Diapositiva 1 - Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e

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Corso di Geologia Regionale
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Prof.ssa Serafina Carbone
Programma di Geologia Regionale
Laurea Magistrale in Scienze Geologiche-Classe LM74
Prof. Serafina Carbone
L’obiettivo del corso di Geologia Regionale per gli studenti del biennio è quello di
fornire gli elementi tettono-stratigrafici atti alla ricostruzione paleogeografica e
strutturale dell’Appennino meridionale e della Sicilia nel contesto del Mediterraneo
centrale. La trattazione dei vari argomenti viene inquadrata nel più ampio contesto
della Tettonica delle Placche.
L’insegnamento consiste in un corso di 54 ore di lezioni frontali da svolgersi in aula,
e di alcune escursioni sul terreno sotto la guida del docente, con oggetto il
riconoscimento delle successioni tettono-stratigrafiche e l’assetto strutturale dei
vari settori che compongono l’orogene Appenninico-Maghrebide.
n. 6 crediti (5 F + 1 L)
1 – ELEMENTI DI TETTONICA DELLE PLACCHE E ASSOCIAZIONI PETROTETTONICHE
1.1. - Margini continentali passivi.
1.2. - Margini continentali divergenti: Dorsali Oceaniche. Crosta oceanica e Ofioliti.
1.3. - Margini continentali convergenti: Intervallo Arco-Fossa, Bacino di Avanarco, Arco Magmatico,
Bacini di Retroarco.
1.4. - Associazioni strutturali e Stili tettonici in Sicilia e in Appennino meridionale.
2 - I principali domini strutturali e caratteristiche crostali nel Mediterraneo Centrale:
- domini di avampaese (Blocco Apulo - Bacino Ionico - Blocco Pelagiano),
- domini orogenici (Sistema a Thrust Esterno – Catena Appenninico-Maghrebide – Catena KabiloCalabride),
- Bacino Tirrenico,
- Blocco Sardo-Corso.
3 - Rapporti avampaese ibleo, avanfossa Gela-Catania e domini orogenici. Falda di Gela. Evoluzione
geodinamica: tempi e modalità delle deformazioni.
4 - Unità tettono-stratigrafiche
- Unità Iblee,
- Unità bacinali derivanti dalle coperture del Paleobacino ionico (Ionidi): Unità di M.Judica,
- Unità Imeresi, Unità Sicane, Unità Lercara. Successioni stratigrafiche e tempi di deformazione.
- Unità Panormidi: successioni stratigrafiche di margine e di piattaforma carbonatica s.s. ed età dei
ricoprimenti.
- Unità bacinali alpino-tetidee (Unità Sicilidi): Unità di M.Soro, U. di Troina-Tusa, e loro coperture flyschoidi
(Flysch di Troina e di Reitano).
- Unità derivanti dalla delaminazione del margine europeo: Unità Calabridi (U. epimetamorfiche, U. di
Mandanici, U. dell’Aspromonte), Coperture terrigene (Flysch di Capo d’Orlando, Calcareniti di Floresta) ed
Unità Antisicilidi.
- Coperture terrigene “tardo-orogeniche” del Miocene medio-superiore e del Pliocene inferiore (Trubi).
Depositi pliocenici e quaternari di avanfossa, di bacini-satellite e del margine tirrenico.
5 - Evoluzione geodinamica del sistema orogenico: fasi orogeniche (eo-alpina, balearica e
tirrenica).
Riconoscimento macroscopico di successioni litologiche riferite alle diverse unità
tettono-stratigrafiche analizzate nel contesto regionale.
Lettura ed interpretazione di carte geologiche: Riconoscimento e lettura degli stili
strutturali osservabili nella cartografia geologica a varie scale. Età delle strutture e
tempi della deformazione
Attività didattiche integrative extra l’orario di lezioni:
30 ore di Escursioni Geologiche su vari settori del Territorio Isolano
Testi consigliati: Trattasi di pubblicazioni, Guide regionali e dispense messi a disposizione dal docente.
1. FINETTI I., LENTINI F., CARBONE S., DEL BEN A., DI STEFANO A., GUARNIERI P., PIPAN M. & PRIZZON
A. (2005) – Crustal tectonostratigraphy and geodynamics of the southern Apennines from CROP and other
integrating geophysical-geological data. In: CROP Deep Seismic exploration of the Mediterranean Region
Cap. 15 (I.R. Finetti Ed.), Spec. Vol. Elsevier, chapter 12, 225-262.
2. FINETTI I., LENTINI F., CARBONE S., DEL BEN A., DI STEFANO A., FORLIN E., GUARNIERI P., PIPAN M.
& PRIZZON A. (2005) – Geological outlaine of Sicily and lithospheric tectono-dinamics of its Tyrrhenian
Margin from new CROP seismic data. In: CROP Deep Seismic exploration of the Mediterranean Region (I.R.
Finetti Ed.), Spec. Vol. Elsevier, chapter 15, 319-376.
3. LENTINI F., CARBONE S. & GUARNIERI P. (2006) – Collisional and post-collisional tectonics of the
Apenninic-Maghrebian Orogen (Southern Italy). In: Y. DILEK & S. PAVLIDES (Eds.), “Post-collisional Tectonics
and Magmatism in the Eastern Mediterranean Region”. Geological Society of America, Special Paper 409,
57-81. doi: 10.1130/2006.2409(04).
4. CARBONE S. & LENTINI F. (2011) - Guida all’escursione del Corso di Geologia 2 e Laboratorio di Geologia
2: Madonie – Monti Sicani. Dipartimento di Scienze Geologiche, 22 pp., 31 Maggio-1 Giugno 2011.
5. CARBONE S. (2011) - Guida all’escursione del Corso di Geologia 2 e Laboratorio di Geologia 2: Falda di
Gela – Monti Iblei. Dipartimento di Scienze Geologiche, 19 pp., 23 Giugno 2011.
Il materiale cartografico geologico e i campioni di rocce sono messi a disposizione dalla Struttura
Didattica
Appunti e dispense del docente saranno messi a disposizione durante il Corso.
Orario di ricevimento:
Lunedì, h. 15-17
Costituzione interna della Terra
Comparazione tra Costituzione e Reologia della
Terra
Divisioni Reologiche dell’interno della Terra
Rappresentazione schematica degli strati composizionali e reologici della Terra . Gli strati reologici, procedendo dall’esterno verso l’interno
della Terra sono: litosfera, astenosfera e mesosfera. Il limite tra la litosfera e l’astenosfera corrisponde alla parte superiore della zona a
bassa velocità (LVZ). Il limite tra l’astenosfera e la mesosfera è poco noto ed è qui rappresentato da una linea tratteggiata. Da un punto di
vista composizionale il limite più importante è dato dalla Moho che separa la crosta (continentale ed oceanica) dal mantello. Crosta e
mantello superiore costituiscono la litosfera.
Divisioni Reologiche dell’interno della Terra
LITOSFERA :
Guscio esterno della Terra spesso 80 - 150 Km. Il suo limite inferiore è
mal definito soprattutto al di sotto dei continenti. La velocità di
propagazione delle Onde Vs e Vp subisce un aumento con la
profondità secondo una curva a “gradino” in corrispondenza delle
superfici di Conrad e di Moho, rispettivamente all’interno della crosta
e della parte alta del mantello superiore.
ASTENOSFERA : Regione meno rigida della soprastante subisce deformazioni per
flusso di materia. Il limite inferiore è mal definito, ma non più
profondo di 350±30 Km. Il limite superiore coincide con la zona a
bassa velocità (LVZ) caratterizzato da una caduta di Vp e Vs con un più
significativo abbassamento di Vs, ed è indicativa della presenza di
parti fuse (~3%) nella zona a bassa velocità.
MESOSFERA :
Costituisce la restante parte del mantello, fino al nucleo.
NUCLEO :
I suoi limiti sono definiti su base composizionale.
Divisioni Reologiche dell’interno della Terra
Zona di bassa velocità (L.V.Z.)
E’ una zona di rallentamento delle onde sismiche. Come esempio: Vp può
passare da 8,1 a 7.8 Km/s e Vs da 4.6 a 4.4 Km/s. Questa zona si incontra a
profondità diverse ed ha spessore differente nelle varie regioni della Terra. In
genere si estende da una profondità di 50 – 100 Km ad una di 150 – 250 Km: è
più vicina alla superficie terrestre in corrispondenza delle dorsali oceaniche e
delle aree di grandi fratture continentali; non è evidente sotto diversi scudi
continentali. Si ritiene che il rallentamento della velocità delle onde sia
causato da fusione parziale del materiale del mantello a causa
dell’abbassamento del punto di fusione dei materiali per la presenza (~0,1%)
di H₂O e di CO₂.
Tettonica delle Placche: Margini Divergenti
2
1
3
Formazione degli oceani
Tettonica delle Placche: Margini Convergenti
2
1
3
Formazione delle catene montuose
Deriva dei Continenti
Ricostruzione, secondo Wegener, delle varie posizioni dei continenti dal Carbonifero
al Quaternario (da Wegener, 1924).
Placche Litosferiche
Rappresentazione schematica delle sei zolle principali in cui è suddivisa la Litosfera.
Ciascuna zolla è limitata da linee continue e da doppie linee indicanti dorsali medio oceaniche in attiva espansione (secondo le direzioni indicate dalle frecce) che
costituiscono dei margini divergenti. I terremoti sono concentrati in alcune aree ben
definite corrispondenti ai margini delle zolle crostali: le linee continue indicano aree in
cui si verificano soprattutto terremoti superficiali (margini convergenti). I punti in
rosso zone in cui si osservano soprattutto terremoti intermedi, ed i punti neri zone di
attività sismica profonda.
Placche Litosferiche
L’interazione fra zolle può essere di tre tipi:
 Possono divergere rispetto alle dorsali medio – oceaniche

Possono collidere in corrispondenza dei margini dei continenti , caso in cui si verifica la subduzione di una
delle due zolle;

Possono scorrere lateralmente , nel qual caso l’attrito origina delle faglie trasformi.
I terremoti si verificano di solito in corrispondenza dei limiti fra zolle, soprattutto nelle zone di subduzione.
Placche Litosferiche: Velocità di espansione e di
convergenza
Numer i:Velocità relativa in cm /anno
Margini convergenti
Margini divergenti e/o trasformi
Il moto delle zolle fornisce valide prove
dell’esistenza della convenzione del
mantello.
Margini Continentali
Se i continenti sono blocchi che reagiscono passivamente alla convenzione astenosferica, allora
tutti gli attuali margini continentali devono essere gli orli delle fratture in corrispondenza delle
quali si separano gli originari supercontinenti.
Tali margini si formano o come margini distensivi o come margini trasformi.
Sulla base delle attuali conoscenze geologiche e geofisiche si possono schematizzare tre differenti
modelli di margini continentali:
1) Margine continentale passivo, o di distensione, o di tipo Atlantico;
2) Margine continentale trasforme, corrispondente a bruschi rigetti o deviazioni nella
spaccatura iniziale, in corrispondenza della quale si attuerà poi la separazione continentale;
3) Margine continentale attivo, detto anche di tipo Pacifico, soggetto prevalentemente a sforzi
compressivi ;
I margini passivi e trasformi circondano i bacini oceanici in espansione (Atlantico); essi sono
tettonicamente inattivi (no terremoti) e la sedimentazione avviene essenzialmente indisturbata.
I margini di tipo compressivo invece sono tettonicamente attivi e si trovano in quegli oceani,
come il Pacifico, che si stanno contraendo.
I margini attivi fanno parte di quei complessi strutturali della crosta che vanno sotto il nome di
SISTEMI ARCO –FOSSA.
Placche Litosferiche
Le associazioni litologiche tipiche della dinamica delle placche sono tre e sono quelle
che si formano in corrispondenza dei: margini divergenti e convergenti delle placche o
lungo i margini continentali passivi.
C: Margini convergenti
D:
Margini divergenti e
Relativa dorsale oceanica
Schema dei rapporti fra litosfera ed astenosfera
Placche Litosferiche
a) L’associazione petrotettonica tipica dei margini divergenti è la crosta oceancia cui
possono aggiungersi sedimenti pelagici (radiolariti, calcari micritici), torbiditi e lave
da hot spot. Queste rocce affiorano quando la litosfera oceanica viene obdotta,
sotto forma di scaglie. L’erosione, che segue il sollevamento isostatico, li fa poi
apparire nelle catene montuose come entità tettoniche separate (ofioliti).
b) Le associazioni tipiche dei margini convergenti sono quelli dei sistemi arco – fossa
(mèlanges, scisti blu, fasce metamorfiche appaiate, vulcanismo andesitico, ecc).
c) Associazione petrotettonica sedimentaria (red beds, evaporiti, carbonati) si
depone lungo i margini continentali passivi (asismici).
Margini Passivi e Margini Divergenti
Margini continentali passivi
Inarcamento
Stadi evolutivi
Golfo proto-oceanico
Sviluppo del prisma
sedimentario
Oceanico
Metamorfismo: Associazioni petrotettoniche
Margini continentali divergenti
Ubicazione :
Dorsali oceaniche
Associazioni petrotettoniche
Magmatismo
Crosta Oceanica e Ofioliti : es.regionali
Metamorfismo di fondo oceanico
Associazione
petrotettonica
Margini Continentali Passivi: Subsidenza
A. Subsidenza tettonica. Subsidenza da sforzi tensionali : è la risposta della
litosfera a sforzi tensionali , accompagnati da faglie listriche nella crosta
superiore fragile, e combinati con deformazioni duttili nella crosta inferiore
e nel mantello superiore. E’ il classico meccanismo che produce graben e
rift valleys.
B. Subsidenza da carico. Appesantimento gravitativo mediante sedimenti e/o
acqua: essa non può superare 2 – 3 volte la profondità iniziale dell’acqua,
per cui questo meccanismo non può spiegare da solo i grandi spessori delle
successioni sedimentarie continentali o di acqua bassa. Il ruolo principale
del carico è quello di amplificare la subsidenza causata da altri meccanismi
primari.
Margini Continentali Passivi: Subsidenza
C. Subsidenza termica.
a)Subsidenza isostatica da raffreddamento : questo meccanismo è applicabile
soprattutto ai margini continentali passivi e all’interno dei cratoni. Ad un iniziale
sollevamento della litosfera causato da espansione termica, consegue un
assottigliamento crostale dovuto a erosione superficiale; il successivo raffreddamento
produce una contrazione termica; cioè subsidenza. L’intero processo si svolge con
un’attenuazione esponenziale del tasso di subsidenza in funzione del tempo, secondo il
classico modello di Sclater.
Margini Continentali Passivi: Subsidenza
b) Subsidenza per aumento di «densità («oceanizzazione»): si attua come risposta ad
un aumento di densità della crosta inferiore a causa o dell’intrusione di ingenti volumi
di corpi basici o ultrabasicio di un evento termico che produce metamorfismo con
passaggio a facies granulititche ed eclogitiche.
Evoluzione di un margine Continentale Passivo e
Associazioni Petrotettoniche
STADIO DI INARCAMENTO INIZIALE:
formazione della rift valley
Vulcanesimo peralcalino
SOLLEVAMENTO E APERTURA (rifting)
ESPANSIONE (spreading)
STADIO DI GOLFO PROTOOCEANICO:
Assottigliamento continentale e
completa separazione
dell’originario continente
STADIO OCEANICO:
Subsidenza termica dei due
blocchi iniziali
DERIVA DEI MARGINI (drifting)
Evoluzione di un margine Continentale Passivo e
Associazioni Petrotettoniche
1°STADIO: sedimentazione di tipo continentale (red
beds: conglomerati di conoide pedemontana e
arenarie fluviali). Drenaggio delle acque meteoriche
centrifugo rispetto all’arco.
Vulcanesimo peralcalino.
SOLLEVAMENTO E APERTURA (rifting)
ESPANSIONE (spreading)
2°STADIO: la forte subsidenza in corrispondenza della
fossa centrale provoca il drenaggio centripeto delle
acque rispetto alla fossa. Deposizioni di estese e
potenti sequenze evaporitiche e superate le
condizioni di restrizione della circolazione delle acque,
nuovi cicli sedimentari di tipo carbonatico.
Vulcanesimo da alcalino a tholeiitico.
3°STADIO: formazione di nuova crosta oceanica e
sedimentazione pelagica.
Vulcanesimo alcalino ( Na); tholeiitico.
DERIVA DEI MARGINI (drifting)
Il prisma sedimentario che si forma giace
su crosta continentale – transizionale e
oceanica, coprendo quindi ambienti
geotettonici diversi.
Margini Passivi e Associazione Petrotettonica
I margini passivi sono caratterizzati da potenti successioni di depositi clastici e
carbonatici, prevalentemente da mare basso, costituenti prismi sedimentari. Il prisma
di sediementi ricopre una litosfera continentale, segmentato in zone di horst e graben,
e tende a progradare sulla litosfera oceanica appena formata.
Margini Passivi e Associazione Petrotettonica
La successione sedimentaria può raggiungere anche 14 Km di spessore e
accumularsi durante la fase iniziale di apertura e dopo la fase di rottura
continentale e la formazione di litosfera oceanica (fase di deriva). Le due fasi
sono separate da una discordanza «break up unconformity».
• I sedimenti di deriva posso essere sia carbonatici che clastici ma spesso sono
rappresentati da ambedue le litologie.
• I sedimenti di apertura sono clastici ed evaporiti (le evaporiti possono
depositarsi sia nella fase di apertura sia come parte basale della successione di
deriva).
L’ingente spessore dei sedimenti dei margini passivi, implica che tali margini
continentali siano sottoposti, dopo la fase di rottura e di separazione, ad una
intensa subsidenza.
Log statigrafici delle unità del Plateau Ibleo
Stratigraphic logs of the Hyblean foreland sequences.
Log statigrafico della Piattaforma Saccense
Stratigraphic logs of the Sciacca foreland sequences.
Evoluzione del cuneo deposizionale di un margine
Continentale Passivo
Basain evolution from a early rift stage and proto – gulf to b initial oceanic phase and c, d, e several stages on
passive continental margin. Note increase in shelf width (including coastal basin) and sediment thickness, as well as
onset of slope and continental rise deposition. Not to scale (crustal thicknesses seduced), tectonic and Yarborough
1976).
Log statigrafici delle unità della Piattaforma
Panormide
Stratigraphic logs of the Panormide units. The succession of the M. Quacella unit is characterized by a gap in the
Jurassic – Cretaceous interval and probably suffered deep erosion, as demostrated by the clasts resedimented in the
Imerese sequence.This is why this unit is thought to have been originally located on the edge of the platform. The
Mesozoic platforms are topped by siliciclastics grading upward into the Numidian Flysch.
Margine Passivo  Divergente
Comparazione petrotettonica in margini passivi maturi (tipo ATLANTICO – A) e
immaturi (tipo MAR ROSSO – B).
Generalized cross-section across the western Atlantic (after Dewey and Bird, 1970).
Margine Passivo  Divergente
Comparazione petrotettonica in margini passivi maturi (tipo ATLANTICO – A) e
immaturi (tipo MAR ROSSO – B).
Schematic cross-section in central Red Sea (after Geunnoe and Thisse, 1982)
Margini Passivi maturi
Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970)
I margini passivi dell’Atlantico derivano da un rifting intercontinentale che ha prodotto
lateralmente due successioni equivalenti. Tali margini sono caratterizzati da 3 elementi
fisiografico – tettonici:
• Shelf
• Rise
• Abyssal Plain
Margini Passivi maturi
Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970)
La sequenza di Shelf (8 – 18 Km di sedimenti Mesozoici e Terziari) è rappresentato da
una potente successione carbonatica e clastica (fase di post breaking) giacente su
evaporiti cui seguono red bed e fasi alluvionali della fase iniziale di rift (early rift stage).
Margini Passivi maturi
Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970)
• La sequenza di Rise è caratterizzata da sedimenti pelagici che fanno transizione a
sedimenti torbiditici (lo sequenza giace ora su crosta transizionale ora su crosta
oceanica).
Margini Passivi maturi
Sezione schematica attraverso l’Atlantico occidenatale (Dewey & Bird, 1970)
• La sequenza di Piana Abissale è caratterizzata da calcari micritici e sedimenti silicei
poggianti esclusivamente su crosta oceanica.
Margini Passivi immaturi
Mar Rosso Centrale
Schematic cross – section in central Red Sea (after Geunnoc and Thisse, 1982
Il Mar Rosso rappresenta il migliore esempio di bacino giovane o immaturo associato
con la fase iniziale di spreading oceanico e formazione precoce di un rise oceanico.
Margini Passivi immaturi
 La fase di pre rift è caratterizzata da emissioni di basalti olivinici
alcalini sui margini etiopico e arabico (Eocene sup. – Oligocene)
 La fase di rift è caratterizzata da evaporiti, fasi alluvionali e
vulcaniti (Miocene sup – Pliocene medio)
 La fase oceanica è iniziata 4 Ma fa con la formazione di crosta
oceanica lungo l’asse del rift e depositi marini,oozes (Plio –
Quaternari)
Velocità di espansione dei margini Divergenti
Mac-Donald, 1982
Profili Batimetrici ad alta risoluzione di dorsali oceaniche a velocità di espansione alta,
intermedia e bassa. EPR, Rialzo del Pacifico Orientale; MAR, Dorsale Medio-Atlantica.
Le V indicano le zone neovulcaniche, le F le zone di fessurazione, le P le faglie attive.
Metamorfismo nei margini passivi
Nei margini continentali passivi non vi è disturbo del normale regime
P–T
In questi “ambienti tettonici” il fattore metamorfico più importante è rappresentato
dalla ricristallizzazione dovuta all’aumento di P e T per il progressivo seppellimento.
Pressione: aumenta con la profondità ad un tasso di circa 30 Mpa/Km;ciò è dovuto in
gran parte al carico litostatico, ma in alcune regioni anche a forze tettoniche.
Temperatura: aumenta con un valore medio di circa 25°C/Km (gradiente geotermico).
L’aumento della P con la profondità determina un rapido incremento della
incomprimibilità, della rigidità e della densità nei primi 5 Km più alti, via via che i pori e
le fratture vengono chiusi.
Da questo momento in poi l’aumento di questi parametri con la Pressione è bilanciato
dalla diminuzione dell’espansione termica, a sua volta legata all’aumento di
Temperatura.
La zoneografia metamorfica risultante è funzione della composizione sialica della
crosta continentale del margine passivo.
Comparazione tra Crosta Oceanica e Crosta
Continentale
Andamento della Moho della Penisola Italiana
Andamento della Moho in corrispondenza della penisola e mari italiani e delle Alpi. Le linee uniscono i punti di ugual profondità
(in Km sotto il livello del mare) della discontinuità (da Giese e Morelli in: Autori Vari, “Structural Model of Italy”).
Velocità di raffreddamento della Placca Oceanica
Le dorsali oceaniche segnano il limite di divergenza delle placche. Magma e Mantello
risalgono tra le placche che si separano dando origine a nuova litosfera oceanica.
Sezione schematica di un fondo oceanico attraverso una dorsale in espansione.
L’associazione petrotettonica tipica dei margini divergenti è la crosta oceanica, avente
uno spessore medio di 6 – 7 Km, sotto uno spessore medio di acqua di 4,5 Km, e si
compone di 3 strati principali (ulteriormente suddivisibili in sub-strati) denominati:
S₁ : Strato sedimentario;
S₂ : Basamento o strato vulcanico;
S₃ : Strato oceanico
Petrologia e struttura di velocità della Crosta
Oceanica
Composizione
Struttura di velocità
delle onde P
Struttura della crosta oceanica:
• Velocità media delle onde P
• Spessore medio
Composizione della Crosta Oceanica
STRATO 1
Sedimentary successions developing during sea – floor spreading and subsidence of oceanic crust (after Berger and Winterer 1974)
Strato oceanico 1: Man mano che la crosta oceanica si espande lateralmente riceve vari tipi di
sedimenti in rapporto alla distanza dalla dorsale ed alla profondità della CCD. I materiali alla
superficie dello strato 1, abbondantemente campionati con carotaggi e perforazioni,
comprendono depositi non consolidati di sedimenti terrigeni trasportati negli oceani profondi
dalle correnti di torbida e depositi pelagici (argille brune con zeoliti, fanghi organogeni calcarei
e silicei e noduli di manganese) frequentemente ridistribuiti ad opera di correnti di fondo
(isobatiti o contourites) e che sono regolate per la maggior parte da anomalie di temperatura
e salinità nelle masse d’acqua. Lo strato 1 è spesso in media 0,4 Km. Si ispessisce
progressivamente via via che si allontana dalle dorsali oceaniche, dove è sottile o assente.
Composizione della Crosta Oceanica
Strato oceanico 2: Ha spessore variabile da 1,0 a 2,5 Km. Ugualmente variabile è la sua
velocità sismica nell’ambito 3.5 – 6.2 Km s¯¹. quest’ambito sembra attribuibile o a
sedimenti consolidati o a materiale igneo effusivo. Campionature e ….delle creste delle
dorsali oceaniche, libere da sedimento, e il fatto che le rocce sono altamente
magnetiche, provano in modo inconfutabile l’origine ignea dello strato 2.
Sezione trasversale schematica della struttura della
crosta e del mantello superiore sotto la regione di
cresta di una dorsale medio -oceanica. La forma della
camera magmatica è basata sul modello di riflessione
sismica di Detrick et al. (1987) (secondo Bott. 1982a)
I basalti hanno composizione olivin – tholeitica con Plagioclasio Ca e sono poveri di Na
ed elementi imcopatibili.
Stato oceanico 3: è il componente principale della crosta oceanica e ne costituisce la
base intrusiva o plutonica a predominanza di Gabbro.
Composizione della Crosta Oceanica
I modelli della stratigrafia delle placche (plate stratigraphy) richiedono
che il sedimento a contatto con il fondo oceanico appena formato sia,
attualmente, il fango carbonatico pelagico; questo perché le dorsali
medio – oceaniche, profonde 2.500 – 2.700 m, si trovano ben al di
sopra della CCD. A diretto contatto con la crosta basaltica non ci sono i
carbonati pelagici, ma i cosiddetti active ridge sediments, depositi
metalliferi ferro – manganesiferi di color rosso, bruno o nero, cui si
associano altri metalli quali Cu, Pb, Zn, Ni, Co, V, Cd, U, Hg, i quali sono
generalmente interpretati come il prodotto di esalazioni idrotermali
sottomarine nei pressi della cresta della dorsale.
Dorsali Oceaniche: Circolazione idrotermale e
matallogenesi
Secondo il modello proposto da Bonatti,
l’acqua marina penetra nelle fratture di
neoformazione a una certa distanza dalla
dorsale e reagisce con i sottostanti basalti
caldi (e intrusi da diabasi) estraendo Ca²⁺,
Fe²⁺, Ma²⁺ e S. Ritornando in superficie in
sorgenti idrotermali l’acqua depone solfuri,
ossidi e idrossidi di Fe e Mn.
La successione stratigrafica che ne risulta è
determinata dall’espansione della crosta
oceanica e dalla sua progressiva subsidenza
mano a mano che si allontana dalla zona
calda della dorsale. Durante questa
subsidenza, la crosta attraversa i vari livelli
della massa oceanica che controllano tipo,
quantità, preservazione o dissoluzione dei
sedimenti pelagici.
Circolazione idrotermale e matallogenesi, sulla cresta delle
dorsali oceaniche (Bonatti, 1975)
Velocità di espansione delle Dorsali Oceaniche
Su dorsali in espansione, che
tipicamente si innalzano fino a circa
2.700 m dalla superficie marina, i
sedimenti direttamente al di sopra dei
basalti
tendono
ad
essere
frequentemente
caratterizzati
da
smectite derivata
dall’alterazione
chimica dei basalti. Essi sono
tipicamente arricchiti in metalli, in
particolare ferro e manganese.
C’è
una
diffusa
litificazione
sottomarina ad opera di calcite
magnesiaca, localmente ristagno dio
acqua e processi di rideposizione che
danno origine a torbidi pelagiche. La
distribuzione areale dei sedimenti
pertanto varia a seconda che la dorsale
sia del tipo a rapida o a lenta
espansione.
Da Jenkyns, 1978
Velocità di espansione delle Dorsali Oceaniche
I sedimenti silicei dei bacini oceanici sono composti quasi intermente da resti
di diatomee planctoniche, silicoflagellati e radiolari, che secernono scheletri
silicei costituiti da silice opalina relativamente solubile. Le più alte
concentrazioni si hanno nella zona peri – antartica, dove i sedimenti sono
abbondantemente diatomacei, mentre scheletri di radiolari predominano nel
Pacifico equatoriale. In certi regimi emipelagici, dove c’è risalita di acque
ricche in nutrienti, vi possono essere concentrazioni di sedimenti fosfatici.
Log stratigrafici delle Unità Ionidi
Margini Divergenti e serie magmatiche
Dorsali oceaniche e isole oceaniche
Le diverse serie magmatiche dipendono dalla natura della sorgente solida dalla cui
fusione parziale i diversi magmi primari si formano.
Comunemente la sorgente solida è localizzata nel mantello terrestre, dove la roccia
dominante è una periodotite.
L’energia termica necessaria per la fusione parziale può derivare da diversi processi. Il
più frequente e importante è rappresentato dalla risalita di materiale profondo,
trasportato verso l’alto dalle correnti convettive del mantello o dalle “piume”
(decomposizione adiabatica).
Margini Divergenti e serie magmatiche
Dorsali oceaniche e isole oceaniche
• Dorsale oceanica (MORB) : risalita di magmi tholeiitici abissali fino a basalti alluminosi
(più raramente basalti transizionali, rare peridotiti – serpentiniti);
• Isole oceaniche (OIB): (intraplacche) magmi tholeiitici e magmi di serie alcalisodica
(raramente sodico – potassica).
Metamorfismo di fondo Oceanico
Sezione trasversale schematica della struttura della crosta
e del mantello superiore sotto la regione di cresta di una
dorsale medio – oceanica.
Il metamorfismo di fondo oceanico si sviluppa in prossimità delle dorsali oceaniche per
effetto dell’alto flusso di colore ivi esistente e dell’interazione acqua – roccia sul fondo
oceanico.
Modello schematico del metamorfismo idrotermale della
crosta oceanica in corrispondenza di un centro di
espansione.
Metamorfismo di fondo Oceanico
Questo tipo di metamorfismo è dovuto a circolazione idrotermale di acqua di mare
entro la crosta oceanica ad opera di flusso convettivo.
La circolazione modifica la chimica della crosta oceanica e di conseguenza condiziona la
reazione chimica tra litosfera e astenosfera nel tempo geologico, grazie al riciclo di
litosfera che si ha nelle zone di subduzione.
 Il metamorfismo idroternale delle lave a cuscino e di altri prodotti effusivi da origine
ad associazioni di facies di bassa temperatura (<230°C) e a scisti verdi. La distribuzione
dell’alterazione è molto irregolare e controllata dalla fessurazione localizzata dalle
rocce effusive.
 Il metamorfismo di alta temperatura è diffuso all’interno del complesso di dicchi
tabulari e produce associazioni tipiche delle facies ad actinolite. Le temperature
metamorfiche più alte si raggiungono alla base del complesso tabulare di dicchi e nella
parte superiore della sezione a gabbri. Il metamorfismo di alta temperatura si ha
soltanto in prossimità del centro di espansione.
Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici
Schematizzazione dei processi più importanti legati
alla circolazione termoconvettiva dell’acqua nelle
rocce dei fondi oceanici.
Gli effetti più importanti collegati alle varie fasi della circolazione convettiva dell’acqua
marina in seno alle rocce sono:
1) Modificazioni compositive dei basalti e delle plutoniti sottostanti (aumento di H₂O,
CO₂, Mg, Fe₂O₃/FeO);
2) Idratazione del vetro dei basalti, con sostituzione da parte di minerali argillosi
(smectite, montmorilloniti);
3) Formazione di depositi selciferi, ad opera di SiO₂ liberata da reazioni di
trasformazione dei basalti (i depositi selciferi sono una componente caratteristica
delle sequenze ofiolitiche);
Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici
Schematizzazione dei processi più importanti legati
alla circolazione termoconvettiva dell’acqua nelle
rocce dei fondi oceanici.
4) Cristallizzazione di calcite e di solfuti;
5) Serpentinizzazione delle rocce peridotitiche;
6) Concentrazioni anomale di V, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Zn, Ag, Au nei sedimenti
soprastanti
7) Cristallizzazione di associazioni mineralogiche tipiche della facies zeolitica, e in
profondità anche della facies degli scisti verdi.
Serie Metamorfiche dei fondi Oceanici
Questo tipo di metamorfismo ha una importante componente
METASOMATICA, ma le trasformazioni allochimiche non interessano
omogeneamente tutto il corpo roccioso, ma solo le parti che hanno
potuto subire l’interazione chimico – fisica con l’acqua oceanica.
Poiché la dorsale si espande in continuazione, la litosfera oceanica si
allontana lateralmente dalla sorgente di calore e subisce un
Metamorfismo retrogrado.
Associazioni Petrotettoniche: Margine Divergente
Modello della plate stratigraphy (stratigrafia delle placche). Man mano che la crosta oceanica si espande lateralmente riceve vari
tipi di sedimenti in rapporto alla distanza dalla dorsale e alla profondità. CCD = profondità do cpmpensazione dei carboanti;
1 = sedimenti siliceo – argillosi (fanghi a Radiolari, argillosa); 2= sedimenti carbonatici (melma a Globigerine e altri organismi
planctonici) , 3= sedimenti ferro – manganesifori, associati al vulcanesimo della dorsale.
Associazioni Petrotettoniche: Margine Divergente
Risulta dunque che molte sequenze ofiolitiche del passato sono troppo sottili rispetto
alla crosta oceanica degli attuali fondi oceanici. Si sa dagli studi geofisici che lo
spessore della litosfera aumenta con l’età, cioè con la distanza dalla zona di
espansione. Quindi una crosta sottile (2 – 3 Km) è da aspettarsi in um mare di modeste
dimensioni (400 – 500 Km) e giovane (30 – 40 Ma), quali potrebbero essere un piccolo
oceano o un bacino marginale retroarco.
È certo che la vicinanza dei bacini marginali agli archi insulari ad alle zone di
subduzione li colloca in una posizione assai favorevole per essere incorporati nelle
catene montuose. Se nelle aree di subduzione pre – cenozoiche sono esistiti dei bacini
marginali, ci si dovrebbe aspettare di trovare le loro testimonianze nelle zone
orogeniche. Naturalmente non c’è ragione di ritenere che tutte le sequenze ofiolitiche
si siano formate in bacini marginali, ma l’ipotesi può spiegare il troppo esiguo spessore
di molte ofioliti, come ad esempio quelle della regione mediterranea e della California.
Le ofioliti di Oman, della Nuova Guinea e di Terranova potrebbero invece
rappresentare fondi oceanici di più ampie proporzioni.
Ofioliti e Crosta Oceanica
Sequenza ofiolitica
Crosta oceanica
Una sequenza ofiolitica è un frammento di crosta oceanica trasferita su terraferma dal
processo dell’obduzione.
Queste si trovano di solito in catene montuose di collisione e il fatto che siano
associate a sedimenti di mare profondo, basalti, gabbri e rocce ultrabasiche ci fa
ritenere cha abbiano avuto origine come la litosfera oceanica.
Ofioliti e Crosta Oceanica
Analogie
e
Diversità
Chimico - fisiche
 Somiglianza della composizione chimica;
 Grado di metamorfismo equivalente ai
gradienti dei Centri di espansione;
 Minerali metallici simili;
 Sedimenti formati in acque profonde;
 Struttura di velocità sismiche.
 Spessori
generalmente
troppo esigui rispetto alla
crosta oceanica.
Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie
Fisico-Chimiche
Da Keazey & Frederick (1994)
Confronto tra struttura crostale oceanica e i complessi ofiolitici di:
A – OMAN; B – TERRANOVA (CANADA); C – CIPRO.
Il confronto tra struttura di velocità della litosfera oceanica con le velocità sismiche
misurate in campioni provenienti dal complesso ofiolitico di Bay of Islands, evidenzia
che le stratigrafie di velocità ottenute sono identiche.
Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie
Fisico-Chimiche
Una sequenza ofiolitica tipica è un frammento di
un’antica litosfera oceanica trasferita su terraferma
da vari processi tettonici. Essa comprende crosta
oceanica e parte del mantello sottostante, separati
dalla Moho.
Comparazione di vari complessi ofiolitici con la crosta oceanica media.
Dun. = dunite ,
Trond. Trondhjenite
(da Coleman, 1971).
Ofioliti e Crosta Oceanica: Analogie
Fisico-Chimiche
Una sequenza ofiolitica esposta in affioramento nell’Isola
d’Elba. In alto la sezione geologica rilevata lungo il
tracciato indicato nella carta a sinistra. Sul lato destro è
rappresentata la colonna stratigrafica relativa alla stessa
sezione. I contatti tra serpentiniti, gabbri e basalti sono di
natura tettonica. (da T. J. Barrett, “Ofioliti”, v. 7, n.l,
1982).
Margini Convergenti & Margini Trasformi
Margini Convergenti : Classi :
Margini di subduzione e Margini collisionali
Fossa: morfologia
Associazione petrotettonica
Associazione
Zona di subduzione: Prisma di accrezione
petrotettonica
Sistema Arco – fossa
Intervallo Arco – fossa: Bacino di Avanarco
Collocazione
e associazione
petrotettonica
Arco Magmatico: Attività vulcanica e plutonica
Associazione
petrotettonica
Bacini marginali o di retroarco: Collocazione
Metamorfismo dei Margini Convergenti : Associazioni petrotettoniche
Margini Trasformi
Collocazione
Associazioni petrotettoniche
Associazione
petrotettonica
Margini Convergenti e Associazioni
Petrotettoniche
Magmatismo e metamorfismo in una zona di subduzione.
I margini convergenti sono i luoghi dove si attuano le tettogenesi e l’orogenesi. Le masse
rocciose delle catene montuose comprendono le varie associazioni petrotettoniche, ma
mentre quella del sistema arco – fossa è indigena (si forma cioè nella stessa zona in cui si
attua il raccorciamento crostale), le altre invece vi sono state portate.
La giustapposizione di associazioni petrotettoniche originariamente separate può avvenire
mediante consumazione dei bacini oceanici intermedi. Quindi, nell’ambito di una catena
montuosa, la distribuzione geografica della varie associazioni petrotettoniche non riflette
necessariamente la loro posizione relativa al tempo in cui si formarono.
Margini Convergenti
Margini tra due zolle i cui
movimenti relativi sono orientati
normalmente alla loro direzione
e convergono verso la loro
interfaccia.
Sono state distinte due classi:
1. Margini di subduzione;
2. Margini collisionali
Cross – sections through 3 types of orogen associated with
subduction, A. Intra – oceanic type; B, Continent – ocean type; C,
continent – continent collision (after Scholl, von Huene et al., 1980).
Margini Convergenti
Cross – sections through 3 types of orogen
associated with subduction, A. Intra – oceanic
type; B, Continent – ocean type; C, continent –
continent collision (after Scholl, von Huene et
al., 1980).
1) Margini di subduzione: la zolla subdotta è costituita da litosfera oceanica
(subduzione di tipo B; Marianne e Ande)
 1a) margine di tipo Marianne: ambedue le zolle sono costituite da litosfera
oceanica.
E’ caratterizzato da una fossa oceanica profonda e da un arco vulcanico.
 1b) margine di tipo Ande: la zolla soprastante consiste di litosfera
continentale, quella in subduzione è oceanica.
È caratterizzato da una fossa e da un arco magmatico continentale.
Margini Convergenti
Cross – sections through 3 types of orogen
associated with subduction, A. Intra – oceanic
type; B, Continent – ocean type; C, continent –
continent collision (after Scholl, von Huene et
al., 1980).
2) Margini collisionali: in essi è invece la litosfera continentale ad essere subdotta
(subduzione di tipo A) (margini di tipo Alpino-Himalayano e di tipo Taiwan)
 2a) margini di tipo Alpino – Himalayano: ambedue le zolle sono di litosfera
continentale. La “subduzione” è ostacolata dalle proprietà di galleggiamento
delle stesse zolle. L’area collisionale è caratterizzata da estrema deformazione,
sviluppo di catene montuose e da sovrascorrimenti.
 2b) margini di tipo Taiwan: la zolla sovrastante è costituita da litosfera
oceanica mentre quella in sottoscorrimento è rappresentata da litosfera
continentale; la tendenza alla subduzione della litosfera continentale è
contrastata dalle forze di galleggiamento ed il sistema si caratterizza per la
formazione di una zona di notevole raccorciamento.
Margini Convergenti
Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori).
I sistemi arco – fossa sono la tipica espressione geologica della subduzione, fenomeno
per cui le placche convergono ed una di esse sprofonda nell’astenosfera.
Margini Convergenti
Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori).
I sistemi arco – fossa comprendono cinque elementi morfotettonici principali:
1) La fossa (trench): pavimentata da crosta oceanica;
2) La zona di subduzione: situata sotto la parte interna della fossa;
3) L’intervallo arco – fossa: che fa raccordo tra la zona di subduzione e l’arco
magmatico ed in cui si sviluppa un bacino sedimentario (fore – arc basin);
Margini Convergenti
Sezione schematica attraverso un sistema arco – fossa con presenza di bacino marginale (da vari Autori).
4) L’arco magmatico s.s. : che può essere diviso da bacini intra – arco;
5) L’area retroarco (back-arc area): in cui può esistere un bacino marginale o bacino
retroarco o più bacini interarco, variamente attivi, separati da archi magmatici
fossili (remnant arcs). L’area di retroarco può essere impostata sia su crosta
oceanica che su crosta continentale.
Margini Convergenti
La sedimentazione nei vari elementi del sistema è
contemporanea con vulcanesimo ed il plutonismo dell’arco
magmatico e col metamorfismo della relativa fredda zona di
subduzione e delle calde radici dell’arco. Anche l’attività tettonica
è singenetica con la sedimentazione.
Margini Convergenti: sistema arco - fossa
1) Fossa Oceanica (trench): morfologia e associazione petrotettonica
Le fosse oceaniche (trench) sono la manifestazione del sottoscorrimento di litosfera
oceanica e si formano sul lato verso mare degli archi insulari e delle catene montuose di
tipo andino.
Costituiscono le più grandi depressioni lineari della superficie terrestre e sono eccezionali
per profondità e continuità.
• Le fosse, generalmente larghe 50 – 100 Km, hanno forma a «V» asimmetrica in sezione,
con lato più ripido sul lato opposto all’oceano sottoscorrente. Sono associate a enormi
anomalie negative di gravità dovute allo spostamento verso il basso della litosfera, per cui il
materiale del mantello viene sostituito da acqua marina e da sedimenti di bassa densità.
Margini Convergenti: sistema arco - fossa
Il sedimento può venire deformato dal sottoscorrimento formando il prisma di
accrezione.
Le fosse del Pacifico occidentale fiancheggiano archi insulari intraoceanici e sono prive
di forti accumuli sedimentari, quelle del pacifico orientale bordano direttamente il
continente americano e contengono una sequenza sedimentaria potente costituita da
due unità:
 Quella superiore è un corpo sedimentario cuneiforme costituito da torbiditi
terrigene che si assottigliano progressivamente verso l’oceano.
 Quella inferiore è invece costituita da sedimenti emipelagici che passano
lateralmente a pelagiti tipiche.
Margini Convergenti: sistema arco - fossa
2) Zona di subduzione: prisma di accrezione
Associazioni petrotettoniche
Il prisma di accrezione si forma sulla parte interna di una fossa oceanica e si sviluppa
quando le torbiditi che riempiono la fossa (flysch), e talvolta anche i sedimenti pelagici
e la crosta oceanica, vengono raschiati via dalla placca oceanica discendente ad opera
del bordo trainante della placca sovrascorrente, cui vanno ad aggiungersi.
Pertanto, la struttura interna del prisma accrezionale è costituita da una serie di piani
di accavallamento listrici, disposti ad embrici e immergenti verso l’arco. La geometria è
data da una serie di pacchi di strati a forma di cuneo, all’interno dei quali si sviluppano
pieghe complesse vergenti verso la fossa.
Margini Convergenti: sistema arco - fossa
Via via che la subduzione continua, i cunei di accavallamento, o embrici, più antichi
vengono gradualmente spostati verso l’alto e fatti ruotare in direzione dell’arco dai
nuovi cunei che si aggiungono alla base del prisma. I cunei più vecchi, di conseguenza,
assumono col tempo una inclinazione più pronunciata.
Questo meccanismo concorda con osservazioni fatte su antichi complessi di
subduzione, in cui l’età dei sedimenti e il grado metamorfico di subduzione dalla fossa
verso l’arco e le principali faglie di accavallamento immergono verso l’arco. Le rocce più
antiche, di alto grado, sono strutturalmente più elevate (possono essersi formate a
profondità anche di 30 Km) e possono trovarsi accostate a rocce molto più recenti e di
grado metamorfico più basso.
Margini Convergenti: Prisma di accrezione
Prisma di accrezione del Shimanto Belt, SE Giappone
Margini Convergenti: Prisma di accrezione
I materiali che vanno a costituire la zona di subduzione comprendono non solo le
torbiditi “indigene” della fossa, ma anche torbiditi e pelagiti (argille e radiolariti)
depositatesi originariamente su estese aree del fondo ocenico, estranee al sistema arco
– fossa in cui sono incorporate.
Il materiale che costituisce il prisma accrezionale è ritenuto un complesso di mèlange
comprendente frammenti ofiolitici.
Margini Convergenti
3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche.
b) Stadio incipiente di
formazione del bacino di
avanarco
c) Bacino di avanarco
completo
Sequenza idealizzata dell’evoluzione del prisma d’accrezione.
Margini Convergenti: Bacini pensili
3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche.
Sequenza idealizzata dell’evoluzione del prisma d’accrezione.
d) Sezione schematica, con esagerazione verticale, di un cuneo accrezionale. Le aree in
giallo indicano i sedimenti deposti in bacini di scarpata, o pensili, e successivamente
deformati.
Margini Convergenti
3) Bacino di avanarco (fore – arc basin). Collocazione e associazioni petrotettoniche.
Durante la deformazione del prisma accrezionale si può formare un bacino di avanarco
tra la fossa e l’arco insulare, in un avvallamento prodottosi perché il sedimento non
riesce a bilanciare lo sviluppo del bacino. Il bacino di avanarco copre gli “embrici” più
antichi del cuneo di accrezione; inoltre sopra i cunei si possono formare sacche di
sedimento: bacini pensili.
L’associazione litologica dei bacini di avanarco è caratterizzata da sedimenti terrigeni
silicoclastici (flysch) con addizzionamenti di abbondante frazione vulcanologica
calcalcalina (andesiti).
Margini Convergenti
4) Arco magmatico. Attività vulcanica e plutonica.
a – fase iniziale dello sviluppo di un
arco insulare
b – fase più tardiva
Dove la litosfera oceanica in subduzione raggiunge una profondità >80 Km, l’attività
vulcanica e plutonica forma in superficie un arco insulare a una distanza di 150 – 200
dall’asse della fossa.
 Gli archi insulari relativamente giovani hanno una struttura semplice e giacciono su
una crosta di meno di 20 Km di spessore (arco Tonga – Kermadec, Nuove Ebridi,
Aleutine, Piccole Antille).
Margini Convergenti
4) Arco magmatico. Attività vulcanica e plutonica.
 Gli archi insulari maturi, più antichi, sono più complessi in quanto si sono accresciuti
su generazioni precedenti di prodotti del margine della placca subducente. La crosta
sottostante è in genere più spessa, da 20 a 35 Km (archi del Giappone e dell’Indonesia).
Negli archi insulari maturi si trovano rocce plutoniche che rappresentano i residui di
camere magmatiche cristallizzatesi in profondità.
In genere hanno composizione granodioritica e presentano variazioni simili alle rocce
vulcaniche.
Margini Convergenti
Arco magmatico. Associazioni petrotettoniche
Nell’ambiente di arco insulare si rinvengono tre serie di rocce vulcaniche:
1) La serie tholeiitica a basso contenuto in K, dominata da lave basaltiche associate a
quantità minori di andesiti basaltiche e andesiti. Questa serie caratterizza gli archi
recenti, ed è stata interpretata come prodotto della cristallizzazione frazionata di
un magma primario olivin – tholeiitico con origine a livelli relativamente poco
profondi (80 – 120 Km);
2) La serie calcalcalina, dominata da andesiti ricche in K. Negli orogeni di tipo andino
sono più abbondanti daciti e rioliti;
3) La serie alcalina, che comprende i sottogruppi dei: basalti alcalini e delle lave
shoshonitiche.
Margini Convergenti
Arco magmatico. Associazioni petrotettoniche
Margine di tipo
Marianne
Margine di tipo
Andino
Margini di subduzione
Le serie 2 e 3 si trovano in archi più maturi e si pensa derivino da margini generati a
profondità sempre maggiori.
Log stratigrafici: Unità Tetidee
Margini Convergenti
5) Bacini marginali o di retroarco. Collocazione e associazioni petrotettoniche.
Schema morfologico generale di una zona di subduzione oceanica.
 I bacini di retroarco (back – arc basin) sono piccoli bacini oceanici che si trovano sul
lato interno di un arco insulare, e sono delimitati, sul lato opposto all’arco, da una
dorsale di retroarco (arco residuo).
Margini Convergenti
5) Bacini marginali o di retroarco. Collocazione e associazioni petrotettoniche.
 La crosta sotto i bacini marginali
ha composizione analoga a quella
dei bacini oceanici, anche se
talvolta lo strato 1 è più spesso di
quanto ci si aspetterebbe in un
bacino piccolo e chiuso.
 Associazione petrotettonica: il
fatto che la crosta sottostante i
bacini marginali sia di natura
oceanica implica che venga
generata in maniera analoga a
quella delle dorsali aceaniche.
Metamorfismo nei Margini Convergenti
Le anomali condizioni termiche e di pressione associate alle zone di subduzione danno
origine a sequenze particolari di rocce metamorfiche la cui disposizione dipende dalla
direzione del sottoscorrimento.
Modello per interpretare margini di placca convergenti, applicato al Giappone Sud – occidentale MTL, Linea
Tettonica Mediana (ridisegnato da Barber 1982, con permesso di riproduzione della Geologists Association).
Metamorfismo nei Margini Convergenti
La discesa rapida di litosfera oceanica relativamente fredda nelle fosse oceaniche fino a
profondità di circa 30 Km ha come risultato un gradiente geometrico eccezionalmente
basso, di circa 10°C km¯¹. Le alte pressioni e basse temperature di questo ambiente
danno origine a un complesso metamorfico caratterizzato dalla presenza di glaucofane
e giadeite, indicative della facies a scisti blu quasi ovunque associati a sequenze
ofiolitiche (Ernst, 1973). La risalita di magmi generata dalla fusione del mantello
indotta dalla perdita d’acqua da origine a gradienti geotermici eccezionalmente alti, da
oltre 25°C km¯¹ fino a circa 50°C km¯¹.
Metamorfismo nei Margini Convergenti
Si forma quindi un secondo complesso metamorfico associato al vulcanesimo di
superficie, caratterizzato da minerali come l’andalusite che si generano ad alte
temperature e basse pressioni. Le zone di subduzione contengono fasce metamorfiche
appaiate (Miyashiro, 1972): una esterna di alta pressione e bassa temperatura, sul lato
verso l’oceano, e una fascia parallela di bassa pressione e alta temperatura di età
analoga associata all’arco insulare, a una distanza tipica di 100 – 250 km dall’altra.
Margini convergenti : sistema Arco – Fossa
Metamorfismo
Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti
l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione
ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico
Calcolo teorico della struttura termica in
corrispondenza di un margine convergente,
tenendo in conto il riscaldamento da attrito; Il
grisè indica la zona di transizione olivina –
spinello.
Margini convergenti : sistema Arco – Fossa
Metamorfismo
ANDAMENTO DELLE ISOTERME NEI SISTEMI ARCO – FOSSA
Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti
l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione
ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico
Calcolo teorico della struttura termica in
corrispondenza di un margine convergente,
tenendo in conto il riscaldamento da attrito; Il
grisè indica la zona di transizione olivina –
spinello.
Un calcolo teorico della struttura termica in una zona di subduzione mostra che in
corrispondenza della fossa e del Piano di Benioff esiste una stretta fascia caratterizzata
da condizioni di BT e AP. Il margine continentale invece presenta moderata P e AT.
Margini convergenti : sistema Arco – Fossa
Metamorfismo
Modello tettonico generalizzato di un sistema arco – fossa. Si noti
l’inflessione delle isoterme in corrispondenza della zona di subduzione
ed il loro inarcamento in corrispondenza dell’arco magmatico
Calcolo teorico della struttura termica in corrispondenza di
un margine convergente, tenendo in conto il riscaldamento
da attrito; Il grisè indica la zona di transizione olivina –
spinello.
Le isoterme si innalzano sensibilmente in corrispondenza del margine continentale dove
esiste alto flusso di calore ed attività magmatica calco – alcalina. Dove invece le placche
convergono le isoterme si abbassano nella placca subdotta poiché essa è ralativamente
fredda in rapporto al substrato astenosferico in cui discende. Mentre l’incremento di P che
accompagna la subduzione è istantaneo, la T invece aumenta molto lentamente in relazione
allo sprofondamento della placca, poiché le rocce sono buoni isolanti.
I margini continentali attivi sono sede di metamorfismo intenso e diffuso che avviene anche
a notevole profondità.
Distribuzione delle isoterme nei Margini
Convergenti
Distribuzione della temperatura in una zona di collisione con subduzione, ad
uno stadio relativamente precoce del recupero delle isoterme.
Andamento delle isoterme in
una zona di collisione con
subduzione di crosta oceanica, in
uno stadio nel quale il recupero
delle
isoterme
(cioè
il
riscaldamento delle porzioni
subdotte) è in atto, ma in stadio
non avanzato. Poiché il processo
di subduzione è molto più veloce
del recupero delle isoterme, la
placca in subduzione rimane
fredda
per
un
tempo
significativamente lungo, ed i
suoi complessi rocciosi possono
subire
metamorfismo
di
seppellimento.
Margini Covergenti: Facies metamorfiche
In questo ambiente i basalti
oceanici si trovano in condizioni
anidre: possono quindi subire
metamorfismo eclogitico. In
corrispondenza della placca
soprastante si ha innalzamento
ed infittimento delle isoterme,
per
cui
si
raggiungono
temperature elevate già nella
crosta medio – superiore con
metamorfismo regionale di vario
gradiente termico fino a parziale
fusione dei materiali pelitico –
arenitici saturi d’acqua.
Distribuzione delle facies metamorfiche in una zona di collisione con subduzione,
ad uno stadio relativamente precoce del recupero delle isoterme. 1 : facies delle
zeoliti; 2 e 3 : facies degli scisti verdi, rispettivamente di bassa ed alta
temperatura; 4 : facies delle anfiboliti; 5 : facies delle granuliti; 6 : facies delle
eclogiti; 7 : facies degli scisti blu (tratta de Ernst, 1976).
Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche
metamorfiche
Metamorfismo di bassa pressione
Metamorfismo di profondità
Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971.
Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche
metamorfiche
Metamorfismo di bassa pressione
Metamorfismo di profondità
In molte catene montuose, le
rocce soggette a metamorfismo
formano una coppia di zone
metamorfiche con caratteristiche
contrastanti. Una coppia è
composta
di
una
fascia
metamorfica di alta P (scisti e
glaucofane), associata a rocce
basiche e ultrabasiche (ofioliti), e
di una fascia metamorfica di bassa
P (con andalusite), accompagnata
da rocce granitiche, andesitiche
e/o riolitiche.
Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica
caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971.
Margini collisionali: Associazioni petrotettoniche
metamorfiche
Metamorfismo di bassa pressione
Metamorfismo di profondità
Un modello di tettonica a placche applicato alla zona orogenetica
caledonica della Scozia. Secondo Dewey 1971.
Le fasce metamorfiche appaiate
sono evidenti e ben sviluppate
nelle regioni circumpacifiche; esse
corrono parallele e quella di alta P
sta dalla parte oceanica mentre
quella di bassa P è situata verso il
continente. Il loro metamorfismo è
all’incirca della stessa età.
Le
facies
metamorfiche
a
glaucofane, i cosiddetti scisti blu,
testimoniano la presenza di
antiche zone di subduzione, la
facies a sillimanite e andalusite
rappresentano le radici degli archi
magmatici.
Serie metamorfiche in margini collisionali
1 Metamorfismo di alto gradiente di pressione: Si sviluppa lungo le fasce collisionali in
seno alla placca subdotta.
Serie metamorfiche in margini collisionali
1
2
Se la distanza tra fossa e arco
insulare
è
maggiore,
supponendo una distribuzione
regolare delle geoisoterme, vi è
possibilità di sviluppo del
metamorfismo regionale di tipo
barrowiano o di pressione
intermedia.
2 Metamorfismo in facies eclogitica: Collocazione simile a 1, ma si verificherebbe in
assenza e scarsità d’acqua su rocce di composizione basaltica.
Metamorfismo di alto e intermedio gradiente termico:
In porzioni di placche continentali interessate da flusso di calore molto alto(margini al di
sotto dei quali c’è subduzione). La differenza tra i due valori dipende dalle specifiche
condizioni locali.
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