Trattamento ureteroscopico delle neoplasie dell`alta

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Trattamento ureteroscopico
delle neoplasie dell’alta via escretrice
Il moderno approccio al rene oncologico
A. Traficante, A. Callea, B. Berardi, D. Sblendorio, V. Zizzi, A. Tempesta, F. Gala*
L
Introduzione e Obiettivi
e neoplasie uroteliali delle
alte vie escretrici (pelvi
renale, calici ed uretere)
sono poco comuni, rappresentando solo il 5-10% dei
tumori uroteliali e la loro
incidenza annuale, nei paesi occidentali,
è stimata intorno ad 1-2 casi ogni
100.000 abitanti.
Le localizzazioni pielocaliceali sono 2
volte più comuni di quelle ureterali;
nell’8-13% dei casi è presente una
localizzazione vescicale sincrona; nel
30-51% dei casi metacrona e nel 2-6%
dei pazienti è presente una neoplasia
uroteliale nella via escretrice controlaterale.
È interessante notare che il 60% delle
neoplasie dell’alta via escretrice è di tipo
invasivo già alla prima diagnosi, a differenza delle localizzazioni vescicali che
sono tali solo nel 15% dei casi.
Il picco d’incidenza è nella settima ed
ottava decade di vita e questi tumori
sono 3 volte più frequenti nei soggetti
di sesso maschile.
Il fumo di tabacco aumenta il rischio da
2,5 a 7 volte, mentre il contatto prolungato con amine aromatiche, dopo
una latenza di circa 20 anni, aumenta il
rischio di sviluppare una neoplasia uroteliale dell’alta via escretrice di circa
8,3 volte.
La diagnosi il più delle volte è fortuita; il
sintomo più comune, nel 70-80% dei
casi, è l’ematuria micro o macroscopica, mentre nel 20-40% dei pazienti il
sintomo d’esordio è una colica renale o,
più raramente, il rilievo di una massa
lombare.
La diagnostica radiologica si avvale
della uroTAC (Figura 1) che ha una ottima sensibilità e specificità (rispettivamente 96% e 99%) nel rilevare lesioni fra 5 e 10 mm; la sensibilità di
questa metodica, però, si riduce all’89% per lesioni inferiori a 5 mm e
solo al 40% per lesioni sotto i 3 mm di
diametro.
La RMN andrebbe eseguita solo nei
pazienti che non possono sottoporsi alla
TAC (ad esempio per allergia al mezzo
di contrasto) perchè la sua sensibilità è
solo del 75% per tumori di dimensioni
inferiori a 2 cm di diametro.
Figura 1: UroTAC con neoplasia dell’uretere lombare sinistro.
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Una citologia urinaria positiva in pazienti con cistoscopia negativa ed in cui
si sia potuto escludere mediante biopsie multiple un carcinoma in situ (CIS)
della vescica o dell’uretra prostatica è
altamente suggestiva per una neoplasia
dell’alta via escretrice ma, come esame
di screening, è meno sensibile nelle
neoplasie dell’alta via escretrice rispetto a quelle vescicali e, per migliorarne
l’accuratezza diagnostica, il prelievo
andrebbe eseguito in situ, ovvero in
corso di esame endoscopico.
La ureteroscopia è ovviamente fondamentale per la diagnosi. L’ureteroscopia
flessibile consente di studiare anche le
cavità renali in più del 95% dei casi e,
con una biopsia, di determinare il grading della neoplasia in circa il 90% dei
pazienti con un basso tasso di falsi
negativi; la ureteroscopia consente, inoltre, un prelievo citologico in situ ed
esami contrastografici retrogradi ed è,
pertanto, indispensabile nei casi in cui
la diagnostica radiologica non sia dirimente.
Nella storia di queste neoplasie i fattori
prognostici più importanti sono stadio
(Figura 2) e grado istologico, mentre la
sede ureterale o pielocaliceale non
sembra comportare significative differenze prognostiche.
L’invasione della tonaca muscolare determina una prognosi cattiva con sopravvivenza cancro specifica a 5 anni
inferiore al 50% nei T2-T3 ed al 10%
nei T4.
La nefroureterectomia, open o laparoscopica, è ancora oggi il trattamento
d’elezione delle neoplasie uroteliali della pelvi renale e dell’uretere.
Questo intervento prevede la resezione
del tratto distale dell’uretere e del
meato con una pasticca di mucosa vescicale (Figura 3) per l’elevato rischio di
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Figura 6: Ureterorenoscopia rigida: neoplasia sessile dell’uretere pelvico dopo fotocoagulazione laser.
Figura 2: Classificazione TNM dei tumori uroteliali dell’alta via escretrice.
Figura 3: Pezzo operatorio dopo nefroureterectomia dove è evidente l’integrità dell’uretere e la
presenza di una pasticca di mucosa vescicale.
ricorrenze nella via escretrice a valle e
per la difficoltà di eseguire un follow up
contrastografico o endoscopico in un
moncone ureterale residuo; recenti
pubblicazioni hanno riconfermato i vantaggi in termini di sopravvivenza di tale
approccio demolitivo.
Una chirurgia conservativa, open, percutanea o trans-ureteroscopica, si
deve considerare di prima scelta in
caso di pazienti monorene o con grave
insufficienza renale e comunque è a
nostro avviso preferibile anche in neoplasie bilaterali o di basso grado e stadio, informando il paziente della necessità di una stretta ed assidua sorveglianza radiologica ed endoscopica.
Il vantaggio principale della ureteroscopia rispetto alla chirurgia conservativa open o percutanea è il mantenimento di un sistema chiuso, che per-
Figura 4: Ureterorenoscopia flessibile: neoplasia
papillare della pelvi renale.
Il razionale della chirurgia conservativa
si basa sul fatto che in queste neoplasie
si osserva un basso tasso di progressioni in quelle di basso grado (2-11%), mentre la necessità di uno stretto follow
up deriva dall’elevato tasso di recidive
osservato (30-59%).
I tumori uroteliali dell’alta via escretrice hanno, cioè, un comportamento biologico molto simile a quello dei tumori
della vescica e quelli superficiali evolvono molto raramente in una malattia invasiva (<5%).
Tale comportamento veniva stigmatizzato già nel 1967 da Gibson T.E. che affermava: “una nefroureterectomia per
qualunque neoplasia uroteliale dell’alto
apparato urinario è altrettanto illogica
quanto una cistectomia per un tumore
superficiale e resecabile della vescica”,
ma a quei tempi non era certo possibile un follow up ureteroscopico e non
esisteva la diagnostica TC.
In questo lavoro riportiamo la nostra
esperienza nel trattamento conservativo
di neoplasie uroteliali dell’alta via escretrice, mediante ureteroscopia rigida e
flessibile e l’uso del laser Holmium Yag.
Metodi
Figura 5: Ureteroscopia rigida: neoplasia sessile dell’uretere pelvico.
mette di ridurre il rischio potenziale di
inseminazione di cellule neoplastiche
all’esterno della via escretrice. (Figure
4, 5 e 6).
Per tumori della pelvi renale e dell’uretere, negli ultimi 10 anni abbiamo trattato 88 unità renoureterali in 80 pazienti di età media di 68,7 anni (range
39-88 anni).
In caso di tumori di basso stadio clinico
o di incerta diagnosi radiologica si è effettuata una ureteroscopia rigida o flessibile, una biopsia a freddo ed una fotocoagulazione laser della neoplasia con
Holmium Yag da 20 W; in alcuni pazienti affetti da voluminose neoplasie della
pelvi renale abbiamo trovato rapida ed
efficace la diatermocoagulazione.
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In caso di neoplasie di alto grado e stadio si è proceduto ad effettuare la nefroureterectomia, mentre negli altri casi, in presenza di neoplasie di basso stadio e grado si è seguito un follow up
mediante citologia urinaria e cistoscopia
ogni 3 mesi, ureteroendoscopia rigida o
flessibile ogni 3-6 mesi ed uroTAC o
uroRMN ogni 6-12 mesi.
In 47 unità renoureterali, con neoplasie
di basso stadio e grado è stato effettuato solo un trattamento ureteroscopico nephron sparing, ovvero biopsia a
freddo e fotocoagulazione laser della
neoplasia; si trattava di 39 pazienti, di
cui 8 con tumore bilaterale e 2 monoreni chirurgici.
In 41 unità renoureterali con neoplasie
di alto stadio e/o grado è stata effettuata una nefroureterectomia; 3 nefroureterectomie sono state effettuate, invece, per recidiva di alto grado dopo trattamento endourologico conservativo.
Risultati
Nel 72,7% dei casi la localizzazione della neoplasie era ureterale (uretere pelvico o iuxtavescicale nel 29,5% del totale), nel 17% pielica e nel 10,2% caliceale.
Su 99 biopsie a freddo il prelievo non è
risultato diagnostico solo nel 24,2 % dei
casi, nel 44,2% ha consentito la definizione
del T con percentuali accettabili di upstaging ed upgrading (26,3%) (Figura 7).
Figura 7: T e G determinato con prelievi bioptici transureteroscopici.
Nelle 47 unità renoureterali trattate in
modo conservativo, abbiamo osservato
3 recidive di alto grado che sono state
sottoposte a nefroureterectomia e 24
recidive di basso grado che hanno richiesto mediamente 1,6 ureteroscopie
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Figura 8: Neoformazione evidenziata alla TAC in un calice del rene di sinistra, risultata essere un
piccolo angioma.
operative per unità renoureterale, ma
ad un follow up medio di 47,1 mesi, sono attualmente libere da recidiva. Il tasso complessivo di recidiva è stato complessivamente del 51%.
Nella nostra esperienza in 11/96 unità
renoureterali (11,4%) con riscontro radiologico di sospetto tumore uroteliale la
ureteroscopia e/o la biopsia sono state
negative, consentendo così di risparmiare l’unità renoureterale (Figura 8).
Conclusioni
Secondo recenti segnalazioni il trattamento conservativo ureteroscopico dei
tumori uroteliali comporta “cancer specific survival” del 94,7% con tasso di
recidive del 3165% con disease free
rate del 3586% e tassi di progressione
e di metastatizzazione bassi, correlati
al grading del tumore.
L’ablazione ureteroscopica di un carcinoma uroteliale di basso stadio e grado
(G12) sembra, pertanto, un trattamen
to valido anche in pazienti con reni controlaterali normali.
La instillazione del bacillo di CalmetteGuérin (BCG) o di mitomicina C nel tratto urinario attraverso un cateterino ureterale è possibile ed i risultati a medio
termine sono sovrapponibili a quelli osservati nel trattamento delle neoplasie
vescicali, ma non sono stati confermati
in studi a lungo termine.
Uno stretto follow up dopo trattamento
endourologico conservativo è tassativo
per rilevare localizzazioni vescicali metacrone (15-50%), ricorrenze locali o
metastasi a distanza.
Noi consigliamo l’esecuzione di una uroTAC ogni 12 mesi, una citologia urinaria ed una cistoscopia con ureteroscopia
ogni 3-6 mesi.
Per la bassa specificità dell’imaging radiologico, che in letteratura è riportata
fra il 40 e l’84%, nella stragrande maggioranza dei casi, prima di effettuare una
nefroureterectomia, siamo soliti eseguire una ureterorenoscopia con eventuale
biopsia a freddo.
In letteratura, infatti, è riportata un’alta
incidenza (12,8%) di nefroureterectomie effettuate in assenza di patologia
maligna. Con la diagnostica per immagini è praticamente impossibile differenziare, infatti, neoplasie uroteliali dell’alta via escretrice da iperplasie, flogosi,
formazioni cistiche, polipi fibroepiteliali,
emangiomi e, ancora, endometriosi, adenomi nefrogenici, micetomi, malacoplachia, pseudotumori infiammatori, urolitiasi complesse, pielonefriti atipiche,
lesioni tubercolari ecc.
Non è giustificato, pertanto a nostro avviso, trattare ogni imaging sospetto dell’alta via escretrice con una nefroureterectomia senza una diagnosi ureteroscopica e/o bioptica.
Il trattamento ureteroscopico nephron
sparing dei tumori uroteliali superficiali
e di basso grado delle alte vie urinarie
sembrerebbe anche economicamente
vantaggioso rispetto alla chirurgia demolitiva, che comporta in alcuni pazienti con ridotta funzionalità renale il rischio di dover ricorrere nell’arco di alcuni anni all’emodialisi.
* U. O. Clinicizzata di Urologia Ospedale Di Venere AUSL BA Bari.
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