono Romania, Ungheria, Slovacchia e
Jugoslavia, mentre la Spagna impegnata nella guerra civile, rimase
neutrale.
Il 28 ottobre 1940 Mussolini dichiarò guerra alla Grecia, con l’obiettivo di
acquisire una influenza politica ed economica nei Balcani. Le truppe
italiane, però mal organizzate vennero fermate e respinte lungo la frontiera
dai Greci. Hitler intervenne a sostegno dell’Italia. Così nella primavera del
1941 la Grecia capitolò.
In quello stesso momento nei balcani si stava formando la forza partigiana
comandata da Tito in Bosnia e Montenegro.
Intanto in africa settentrionale le truppe italiane, muovendo dalla Libia
erano arrivate in territorio egiziano minacciando il canale di Suez, di
vitale importanza per i rifornimenti marittimi dell’Inghilterra. Nel
dicembre del 1940 gli inglesi attaccarono e sfondarono le nostre linnee
giungendo sino a Bengasi. Anche questa volte dovettero intervenire in
aiuto dell’Italia i tedeschi, che fermarono l’avanzata inglese con l’Afrika
Corps guidata da Erwin Rommel, che riconquistò la Cirenaica eccetto
Tobruk.
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Le truppe inglesi avevano avuto la meglio nell’africa orientale, dove le
nostre truppe guidate dal duca Amedeo d’Aosta vennero sconfitte e sul
trono di Adis Abeba ritornò l’esiliato negus Hailé Selassié.
A questo punto Hitler decise di sferrare un attacco alla Russia, nome in
codice Operazione Barbarossa.
Da principio Stalin non volle credere alle notizie di un attacco imminente
da parte tedesca, ritenendole solamente un tentativo di inglese di incrinare
i buoni rapporti con al Germania, ma dovette ricredersi quando il 22
giugno del 1941 le forze tedesche sferrarono l’attacco e il paese fu colto di
sorpresa.
Le truppe di invasione comprendevano anche un corpo italiano chiamato
Armata italiana in Russia (Armir). Il piano tedesco era quello di attaccare
la Russia lungo le direttrici Leningrado, Mosca e Kiev, così da annientare
il nemico prima dell’inverno. Ma le linee russe non cedettero e resistettero
più di quanto sperato e il paino di Hitler fallì perché giunse l’inverno, così
le truppe russe sferrarono il loro attacco facendo arretrare di 200 km le
truppe nemiche. Nei luoghi in cui si trovavano i tedeschi iniziò la
guerriglia partigiana.
Durante l’operazione Barbarossa, gli Stati Uniti d’America seguivano
con preoccupazione le sorti dell’Inghilterra e così il 14 agosto 1941 il
presidente americano Roosevelt e il primo ministro inglese Churchill si
incontrarono segretamente a bordo della corazzata Prince of Wales a largo
dell’isola di terranova, nell’atlantico settentrionale, per concordare la lotto
contro il nazismo. Al termine dell’incontro fu firmata la CARTA
ATLANTICA, una dichiarazione in cui vennero enunciati i principi sui quali
si sarebbe dovuta basare la pace dopo la vittoria degli Alleati:
* diritto dei popoli a scegliere liberamente i propri governi;
* libero accesso alle materie prime necessarie per lo sviluppo di ogni
paese;
* libertà di navigazione sui mari;
* riduzione generale degli armamenti;
* rinuncia all’uso della forza per regolare i rapporti fra gli Stati.
Con la firma della carta Atlantica si rafforzò il sostegno in armi e i
finanziamenti all’Inghilterra da parte degli Stati Uniti.
32
U.D. 1 _ La seconda guerra mondiale ( Seconda Parte )
Gli Stati Uniti d’America, finora rimasti neutrali, da tempo tenevano
d’occhio, con apprensione, la politica aggressiva del Giappone
nell’Oceano Pacifico. Nel luglio del 1941 i giapponesi, ormai padroni delle
coste cinesi, avevano occupato l’Indocina francese, minacciavano la
Malesia, le Indie Olandesi e le Filippine. Gli Stati Uniti per frenare tale
spinta espansionistica chiusero il Canale di Panama alle navi nipponiche,
sospesero le forniture di petrolio e di altro materiale strategico al
Giappone, e gli ingiunsero di ritirare le truppe dalla Cina e di uscire dal
patto tripartito firmato con Italia e Germania.
Per tutta risposta i giapponesi il 7 dicembre 1941 aerosiluranti nipponici
decollati da una portaerei attaccarono Pearl Harbor, la basa navale
americana nelle Hawaii. Il giorno dopo Roosevelt dichiarò guerra la
Giappone. Alla dichiarazione di guerra del presidente americano seguì
quella dell’Italia e della Germania agli stati uniti l’11 dicembre 1941. da
questo moneto in poi il conflitto diventava veramente mondiale.
Messi fuori gioco, momentaneamente, gli americani, il Giappone iniziò a
dilagare nel pacifico, minacciando da vicino India, Australia, Nuova
Zelanda. Occuparono Manila, Hong Kong, le Indie olandesi, la Nuova
Guinea, le isole Salomone e Marshall.
Nella seconda metà del 1942 i paesi dell’Asse iniziarono subire una serie
di sconfitte, che pregiudicarono l’esito finale della guerra.
Nell’oceano pacifico gli USA ottennero le due grandi vittorie navali: la
battaglia del mar dei Coralli (7-8 maggio 1942) e la battaglia delle
Midway (giugno 1942), conquistarono il Guadalcanal (febbraio 1943) e
fermarono i giapponesi nel Pacifico centrale; nel Nord Africa il generale
inglese Montgomery sferrò un attacco a Rimmel che si ritirò fino a Tripoli.
Intanto in Europa Hitler dava inizio allo sterminio di massa contro gli ebrei
ed altre minoranze etniche. Nei paesi occupati dai tedeschi diventavano
sempre più forti i gruppi partigiani per la liberazione: in Francia i Maquis
(ribelli alla macchia); in Grecia e Iugoslavia dove si impose il gruppo
partigiano di Tito, nell’ultima fase del conflitto però i partigiani slavi
operarono anche in territorio italiano rendendosi responsabili di gravissimi
eccidi. Particolarmente agghiacciante fu il, massacro di migliaia di
cittadini civile e inermi, gettati nelle doline carsiche, le Foibe, per essersi
opposti alla slavizzazione delle terre istriane.
Nella primavera del 1943 il fascismo era in piena crisi, le varie sconfitte e i
rovesci militari subiti dagli alleati, i bombardamenti e i massacri avevano
allontanato il paese dal fascismo.
33
La situazione precipitò a seguito dello sbarco in Sicilia delle forze angloamericane (9-10 luglio) e al successivo bombardamento di Roma. Nel
tentativo di attribuire tutte le colpe a Mussolini e di far uscire l’Italia dal
conflitto, ilGran Consiglio del fascismo approvò a larga maggioranza una
mozione di sfiducia nei confronti del Duce, abbandonandolo così al suo
destino. Il giorno seguente il re Vittorio Emanuele III destituì Mussolini
dalla carico di capo del governo, e lo fece arrestare e relegare a Campo
Imperatore nel Gran Sasso. Il paese immaginò vicina la fine del conflitto e
in un’ondata di entusiasmo salutò il crollo del regime e ne distrusse i
simboli.
Si formò così un nuovo governo presieduto dal generale Badoglio, che
sciolse le strutture amministrative e politiche del fascismo e fece liberare i
prigionieri politici. Iniziò, in segreto, le trattative per una pace separata con
gli Anglo Americani, ma Hitler accortosi che i rapporti con l’Italia stavano
mutando, inviò nella penisola ingenti forze corazzate, che occuparono i
punti strategici. Le trattative di apce si ultimarono con l’armistizio di
Cassibile, presso Siracusa, reso noto l’8 settembre 1943. il re e Badoglio,
fuggirono a brindisi sotto la protezione degli alleati, il governo lasciato a
se stesso fu facilmente sopraffatto dai tedeschi.
L’Italia così risulto divisa in due parti: il sud occupato dagli Alleti e
governato da Badoglio, che il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania; e
il centro-Nord occupato dai Nazisti, dove Mussolini liberato da
paracadutisti tedeschi aveva fondato la Repubblica sociale italiana (la
Repubblica di Salò).
In Italia la resistenza antifascista si fece più accanita, ma non fu solo una
guerra partigiana, fu anche una guerra civile tra partigiani e fascisti, una
guerra di classe volta a eliminare una volta e per tutte le differenze e le
disuguaglianze sociali.
A Roma, clandestinamente, fu istituito un comitato di liberazione
nazionale (Cln), l’organo politico centrale di direzione della resistenza,
formato da i rappresentanti dei sei partiti antifascisti: comunista, socialista,
liberale, d’azione, democratico-cristiano, democratico del lavoro. Si formò
il Corpo volontari della libertà (Cvl) a carattere militare. Nelle città
agivano i gruppi di azione patriottica (Gap), impegnati nella propaganda
contro il nazifascismo, nei sabotaggi e nella guerriglia.
Nel Nord Italia si formarono delle piccole repubbliche partigiane (Ossola,
Carnia, Montefiorino, Langhe). I tedeschi e i fascisti cercarono di
soffocare la resistenza anche con azioni spietate, come per le Fosse
Ardeatine, dove 335 ostaggi furono uccisi e i 1830 abitanti di Marzabotto,
presso Bologna.
34
Nel 1944 gli Americani sbarcano ad Anzio (Lazio) per attaccare alle
spalle la Linea Gustav (lo sbarramento tedesco che partiva da Termoli a
Gaeta). Nella primavera del 1944 a Montecassino le forze alleate
liberarono Roma, Ancona e Firenze, e si attestarono sulla Linea Gotica
(sbarramento tedesco da Rimini a L a Spezia). Il 6 giugno 1944 il grosso
delle armate alleate, al comando del generale Eisenhower, sbarcavano in
Normandia, superavano il Vallo Atlantico, cioè le fortificazioni tedesche
che si estendevano dall’Olanda ai Pirenei e il 24 agosto entravano a Parigi.
Sul fronte orientale l’esercito russo era inarrestabile. Stretta in una morsa,
la Germania tentò di reagire, ricorrendo ai missili a reazione
radiocomandati, che vennero lanciati sull’Inghilterra. Gli alleati allora
intensificarono i bombardamenti a tappeto sulle basi missilistiche tedesche
e sulle maggiori città radendole al suolo.
Data oramai per certa la vittoria Churchill, Roosevelt e Stalin si
incontrarono nel febbraio del 1945 a Yalta, sul mar nero, per organizzare
l’attacco finale alla Germania e stabilire il nuovo assetto mondiale.
Al termine dei colloqui furono prese queste decisioni:
- la smilitarizzazione della Germania e la sua divisione in quattro zone di
occupazione (americana, inglese, francese e sovietica);
- l’influenza dell’unione sovietica sui paesi dell’Etiopia orientale che
l’Armata Rossa aveva liberato dall’occupazione tedesca;
- l’influenza degli Alleati occidentali sull’Italia, la Grecia e il resto
dell’Europa;
- il diritto dei popoli a libere elezioni;
- la creazione dell’organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), in
sostituzione della Società delle Nazioni.
Nel marzo del 1945 gli eserciti alleati sferrarono l’attacco su tutti i fronti.
A occidente oltrepassarono il Reno e invasero al Germania raggiungendo
l’Elba. In Italia superarono la Linea Gotica, occuparono la pianura padana,
mentre le principali città del nord vennero poste sotto il controllo dei
Comitati di liberazione nazionale. Il 28 aprile i partigiani arrestarono e
fucilarono Mussolini, mentre cercava di riaprire in svizzera. A oriente i
russi entrarono a Vienna e Hitler richiusosi in un bunker si tolse la vita. Il
7 e l’8 maggio la Germania ridotta a un cumulo di macerie firmò la resa
senza condiziono con gli alleati occidentali e con i sovietici.
In guerra restava solamente il Giappone. Per accelerare le operazioni
militari il nuovo presidente Harry Truman, ordinò di sganciare due bombe
atomiche sulla città di Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 7 agosto 1945. i
bombardamenti ebbero effetti così devastanti che l’imperatore Hiroito fu
costretto a porre fine alle ostilità. Il 2 settembre 1945 sulla corazzata
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Missouri ancorata nella baia di Tokyo, fu firmato l’armistizio tra USA e
Giappone, con cui si concludeva la II guerra mondiale.
Mod. 4_ LA GUERRA FREDDA
U.D. 1 _ Il 2° dopoguerra e la formazione dei blocchi
Le conseguenze della seconda guerra mondiale
Gli Alleati avevano riportato una vittoria totale sui paesi dell’Asse.
La responsabilità fu fatta ricadere sui gerarchi nazisti, che vennero
processati per i loro crimini di guerra con il processo di
Norimberga, tenutosi tra il novembre 1945 e l’ottobre 1946.
L’immane conflitto aveva provocato 40 milioni di morti, distrutto
città, raso al suolo nazioni intere e sterminato nei campi di
concentramento milioni di persone, in prevalenze ebrei.
La Germania venne divisa in due Stati economicamente,
socialmente e politicamente diversi, posto rispettivamente sotto il
controllo degli alleati e dei sovietici.
Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica assunsero la guida della politica
internazionale e il predominio nelle rispettive zone d’influenza: i
primi sulle democrazie liberali dell’Occidente, la seconda sulle
democrazie socialiste dell’Europa orientale.
Nell’area asiatica dell’Oceano Pacifico, i popoli che si erano
impegnati nella lotta contro i giapponesi avevano preso coscienza
della propria identità nazionale e del diritto di indipendenza. Tali
aspirazioni venivano condivise anche da popolazioni del Nord
Africa, che avevano partecipato al conflitto e intendevano porre fine
al dominio coloniale.
I trattati di pace e il nuovo ordine internazionale
Nel luglio del 1945 Churchill, Stalin e Truman si incontrarono a
Postdam nei pressi di Berlino, per completare i trattati di pace,
delineati cinque mesi prima nella conferenza di Yalta. I tre “grandi”
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decisero di affidare ad un’apposita riunione, la Conferenza di
Parigi (luglio – Ottobre 1946) la definizione del nuovo assetto
geopolitica del mondo.
● La Germania e la città di Berlino vennero divise in quattro
zone di influenza d’occupazione (russa, americana, inglese e
francese). Nel 1949 queste zone furono ridotte a due dando vita
così alla REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA (Germania
occidentale), con capitale Bonn, e alla REPUBBLICA DEMOCRATICA
TEDESCA (Germania orientale), con capitale Pankov, un sobborgo
di Berlino. Il territorio tedesco subì delle modifiche lungo il
confine dei fiumi Oder-Neisse a favore della Polonia. Tale
decisione determinò consistenti migrazioni di cittadini tedeschi
della Prussia orientale verso al Germania occidentale.
● La Polonia cedette le province orientali all’Unione Sovietica.
● L’Italia cedette alla Francia, Briga e Tenda, alla Jugoslavia
quasi tutto il Venezia Giulia e parte della Dalmazia ottenuta dopo
la I guerra mondiale. Fu creato il territorio libero di Trieste,
formato da due zone: la zona A , che comprendeva la città posta
all’inizio sotto l’influenza americana e in seguito nel 1945 sotto
quella italiana, e la zona B assegnata alla Jugoslavia.
● Il Giappone dovette ritirarsi dai territori ancora occupati nel
Sudest asiatico e da quelli incorporati precedentemente nel
proprio impero: Manciuria, Corea, penisola di Sakhalin, Formosa
e altre isole del Pacifico. Fu costretta a rinunciare all’arcipelago
delle Curili, che passò all’Unione Sovietica, aprendo così una
controversi ancora irrisolta.
All’indomani della guerra gli Stati uniti e l’Unione Sovietica sono le
due superpotenze mondiali. Il problema del governo americano è
quello di procurare sbocchi ai prodotti industriali e agricoli in
eccedenza. Il problema dell’Unione Sovietica è invece quello di
garantire la sicurezza dei confini contro il pericolo di future
aggressioni.
L’estremo oriente è turbato dalla guerra civile in Cina, dove in
seguito alla vittoria dei comunisti di Mao sui nazionalisti di Chiang
nasce la Repubblica popolare, sia dalla guerra di Corea, che
favorisce, grazie alle forniture militari agli Americani, la rinascita
economica del Giappone.
Per favorire la ripresa dell’economia europea e degli scambi
commerciali, ma anche per fronteggiare la minaccia del
comunismo, gli Stati Uniti lanciano il Piano Marshall. Con il
presidente Truman i rapporti con la Russia cambiarono
radicalmente, abbandonato il tono distensivo dei tempi di
Roosevelt, si creò un clima di sospetto e di diffidenza, che si
trasformò in aperto contrasto in occasione del ritiro delle truppe di
occupazione alleate in Grecia.
37
Qualche mese dopo il segretario di stato americano George
Marshall avanzò la proposta (1948) di un piano di aiuti alle nazioni
europee per rilanciarne l’economia. L’unione sovietica rifiutò gli
aiuti del Piano Marshall, accusando l’America di voleva asservire i
paesi europei ai propri interessi economici. L’america rispose
denunciando il disegno egemonico sovietico non soltanto nei
paesi occupati dall’armata rossa, manche in quelli dove operavano
partiti comunisti in occidente.
In seguito a questo scontro politico- ideologico si formarono i
Europa due blocchi contrapposti:
● Nella parte orientale si imposero le democrazie popolari,
soggette all’influenza sovietica.
● Nella parte occidentale si affermarono invece le democrazie
parlamentari, in concordanza politica ed economica con USA.
Simbolo ed espressione concreta di questa divisione fu , quella che
fu definita da Churchill, una cortina di ferro.
L’inverta situazione internazionale determinò una frenetica corsa al
riarmo e la nascita di alleanze militari a scopo difensivo: il Patto
Atlantico o NATO (1949), costituito dagli USA e dagli Alleati
occidentali, e il Patto di Varsavia (1955) a cui aderirono l’Urss e i
paesi comunisti dell’Europa orientale.
Il contrasto tra i due blocchi determinò in Europa e nel mondo una
fase di aspra tensione alla quale fu dato il nome di Guerra fredda
(1947), volendo indicare una guerra non dichiarata, ma combattuta
sul piano politico, diplomatico, ideologico. Si creò così una sorta di
equilibrio del terrore, che spinse le superpotenze a consolidare le
loro rispettive posizioni di forza. Per arginare la diffusione del
comunismo, gli USA installarono basi aereonavali nei paesi alleati,
corazzate, portaerei corazzate e sommergibili atomici nei mari.
Vennero perseguitati tutti coloro che erano simpatizzanti del
comunismo e tale azione raggiunse il culmine nel periodo del
cosiddetto maccartismo, dal nome del senatore repubblicano
MacCarthy, fondatore della campagna anticomunista. Nel frattempo
nel 1948 i sovietici avevano deciso di chiudere il corridoio che
metteva in comunicazione la Germania occidentale con Berlino
Ovest, sperando di costringere gli Alleati a ritirasi, ma questi ultimi
reagirono organizzando un ponte aereo, che per diversi mesi rifornì
il settore occidentale della città. L’anno successivo Stalin fu
costretto a rimuovere il blocco e ad assistere alla nascita della
Repubblica federale tedesca a regime parlamentare a cui si
contrappose al Repubblica democratica tedesca a regime
comunista.
Dopo gli anni della guerra fredda, lo scenario politico si rasserena
con la morte di Stalin (5 marzo 1953) e l’ascesa al potere di Nikita
Kruscëv, nuovo segretario del partito comunista sovietico, che portò
38
a termine il processo di destalinizzazione. Nikita Kruscëv presento
al XX Congresso svoltosi a Mosca nel 1956 la denuncia dei crimini
di Stalin, le condanne indiscriminate di comunisti accusati
ingiustamente di complicità con gli Occidentali, le deportazioni in
Serbia o nei campi di lavoro forzati (gulag). In seguito a queste
sconcertanti rivelazioni, che sconvolsero l’opinione pubblica, in
Unione Sovietica si ebbero notevoli cambiamenti: venne ripudiato il
culto della personalità, vennero liberati i prigionieri politici dai gulag,
venne tollerato una certa libertà culturale, anche se il regime restò
sostanzialmente autoritario e repressivo.
Il 1953 rappresentò per Unione sovietica la fine del dispotismo, ma
per l’America l’inizio dell’abbandono della dottrina Truman, con
l’elezione alla casa bianca del nuovo presidente Dwight
Eisenhower, che iniziò una politica di coesistenza pacifica tra i due
blocchi.
Questo nuovo orientamento fu sancito nel 1955 dalla Conferenza
di Ginevra, che vide i rappresentanti di Stati Uniti, Unione
Sovietica, Francia e Inghilterra. Nel 1959 a Camp David, residenza
di vacanza dl residente, Eisenhower e Kruscëv si incontrarono per
mettere a punto un piano di pace volto a sanare il conflitto
scoppiato nel 1948 tra Arabi e Israeliani.
La distensione non impedì però alle due superpotenze di lanciarsi
sfide. La più grave fu sicuramente quella lanciata dall’Unione
sovietica all’Occidente con al costruzione del muro di Berlino,
innalzato nel 1961. questa decisione fu presa per porre fine alla
fuga verso al Germania occidentale degli abitanti della Germania
orientale, decisi a sottrarsi alla dittatura comunista.
Proprio di fronte al muro di Berlino levò la propria voce in nome
della libertà il nuovo presidente americano J.F. Kennedy, che dopo
aver combattuto nella seconda guerra mondiale fu eletto nel 1960
in un momento in cui l’economia degli USA era in crisi. Per risolvere
i problemi Kennedy imposto il proprio programma di politica interna
sul raggiungimento di nuovi traguardi nel campo della sicurezza
sociale, del progresso economico e della parità dei diritti di tutti i
cittadini.
Kennedy si occupò anche di politica estera e non trascurò la
situazione a Cuba, dove aveva cercato di inviare esuli cubani a
sostegno della lotta anticomunista contro Fidel Castro. Il tentativo
scatenò le reazioni del presidente sovietico che mise della basi
missilistiche sull’isola, gli USA risposero con un blocco navale
dell’isola per impedire l’acceso alle navi sovietiche e Kruscëv
smantellò le basi. In cambio il governo americano si impegnò ad
non supportare più alcun intervento anticastrista.
Il presidente Kennedy venne ucciso nel 1963 in un attentato, a
Dallas in Texas.
39
Un importante contributo alla distensione internazionale e alla
costruzione della pace venne anche dal Vaticano, in particolare dal
pontefice Giovanni XXIII con le encicliche Mater et Magistra (1961)
e Pacem in Terris (1963).
Mod. 5_ L’Italia dal Dopoguerra agli anni ‘70
U.D. 1- 2 - 3 _ La nascita della Repubblica Italiana e Rinascita
economica e gli anni ‘70
All'indomani della liberazione l'Italia riprendeva il corso della sua vita
democratica, dopo la lunga pausa dovuta alla dittatura fascista. Era
un'esperienza del tutto nuova per gran parte dei cittadini, e anche se molti
uomini politici del mondo prefascista assunsero importanti responsabilità,
e' certo che il collegamento col passato, dopo le drammatiche esperienze
vissute, era assai difficile. Al di là dei problemi politici, di fronte agli
Italiani stava la tragica realtà economica. Le campagne, devastate dalla
guerra e abbandonate dai contadini, producevano solo la metà del grano
che veniva prodotto nel periodo prebellico. Le grandi città avevano subito
massicci bombardamenti e molte erano semidistrutte: le vie di
comunicazione erano interrotte (per quasi un anno fu assai difficile persino
il collegamento tra Milano e Roma), il materiale ferroviario quasi
interamente distrutto; la flotta mercantile, prima della guerra una delle
maggiori del mondo, in gran parte affondata. Le difficoltà di collegamento
e d'approvvigionamento delle materie prime, in particolare di quelle
provenienti dall'estero, impedirono che si potesse sfruttare a fondo la
capacità produttiva delle nostre industrie, rimasta relativamente integra
anche grazie alla vigilanza operaia (le distruzioni non superavano un
quarto del totale degli impianti). La necessità prima era dunque di lavorare
intensamente per ricostruire il paese e a questo scopo la via più breve era il
ricorso all'aiuto che ci veniva offerto dagli Americani. Grazie a questi aiuti
e alla compressione dei salari (i lavoratori, colpiti da una fortissima
disoccupazione, dovettero limitare le rivendicazioni economiche) si pote'
riavviare la macchina della produzione e stimolare l'iniziativa privata. I
risultati economici furono notevoli: si ebbe una rapida ricostruzione, cui
segui' una ripresa straordinaria dello slancio produttivo, tanto che quindici
anni dopo si parlava con ammirazione nel mondo del miracolo economico
italiano.
La produzione si sviluppò tuttavia in modo disordinato anche per la
mancanza di un'efficace controllo da parte dei pubblici poteri, soprattutto
40
in materia fiscale; fatto grave questo, le cui conseguenze si dovevano
avvertire più tardi. Anche il risveglio culturale del paese fu
straordinariamente vivace. L'esperienza violenta della guerra e degli anni
della Resistenza, la speranza d'un futuro migliore, la caduta delle barriere
che avevano isolato per tanti anni la nostra cultura da quella europea,
aprirono orizzonti nuovi e stimolarono un nuovo fervore creativo. Si
affermarono scrittori nuovi, il nuovo cinema italiano sorprese e commosse
le folle del mondo. Erano forme d'espressione fresche, dirette, anche crude
della realtà, dopo tanti anni di retorica e di torpore morale. Il nostro
movimento intellettuale contribui' moltissimo a ricreare i necessari legami
spirituali con gli altri paesi dai quali per molto tempo il nostro destino era
stato diviso.
Sul piano politico, ai partiti, che rappresentavano il principale legame con
l'Italia prefascista, si ponevano difficili problemi di adattamento alla nuova
realtà economico-sociale. Bisognava tener conto, oltre tutto,
dell'inserimento di fatto dell'Italia nella sfera d'influenza anglo-americana.
Cosi' la Democrazia Cristiana, erede del Partito Popolare, venne ad
assumere il ruolo di baluardo contro l'avanzata del comunismo e a mettere
in secondo piano le esigenze di rinnovamento pure sentite da molti suoi
uomini. Il Partito Socialista era diviso tra una maggioranza favorevole alla
collaborazione coi comunisti e una minoranza che vi si opponeva. Il
Partito Comunista, invece, sotto la guida di Togliatti rinunciò alla
prospettiva di una rivoluzione immediata e si dedicò a una paziente opera
di allargamento dell'elettorato e di penetrazione nelle organizzazioni
sindacali. Accanto a questi "partiti di massa" si muovevano formazioni
politiche minori, pur se guidate da uomini di grande prestigio: il Partito
Repubblicano, che si richiamava agli ideali mazziniani; il Partito d'Azione
e la Democrazia del lavoro, che sarebbero scomparsi presto dalla scena
politica; il Partito Liberale, conservatore e difensore dell'iniziativa privata.
Il 25 aprile 1945 il CLN, che controllava ormai completamente la
situazione nelle regioni settentrionali, assunse tutti i poteri civili e militari
e nel giugno seguente designò FERRUCCIO PARRI, l'animatore della
nostra Resistenza nazionale, come capo d'un governo al quale
parteciparono i partiti Comunista, Socialista, Democristiano, Democratico
del lavoro, Liberale e d'Azione. Il Partito d'Azione chiese che si
mantenessero in vita, come organi locali, i Comitati di Liberazione, ma
non fu sostenuto dagli altri partiti, neppure della Sinistra. Gli stessi
comunisti, che in pratica li controllavano, ne accettarono la soppressione,
puntando le proprie carte sull'esito delle elezioni ormai prossime. Questi
contrasti determinarono in novembre la caduta del governo Parri al quale
succedette, un mese dopo, un nuovo governo presieduto dal democristiano
ALCIDE DE GASPERI. Gli altri partiti continuarono a collaborare,
nonostante l'irrigidimento nei rapporti tra i due blocchi sul piano
internazionale acuisse le divergenze politiche all'interno della nuova
coalizione. Perché l'Italia potesse intraprendere il suo cammino verso la
ricostruzione e la democrazia, andava innanzitutto risolto il problema
istituzionale decidendo, mediante un 'referendum nazionale, nel quale per
la prima volta in Italia il voto veniva esteso alle donne, se mantenere la
41
monarchia sabauda o dare al paese l'istituzione repubblicana. Vittorio
Emanuele III, direttamente compromesso con l'abbattuta dittatura fascista,
abdicò il 9 maggio 1946 in favore del figlio Umberto. Ma il regno di
UMBERTO II fu assai breve: il 2 giugno, con una maggioranza di due
milioni di voti (12.718.019 contro 10.709.423), nasceva la Repubblica
Italiana. Il giurista napoletano ENRICO DE NICOLA ne diveniva il
presidente provvisorio, mentre i Savoia prendevano la via dell'esilio.
I primi governi repubblicani e la Costituzione
Nell'elezione dei rappresentanti dell''Assemblea Nazionale Costituente, i
democristiani ottenevano un importante e in qualche modo inatteso
successo rispetto ai socialisti e ai comunisti. Questi tre partiti costituirono
un governo ancora guidato da De Gasperi, che affrontò decisamente il
fondamentale problema della ricostruzione. Furono create in questo
periodo le regioni autonome, VAL d'AOSTA, TRENTINO-ALTO
ADIGE, SICILIA e SARDEGNA (alle quali più tardi s'aggiungerà il
FRIULI-VENEZIA GIULIA). Nelle isole, soprattutto in Sicilia, s'era
intanto sviluppata una tendenza al separatismo.
Nel febbraio del 1947 l'Italia siglava a Parigi il trattato di pace con le
nazioni vincitrici. Oltre alle colonie e al Dodecanneso, restituito alla
Grecia, l'Italia cedeva l'Istria e parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia e
alla Francia, tra l'altro, l'alta valle Roja con Briga e Tenda. La città di
TRIESTE venne posta sotto l'amministrazione anglo-americana e solo nel
1954 fu restituita all'Italia in cambio della cessione alla Jugoslavia dei
territori a sud della città. (A conferma dell'ottimo clima in seguito
stabilitosi nei rapporti tra Italia e Jugoslavia, il trattato di Osimo nel 1975
regolò definitivamente i problemi di confine tra i due stati.) Nel luglio del
1947 all'interno del Partito Socialista, legato allora ai comunisti da un patto
d'unità d'azione, si verificò una scissione che portò alla fondazione del
nuovo partito socialdemocratico; quest'ultimo, pur accettando i postulati
del socialismo, era contrario all'unità d'azione coi comunisti. Tale scissione
permise alla Democrazia Cristiana di rinunciare alla collaborazione dei
partiti dell'estrema sinistra. Alcide De Gasperi che, dopo un viaggio in
America e poco prima della scissione socialista aveva costituito un
governo senza i comunisti e i socialisti, formò, dopo le elezioni del 18
aprile 1948 che diedero la maggioranza assoluta dei seggi alla Democrazia
Cristiana, il primo governo di coalizione coi partiti di centro (liberali,
socialdemocratici e repubblicani). Questa formula di governo fu detta
"quadripartito" e apri' la fase dei governi "centristi" in cui la Democrazia
Cristiana aveva un peso preponderante. All'opposizione rimasero le forze
di sinistra (comunisti e socialisti), sia quelle di estrema destra, che diedero
vita al Partito Monarchico e al Movimento Sociale Italiano. L'ultimo atto
unitario dei partiti usciti dalla Resistenza fu l'elaborazione della
'Costituzione', il documento su cui si sarebbe basata la nascente
democrazia italiana. Entrata in vigore il primo gennaio 1948 la
Costituzione sanciva che la Repubblica era retta su sistema parlamentare.
Pur se destinata a restare per diversi anni parzialmente inattuata, anche in
istituti fondamentali, la Costituzione ha orientato tutta la vita pubblica
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italiana successiva al 1948, ed il processo di sviluppo del nostro paese e'
stato segnato dalla progressiva realizzazione di quanto in essa era stato
scritto all'indomani della Resistenza.
Problemi della ricostruzione e rinascita economica
La ricostruzione economica e civile continuò dopo il '47 nel clima politico
esasperato dai riflessi della guerra fredda, il meno adatto all'attuazione di
quelle riforme di cui la società italiana aveva bisogno per rinnovarsi
autenticamente. I problemi continuavano ad essere assai gravi: nonostante
gli sforzi fatti, avevamo più disoccupati di qualsiasi altro paese europeo; la
nostra moneta aveva subito una svalutazione paurosa (5000 lire del 1947
valevano come 100 del 1938), le scuole funzionavano a fatica ed erano
comunque insufficienti; la frattura tra classi privilegiate e classi popolari
era accentuata dalla mancanza di approvvigionamento alimentare, cosicché
continuava una deplorevole pratica del "mercato nero", cioe' la vendita
clandestina a prezzo maggiorato di generi alimentari rari o razionati, che
era cominciata negli anni della guerra. Andava intanto affrontato anche
l'aspetto attuale d'uno dei più antichi problemi della storia d'Italia: la
questione meridionale. Anche se molto di ciò che divideva nord e sud era
cambiato nel cammino percorso dal paese, restava da risolvere il problema
del divario economico tra le due parti della penisola. A parte la realtà
geografica che influiva sul diverso grado di sviluppo economico, pesavano
sul problema le conseguenze politiche create dagli ultimi anni di guerra,
quando i contatti tra nord e sud erano stati del tutto interrotti. Nei primi
anni della ricostruzione, mentre nel nord il capitale privato riavviava le
grandi industrie e incrementava la produzione, il sud mostrava scarsi segni
di risveglio. Per correggere questa tendenza, nel 1950 venne istituita la
CASSA PER IL MEZZOGIORNO che utilizzava denaro pubblico per
incrementare lo sviluppo industriale e agricolo nel meridione. Vennero
potenziate le aziende industriali di proprietà di enti pubblici (come L'IRI,
Istituto per la Ricostruzione Industriale, o l'ENI, Ente Nazionale
Idrocarburi), facenti capo allo Stato.
Nel 1957 la nascita del MEC (Mercato Comune Europeo), riducendo
progressivamente le barriere doganali fra gli Stati che vi aderivano
(Francia, Germania Federale, Italia, paesi del Benelux: Belgio, Paesi Bassi,
Lussemburgo), favorì lo sviluppo economico dell'Italia, inserendola in
modo più organico nel quadro della vita europea. Attraverso la
collaborazione economica, il Mercato Comune avrebbe dovuto creare
rapidamente le premesse per un'integrazione anche politica fra gli Stati
Europei. I progressi fatti in questa direzione sono stati tuttavia fino a oggi
assai lenti. Si e' dovuto aspettare il 1979 per poter far eleggere a suffragio
universale dai cittadini dei nove paesi costituenti la CEE (COMUNITÀ
ECONOMICA EUROPEA, alla quale nel 1973 hanno aderito anche Gran
Bretagna, Irlanda e Danimarca) il primo parlamento europeo.
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Il centro-sinistra
Fino al 1953 i governi italiani erano stati dominati dalla personalità di
Alcide De Gasperi, che aveva saputo garantire l'equilibrio nella vita
politica del paese; ma nelle elezioni avvenute in quell'anno la Democrazia
Cristiana perse la maggioranza assoluta in parlamento e De Gasperi si
ritirò dalla scena politica. Egli morì l'anno seguente. Le condizioni del
paese cominciarono a mutare, sia per effetto dell'evoluzione politica
interna del paese, spinta ora da un rapido progresso economico, sia perche'
sul piano internazionale si verificò, in seguito alla morte di Stalin e
all'attenuarsi della tensione tra i due blocchi, un progressivo miglioramento
di rapporti che fini' col ripercuotersi anche sulla situazione italiana. L'unità
d'azione tra i socialisti e i comunisti cessò di essere rigida e col tempo
parve possibile che il PSI potesse essere accolto fra i partiti di governo.
D'altra parte si rendeva sempre più urgente la necessità di dare ordine
all'economia del paese e di provvedere alle indispensabili riforme sociali.
Da questo nuovo stato di cose nel 1962 nacque, dopo numerosi contrasti, il
primo governo di centro-sinistra, presieduto da AMINTORE FANFANI,
cui parteciparono democristiani, socialdemocratici e repubblicani con
l'appoggio esterno dei socialisti (entrati poi nei successivi governi di
centro-sinistra). Tale governo mise in atto la nazionalizzazione
dell'industria elettrica; fu anche realizzata una riforma della scuola media
come primo passo verso una generale riforma del nostro sistema
scolastico, assai importante per il futuro del paese. L'ingresso dei socialisti
al governo nel 1963 provocò l'uscita dal PSI del gruppo che fondò il
Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), in seguito confluito nel PCI.
Nel 1966 si e' avuta la riunificazione del PSI e del PSDI, seguita tre anni
dopo (luglio 1969) da una nuova scissione.
Nel paese si e' intanto verificata una crescita della coscienza di classe dei
lavoratori culminata nelle conquiste dell'"autunno caldo", come fu detto
l'autunno del 1969, quando la casuale coincidenza del rinnovo di alcuni
importanti contratti di lavoro, in particolare di quello dei quasi due milioni
di lavoratori metalmeccanici, creò nel paese un movimento unitario di lotta
quale non s'era mai visto in Italia. Lo STATUTO DEI LAVORATORI,
entrato in vigore nel giugno 1970, la realizzazione dell'unità d'azione fra le
tre maggiori centrali sindacali (CGIL, CISL, UIL), ormai autonome dai
partiti, e le importanti lotte per le riforme sociali hanno fatto avanzare nel
nostro paese il movimento dei lavoratori.
Gli anni '70
La contestazione studentesca e la strage di Piazza Fontana.
A partire dal 1966 l’Italia fu percorsa da un’ondata di manifestazioni
studentesche contro l’autoritarismo della scuola tradizionale. La spinta del
“ribellismo” giovanile venne ben presto frenata, ma frange estremiste
dettero vita a gruppi politici extraparlamentari (Potere Operaio e lotta
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Continua) che si affiancarono ai lavoratori scesi in lotta per il rinnovo dei
contratti di lavoro.
La mobilitazione operaia raggiunse il culmine nel novembre1969
(autunno caldo), quando il paese fu paralizzato da uno sciopero generale
caratterizzato da imponenti manifestazioni e cortei nelle maggiori città
italiane. A conclusione di questa intensa stagione di lotte, venne
promulgato nel 1970 lo Statuto dei lavoratori, la legge che tutela le
libertà sindacali e la dignità dei lavoratori all’interno delle aziende. Per
fronteggiare la pressione delle forze di sinistra, i settori più reazionari della
destra fecero allora ricorso alla cosiddetta strategia della tensione, cioè a
una tragica catena di attentati e stragi per creare un clima di paura nel
paese e impedire cambiamenti politici radicali.
Questo lungo calvario ebbe inizio il 12 dicembre 1969 a Milano, quando
una bomba venne fatta esplodere nella Banca Nazionale dell’Agricoltura
di Piazza Fontana, provocando 17 morti e 88 feriti. L’obiettivo degli
attentatori era quello di suscitare nei cittadini la richiesta di un “governo
forte”, che riportasse l’ordine e impedisse ogni tentativo rivoluzionario.
All'inizio degli anni settanta i governi di centro-sinistra entrarono in crisi e
il problema più importante della politica italiana diventò quello di trovare
nuovi rapporti tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista.
L'istituzione delle Regioni, che ha consentito di attuare il principio
costituzionale del decentramento del potere da Roma alle comunità
periferiche, ha anche favorito lo stabilirsi di relazioni meno rigide fra i
partiti nelle diverse zone del paese. Nel 1972 e nel 1976 vi sono stati
scioglimenti anticipati del Parlamento per la impossibilità di dare vita a
governi destinati a restare in carica per periodi di durata non effimera su
maggioranze stabili. Dopo le elezioni del 1976 e per ispirazione di ALDO
MORO (esponente della Democrazia Cristiana) tuttavia si stabilirono
accordi che consentirono al Partito Comunista di appoggiare
indirettamente il governo e in seguito di entrare nella maggioranza
parlamentare. Portarono a questo risultato l'accettazione da parte
comunista delle istituzioni di tipo occidentale e delle alleanze
internazionali dell'Italia (cosiddetto EUROCOMUNISMO) e la necessità
di fare appello a tutte le forze politiche per avviare un programma di
governo capace di fronteggiare la crisi economica e sociale che investiva il
paese, di cui un'ondata di attentati compiuti da organizzazioni clandestine
fu l'aspetto più preoccupante. La strage di via Fani a Roma (16 marzo
1978) e il successivo assassinio di Aldo Moro compiuto dalle BRIGATE
ROSSE sono stati gli episodi più drammatici di una serie di delitti che
terroristi senza scrupoli hanno posto in essere per compromettere la vita
democratica dell'Italia, a cominciare dalla strage alla Banca
dell'Agricoltura di Milano (12 dicembre 1969). Il governo "di unità
nazionale", presieduto da GIULIO ANDREOTTI e costituito dalla DC con
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l'appoggio di PCI, PSI, PSDI e PRI, entrò in crisi all'inizio del 1979. Nel
giugno dello stesso anno si svolsero nuove elezioni politiche anticipate che
non consentirono di sciogliere con immediatezza i nodi della situazione
politica italiana, lasciando aperti i problemi della costituzione di una larga
maggioranza parlamentare e dei rapporti tra i due maggiori partiti.
Permasero ancora i problemi della lotta al terrorismo, del rafforzamento
delle istituzioni democratiche (di cui fu simbolo il presidente della
Repubblica SANDRO PERTINI, eletto a grande maggioranza l'8 luglio
1978 dopo le dimissioni di Giovanni Leone), del superamento della
recessione economica e della crisi energetica, in una prospettiva di pace e
di collaborazione internazionale.
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