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Università degli studi di Ferrara
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
_________
Corso di Laurea in Chimica
Sintesi e caratterizzazione di anodi per
applicazioni elettrometallurgiche.
Stabilità e proprietà catalitiche di film
elettrodici di IrO2 stabilizzati con SnO2
I Relatore :
Prof. ACHILLE DE BATTISTI
II Relatore :
Dott. SERGIO FERRO
Laureando:
TIZIANO CROSARA
_____________________________
Anno Accademico 2002-2003
“Dubitare di te stesso è il primo segno dell'intelligenza”
(Ugo Ojetti)
Prefazione
Gli elettrodi ad ossido o DSA (anodi dimensionalmente stabili), come vengono generalmente
chiamati, sono un argomento di ricerca molto attuale dell’elettrochimica moderna ed
occupano un posto di rilievo nello studio dei materiali per elettrocatalisi, grazie al loro
crescente utilizzo in svariate applicazioni industriali.
Tra le diverse applicazioni in cui sono utilizzati i DSA, quella che maggiormente necessita di
materiali anodici migliori, soprattutto dal punto di vista della vita di servizio, è rappresentata
dall’utilizzo di tali ossidi per la reazione di sviluppo di ossigeno in ambienti fortemente acidi.
Gli ossidi in grado di resistere a tali condizioni di lavoro sono essenzialmente ristretti a RuO2,
IrO2, PbO2 ed MnO2; tra questi, l’RuO2 è senza dubbio quello che offre maggiori attività
elettro-catalitiche. Tuttavia, ad esso viene preferito il biossido di iridio perché, pur offrendo
minori prestazioni elettrocatalitiche, garantisce una maggiore resistenza alla corrosione.
Anche PbO2 ed MnO2 godono di buona stabilità meccanica ma il loro utilizzo è stato
recentemente soggetto a restrizioni, per via del possibile inquinamento ambientale ad essi
correlabile; essi presentano inoltre una trascurabile attività catalitica.
L’inconveniente principale di IrO2 è rappresentato dall’elevato costo del materiale (circa 5
volte superiore a quello di RuO2); l’utilizzo di IrO2 in miscela con un “diluente“ economico
potrebbe ridurre notevolmente i costi, fermo restando il necessario mantenimento delle
condizioni ottimali di attività.
In bibliografia è riportato l’uso di SnO2 quale diluente per il biossido di rutenio, ed è stato
evidenziato come l’attività elettrocatalitica di quest’ultimo non venga sostanzialmente ridotta
dalla miscelazione [1], in disaccordo con quanto si verifica aggiungendo ad RuO2 il biossido
di titanio; inoltre, è stato mostrato che sono sufficienti piccole quantità dell’ossido del metallo
nobile per promuovere attività catalitiche ottimali [2].
In questo lavoro di tesi sono riassunti i risultati della caratterizzazione elettrochimica e
morfologica di film elettrodici basati su miscele di IrO2+SnO2, ottenute in un intervallo di
concentrazioni abbastanza ampio, per degradazione pirolitica di sali precursori clorurati (in
soluzione idroalcolica) su supporti di titanio precedentemente decapati. La caratterizzazione
elettrochimica dei dispositivi ottenuti è stata eseguita attraverso lo studio del meccanismo
della reazione di sviluppo di ossigeno, effettuata anche a diversa temperatura.
Parte I:
Introduzione
1.1. Ossigeno: curiosità, note storiche, proprietà
chimico-fisiche
L’ossigeno rappresenta l’elemento più abbondante del nostro pianeta; inoltre, dopo elio ed
idrogeno, é l’elemento maggiormente presente nel sole, in cui gioca un ruolo fondamentale nel
ciclo carbonio-azoto, che è uno dei processi responsabili della produzione di energia stellare.
Circa il 21% dell’atmosfera terrestre è costituita da ossigeno gassoso, inoltre 2/3 del corpo
umano e 9/10 dell’H2O sono costituiti da tale elemento. Il gas è inodore e incolore mentre le
fasi liquida e solida sono di colore azzurrognolo.
La molecola di ossigeno è fortemente paramagnetica (contiene elettroni spaiati); allo stato
eccitato, essa presenta una luminescenza caratteristica, responsabile della brillante colorazione
gialla e rossa dell’aurora.
Storicamente, il suo nome prende origine dalle parole greche oxys e ghennan, che significano
rispettivamente “acido” e “formatore” (formatore di acidi). Nella tavola periodica degli
elementi, l’ossigeno appartiene alla famiglia dei calcogeni (formatori di sali) corrispondenti
all’VIII gruppo, secondo periodo.
L’ossigeno venne sintetizzato precedentemente al 1772 ma non venne riconosciuto come
elemento fino al primo agosto 1774, data in cui l’inglese Joseph Priestley (1733-1804),
sintetizzando l’ossido di mercurio per riscaldamento all’aria di mercurio, arrivò alla
formazione di alcune gocce di Hg metallico e di un gas inodore ed incolore, che scoprì essere
in grado di sostenere una reazione di combustione meglio di quanto facesse l’aria stessa.
Un’altra scoperta indipendente è stata accreditata al farmacista svedese Carl Wilhelm Scheele
(1742-1786), il quale mostrò la preparazione di O2 attraverso la decomposizione termica di
KNO3, Mg(NO3)2 ed HgO; tali risultati, tuttavia, vennero resi pubblici solamente nel 1777,
cioè alcuni anni dopo che Priestley informò Lavoisier della sua scoperta, convincendolo che il
gas generato era un nuovo elemento e suggerendogli il nome di oxygen.
Mentre l’ossigeno è fondamentale per la vita degli organismi superiori, che si basano sulla
respirazione aerobica, l’ozono (la seconda forma allotropica dell’ossigeno), e le forme
perossido e superossido sono altamente tossiche; d’altro canto, l’ozono è un importante
componente dell’atmosfera, poiché permette la filtrazione dei raggi UV provenienti dal sole. A
1
onor del vero, lo stesso ossigeno, ad alte pressioni parziali, provoca effetti negativi sugli
organismi aerobi, essendo causa di convulsioni, complicazioni polmonari ed effetti teratogeni.
L’aria ricca di ossigeno è facilmente infiammabile, poiché in tali condizioni la velocità di
combustione dei materiali viene notevolmente incrementata.
L’ossigeno gassoso non reagisce né con se stesso, né con l’azoto (alle normali condizioni di
pressione e temperatura); è sostanzialmente inerte anche in miscela con l’acqua (dove al
contrario è fortemente solubile: circa 8 g/Kg a 20 °C e alla pressione di 1atm), e con molti acidi
e basi.
L’energia della specie diatomica O2, in fase gas, è 498.36 ± 0.17 kJ mol-1 (il legame energetico
più forte per una molecola gassosa omonucleare è quello della molecola di N2 (945.33 ± 0.59
kJ mol-1). I valori precedenti si riferiscono alla temperatura di 298 °K ed è interessante notare
come i valori in fase gas possano essere molto diversi dai corrispondenti valori in fase solida.
Nel seguente schema sono riportate alcune proprietà termodinamiche dell’ossigeno.
State
∆fH°
(kJ mol-1)
∆fG°
(kJ mol-1)
S°
(J K mol-1)
CpH
(J K-1 mol-1)
H°298.15-H°0
(kJ mol-1)
Gas (O2)
*0
0
*205.152 ± 0.005
29.4
*8.680 ± 0.002
Gas (atomi)
*249.18 ± 0.10
231.75
*161.059 ± 0.003
21.9
*6.725 ± 0.001
Gas (O3)
143
163
238.8
39.2
10.350
-1
Fonte: National Bureau of Standards [3]. I valori asteriscati sono quelli accettati dal Committee on Data for Science and Technology
(CODATA) per le proprietà termodinamiche delle principali sostanze chimiche [4]. Questi valori sono reperibili anche sul web [5].
2
1.2. Applicazioni industriali della reazione di sviluppo di O2
Nella seguente rappresentazione sono riportati i potenziali standard di riduzione (E°NHE /V) di
O2 e delle specie ad esso correlate, sia in ambiente acido che in ambiente alcalino; tali valori
sono stati ricavati da Tarasevich, Sadkowski e Yeager [6].
0
-1
-2
1.229
Soluzioni
acide
O2
-0.053
0.695
HO2
H2O2
1.443
1.763
H2O
1.656
0.401
Soluzioni
alcaline
O2
-0.284
-0.065
O2-
HO20.155
0.867
OH-
0.629
Come evidenziato in figura, la reattività elettrochimica dell’ossigeno è abbastanza complessa e
presenta una irreversibilità intrinseca (alcuni intermedi possono essere ottenuti solamente
attraverso la via riduttiva).
Nonostante la reazione di riduzione di ossigeno sia di notevole interesse, perché rappresenta il
processo catodico di molti importanti processi industriali (ad es.: le celle soda-cloro e le celle a
combustibile; è inoltre la principale causa dei fenomeni corrosivi), l’attenzione di questo lavoro
di tesi sarà focalizzata sul processo opposto, ovvero la reazione di sviluppo di ossigeno (OER).
Quest’ultima è d’interesse tanto dal punto di vista fondamentale che da quello applicativo,
essendo coinvolta come “reazione ausiliaria” nei principali processi elettrometallurgici; tra
questi, vale la pena annoverare:
3
1)
Electroplating
2)
Electrogalvanizing
3)
Electrowinning
4)
Electroforming
Electroplating ed electrogalvanizing: consistono nell’elettrodeposizione del metallo o di una
lega da una opportuna soluzione elettrolitica, dove l’oggetto di riempimento funge da catodo;
un esempio di questa metodica è rappresentato dai connettori elettrici ai quali viene depositato
l’oro.
Gli strati di elettrodeposizione servono a diversi scopi:
1)
assicurare una protezione alla corrosione per certi materiali, che altrimenti
potrebbero essere danneggiati (electrogalvanizing);
2)
fornire strati superficiali decorativi per materiali metallici e non (electroplating);
3)
fornire determinate proprietà tecnologiche a materiali che non le possiedono.
La struttura dei depositi galvanici è fortemente influenzata dai parametri di lavoro, quali la
composizione dell’elettrolita, la temperatura e la densità di corrente.
Electrowinning: è il processo più importante dell’elettrometallurgia; consente il recupero di
metalli da soluzioni di lavaggio concentrate, provenienti normalmente da scarti industriali;
l’apparecchiatura utilizzata consiste in un insieme di catodi ed anodi insolubili, immersi nella
camera di reazione che contiene l’elettrolita. La quantità di metallo recuperata (cioè la quantità
di metallo che viene elettrodepositata al catodo) dipende da numerosi fattori, tra cui la
concentrazione di metallo nell’elettrolita, l’intensità di corrente applicata, l’area del catodo e la
dimensione della specie metallica soggetta al recupero.
L’electrowinning si diversifica da altre tecniche di recupero (per esempio, evaporazione,
scambio ionico...) in quanto il metallo viene recuperato come elemento e non come specie
ionica in soluzione. Tuttavia, il metallo recuperato non é abbastanza puro per poter essere
utilizzato come materiale anodico in processi di placcatura; molto spesso viene venduto come
rottame metallico.
La comprensione dell’importanza di tale processo può essere chiarita dalla tabella 1 che riporta
l’analisi del mercato mondiale dei materiali maggiormente recuperati tramite electrowinning
4
Processo
Produzione
Superficie anodica
(tonnellate annue)
(m2)
Zn
8.000.000
1.650.000
Cu
1.200.000
500.000
Co,Ni e altro
---
100.000
Tabella 1: mercato mondiale dei principali metalli recuperati per Electrowinning [7]
Electroforming: è un processo che produce oggetti indipendenti, per elettrodeposizione di
metalli su mandrini (anime metalliche) o altre forme, che sono rimosse dopo il trattamento. Gli
oggetti rimossi sono duplicati esatti degli originali, e vengono essi stessi spesso usati come
elettro-forme generatrici principali. L’electroforming differisce dall’electroplating nelle
apparecchiature e nelle attrezzature, nei tempi di deposizione più lunghi e nei controlli di
processo più stretti. Questi ultimi sono essenziali a causa delle esigenti tolleranze dimensionali
attese per le parti elettro-formate.
Un ulteriore aumento di interesse nei confronti dell’OER si è verificato in seguito allo sviluppo
di applicazioni ambientali come l’elettroflottazione ed il trattamento per ossidazione
elettrochimica (incenerimento) di specie organiche presenti in acque inquinate.
La prima tecnica consiste nell’elettrogenerazione controllata di bolle di ossigeno e di idrogeno;
queste attraversano la soluzione, attaccandosi alle particelle insolubili di contaminante e
formando uno strato schiumoso che si agglomera in superficie; tale strato può essere
successivamente separato per via meccanica o in altri modi. La concentrazione delle bolle può
essere superiore ai cinque milioni per litro, garantendo così alte velocità di rimozione del
contaminante (10-100 volte superiore ai metodi di precipitazione gravitazionale usati
tradizionalmente); uno svantaggio di tali tecniche è rappresentato dall’elevato costo.
Il processo di ossidazione elettrochimica sta invece diventando particolarmente interessante a
seguito della comparsa di piccole celle elettrochimiche utilizzabili per la sterilizzazione
terminale delle acque potabili.
Altre nuove applicazioni, che coinvolgono la reazione di sviluppo di ossigeno, riguardano
l’elettro-risanamento dei suoli e l’utilizzo di correnti catodiche per scopi protettivi, in particolar
modo nei confronti di strutture di rinforzo utilizzate in ingegneria.
5
Gli ultimi due esempi, così come la sterilizzazione terminale delle acque potabili, richiedono
l’utilizzo di basse densità di corrente, dato che gli ambienti sono generalmente caratterizzati da
scarsa conduttività ed i risultati attesi sono guidati dal campo elettrico piuttosto che dalla
corrente applicata. Oltre a ciò, la tutela dell’ambiente, la cui normativa è sempre più oggetto di
limitazioni, e/o i propositi di potabilizzazione, richiedono sempre più l’utilizzo di materiali
elettrodici con caratteristiche di stabilità e di non tossicità.
Alcune delle applicazioni citate sfruttavano inizialmente anodi di piombo (l’elettrowinning in
particolare) poiché la grafite non dava sufficienti garanzie di stabilità meccanica. Tuttavia, la
necessità di preservare l’ambiente ha reso necessaria l’introduzione di anodi insolubili e di
lunga durata, in grado di sostituire quelli di Pb, evitando così la contaminazione da parte degli
elettrodi stessi.
Come riportato in letteratura, elettrodi di Ti ricoperti di ossidi di titanio e rutenio, o di una
miscela di ossidi di rutenio e stagno, sono diffusamente utilizzati nell’elettrolisi soda-cloro;
sfortunatamente, tali materiali elettrodici non possono essere utilizzati, con risultati ugualmente
soddisfacenti, in bagni di solfato, dato che l’ossido di rutenio è poco resistente alla corrosione.
Tra il gruppo dei metalli del platino, Takahashi constatò che il Pt era il più resistente alla
corrosione (tempo di vita testato in una soluzione di acido solforico 2N, a 1 A/cm2 alla
temperatura di 40 °C), riportando una perdita in peso pari a 5.0 mg/cm2·Ah [8].
Tra gli ossidi del gruppo sopra citato, quello che presenta la maggiore stabilità è il biossido
d’iridio, poiché nelle condizioni di vita di servizio appena menzionate presenta una perdita in
peso di soli 0.1 mg/cm2·Ah [8]; per questo motivo, l’ossido d’iridio rappresenta un buon
candidato per ricoprire supporti metallici. Sfortunatamente, in ambiente privo di ioni cloro,
quali sono ad esempio le soluzioni di acido solforico, all’interfaccia tra l’IrO2 e la base di
titanio, ha luogo la crescita di un film di TiO2 che agisce come un isolante causando un
aumento del potenziale elettrodico. L’aumento della caduta ohmica e il conseguente
riscaldamento del dispositivo sono le principali ragioni dell’insuccesso di questi elettrodi.
Alla luce di questi fatti, non sorprende constatare l’incremento della ricerca su nuovi elettrodi
per le diverse applicazioni elettrochimiche; tale campo investigativo è continuamente arricchito
da nuovi brevetti riguardanti metodiche di preparazione particolari, mirate al miglioramento
delle performance soprattutto in termini di resistenza alla corrosione.
6
1.3. DSA: cenni storici
La storia degli elettrodi ad ossido iniziò attorno alla metà degli anni cinquanta; tuttavia,
le prime prove scritte della loro esistenza risalgono al 1965, quando apparve il primo
brevetto di H. B. Beer [9]. La sua invenzione divenne popolare con il nome DSA
(Dimensionally Stable Anodes) e, nel 1980, gli valse la medaglia “Vittorio De Nora Diamond Shamrock”; durante il suo discorso di ringraziamento, Beer ammise che la
scoperta fu abbastanza casuale, ma che ebbe un vero colpo di fortuna nel trovare
l’interesse di Vittorio De Nora, che contribuì significativamente al successo mondiale
dei DSA [10].
Come ben espresso da Trasatti [11]: “L’innovazione tecnologica può essere spinta da
motivi scientifici o dall’industria, quando esprime i bisogni della società. Il caso dei
DSA è un esempio del secondo caso: prima della loro introduzione, gli elettrodi ad
ossido conduttore erano praticamente sconosciuti in elettrochimica e rimasero
scientificamente inesplorati per almeno altri 7 anni, dopo la loro invenzione, sebbene
l’industria ne stesse effettivamente testando le performance”.
Gli ossidi di Pb, Mn e Fe erano già noti e diffusamente utilizzati, ma la popolarità degli
elettrodi ad ossido conduttore divenne tale, in elettrochimica, solo con il loro impiego
nelle celle cloro-soda, a sostituzione degli anodi di grafite che si usuravano molto
facilmente; il nome DSA ha difatti origine dalla loro resistenza all’usura.
Dal punto di vista della ricerca fondamentale, la ragione delle loro proprietà rimase
inizialmente del tutto sconosciuta, ed i primi tentativi d’interpretarne il comportamento
rimasero a livello di speculazioni. Il primo lavoro di tipo fondamentale apparve in
letteratura nel 1971 [12] e mostrò come lo studio delle proprietà elettrochimiche di
questi ossidi richiedesse un approccio interdisciplinare tra la chimica dello stato solido,
la chimica fisica, la catalisi e la chimica dei materiali. In seguito, la ricerca
fondamentale ebbe uno sviluppo esponenziale e moltissimi lavori sono oggi disponibili
in letteratura; ciò nonostante, l’argomento è ancora aperto a nuovi sviluppi e a nuovi
miglioramenti, poiché il numero dei parametri che influenzano le performance di tali
materiali è estremamente vasto.
7
Vediamo ora lo schema di un elettrodo DSA:
film
interlayer
supporto
Figura 1
Tali anodi vengono costruiti depositando, mediante varie procedure, uno strato di ossido
su di un supporto metallico. La scelta del supporto inerte dev’essere fatta tra materiali
conduttori e stabili all’ossidazione termica; il titanio è il meno costoso ma tende ad
ossidarsi più facilmente rispetto agli altri (a T > 400 oC) creando così uno strato di
ossido elettricamente isolante tra supporto e film attivo. Tuttavia, la scelta ricade spesso
su questo materiale in quanto rappresenta il miglior compromesso tra i requisiti
economici e di stabilità.
Gli ossidi utilizzati per la copertura del metallo si dividono in 2 categorie:
- ossidi elettrocatalitici
sono gli ossidi dei metalli nobili dell’ottavo gruppo (IrO2, RuO2, PtOX, RhO2);
conferiscono al materiale la necessaria caratteristica di condurre la corrente elettrica.
- ossidi di metalli valvola
sono ossidi che hanno il compito di stabilizzare il composto attivo. Essi sono: TiO2,
SnO2, Ta2O5, Nb2O5, ZrO2.
Gli ossidi della prima classe non possono essere utilizzati allo stato puro poiché, oltre
all’eccessivo dispendio economico, essi risulterebbero soggetti a parziale e/o totale
dissoluzione, a seguito del possibile aumento dello stato di ossidazione del metallo.
Vengono pertanto introdotti gli ossidi della seconda classe, sopra citati, che hanno il
duplice scopo di legare più fortemente l’ossido attivo, impedendone la dissoluzione e
allungando così la vita dell’elettrodo, e di “diluire” il componente elettrochimicamente
attivo entro una matrice stabile.
8
I metalli stabilizzanti sono anche definiti metalli valvola poiché hanno il compito di
proteggere l’ossido attivo, interponendosi come barriera tra esso e la soluzione; quindi,
come una valvola regola e controlla il flusso di un fluido, così l’ossido stabilizzante si
comporta nei confronti dello strato attivato.
Poiché i DSA trovano applicazione in molteplici settori dell’elettrochimica industriale,
la scelta dei metallo e dei relativi ossidi dipende sostanzialmente dal processo
considerato.
RuO2/(TiO2, SnO2)/Ti
Sviluppo di cloro
Sviluppo di ossigeno
IrO2/(SnO2, Ta2O5)/Ti
Ossidazione selettiva di sostanze
organiche
Sviluppo di O3
SnO2/SbO2/Ti,
PbO2/Ti
Incenerimento elettrochimico di
sostanze organiche
Tabella 2: principali utilizzi dei DSA
Possiamo infine riassumere le caratteristiche che dovrebbe avere un elettrodo DSA
ideale:
Elevata area superficiale
Alta conducibilità elettrica
Buone proprietà elettrocatalitiche
Stabilità chimica e meccanica a lungo termine, sia all’interfase supporto-film
attivato, che all’interfase film attivo-supporto
Elevata selettività rispetto ad una determinata reazione
Disponibilità a basso costo
Sicurezza per la salute
9
1.4. Cenni di Elettrocatalisi
L’elettrocatalisi è un’estensione della catalisi eterogenea. Infatti, come un catalizzatore
chimico modifica la velocità di reazione agendo, in pratica, come luogo d’incontro per i
reagenti, facilitandone l’unione e quindi la trasformazione in prodotti, così l’elettrocatalizzatore si comporta nei confronti dei reagenti di una reazione elettrochimica. Inoltre,
potendo contare sulla cosiddetta “variabile elettrica”, un elettro-catalizzatore è in grado di
indirizzare la reazione di interesse in un verso anche contrario alla termodinamica della
reazione “non perturbata”.
Dalla versione generale dell’equazione di Butler-Volmer, che fornisce la corrente totale
(I=Id–Ie), si ha che:
⎧
⎡⎛ n − γ e
⎡ ⎛ γe
⎞ Fη ⎤
⎞ Fη ⎤ ⎫
− rβ ⎟
−
−
+
i = i0 ⎨exp ⎢⎜
r
β
exp
⎜
⎟
⎥
⎢ ν
⎥⎬
⎠ RT ⎦
⎠ RT ⎦ ⎭
⎣⎝ ν
⎣ ⎝
⎩
(1.4.1)
dove:
i0 = densità di corrente di scambio
n = numero di elettroni trasferiti, ad eccezione di quelli coinvolti nel r.d.s.
n = coefficiente stechiometrico
r = elettroni scambiati nel r.d.s.
β = fattore di simmetria
γe = numero d’ordine dello step precedente l’r.d.s.
F = costante di Faraday
η = sovrapotenziale
R = costante universale dei gas
T = temperatura espressa in gradi Kelvin
Da questa versione generale è possibile avere la relazione che lega la densità di corrente
con la sovratensione η per la reazione di elettronazione (riduzione); infatti, posto α e =
n
,
v
otteniamo:
⎡ α Fη ⎤
i = i0 exp ⎢ − e ⎥
⎣ RT ⎦
(1.4.2)
in cui il nuovo parametro ae è definito coefficiente di transfert.
In questo modo, tuttavia, non viene messo in luce il ruolo dell’elettro-catalizzatore; per
evidenziarne l’aspetto catalitico, è necessario esprimere la relazione nel modo seguente:
10
i = nFc
⎛ ∆ eG o ≠
k BT ⎡
⎢exp ⎜ −
h ⎣
RT
⎝
⎞
⎛ α e F ∆φ ⎞ ⎤
⎟ exp ⎜ −
⎟⎥
RT ⎠ ⎦
⎝
⎠
(1.4.3)
dove:
kB = costante di Boltzmann
h = costante di Planck
DeG°≠ = energia libera standard di attivazione chimica per la reazione di elettronazione
Dφ = differenza di potenziale Galvani tra elettrodo e soluzione
c = concentrazione della specie che subisce la reazione di elettronazione
e più concisamente:
⎛ α F ∆φ ⎞
i = nFcke exp ⎜ − e
RT ⎠⎟
⎝
(1.4.4)
con
ke =
⎛ ∆ G 0≠ ⎞
k BT
exp ⎜ − e
⎟
h
RT ⎠
⎝
(1.4.5)
Ogni valore di potenziale interno (Galvani) può essere concettualmente suddiviso in 2
parti: una dipendente dal potenziale esterno (Dy), misurabile, ed una dipendente dal
potenziale interfasale (Dc), non misurabile:
∆ φ = ∆Ψ + ∆ χ
(1.4.6)
essendo:
4π qΜ
∆Ψ =
∆χ =
(1.4.7)
ε
4π N µ
(1.4.8)
ε
l’equazione (1.6) diventa:
∆φ =
4π qΜ
ε
+
4πΝµ
(1.4.9)
ε
al potenziale di carica zero qM=0, il contributo di Dy sparisce e si ha:
∆φ pzc = ∆χ =
4πΝµ
(1.4.10)
ε
si può allora riscrivere l’equazione di Butler-Volmer globale in termini di ∆Φpzc:
⎡
⎛ α e F ∆φ pzc
i = nFcke ⎢exp ⎜ −
RT
⎝
⎣
⎛ α e F ( ∆φ − ∆φ pzc ) ⎞ ⎤
⎞⎤ ⎡
⎢
⎜−
⎟⎥
exp
⎟⎥
⎜
⎟
RT
⎠ ⎦ ⎢⎣
⎝
⎠ ⎥⎦
11
(1.4.11)
Tale equazione mette in evidenza il ruolo catalitico dell’elettrodo: la velocità della reazione
dipende, in primo luogo, dalla differenza di potenziale attraverso l’interfase e, in secondo
luogo, da un termine chimico (ke).
Si può suggerire quindi una linea di separazione tra catalisi ed elettrocatalisi: la velocità di
una reazione elettro-catalizzata dipende dal potenziale, mentre la velocità di una reazione
catalizzata non può esserne dipendente. Le espressioni delle velocità nei due casi mostrano
chiaramente la distinzione.
La velocità catalitica di una reazione eterogenea è data dall’equazione (1.4.12) :
v=c
⎛ ∆G 0≠ ⎞
k BT
exp ⎜ −
⎟
h
⎝ RT ⎠
(1.4.12)
mentre la velocità elettro-catalitica è espressa nella maniera sottostante:
v=
i
k T
=c B
nF
h
⎡
⎛ ∆G o ≠
exp
⎢
⎜−
⎝ RT
⎣
⎞⎤ ⎡
⎛ α e F ∆φ ⎞ ⎤
⎟ ⎥ ⎢exp ⎜ −
RT ⎠⎟ ⎥⎦
⎝
⎠⎦ ⎣
(1.4.13)
La dipendenza dal potenziale ci permette di avere un controllo enorme della reazione;
infatti, variando il potenziale elettrodo-soluzione, si può variare la velocità di reazione di
un dato catalizzatore anche di diversi ordini di grandezza. Da un punto di vista puramente
chimico, una variazione analoga di velocità potrebbe essere teoricamente ottenuta agendo
opportunamente sulla temperatura (per ogni incremento di temperatura di circa 10 °C, la
velocità di reazione raddoppia), ma analoghi risultati sarebbero difficilmente raggiungibili
sperimentalmente.
Un altro aspetto dell’elettrocatalisi è legato alla presenza di specie non reattive all’interfase
(ioni, molecole di solvente), che spesso influenzano la velocità di reazione in maniera
variabile anche in riferimento ai diversi substrati.
12
Catalisi chimica
Elettrocatalisi
la velocità dipende da
⎛ ∆G° ≠ ⎞
exp⎜ −
⎟
⎝ RT ⎠
⎛ ∆G°≠ ⎞
⎛ α eF∆φ ⎞
exp⎜ −
⎟
⎟ exp⎜ −
⎝
⎝ RT ⎠
RT ⎠
dipendenza dal
potenziale
No
Sì
dipendenza dalla
temperatura
Sì
Sì
intervallo operativo di
temperatura
sopra i 150 °C
sotto i 150 °C
energia di attivazione
media
10-100
5-35
(kcal/mole)
Tabella3: principali differenze tra catalisi chimica ed elettrocatalisi
In materia di elettrocatalisi, La ricerca fondamentale mira a stabilire una guida concettuale
alla selezione e al “disegno” di nuovi materiali; l’industria vede perciò in essa la possibilità
di migliorare le prestazioni elettro-catalitiche riducendo parte dei costi. Il risparmio può
venire, come detto in precedenza, selezionando attentamente gli elettro-catalizzatori da
utilizzare ma anche minimizzando eventuali cadute di potenziale.
Infatti, il voltaggio esterno applicato dipende da una sommatoria di fattori, alcuni dei quali
dipendono dalla corrente i:
DV=Ea – Ec + ha + hc + DVW
(1.4.14)
dove:
ηa = sovrapotenziale anodico
ηc = sovrapotenziale catodico
∆VΩ = caduta ohmica (funzione di i)
Ea = differenza di potenziale standard della reazione anodica
Ec = differenza di potenziale standard della reazione catodica
13
Figura 2: andamento dei potenziali di cella in
funzione della corrente
L’andamento dei sovrapotenziali evidenzia una crescita logaritmica, al crescere della
corrente, mentre la caduta ohmica cresce linearmente con essa; ne segue che i problemi di
caduta ohmica influenzano la velocità della reazione quanto più questa è elevata.
Compito dell’elettrocatalisi è quello di minimizzare ηa e ηc, e poiché tali termini sono
caratteristici dei materiali elettrodici, essa si propone di cercare quei materiali sui quali i
sovrapotenziali risultano particolarmente bassi. Invece, la caduta ohmica rappresenta per lo
più un problema d’ingegneria elettrochimica della cella, anche se le due quantità sono
collegate.
Il valore minimo di differenza di potenziale al quale avviene l’elettrolisi, DV, è
determinato dalla termodinamica (il ∆E nell’equazione di Nernst) e non dipende dal
materiale elettrodico. Per ottimizzare i costi industriali è necessario ottenere un valore di
DV il più vicino possibile a quello termodinamico. Un metodo in fase di studio per ottenere
questo, è sostituire alle reazioni elettrodiche tradizionali, aventi valori grandi di DE, altre
reazione che hanno valori di DE più bassi, sfruttando una reazione ausiliaria che avvenga al
catodo. Ad esempio, nel processo di produzione di cloro, la reazione anodica è lo sviluppo
di cloro mentre quella catodica è rappresentata dallo sviluppo di idrogeno (DE = 2.2V);
sostituendo quest’ultima con la riduzione di ossigeno (catodi depolarizzati con ossigeno), il
DE nominale si riduce di 1V e il DV diminuisce del 30% (ηc diventa minore).
14
1.5. Sviluppo anodico di ossigeno
Prima di effettuare un’analisi dei vari meccanismi che caratterizzano la reazione di sviluppo di
ossigeno, è opportuno premettere che i parametri diagnostici saranno valutati considerando un
caso particolare dell’equazione di Butler-Volmer, già descritta nel paragrafo 1.4.
Consideriamo la seguente reazione di trasferimento mono-elettronico, mono-stadio:
A+ + e
D
sia la reazione di elettronazione (trasferimento di un elettrone
dall’elettrodo ad una specie accettrice presente in soluzione (A+),
che si trasforma in un’altra specie (D)) come quella di de-elettronazione (processo inverso a
quello sopra descritto) avvengono contemporaneamente e con differente velocità.
Il valore della densità di corrente netta viene espresso dall’equazione di Butler-Volmer:
⎧
⎡ (1 − β ) Fη ⎤
⎡ − β Fη ⎤ ⎫
− exp ⎢
i = i0 ⎨exp ⎢
⎥
⎥⎬
⎣ RT
⎦
⎣ RT ⎦ ⎭
⎩
(1.5.1)
dove:
i0 = densità di corrente di scambio (valore della densità di corrente quando le velocità di
elettronazione e di de-elettronazione sono uguali)
h = sovrapotenziale (sovratensione)
b = fattore di simmetria
Da tale espressione si evince come piccole variazioni di sovratensione producano grandi
variazioni di densità di corrente e, di conseguenza, grandi variazioni di velocità della reazione.
L’andamento della corrente in funzione del sovrapotenziale è rappresentato in figura 3:
Figura 3: equazione di Butler-Volmer
15
Nel grafico si possono evidenziare 2 zone limiti: alto campo e basso campo (vedi fig. 4).
1. Approssimazione di basso campo
Quando la sovratensione è molto piccola (formalmente, quando h F/RT << 1; nella
pratica, quando h è inferiore a 0.01V circa) si possono espandere i termini esponenziali in
serie di Taylor e si ottiene:
⎤⎪⎫ ⎡ ⎛ −βηF ⎞ ⎤
ηF
⎪⎧⎡1+ (1− β )ηF
+ ...⎥⎬ − ⎢1+ ⎜
i = i0 ⎨⎢
⎟ + ...⎥ = i0
RT
RT
⎦⎭⎪ ⎣ ⎝ RT ⎠ ⎦
⎩⎪⎣
(1.5.2)
Ne segue che la densità di corrente è direttamente proporzionale alla sovratensione:
infatti, a bassi valori di h, l’interfaccia elettrodo-soluzione si comporta alla stregua di un
conduttore ohmico. Quando si verifica una piccola sovratensione positiva, la corrente è
anodica (h > 0, i > 0), mentre quando è piccola e negativa, la corrente è detta catodica (h
< 0, i < 0). Inoltre, come avviene per i conduttori ohmici, possiamo invertire la relazione
e calcolare la ddp che deve sussistere se, tramite un circuito esterno, è stata impostata una
densità di corrente i.
2. Approssimazione di alto campo
Quando la sovratensione è molto grande (superiore a circa 0.1V), l’equazione di ButlerVolmer assume un’altra forma limite; nel caso di una sovratensione grande e positiva
(l’elettrodo in considerazione funge da anodo), la seconda esponenziale dell’equazione
(1.5.1) è molto minore della prima e si può trascurare. In tal caso si ottiene l’equazione
(1.5.3):
i = i0 exp
(1 − β ) Fη
(1.5.3)
RT
Viceversa, quando la sovratensione è grande ma negativa (il che corrisponde al caso
catodico), l’esponenziale che si può trascurare è la prima e ne viene che:
⎧ βη F ⎫
i = i0 exp ⎨−
⎬
⎩ RT ⎭
(1.5.4)
Scrivendo le equazione (1.5.3) e (1.5.4) in forma logaritmica, otteniamo le equazioni
(1.5.5) e (1.5.6):
16
ln ( i ) = ln i0 +
(1 − β ) Fη
ln( − i ) = ln i0 −
(1.5.5)
RT
βη F
(1.5.6)
RT
Figura 4: andamento della corrente in funzione del sovrapotenziale
nei due casi limite della Butler-Volmer
Focalizziamo la nostra attenzione al secondo caso; risolvendo per h e passando ai logaritmi
decimali, otteniamo un’equazione di primo grado, espressione di una retta sul piano h–logi:
η=
2.303RT
2.303RT
log i0 +
log i
(1 − β ) F
(1 − β ) F
(1.5.7)
Tale retta prende il nome di retta di Tafel ed è spesso indicata più semplicemente come:
η = a + b log i
(1.5.8)
Il grafico generale è rappresentato in figura 5.
17
Figura 5: retta di Tafel
La sua importanza risulta evidente dalle informazioni che si possono ottenere:
a) estrapolando fino a h = 0, cioè fino al valore del potenziale di equilibrio, si ottiene
l’intercetta; conoscendo il valore di β, il termine i0 può essere quindi facilmente ricavato
b) dalla pendenza, b, della retta data, definita come:
⎛ ∂η ⎞
b=⎜
⎟
⎝ ∂ log i ⎠t
(1.5.9)
possiamo avere informazioni circa il meccanismo di reazione; detto parametro risulta infatti
essere una caratteristica intrinseca della reazione considerata. E’ opportuno tenere presente che la
b che viene ricavata dalla reazione menzionata sopra è un parametro apparente ed è influenzato
dalle ipotesi considerate (es. isoterma di assorbimento considerata); inoltre, il sovrapotenziale h è
funzione del pH della soluzione elettrolitica poiché:
η = E − E0
(1.5.10)
in cui:
E = E 0 − 0.059 pH
(1.5.11)
La b di Tafel e l’ordine di reazione R, definito come:
⎛ ∂ log i
R=⎜
⎜ ∂ log c +
A
⎝
⎞
⎟⎟
⎠η ,T
(1.5.12)
18
sono i parametri diagnostici che consentono di verificare se le ipotesi fatte circa il meccanismo
di reazione sono verosimili o meno.
Abbiamo finora considerato reazioni di trasferimento elettronico che avvengono in un solo step;
nel caso in cui una reazione elettrochimica avvenga in più stadi, l’equazione di Butler-Volmer
diventa:
H
G
⎧
⎡ α Fη ⎤
⎡ −α Fη ⎤ ⎫
− exp ⎢
i = i0 ⎨exp ⎢
⎬
⎣ RT ⎥⎦
⎣ RT ⎥⎦ ⎭
⎩
α=
γe
H
n −γe
G
α=
v
(1.5.13)
+ rβ
ν
(1.5.14)
− rβ
(1.5.15)
in cui:
r = elettroni scambiati nel r.d.s.
g = numero d’ordine dello step precedente il r.d.s.
n = numero di elettroni trasferiti, ad eccezione di quelli coinvolti nel r.d.s.
←
→
dove α e α sono i coefficienti di trasferimento relativi, rispettivamente, ai processi di deelettronazione e di elettronazione; essi determinano le specifiche pendenze delle rette di Tafel,
per i due processi, e quindi i corrispondenti parametri diagnostici.
1.5.1. Meccanismi per la reazione di sviluppo di ossigeno
Siamo ora in grado di esaminare nel dettaglio i meccanismi più comuni per lo sviluppo di
ossigeno, riscontrabili nel caso degli elettrodi a ossido:
a) meccanismo elettrochimico di crescita dell’ossido
S + H 2 O → S − OH + H + + e
S − OH → S − O + H + + e
2 S − O → 2 S + O2
19
b) meccanismo chimico di crescita dell’ossido
S + H 2O → S − OH + H + + e
2 S − OH → S − O + S + H 2O
2 S − O → 2 S + O2
c) meccanismo di crescita dell’ossido secondo Krasil’shchikov
S + H 2 O → S − OH + H + + e
S − OH → S − O − + H +
S − O− → S − O + e
2 S − O → 2 S + O2
Per ovvie ragioni di spazio, ci occuperemo nel dettaglio del solo meccanismo di formazione
elettrochimica dell’ossido poiché, come si ritroverà nella parte sperimentale, il materiale che
abbiamo preparato mostra questa tendenza.
Poniamo come ipotesi che:
•
esista un pre-equilibrio H 2 O U ( H 2 O ) ads che avviene alla superficie elettrodica ad
una velocità molto elevata;
• il primo stadio della reazione sia un equilibrio;
• lo stadio cineticamente determinante sia il secondo;
• i sovrapotenziali di esercizio siano bassi.
Alla luce degli assunti fatti, si può riscrivere il meccanismo di formazione elettrochimica
dell’ossido nella seguente maniera:
(pre−eql)H2OU(H2O)ads
1) S + H 2O U S − OH + H + + e
2)2 S − OH → S − O + S + H 2O
3)2 S − O U 2 S + O2
Ne segue che la velocità della reazione di sviluppo di ossigeno sarà la seguente:
20
⎧ 1 + (1 − β )η F ⎫
v v2 = k 2 cS − OH c H 2O exp ⎨
⎬
RT
⎩
⎭
(1.5.16)
in essa, il termine ν indica la velocità globale della reazione; ν2 è la velocità dello stadio
cineticamente determinante; cS-OH rappresenta la concentrazione superficiale della specie
ossidrile adsorbita; cH2O rappresenta la concentrazione dell’acqua in seno alla soluzione, e gli
altri termini hanno l’usuale significato.
Il termine cS-OH può essere ricavato considerando il primo stadio della reazione:
⎧ η F (1 − β ) ⎫
v1 = k 1 c S , free c H 2 O exp ⎨
⎬
RT
⎩
⎭
(1.5.17)
⎧η F (− β ) ⎫
v − 1 = k − 1c S − O H c H + e x p ⎨
⎬
RT
⎩
⎭
(1.5.18)
Applicando l’ipotesi di quasi equilibrio, cioè uguagliando le due equazioni, si può estrarre:
cS −OH = Κ 1
cS , free cH 2O
cH O +
3
⎧η F ⎫
exp ⎨
⎬
⎩ RT ⎭
(1.5.19)
in cui, cH3O+ rappresenta la concentrazione protonica in soluzione e K1, costante di equilibrio
dello stadio 1), è definita come segue:
Κ1 =
k1
k−1
(1.5.19’)
A questo punto è necessario considerare che la superficie su cui avviene la reazione è
caratterizzata da un certo numero di siti attivi, che possono essere in parte occupati da specie
adsorbite; a tale proposito, è opportuno introdurre il parametro di copertura superficiale:
ϑS −OH =
ΓOH
( ΓOH )max
(1.5.20)
in cui GOH rappresenta il numero dei siti occupati e (GOH)max rappresenta il numero totale dei siti
teoricamente occupabili.
Possiamo ora riconsiderare l’equazione (1.5.19); tenendo conto della nuova nomenclatura, si
ottiene:
cH O
cS −OH
ϑ
⎧η F ⎫
= S −OH = Κ 1 2 exp ⎨
⎬
cS , free 1 − θ S −OH
cH O +
⎩ RT ⎭
3
(1.5.21)
21
In presenza di basse coperture, il termine cS,free=1–qS-OH può essere trascurato, per cui si ottiene
l’equazione (1.5.22):
cS −OH = ϑS −OH = Κ 1 =
cH 2 O
cH O +
3
⎧η F ⎫
exp ⎨
⎬
⎩ RT ⎭
(1.5.22)
Sostituiamo quanto ottenuto nell’equazione (1.5.16), che definisce la velocità globale; otteniamo:
v v2 = k2 Κ 1
cH2 2O
cH O +
3
ηF ⎫
⎧
exp ⎨ ⎣⎡1 + (1 − β ) ⎦⎤
⎬
RT ⎭
⎩
(1.5.23)
E scrivendo infine l’equazione in termini di corrente elettrica, si arriva a:
i = Fv2 = Fk2 Κ 1
cH2 2O
cH O +
3
ηF ⎫
⎧
exp ⎨ ⎣⎡1 + (1 − β ) ⎦⎤
⎬
RT ⎭
⎩
(1.5.24)
E’ questa l’espressione della dipendenza della corrente dal sovrapotenziale applicato; essa
rappresenta “l’ipotesi di lavoro” (cui competono parametri diagnostici teorici) che andrà
verificata mediante la determinazione sperimentale della b di Tafel e, possibilmente, dell’ordine
di reazione rispetto al protone.
22
Parte II:
Parte sperimentale
2.1. Tecniche di Caratterizzazione morfologica
2.1.a. SEM (Microscopia elettronica a scansione)
La tecnica analitica SEM fornisce informazioni sull’aspetto microstrutturale delle superfici
esaminate, con una risoluzione ottica media di 2π5 mm.
Figura 6: schema di un dispositivo per le analisi SEM
Il funzionamento dello strumento è molto simile a quello di un microscopio ottico.
La differenza sostanziale riguarda la natura della sorgente illuminante, che nella
microscopia SEM consiste in un fascio di elettroni prodotti e accelerati da un cannone
termoelettrico mantenuto in condizione di alto vuoto (10-6mmHg) e successivamente
deviati da lenti elettromagnetiche.
23
La formazione delle immagini avviene in maniera sequenziale; il fascio di elettroni, ovvero
la sonda investigativa, viene focalizzato sulla superficie scrutinata e fatta scorrere su di
essa secondo linee parallele ravvicinate.
L’interazione del fascio elettronico incidente con gli atomi superficiali del campione può
produrre effetti di diverso tipo, come ad esempio la formazione di elettroni secondari
retrodiffusi o elettroni Auger, raggi X, fotoni, oppure una corrente elettrica.
I prodotti dell’interazioni vengono raccolti da opportuni rivelatori ed i segnali ottenuti
vengono inviati a modulare l’intensità del fascio di un tubo a raggi catodici.
Figura7: fotografia SEM con un ingrandimento 300X dell’elettrodo al 50% di Ir
Si deve porre in risalto che nelle fotografie SEM le zone della superficie più conduttive
assumono una colorazione più chiara; tale tecnica permette quindi d’avere indicazioni, di
tipo qualitativo, circa l’omogeneità nella conduzione elettronica del materiale sottoposto ad
analisi.
24
2.1.b. EDX (Energy Dispersion X-ray)
La tecnica è comunemente utilizzata insieme ad una microscopia elettronica a scansione, e
permette di effettuare una determinazione qualitativa degli elementi presenti sulla
superficie (fino a 2 micron di profondità, con elettroni di 10-20 KeV) o a profondità più
elevate, se si restringe la zona d’indagine e si aumenta l’intensità del fascio elettronico
incidente. Tuttavia, con l’uso di standard interni o via software, si può ottenere anche una
determinazione quantitativa.
Il fascio elettronico presente in un SEM ha tipicamente un’energia compresa tra 5.000 e
20.000 elettron-volt (eV). L’energia che tiene gli elettroni uniti ai rispettivi atomi (energia
di legame) varia dagli alcuni eV fino a molti chilovolt. Molti di questi elettroni, interni al
guscio atomico, vengono colpiti dal fascio incidente che attraversa il campione e quindi si
eccitano portandosi a livelli energetici più alti; il processo di diseccitazione di tali elettroni
provoca l’espulsione di un fotone. Questo processo è illustrato schematicamente in Figura
8. L’energia di questi fotoni cade nell’intervallo dei raggi X (per questo motivi si parla di
emissione dei raggi X).
Figura 8: emissione di raggi X
Poiché le lunghezze d’onda delle radiazioni sono tipiche per ogni elemento, raccogliendo e
analizzando l’energia dei raggi X emessi si può effettuare una determinazione qualitativa
degli elementi che costituiscono il campione.
25
2.1.c. AFM (microscopia a forza atomica)
La microscopia a forza atomica permette di ricostruire l’immagine tridimensionale di un
campione solido, con risoluzioni che possono arrivare fino a pochi nm.
Il principio del funzionamento di tale tecnica è il seguente: una punta estremamente affilata
(dell’ordine del micron) viene fatta scorrere sul campione lungo un percorso di scansione
predefinito, e ad una distanza molto ravvicinata (si può arrivare fino a qualche nm).
Le forze d’interazione tra la punta e gli atomi della superficie in esame, dell’ordine dei
nanonewton, provocano una deflessione della leva sulla quale la punta è montata.
Ad un cambiamento della topografia superficiale dell’oggetto sottoposto ad indagine
corrisponde un cambiamento della deflessione della leva che viene rilevata dalla posizione
di un raggio laser (vedi Figura 9).
Figura 9: dispositivo AFM
Questo tipo di microscopia permette di osservare campioni su scala nanometrica; si
effettua in aria, ha carattere non distruttivo e non richiede preparazioni particolari. Essa
risulta particolarmente indicata per l’analisi della rugosità dei materiali, il controllo della
struttura dei supporti magnetici (compact disk) e della formazione di granuli e matrici
vetrose nella crescita degli ossidi conduttori.
L’inconveniente di tale tecnica è quello di non fornire risposte attendibile per materiali che
si deformano facilmente.
26
2.1.d. XRD (Diffrattometria di raggi X)
La diffrattometria di raggi X ad alto angolo (WAXS: wide-angle X-ray scattering) è una
tecnica comunemente impiegata per lo studio delle proprietà morfologiche di superfici
eterogenee policristalline; questo tipo di indagine permette di studiare qualitativamente le
fasi che costituiscono il dispositivo, mettendo in evidenza l’eventuale presenza di soluzioni
solide, il loro grado di cristallinità (intesa come componente cristallina e amorfa) e
permette di calcolare le dimensione medie dei cristalliti.
Con il termine cristallita si intende un dominio coerente di diffrazione, ossia un aggregato
monocristallino (grano) di dimensioni finite, originato dalla crescita di un singolo germe
cristallino.
Il fenomeno della diffrazione è dovuto all’esistenza di determinate relazioni di fase fra due
o più onde diffuse dall’insieme ordinato di atomi all’interno del reticolo. Ricordiamo che:
(i) le differenze di cammino ottico percorso dai diversi raggi danno origine a differenze di
fase; (ii) due onde sono perfettamente in fase se la differenza dei cammini ottici percorsi è
nulla oppure è pari ad un numero intero di lunghezze d’onda; solo in tal caso l’onda
risultante ha ampiezza massima.
I raggi X sono radiazioni elettromagnetiche il cui intervallo di lunghezze d’onda l è
compreso fra l’ultravioletto (10-9 m) e i raggi gamma (10-12 m); come tali, possiedono un
G
G
vettore campo elettrico E ed un vettore campo magnetico H ortogonali tra loro, e rispetto
alla direzione di propagazione.
L’interazione dei raggi X con la materia è in genere abbastanza debole, per cui una buona
parte del fascio incidente attraversa il campione invariato (fascio trasmesso). La radiazione
assorbita può produrre diversi effetti, tra cui:
Assorbimento
anelastico:
provoca
esclusivamente
un
innalzamento
della
temperatura;
Diffusione Compton: l’onda diffusa è di diversa lunghezza d’onda e perde la
relazione di fase rispetto all’onda incidente (diffusione incoerente);
Diffusione coerente: l’onda diffusa mantiene la stessa lunghezza d’onda e la
coerenza di fase rispetto all’onda incidente.
È proprio il fenomeno della diffusione coerente della radiazione X che permette di
determinare la disposizione degli atomi nei cristalli.
27
In Figura 10 è rappresentato in sezione un cristallo colpito da un fascio di raggi X
perfettamente paralleli e di lunghezza d’onda l. Indichiamo con q l’angolo formato dal
raggio incidente con la famiglia di piani reticolari, di indici (hkl) e di distanza interplanare
dhkl, perpendicolare al piano del disegno.
Quando gli elettroni degli atomi sono colpiti da un fascio di raggi X, essi diventano
sorgente secondaria di radiazioni che vengono diffuse in tutte le direzioni; essendo il
cristallo composto da atomi, disposti in un reticolo ordinato, i raggi diffusi coerentemente
da tali atomi avranno fra di loro relazioni di fase ben definite, che dipendono dal cammino
ottico percorso, e tali da dar luogo ad interferenza costruttiva solo nelle direzioni per cui lo
sfasamento relativo è di nl con n = numero intero (raggio difratto); si avrà interferenza
distruttiva in tutti gli altri casi.
Figura 10: diffrazione di raggi X da un reticolo cristallino
L’esempio mostra che l’unico raggio diffratto che rispetta questa condizione è quello con
un angolo di riflessione q, uguale all’angolo q di incidenza.
In generale, i raggi diffusi dai piani (hkl) saranno completamente in fase solo se è
soddisfatta la relazione:
nλ = 2 d hkl senθ hkl
(2.1.1)
Tale relazione, nota come legge di Bragg, esprime la condizione di diffrazione per la
famiglia di piani aventi indici di Miller (hkl) e l’angolo qhkl per cui essa è verificata è
l’angolo di Bragg.
28
L’ordine di riflessione n può assumere qualsiasi valore intero per cui la legge di Bragg è
soddisfatta (0 § senq § 1); esso rappresenta il numero di lunghezze d’onda nella differenza
di cammino fra raggi diffusi da piani reticolari adiacenti. Per valori fissati di l e dhkl, il
fenomeno della diffrazione può quindi dare luogo a diversi angoli di incidenza q1, q2, q3 …
corrispondenti a n = 1, 2, 3…; l’equazione (2.1) può essere riscritta nel seguente modo:
λ=2
( d hkl ) senθ = 2d
n
nh nk nl
senθ nh nk nl
(2.1.2)
È infatti indifferente considerare l’ennesimo ordine di riflessione dei piani (hkl) oppure il
primo ordine di riflessione dei piani (nh nk nl) aventi distanza dnh,nk,nl = dhkl/n; per tale
motivo, è consuetudine cristallografica riscrivere la legge di Bragg come:
λ = 2dsenθ
(2.1.3)
Lo spettro di diffrazione di una fine polvere cristallina (che può essere considerata come un
insieme di monocristalli aventi tutte le possibili orientazioni) viene ricavato attraverso un
dispositivo goniometrico schematizzato in Fig 11
Figura 11: dispositivo per diffrazione di raggi X di polveri
Il campione ruota con
una velocità angolare ω al centro di un circolo sulla cui
circonferenza si trovano sia la sorgente che il rivelatore di raggi X. La sorgente rimane
fissa mentre il rivelatore viene fatto ruotare sulla circonferenza con una velocità angolare
2ω; in questo modo, l’angolo tra il fascio primario e la normale alla superficie è
mantenuto, in ogni istante, uguale all’angolo tra la normale ed il contatore.
Poiché la polvere contiene diversi cristallini, orientati in tutte le direzioni, il singolo
riflesso di Bragg diventa un cono di radiazione diffratta chiamato cono di diffrazione come
viene esplicitato nella figura seguente (figura 12).
29
Figura 12: cono di diffrazione
La figura 13 mostra un esperimento di diffrazione in cui un tubo di vetro contenente la
polvere in esame (specimen) da origine contemporaneamente a tutti i coni che verificano la
legge di Bragg per quel reticolo, i quali, intersecando il film circostante lo impressionano
nel modo caratteristico mostrato.
Figura 13: ottenimento dello spettro
30
2.2. Tecniche di caratterizzazione elettrochimica
2.2.a. Voltammetrica ciclica
Le tecniche voltammetriche rientrano tra i metodi analitici attraverso i quali le
informazioni sull’analita si ottengono dalle risposte di corrente in funzione del potenziale
applicato, in condizione di completa polarizzazione.
I diversi metodi si diversificano per il segnale di eccitazione che viene imposto alla cella
elettrochimica; nella voltammetria ciclica, il potenziale applicato viene fatto variare
ciclicamente entro due limiti esterni predefiniti.
I potenziali esterni, che vengono definiti potenziali di inversione, delimitano una finestra di
potenziale che viene scelta in maniera tale da evitare lo sviluppo di fenomeni paralleli che
potrebbero rendere difficile l’interpretazione del voltammogramma.
I fenomeni secondari vengono evitati mantenendo il potenziale di esercizio (finestra) in
una regione in cui, nelle condizioni sperimentali utilizzate (materiale elettrodico, elettrolita
di supporto e pH della soluzione), questi manifestano un elevato sovrapotenziale.
Figura 14: scansione triangolare del potenziale in una voltammetrica ciclica
La figura evidenzia la tipica scansione triangolare di una generica analisi ciclovoltammetrica lineare; la pendenza del primo segmento rappresenta la velocità di
scansione anodica (andamento crescente) mentre quella del secondo raffigura la velocità
di scansione catodica (andamento decrescente).
31
La cella elettrolitica è costituita da tre elettrodi, immersi in una soluzione contenente un
elettrolita di supporto non reattivo, che ha la funzione di assicurare la conduzione elettrica.
Essi possono essere brevemente descritti come segue:
Elettrodo di riferimento (RE), il cui potenziale rimane costante durante
l’elettrolisi, nonostante il flusso di corrente nella cella, a causa della sua elevata
non polarizzabilità.
Controelettrodo o elettrodo ausiliario (CE), che ha la sola funzione di
scambiare elettroni con la soluzione; esso è connesso all’elettrodo di lavoro
tramite un circuito polarizzante attraverso la soluzione.
Elettrodo di lavoro (WE), che è collegato sia al CE che al RE.
Tra WE e RE è interposto un voltmetro ad alta impedenza elettrica, che misura la
differenza di potenziale tra i due; poiché il potenziale del riferimento è pressoché costante,
tale misurazione risulterà significativa di ciò che avviene all’interfase.
Figura 15: cella elettrochimica
È il potenziale applicato all’elettrodo di lavoro che viene fatto variare ciclicamente, come
descritto precedentemente, per cui il voltammogramma registrato è caratteristico
dell’elettrodo che lo ha prodotto e del suo comportamento interfasale, costituendone una
sorta di impronta digitale.
La forma di una curva voltammetrica è la risultante di fenomeni elettrostatici ed
elettrochimici che si verificano all’interfase; nel caso più generale, un voltammogramma
ciclico è caratterizzato da un’onda anodica, corrispondente al processo di ossidazione, e da
una catodica, associata alla riduzione, disposte quasi specularmente rispetto all’asse dei
potenziali come mostrato in Figura 16
32
Figura 16: tipico voltammogramma ciclico
La corrente che fluisce da e verso l’elettrodo di lavoro è misurata in condizioni di
diffusione controllata e di trasferimento di massa.
I parametri maggiormente significativi di un’indagine di questo tipo sono:
•
Intensità di corrente del picco anodico (Ip,a)
•
Intensità di corrente del picco catodico (Ip,c)
•
Potenziale di picco anodico (Ep,a)
•
Potenziale di picco catodico (Ep,c)
•
Potenziale di semipicco (Ep/2)
All’interno della regione anodica della curva voltammetrica si possono individuare due
zone: un’area dove le correnti sono di tipo capacitivo, dovute cioè al caricamento del
doppio strato, con andamento pressoché piatto, e un’area detta faradaica, caratterizzata da
picchi di corrente dovuti al trasferimento di elettroni relativi alle reazioni di ossidoriduzione.
Lo stesso discorso vale, naturalmente, anche per la scansione catodica.
In altri termini, possiamo dire che, in voltammetria, la corrente che fluisce attraverso
l’interfase ha due origini di differente natura:
•
corrente capacitiva, dovuta alla formazione del doppio strato di carica
all’interfase, che deriva dall’interazione elettrostatica tra i cationi, o gli anioni,
presenti in prossimità della superficie, e la carica accumulata sull’elettrodo. Come
conseguenza, si genera una separazione di cariche all’interfase che la rende simile
ad un condensatore a facce piane e parallele, sicché diviene lecito parlare di aree e
33
correnti capacitive facendo riferimento rispettivamente ad un intervallo di
potenziale e ad un suo preciso valore;
•
corrente faradaica, dovuta alle reazioni di ossidazione o riduzione che avvengono
alla superficie dell’elettrodo. Questo genere di corrente è generalmente posto in
evidenza dalla presenza di un picco ben delineato nella scansione anodica o
catodica del voltammogramma, dovuto all’incremento dell’intensità di corrente che
fluisce nel circuito in seguito allo scambio elettronico del processo ossidoriduttivo.
I picchi faradaici sono localizzati nel voltammogramma al valore di ascissa che
corrisponde al potenziale redox della coppia in soluzione nelle condizioni
sperimentali di lavoro, come previsto dalla legge di Nernst.
Vale la pena sottolineare, a questo punto, che l’elettrodo di lavoro dev’essere caratterizzato
da un’elevata polarizzabilità, cioè il suo potenziale dev’essere sensibile al flusso di
corrente all'interfase.
In tal modo, infatti, la risposta in termini di potenziale assunto dall’elettrodo renderà conto
del processo di cella, discostandosi velocemente dalla condizione di equilibrio
elettrochimico che s’instaura quando i processi di ossidoriduzione diretto ed inverso si
verificano con la stessa velocità.
D’altra parte, in assenza della possibilità di un equilibrio elettrochimico, il sistema si porrà
in condizioni di equilibrio elettrostatico, comportandosi come un condensatore ideale; di
qui le correnti capacitive che caratterizzano tutti i voltammogrammi.
Durante l’elettrolisi, quando cioè si fa fluire corrente tra elettrodo ausiliario ed elettrodo di
lavoro, il trasporto del reagente verso la superficie dell’anodo avviene tramite tre tipi di
meccanismi:
⇒ migrazione, dovuta all’influenza del campo elettrico che si instaura tra i due elettrodi;
⇒ convezione, in conseguenza dell’agitazione termica e/o meccanica della soluzione;
⇒ diffusione, causata dalla differenza di concentrazione ionica tra il film liquido adiacente
alla superficie dell’elettrodo ed il volume (bulk) della soluzione.
La presenza dell’elettrolita di supporto, in concentrazione sempre molto maggiore rispetto
a quella del reagente, ha la funzione di minimizzare il primo dei meccanismi di trasporto
citati; infatti, in tali condizioni, la frazione di corrente totale trasportata dal reagente (se
dotato di carica) è praticamente nulla e la velocità di trasporto del reagente verso la
34
superficie elettrodica di carica opposta risulta essere funzione solamente del meccanismo
diffusivo e convettivo.
La voltammetrica ciclica, sebbene non venga ancora utilizzata in analisi di routine, è
diventata uno strumento importante per lo studio dei meccanismi, della velocità dei
processi di ossidoriduzione, in particolare di sistemi organici e metallorganici, e per lo
studio dei materiali elettrocatalizzatori. Mediante questa tecnica, è spesso possibile rivelare
la presenza di intermedi nella reazione redox.
2.2.b. Curve di polarizzazione
Sono misure di corrente eseguite a potenziale variabile, ad una velocità di scansione tale da
permettere una situazione di quasi-stazionarietà.
Riportando in scala semilogaritmica i dati di corrente, in funzione del potenziale applicato,
è solitamente possibile individuare una zona di linearità di Tafel, la cui pendenza fornisce
il valore di b per il processo ossidativi (o riduttivo) in corso; il valore dell’intercetta della
retta di Tafel con l’orizzontale tracciata in corrispondenza del valore di sovratensione
nulla, permette di risalire al valore della corrente di scambio per il processo in questione.
35
2.3. Metodi di preparazione dei DSA
Le proprietà finali dei DSA sono fortemente influenzate dal processo di preparazione del
film di ossido responsabile della conducibilità elettrica.
A seconda dei differenti cammini preparativi che si possono seguire, le morfologie
superficiali di tali anodi possono risultare molto diverse.
Riportiamo di seguito una breve descrizione delle principali tecniche di preparazione dei
DSA.
⇒ Pirolisi ossidativa (decomposizione termica)
Consiste nella deposizione di sali precursori su un supporto metallico, successivamente
sottoposto ad una cottura in ambiente anidro.
Con tale metodo si possono a volte ottenere ossidi non stechiometrici, le cui proprietà
sono fortemente influenzate dalla natura dei precursori e dalla temperatura di
calcinazione utilizzata; essi quindi richiedono una caratterizzazione elettrochimica e
superficiale per poter correlare le caratteristiche elettrocatalitiche con quelle
morfologiche.
⇒ Spray pirolisi
soluzione idroalcolica
del precursore
gas vettore (N2)
nebbia
pi astra ri scal dante
Figura 17: dispositivo per spray-pirolisi
Come la precedente, anche questa è una procedura di decomposizione termica: si
differenzia dalla prima per il modo in cui il precursore è trasferito sul supporto; infatti
36
la soluzione dei sali precursori viene vaporizzata utilizzando un gas vettore e spruzzata
sulla superficie del supporto, riscaldato alla temperatura di decomposizione del sale.
La deposizione risulta essere maggiormente riproducibile che nel caso della pirolisi
ossidativa ma si possono incontrare diversi problemi di adesione.
⇒ Sputtering reattivo
Lo sputtering reattivo è un metodo che permette di ottenere film superficiali
estremamente puri; generalmente tale metodo è utilizzato per produrre campioni di
riferimento. Esso si basa sul bombardamento del metallo di cui si vuole preparare il
film metallico o l’ossido con un plasma costituito da ioni He+ o O2+, rispettivamente.
In entrambi i casi, il film è il risultato della scarica degli ioni prodotti, che vanno a
depositarsi su una lamina di supporto, collegata a terra.
He+ o O 2+
M
supporto
Figura 18: schema della tecnica di sputtering reattivo
37
Parte III:
Risultati e
discussione
3.1. Sintesi degli elettrodi
Gli elettrodi sono stati preparati mediante pirolisi ossidativa di una opportuna miscela di
sali precursori, depositata su lamine di titanio metallico.
Il procedimento di sintesi si divide essenzialmente in quattro parti:
1. Pretrattamento del substrato
2. Preparazione delle miscele dei sali precursori
3. Deposizione delle soluzioni dei sali precursori
4. Pirolisi ossidativa
Pretrattamento del substrato
Come supporti conduttori su cui depositare le miscele di IrO2-SnO2 sono state utilizzate
delle lamine di titanio metallico, opportunamente ritagliate in modo tale che l’area
superficiale media di ciascuna oscillasse attorno ai 5 cm2.
Le caratteristiche principali di un buon supporto sono:
•
Superficie uniforme e bassa rugosità
•
Elevata capacità di ancoraggio del film in crescita.
Normalmente, per usi di laboratorio, si usano fogli di Titanio extrapuro che già presentano
una superficie uniforme e scabra; industrialmente invece il supporto andrebbe
preventivamente sabbiato (pulizia meccanica). La lamina di titanio viene quindi dapprima
sottoposta ad una sorta di “pulizia chimica”, mediante immersione in una soluzione di
acido cloridrico al 20% all’ebollizione, per un tempo di 10 minuti. Questo passaggio
consente l’eliminazione dalla superficie degli ossidi di Titanio non stechiometrici,
variamente conduttori, in favore della formazione di una pellicola molto sottile di biossido
di Titanio stechiometrico (TiO2), che ha caratteristiche di semiconduttore e che mostra una
elevata affinità verso la miscela di ossidi.
Preparazione delle miscele dei sali precursori
Per ottenere film di ossidi in miscela, della composizione voluta, si sono preparate le
soluzioni dei seguenti sali precursori:
38
•
IrCl3×3H2O (M=1.6 mol/l) in isopropanolo
•
SnCl4×2H2O (M=0.9 mol/l) in isopropanolo
Queste sono state opportunamente miscelate, secondo rapporti volumetrici adatti alla
preparazione delle soluzioni finali (alle diverse composizioni). Tali miscele sono state
ottenute tramite misure gravimetriche con microbilancia (portata massima 60 g, sensibilità
pari a ±0.0001 g) delle soluzioni dei precursori da mescolare.
Deposizione delle soluzioni dei sali precursori
Le varie miscele sono state depositate sui supporti metallici, trattati precedentemente come
sopra descritto, tramite un pennello di carta da filtro, in maniera da garantire un deposito il
più uniforme possibile.
Conclusa la fase di verniciatura, che richiede un tempo di circa 30 secondi per ogni
campione e per ogni stadio di deposizione, gli elettrodi sono stati introdotti in stufa alla
temperatura di 120 °C per un tempo di 5 minuti, in modo da facilitare la completa
evaporazione del solvente.
Pirolisi ossidativa
I campioni in uscita dalla stufa sono stati immediatamente introdotti in muffola ad una
temperatura di calcinazione di 480 °C e per un tempo di 15 minuti (tali parametri sono stati
scelti perché sono quelli che in bibliografia riportano i migliori risultati in termini di grado
di risposta elettrocatalitica; infatti, aumentando la temperatura o il tempo di pirolisi, si
tende alla formazione di una specie sempre più amorfa, meno cristallina, e meno attiva) in
atmosfera di ossigeno anidro, per evitare la formazione di ossidi non-stechiometri.
Successivamente alla fase di cottura, gli elettrodi sono stati lasciati raffreddare per un
tempo di almeno 20-25 minuti, prima di subire un’ulteriore deposizione.
Il ciclo deposizione-pirolisi è stato ripetuto per sei volte per ciascun elettrodo; per
monitorare la quantità di miscela depositata per ogni deposizione sono state pesate le vials
contenenti le miscele dei precursori prima e dopo ogni verniciatura, e gli elettrodi prima e
dopo la cottura in muffola.
39
Gli elettrodi, preparati con la metodologia appena descritta, presentano le seguenti
composizioni nominali, espresse in percentuale di Iridio:
0, 1, 2, 5, 10, 20, 30, 35, 40, 50, 60, 70, 100
Per ogni composizione nominale sono stati preparati quattro campioni in parallelo in
quanto due sono stati sfruttati nella caratterizzazione elettrochimica; uno è stato sottoposto
a diverse analisi microstrutturali (rispettivamente: SEM, EDX, AFM), mentre il quarto
campione è stato indirizzato all’analisi diffrattometrica a raggi X (XRD).
Caratterizzazione elettrochimica
XRD
SEM, EDX, AFM
Percorso dei diversi elettrodi per ciascuna composizione nominale
L’elettrodo destinato all’analisi XRD è stato preparato per deposizione di dieci strati di
miscela precursore e solamente da un lato, per avere uno spessore significativamente
adeguato alla misura.
Per gli elettrodi destinati allo studio elettrochimico, le semiaree sono state misurate
esattamente mediante calibro micrometrico.
40
Elettrodo ‘a’
Composizione
Elettrodo ‘b’
Semiarea Incremento
2
Composizione
Semiarea Incremento
nominale(% Ir)
(cm )
in peso
nominale(% Ir)
(cm2)
in peso
1%
2.454
----
1%
2.644
----
2%
2.588
----
2%
2.586
----
5%
2.451
----
5%
2.414
----
10%
2.485
----
10%
2.552
----
20%
2.630
0.0039
20%
2.580
0.0034
30%
2.560
0.0059
30%
2.370
0.0065
35%
2.451
0.0042
35%
2.389
0.0047
40%
2.346
0.0043
40%
2.378
0.0052
50%
2.230
0.0033
50%
2.200
0.0032
60%
2.405
0.0038
60%
2.177
0.0035
70%
2.440
0.0039
70%
2.430
0.0034
100%
2.571
0.0043
100%
2.520
0.0036
Relativamente alla composizione nominale 35%, che è quella usata a livello industriale, in
aggiunta ai quattro elettrodi destinati alle analisi menzionate in precedenza, sono stati
sintetizzati altri due elettrodi, mediante deposizione rispettivamente di 4 e 8 strati della
miscela precursore, per studiare l’effetto del diverso caricamento.
41
3.2 Caratterizzazione morfologica
3.2.a. Indagine SEM
Tutti i campioni sono stati investigati al microscopio elettronico a scansione per osservare la
morfologia del film e avere informazioni sulla sua compattezza, grado di ricoprimento e
soprattutto sull’omogeneità del risultato della preparativa.
Di seguito vengono riportate le foto a tre differenti ingrandimenti (300x; 1200x; 30000x) dei
più significativi elettrodi scrutinati.
300x
1200x
2%
10%
42
30000x
20%
35%
50%
70%
43
100%
Dalle immagini riportate si può notare come le superfici degli elettrodi abbiano il
caratteristico aspetto “a fango secco” e, soprattutto a basso contenuto di Iridio, siano
caratterizzate da una certa omogeneità. Come si può infatti notare, sono assenti zone di
Titanio scoperto mentre le isole a matrice vetrosa sono concentrate nelle valli generate dalla
rugosità superficiale (visibili soprattutto ai bassi ingrandimenti). Negli elettrodi con una
composizione nominale di Iridio maggiore del 20%, l’omogeneità della superficie tende
invece a scomparire, così come il caratteristico aspetto a fango secco, andando dalle
composizioni più povere di Iridio a quelle più ricche, quasi che siano gli ossidi di Stagno a
indirizzare tale morfologia. Si può notare che a concentrazioni percentuali attorno al 50, gli
ossidi di Iridio cominciano a raggrupparsi in zone limitate, assumendo l’aspetto di “stelle” e
lasciando le zone circostanti più impoverite. Guardando alle composizioni più ricche in
assoluto, è possibile individuare una completa perdita di organizzazione (Ir 100%) e la
comparsa di strutture disaggregate.
44
3.2.b. Indagine EDX
Una volta effettuate le indagini con il microscopio elettronico, è possibile selezionare delle
zone piuttosto ampie del film ed indagarne la composizione elementare sia in modo
quantitativo che qualitativo. Nel nostro caso ci siamo limitati ad un’indagine qualitativa e
quantitativa di rapporto, trascurando gli elementi non significativi (cioè che possono essere
presenti per via di una contaminazione esterna).
Nelle pagine seguenti vengono riportati, per ciascun elettrodo, i risultati delle analisi
effettuate su diverse zone del film superficiale, in modo da ottenere un dato statisticamente
significativo con un buon grado di accuratezza.
Elettrodo 1%
Standard :
O SiO2 1-Jun-1999 12:00 AM
Ti Ti 1-Jun-1999 12:00 AM
Sn Sn 1-Jun-1999 12:00 AM
Ir Not defined 1-Jun-1999 12:00 AM
1° prova
45
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
31.70
4.41
63.24
0.64
75.92
3.53
20.42
0.13
Totals
100.00
2° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
30.52
3.25
65.47
0.76
75.37
2.68
21.79
0.16
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
31.21
3.96
63.74
1.08
75.73
3.21
20.84
0.22
Totals
100.00
3° prova
46
Elettrodo 2%
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
29.10
6.58
62.62
1.70
72.97
5.51
21.17
0.36
Totals
100.00
Elettrodo 5%
1° prova
47
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Fe K
Sn L
Ir M
7.84
0.24
8.90
0.48
78.06
4.48
35.72
0.48
13.54
0.62
47.93
1.70
Totals
100.00
2° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Sn L
Ir M
17.09
80.41
2.49
60.74
38.52
0.74
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
30.73
12.86
52.61
3.80
72.42
10.12
16.71
0.75
Totals
100.00
3° prova
48
Elettrodo 10%
1° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
28.66
9.06
55.45
6.82
72.14
7.62
18.81
1.43
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
29.02
0.21
9.79
54.43
6.54
72.07
0.23
8.12
18.22
1.35
Totals
100.00
2° prova
49
3° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Ti K
Sn L
Ir M
29.00
9.82
54.28
6.90
72.19
8.17
18.21
1.43
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
29.54
0.37
18.74
38.64
12.71
69.95
0.39
14.82
12.33
2.51
Totals
100.00
Elettrodo al 20%
1° prova
50
2° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
29.11
0.28
21.98
35.88
12.74
68.53
0.30
17.29
11.39
2.50
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
29.79
0.40
18.60
38.82
12.39
70.19
0.42
14.63
12.33
2.43
Totals
100.00
3° prova
51
Elettrodo al 35%
1° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Fe K
Sn L
Ir M
25.88
0.53
14.04
0.37
35.48
23.71
68.70
0.63
12.45
0.28
12.70
5.24
Totals
100.00
2° prova
52
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
26.29
0.60
15.14
35.39
22.57
68.70
0.71
13.22
12.46
4.91
Totals
100.00
3° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
25.41
0.63
15.43
35.46
23.08
67.67
0.75
13.72
12.73
5.12
Totals
100.00
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
26.57
0.55
22.70
22.56
27.62
66.85
0.63
19.08
7.65
5.78
Totals
100.00
Elettrodo 50%
1° prova
53
2° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
26.30
0.53
21.52
23.49
28.16
67.02
0.61
18.32
8.07
5.97
Totals
100.00
3° prova
54
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
25.56
0.58
23.07
21.89
28.91
65.74
0.67
19.81
7.59
6.19
Totals
100.00
Elettrodo al 70%
1° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
27.19
1.23
4.52
23.93
43.13
75.38
1.54
4.19
8.94
9.95
Totals
100.00
2° prova
Element Weight% Atomic%
55
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
23.56
0.74
24.79
13.22
37.69
Totals
100.00
63.52
0.90
22.32
4.80
8.46
3° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
27.28
1.11
7.72
17.13
46.77
74.62
1.37
7.05
6.32
10.65
Totals
100.00
Elettrodo al 100%
1° prova
56
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Ir M
17.35
2.24
10.98
69.43
62.39
3.64
13.19
20.79
Totals
100.00
2° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
17.65
2.12
11.51
0.82
67.90
62.55
3.40
13.63
0.39
20.03
Totals
100.00
3° prova
Element
Weight%
Atomic%
OK
Cl K
Ti K
Sn L
Ir M
18.14
2.15
13.88
0.87
64.95
61.97
3.32
15.84
0.40
18.47
Totals
100.00
L’analisi qualitativa ha evidenziato, per tutti i campioni sottoposti ad indagine, la presenza di
Titanio. Da risultati preliminari di analisi XPS non si evidenzia Titanio in superficie, il che ci
consente di affermare che non c’è stata migrazione in fase solida durante la cottura in
57
muffola. Quindi il segnale rilevato può essere imputato alla lastrina di supporto sottostante, a
conferma del basso spessore del film di ossido (al di sotto della decina di micron).
La determinazione quantitativa EDX ha confermato l’omogeneità e la compattezza dei film
elettrodici già evidenziate dai risultati della microscopia elettronica, nonché la correttezza
della preparativa.
Nel grafico seguente è riportata la correlazione dei risultati EDX rispetto a quelli gravimetrici;
si può osservare un ottimo accordo sperimentale.
Concentrazione atomica %- EDX
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
C o n c e n tr a z io n e a to m ic a % g r a v im e tr ic a
Figura 19: correlazione dei risultati EDX con quelli gravimetrici
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
r²
0,9871
0.9459 ± 0.02357
-2.101 ± 1.063
2,221
1,057
Un altro dato di fondamentale importanza è che, contrariamente a quanto riportato in
letteratura da Comninellis e altri [13] non si apprezzano perdite significative di Stagno, per
volatilizzazione del relativo sale precursore durante la fase di pirolisi. Quest’evidenza implica
che anche la scelta e la preparazione delle soluzioni dei sali precursori è stata ottimale.
58
3.2.c. Immagini AFM
A causa della delicatezza dell’apparecchiatura di misura (fragilità delle punte) sono di seguito
riportate le immagini AFM più significative solo di alcuni elettrodi. Infatti, data la rugosità
del campione a livello atomico, è risultato difficile acquisire immagini routinarie di questi
materiali.
ELETTRODO AL 20%
Figura A
In figura A è riportata la vista dall’alto dell’elettrodo a contenuto nominale del 20% in Iridio,
ad elevato ingrandimento. Si può notare che l’Iridio si raccoglie in aggregati di forma sferica
di dimensione approssimativamente pari a poche centinaia di nanometri. La figura B
evidenzia invece che questi aggregati di Iridio si raccolgono in depressioni della superficie,
creando aggregati anche di dimensioni micrometriche
59
Figura B
ELETTRODO AL 35%
Figura C
60
Figura D
FiguraE
61
Figura F
Gli elettrodi aventi questa composizione non hanno presentato problemi per le indagini AFM;
le superfici, come appare in Fig. E e F, appaiono infatti uniformi e regolari. L’Iridio appare
uniformemente disperso su tutta la superficie, sotto forma di nanoaggregati dalle dimensioni
di qualche decina di nanometri.
ELETTRODO AL 100% Sn
Figura G
62
Figura.H
Figura I
63
Figura L
Le immagini AFM degli elettrodi di puro SnO2 mostrano una distribuzione che ricalca la
morfologia del supporto di Titanio; in fig. G e H si possono vedere le fratture del film della
dimensione di qualche centinaio di manometri, mentre dalle fig. I e L si evince che questo
tipo di ossido non ha tendenza a formare aggregati.
In generale quindi l’indagine con il microscopio a forza atomica ha evidenziato che, a livello
atomico, le superfici non sono così regolari come ci si poteva attendere: la composizione dei
film gioca infatti un ruolo fondamentale nella formazione dei nanoaggregati.
64
3.2.d Risultati XRD
Le misure diffrattometriche sono state effettuate utilizzando un goniometrico verticale Philips
connesso ad un generatore altamente stabilizzato; si è utilizzata la radiazione ka del rame, un
filtro a foglio di Ni, un monocromatore di grafite ed un contatore proporzionale dotato di
discriminatore ad impulsi.
Figura 20: Diffrattogrammi relativi agli elettrodi sintetizzati
65
Per la raccolta dei dati si è utilizzata una tecnica “step by step “; i singoli step sono stati di
0.05º con un tempo di accumulo di 100 s per ciascuna ascissa angolare.
In Figura 20 sono raccolti i diffrattogrammi relativi alla totalità dei materiali elettrodici
preparati; le percentuali riportate in corrispondenza alle singole curve indicano la
composizione nominale in Iridio del campione investigato.
I picchi più acuti, che cadono a valori di 2 ϑ all’incirca di 38, 40, 53 e 71°, sono da ascriversi
al metallo di supporto utilizzato.
I picchi di riflessione più significativi, relativi agli ossidi nel sistema rutilo, come ad esempio
quelli che si evidenziano a valori di 2 ϑ di 27 e 34°, hanno forma semplice in quanto non
manifestano, attraverso l’intero intervallo di composizioni (IrO2 100% π SnO2 100%) alcuno
sdoppiamento né presenza di spalle.
Questa osservazione suggerisce, su un piano ancora preliminare, una graduale transizione
dalla struttura rutilo di IrO2 a quella rutilo di SnO2.
Il progressivo spostamento dei valori di 2J, per i riflessi più importanti, dai valori riscontrati
per IrO2 puro a quelli riscontrati per la composizione all’1% di IrO2 e 99% di SnO2,
testimoniano inoltre la probabile formazione di una soluzione solida dei due ossidi
componenti, attraverso tutto l’intervallo di composizione investigato, come risulta dalla
parametro di cella a=b (amstrong)
Figura 21
4.74
4.72
4.7
4.68
4.66
4.64
4.62
4.6
4.58
4.56
4.54
4.52
y = -0.0017x + 4.7149
R2 = 0.9934
0
20
40
60
80
100
% IrO2
Figura 21: Verifica della legge di Vegard
Il parametro reticolare a = b dipende, con buona approssimazione, in modo lineare dalla
concentrazione molare di IrO2 nella miscela (verifica della legge di Vegard), confermando le
66
osservazioni più qualitative precedentemente espresse; è quindi confermata l’ipotesi di una
soluzione solida di tipo sostituzionale.
È interessante osservare che per il parametro c non si osservano variazioni significative
attraverso il diagramma di fase.
Infine, attraverso la formula di Scherrer si può calcolare la dimensione media dei cristalliti:
L=
Kλ
B cos ϑ
(3.2.1)
in cui
L = dimensione media del cristallita
K = costante sperimentale, che può essere approssimata al valore unitario
B = ampiezza di semipicco espressa in radianti
l = Cu ka 1.542 amstrong (lunghezza d’onda della radiazione X utilizzata)
ϑ = angolo di riflessione
I risultati ottenuti mettono in evidenza come le dimensioni medie dei cristalliti non dipendono
in maniera evidente dalla composizione del materiale e sono comunque sempre comprese
nell’intervallo 3π6 nm, a testimonianza del carattere marcatamente nanocristallino delle
miscele di ossidi studiate; la dimensione dei cristallini è un parametro sicuramente importante
nella definizione dell’attività catalitica dei materiali considerati.
67
3.3. Caratterizzazione ciclovoltammetriche
Il set di elettrodi preparati, come descritto nel paragrafo precedente, è stato sottoposto a
misure elettrochimiche utilizzando una cella a tre elettrodi costituita da:
•
elettrodo di riferimento: calomelano saturo (SCE) (ERif = 0.242 V vs NHE)
•
controelettrodo (altrimenti detto “elettrodo ausiliario”): rete cilindrica di platino
•
elettrodo di lavoro, costituito dall’elettrodo di IrO2-SnO2 oggetto dell’analisi.
Le soluzioni elettrolitiche utilizzate sono state preparate in acqua ultrapura MilliQ, ottenuta
con impianto Millipore®, e reattivi Fluka HPLC grade o analoghi.
Il sistema di acquisizione dei dati è costituito da un’interfaccia elettrochimica AUTOLAB
PGSTAT 20 della Eco Che mie, dotato di interfaccia per Spettroscopia di Impedenza AC
(FRA) e di modulo per la generazione di rampe lineari di potenziale (SCANGEN).
Tutte le misure elettrochimiche che verranno descritte nelle pagine successive sono state
eseguite alle seguenti temperature: 297 K (temperatura ambiente), 275, 278, 283, 313, 323
e 333 K; si è utilizzato un bagno termostatico dotato di “dito freddo”, con incertezza di 0.1
K. Dove non indicato specificatamente, le misure sono da intendersi eseguite a temperatura
ambiente.
Gli elettrodi sintetizzati sono stati testati variando linearmente il potenziale nella finestra di
lavoro caratteristica per gli anodi a base di IrO2 (0.15÷1.15VSCE per le misure condotte in
soluzione di H2SO4 o HClO4 1N); all’aumentare del pH della soluzione, la finestra di
potenziale è stata traslata in catodica, in accordo con la legge di Nernst (59 mV per ogni
unità pH).
Per ogni campione sintetizzato si sono effettuate le voltammetrie cicliche a diversa velocità
di scansione (r); (50, 100, 200, 300, 400, 500, 600, 700, 800, 900 e 1000 mV/s).
Nella pagina seguente sono riportati due grafici, in cui sono messe a confronto le risposte
ciclovoltammetriche della maggior parte delle composizioni degli elettrodi sintetizzati,
ottenute alle medesime velocità di scansione (100mV/s) e nella stessa soluzione
elettrolitica (HClO4 1N).
68
1.50E-02
1.00E-02
1%
2%
5%
10%
i(A)
5.00E-03
0.00E+00
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
-5.00E-03
-1.00E-02
-1.50E-02
potenziale(V vs SCE)
Figura 22: voltammogrammi ciclici (r =100mV/s) degli elettrodi a bassa copertura di Ir
4.00E-02
3.00E-02
2.00E-02
20%
30%
35%
50%
70%
100%
i(A)
1.00E-02
0.00E+00
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
-1.00E-02
-2.00E-02
-3.00E-02
-4.00E-02
potenziale(V vs SCE)
Figura 23: voltammogrammi ciclici (r =100mV/s) degli elettrodi ad alta copertura di Ir
Ai bassi caricamenti di metallo nobile, il voltammogramma appare quello di un tipico
semiconduttore, presentando una lievissima isteresi di carica con preferenza di accumulo
nel verso anodico. La tipica forma della risposta voltammetrica del biossido di Iridio
comincia a comparire a composizioni nominali in Iridio maggiori del 5 %; a composizioni
inferiori la quantità del metallo nobile sembrerebbe talmente piccola da non influenzare il
materiale con le proprie caratteristiche. Il biossido di Iridio possiede infatti note qualità di
69
conduttore metallico e come tale conferisce, anche in miscela, proprietà che rendono il
materiale risultante uno pseudocapacitore.
Vale la pena osservare che la composizione al 35% è quella che evidenzia la carica
voltammetrica più elevata in assoluto; tale evidenza verrà successivamente messa in risalto
anche dai dati normalizzati al contenuto in Iridio.
4.00E-01
50mV/s
100mV/s
3.00E-01
200mV/s
300mV/s
2.00E-01
400mv/s
700mV
1.00E-01
800mV
i(A)
900mV
1V
0.00E+00
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
500mV
600mV
-1.00E-01
-2.00E-01
-3.00E-01
-4.00E-01
potenziale(V vs SCE)
Figura 24: CV a diverse velocità di scansione per l’elettrodo al 35% Ir
3 .0 0 E -0 2
2 .0 0 E -0 2
a c id o s o lfo r i c o 1 N
1 .0 0 E -0 2
i(A)
a c id o p e r c lo r ic o 1 N
0 .0 0 E + 0 0
0
0 .2
0 .4
0 .6
0 .8
1
1 .2
1 .4
-1 .0 0 E - 0 2
-2 .0 0 E - 0 2
-3 .0 0 E - 0 2
p o t e n z ia le ( V v s S C E )
Figura 25: CV (r =100mV/s) dell’elettrodo al 35% Ir in HClO4 1N e H2SO4 1N
Bisogna inoltre sottolineare che si è utilizzata una soluzione elettrolitica di HClO4 1N,
sebbene la maggior parte della letteratura, e le applicazioni industriali dei DSA,
70
contemplino l’acido solforico. La nostra scelta è motivata dal fatto che gli ioni perclorato, a
differenza degli ioni solfato, non manifestano effetti di adsorbimento specifico, sulla
superficie elettrodica, che potrebbero modificare la struttura del doppio strato; ad ogni
modo sono state eseguite, per alcuni elettrodi, anche le voltammetrie in acido solforico 1N;
i dati ottenuti hanno evidenziato un sostanziale accordo con quelli registrati usando come
elettrolita l’acido perclorico.
3.3.a. Effetto del diverso caricamento
In Figura 24 sono riportati i voltammogrammi di tre diversi elettrodi, eseguiti alla
medesima velocità di scansione (100mV/s), sintetizzati partendo dalla stessa soluzione
(35% in Ir) ma che si diversificano per il numero di strati su di essi depositato.
L’andamento crescente della carica voltammetrica, all’aumentare dello spessore del film
elettrodico, è confermato a tutte le velocità di scansione investigate; tuttavia, una
normalizzazione dei dati al quantitativo di Iridio effettivamente deposto evidenzia
l’impossibilità ad accedere a tutti i siti effettivamente disponibili, per spessori oltre i
quattro strati. La scelta di preparare film a sei strati è motivata da un bilancio fra costi di
produzione e durata del film elettrodico, in condizioni di uso ordinarie.
3.00E-02
2.00E-02
4 strati
1.00E-02
i(A)
6 strati
8 strati
0.00E+00
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
-1.00E-02
-2.00E-02
-3.00E-02
potenziale(V vs SCE)
Figura 26: CV (r =100mV/s) per l’elettrodo al 35% in Ir, con un diverso numero di strati di
ossido
71
Di seguito riportiamo l’elaborazione dei dati relativi alle misure voltammetriche dei tre
elettrodi menzionati; per ciascuno, per ogni velocità di scansione investigata, riportiamo:
carica anodica (Q+), carica catodica (Q-) , carica anodica normalizzata ai grammi di Iridio
(Q+/g Ir) e carica anodica normalizzata ai grammi di ossido (Q+/g ossido)
Composizione nominale: 35% IrO2 (8 strati)
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
2.04E-01
2.03E-01
8.17E+01
8.17E+01
50
2.07E-01
2.08E-01
8.31E+01
8.31E+01
200
1.97E-01
1.96E-01
7.90E+01
7.90E+01
300
1.91E-01
1.91E-01
7.69E+01
7.69E+01
400
1.86E-01
1.86E-01
7.49E+01
7.49E+01
500
1.81E-01
1.81E-01
7.29E+01
7.29E+01
600
1.76E-01
1.76E-02
7.08E+01
7.08E+01
700
1.72E-01
1.71E-01
6.89E+01
6.89E+01
800
1.67E-01
1.66E-01
6.71E+01
6.71E+01
900
1.63E-01
1.62E-01
6.53E+01
6.53E+01
1000
1.55E-01
1.56E-01
6.24E+01
6.24E+01
Composizione nominale: 35% IrO2 (6 strati)
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.54E-01
1.54E-01
9.26E+01
9.26E+01
50
1.58E-01
1.59E-01
9.54E+01
9.54E+01
200
1.51E-01
1.51E-01
9.11E+01
9.11E+01
300
1.49E-01
1.48E-01
8.95E+01
8.95E+01
400
1.46E-01
1.46E-01
8.81E+01
8.81E+01
500
1.45E-01
1.44E-01
8.72E+01
8.72E+01
600
1.42E-01
1.42E-01
8.57E+01
8.57E+01
700
1.40E-01
1.39E-01
8.42E+01
8.42E+01
800
1.37E-01
1.37E-01
8.25E+01
8.25E+01
900
1.37E-01
1.36E-01
8.23E+01
8.23E+01
1000
1.35E-01
1.34E-01
8.11E+01
8.11E+01
72
Composizione nominale: 35% IrO2 (4 strati)
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.31E-01
1.32E-01
1.18E+02
1.18E+02
50
1.31E-01
1.33E-01
1.18E+02
1.18E+02
200
1.27E-01
1.27E-01
1.14E+02
1.14E+02
300
1.25E-01
1.25E-01
1.13E+02
1.13E+02
400
1.24E-01
1.24E-01
1.12E+02
1.12E+02
500
1.23E-01
1.22E-01
1.11E+02
1.11E+02
600
1.22E-01
1.21E-01
1.10E+02
1.10E+02
700
1.21E-01
1.20E-01
1.09E+02
1.09E+02
800
1.19E-01
1.19E-01
1.08E+02
1.08E+02
900
1.19E-01
1.18E-01
1.07E+02
1.07E+02
1000
1.18E-01
1.18E-01
1.07E+02
1.07E+02
Se mettiamo in grafico le cariche normalizzate ai grammi di ossido contro le velocità di
scansione (Figura 27), per tutti e tre gli elettrodi sottoposti a esame, si nota il normale
andamento decrescente; viene inoltre messo in risalto come, a parità di velocità di
scansione, il campione che mostra il comportamento capacitivo più elevato per grammo di
ossido risulti essere quello ricoperto dal minor numero di strati e quindi con il minor
quantitativo di Iridio (come già anticipato).
1.40E+02
1.20E+02
Q+ norm g ossido(C/g)
1.00E+02
8.00E+01
6.00E+01
8 strati
4.00E+01
6 strati
2.00E+01
4 strati
0.00E+00
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
r (mV/sec)
Figura 27: Q+ normalizzata ai grammi di ossidoin funzione di r, per diversi caricamenti di ossido
73
3.3.b Elaborazione dati voltammetrici
Per integrazione delle aree sottese dalle curve ciclovoltammetriche, è possibile ricavare la
carica coinvolta nel processo ossidativo e riduttivo. La tecnica dell’integrazione prevede
l’assegnazione di uno zero, che nel nostro caso è piuttosto facile da definire poiché, nella
maggior parte dei casi, si tratta di curve perfettamente simmetriche (come verrà
sottolineato anche in seguito). Riportiamo, nelle tabelle che seguono, i risultati relativi
all’elaborazione dei dati degli esperimenti ciclovoltammetrici.
Per ciascuna composizione, i dati di carica sottesa sono valori medi, relativamente
all’analisi dei due elettrodi sottoposti ad indagine elettrochimica. Sono esclusi dalla lista
quegli elettrodi che sono risultati non interessanti poiché, come detto in precedenza, di
scarsa capacitività.
Composizione nominale: 20% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.10E-01
1.10E-01
9.31E+01
1.10E-01
50
1.12E-01
1.13E-01
9.47E+01
1.12E-01
200
1.09E-01
1.09E-01
9.22E+01
1.09E-01
300
1.08E-01
1.08E-01
9.11E+01
1.08E-01
400
1.07E-01
1.07E-01
9.02E+01
1.07E-01
500
1.06E-01
1.05E-01
8.94E+01
1.06E-01
600
1.05E-01
1.04E-01
8.86E+01
1.05E-01
700
1.04E-01
1.03E-01
8.79E+01
1.04E-01
800
1.03E-01
1.03E-01
8.71E+01
1.03E-01
900
1.02E-01
1.02E-01
8.66E+01
1.02E-01
1000
1.02E-01
1.01E-01
8.59E+01
1.02E-01
74
Composizione nominale: 30% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.81E-01
1.80E-01
9.40E+01
1.81E-01
50
1.84E-01
1.86E-01
9.58E+01
1.84E-01
200
1.77E-01
1.77E-01
9.21E+01
1.77E-01
300
1.74E-01
1.74E-01
9.03E+01
1.74E-01
400
1.65E-01
1.65E-01
8.57E+01
1.65E-01
500
1.67E-01
1.66E-01
8.66E+01
1.67E-01
600
1.58E-01
1.59E-01
8.21E+01
1.58E-01
700
1.62E-01
1.62E-01
8.43E+01
1.62E-01
800
1.57E-01
1.57E-01
8.18E+01
1.57E-01
900
1.54E-01
1.53E-01
8.00E+01
1.54E-01
1000
1.51E-01
1.51E-01
7.83E+01
1.51E-01
Composizione nominale: 35% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.54E-01
1.54E-01
9.26E+01
1.54E-01
50
1.58E-01
1.59E-01
9.54E+01
1.58E-01
200
1.51E-01
1.51E-01
9.11E+01
1.51E-01
300
1.49E-01
1.48E-01
8.95E+01
1.49E-01
400
1.46E-01
1.46E-01
8.81E+01
1.46E-01
500
1.45E-01
1.44E-01
8.72E+01
1.45E-01
600
1.42E-01
1.42E-01
8.57E+01
1.42E-01
700
1.40E-01
1.39E-01
8.42E+01
1.40E-01
800
1.37E-01
1.37E-01
8.25E+01
1.37E-01
900
1.37E-01
1.36E-01
8.23E+01
1.37E-01
1000
1.35E-01
1.34E-01
8.11E+01
1.35E-01
75
Composizione nominale: 40% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.83E-01
1.82E-01
1.03E+02
1.83E-01
50
1.89E-01
1.88E-01
1.06E+02
1.89E-01
200
1.77E-01
1.76E-01
9.97E+01
1.77E-01
300
1.72E-01
1.71E-01
9.68E+01
1.72E-01
400
1.67E-01
1.66E-01
9.40E+01
1.67E-01
500
1.62E-01
1.64E-01
9.13E+01
1.62E-01
600
1.57E-01
1.57E-01
8.84E+01
1.57E-01
700
1.52E-01
1.52E-01
8.57E+01
1.52E-01
800
1.48E-01
1.47E-01
8.31E+01
1.48E-01
900
1.46E-01
1.45E-01
8.22E+01
1.46E-01
1000
1.42E-01
1.41E-01
8.01E+01
1.42E-01
Composizione nominale: 50% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
1.49E-01
1.50E-01
9.20E+01
1.49E-01
50
1.55E-01
1.56E-02
9.55E+01
1.55E-01
200
1.44E-01
1.44E-01
8.88E+01
1.44E-01
300
1.39E-01
1.38E-01
8.56E+01
1.39E-01
400
1.34E-01
1.33E-01
8.26E+01
1.34E-01
500
1.27E-01
1.27E-01
7.85E+01
1.27E-01
600
1.23E-01
1.22E-01
7.56E+01
1.23E-01
700
1.18E-01
1.18E-01
7.28E+01
1.18E-01
800
1.14E-01
1.13E-01
7.01E+01
1.14E-01
900
9.81E-02
9.78E-02
6.05E+01
9.81E-02
1000
9.84E-02
9.86E-02
6.08E+01
9.84E-02
76
Composizione nominale: 60% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
2.04E-01
2.46E-01
7.91E+01
1.76E-01
50
2.10E-01
2.12E-01
8.15E+01
1.81E-01
200
2.01E-01
2.01E-01
7.77E+01
1.71E-01
300
1.97E-01
1.96E-01
7.63E+01
1.67E-01
400
1.93E-01
1.93E-01
7.50E+01
1.64E-01
500
1.90E-01
1.90E-01
7.36E+01
1.60E-01
600
1.86E-01
1.86E-01
7.22E+01
1.57E-01
700
1.83E-01
1.83E-01
7.09E+01
1.53E-01
800
1.80E-01
1.79E-01
6.96E+01
1.50E-01
900
1.81E-01
1.80E-01
7.02E+01
1.50E-01
1000
1.79E-01
1.78E-01
6.93E+01
1.47E-01
Composizione nominale: 70% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
2.04E-01
2.46E-01
7.91E+01
2.04E-01
50
2.10E-01
2.12E-01
8.15E+01
2.10E-01
200
2.01E-01
2.01E-01
7.77E+01
2.01E-01
300
1.97E-01
1.96E-01
7.63E+01
1.97E-01
400
1.93E-01
1.93E-01
7.50E+01
1.93E-01
500
1.90E-01
1.90E-01
7.36E+01
1.90E-01
600
1.86E-01
1.86E-01
7.22E+01
1.86E-01
700
1.83E-01
1.83E-01
7.09E+01
1.83E-01
800
1.80E-01
1.79E-01
6.96E+01
1.80E-01
900
1.81E-01
1.80E-01
7.02E+01
1.81E-01
1000
1.79E-01
1.78E-01
6.93E+01
1.79E-01
77
Composizione nominale: 100% IrO2
r
Q+
Q-
Q+/g Ir
Q+/g ossido
(mV/sec)
(C)
(C)
(C/gIr)
(C/g ossido)
100
5.13E-02
5.19E-02
1.39E+01
0.05131
50
5.54E-02
5.68E-02
1.50E+01
0.05541
200
4.79E-02
4.80E-02
1.30E+01
0.04788
300
4.55E-02
4.54E-02
1.23E+01
0.0455
400
4.38E-02
4.37E-02
1.19E+01
0.04384
500
4.25E-02
4.24E-02
1.15E+01
0.04251
600
4.14E-02
4.12E-02
1.12E+01
0.04143
700
4.05E-02
4.03E-02
1.10E+01
0.04053
800
3.98E-02
3.95E-02
1.08E+01
0.03976
900
3.97E-02
3.88E-02
1.08E+01
0.03968
1000
3.85E-02
3.82E-02
1.04E+01
0.03847
Dall’analisi di questi dati può essere messo in luce un comportamento supercapacitivo del
film di ossido. Infatti, le cariche anodiche e catodiche sono straordinariamente alte rispetto
ai dati riportati per esempio da Trasatti ed altri [13]
Nel grafico sottostante vengono confrontate le cariche anodiche e catodiche, rilevate a
diverse velocità di scansione, per un elettrodo con composizione nominale 35%; come
anticipato in precedenza, è da sottolineare la totale corrispondenza tra i due processi di
accumulo di carica, ad indicare un comportamento quasi perfettamente reversibile (in
tabella sono indicati anche i dati relativi alla regressione lineare).
0.24
0.23
|Qcatodica| (C)
0.23
0.22
0.22
y = 0.9891x + 0.0013
2
R = 0.9892
0.21
0.21
0.20
0.20
0.20
0.20
0.21
0.21
0.22
0.22
0.23
0.23
0.24
|Q anodica| (C )
Figura 28 : confronto delle cariche anodica e catodica, per l’elettrodo al 35%Ir
78
3.3.c. Influenza della composizione dell’elettrodo
In Figura 30 è mostrata la dipendenza della carica anodica, normalizzata ai grammi di
Iridio effettivamente depositati sul campione, dalla quantità percentuale di metallo nobile
nella miscela dei sali precursori. Il dato, presentato in questa maniera, risulta normalizzato
al numero dei siti attivi e permette di evidenziare l’effettivo ruolo della composizione.
Dall’analisi del grafico si evidenzia un andamento a vulcano, il cui massimo si manifesta
in corrispondenza ai valori percentuali attorno al 40%; inoltre, va osservato come il valore
dell’Iridio biossido puro risulti significativamente più basso rispetto a tutte le altre
composizioni, a testimonianza di una minore dispersione del componente elettrochimicamente attivo.
120
Q + norm g Ir (C/g)
100
100mV
50mV
200mV
300mV
400mV
500mV
600mV
700mV
800mV
900mV
1V
80
60
40
20
0
20
30
40
50
60
70
80
90
100
% o f Ir
Figura 30 : carica anodica normalizzata ai g di Ir in funzione della composizione nominale
120
Q + normg Ir (C/g)
100
2 0 % Ir
4 0 % Ir
5 0 % Ir
6 0 % Ir
7 0 % Ir
80
60
1 0 0 % Ir
3 5 % Ir
3 0 % Ir
40
20
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
r (m V /s )
Figura 31: carica anodica normalizzata ai grammi ossido in funzione della velocità di scansione
79
Come mostrato in Figura 28, le cariche voltammetriche normalizzate ai grammi d’Iridio
mostrano un andamento decrescente all’aumentare della velocità di scansione (r); questo
effetto, osservato sistematicamente in molti altri sistemi basati sugli ossidi, è dovuto alla
progressiva esclusione dei centri attivi più difficilmente accessibili. Il problema può
sopraggiungere sia per complicazioni dovute alla diffusione di specie proton-donatrici al
centro redox o per un incremento di resistenza al trasporto di carica attraverso l’ossido.
Probabilmente non è possibile discernere fra queste due influenze ma, in accordo con
l’approccio bibliografico [14] un tentativo di separare le componenti geometriche pure
(quelle cioè che influenzano la carica per un solo effetto estensivo) dalle componenti
elettrocatalitiche pure (che sono influenzate da grandezze intensive, specifiche del
materiale in analisi) è stato comunque effettuato, estrapolando il valore della carica per r =
0, e ricavando la carica totale (Qtot) proporzionale all’area attiva superficiale; inoltre,
estrapolando la carica per r = ¶, si può ottenere la carica esterna (Q0), proporzionale
all’area attiva superficiale esterna. La differenza fra queste due grandezze porta
all’ottenimento della carica relativa alla sola superficie interna (Qi = Qtot – Q0). Il concetto
di carica interna è piuttosto sottile poiché si parla della differenza fra densità di carica
superficiale (Q0), o legata alla carica di un semplice monostrato di materiale, e densità di
carica nel volume di tutto il materiale attivo (Qtot); la carica interna è ciò che rimane del
materiale attivo, una volta escluso il primo monostrato.
La procedura di estrapolazione consiste nel mettere in grafico le cariche anodiche,
rispettivamente in funzione di r1/2 per ottenere Qtot (Figura.31) ed in funzione di r-1/2 per
ottenere Q0 (Figura 32).
Entrambe le estrapolazioni risultano soddisfacentemente lineari.
80
120
110
100
Qa / g Ir (C/g)
90
80
70
60
20
35
30
40
50
40
50
60
70
100
30
20
10
0
5 .0
7 .5
1 0 .0
1 2 .5
1 5 .0
1 7 .5
2 0 .0
2 2 .5
2 5 .0
2 7 .5
3 0 .0
3 2 .5
3 5 .0
( r )^ 1 / 2
Figura 31 : ottenimento di Qtot
Qa/g Ir (C/g)
100
20
35
40
50
60
70
100
50
0
0 .0 2 5
0 .0 5 0
0 .1 0 0
0 .0 7 5
0 .1 2 5
0 .1 5 0
(r )^ -1 /2
Figura 32: ottenimento di Q0
L’estrapolazione ad r = ¶ è sensibilmente più complicata, principalmente a causa di due
fattori spuri aggiuntivi: l’eventuale effetto della caduta ohmica non compensata e la non
completa reversibilità delle trasformazioni redox che avvengono ai siti attivi sulla
superficie dell’elettrodo; entrambe queste cause possono portare, per alte velocità di
scansione, alla formazione di curve voltammetriche distorte e quindi ad un decremento
fittizio della carica.
Un’alternativa altrettanto valida all’estrapolazione attraverso regressione lineare è l’uso del
semplice dato a 1 V/s (meglio se di dispone anche di velocità più alte), che costituisce
comunque una buona stima.
81
Dal rapporto tra la carica interna e la carica totale si può ottenere il grado di porosità del
materiale, il cui andamento in funzione della composizione nominale di Iridio è riportato in
Figura 33
%Ir
Qtot
Q0
Qi = Qtot – Q0
Porosità
(C/cm2 g Ir)
(C/cm2 g Ir)
(C/cm2 g Ir)
(Qi/Qtot)
20
18.4
16.3
2.1
0.114
30
19.8
15.3
4.5
0.227
35
22.4
18.3
4.0
0.178
40
24.4
17.1
7.3
0.299
50
24.2
13.6
10.6
0.438
60
17.7
13.6
4.1
0.237
70
17.4
14.2
3.2
0.184
100
3.0
2.0
1.0
0.333
Tabella 4: dati relativi all’ottenimento della porosità
0.5
0.45
0.4
0.35
porosità
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
composizione nominale (%Ir)
Figura 33: variazione della porosità, in funzione della composizione nominale
L’andamento di questa proprietà non è banale: si può osservare come, per le composizioni
intermedie, la tessitura del materiale sia effettivamente più aperta e quindi più accessibile
ad eventuali specie che determinano il caricamento del film, ma nient’altro si può
aggiungere relativamente alle composizioni più estreme.
82
3.3.d Effetto del pH della soluzione elettrolitica
I campioni sintetizzati sono stati sottoposti ad analisi ciclovoltammetriche in soluzioni
elettrolitiche a diversa acidità per investigare l’effetto del pH sul loro comportamento
capacitivo.
Come già osservato in precedenza, il pH della soluzione elettrolitica influenza la finestra di
potenziale da utilizzare poiché per ogni unità pH i limiti di essa vanno spostati di –0.059V,
in accordo con quanto espresso dalla legge di Nernst.
Di seguito sono riportate le figure che evidenziano l’effetto della variazione del pH della
soluzione sulla forma delle curve voltammetriche (r = 100mV/sec), relativamente agli
elettrodi con composizione nominale limite (1% e 100%) in metallo nobile.
1.00E-02
8.00E-03
6.00E-03
4.00E-03
2.00E-03
i (A)
100m M
10m m
1m M
1M
0.00E+00
-2.00E-01
0.00E+00
2.00E-01
4.00E-01
6.00E-01
8.00E-01
1.00E+00
1.20E+00
1.40E+00
-2.00E-03
-4.00E-03
-6.00E-03
-8.00E-03
potenziale (V vs SCE)
Figura 34: effetto del pH della soluzione sull’elettrodo al 100% Ir
3.00E-03
2.00E-03
1.00E-03
i (A)
0.00E+00
-2.00E-01
0.00E+00
2.00E-01
4.00E-01
6.00E-01
8.00E-01
1.00E+00
1.20E+00
1.40E+00
100m M
10m M
1m M
1m M
-1.00E-03
-2.00E-03
-3.00E-03
-4.00E-03
-5.00E-03
potenziale (V vs SCE)
Figura 35: effetto del pH della soluzione sull’elettrodo al 1% Ir
83
La variazione dell’acidità della soluzione non ha grosse influenze sulla forma dei
voltammogrammi, nel senso che essa rimane sostanzialmente costante nonostante vi siano
differenze anche significative nell’area sottesa alle curve; l’effetto è particolarmente
evidente nel caso dell’elettrodo di IrO2 100%, poiché i processi redox responsabili
dell’immagazzinamento di carica prevedono un coinvolgimento dei protoni:
IrO2 + H3O+ + e → IrOOH + H2O
Al contrario, un equilibrio analogo non sussiste nel caso dell’SnO2, e difatti il
voltammogramma dell’elettrodo con solo l’1% di IrO2 resta sostanzialmente invariato alla
modifica di pH, sia per quanto riguarda la forma, sia nell’informazione capacitiva delle
singole curve.
84
3.4.Studio cinetico della reazione di sviluppo ossigeno
Lo studio della cinetica di una reazione, per via elettrochimica, è prassi piuttosto comune e
nel caso da noi esaminato, la reazione di sviluppo di ossigeno, il compito è abbastanza
semplice poiché per questa reazione è stata proposta una serie di meccanismi modello
(come gia menzionato nel paragrafo 1.5.1) ed è possibile quindi ricavare l’equazione
cinetica e verificarla per ogni meccanismo possibile, ipotizzando i diversi stadi
cineticamente determinanti.
Studiando l’andamento della corrente in funzione del potenziale, è possibile riconoscere,
attraverso l’equazione della retta di Tafel, e più specificatamente a seconda della pendenza
della retta (chiamata comunemente b di Tafel), quale sia il meccanismo della reazione.
Per definire la cinetica della reazione di OER ai materiali elettrodici da noi preparati, sono
state eseguite delle curve di polarizzazione utilizzando come elettrolita acido perclorico
1M, e mantenendo la soluzione sotto condizioni di efficiente agitazione.
Il potenziale è stato fatto variare ad una velocità di 5mV/sec, partendo da un valore di
1.6VSCE e scendendo fino ad un valore di 1.2VSCE; la strumentazione utilizzata è stata la
stessa precedentemente descritta per l’analisi ciclovoltammetrica.
Sono state eseguite delle voltammetrie cicliche prima e dopo la registrazione di ogni curva
di polarizzazione, per verificare se la polarizzazione apportava cambiamenti significativi
all’elettrodo studiato: tale situazione non è mai stata riscontrata, a testimonianza della
buona stabilità dei materiali elettrodici preparati.
Al fine di minimizzare l’effetto della resistenza ohmica della soluzione, nella costruzione
del diagramma di Tafel (E vs. log i), il potenziale di lavoro è stato depurato del valore di
caduta ohmica (R×i) ricavato moltiplicando il valore di corrente i per la resistenza della
soluzione determinata attraverso analisi di risposta in frequenza (impedenza AC).
Nelle pagine seguenti sono riportate le curve di polarizzazione, con i relativi grafici di
Tafel, di alcuni degli elettrodi sintetizzati.
85
Elettrodo all’1% Ir
2.50E-03
2.00E-03
1.50E-03
1.00E-03
5.00E-04
0.00E+00
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 36: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.37 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.645 cm2
1.65
1.6
E-RI (V vs SCE)
1.55
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-8
-7
-6
-5
-4
-3
log i (A/cm2)
Figura 36a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 162/106 mV/dec
86
-2
-1
0
Elettrodo al 10% Ir
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 37: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.37 W
Semiarea dell’elettrodo
2.485 cm2
1.55
E-RI (V vs SCE)
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5
-4
-3
-2
log i (A/cm2)
Figura 37a diagramma di Tafel
b di Tafel: 123/65 mV/dec
87
-1
0
Elettrodo al 20% Ir
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 38: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.37 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.401 cm2
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-3.5
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
Figura 38a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 85 mV/dec
88
-0.5
0
Elettrodo al 30% Ir
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 39: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.40 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.506 cm2
1.4
E-RI (V vs SCE)
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5
-4
-3
-2
log i (A/cm2)
Figura 39a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 46 mV/dec
89
-1
0
Elettrodo al 35% Ir
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
-1
0
Figura 40: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.37 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.650 cm2
1.38
E-RI (V vs SCE)
1.36
1.34
1.32
1.3
1.28
1.26
1.24
1.22
-5
-4
-3
-2
log i (A/cm2)
Figura 40a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 46 mV/dec.
90
Elettrodo al 40% Ir
0.5
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 41: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.30 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.378 cm2
1.65
1.6
E-RI (V vs SCE)
1.55
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5.5
-4.5
-3.5
-2.5
-1.5
log i (A/cm2)
Figura 41a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 47 mV/dec.
91
-0.5
0.5
Elettrodo al 50%Ir
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 42: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.37 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.230 cm2
E-RI (V vs SCE)
1.65
1.6
1.55
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5
-4
-3
-2
log i (A/cm2)
Figura 42a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 43 mV/dec.
92
-1
0
Elettrodo al 70%
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 43: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.30 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.440 cm2
1.45
E-RI (V vs SCE)
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5
-4
-3
-2
log i (A/cm2)
Figura 43a:diagramma di Tafel
b di Tafel: 52 mV/dec.
93
-1
0
Elettrodo al 100%
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
1.15
1.25
1.35
1.45
1.55
1.65
Figura 44: curva di polarizzazione
Resistenza della soluzione misurata
0.40 W
Semiarea dell’ elettrodo
2.570 cm2
1.65
1.6
E-RI (V vs SCE)
1.55
1.5
1.45
1.4
1.35
1.3
1.25
1.2
1.15
-5.5
-4.5
-3.5
-2.5
-1.5
log i (A/cm2)
Figura 44a: diagramma di Tafel
b di Tafel: 180-93 mV/dec.
94
-0.5
0.5
Composizione nominale Ir
b di Tafel (mV/dec)
1
162-106
10
123-65
20
85
30
46
35
46
40
47
50
43
70
52
100
180-93
Tabella 5: tavola riassuntiva
Dai dati sperimentali risulta che la reazione sostenuta dal passaggio della corrente avviene
con un meccanismo diverso ai differenti materiali elettrodici.
Per gli elettrodi a bassi contenuti in Ir, la reazione che ha luogo è quasi certamente la
passivazione del Titanio (metallo di supporto).
Per le composizioni intermedie è plausibile che la reazione di sviluppo di ossigeno abbia
luogo attraverso un meccanismo di formazione elettrochimica dell’ossido, poiché le b di
Tafel che caratterizzano le curve di polarizzazione a tali elettrodi non evidenziano grosse
deviazioni dal valore di 40 mV/dec (valore caratteristico del meccanismo citato).
95
3.5. Effetto della temperatura
Eseguendo le curve di polarizzazione a diversa temperatura di esercizio si è arrivati a
costruire il grafico di Arrhenius per la reazione di sviluppo di ossigeno; l’indagine è stata
condotta su tutti i materiali elettrodici, per esaminare l’effetto delle diverse composizioni.
Tali grafici sono costruiti riportando in ascissa 1000/T (temperatura espressa in gradi
kelvin) e in ordinata il logaritmo della densità di corrente misurata ad un potenziale di
esercizio ben definito.
Questo modo di presentare i dati deriva da una manipolazione della legge di Arrhenius:
⎛ ∆E ⎞
k = A exp ⎜ −
⎟
⎝ RT ⎠
(3.5.1)
tenendo presente che la corrente i è il prodotto della costante di Faraday per la velocità
i = Fv
(3.5.2)
e che la velocità, a sua volta, può essere rappresentata come il prodotto della costante
cinetica della reazione per la concentrazione dei reagenti
v = kc
(3.5.3)
l’equazione (3.5.1) può essere riscritta nella seguente maniera:
k=
i
⎛ ∆E ⎞
= A exp ⎜ −
⎟
Fc
⎝ RT ⎠
(3.5.4)
risolvendo in funzione di i e applicando i logaritmi naturali si arriva all’equazione (3.5.5)
ln i = ln FcA −
∆E
RT
(3.5.5)
infine, esplicitando l’energia di attivazione come somma dei contributi entalpico (DH) ed
entropico (TDS), si arriva all’ottenimento dell’equazione (3.5.6):
∆S ⎤ ∆H
⎡
ln i = ⎢ln FcA −
−
R ⎥⎦ RT
⎣
(3.5.6)
Quest’ultima rappresenta l’equazione di una retta, che ha come variabile indipendente la
temperatura e come variabile dipendente la densità di corrente; dalla pendenza della retta si
può ricavare il valore dell’entalpia di attivazione, per ciascun materiale elettrodico.
Le temperatura scrutinate sono state: 297 K (temperatura ambiente), 275, 278, 283, 313,
323 e 333 K.
96
In figura 45 vengono messe a confronto le curve di Tafel, registrate per ogni temperatura
dell’intervallo esaminato, del campione elettrodico con contenuto nominale in Iridio pari al
35%.
1.45
275 K
1.4
278 K
283 K
E-RI (V vs SCE)
303 K
313 K
1.35
323 K
333 K
343 K
1.3
297 K
1.25
1.2
-5.5
-4.5
-3.5
-2.5
-1.5
-0.5
log i (A/cm2)
Figura 45: diagrammi di Tafel a diverse temperature per l’elettrodo al 35% Ir
I valori della b di Tafel di tali curve, elencati in tabella 6, si aggirano tutti attorno a 40
mV/dec, a testimonianza del fatto che a temperature diverse non c’è cambiamento nel
meccanismo della reazione di evoluzione anodica di ossigeno.
T (°K)
b (mV/dec)
275
39
278
38
283
45
297
46
303
46
313
41
323
41
333
46
343
45
Tabella 6: b di Tafel
Solitamente, il valore di potenziale a cui viene riferito quello della densità di corrente, per
la costruzione del diagramma di Arrhenius, ricade sul valore di equilibrio che viene
ricavato in corrispondenza della densità di corrente di scambio; nel nostro caso, si è scelto
97
un potenziale alla quale la reazione in studio avesse luogo, e che ricadesse nella regione di
linearità di Tafel di tutte le curve considerate (per ogni singolo materiale elettrodico).
Per ovvie ragioni di spazio non possiamo riportare le curve di polarizzazione, ed i grafici di
Tafel, per tutte le prove effettuate alle diverse temperature quindi ci limitiamo a mostrare
le curve di Arrhenius per tutte le composizione nominali del metallo nobile sottoposte a
esame, e le relative equazioni della retta di interpolazione da cui si può estrarre il valore
dell’energia di attivazione per il processo di evoluzione anodica di ossigeno.
Elettrodo al 5% Ir
1000/T (K-1)
T (K)
Ln i (A/cm2) @ 1.28 V
275
3.636363636
-----278
3.597122302
-10.864
283
3.533568905
-10.475
297
3.367003367
-9.96147
313
3.194888179
-8.90763
323
3.095975232
-8.72104
333
3.003003003
-----Tabella 7: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 5% Ir
ln i (A/cm2) @ 1.28V
-8
-8.5
y = -4.3778x + 4.9134
R2 = 0.9833
-9
-9.5
-10
-10.5
-11
2.9
3
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
1000/T
Figura 46: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 5%
98
3.7
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-4.378 ± 0.3291
4.913 ± 1.107
1.122
-0.2284
0.9833
Elettrodo al 10% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Ln i (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
------9.569894
-8.78456
-8.352464
-6.941102
6.920512
-5.857933
Tabella 8: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 10% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
-6
y = -5.6865x + 11.02
R2 = 0.9641
-7
-8
-9
-10
2.9
3
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
1000/T (K-1)
Figura 47: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 10%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-5.687 ± 0.5489
11.02 ± 1.815
1.938
-0.1759
0.9641
99
3.6
3.7
Elettrodo al 20% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-8.299387
-8.074661
-6.616747
-5.953462
-5.890529
-5.310469
Tabella 9: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 20% Ir
ln i (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
-6
-7
-8
y = -5.0207x + 9.8704
R2 = 0.9562
-9
-10
-11
-12
2.9
3
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
1000/T (K-1)
Figura 48: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 20%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-5.021 ± 0.5373
9.870 ± 1.776
1.966
-0.1992
0.9562
100
3.7
Elettrodo al 30% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-9.501897
-9.088371
-8.713619
-7.995917
-6.066108
-6.066108
-5.874737
Tabella 9: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 30% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
-6
-7
-8
y = -5.9388x + 12.207
R2 = 0.9826
-9
-10
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T (K-1)
Figura 49: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 35%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-5.939 ± 0.3532
12.21 ± 1.185
2.055
-0.1684
0.9826
101
3.7
Elettrodo al 35% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-9.291364
-8.332516
-8.901227
-5.819892
-5.203007
-5.080643
-4.788219
Tabella 10: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 35% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28V
-4
-5
-6
-7
y = -7.366x + 17.879
R2 = 0.8919
-8
-9
-10
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T (K-1)
Figura 50: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 35%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-7.366 ± 1.147
17.88 ± 3.847
2.427
-0.1358
0.8919
102
3.7
Elettrodo al 40% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-10.38517
-10.05827
-9.428973
-7.040446
-6.591981
-6.4484
-8.523521
Tabella 11: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 40% Ir
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
-6
-7
-8
-9
y = -6.5174x + 13.459
R2 = 0.9832
-10
-11
-12
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T (K-1)
Figura 51: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 40%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-6.517 ± 0.3814
13.46 ± 1.280
2.065
-0.1534
0.9832
103
3.7
Elettrodo al 50% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-10.00331
-9.280696
-8.516185
-7.483817
-6.407932
-6.049626
-5.060749
Tabella 12: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 50% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
2.9
3.1
3.3
3.5
-6
-7
-8
-9
y = -7.0686x + 16.114
R2 = 0.9788
-10
-11
1000/T (K-1)
Figura 52: grafico di Arrhenius per l’elettrodo al 50%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-7.069 ± 0.4653
16.11 ± 1.561
2.28
-0.1415
0.9788
104
3.7
Elettrodo al 60% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-9.924497
-9.765873
-8.97738
-6.399229
-6.966154
-6.596584
-5.83182
Tabella 13: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 60% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28 V
0
-2
y = -6.2284x + 13.065
R2 = 0.844
-4
-6
-8
-10
-12
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T K-1)
Figura 53: grafico Arrhenius elettrodo al 60%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-6.228 ± 1.198
13.07 ± 4.018
2.098
-0.1606
0.844
105
3.7
Elettrodo al 70% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-9.351543
-9.411102
-8.857686
-7.612444
-6.787506
-6.263198
-6.235609
Tabella 14: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 70% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28V
-4
-5
y = -5.5013x + 10.624
R2 = 0.9743
-6
-7
-8
-9
-10
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T (K-1)
Figura 54: grafico Arrhenius elettrodo al 70%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-5.501 ± 0.3997
10.62 ± 1.341
1.931
-0.1818
0.9743
106
3.7
Elettrodo al 100% Ir
T (K)
1000/T (K-1)
Lni (A/cm2) @ 1.28 V
275
278
283
297
313
323
333
3.636363636
3.597122302
3.533568905
3.367003367
3.194888179
3.095975232
3.003003003
-10.06647
-10.81681
-10.33917
-8.432373
-8.723612
-8.035968
-7.753665
Tabella 15: dati per l’Arrhenius plot per l’elettrodo al 100% Ir
lni (A/cm2) @ 1.28 V
-4
-5
y = -4.4418x + 5.6991
R2 = 0.8539
-6
-7
-8
-9
-10
-11
-12
2.9
3.1
3.3
3.5
1000/T (K-1)
Figura 55: grafico Arrhenius elettrodo al 100%
pendenza
Y-intercetta
X-intercetta
1/pendenza
R²
-4.442 ± 0.8216
5.699 ± 2.756
1.283
-0.2251
0.8539
107
3.7
% Ir
DHπ/R
DHπ
5
10
20
30
35
40
50
60
70
100
4.378
5.687
5.021
5.939
7.366
6.517
7.069
6.228
5.501
4.442
36.39869
47.28172
41.74459
49.37685
61.2409
54.18234
58.77167
51.77959
45.73531
36.93079
Tabella 16: tabella riassuntiva
In tabella 16 sono riassunti i dati relativi alle pendenze (DHπ/R) ricavate dai diagrammi di
Arrhenius mostrati precedentemente; inoltre, sono mostrati anche i valori delle entalpie di
attivazione di ciascun materiale elettronico, calcolate moltiplicando i valori delle pendenze
per la costante molare dei gas espressa in J K-1mol-1 (R=8.314).
L’andamento delle entalpie standard di attivazione, in funzione della composizione
percentuale di Iridio, viene mostrato nella figura sottostante e mette in luce come ogni
percentuale nominale di Iridio abbia una valore definito di DH∫, differente da tutti gli altri.
È interessante notare, infine, che l’andamento a vulcano ricorda quello manifestato dalle
capacità al variare della composizione
70
60
50
∆H=
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
% Ir
Figura 56: entalpie di attivazione standard in funzione della composizione nominale del materiale
108
3.6. Conclusioni
Le indagini microstrutturali, eseguite sugli elettrodi ad ossido preparati in questo lavoro di
tesi attraverso l’applicazione di molteplici tecniche non distruttive, hanno messo in risalto
il ruolo della composizione nominale della miscela dei sali precursori clorurati. Infatti, già
dalle micrografie SEM, è possibile rilevare come l’omogeneità della superficie diminuisca
andando da superfici povere di metallo nobile a superfici ad alti contenuti di Iridio, fino ad
arrivare ad una totale perdita di organizzazione per la superficie elettrodica ricoperta
solamente da Iridio biossido.
I risultati delle indagini EDX hanno evidenziato un sostanziale accordo tra i risultati
qualitativi della composizione elementare superficiale ed i dati gravimetrici; la bontà delle
condizioni preparative è confermata inoltre dal fatto che non si notano perdite significative
di Stagno, per volatilizzazione del relativo sale precursore durante la fase di pirolisi,
contrariamente a quanto riportato in bibliografia [13].
Le analisi effettuate al microscopio a forza atomica hanno mostrato che l’Iridio si raccoglie
in aggregati di dimensioni pari a pochi nanometri, di forma approssimativamente sferica; le
fotografie tridimensionali indicano inoltre che questi aggregati nanometrici si raccolgono
in depressioni superficiali, arrivando a formare aggregati di dimensioni maggiori (alcuni
mm). Le immagini dei campioni privi di Iridio, cioè gli elettrodi di Stagno biossido puro,
esibiscono una distribuzione che ricalca la morfologia del supporto di Titanio, mettendo in
luce la mancata tendenza di tale ossido a formare aggregati. La formazione dei nanoaggregati è pertanto dipendente dalla composizione del film elettrodico.
L’elaborazione dei dati ottenuti con la tecnica diffrattometrica di raggi X ha messo in
evidenza che la miscela di ossidi componenti origina una soluzione solida di tipo
sostituzionale e che le dimensioni medie dei cristalliti, comprese nell’intervallo 3π6 nm,
non dipendono in maniera evidente dalla composizione del materiale.
Questo risultato di estrema importanza ha confermato il carattere marcatamente
nanocristallino delle miscela di ossidi studiate e costituisce un parametro importante nella
definizione dell’attività catalitica dei materiali considerati
La caratterizzazione ciclovoltammetrica ha messo in risalto il comportamento supercapacitivo e quasi reversibile dei campioni sintetizzati; per tutte le composizioni nominali
in Iridio considerate, i valori delle aree sottese alle curve voltammetriche, rappresentanti la
109
carica totale, risultano straordinariamente alti, rispetto ai dati riportati in letteratura, mentre
i due processi di accumulo di carica, catodico e anodico, manifestano una quasi perfetta
corrispondenza.
Dai voltammogrammi registrati in soluzioni elettrolitiche a diverso pH si è potuto
riscontrare che quest’ultimo non ha rilevante influenza sulla forma della curva e, per le
composizioni a bassi caricamenti, neppure sul contenuto capacitivo.
Le prove eseguite su elettrodi aventi medesima composizione nominale (35%) ma diverso
numero di strati di ossido depositati, hanno messo in luce che all’aumentare dello spessore
del film elettrodico corrisponde un aumento della carica assoluta ma una normalizzazione
dei valori di carica al quantitativo di Iridio effettivamente deposto evidenzia l’impossibilità
ad accedere a tutti i siti teoricamente disponibili, già per elettrodi che presentano un
numero di strati superiore a quattro.
I campioni che hanno mostrato il miglior comportamento capacitivo sono quelli con una
percentuale di metallo nobile attorno al 40%; il peggior comportamento capacitivo è stato
invece registrato dal campione interamente ricoperto dall’ossido del solo metallo nobile.
Poiché quest’ultimo campione è anche quello che, dalle indagini morfologiche, mostra una
struttura più disorganizzata, si può pensare che la natura della superficie influenzi le
proprietà elettrocatalitiche del materiale studiato; non è un caso che le composizioni
intermedie siano quelle che, all’indagine SEM, EDX e AFM, mostrano una maggiore
organizzazione del film superficiale.
Per tutti campioni, le cariche voltammetriche normalizzate ai grammi di Iridio hanno
mostrato un andamento decrescente con l’aumentare della velocità di scansione, come
normalmente si verifica per sistemi coinvolgenti gli elettrodi ad ossido.
La caratterizzazione ciclovoltammetrica ha permesso, inoltre; di estrarre, attraverso
un’opportuna elaborazione (descritta nel paragrafo 3.3.c), il valore della porosità per
ciascuno degli elettrodi sintetizzati; l’andamento di tale proprietà, al variare della
composizione, ha mostrato che le composizioni intermedie sono quelle più permeabili ad
eventuali specie che possono determinare il caricamento del film.
Lo studio del meccanismo della reazione di evoluzione anodica di ossigeno, effettuato
elaborando le curve di polarizzazione registrate ai diversi materiali elettrodici, ha
evidenziato che, alle composizioni nominali intermedie di Iridio, lo sviluppo di O2 ha
luogo attraverso la formazione elettrochimica dell’ossido.
L’effetto della temperatura è stato testato su tutti i materiali elettrocatalitici sintetizzati,
registrando curve di polarizzazione a diverse condizioni termiche; il meccanismo della
110
reazione di sviluppo di ossigeno non sembra risentire della modifica di tale variabile
sperimentale, per tutte le composizioni elettroniche. Infine, la stima delle entalpie standard
di attivazione, effettuata attraverso la costruzione dei diagrammi di Arrhenius, ha messo in
luce come ogni percentuale nominale di Iridio presenti un proprio valore di DH∫, differente
dagli altri.
111
3.7 Bibliografia
[1]
A. Chertykovtseva, Z.D. Skuridina, D.M. Shub, V.I. Veselovskii, Elektrokhimiya, 14
(1978) 1412
[2]
C. Iwakura, M. Inai, T. Uemura, H. Tamura, Electrochim. Acta, 26 (1981) 579
[3]
R.H. Schumm,. D.D. Wagtman, S. Bailey, W.H. Evans, V.B. Parker, National Bureau of
Standard (USA), Technical Notes 270-1 to 270-8, 1973
[4]
J.D. Cox, D.D. Wagman, V.A. Medvedev, CODATA Key Values for Thermodynamics,
Hemisphere Publ. Corp., New York,USA;1989.
[5]
http://WWW.codata.org/codata/database/Key1.html
[6]
M.R. Taravesich, A. Sadkowsi, E. Yeager, Comprehensive Treatise of Electrochemistry
vol.7 (B.E. Conway, J’O.M. Bockris, E. Yeager, Eds.), Plenum Press, New York, USA;
1983, pp.301-398.
[7]
Proceeding of the De Nora SPA symposium, Venezia (Italy), 4-6 Maggio 1998
[8]
M. Takahashi, Denki Kagaku oyobi Kogyo Butsuri Kagaku, 51 (1983) 193
[9]
H.B. Beer, Brit. Patent 1,147,442 (1965)
[10] H.B. Beer, J. Electrochem. Soc., 127 (1980) 303C
[11] S. Trasatti, Electrochim. Acta 2000, 45, 2377
[12] S. Trasatti, G. Buzzanca, J. Electroanal. Chem. 29 (1971) app.1-5
[13] C. Comninellis, G.P. Vercesi, J. Appl. Electrochem., 21 (1991) 136
[14] S. Trasatti, C.P. De Pauli, J. Electroanal. Chem., 396 (1995) 161
[15] S. Ardizzone, G. Fregonara, S. Trasatti, Electrochim. Acta, 35 (1990) 263
109
Ringraziamenti
AAAAlla mia famiglia per avermi sostenuto economicamente e moralmente in
questo lungo cammino di studi…
…Al prof. Achille De Battisti per la non comune umanità con la quale ha
saputo farmi sentire in ogni momento del mio percorso formativo in un ambiente
famigliare…
…Al Dott. Sergio Ferro per l’infinita pazienza e grande generosità con le quali
ha accudito scientificamente me e i miei colleghi Laureandi…
…Al Dott. Christian Urgeghe (Bieko primo) per il prezioso aiuto offertomi
durante le fasi di elaborazione dei dati sperimentali e di stesura della tesi…
…Al Prof. Alexander Morozov per l’insostituibile supervisione nella fase di
preparazione dei campioni...
…Al Prof. Alvise Benedetti per avere coordinato la caratterizzazione
diffrattometrica…
…Ai Dott. Marco Danieli (Bieko secondo), Carlos Martinez (cioccolatino
bianco), Lourdes Vazques (Lulù) e Ilaria Boari(Alfia) per aver contribuito a
rendere unica questa esperienza…
…Ai Compagni di Corso che in questi anni hanno condiviso con me le gioie e le
ansie accademiche e non…
…Alla Tamarese: unica squadra al mondo che può dare la possibilità ad un
calciatore mediocre come me di diventare capitano…
…Ai sig. Pablo Montero, David Trezeguet, Marcelo Zalayeta che con i loro
sbagli dal dischetto hanno permesso a me e a tutto il popolo rossonero di
sbeffeggiare nei secoli dei secoli i miei amici gobbi bianconeri…
...A tutti coolro che mi vogliono bene…
…A Elena per essere sempre con me in ogni momento della mia vita…
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