Andrea Castiglione Humani UN MODELLO NEUROFISIOLOGICO DEL FENOMENO DELLA COSCIENZA A neurophysiological model of the phenomenon of consciousness Riassunto L’evoluzione ontogenetica del SNC: dai livelli corrispondenti all’informazione non cognitiva, all’interpretazione organizzata del mondo esterno. Il ruolo della dopamina nel sistema della ricompensa. La questione del linguaggio: dal Segno al Sistema. L’ipotesi del libero arbitrio. La relazione determinante fra l’individuo e l’ambiente. La cultura come meccanismo adattativo. Il meccanismo delle dipendenze da sostanze chimiche, e dai comportamenti compulsivi. Summary The ontogenetic evolution of the Central Nervous System: from Cognitive process to a structured interpretation of the World. The role of Dopamine in the Reward system. Assumption about the free-will. Key relation between individual and environment. Culture as adaptive process. The process about chemical addiction and compulsive behaviors. Parole chiave: nuclei cerebrali profondi, neocortex associativo, informazione non cognitiva e cognitiva, coscienza, pensiero simbolico, circuito della gratificazione, dipendenze Key words: Deep brain nuclei, associative neocortex, cognitive and non cognitive information, symbolic conception, reward process, addictions. IL CERVELLO NEL SUO FARSI Disegno di Leonardo: più che all’anatomia, l’autore sembra alludere alla concezione neoplatonica dei processi della conoscenza. Royal Library, Castello di Windsor Alla fine del primo mese della gravidanza le cellule staminali, che daranno poi luogo al SNC dell’adulto, si dispongono a formare una sorta di tubo lungo l’asse cranio-caudale dell’embrione. Nei mesi successivi, proliferando, le cellule discendenti dalle staminali aumenteranno lo spessore della parete di questa cavità, soprattutto a livello dell’encefalo; e, in misura ben più limitata, lungo quello che diventerà il midollo spinale. Paradossalmente dunque il cervello, l’organo più significante del corpo umano, esordisce in forma di cavità, di vuoto; e nell’adulto le vestigia che resteranno di quest’originaria struttura tubolare saranno i quattro ventricoli sequenziati nell’encefalo, ed il canale liquorale nel midollo spinale. Il processo di strutturazione ontogenetica dell’encefalo si deve considerare da un doppio punto di vista: come sovrapposizione di livelli successivi, da quelli più profondi ed arcaici a quelli via via sempre più superficiali e recenti, paragonabili ad una stratificazione geologica; fino ad arrivare alla corteccia di materia grigia, spessa circa tre millimetri. Ed allo stesso tempo questa struttura si realizza con la migrazione radiale dei singoli neuroni, nati dalla proliferazione e maturazione delle cellule staminali. Ognuno di essi parte dallo spessore della parete del primigenio tubo neurale (più tardi dei ventricoli cerebrali, anch’essi in via di formazione) e, attraversando gli strati già formati in precedenza, va a dislocarsi in un punto, estremamente esatto, del neocortex che lo attende. Qui giunto, il giovane neurone dovrà stabilire collegamenti sinaptici (10.000 – 50.000 circa) con altri neuroni vicini e lontani, i suoi futuri interlocutori di circuito. Se si è resettato correttamente, questi corrispondenti lo valideranno inviandogli dei segnali molecolari di conferma; mentre in caso di errore la cellula imperfetta morirà. E non è una selezione naturale da poco: su 1.000 miliardi di neuroni al momento del loro massimo sviluppo, solo 100 miliardi sopravviveranno. E’ rilevante che la facoltà di esistere di una cellula non le è intrinseca, ma è eteroindotta: e sono le altre sue simili che, accreditandola o meno, ne decidono la vita o la morte. Il centro di gravità si sposta dal singolo alla relazione: il rapporto dinamico e comunicativo che intercorre fra l’individuo e il suo ambiente diventa il momento che definisce l’esistere; così come, ai livelli superiori, può divenire la matrice ontologica dell’Io. La sostanza grigia che costituisce il neocortex è caratteristica, per aspetto e capacità, della specie umana; e gestisce le funzioni intellettive superiori. Sul Neocortex, come in sorta di mappamondo, sono disegnati territori e regioni che corrispondono alle specifiche funzioni motorie e sensitive dell’individuo. Essi sono intervallati da spazi che non corrispondono ad attività così esattamente definibili: le aree associative, il livello più alto in cui si elabora l’informazione, il luogo del pensiero astratto, quello che Cartesio avrebbe potuto considerare la giunzione fra Res Cogitans e Res Extensa. Nelle altre specie animali questo livello è ridotto, o assente del tutto. Esistono poi anche altri neuroni, differenti, che costituiscono i Nuclei Grigi nelle profondità del mesencefalo. Questi sono genericamente simili nell’uomo e nelle specie animali filogeneticamente precedenti: discendendo progressivamente, corrispondono appunto ai livelli mammaliano e rettiliano dell’encefalo. Qui è la casa degli istinti basici; in questa topografia carsica sono governate le pulsioni ancestrali, elementari. Fino ad arrivare ai Nuclei Grigi più intimi: quelli che controllano funzioni puramente biologiche in cui il pensiero, e le emozioni, sono del tutto assenti (ad eccezione dei meccanismi di somatizzazione); come il ritmo cardiaco, la temperatura corporea, la pressione arteriosa. I CIRCUITI PIACERE CEREBRALI DEL Una schematica rappresentazione simbolica riferiva alla corteccia cerebrale i vissuti della coscienza, ed ai Nuclei Grigi profondi le esperienze subconscie. In realtà qui non si tratta di una descrizione per metafora, ma di un meccanismo di causa efficiente. Fra i siti più interessanti in questa memoria stratigrafica la moderna indagine neurofunzionale ha identificato, nel sistema mesolimbico, l’Amigdala quale sede della paura e della rabbia; e nell’Accumbens il passaggio obbligato di tutti i circuiti del piacere. Salendo in planimetria, ed in gerarchia, si passa da simili emozioni primordiali a vissuti sempre più complessi: come la gelosia, l’invidia, la vergogna o la gratitudine; che, integrandosi, compongono il sentimento di sè medesimo. L’Amigdala riceve connessioni, dirette e veloci, dall’occhio e dall’orecchio; quando si tratti di segnali di allarme, la sua reazione è immediata e violenta. Il neocortex è raggiunto solo in un secondo momento dagli stessi messaggi visivi e uditivi, e impiega del tempo per elaborarli razionalmente: la sua risposta al pericolo, al “nemico”, sarà certamente più ragionevole, ma meno rapida ed efficace di quella istintuale, che troppo spesso avrà il sopravvento. E anche le fibre nervose “di controllo”, che tornano dal neocortex verso l’amigdala, sono più scarse di quelle che conducono le loro pulsioni primitive dal nucleo profondo alla superficie cosciente. I neuroni della sostanza grigia, corticale e profonda, comunicano fra loro tramite linguaggi chimici, le cui parole sono i neurotrasmettitori. Ed ogni popolazione neuronale usa il proprio “idioma”: sui 100 miliardi di neuroni dell’encefalo, circa 1 milione si esprime con la noradrenalina; e solo 200.000 utilizzano la serotonina. Non sono molti; ma le loro connessioni sono strategiche, e sufficienti per modulare l’attività cerebrale nel suo complesso. Un insieme di neuroni interconnessi, che coordina patterns di comportamenti finalizzati, è un circuito; nel suo ambito, non tutte le molecole-segnale si equivalgono. Alcune delle più semplici (acido glutammico, GABA, glicina) gestiscono solo risposte di tipo eccitatoreinibitore, come dire spento-acceso. Altre, ben più sofisticate (come l’anandamide, equivalente endogeno della cannabis), agiscono come direttori d’orchestra, modulando le affinità fra effettori e recettori, e regolando così complessivo della trasmissione. l’effetto Secondo le attuali conoscenze, ma in attesa di saperne di più, alla dopamina è riservata la gestione del Piacere nella sua accezione più totalizzante. E’ questo il neuromodulatore che, interagendo anche con le endorfine ed altri effettori, traduce qualsiasi vissuto gratificante (dal sesso alla contemplazione artistica, passando per le vittorie sportive e i piaceri del cibo.......) in un’attivazione della “shell” del nucleo Accumbens. Fisiologicamente, le esperienze di incentivazione attivano in questa sede risposte dopaminergiche direttamente proporzionali alla natura ed all’intensità dello stimolo. In origine servirono per motivare,incrementandoli,i comportamenti utili per la sopravvivenza della specie (la riproduzione sessuale ), e dell’individuo (mangiare, bere). Patologicamente, le sostanze da abuso inducono un’increzione di dopamina ingente, che mima il reward, ma che soverchia qualsiasi soddisfazione che si possa ottenere per le vie ortodosse; e che tuttavia non comporta nessun vantaggio per l’affermazione dell’individuo, nè della specie. L’effetto alterato delle dipendenze si raggiunge: 1) Con un aumento della quantità di dopamina riversata nello spazio della sinapsi; che è indotto da sostanze come l’eroina, e i derivati della cannabis. 2) Con un’inibizione dell’eliminazione della dopamina dallo spazio sinaptico, bloccando la sua distruzione enzimatica o la sua ricaptazione dentro il neurone che l’aveva secreta; come fanno la cocaina e l’anfetamina. 3) Potenziando l’affinità fra l’effettore ed il suo recettore. E’ evidente che le attivazioni cerebrali di gratificazione così perseguite implicano una mera reazione biochimica locale, del tutto sganciata dalle oggettive esperienze relazionali con l’ambiente. Il principio del piacere, forzando ogni censura, perde la sua subordinazione nei confronti del principio di realtà; in quelli che, giustamente, sono chiamati “paradisi artificiali”. Forse meno chiaro, o sottostimato, è che questi falsi vissuti offrono piaceri assolutamente superiori a qualsiasi altro, incluso quello sessuale: il meccanismo patologico del reward scardina così tutti quelli fisiologici. Pertanto non c’è da stupirsi che il tossicodipendente, diventato abituale, trovi difficoltà quasi insormontabili a rinunciare al suo vaso di Pandora, ed accontentarsi di gratificazioni ben più ordinarie, per varie ed intense che possano essere. I ripetuti insuccessi terapeutici di recupero, e il parziale fallimento di tante campagne di prevenzione, non si possono comprendere se non alla luce di tale perentorio legame fra il soggetto e la “sua” sostanza; è ben difficile contrastare il principio del piacere, nella sua accezione primordiale. Figura 1 Cervello di Pierre Paul Broca (1824-1880), Museo di Anatomia dell’Università di Parigi . Come estremo atto di dedizione, lo studioso delle aree del neocortex preposte al linguaggio ha disposto che il suo stesso cervello fosse destinato alla scienza. LA TRANSIZIONE DAL NON COGNITIVO AL COGNITIVO Funzionalmente, l’organizzazione biologica delle informazioni si adegua a leggi di causa – effetto in modo puramente meccanicistico, come accade nei viventi filogeneticamente anteriori: i quali per sussistere devono ricevere, elaborare e poter trasmettere messaggi. Nella specie, il sistema di gestione dati è la trasmissione genetica; nell’individuo, i tre sistemi coordinati sono il nervoso, l’endocrino e l’immunitario. Le loro facoltà sono intrinseche al sistema stesso, non essendo governate da nulla che assomigli ad una “mente” consapevole e regolatrice. Essi, oltre ad interagire, condividono la caratteristica di essere “ridondanti”: dispongono cioè di un margine di sicurezza, un potenziale di riserva molto superiore a quanto sarebbe strettamente indispensabile per svolgere il loro compito di trattare informazioni. Per esempio i linfociti T possono archiviare, ed utilizzare, i dati antigenici di altri cloni cellulari virtualmente illimitati. Anche nei nuclei cerebrali profondi la gestione dell’informazione pare quasi robotica. Ma, avvicinandosi alle funzioni superiori del SNC, questi automatismi vincolanti vengono sostituiti da una crescente consapevolezza di sè medesimo, fino alla pienezza dell’intelletto nel suo complesso: la distinzione fra i livelli più o meno evoluti nell’encefalo dei viventi si può misurare in termini di autocoscienza, che è la premessa immediata di quel che comunemente si chiama il libero arbitrio. L’equazione “libertà o necessità” trova qui la sua antinomia più manifesta. All’alba della scienza moderna, la dialettica sul libero arbitrio è stata definita da Cartesio: la nostra coscienza indipendente ha facoltà di scegliere liberamente fra le nostre pulsioni. Ma già Spinoza gli contesta l’illusione della libertà: noi siamo coscienti dei nostri desideri, ma inconsapevoli delle cause dei desideri medesimi. Nietzsche considera che, credendoci superiori agli istinti, diventiamo complici delle più forti fra le nostre pulsioni. E il nostro io cosciente ha scarse opportunità di autonomia, obietta Freud, se la maggior parte della nostra psiche è inconscia. Mentre i sociologi, da Durkheim a Bordieu, aggiungono che i nostri arbitraggi, liberi nell’apparenza, in realtà sono il mero sintomo della nostra appartenenza, non scelta, a gruppi sociali predeterminati; e restano quindi ancorati ad una sorta di necessità. Quest’evoluzione del pensiero epistemologico troverà il suo riscontro, immediato e speculare, nella configurazione anatomofisiologica del Sistema Nervoso Centrale. L’informazione non è di per sè conoscenza: essa è quello che è, ci viene dalle cose esterne, come materia elementare; mentre la conoscenza è dare un significato a quel che si percepisce, organizzando una visione del mondo congruente al vissuto individuale. E, in conseguenza, è conferire un senso alla propria esperienza dell’ambiente, e del proprio esistere. Qui, il termine di “senso” attraversa il labile confine fra “sensazione, percezione” e “significato, razionalità dell’esperienza umana”. Il soggetto senziente trasforma l’informazione dei circuiti di base in conoscenza, investendola di libido; ed incardinandola in un paradigma, come potrebbe essere una teoria scientifica, oppure la propria intelligenza morale. L’informazione gestita nel livello cerebrale arcaico è pertanto “non cognitiva”: esiste, produce conseguenze, ma “non sa” di esistere. Mentre quella elaborata nella mente evoluta è transitiva e riflessiva allo stesso tempo, ha nozione sia del sè, che dell’altro da sè, che della relazione ontologica intercorrente fra i due termini: e allora è “cognitiva”, non è più riconducibile a processi automatici, e trascende i meccanismi propri del mondo fisico e biologico. La relazione con la realtà sensibile supera la semplice rappresentazione: e, sviluppandosi, la mente crea il mondo di cui ha bisogno. Il singolo dato di realtà, una volta selezionato e assunto, può essere metabolizzato diventando un segno. Ora, una lettera possiede un significato in quanto appartiene ad un alfabeto, quale che esso sia; così una parola, formata da varie lettere, ha senso in quanto appartiene ad un vocabolario (ed un numero a un insieme, ecc........). I segni-informazioni che originano dall’ambiente esterno hanno in comune con quelli elaborati dal complesso neuro-endocrino-immunitario il fatto che acquistano un significato nel momento in cui vengono inseriti in un sistema (la struttura sintattica, o il circuito sinaptico, o altro) che preesiste loro e che li corriferisce al proprio interno. Così inteso, il linguaggio (meglio: il sistema) si autocostituisce come la sorgente della diversità. Una volta assimilato nel sistema con la designazione, cioè con l’unificazione di un significante ad un senso, il segnosignificante acquisisce la sua valenza specifica, in grazia del suo rapporto con gli altri segni; ed evolve dall’irriconoscibile al riconoscibile. I linguaggi dei livelli evoluti sono compatibili con i linguaggi dei livelli inferiori; ma non sono ad essi riducibili, in un ordine superiore di complessità. Ne consegue che l’uomo cosciente fa uso dei meccanismi neurofisiologici, ma senza esser governato da essi. SISTEMI E RELAZIONI Il pensiero astratto, inizialmente, si struttura sulla fiducia nella capacità della ragione di formulare una conoscenza complessiva del reale, e nella validità universale delle sue leggi. Ma prima o poi l’esperienza delle cose, passando dal livello logico al piano ontologico, pone in evidenza i limiti di una simile costruzione simbolica: che non può più pretendersi un monolite compatto e levigato, e comincia a sfaldarsi assecondando la frantumazione degli esseri contingenti, e dei loro eventi. E conseguentemente rivela, nell’ambito delle categorie del pensiero tradizionale, teorico, le sue intime contraddizioni e discontinuità. Ecco che la Realtà si adegua malvolentieri all’Idea, ed alle sue sistematizzazioni. Allora, è necessario cambiare idea: storicamente, è già successo molte volte. Com’è avvenuto col pensiero postmoderno, che ha rimesso in discussione la possibilità di confermare dei significati univoci all’interno di un orizzonte assoluto. E li ha sostituiti con l’interazione incessante fra gli enti del mondo e le idee soggettive che noi ce ne facciamo: quelli validando queste, se del caso. Ora, se un sistema può essere strutturato, ciò implica la possibilità simmetrica che possa essere anche de-strutturato; e senza che ne venga necessariamente compromesso il suo ambito di validità relativa (ad un sistema di riferimento predeterminato). Fra i vissuti più evoluti, la contemplazione artistica è un progresso dall’informe al formato; essa consiste nell’assumere informazioni attraverso i sensi, per esempio guardando un quadro: la mente sistematizza queste nuove percezioni, cioè le filtra e le interpreta confrontandole con dati affini, preesistenti nello schedario della memoria, e classificandole in conseguenza. In funzione di quest’integrazione del nuovo percepito con quelli antecedenti, quasi potenziali matrici di stampa, si specifica il gusto individuale, ciò che piace all’uno o all’altro di noi, che suscita emozione. E, come abbiamo visto a proposito del libero arbitrio, la risposta soggettiva allo stimolo artistico è preliminarmente influenzata dai connotati della collettività di appartenenza; e dall’eredità del sapere tradizionale, l’imponente trasferimento di conoscenze fra generazione e generazione. Una simile struttura mentale è il ricalco, in qualche misura, delle strutture efficienti del cervello. Nell’encefalo, il collegamento fra i livelli arcaici e quelli più evoluti è assicurato tramite assoni che trasferiscono i messaggi dai nuclei profondi, le regioni degli istinti, alle aree corticali del pensiero logico, dove stabiliscono collegamenti selettivi in tempi e modi predeterminati, secondo percorsi carichi di rimandi e di interferenze. Come accade, per esempio, nelle aree del neocortex fronto-mediano anteriore, sede del pensiero intuitivo. Oppure nella corteccia prefrontale, che controlla i comportamenti convenzionali alle usanze sociali ed alle norme culturali: esse non vengono messe in rete prima dei 18 anni di età; e difatti per i più giovani sono ammesse licenze ed esperienze, che invece sono disapprovate negli adulti. Lo schema organizzativo dei circuiti corticali è ben più dinamico di quanto si pensasse; continuamente nel corso della vita le loro sinapsi si possono disattivare, mentre altre nuove si instaurano in conseguenza delle esperienze personali, soprattutto di quelle che abbiano carattere ripetitivo: un’addestramento sportivo, imparare a suonare uno strumento musicale, una psicoterapia; non tralasciando un ambiente familiare patogeno...... In conclusione le proiezioni verso il neocortex, superando la soglia fra l’istinto e la riflessione, implicano l’affermazione della funzione astratta; che abbandona progressivamente l’assetto liquido dell’esistenza fisiologica, per differenziarsi in un sistema di riferimento consolidato, formato da processi consapevoli e finalizzati. Ma, attraverso i medesimi assoni, dal nucleo accumbens dopaminergico e dall’amigdala si può realizzare anche un trasloco delle forze istintuali che, non ancora dotate di filtri sociali, irrompono verso la coscienza con tutta la loro potenza pulsionale, prendendo il sopravvento sulla fragile complessità del paradigma teleologico. Mentre il pensiero simbolico evolve dal mondo implicito della singola sinapsi verso il programma corticale nel suo insieme, la formula chimica delle emozioni, che è alla base “sensu stricto” delle tossicodipendenze, procede in conseguenza verso vissuti ben più complessi: che possono a loro volta indurre dipendenze. Il craving, l’interazione profonda che si instaura con gli effetti biochimici del rinforzo positivo e della ricompensa, si sposta da un mero ”oggetto” chimico, p. es. l’eroina, al “comportamento” psicosociale che induce la dipendenza. Ed ecco che incontriamo colui che dipende dal sesso, chi dallo shopping compulsivo, e qualcuno che è workalcoholic, come si dice oggi. L’esperienza biologica della gratificazione ottiene così una rappresentazione cognitiva; diventando una variabile che dipende dalle esperienze personali, ed è correlata a fattori sociali e culturali. E’ evidente che qui si apre un orizzonte nuovo, il cui postulato di partenza è il patrimonio di nozioni accumulato dai nostri seniori attraverso i secoli, fin dal Paleolitico: l’immenso lavoro che ha condotto dalle leggi di natura a quelle dell’uomo, esaltando il discrimine fra le esperienze del vissuto e la loro significazione. Un simile passaggio non genetico di informazioni è senza precedenti in biologia. A differenza dell’evoluzione corporea, quella del pensiero non ci ha lasciato reperti materiali; se non negli ultimi tempi del suo farsi, quando il linguaggio assunse forma scritta, e l’arte divenne oggetto solido. Colui che oggi si affaccia al mondo è immerso a priori in una struttura che lo anticipa, e lo determina. Egli ne viene formato, e ne dipende per il suo sviluppo; ma allo stesso tempo ne sarà l’artefice. Non si può spiegare la realtà se la riduce al suo aspetto fenomenico, cioè ai semplici dati della percezione. Per lui la cultura rappresenta una strategia adattativa, nel senso che contiene progettualità e simbolismi che assumono un significato di compromesso con l’ambiente; pur non esaurendosi del tutto in meccanismi con fine adattativo. Tali progettualità e simbolizzazioni sono la capacità di attribuire ad un’azione (o a una cosa, a un segno) un valore, un significato che va oltre il segno. In particolare, il pensiero individuale nasce nell’atto di conferire nuove distribuzioni alle cose, ed alle idee. Il pensiero rimette in discussione il concetto di “causa” delle cose; che era dapprima ciò che produce un semplice effetto misurabile, una causa efficiente; per poi diventare l’intima ragion d’essere di qualcosa, il suo fine ultimo; quale relazione efficace col mondo, nel suo senso etico. Al di fuori di tale paradigma, qualsiasi preteso “senso” non è che un feticcio fasullo. IL GIOCO COME SURROGATO DEL VISSUTO Fra i modi collaudati della cultura, il gioco è un vissuto “in vitro” sostitutivo di quel che si considera essere l’esperienza del mondo: una combinazione finalizzata che si riferisce al reale, ma non è reale. Ora le considerazioni fatte nelle righe precedenti perdono la loro verità, almeno in parte. Parliamo di un ente percepito come conscio, e che al contrario è solo la decima parte di un iceberg che galleggia nell’oceano delle pulsioni pre-cognitive: esso ci parla della “cosa”, e dell’”idea” che la sottende. In particolare, il confronto competitivo con l’ambiente qui non c’è: le risorse PNEI, abitualmente finalizzate all’affermazione individuale, oppure della specie, non sono di alcuna utilità allo scopo. L’impegno coinvolgente e rischioso che è necessario per costruire un rapporto con l’Altro è rimpiazzato dal rituale supplente che sono le regole del gioco: chiare, accettate, in definitiva rassicuranti. Quando esse dominano il campo, il vuoto ontologico ne viene colmato, e l’incompiutezza del senso apparentemente risolta. In modo simile, e più in generale, nella cultura postmoderna l’Ideale viene sostituito con l’Oggetto del godimento. Riassumendo, per il giocatore abituale (ovvero dipendente), la sua esperienza appare caricata di motivazione. E’ l’azzardo che ha l’ultima parola, spiazzando ogni altra attività convenzionale. Spingendo oltre il limite l’investimento emotivo che egli fa sul giocare, e sul setting connesso, il giocatore arriverà ad uno stato compulsivo: perdendo l’obiettivo funzionale alla fitness delle energie impegnate, e con esse la sua stessa omeostasi. Ma d’altro lato il gioco, creazione dell’uomo, ne riconferma paradossalmente i meccanismi di esplorazione del mondo, e di autodefinizione; anche al momento che ne contraddice le finalità ortodosse.