Cellule staminali

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Bioetica
Cellule staminali:
avvio di un dibattito
a più voci
PUBBLICHIAMO SUL
CONTROVERSO ARGOMENTO
DELLE CELLULE STAMINALI
EMBRIONALI, NEI SUOI
ASPETTI SCIENTIFICI ED ETICI,
I CONTRIBUTI DEI MEDICI
M. GENTILE E M.L. DI COSOLA
E DEL SACERDOTE
PADRE PINO SCHIRALLI,
COME ESPRESSIONE
DEL MONDO LAICO
E DI QUELLO CATTOLICO,
DICHIARANDO LA PIENA
DISPONIBILITÀ AD ACCOGLIERE
I CONTRIBUTI DI ALTRI
INTERLOCUTORI,
CHE DESIDERINO
ESPRIMERE LA PROPRIA
POSIZIONE, NEL
NECESSARIO PLURALISMO
CHE DEVE ESISTERE
SU ARGOMENTI
DI TALE RILIEVO.
che precedono nel caso specifico altri
elementi cellulari.
Per poter essere definita come staminale una cellula deve soddisfare le seguenti proprietà:
autorinnovamento illimitato o prolungato (cioè riprodursi a lungo senza differenziarsi).
potenza cioè la capacità di dare origine
a cellule progenitrici di transito, dalle
quali discendono popolazioni di cellule
altamente differenziate (nervose, muscolari, ematiche, ecc.).
Pertanto le cellule staminali sono cellule non specializzate in grado di riprodurre se stessa indefinitamente e generare linee cellulari diverse.
brione, durante il suo sviluppo raggiunge lo stadio di morula ogni sua cellula
è detta totipotente perché è in grado di
dare origine ad uno qualsiasi dei diversi tipi cellulari dai quali deriveranno
tutti i tessuti dell’adulto.
Nello stadio di blastula le cellule
totipotenti perdono in parte questa
capacità e diventano pluripotenti,
ognuna delle quali può ancora evolvere
verso molti tipi di cellule, ma non verso
tutte, infatti non possono differenziarsi
in cellule che compongono i tessuti
extra embrionali.
Proseguendo il loro sviluppo le cellule diventeranno prima
multipotenti
(con poche alternative riguardo al loro
destino finale) e, infine, cellule specializzate unipotenti in grado di eseguire
un solo compito: ad esempio i precursori midollari linfoidi che possono dare
origine soltanto ai linfociti T e B.
Le cellule staminali si classificano
anche secondo la provenienza, come
somatiche ed embrionali:
• Le cellule totipotenti sono dette
anche embrionarie staminali ed indicate con ESC (embryonic stem cells)
(figura 2);
M. Gentile, M.L. Di Cosola*
I
l termine cellule staminali
deriva dal latino e, per la precisione, il termine indica
«stamen minis» ovvero stame, filo, ad indicare il principio fondamentale e costitutivo degli esseri viventi.
Si tratta di cellule cosiddette “stipiti”,
progenitrici delle cellule che costituiscono i diversi tessuti.
Le cellule staminali sono pertanto cellule il cui destino non è ancora “deciso”
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Notiziario luglio 2009
Figura 1. Rappresentazione delle cellule staminali in termini di potenziale di differenziamento.
A loro volta le cellule staminali si
posono differenziare in (figura 1):
• toti/pluripotenti
• multipotenti
• unipotenti
Nelle fasi iniziali dello sviluppo umano, tali cellule, situate nell’embrione, sono diverse da tutti i tipi di cellule
esistenti nell’organismo. Quando l’em-
Figura 2. Rappresentazione schematica della
derivazione delle ESC e dei loro potenziali utilizzi (modificata da Trounson, 2006).
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Bioetica
• Le cellule staminali adulte (ASC,
adult stem cells) sono cellule non specializzate, reperibili tra cellule specializzate di un tessuto specifico e sono
prevalentemente multipotenti.
Queste sono tuttora già utilizzate in
cure per oltre cento malattie e patologie.
Esse derivano dal midollo osseo, dal
fegato, dal cordone ombelicale o da
alcuni tessuti adulti e pertanto hanno
limitata capacità di trasformarsi in altri
tipi di tessuto.
• Le cellule staminali fetali possiedono caratteristiche intermedie tra
quelle embrionarie e quelle adulte.
Sono generalmente pluripotenti e
deputate all’accrescimento dei tessuti (i
pochi studi finora disponibili circa le loro
capacità di crescita ed integrazione funzionale nei vari tessuti non consentono
di trarre conclusioni definitive).
Classicamente le cellule staminali
embrionarie, in appropriate condizioni
di coltura, sono capaci in vitro di una
espansione “illimitata” e pertanto sono
considerate un derivato immortale dell’epiblasto dell’embrione, con un checkpoint, una sorta di blocco del differenziamento, che rende possibile la
loro espansione come colonie indifferenziate.
È possibile altresì, variando le condizioni di coltura, far differenziare le
ESC come colonie cellulari, con un
range di tipi cellulari molto ampio che
rappresentano derivativi dei 3 foglietti,
ectoderma, mesoderma ed endoderma
(figura 2).
Ovviamente le cellule staminali dell’adulto non hanno le stesse capacità di
differenziarsi: nella maggior parte dei
casi sono in grado di formare soltanto i
tipi cellulari delle linee di origine.
In realtà anche le cellule staminali
dell’adulto sono una risorsa da non sottovalutare. Infatti cellule staminali di
alcuni compartimenti, come ad esempio
le cellule staminali ematopoietiche del
midollo osseo (HSC, haematopoietic
stem cells) o quelle da cui deriva la componente stromale, dette cellule staminali mesenchimali (MSC, mesenchymal stem cells), hanno dimostrato una
notevole plasticità nella colonizzazione di
una varietà di tessuti in alcune situazioni sperimentali e in risposta a danno tissutale o infiammazione.
In particolare le MSC rappresentano
un raro tipo di cellula derivata dal
midollo osseo, denominata anche “cellula progenitrice adulta multipotente”,
capace di differenziarsi in numerose
linee cellulari. Una simile cellula è stata
anche isolata nel sangue da cordone
ombelicale e nel liquido amniotico.
Tutte le MSC sono caratterizzate da
un immunofenotipo e, soprattutto, hanno
mostrato la plasticità di formare da cellule neurali a cellule muscolari oltre a
diverse linee cellulari, quali tessuto adiposo, cartilagine e osso (figura 3).
Figura 3. Rappresentazione schematica delle
possibili derivazioni di cellule/tessuti da cellule
staminali mesenchimali (MSC).
Di particolare interesse sembra
negli ultimi anni il loro riscontro nel
liquido amniotico ai fini della creazione di biobanche per un potenziale utilizzo futuro.
Nonostante tali, importanti, evidenze, da un punto di vista strettamente scientifico, la preferenza va
tuttora a cellule di origine embrionaria (figura 2).
La fonte principale di ESC è rappresentata dalla cosiddetta inner
cell mass (ICM, alla lettera, massa
cellulare interna, più propriamente
embrioblasto) che si forma nell’embrione allo stadio di blastocisti (5°-6°
giorno): le cellule della ICM sono pluripotenti e capaci di auto-rinnovarsi.
Le prime linee di ESC da embrioblasto umano sono state ricavate nel
1998 e questo campo ha un interesse
scientifico crescente considerato che
nel 2007 l’italoamericano Capecchi ha
vinto il Nobel proprio con studi su ESC
murine geneticamente modificate.
Tuttavia quello che ha destato
negli ultimi anni ulteriore interesse è
stata la dimostrazione in vitro che
cellule adulte differenziate possono ritornare indietro, divenire
cioè simili a ESC (figura 4).
Figura 4. Rappresentazione schematica del
retro-differenziamento: i fibroblasti (A), vengono infettati con virus contenenti i 4 fattori di
riprogrammazione (B) che inducono un processo di retro-differenziamento che consente l’isolamento di cellule staminali pluripotenti (iPS,
induced pluripotent stem cells) (E) utilizzabili
per diversi scopi (F) e, soprattutto, perfettamente compatibili con le cellule differenziate di
partenza (modificata da Fenno et al, 2008).
Proprio analizzando i fattori che influenzano il mantenimento in vitro dello
stato di staminali, sono stati identificati 4
fattori che, se espressi, sono capaci di trasformare fibroblasti, cioè cellule differenziate, di topo o umane, in cellule tipo ESC,
che si indicano più propriamente come
cellule staminali pluripotenti indotte
(iPS, induced pluripotent stem cells).
LE CELLULE STAMINALI
EMBRIONARIE SONO
CAPACI DI ESPANSIONE
“ILLIMITATA”
ED EVOLUZIONE VERSO
TUTTI I TIPI
CELLULARI; QUELLE
DELL’ADULTO FORMANO
SOLO TIPI CELLULARI
RELATIVE ALLE LINEE
DI ORIGINE.
È MORALMENTE LECITO
UTILIZZARE EMBRIONI
UMANI PER PRODURRE
CELLULE STAMINALI
PLURIPOTENTI?
Il dato è molto sorprendente sia perché la aggiunta di soli 4 fattori è in grado
di produrre una simile trasformazione, sia
perché tali fattori paiono così strettamente conservati tra specie diverse (figura 4).
Questa da alcuni mesi non è più solo
ipotesi, ma realtà: diversi protocolli sono
stati ottimizzati e sono in grado di generare linee di cellule iPS: una possibilità
che ha creato una vera e propria rivoluzione nel campo delle staminali.
I vantaggi di un approccio di questo
tipo credo siano in parte intuibili:
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1 - in primo luogo non è più necessario
utilizzare embrioni per avere cellule pluripotenti, saltando tutte le problematiche
legate all’utilizzo di cellule embrionarie;
2 - possibilità di creare modelli tissutali
per lo studio di malattie umane basate
su cellule derivanti da singoli pazienti,
3 - possibilità di una terapia cellulare ad
personam:: cellule somatiche di un soggetto possono essere riprogrammate ed
utilizzate per terapie staminali senza rischio di rigetto.
Va tuttavia ricordato come l’impiego
delle cellule iPS è attualmente limitato
nella patologia umana da alcuni potenziali rischi. Il più temibile tra questi è il loro
potenziale oncogenico, che rende opportuno effettuare appropriate verifiche
prima di passare all’utilizzo nell’uomo.
Infatti quando si “aggiungono” per
così dire i 4 fattori suddetti, si utilizzano
dei vettori virali di espressione che producono continuamente i fattori stessi. Se
consideriamo, ad esempio, che uno di
questi fattori è il c-myc, che è da parecchi anni noto come oncogene, gene cioè
capace di indurre la proliferazione tumorale, è intuibile come un rischio tumorigeno le cellule iPS possano averlo.
In effetti topi chimerici con cellule iPS
appaiono più predisposti alla comparsa di
tumori. Per tale ragioni i ricercatori stanno cercando di introdurre, accanto a vettori di espressione dei fattori, meccanismi
che possano consentire la regolazione o,
in alcuni casi, la soppressione ad un certo
punto della espressione del fattore c-myc.
È comunque evidente come ulteriori studi
siano indispensabili prima di un largo utilizzo in terapie cellulari nell’uomo.
Allo stesso tempo enormi progressi
sono stati fatti nell’ambito delle metodiche di manipolazione genetica, al fine di
modificare le cellule staminali pluripotenti in maniera efficace per il successivo utilizzo nella terapia di specifiche patologie umane.
Riassumendo quindi abbiamo fondamentalmente 3 derivazioni di cellule pluripotenti:
1 - embrionarie
2 - indotte da riprogrammazione
3 - adulte pluripotenti
Ovviamente il passo fondamentale è
(e soprattutto sarà) quello successivo: la
capacità di utilizzarle in maniera appropriata. Fondamentale, credo, in tale direzione, sarà la conoscenza dei meccanismi che inducono il loro trans-differenziamento verso definiti tipi cellulari.
* U.O.C. Genetica Medica - Osp. Di Venere ASL Bari.
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Riflessioni di etica cattolica
Il fine giustifica i mezzi?
Padre Pino Schiralli*
F
ormulo brevemente i problemi etici implicati dall’uso di
queste nuove tecnologie,
indicandone la risposta che
emerge da una profonda
considerazione del soggetto
umano già dal momento del suo concepimento: considerazione che è alla base
della posizione affermata e proposta dal
Magistero della Chiesa.
I° problema etico “È moralmente
lecito produrre e/o utilizzare embrioni umani viventi per la preparazione di cellule staminali”? «La risposta è negativa» per le seguenti ragioni.
L’embrione umano vivente è – a partire dalla fusione dei gameti – un soggetto umano con una ben definita identità, il
quale incomincia da quel punto il suo proprio coordinato, continuo e graduale sviluppo, tale che in nessuno stadio ulteriore può essere considerato come un semplice accumulo di cellule.
Come «individuo umano» ha diritto
alla sua propria vita; e, perciò, ogni
intervento che non sia a favore dello stesso embrione, si costituisce come atto lesivo di tale diritto.
La teologia morale ha da sempre insegnato che nel caso dello «jus certum tertii» il sistema del probabilismo non è
applicabile; pertanto l’ablazione della
massa cellulare interna della blastociste,
che lede gravemente e irreparabilmente
l’embrione umano, troncandone lo sviluppo, è un atto gravemente immorale e,
quindi, gravemente illecito.
Nessun fine ritenuto buono, quale l’utilizzazione delle cellule staminali embrionali che se ne potrebbero ottenere per la
preparazione di altre cellule differenziate
in vista di procedimenti terapeutici di
grande aspettativa, può giustificare tale
intervento.
Un fine buono non rende buona
un’azione in se stessa cattiva.
Per un cattolico, tale posizione è confermata dal Magistero esplicito della
Chiesa che, nella enciclica Evangelium
Vitae – riferendosi anche alla Istruzione
Donum Vitae della Congregazione per la
Dottrina della Fede – afferma: “La Chiesa
ha sempre insegnato, e tuttora insegna,
che al frutto della generazione umana,
dal primo momento della sua esistenza,
va garantito il rispetto incondizionato che
è moralmente dovuto all’essere umano
nella sua totalità e unità corporale e spirituale: «l’essere umano va rispettato e
trattato come una persona fin dal suo
concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i
diritti della persona, tra i quali anzitutto il
diritto inviolabile di ogni essere umano
alla vita»”.
II° problema etico “È moralmente
lecito eseguire la cosiddetta «clonazione terapeutica» attraverso la produzione di embrioni umani e la loro
successiva distruzione per la produzione di cellule staminali embrionali?
«La risposta è negativa».
Ogni tipo di clonazione terapeutica,
che implichi necessariamente la produzione di embrioni umani e la susseguente
distruzione degli embrioni prodotti, al fine
di ottenerne cellule staminali, è illecita;
poiché si ricade nel problema etico precedentemente esposto, il quale non può
avere che una risposta negativa.
III° problema etico “È moralmente lecito utilizzare le cellule staminali, e le cellule differenziate da quelle
ottenute, eventualmente fornite da
altri ricercatori o reperibili in commercio? «La risposta è negativa»
Al di là della condivisione, formale o
meno, dell’intenzione moralmente illecita
dell’agente prinicipale, nel caso in esame,
c’è una cooperazione materiale prossima
da parte del produttore o fornitore.
In conclusione, appare evidente la
gravità del problema etico aperto dalla
volontà di estendere al campo umano la
produzione e/o l’uso di embrioni umani
anche in una prospettiva umanitaria.
Grazie per avermi donato la vostra
attenzione.
Un sentito ringraziamento alla sig.ra
Nietta Ragone ed all’associazione “Il
tempo delle donne”.
* Basilica Pontificia San Nicola.
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