Nozioni di Primo Soccorso

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Nozioni di Primo Soccorso:
traumi frequenti durante l’attività sportiva
Con la parola Primo Soccorso si intende
l’insieme di azioni volte a dare aiuto ad una o
più persone in difficoltà, nell’attesa di
personale più qualificato.
Ogni cittadino potrebbe trovarsi, nel corso
della vita, a prestare un servizio di primo
intervento e per questo dovrebbero entrare
nella coscienza collettiva alcuni principi di
base, semplici ma essenziali, che permettano
di agire nella giusta direzione. Primo tra tutti,
principio valido anche per ogni medico,
“non nuocere”, ossia non aggravare la
situazione con manovre o gesti improvvisati.
La catena del soccorso parte dalla prima
persona che giunge sul luogo dell’incidente,
che deve valutare la situazione proteggendo
la vita dell’infortunato e la propria
(attenzione ai gas, a sostanze tossiche o
combustibili nelle vicinanze, a cavi elettrici...),
chiamare obbligatoriamente i soccorsi (118) e
attenderne l’arrivo senza allontanarsi. Esiste
un codice, universalmente riconosciuto, che
permette di identificare il paziente in pronto
soccorso o sul campo di gara, non in base
all’arrivo ma alla priorità della condizione
clinica. Il triage, dal francese smistamento,
permette infatti di classificare i soggetti
coinvolti in infortuni, incidenti o malori, in
classi di urgenza crescente assegnando agli
stessi un colore: bianco, verde, giallo, rosso.
Il codice bianco è riservato esclusivamente
ai pazienti che richiedono prestazioni
sanitarie che dovrebbero essere risolte dal
Medico di Medicina Generale, dal Medico di
Continuità
Assistenziale
e/o
presso
Poliambulatori sul territorio. Il codice verde
indica un paziente non urgente, che necessita
di controllo medico ma non è in pericolo di
vita. Il codice giallo indica un’urgenza
differibile (entro sei ore): il paziente in questo
caso non è in immediato pericolo di vita ma
le condizioni cliniche non escludono un
peggioramento dello stato di salute, è perciò
un paziente instabile (frattura delle ossa
lunghe o trauma cranico). Da ultimo il
codice rosso indica una emergenza, ossia
immediato pericolo di via (arresto
cardiaco/respiratorio, shock anafilattico,
shock emorragico, politrauma, ....).
Dopo aver chiamato il 118 il primo
soccorritore dovrebbe valutare i parametri
vitali dell’infortunato: stato di coscienza,
pervietà delle vie aeree, respiro, circolo,
rimanendo se possibile in contatto con gli
operatori del 118 e seguendo le loro
istruzioni, senza mai improvvisare!
ABCD di Primo Soccorso:
Airway: pervietà vie aeree
Breathing: presenza di respiro
Circulation: presenza di circolo
Disability: valutazione neurologica
Vediamo di seguito quali situazioni possono
frequentemente capitare durante la pratica
sportiva e la vita di tutti i giorni; lasceremo la
trattazione delle procedure di rianimazione
cardio-polmonare ed in generale la gestione
del paziente incosciente al prossimo articolo.
TAGLI, GRAFFI, ESCORIAZIONI:
Ricordiamoci che le ferite non sono tutte
uguali: la loro gravità varia in base all’area
interessata, all’estensione, al materiale che ha
provocato il taglio e alla salute del paziente
(immunodepressione, diabete...).
In caso di piccola ferita è possibile
automedicare la stessa con soluzione
fisiologica e disinfettarla con composti iodati
Dott. Caforio Marco
Medico CSI – Lombardia
(betadine) o acqua ossigenata. Non utilizzare
soluzioni alcooliche sulla cute non integra,
tantomeno pomate antibiotiche o a base di
corticosteroidi. Se invece la ferita è
penetrante o estesa è necessaria la valutazione
di un medico per la medicazione, l’eventuale
sutura, e stabilire un’ eventuale copertura
antibiotica ed antitetanica.
panni freddi, massaggiare le gambe dai piedi
alla radice delle cosce.
Non dare da bere bevande stimolanti ma
acqua fresca. In caso di colpo di sole leggero
(mal di testa vertigine...) tenere il paziente
all’ombra, applicargli in fronte e alle estremità
panni imbevuti di acqua fredda o ghiaccio,
facendogli bere acqua fresca con sali minerali.
VESCICHE o FLITTENE:
Sono rigonfiamenti cutanei causati da un
insulto di tipo meccanico o termico alla pelle.
La cute intatta che copre
la vescica è la migliore
protezione
dalle
infezioni: quindi buona
norma è non rompere le
odiose bolle, specie se la
pelle è sudata e quindi
portatrice di batteri.
Diverso invece è la
presenza di una flittene sotto la pianta dei
piedi: in tale sede la probabilità di
traumatismo è molto alta. In questo caso è
consigliabile evacuarne il contenuto liquido:
la vescica deve essere lavata con acqua e
sapone, disinfettata, punta con ago vicino al
margine e far fuoriuscire il liquido; infine la
stessa deve essere coperta con una garza
sterile o con un cerotto. La guarigione
avviene nell’arco di pochi giorni.
CONVULSIONI:
Durante le convulsioni le labbra del soggetto
diventano blu, gli occhi sono rivolti in alto ,
la testa all’indietro e il corpo è scosso da
contrazioni incontrollate.
In genere durano pochi minuti. Possono
essere casuali e inoffensive ma possono
essere sintomo di una grave malattia
(sindromi epilettiche).
Non bisogna cercare di frenare i movimenti
convulsivi e porre il soggetto sul pavimento
tenendogli la testa girata da un lato per
evitare che lingua o saliva impediscano la
corretta respirazione.
In ogni caso chiamare il medico.
COLPO DI CALORE e COLPO DI
SOLE:
Il colpo di sole è tipico di atleti di sport di
squadra che giocano all’aria aperta, sotto il
sole. Il soggetto colpito è debole, affaticato,
irritabile, nauseato, e può perdere
conoscenza. La cute smette di sudare e
diventa calda e secca, la temperatura può
salire rapidamente oltre i 40 gradi.
In questi casi è necessario chiamare i soccorsi
e mettere il soggetto in luogo fresco,
all’ombra, slacciargli i vestiti e sdraiarlo con
gli arti elevati, rinfrescarlo con acqua fresca o
EMORRAGIE o EPISTASSI:
Per emorragia si intende una perdita di
sangue da un vaso sanguineo. In relazione
alla localizzazione esse vengono definite in
perdite di sangue interne (internamente al
corpo umano), esterne (con la fuoriuscita del
sangue all’esterno della cute) ed interne
esteriorizzate (quando il sangue si raccoglie in
una cavità dell’organismo e fuoriesce dagli
orifizi naturali come l’orecchio, il naso,
l’intestino o la bocca). Si deve sempre
sospettare una emorragia in caso di trauma
cranico, trauma toracico, trauma addominale
o di fratture delle ossa lunghe. La
manifestazione di una emorragia si basa sulla
comparsa di segni di shock ed ematomi:
l’uomo adulto ha in media cinque litri di
sangue e la perdita repentina di un litro può
causare shock emorragico. La trattazione
della gestione del paziente/atleta con segni di
shock verrà trattata nell’articolo successivo.
In caso di emorragia tenere l’atleta sdraiato
con gli arti sollevati, premere sulla ferita un
panno pulito con tutto il palmo della mano e
chiamare i soccorsi.
Le cause di una emorragia esterna sono
diverse (traumi, ferite, amputazioni) ed
essendo le emorragie distinte in arteriose,
venose, capillari o
miste (artero-venose)
in base al vaso
sanguineo lesionato, si
manifestano
come
uno “zampillo” di
colore rosso vivo (se
si tratta di emorragia
arteriosa) e come
“sangue a macchia
d’olio di colore rosso
scuro” (se si tratta di
emorragia venosa). Sono diversi i metodi per
bloccare una emorragia: la pressione diretta
sulla ferita è il mezzo più veloce ed efficace
per controllare una emorragia esterna; il
sollevamento dell’arto che porta l’emorragia è
sempre valido (la forza di gravità riduce la
pressione sanguinea con conseguente
rallentamento dell’emorragia) ma è una
manovra da non adottare se si sospettano
casi di frattura o lussazioni, corpi estranei
conficcati negli arti o possibili lesioni spinali.
Nel caso fossero emorragie arteriose si
possono comprimere punti strategici (punti
in cui la stessa arteria passa vicino alla
superficie del corpo e direttamente vicino
all’osso) in modo da ridurre l’afflusso
sanguineo.
Il laccio emostatico può essere utile ma non
va usato casualmente per cui piuttosto di
utilizzare il laccio emostatico senza aver
differenziato il sanguinamento arterioso o
venoso è meglio non utilizzarlo.
Per epistassi si intende una emorragia dal
naso. Essa può dipendere da molti fattori
come la vasodilatazione da caldo,
l’ipertensione, un trauma, corpi estranei,
presenza di vasi tortuosi in formazione come
nei bambini. E’ raccomandabile tenere l’atleta
seduto, tranquillo, schiacciare tra indice e
pollice le ali del naso per circa 10 minuti
permettendo la formazione di un coagulo.
Se l’emorragia non si ferma infilare un
tampone di carta sotto il labbro superiore e
premere energicamente sul tampone per
chiudere i vasi sanguinei oppure tamponare la
narice con una striscia di garza sterile
lasciandone all’esterno l’estremità. In genere
l’epistassi si conclude spontaneamente per
vasocostrizione dei vasi coinvolti e non
richiede ulteriori manovre mediche.
EMATOMI:
A seguito di un trauma i tessuti molli (vasi
sanguinei
presenti
nei
tessuti muscolari)
vanno ad urtare
contro
la
struttura rigida
sottostante,
si
genera quindi una fuoriuscita di sangue,
quindi un ematoma.
Nei giorni successivi la cute cambia colore,
dal rosso cupo al blu e al giallo in seguito alle
modificazioni chimiche del ferro contenuto
nell’emoglobina travasata.
Il ghiaccio esercita una potente azione sulla
circolazione sanguinea, riducendo il flusso ai
vasi lesionati. Per evitare ustioni da freddo
interporre un panno tra cute e ghiaccio e
applicarlo per cicli di durata non superiore ai
15 minuti. Le pomate in commercio a base di
eparina permettono di
riassorbimento dell’ematoma.
facilitare
il
STIRAMENTI MUSCOLARI:
Sono abbastanza frequenti durante l’attività
fisica soprattutto se l’atleta ha eseguito poco
riscaldamento o è poco allenato.
Essi derivano da uno squilibrio tra
allungamento muscolare e forze esterne e si
dividono
in
elongazioni
(danno
microscopico),
distrazioni
(vengono
coinvolte un numero di fibre muscolari
variabile a secondo del grado di elongazione)
fino ad arrivare alla rottura completa del capo
muscolare.
Il ghiaccio è il
primo rimedio,
una consulenza
medica
ed
eventualmente
ecografica può
chiarire l’entità
delle
fibre
coinvolte.
La lesione complete sono rare, si manifestano
con sintomatologia iperacuta, improvvisa con
impotenza funzionale del ventre muscolare
coinvolto
per
cui
l’atleta
zoppica
vistosamente se l’arto leso è quello inferiore.
Il trattamento si avvale di riposo, ghiaccio,
antiinfiammatori, bendaggi compressivi ed
esercizi di stretching a guarigione terminata
per ridare elasticità alla cicatrice muscolare.
CRAMPO MUSCOLARE:
E’ una contrazione involontaria del muscolo,
molto dolorosa le cui cause possono spaziare
da una cattiva circolazione in un soggetto
sano in condizioni climatiche sfavorevoli o in
un soggetto affetto da vasculopatia, dallo
squilibrio
biochimico
alla
posizione
innaturale mantenuta per un ampio lasso di
tempo. In uno sportivo il crampo è
prevalentemente dovuto ad una mancanza di
potassio (elemento chimico importante per le
cellule) generata dall’importante perdita di
sudore a seguito dell’esercizio fisico.
In caso di crampo il muscolo va massaggiato
energicamente per favorire la circolazione;
non si deve applicare ghiaccio ma calore per
distendere le fibre muscolare e dilatare i vasi
sanguinei.
Se l’atleta è disidratato vanno reintegrati i sali
minerali con apposite bevande o alimenti
ricchi di potassio.
LESIONI TENDINEE:
Il tendine è la struttura anatomica che unisce
il muscolo all’osso:
strutturalmente è
un tessuto poco
elastico, facile alla
rottura
se
sollecitato
con
tensioni eccessive, e
poco vascolarizzato
(arriva
poco
sangue).
Questo testimonia
il
perché
le
infiammazioni dei
tendini perdurano per molti giorni.
Per lo più le lesioni tendinee avvengono a
livello del tendine del bicipite brachiale e del
tendine d’Achille.
Per l’importante sintomatologia il paziente si
reca sempre al pronto soccorso subito dopo
il trauma.
Per una rottura completa il trattamento è
quasi sempre chirurgico e consiste nella
sutura (cucitura) dei due capi tendinei
lesionati; segue dopo un periodo di adeguato
riposo, senza elongazioni.
DISTORSIONI:
Si definisce distorsione un evento per cui
un’articolazione, per effetto di una forza
traumatica, viene sollecitata a compiere
un’escursione superiore ai propri limiti
fisiologici, causando una perdita parziale e
temporanea dei normali rapporti tra le
superfici
articolari.
E’
classificata in gradi di
gravità crescente a seconda
delle strutture interessate
ma in generale si può
dividere
in
semplice
(strutture
capsulo
legamentose elongate ma
integre)
e
complesse
(lesione completa di strutture capsulo
legamentose). La sintomatologia è comunque
la seguente: dolore, tumefazione (gonfiore)
ed impotenza funzionale.
Il trattamento spazia dal bendaggio
funzionale, che deve sempre essere eseguito
da mani esperte, al trattamento in gesso fino
all’intervento chirurgico in casi altamente
selezionati.
In palestra o sul campo di gara applicare
sempre il ghiaccio immediatamente dopo il
trauma, con panno interposto tra cute e
ghiaccio stesso per prevenire problematiche
cutaee, e non sovraccaricare il distretto
colpito
(immobilizzare
l’articolazione
coinvolta con mezzi di fortuna) senza far
caricare sull’arto lesionato se la distorsione
coinvolge gli arti inferiori.
Il trauma distorsivo non deve mai essere
sottovalutato ed è sempre raccomandata una
valutazione specialistica.
LUSSAZIONE:
Si definisce lussazione invece la perdita
completa e definitiva dei normali rapporti
articolari, in seguito ad un evento traumatico.
E’ una distorsione a cui si associa sempre una
lesione dell’apparato capsulo legamentoso.
Il segno più evidente è l’alterazione del
normale profilo anatomico articolare
associato a dolore e
impotenza funzionale del
segmento
colpito.
La
lussazione rappresenta un
codice giallo, va ridotta
solo da personale medico
qualificato il più presto
possibile
per
cui
è
obbligatorio chiamare i
soccorsi o portare il
soggetto
in
pronto
soccorso.
Anche in questo caso
improvvisare manovre di
riduzione può portare a complicanze
importanti come lesioni di vasi e nervi.
FRATTURE:
E’ una soluzione di continuo di un osso,
cagionata
da
qualsiasi
sollecitazione
meccanica che abbia superato i limiti di
elasticità, deformabilità e resistenza dell’osso
interessato.
Si possono distinguere
in tre grandi famiglie:
fratture da trauma,
fratture da stress e
fratture patologiche.
Mentre quest’ultime
appartengono a un
campo
molto
specialistico
(osteoporosi,
metastasi o tumori primitivi dell’osso), le
prime sono relativamente frequenti durante
lo svolgimento di gare o attività fisiche.
La frattura da stress più comune è quella che
avviene ai maratoneti a carico delle ossa
metatarsali (ossa dei piedi) e si manifesta con
dolore importante senza un trauma apparente
ma come si evince dalla classificazione per
stress (microtraumi) ripetuti in tale distretto.
La maggior parte delle fatture si classifica in
codici verdi o gialli ma ci sono alcuni casi in
cui questo tipo di trauma può diventare
rosso: è il caso estremo della frattura di
bacino, delle fratture vertebrali che
coinvolgono il midollo spinale e di tutte le
fratture che ledono vasi o nervi.
Altra distinzione importante di prima
valutazione è la condizione della copertura
cutanea: se l’osso taglia la pelle la frattura si
definisce esposta.
In ogni caso di frattura, dalla semplice alla
più complessa è necessaria la valutazione di
un medico o del 118. La terapia provvisoria si
attua ponendo in opera, anche con mezzi di
fortuna, tutti quegli accorgimenti che mirano
ad evitare, in attesa del trattamento definitivo,
un aggravamento delle condizioni locali e
generali del traumatizzato.
In caso di sospetta frattura di spalla, omero e
gomito,
l’arto
superiore
verrà
provvisoriamente immobilizzato con un telo
che solidarizza il braccio al torace fissando
contemporaneamente l’avambraccio al collo
del paziente.
In caso di trauma all’avambraccio, al polso o
alla mano, come a livello della coscia, della
gamba o del piede, l’immobilizzazione
provvisoria si ottiene solidarizzando l’arto
con teli e bende ad una armatura costruita
con materiali di fortuna (tavole di legno, rami
d’albero, ...) senza far caricare (nel caso si
tratti degli arti inferiori) l’atleta infortunato.
TRASPORTO
di
UN
ATLETA
INFORTUNATO:
Ogni cittadino può trovarsi anche nella
condizione di dover assistere un medico, per
esempio nel trasporto di
un infortunato fino ad
un mezzo di soccorso.
Per sospetti traumi
importanti
(rachide,
ossa lunghe, cranio..) il
paziente non andrà
mobilizzato se non con
appositi ausili (lettino
spinale, collare cervicale rigido ...) ma se il
paziente non ha subito traumi importanti ed
è cosciente il metodo più comodo da
utilizzare è il trasporto con una sedia:
l’infortunato si siede ed un soccorritore
afferra le gambe posteriori della sedia o lo
schienale, mentre l’altro le gambe anteriori.
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