Anche l`ospedale è fonte di malattia: come difendersi dai batteri

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Pisa
Anche l'ospedale è fonte di malattia: come
difendersi dai batteri della corsia
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Francesco Menichetti
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Pisa, 15 novembre 2014 - Come difendersi dai batteri.
Soprattutto da quelli che si nascondono in corsia e attaccano
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persone già ammalate e fragili. Cioè come distinguere
l'ospedale che fa bene da quello che fa male. Perché anche l'
ospedale può essere fonte di malattie, anche se non se ne parla mai.
Invece proprio a queste infezioni sarà dedicata una sezione importante del convegno organizzato dal
direttore dell'Unità di Malattie Infettive dell'Aoup, dottor Francesco Menichetti. Tre giorni, dal 17 al 19
novembre, in cui si riuniranno i maggiori esperti italiani di terapia antibiotica per puntare il dito contro una
serie di carenze che riguardano proprio la loro attività di medici e le possibilità di migliorare e rendere più
sicure le condizioni di permanenza negli ospedali.
"Le medie nazionali ci dicono che tra il 5 e il 10 per cento dei degenti rischia di sviluppare un'infezione.
Questi numeri aumentano in alcuni ambienti assistenziali particolari, tra cui, ad esempio, le rianimazioni,
dove si trovano i pazienti più fragili e dove le procedure di cura sono per forza di cose più invasive", spiega il
dottor Menichetti. "Ovviamente il rischio zero è un obiettivo difficilmente realizzabile, però dobbiamo
considerare queste situazioni per ridurne considerevolmente i rischi".
Ma come può succedere e in che modo ci si può difendere?
"Esistono delle condizioni di base del paziente che lo rendono particolarmente vulnerabile e anche degli
interventi chirurgici che possono creare più rischi. Tra le molte concause anche il fatto che l'operatore non
abbia seguito le procedure in maniera corretta. Ma il vero problema è che i germi ospedalieri sono ormai
resistenti agli antibiotici. Spesso abbiamo pochissimi farmaci adatti a combattere questi tipi di infezione o
addirittura ne siamo privi. Quindi dobbiamo inventarci un cocktail di medicinali nella speranza che vadano
bene, però senza nessuna certezza".
Si tratta di nuovi batteri che non si sa come combattere?
"Si tratta di germi diventati resistenti agli attuali antibiotici anche a causa del loro uso eccessivo e
inappropriato. Purtroppo le grandi aziende hanno da tempo depotenziato gli investimenti sulla ricerca di
nuovi antibiotici perché si tratta di studi lunghi, costosi e, alla fine, scarsamente redditizi. Ci sono infatti
farmaci che rendono di più ed è ovviamente su questi che si concentrano gli sforzi. Così oggi siamo senza
nuovi antibiotici per i batteri gram negativi e nella cura si rischia di tornare al periodo precedente alla
scoperta degli antibiotici stessi. Non ci dimentichiamo che in organismi debilitati, che hanno subito grandi
interventi chirurgici o sono affetti da gravi malattie, l'impatto con questi germi resistenti può essere anche
letale".
Sono più preoccupanti dell'Ebola?
"L'allarme dominante lanciato oggi dai media è quello dell'Ebola, ma negli ospedali esiste già una battaglia
quotidiana, che invece viene sottaciuta. E' una situazione di emergenza reale. L'altra, per ora, è virtuale".
Che cosa chiede?
"Non si può lasciare una situazione così critica al solo settore della ricerca indipendente, che ha pochi
strumenti ed è poco supportata. Si tratta di terapie che possono essere salvavita e bisogna cominciare a
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prendere coscienza di questo problema. Solo lo sforzo comune può produrre risultati. E quando parlo di
sforzo comune mi rivolgo veramente a tutti, dalla politica alla tecnica scientifica".
Ci avviciniamo all'inverno. Tra poco arriverà l'influenza: cosa ci dobbiamo aspettare quest'anno?
"Non sarà un'influenza particolarmente virulenta, una classica epidemia stagionale. Il vaccino è adeguato ed
è consigliato a tutte le categorie a rischio: i bambini, le persone al di sopra dei 65 anni e tutti coloro che
hanno grandi malattie. Da fare subito, perché siamo già a metà novembre. E' importante non far prevalere il
pregiudizio: ciò che fa male è la malattia, non il vaccino".
di Valeria Caldelli
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