Il processo di unificazione economica

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UNIONE ECONOMICA EUROPEA
Alcune questioni relative al rapporto economia-moneta
In campo europeo i grandi temi del dibattito economico di questo secolo trovano sperimentazioni e
soluzioni: mercato e governo, pubblico e privato, micro- e macroeconomia, indipendenza della
politica economica.
Governo e mercato
L’Europa ha realizzato un’opera mai realizzata prima, dando alla comunità internazionale la
dimostrazione che possono essere instaurate anche tra più paesi le istituzioni pubbliche e le regole
necessarie a un vero mercato.
Inoltre, l’Unione europea non ha costruito uno spazio senza leggi e senza poteri, ma al contrario ha
realizzato l’infrastruttura pubblicistica delle leggi e dei poteri necessaria al buon
funzionamento del nuovo mercato che si veniva creando; una grandiosa opera di decenni nei
campi della legislazione, dell’amministrazione e del controllo giurisdizionale.
Un’economia di mercato è un sistema nel quale al movente del tornaconto personale viene
consentito di agire da motore della produzione e del consumo. L’economia di mercato richiede una
solida impalcatura di leggi e poteri che normalmente sono prerogativa dello Stato. Nell’ultimo
decennio, l’economia globale e i paesi in transizione (la Russia in primo luogo) hanno mostrato che
senza quella solida impalcatura giuridica il libero mercato produce caos, sopraffazione e
povertà non benessere.
La costruzione europea ha significato al un tempo più mercato e più economia. L’Unione europea
non ha instaurato tra i paesi membri soltanto una semplice zona di libero scambio, ha realizzato
anche la reciproca apertura delle economie. L’Europa ha compiuto una vasta liberalizzazione
dell’economia nel passaggio dalla normazione esclusivamente nazionale a quella comunitaria: il
legislatore dell’UE ha alleggerito, sfrondato e volto al mercato e alla concorrenza la legislazione e
le istituzioni economiche degli Stati membri.
Pubblico e privato
La collocazione del confine fra pubblico e privato è molto importante. Nel corso del tempo il
confine fra pubblico e privato si è mosso in un senso e nell’altro in quasi tutti i paesi. In Italia le
ferrovie furono parzialmente nazionalizzate dalla Destra storica, totalmente nel 1905; nel 1992
vennero trasformate in società per azioni, premessa di ogni eventuale privatizzazione. L’INA,
Istituto nazionale delle assicurazione, nacque nel 1912 e fu privatizzato nel 1995.
Per decenni la proprietà pubblica fu vista come lo strumento naturale dei salvataggi industriali, delle
politiche dell’occupazione, della riscossa di classe e della potenza nazionale.
Il Trattato di Roma è indifferente al regime della proprietà, stabilisce solo di non distinguere tra
imprese pubbliche e private nell’applicazione del regime delle regole di concorrenza. Con il tempo
questa norma ha tolto alle nazionalizzazione la loro ragion d’essere. La proprietà pubblica è inutile
se le regole del mercato sono indipendenti dal regime di proprietà e se, tra queste regole, c’è il
divieto di aiuti statali che distorcono la concorrenza; inoltre, quando le finanze dello stato devono
essere risanate conviene privatizzare. L’applicazione del Trattato di Roma ha svuotato uno delle
questioni più scottanti della politica economica del nostro tempo.
Macroeconomia e patto di stabilità
Il bilancio pubblico e la moneta sono due fondamentali strumenti della politica economica.
Cent’anni fa si riteneva il bilancio pubblico e la moneta indifferenti dal punto di vista della politica.
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Nel Novecento, l’economia di guerra, le crisi economiche e finanziarie degli anni venti e trenta,
l’opera di Keynes e il crescente rifiuto dell’ineluttabilità di alcune leggi dell’economia, resero attiva
la materia di bilancio e la moneta. Il bilancio si sciolse dal vincolo del pareggio e la creazione
monetaria dal vincolo della convertibilità in oro.
Gli anni sessanta hanno segnato il culmine dell’attivismo macroeconomico: la moneta e il bilancio
diventano grandezze che si possono governare a piacimento per il bene degli uomini. Si
riconoscono gli eccessi dell’attivismo macroeconomico quando il rincaro del petrolio, la crisi dei
sistemi pensionistici, l’espansione smisurata della protezione sociale hanno spinto i debiti statali e
l’erosione monetaria oltre i limiti della tolleranza.
Padoa Schioppa dà una valutazione sostanzialmente positiva della costituzione macroeconomica
europea che, a suo avviso, appare singolarmente avanzata e illuminata: a livello europeo la moneta
è governata dalla una banca centrale dotata di tutte le garanzie istituzionali e operative che il
pensiero e l’esperienza considera auspicabili. Con il Trattato di Maastricht questa nuova
costituzione delle politiche macroeconomiche si è aggiunta a quella microeconomica del Trattato di
Roma completandola; se essa sarà capace di produrre buone politiche economiche lo dirà il tempo.
Con il Trattato di Maastricht il bilancio degli Stati europei è assoggettato a vincoli europei che
ne impediscono la deriva, ma la struttura, la dimensione e la composizione delle entrate sono
lasciate alle decisioni dei paesi membri.
Nessun sistema federale vigente ha una costituzione forte ed equilibrata quanto quella che si è data
l’Europa. Nei sistemi americani, svizzero, canadese o tedesco, sono minori sia le garanzie di
indipendenza della politica monetaria sia la disciplina fiscale richiesta agli Stati. Tale costituzione
preserva uno spazio alle politiche della domanda aggregata, correggendone gli eccessi. La politica
monetaria europea deve dare priorità alla stabilità dei prezzi, ma “fatto salvo l’obiettivo della
stabilità sostiene le politiche economiche generali della Comunità”. I bilanci devono essere in
pareggio, ma dovrebbero avere lo spazio per imprimere impulsi all’attività economica.
COSTRUZIONE DELL’ECONOMIA EUROPEA
L’Europa in realtà si è fatta sul terreno economico. Le tappe principali del percorso di unificazione
economica dell’Europa sono state: unione doganale, mercato unico e moneta unica. Usando il
metro dell’economia e l’incremento della ricchezza nazionale, constatiamo il grande successo del
progetto europeo.
Piano Marshall
Gli aiuti del Piano Marshall hanno avviato la ricostruzione in Europa, promuovendo nuove forme
di cooperazione fra i paesi. Nell’immediato secondo dopoguerra i fondatori della prima Comunità
del Carbone e dell’acciaio avevano un apparato piccolo e debole, un’agricoltura quasi primitiva,
basso tenore di vita, vaste regioni in cui la sola speranza era l’emigrazione, il protezionismo, la
soggezione della politica al potere economico, la tutele del lavoro e la previdenza sociale
insufficiente; l’arretratezza economica era generalizzata anche se non uniforme. Nei primi
trent’anni del dopoguerra l’Europa ha colmato molti ritardi con altre aree del mondo allora più
sviluppate come gli USA. L’Italia è stata una dei maggiori beneficiari di questo sviluppo
dell’Europa comunitaria.
Trattato di Roma
Il Trattato di Roma è il fondamento del successo economico dell’Europa comunitaria, di cui né i
federalisti italiani, né Monnet compresero l’importanza alla sua nascita.
Il Trattato di Roma è stato concepito da Pierre Uri, che ci ha lasciato questo insigne monumento di
sapienza economica e di governo: in ogni corso universitario si dovrebbe leggere il Trattato insieme
con l’illustrazione del suo percorso di attuazione. Diversamente dalla costituzione americana, il
Trattato di Roma è una costruzione amplissima: completo ed equilibrato nel muoversi fra istanze
diverse che il governo dell’economia deve conciliare.
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La costruzione giuridico-istituzionale creata con il Trattato di Roma è una combinazione senza
precedenti di costituzione economica e politica, di programma per i singoli Stati e per l’Unione,
essa crea il sistema dei poteri federali ma definisce anche il programma e la regola per la
formazione del mercato comune. Il tempo ha rivelato la qualità della costruzione giuridicoistituzionale del Trattato di Roma: efficace, flessibile, completa, equilibrata, ricca di potenzialità.
UE: SOGGETTO DELL’ECONOMIA INTERNAZIONALE
Concepita cinquant’anni fa per dare pace e ordine ai rapporti fra gli stati che la compongono, oggi
l’Unione europea è diventata un soggetto dell’economia internazionale e ha una grande una
forza contrattuale nelle relazioni commerciali con gli altri paesi, grazie alla sua dimensione, ai
suoi principi costitutivi, agli obiettivi perseguiti, ai metodi praticati, alla sua forza economica e
monetaria.
Mercato comune europeo
In campo commerciale l’esistenza della Comunità economica europea ha profondamente
influenzato il sistema delle relazioni internazionali. L’Unione europea ha realizzato un’integrazione
economica intesa come processo che deve comprendere il divieto di favorire i produttori nazionali
con sussidi e regolamentazioni discriminatorie, l’armonizzazione e il mutuo riconoscimento delle
normative nazionali, l’omogeneizzazione delle caratteristiche dei prodotti e servizi da
commercializzare nell’area, il coordinamento o l’unificazione delle politiche economiche.
Ciò che la Comunità europea ha realizzato entro i propri confini ha costituito un modello per le
stesse relazioni economiche mondiali: il passaggio dalla libera circolazione di merci a quella dei
servizi e dei capitali e, infine, delle persone.
Euro: limiti della moneta unica europea
Per quanto riguarda l’ordine monetario internazionale con l’avvento dell’euro l’Europa è nata
come soggetto monetario e ha accresciuto la sua influenza nella cooperazione monetaria
internazionale facendo valere il proprio punto di vista e modificando i termini della cooperazione
monetaria tribolare.
L’Eurosistema è la banca centrale della seconda moneta al mondo; senza il suo consenso non è
possibile concordare significative politiche monetarie e dei cambi, al tavolo della discussione,
nell’ambito del Gruppo dei paesi più industrializzati, l’Europa porta la forza di una economia pari a
quella americana, la tradizione di una competenza tecnica delle banche centrali preesistenti, una
lunga consuetudine di rapporti internazionali. Ma, nonostante la UE sia un attore nel campo
commerciale e della moneta, essa non è riconosciuta come soggetto di cooperazione internazionale.
La nascita di una moneta e di una banca centrale uniche per un gruppo di paesi sovrani è evento del
tutto nuovo nella storia degli ordinamenti monetari: è la manifestazione di una tendenza a sciogliere
il legame stretto tra potere degli Stati e potere monetario. Noi europei siamo banchieri centrali di
una “moneta senza Stato”: ciò determina alcune limitazioni. Uno dei suoi limiti è che la UE è priva
delle fondamentali competenze di politica economica: in materia finanziaria, di politica di
bilancio, di gestione delle crisi, le decisioni vengono prese ancora dagli Stati dell’Unione, sia pure
con un crescente coordinamento europeo; un altro limite dal punto di vista istituzionale è che gli
Stati e non l’Unione sono membri delle istituzioni internazionali.
La mancanza di unione politica nella UE viene avvertita nel governo dell’euro: il presidente della
Banca centrale europea non è affiancato dal suo ministro e da un suo governo; da un lato, ciò
può farlo sentire più indipendente e al sicuro da scomode influenze; ma dall’altra lato la mancanza
di uno Stato dell’euro costituisce una debolezza nella percezione dei mercati, della comunità
internazionale e degli stessi cittadini. In prospettiva, la moneta unica deve diventare espressione
di una entità politica unitaria più completa di quella attuale, operando sul versante europeo;
sono gli europei i responsabili dell’attuale frammentazione della loro rappresentanza nelle sedi
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internazionali. Solo il futuro dirà quale novità l’avvento dell’euro può recare nel sistema monetario
internazionale.
BANCA CENTRALE EUROPEA: unione monetaria sganciata da un
governo politico centrale a livello europeo
La nascita della Banca centrale europea segna una data di eccezionale importanza nella storia
delle banche centrali e delle relazioni monetarie internazionali. Con l’unione monetaria i paesi
dell’Europa, troppo integrati tra loro per poter lasciar fluttuare le rispettive monete, hanno scelto la
via radicale di rinunciare alla loro individuale sovranità monetaria per darsi una moneta unica,
attuando su scala regionale l’idea di una banca centrale mondiale evocata a Bretton Woods.
Se l’unione monetaria europea saprà dare stabilità economica, dunque ordine economico, essa
influenzerà l’assetto monetario internazionale, perché l’euro si affiancherà al dollaro per formare un
sistema con più valute di riserva. La Banca centrale europea ora deve vincere la sfida della stabilità
e convincere che la sua azione e indipendenza non sono responsabili della disoccupazione in
Europa. Ora il pericolo è l’isolamento e la solitudine: l’assenza di altre ben identificate autorità di
politica economica, la difficoltà di rivolgersi a un’opinione pubblica vastissima, plurilingue, molto
diverse per tradizioni e cultura.
Con la Banca centrale europea giunge a compimento un ciclo storico in cui si è cercato un assetto di
governo idoneo alla nuova realtà di una moneta fiduciaria. L’unione monetaria ruota intorno a tre
cardini:
• l’indicazione della stabilità dei prezzi quale obiettivo prioritario della politica monetaria,
• la garanzia della piena indipendenza della banca centrale;
• la rilevanza costituzionale (non di legge ordinaria) dello statuto della moneta.
Disancorare il governo della moneta dallo Stato è stato un evento senza precedenti, reso ancora più
significativo dal fatto che la moneta è puramente fiduciaria, cioè priva di ancoraggio all’oro o ad un
altro standard reale. É un evento nuovo sia per gli Stati, abituati a considerare come prerogativa
fondamentale quella di battere moneta, sia per le banche centrali, inserite in un ordinamento che
comprendeva una autorità di bilancio, istituzioni parlamentari e un governo dotato del potere nelle
mani. Per la prima volta gli Stati sovrani rinunciano alla loro sovranità monetaria spontaneamente e
realizzano un’unione monetaria prima di una piena unione politica. La moneta e la banca centrale
escono dalla sfera dello Stato nazionale e divengono strumento comune di un gruppo di paesi,
ancora largamente indipendenti fra loro.
Incompiutezza della costruzione economica europea
Nell’economia la costruzione europea è incompiuta, come in politica: l’unione economica è stata
concepita come un veicolo verso la meta dell’unione politica. L’incompiutezza in campo
economico determina nell’Unione precarietà e fragilità economiche specifiche dell’economia
europea che costituiscono un rischio.
L’incompiutezza economica e quella politica-istituzionale sono connesse: il mantenimento del
voto all’unanimità in campo fiscale; la carenza e inefficacia dei poteri esecutivi necessari a
difendere l’unità del mercato sono un aspetto dello squilibrio di potere esistente fra Consiglio e
Commissione; l’assenza di adeguati trasferimenti interstatali è frutto della debolezza istituzionale
della Commissione, dell’opposizione tedesca ad ampliamenti del bilancio.
Ostacoli all’armonizzazione fiscale
Riguardo alla classica ripartizione delle finalità della politica economica - efficienza, stabilità ed
equità -, per realizzare un sistema compiuto, mancano importanti competenze in materia di stabilità
e di equità: alla politica del mercato (efficienza) manca l’armonizzazione fiscale.
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L’armonizzazione fiscale incontra il doppio ostacolo del perdurare della regola dell’unanimità, che
viene mantenuta dagli Stati come una sorta di clausola di salvaguardia contro una eccessiva
ingerenza della Comunità, e della difficoltà tecnica di definirne con precisione il contenuto.
Manca un chiaro e condiviso criterio per la corretta ripartizione fra competenze nazionali e
competenze comunitarie e quindi rimane la regola della unanimità. Ciò dipende dal fatto che la
competenza fiscale è congiunta, degli Stati e dell’Unione. L’Unione finanza il bilancio con risorse
proprie, ma non ha mai creato un sistema di federalismo fiscale, come quello proposto nel 1977 dal
Rapporto MacDougall. La lentezza dei processi verso una armonizzazione fiscale sono
conseguenze del mancato passaggio al voto di maggioranza in questo campo.
Limiti della politica di bilancio della UE
Manca lo strumento del bilancio, che opera di solito allo stesso livello della politica monetaria. Il
bilancio comunitario ha dimensioni limitate, inoltre è squilibrato nei contenuti: l’agricoltura
occupa ancora quasi il 50% degli stanziamenti europei, mentre risulta quanto mai difficile trovare
l’accordo per destinare fondi a nuove politiche comuni, che consentano all’Europa di compiere
progressi nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie, di sostenere il passaggio dell’economia
dalla fase industriale a quella post-industriale, di creare infrastrutture comuni dei trasporti, delle
telecomunicazioni.
Nell’Unione europea l’influenza del bilancio sulla situazione economica complessiva viene dalla
somma delle politiche di bilancio nazionali e non dal bilancio comunitario, che ha dimensioni
troppo limitate per esercitare un impatto macroeconomico. La politica di bilancio della UE è
costituita dagli indirizzi di massima comuni che vengono approvati dal Consiglio, dai
meccanismi di sorveglianza multilaterale e dalle regole del Patto di stabilità e crescita.
Nel tempo, l’Unione si è dotata di una serie di politiche con effetti ridistributivi a favore delle aree
economicamente meno prospere. La totalità degli strumenti finanziari dell’Unione per la coesione
economica e sociale ridistribuisce solo lo 0,46 % del PIL comunitario. Manca ancora quel
meccanismo di redistribuzione congiunturale che è proprio degli ordinamenti federali.
Unione economica e Stato nazionale
Il governo dell’economia è fondamentale nei moderni Stati nazionali. Nel governo dell’economia la
creazione del mercato unico europeo ha imposto allo Stato nazionale una drastica limitazione della
sovranità, cioè del suo diritto illimitato e della sua capacità di prendere decisioni autonome.
Negli USA l’intervento del Congresso e dell’Amministrazione nella sfera economica si è
interamente sviluppato a partire da un solo breve articolo della Costituzione che garantisce la
libertà di commercio tra gli Stati dell’Unione.
Integrazione economica
Per decenni l’oggetto predominante della costruzione europea è stata l’integrazione economica. La
creazione di una legislazione comunitaria in questo campo ha richiesto un’azione comune degli
Stati e ha reso necessaria un’autorità posta al di sopra degli Stati nazionali nelle tre classiche
funzioni di governo: legislativa, esecutiva e giudiziaria.
La legislazione sul mercato unico sono state adottate dopo l’Atto unico europeo del 1986,
introducendo una riforma fondamentale per le decisioni in materia economica: il passaggio
dall’unanimità al voto a maggioranza. Questo emendamento introdotto dall’Atto unico nel Trattato
di Roma ha permesso di attuare un vasto programma legislativo, a lungo bloccato dalla rigida
applicazione della regola all’unanimità. Secondo Padoa Schioppa “La differenza tra la regola
dell’unanimità e la regola maggioritaria è di cruciale importanza: la sopranazionalità ha inizio
laddove termina la regola dell’unanimità. Solo a quel punto viene riconosciuta l’esistenza di un
bene comune, condiviso da una comunità più ampia di quella dello Stato nazionale, bene il cui
raggiungimento non può essere impedito dal veto di un solo membro”.
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Lo sforzo per istaurare le quattro libertà (beni, servizi, persone e capitali) ha permesso che
venissero riscritte quasi tutte le legislazioni nazionali in materia economica. Negli anni ottanta e
novanta, gli Stati membri hanno attuato l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia
economica, allo stesso tempo c’è stato un forte rilancio dei principi dell’economia di mercato,
che ha fatto del mercato unico un formidabile promotore di riforme economiche legate
all’attuazione delle quattro libertà in tutti gli Stati membri: il riorientamento delle politiche
economiche verso una maggiore concorrenza, minore intervento dello Stato, maggiore dipendenza
dai meccanismi del mercato e dagli incentivi privati. Bruxelles ha esteso il suo ruolo nel
promuovere riforme economiche a settori in precedenza inimmaginabili: la piena mobilità dei
capitali ha riformato profondamente i mercati e le istituzioni finanziarie ed è accompagnata dalla
libertà di fornire servizi bancari e altri servizi finanziari all’interno del mercato unico.
Lord Cockfield, commissario dell’Unione europea incaricato del mercato interno ha svolto una
funzione fondamentale nell’effettiva attuazione degli obiettivi fissati dal Trattato di Roma: è colui
che ha fatto di più per dare forma e attuazione alla strategia che ha consentito l’effettivo
raggiungimento delle quattro libertà. Grazie al suo impegno il Libro bianco sul mercato interno del
1985 ha avuto ampia diffusione, si è affermato il metodo di limitare al minimo l’armonizzazione
delle legislazioni per estendere al massimo il riconoscimento reciproco delle norme nazionali.
Con la sua energia e passione Lord Cockfield ha contribuito all’approvazione e all’attuazione delle
oltre trecento direttive necessarie alla realizzazione del mercato unico.
Dal mercato comune alla moneta unica
La proposta della Dichiarazione Schuman, di mettere in comune le risorse del carbone e
dell’acciaio, ha dato inizio all’avventura europea, anche se nelle tappe successive l’oggetto della
costituzione europea è stato soprattutto economico.
L’obiettivo fissato nel 1957 dal Trattato di Roma era di istituire la libera circolazione di beni,
servizi, persone e capitali. La creazione di un Mercato comune mirava a instaurare quelle che sono
state chiamate le quattro libertà: libertà di circolazione di beni, di servizi, di capitali e persone
nell’intero territorio della Comunità europea. Con la creazione di un mercato comune, il Trattato di
Roma postulava non soltanto la libertà di partecipare al mercato, ma anche le regole con cui
governare il mercato stesso.
Il testo originale del Trattato di Roma copre già l’intera tassonomia delle funzioni di politica
economica dello Stato, esso concerne non solo l’allocazione, ma anche la redistribuzione e la
stabilizzazione: sono previsti gli obiettivi dell’equità e della stabilità accanto a quella
dell’efficienza.
Il principio dell’efficienza allocativa si può ottenere grazie alle quattro libertà del mercato
unico.
Il principio di equità fonda la redistribuzione delle risorse economiche in una comunità
nazionale. Dopo la prima guerra mondiale i governi di ogni paese assunsero una funzione di
sostegno delle regioni impegnate in un processo di recupero del loro ritardo economico. Anche la
Comunità europea ha assunto un compito analogo fin dalla sua creazione: i fondi strutturali della
Comunità e l’attività della Banca europea per gli investimenti e, recentemente i Fondi di coesione,
sono gli strumenti destinati a questo scopo.
L’obiettivo della stabilità non sembrava avere grande importanza nel Trattato di Roma. Esso
si limitava a disposizioni abbastanza generiche di ciascuno Stato membro a considerare nell’art. 124
“…la propria politica di cambio come un problema di interesse comune” oppure a “coordinare le
politiche economiche” nell’art. 99. Alla metà degli anni cinquanta disposizioni come queste
sembravano sufficienti, perché esistevano altri strumenti a garanzia della stabilità economica e
monetaria del sistema: il sistema dei cambi fissi fissato a Bretton Woods. Negli anni settanta, dopo
la crisi del petrolio del 1973, si manifesta instabilità dei prezzi e dei cambi, accompagnato da un
aumento dei deficit pubblici.
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Riflessioni sul ruolo della moneta unica europea in ambito internazionale
La decisione di completare il mercato unico con la creazione di una moneta unica fu determinata
dalla necessità di passare da un regime internazionale, basato su un sistema di cambi, a un regime
interno, basato su una moneta unica e su un’unica banca centrale. Tale decisione prese origine dal
riconoscimento di due fatti: 1) si riconobbe che l’ordine di un mercato unico non poteva essere
mantenuto senza stabilità macroeconomica; 2) che la stabilità nel suo insieme non poteva essere
raggiunta in modo duraturo se ciascun paese continuava ad agire in modo indipendente.
La moneta unica ha altre implicazioni, che superano le considerazioni strettamente economiche.
L’esperienza compiuta dall’Europa, con l’instaurazione delle quattro libertà fra un gruppo di stati
sovrani, costituisce un modello nel dibattito sul modo di governare l’economia nell’epoca della
globalizzazione. Di fronte all’emergere di un mercato mondiale privo di regole negli ultimi anni, in
cui non c’è un’autorità capace di garantire, insieme con le libertà, anche i diritti e i doveri dei
partecipanti, l’Unione europea costituisce l’esempio di un gruppo di nazioni che hanno sviluppato
parallelamente la libertà e il governo del mercato. Con l’introduzione della moneta unica l’euro
ha completato la creazione del mercato unico: le quattro libertà sono state attuate instaurando gli
elementi propri di un ordine economico interno in quello che precedentemente era un sistema di
relazioni internazionali. L’aggiunta della moneta unica è il coronamento di questo processo.
Limitazione della sovranità degli stati nazionali in campo economico e loro
ruolo nella UE
L’unione economica e monetaria non ha determinato la fine dello Stato nazionale, ma ha
determinato una profonda trasformazione del suo ruolo e del suo significato, se si considera come
essenziale per lo Stato nazionale il suo potere illimitato e la coincidenza dei confini geografici
dell’autorità politica con i confini dell’economia.
Infatti, in campo economico è venuta meno la sovranità e la coincidenza dei confini geografici con
il confini dell’economia, segnando la fine dello Stato nazionale: in questo campo oggi esiste uno
spazio di mercato più ampio del territorio di ciascuno degli stati partecipanti ed è presente un potere
superiore a quello degli Stati. Eppure queste due caratteristiche non sono oggi tanto essenziali da
determinare la scomparsa dello Stato nazionale con la loro scomparsa.
L’avvento dell’Unione europea pone senz’altro fine al potere assoluto dello Stato nazionale nella
sfera economica, ma non ne elimina completamente la funzione di controllo dell’economia. Oggi,
gli Stati nazionali sono una componente essenziale del sistema istituzionale creato dal
Trattato: in assenza dell’ingranaggio dello Stato nazionale l’intero meccanismo dell’Unione
europea non potrebbe funzionare. Lo Stato nazionale mantiene intatta buona parte della sua
importanza nel governo dell’economia in virtù del suo controllo dei cordoni della borsa: per lo stato
sociale gli stati continuano a amministrare il 40 per cento del reddito nazionale, il quale viene
destinato a fini redistributivi e alla produzione di beni pubblici, attività che contribuiscono alla
legittimazione popolare dello Stato nazionale.
Bibliografia
L. Caracciolo, Euro no, non morire per Maastricht, Laterza,1997, Bari
R. Dahrendorf, Perché l’Europa? Riflessioni di un europeista scettico, Laterza, 1997
R. Dahrendorf, Quadrare il cerchio. Benessere economico, coesione sociale e libertà politica,
Laterza, 1997
E. Letta, Euro sì, morire per Maastricht, Laterza, 1997, Bari
T. Padoa-Schioppa, Il governo dell’economia, Il Mulino, Bologna, 1997
T. Padoa-Schioppa, Europa, forza gentile, Il Mulino, Bologna, 2001
Materiali di documentazione sull’Unione Europea
a cura di Anna Floris
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